CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 3 maggio 2011
474.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 63

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

Martedì 3 maggio 2011. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Sonia Viale.

La seduta comincia alle 9.55.

Libro verde sul futuro dell'IVA: Verso un sistema dell'IVA più semplice, solido ed efficiente.
COM(2010)695 definitivo.

(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Alessandro PAGANO (PdL), relatore, rileva come la Commissione avvii l'esame, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, del Libro verde sul futuro dell'IVA: Verso un sistema dell'IVA più semplice, solido ed efficiente (COM(2010)695 definitivo).
Illustra quindi il contenuto del documento, rilevando come il Libro verde sia stato presentato lo scorso 1o dicembre dalla Commissione europea per avviare una consultazione pubblica, in vista di un riesame complessivo del sistema vigente dell'IVA, volto a conseguire cinque obiettivi principali:
rafforzare la coerenza tra il regime dell'IVA e il mercato unico;

Pag. 64

incrementare il gettito dell'imposta e respingere gli attacchi fraudolenti verificatisi negli ultimi anni, anche al fine di sostenere il processo di risanamento del bilancio negli Stati membri;
ridurre i costi di conformità alle norme e di riscossione per i contribuenti;
adattare la disciplina dell'imposta ai cambiamenti dell'ambiente economico e tecnologico;
contribuire alla realizzazione della strategia «Europa 2020» per la crescita e l'occupazione e, più in generale, il rilancio dell'economia europea dopo la crisi.

Sulla base dei risultati della consultazione - che si concluderà 31 maggio 2011 - la Commissione europea presenterà entro la fine del 2011 una comunicazione in cui individuerà i settori prioritari nei quali sarebbero opportune ulteriori misure a livello UE.
Evidenzia, quindi, come l'iniziativa presenti una fortissima rilevanza, in quanto costituisce, forse, il primo tentativo, dall'introduzione dell'imposta alla fine degli anni Sessanta, di riformarne in modo organico e approfondito l'impianto, le finalità e i meccanismi di applicazione.
Gli interventi di «manutenzione» di specifici elementi della disciplina vigente operati nell'ultimo decennio, pur producendo risultati positivi, si sono dimostrati - come riconosce la stessa Commissione europea - inadeguati a fronte delle varie criticità emerse.
Ricorda che in più occasioni la Commissione Finanze della Camera - sia in sede di esame di specifiche proposte legislative europee, come quella sulle aliquote ridotte IVA, sia nel pronunciarsi sugli strumenti di programmazione politica e legislativa dell'UE - aveva richiamato l'attenzione del Governo e delle Istituzioni europee sulle lacune e le contraddizioni della disciplina vigente.
La disciplina IVA vigente presenta, infatti, almeno tre principali tipologie di fattori problematici.
Il primo fattore attiene alla eccessiva complessità del sistema, in particolare in termini di oneri amministrativi per le imprese.
Secondo i dati riportati nel Programma d'azione per la riduzione degli oneri amministrativi, pubblicato dalla Commissione nell'ottobre 2009, la gestione dell'IVA rappresenta quasi il 60 per cento dell'onere totale in tredici principali settori economici. Particolare preoccupazione destano alcuni elementi fondamentali del sistema, come gli obblighi, la detrazione e le aliquote, soprattutto per le piccole e medie imprese, che non possono sempre permettersi consulenti fiscali per gestire la sempre più complessa normativa in materia di IVA. Questi oneri eccessivi diminuiscono, inoltre, l'interesse degli investitori per l'UE.
Un secondo gruppo di criticità attiene agli ostacoli che il regime dell'imposta può determinare al corretto funzionamento del mercato interno, con particolare riferimento al diverso trattamento delle operazioni nazionali e intra-UE.
A tale riguardo, la Commissione europea rileva come un sistema IVA a base ampia, possibilmente con un'unica aliquota, si avvicinerebbe all'ideale di un'imposta sui consumi che riduce al minimo i costi di conformità.
Nell'UE l'aliquota ordinaria copre attualmente soltanto i due terzi circa dei consumi complessivi, mentre il terzo rimanente è oggetto di diverse esenzioni o aliquote ridotte. Il Libro verde riporta che negli Stati membri dell'UE che fanno anche parte dell'OCSE il gettito IVA effettivo rappresenta, in media, solo il 55 per cento di quanto potrebbe essere teoricamente riscosso se tutti i consumi finali fossero tassati all'aliquota ordinaria. Altri Paesi dell'OCSE, come Giappone, Corea del Sud o Svizzera, hanno un sistema dell'IVA più efficiente, che permette di raggiungere una percentuale del 73 per cento circa.
Un terzo gruppo di criticità attiene alla riscossione dell'imposta e alle pratiche elusive e alle frodi.
Secondo uno studio effettuato per conto della Commissione europea, la differenza

