CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 25 maggio 2011
484.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per le autorizzazioni
COMUNICATO
Pag. 22

Mercoledì 25 maggio 2011. - Presidenza del Presidente Pierluigi CASTAGNETTI.

La seduta comincia alle 9.25.

Sui lavori della Giunta.

Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, informa i colleghi di aver appreso solo oggi che il collega Mantini è stato colpito da un grave lutto, la perdita della madre. Crede di interpretare i sentimenti di tutti nel porgergli i sensi del più profondo cordoglio.

I rappresentanti dei gruppi si associano.

Pierluigi MANTINI (UdCpTP) ringrazia il Presidente e i colleghi.

Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, con riferimento alle domande d'insindacabilità all'ordine del giorno, ricorda che nella seduta del 4 maggio 2011 la Giunta concordò di rinviare le deliberazioni al fine di analizzare i contenuti della sentenza della Corte costituzionale n. 113 del 2011. Rammenta anche che copia della sentenza è stata a tutti inviata in casella. Nella sentenza (presidente De Siervo, redattore Frigo) - i cui contenuti ha solo sintetizzato nella predetta seduta del 4 maggio - si legge, tra l'altro, testualmente che: «L'articolo 46 della Convenzione [...] impegna, al paragrafo 1, gli Stati contraenti «a conformarsi alle sentenze definitive della Corte [europea dei diritti dell'uomo] sulle controversie di cui sono parti»; soggiungendo, al paragrafo 2, che «la sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei ministri che ne controlla l'esecuzione». Si tratta di una previsione di centrale rilievo nel sistema europeo di tutela dei diritti fondamentali, che fa perno sulla Corte di Strasburgo: è evidente, infatti, come la consistenza dell'obbligo primario nascente dalla CEDU a carico degli Stati contraenti - riconoscere a ogni persona i diritti e le libertà garantiti dalla Convenzione (articolo 1) - venga a dipendere, in larga misura, dalle modalità di «composizione» delle singole violazioni accertate. [...] Quanto, poi, ai contenuti dell'obbligo, l'articolo 46 va letto in combinazione sistematica con l'articolo 41 della CEDU, a mente del quale, «se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette che in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un'equa soddisfazione alla parte lesa». A questo proposito, è peraltro consolidata, nella più recente giurisprudenza