Pag. 65

tra l'IVA effettivamente riscossa (nel 2008 circa 862 miliardi di euro) e quella che gli Stati membri dovrebbero in teoria percepire sulla base delle rispettive economie è pari al 12 per cento delle entrate IVA teoriche del 2006 e raggiunge valori superiori al 20 per cento in diversi Stati membri. Ad avviso della Commissione, oltre all'elusione fiscale e alle perdite dovute ai casi di insolvenza, tale divario è anche attribuibile alle frodi risultanti in parte dalle debolezze insite nelle disposizioni vigenti, con particolare riferimento a quelle che autorizzano gli acquisti transfrontalieri di beni e servizi in esenzione IVA. Inoltre, il modello di riscossione dell'imposta è rimasto sostanzialmente invariato dalla sua introduzione nonostante l'innovazione tecnologica offra nuove modalità alternative di riscossione per ridurre gli oneri gravanti sulle imprese e le perdite di gettito.
Il Libro verde prospetta una serie di possibili opzioni di intervento in merito a tutti gli aspetti problematici sopra richiamati.
Viene esaminata, anzitutto, la questione relativa all'opportunità di mantenere il sistema IVA imperniato sul principio del Paese di destinazione, ovvero di passare ad un nuovo sistema, incentrato sul principio della tassazione di beni e servizi nello Stato membro di origine.
Al riguardo, la Commissione europea sostiene che l'impegno a realizzare un progressivo passaggio ad un regime basato sul principio del Paese di origine è fallito, per le forti difficoltà pratiche. Le conclusioni cui giunge la Commissione, pur ispirate da un comprensibile pragmatismo, configurano una rinuncia ad una maggiore integrazione ed armonizzazione del sistema, una sorta di cedimento rispetto alla resistenza di molti Paesi a cessioni di sovranità in materia fiscale che sarebbero invece necessarie per una reale integrazione delle politiche economiche. Il passaggio al principio del Paese di origine richiederebbe, infatti, una forte armonizzazione delle aliquote IVA, per impedire che le differenze di aliquota influiscano sulla decisione del luogo di acquisto, e un sistema di compensazione, per garantire che le entrate IVA siano attribuite allo Stato membro di consumo.
La Commissione europea propone, pertanto, di valutare il mantenimento dell'attuale sistema basato sulla tassazione nello Stato di destinazione, eventualmente con alcuni correttivi.
Si prospetta, in particolare, l'applicazione generalizzata di un meccanismo di inversione contabile alle operazioni nazionali da impresa a impresa, che, per un verso, assicurerebbe un trattamento uniforme delle operazioni nazionali e di quelle intra-UE, rimediando alla vulnerabilità alla frode insita nell'attuale sistema dell'IVA, ma, per altro verso, imporrebbe controlli e obblighi di dichiarazione supplementari per le operazioni nazionali.
In alternativa, si potrebbe procedere alla tassazione delle forniture di beni e delle prestazioni di servizi intra-UE all'aliquota e alle condizioni dello Stato membro di destinazione. Tale soluzione garantirebbe l'uniformità di trattamento fra le operazioni nazionali e quelle intra-UE ma aumenterebbe sostanzialmente il numero di operazioni per i soggetti passivi.
La seconda questione affrontata nel Libro verde attiene delle norme IVA applicabili agli organismi pubblici.
In particolare, la Commissione europea rileva come, a fronte dello sviluppo di varie forme di partenariato pubblico-privato, per fornire infrastrutture e servizi pubblici di importanza strategica, gli organismi pubblici, essendo esenti dall'IVA o al di fuori del suo campo di applicazione, siano incentivati a limitare l'esternalizzazione per evitare di pagare IVA che non possono detrarre. L'IVA diventa quindi un fattore che influenza le decisioni di investimento e di spesa.
A tale proposito, la Commissione europea richiama due soluzioni possibili:
includere tutte le attività economiche degli organismi pubblici nel campo di applicazione dell'IVA e redigere un elenco delle attività da escludere;
chiarire e aggiornare le condizioni in base alle quali gli organismi pubblici non

Pag. 66

possono più essere considerati al di fuori del campo di applicazione dell'IVA.

La terza questione esaminata dal Libro verde attiene al riesame del regime di esenzioni IVA, di cui si riconosce - come più volte denunciato anche dalla Commissione Finanze - la frammentazione, l'irrazionalità e il potenziale distorsivo.
A questo riguardo, la Commissione europea propone giustamente di valutare una riduzione del numero delle esenzioni, al fine di migliorare l'efficacia e la neutralità dell'imposta, nonché di ampliarne la base imponibile, offrendo un'alternativa valida all'aumento delle aliquote IVA.
Analoghe considerazioni valgono per le deroghe individuali che gli stati membri possono ottenere per semplificare la procedura di riscossione dell'IVA o prevenire talune forme di evasione o elusione fiscale mediante misure specifiche di natura temporanea e adattate alla loro particolare situazione nazionale.
La Commissione europea riconosce che esse determinano un mosaico di norme specifiche e mutevoli che rende ancora più complesso il sistema dell'IVA, soprattutto per le imprese che operano in più di uno Stato membro. Inoltre, la procedura per la concessione di deroghe non è sempre sufficientemente flessibile da garantire una reazione pronta e adeguata. Questa difficoltà potrebbe essere superata conferendo alla Commissione maggiori poteri per decidere in tempi rapidi, su richiesta debitamente motivata di uno Stato membro, in merito a deroghe temporanee intese a proteggere gli interessi di detto Stato e a combattere la frode.
Il quarto tema affrontato concerne il riesame della disciplina delle detrazioni in relazione ai casi in cui beni o i servizi sono utilizzati per fini diversi (attività soggette a imposta, attività esenti o scopi non professionali) e i cambiamenti di uso intervengono durante la vita economica dei beni o dei servizi.
In particolare, la Commissione formula tre ipotesi concrete di riforma:
nei casi in cui sia difficile o impossibile determinare il rapporto tra uso professionale e uso privato di beni o servizi, andrebbe assicurato che il ricorso a restrizioni forfettarie della detrazione rifletta la realtà economica e non rappresenti un mezzo per generare entrate supplementari;
il ricorso ad un sistema IVA basato sui pagamenti (contabilità di cassa), in modo che l'imposta diventi esigibile e detraibile all'atto del pagamento della fornitura o della prestazione, sarebbe neutro per tutti in termini di tesoreria e limiterebbe anche le perdite di IVA in caso di insolvenza dell'acquirente o del destinatario;
il ricorso, per le imprese stabilite in uno Stato membro diverso, ad un sistema di sportello unico, presso cui le imprese potrebbero compensare l'IVA versata a monte in uno Stato membro con l'IVA dovuta nello stesso.

Sottolinea, quindi, il grande rilievo della quinta questione esaminata dal Libro verde, relativa alla tipologia degli atti normativi europei utilizzati per l'armonizzazione dell'IVA.
In merito, la Commissione europea sottolinea come l'articolo 113 del Trattato sul funzionamento dell'UE (TFUE), che costituisce la base giuridica per l'armonizzazione dell'IVA, non specifichi lo strumento giuridico da utilizzare a tale scopo. Il ricorso a direttive - sinora predominante - offre agli Stati membri una certa libertà per quanto riguarda il recepimento della normativa UE, permettendo di tener conto delle specificità degli ordinamenti giuridici ma determinano una mancanza di uniformità delle normativa IVA nazionali. A tale proposito, ritiene che andrebbe pertanto valutato - come più volte suggerito anche dalla Commissione Finanze della Camera - il ricorso a regolamenti, che permetterebbe di conseguire una maggiore armonizzazione, consentendo in particolare all'UE di evitare la doppia imposizione o la non imposizione o di stabilire gli obblighi in materia di IVA a carico delle imprese non stabilite.