Pag. 23

della Corte di Strasburgo, l'affermazione in forza della quale, «quando la Corte constata una violazione, lo Stato convenuto ha l'obbligo giuridico, non solo di versare agli interessati le somme attribuite a titolo di equa soddisfazione, ma anche di adottare le misure generali e od o, se del caso, individuali necessarie» (tra le molte, Grande Camera, sentenza 17 settembre 2009, Scoppola contro Italia, punto 147; Grande Camera, sentenza 1o marzo 2006, Sejdovic contro Italia, punto 119; Grande Camera, sentenza 8 aprile 2004, Assanidzé contro Georgia, punto 198). Ciò in quanto, alla luce dell'articolo 41 della CEDU, le somme assegnate a titolo di equo indennizzo mirano unicamente ad «accordare un risarcimento per i danni subiti dagli interessati nella misura in cui questi costituiscano una conseguenza della violazione che non può in ogni caso essere cancellata» (sentenza 13 luglio 2000, Scozzari e Giunta contro Italia, punto 250). La finalità delle misure individuali che lo Stato convenuto è tenuto a porre in essere è, per altro verso, puntualmente individuata dalla Corte europea nella restitutio in integrum in favore dell'interessato. Dette misure devono porre, cioè, «il ricorrente, per quanto possibile, in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbe se non vi fosse stata una inosservanza [...] della Convenzione». In quest'ottica, lo Stato convenuto è chiamato anche a rimuovere gli impedimenti che, a livello di legislazione nazionale, si frappongano al conseguimento dell'obiettivo: «ratificando la Convenzione», difatti, «gli Stati contraenti si impegnano a far sì che il loro diritto interno sia compatibile con quest'ultima» e, dunque, anche ad «eliminare, nel proprio ordinamento giuridico interno, ogni eventuale ostacolo a un adeguato ripristino della situazione del ricorrente». Con particolare riguardo alle infrazioni correlate allo svolgimento di un processo, e di un processo penale in specie, la Corte di Strasburgo, muovendo dalle ricordate premesse, ha identificato nella riapertura del processo il meccanismo più consono ai fini della restitutio in integrum, segnatamente nei casi di accertata violazione delle garanzie stabilite dall'articolo 6 della Convenzione. Ciò, in conformità alle indicazioni già offerte dal Comitato dei ministri, in particolare nella Raccomandazione R(2000)2 del 19 gennaio 2000, con la quale le Parti contraenti sono state specificamente invitate «ad esaminare i rispettivi ordinamenti giuridici nazionali allo scopo di assicurare che esistano adeguate possibilità di riesame di un caso, ivi compresa la riapertura di procedimenti, laddove la Corte abbia riscontrato una violazione della Convenzione». I Giudici di Strasburgo hanno affermato, in specie - con giurisprudenza ormai costante - che, quando un privato è stato condannato all'esito di un procedimento inficiato da inosservanze dell'articolo 6 della Convenzione, il mezzo più appropriato per porre rimedio alla violazione constatata è rappresentato, in linea di principio, «da un nuovo processo o dalla riapertura del procedimento, su domanda dell'interessato», nel rispetto di tutte le condizioni di un processo equo (ex plurimis, sentenza 11 dicembre 2007, Cat Berro contro Italia, punto 46; sentenza 8 febbraio 2007, Kollcaku contro Italia, punto 81; eccetera). Ciò, pur dovendosi riconoscere allo Stato convenuto una discrezionalità nella scelta delle modalità di adempimento del proprio obbligo, sotto il controllo del Comitato dei ministri e nei limiti della compatibilità con le conclusioni contenute nella sentenza della Corte. «Si comprende, peraltro, come al fine di assicurare la restitutio in integrum della vittima della violazione, nei sensi indicati dalla Corte europea, occorre poter rimettere in discussione il giudicato già formatosi sulla vicenda giudiziaria sanzionata. L'avvenuto esaurimento dei rimedi interni rappresenta, infatti, condizione imprescindibile di legittimazione per il ricorso alla Corte di Strasburgo (articolo 35, paragrafo 1, della CEDU): con la conseguenza che quest'ultima si pronuncia, in via di principio, su vicende già definite a livello interno con decisione irrevocabile. In tale prospettiva, larga parte degli Stati membri del Consiglio d'Europa - soprattutto

Pag. 24

dopo la citata Raccomandazione R(2000)2 - si è dotata di una apposita disciplina, intesa a permettere la riapertura del processo penale riconosciuto «non equo» dalla Corte europea; mentre in altri Paesi, pure in assenza di uno specifico intervento normativo, la riapertura è stata comunque garantita da una applicazione estensiva del mezzo straordinario di impugnazione già previsto dalla legislazione nazionale».
Crede ne derivi in sostanza che - qualora vi sia l'accertamento della violazione del principio del giusto processo ex articolo 6 della Convenzione - l'Italia deve procedere anche rimuovendo il giudicato penale (di qui la dichiarata illegittimità dell'articolo 630 del codice di procedura penale, laddove non consentiva la revisione del processo nei casi di sentenza della Corte EDU favorevole all'imputato). Ricorda al riguardo come, in 7 casi su 7, nei quali la parte offesa aveva adito la Corte di Strasburgo a seguito di delibere d'insindacabilità ex articolo 68, primo comma, della Costituzione, è stata accertata la violazione dell'articolo 6 della CEDU.
Il primo caso risale al 2003 e riguardava una delibera a favore di Sgarbi, nei confronti del dott. Cordova; l'ultimo risale al 2010 e riguardava una delibera a favore di Carlo Taormina, nei confronti di Sergio Cofferati. In tutti i casi la Corte ha stabilito - nelle fattispecie concrete al suo esame - che l'Italia viola l'articolo 6 se non permette a un giudice di pronunziarsi nel merito delle doglianze dell'offeso. Tale limitazione alla cognizione giudiziale dei fatti di causa sarebbe legittima solo se vi fosse lo scopo legittimo di proteggere l'autonomia del Parlamento e la genuinità delle sue discussioni. Ma questo presuppone un legame evidente tra le affermazioni del deputato contestate in giudizio e le sue funzioni parlamentari. Viceversa - se tale evidente legame manca (come in quelle circostanze, appunto) - è violato l'articolo 6.
Gli sembra quindi evidente che - se la Giunta deliberasse in favore dell'insindacabilità in casi nei quali è largamente prevedibile che la Corte accerterà la violazione dell'articolo 6 della Convenzione - non solo esporrebbe l'ordinamento italiano alla condanna a una somma di danaro ai sensi dell'articolo 41 CEDU ma addirittura alla necessità di rimuovere un giudicato per avere la restitutio in integrum, secondo questa nuova e più pregnante interpretazione dell'articolo 46 CEDU.
La sua riflessione si traduce quindi in un invito a tutti i componenti della Giunta a tener presente questa giurisprudenza costituzionale nelle decisioni cui, di qui in avanti, la Giunta medesima sarà chiamata, non solo perché proviene dalla Corte ma anche perché testimonia la rilevanza che assumono nel nostro ordinamento le decisioni della Corte di Strasburgo, rilevanza che non può essere trascurata.
In questo senso, del resto, sia pure con riferimento all'attività di organi diversi dal nostro (cioè le Commissioni permanenti), richiama la lettera circolare del Presidente Fini del 28 maggio 2008, inviata a tutti i presidenti di Commissione permanente. In tale missiva il Presidente della Camera sollecitava appunto le Commissioni permanenti a tenere presenti le sentenze della Corte di Strasburgo sia per l'istruttoria legislativa sia per l'esame diretto, in analogia con le sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea del Lussemburgo, ai sensi dell'articolo 127-bis del regolamento della Camera.