Pag. 67

La sesta questione esaminata dal Libro verde concerne le aliquote, tema su cui si è forse maggiormente concentrata la Commissione Finanze sia nell'esame della proposta di direttiva sulle aliquote ridotte sia in altre occasioni.
Al riguardo, la Commissione europea riconosce che nell'UE l'aliquota ordinaria copre attualmente soltanto i due terzi circa dei consumi complessivi, mentre il terzo rimanente è oggetto di diverse esenzioni o aliquote ridotte; negli Stati membri dell'UE che fanno anche parte dell'OCSE il gettito IVA rappresenta in media solo il 55 per cento di quanto potrebbe essere teoricamente riscosso se tutti i consumi finali fossero tassati all'aliquota ordinaria.
Altri Paesi OCSE, come Giappone, Corea del Sud o Svizzera, hanno un sistema dell'IVA più efficiente, che permette di raggiungere una percentuale del 73 per cento circa.
Il Libro verde ricorda che, sulla scorta di taluni studi, l'applicazione di un'aliquota IVA unica a tutti i beni e servizi rappresenterebbe una soluzione ideale per massimizzare l'efficienza economica dell'imposta. Viene, inoltre, sottolineato che esistono incoerenze nelle aliquote IVA applicate a prodotti o servizi comparabili. Ad esempio, gli Stati membri possono applicare un'aliquota IVA ridotta a determinati prodotti culturali, ma devono applicare l'aliquota ordinaria ai servizi online concorrenti, come i libri e i giornali elettronici.
Allo stesso tempo, si riconosce che l'attuale variazione dell'aliquota ordinaria nell'UE e il ricorso ad aliquote ridotte - giustificato dalla opportunità di di fornire un accesso più agevole ed equo a contenuti didattici e culturali e offrire incentivi per l'innovazione ecologica - non sembrano perturbare il mercato unico.
Senza indicare precise soluzioni a questi problemi, il Libro verde pone due quesiti molto chiari:
con il primo si chiede se la struttura attuale delle aliquote crei seri ostacoli al corretto funzionamento del mercato unico e un trattamento diseguale di prodotti comparabili o comporti ingenti costi di conformità per le imprese. A tale interrogativo la Commissione Finanze ha già dato risposta affermativa;
con il secondo si chiede se sarebbe preferibile che non esistessero le aliquote ridotte o sarebbe auspicabile un elenco di aliquote IVA ridotte obbligatorio e uniformemente applicato nell'UE. In proposito, ricorda che la Commissione Finanze si è più volte espressa a favore di questa seconda opzione.

Un settimo, importante problema affrontato dal Libro verde attiene alle soluzione per ridurre gli oneri amministrativi collegati all'imposta.
Sotto tale profilo, la Commissione europea propone di elaborare un modulo UE standard di dichiarazione IVA disponibile in tutte le lingue, che le imprese potrebbero scegliere di utilizzare, ma che tutti gli Stati membri sarebbero tenuti ad accettare. Ciò comporterebbe, tuttavia, un costo sia per le amministrazioni fiscali sia per le imprese, comprese quelle che sono tenute a rispettare tali obblighi in un solo Stato membro.
In alternativa, si potrebbero limitare le differenze, definendo, a livello UE, un elenco esaustivo di obblighi standardizzati in materia di IVA che possono essere imposti dagli Stati membri.
Strettamente connessa a questi profili è l'ipotesi di istituire un regime speciale IVA a favore delle PMI, atto a ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle normali disposizioni in materia di IVA. Attualmente, le imprese aventi un fatturato annuo inferiore a una determinata soglia possono beneficiare dell'esenzione IVA. Tuttavia, questi regimi costituiscono una risposta frammentaria al fatto che i costi di conformità dell'IVA sono proporzionalmente più elevati per le piccole imprese che per quelle grandi, soprattutto se esercitano la loro attività in tutta l'UE.
La soluzione più ovvia, ad avviso della Commissione europea, consisterebbe nell'istituire un regime esteso a tutta l'UE, caratterizzato da una soglia comune.