Federico PALOMBA (IdV) ringrazia il Presidente Castagnetti per la chiarezza dell'esposizione e la puntualità dei suoi rilievi, sottolineando di aver da tempo segnalato l'incidenza sull'ordinamento interno del diritto della Convenzione europea del 1950. Ritiene maturi i tempi per una seria riflessione sulle tematiche evocate.

Pierluigi MANTINI (UdCpTP) si associa ai ringraziamenti rivolti al Presidente e intende evidenziare due profili. Per un verso è certo che la giurisprudenza della

Pag. 25

Corte europea dei diritti si pone come monito per tutti coloro che hanno sinora inteso la prerogativa dell'insindacabilità come il lasciapassare per licenze linguistiche e falsità di ogni sorta. Tuttavia, sotto il secondo profilo, rimarca che il problema della conciliazione tra le dinamiche politiche e le esigenze di giustizia è pur sempre oggetto di un incomprimibile spazio di autonomia degli ordinamenti nazionali. Sostenere che la giurisprudenza della Corte di Strasburgo abbia virtù salvifiche e risolutrici delle controversie nazionali sarebbe un prometeismo illuministico. Spera che, in autunno, possa esservi lo spazio ed il clima per un approfondimento più meditato delle questioni legate ai rapporti tra la libertà del mandato politico e i diritti dei terzi. In tal senso, crede opportuno che la Giunta promuova un convegno di studi con qualificati contributi, nel quale - similmente a quanto accadde sul finire della XIV legislatura - potrebbero essere proficuamente fatte confluire diverse esperienze e sensibilità.

Marilena SAMPERI (PD), anch'ella ringraziando il Presidente per la relazione svolta, ritiene opportuno che ciascun membro della Giunta sia fornito di copia in italiano delle 7 sentenze della Corte di Strasburgo cui il Presidente medesimo ha fatto riferimento. Le sembra di poter osservare sin d'ora che la Corte europea non contesti in sé gli istituti immunitari ma il loro concreto e disinvolto dispiegarsi nella prassi italiana. Del resto, il problema era già emerso in occasione dell'approvazione del documento, adottato all'unanimità dalla Giunta il 14 gennaio 2009, sui criteri applicativi dell'insindacabilità: purtroppo tale documento è rimasto lettera morta.