Pag. 68

L'ottavo ambito problematico affrontato dal Libro verde concerne la riscossione dell'imposta, le cui modalità sono rimaste pressoché invariate da quando l'imposta è stata introdotta nell'UE, in quanto esse dipendono ancora principalmente dalla autodichiarazione del contribuente, cui fanno seguito i controlli dell'amministrazione fiscale.
La Commissione europea ricorda che da studi da essa commissionati risulta che la differenza tra l'IVA effettivamente riscossa (nel 2008 circa 862 miliardi di euro) e quella che gli Stati membri dovrebbero in teoria percepire sulla base delle rispettive economie è pari al 12 per cento delle entrate IVA teoriche del 2006 e raggiunge valori superiori al 20 per cento in diversi Stati membri.
Ad avviso della Commissione europea, oltre all'elusione fiscale e alle perdite dovute ai casi di insolvenza, tale divario è anche attribuibile alle frodi risultanti in parte dalle debolezze insite nelle disposizioni vigenti, con particolare riferimento a quelle che autorizzano gli acquisti transfrontalieri di beni e servizi in esenzione IVA.
Il Libro verde prospetta, di conseguenza, quattro possibili modelli di riforma:
l'acquirente o il destinatario incarica la propria banca di pagare i beni o i servizi e la banca scinde il pagamento tra l'importo imponibile, che viene versato al fornitore o al prestatore, e l'importo dell'IVA, che viene trasferito direttamente all'autorità fiscale;
tutti i dati di fatturazione sono inviati in tempo reale a una banca dati centrale di controllo dell'IVA;
il soggetto passivo inserisce dati prefissati relativi alle operazioni, presentati in un formato convenuto, in un deposito di dati (data warehouse) IVA sicuro, gestito dal soggetto passivo stesso e accessibile all'autorità fiscale direttamente o su richiesta con brevissimo preavviso;
la procedura attuata dal soggetto passivo per assolvere i propri obblighi in materia di IVA e i suoi controlli interni sono certificati.

La Commissione propone, infine, di valutare nell'ambito della consultazione una serie di ulteriori questioni relative alla migliore gestione dell'imposta:
rafforzare il dialogo fra le autorità fiscali e le altre parti interessate, ad esempio istituendo un forum permanente di discussione che consenta uno scambio di opinioni tra le autorità fiscali e i rappresentanti delle imprese a livello UE;
mettere in comune le migliori pratiche negli Stati membri, ad esempio elaborando orientamenti per la semplificazione delle pratiche amministrative;
elaborare una politica UE sul rispetto volontario delle norme adattata al sistema UE dell'IVA mediante accordi specifici con le parti interessate, ad esempio sviluppando l'idea di «partenariati» tra le amministrazioni fiscali e i contribuenti.

Alla luce della portata delle questioni affrontate e dell'impatto potenziale delle opzioni proposte sull'ordinamento italiano, evidenzia come l'esame del Libro verde presenti una notevole rilevanza per il Parlamento italiano.
Ciò anche alla luce delle indicazioni contenute nel Documento di economia e finanza presentata dal Governo lo scorso 13 aprile, che indica, tra i punti qualificanti dell'azione del Governo in materia di politica fiscale, il progressivo spostamento del carico fiscale dall'imposizione diretta a quella indiretta.
È, dunque, più che mai necessario incidere, in questa fase, sulla definizione del futuro sistema IVA, alla luce delle sue forti implicazioni economiche, finanziarie e sociali per il nostro Paese.
L'esperienza dimostra, infatti, come l'intervento parlamentare nella formazione delle decisioni europee - in stretto raccordo con il Governo - sia efficace solo quando incide a monte, sulle scelte politiche di fondo che sono poi trasfuse nelle proposte della Commissione; è, infatti, difficile

Pag. 69

condizionare il negoziato in seno al Consiglio e al Parlamento europeo una volta che le proposte siano state presentate e si siano consolidati posizioni nazionali e schieramenti tra i diversi Stati membri.
Considera, pertanto, opportuno concludere l'esame del Libro verde con l'approvazione di un documento finale entro la data di chisura della consultazione, il 31 maggio 2011, facendo in modo che le posizioni della Camera siano prese in considerazione ai fini della formulazione delle proposte che la Commissione europea intende formulare entro la fine dell'anno.