Donatella FERRANTI (PD) ricorda anch'ella che il documento approvato dalla Giunta il 14 gennaio 2009 conteneva elementi interessanti di contrasto dell'arbitrio e di maggiore certezza del diritto. Purtroppo esso non ha conseguito i risultati sperati, essendo rimasta la Giunta vincolata ad una visione ristretta del proprio ruolo, in totale spregio della ormai avanzata integrazione dell'ordinamento giuridico italiano con quelli sovranazionali, quali il Consiglio d'Europa e l'Unione europea. Questo atteggiamento improntato al provincialismo è facilmente riscontrabile in questo momento storico, sol che si pensi a quanto è accaduto di recente a una notoria personalità internazionale, addirittura candidata per la corsa alla Presidenza della Repubblica francese. D'altronde, andrebbero considerate anche le conseguenze in termini di responsabilità contabile per la sistematica violazione del diritto convenzionale e comunitario.

Luca Rodolfo PAOLINI (LNP) concorda con la necessità di prendere cognizione del contenuto delle 7 sentenze richiamate poc'anzi dai colleghi ma crede che tali pronunzie non mettano in discussione l'istituto dell'immunità, come del resto non avrebbero potuto, dato che il Parlamento europeo sembra decisamente orientato ad un'interpretazione piuttosto ampia: cita al proposito il recente caso del dott. De Magistris.

Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, ringrazia gli intervenuti e concorda che la giurisprudenza della Corte EDU pone il complesso problema della misura proporzionata dell'interferenza degli istituti del diritto nazionale sul diritto a un equo processo fissato nell'articolo 6 della Convenzione. Bilanciare l'autonomia ordinamentale interna con la gestione giurisprudenziale della Corte di Strasburgo della casistica concreta è operazione non facile. Da questo punto di vista, raccoglie volentieri la sollecitazione del collega Mantini e si riserva di riunire l'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi per raccogliere disponibilità e suggerimenti per l'organizzazione di un convegno.
Preso atto di una richiesta in tal senso formulata dal gruppo PdL e dell'assenza di obiezioni, rinvia alla prossima seduta il

Pag. 26

seguito dell'esame delle deliberazioni in materia di insindacabilità concernenti i deputati Belcastro e Cirielli e l'ex deputato Di Giandomenico.

Marilena SAMPERI (PD) domanda se il collega Bruno Cesario si sia dimesso da componente la Giunta.

Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, risponde che non risultano pervenute le dimissioni del collega, le quali risponderebbero certamente a un criterio di opportunità. Segnalerà comunque la situazione al Presidente della Camera.

ESAME DELLA DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE ALL'ACQUISIZIONE DI TABULATI TELEFONICI DEL DEPUTATO GRANATA (DOC. IV, N. 16).
(Esame e conclusione).

Fabio GAVA (PdL), relatore, espone sommariamente i fatti, riconducibili a un primo esame al reato di minaccia. Come nel precedente relativo alla collega Polidori, propone che l'autorizzazione sia senz'altro concessa.

La Giunta approva all'unanimità la proposta del relatore e gli conferisce il mandato a predisporre il documento per l'Assemblea.

La seduta termina alle 10.25.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

ESAME DI DOMANDE DI DELIBERAZIONE IN MATERIA D'INSINDACABILITÀ

Seguito dell'esame di una domanda di deliberazione in materia d'insindacabilità avanzata dal deputato Elio Vittorio Belcastro, nell'ambito di un procedimento civile pendente presso il tribunale di Monza (atto di citazione dell'on. Antonio Di Pietro) (rel. Paolini)

Seguito dell'esame di una domanda di deliberazione in materia d'insindacabilità nel procedimento penale nei confronti di Remo Di Giandomenico (deputato nella XIV legislatura) pendente presso il tribunale di Campobasso (proc. n. 2726/09 RGNR - n. 451/10 RGT) (doc. IV-ter, n. 20) (rel. Sisto)

Seguito dell'esame di una domanda di deliberazione in materia d'insindacabilità avanzata dal deputato Edmondo Cirielli, nell'ambito di un procedimento penale pendente presso il tribunale di Napoli (proc. n. 21202/10 mod. 21 RGNR) (rel. Maurizio Turco)

ESAME DELLA DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE ALL'UTILIZZO DI INTERCETTAZIONI DI CONVERSAZIONI DI REMO DI GIANDOMENICO (DEPUTATO ALL'EPOCA DEI FATTI) (DOC. IV, N. 10) (rel. CASTAGNETTI)