Gianfranco CONTE, presidente, ritiene di grande rilevanza i temi oggetto del Libro verde in esame, pur nutrendo dubbi circa la concreta possibilità di addivenire in tale materia a risultati condivisi a livello di Unione europea. Considera importante, comunque, che la Commissione Finanze esprima le proprie valutazioni in merito alle complesse questioni sottese al documento della Commissione europea.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi ad altra seduta il seguito dell'esame.

La seduta termina alle 10.10.

SEDE CONSULTIVA

Martedì 3 maggio 2011. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Sonia Viale.

La seduta comincia alle 13.30.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Repubblica sudafricana, dall'altro, che modifica l'Accordo sugli scambi, lo sviluppo e la cooperazione, firmato a Kleinmond, Sud Africa.
C. 4201 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Gianluca FORCOLIN (LNP), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, ai fini dell'espressione del parere alla III Commissione Affari esteri, sul disegno di legge C. 4201, recante ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Repubblica sudafricana, dall'altro, che modifica l'Accordo sugli scambi, lo sviluppo e la cooperazione, firmato a Kleinmond, Sud Africa, l'11 settembre 2009.
Evidenzia quindi, preliminarmente, come l'Accordo si inserisca in un percorso già previsto nell'accordo Comunità europea-Sudafrica del 1999, che contemplava la revisione del testo entro cinque anni dalla sua entrata in vigore: i relativi negoziati si sono conclusi nel 2007.
La revisione dell'Accordo del 1999 non comprende le questioni relativi agli scambi commerciali, ricomprese invece nei negoziati per il più vasto Accordo di partenariato economico tra l'Unione europea e i Paesi dell'Africa australe riuniti nella Southern African Development Community (SADC), cui aderisce il Sudafrica.
La revisione ha, invece, l'obiettivo di aprire nuove possibilità di liberalizzazione in specifici settori, e soprattutto di allineare l'Accordo del 1999 ai più recenti sviluppi del quadro giuridico internazionale, come la revisione intervenuta nella cooperazione tra Unione europea e gruppo di Stati dell'Africa, Caraibi e Pacifico (ACP), ovvero l'entrata a regime dell'operatività della Corte penale internazionale e la lotta contro il terrorismo internazionale dopo il 2001.
Passando al contenuto dell'Accordo, esso si compone di quattro articoli, ma solo l'articolo 1 contiene le modifiche e integrazioni al testo dell'Accordo del 1999.
La prima modifica, recata dal paragrafo 1, riguarda il Preambolo dell'Accordo, il quale è integrato per ricomprendere nel dialogo politico tra le Parti anche le questioni dei Trattati multilaterali in materia di disarmo e di non proliferazione delle armi di distruzione di massa.
Il paragrafo 2 modifica l'articolo 2 dell'Accordo, sostituendone il primo

Pag. 70

comma, al fine di includere la cooperazione sulle questioni del disarmo e della non proliferazione delle armi tra quelli che le Parti concordemente considerano elementi essenziali dell'Accordo.
Le modifiche alla Sezione IV dell'Accordo del 1999, dedicata alla cooperazione economica, recate dal paragrafo 3, comportano innanzitutto la sostituzione dell'articolo 55, al fine di instaurare tra le Parti una cooperazione per lo sviluppo della società dell'informazione e l'utilizzazione delle connesse tecnologie, quali essenziali elementi di crescita socio-economica nell'era attuale.
I paragrafi 4 e 5 modificano gli articoli 57 e 58, per dar vita a un quadro normativo che stabilisca politiche energetiche capaci di confrontarsi con le esigenze la sostenibilità ambientale.
Ai paragrafi 6 e 7, la modifica dell'articolo 59 e l'inserimento di un nuovo articolo 59-bis mirano al rafforzamento dei sistemi di trasporto aereo, ferroviario e marittimo, in particolare nel campo del controllo della sicurezza e nel settore dei sistemi globali di navigazione satellitare - con le connesse conseguenze positive per le applicazioni a favore della tutela ambientale.
In particolare, nel nuovo articolo 59-bis, che è dedicato alla cooperazione nel settore del trasporto marittimo, viene tra l'altro ribadito l'impegno delle Parti al rispetto delle Convenzioni internazionali sul trasporto di materiali biologici, chimici e nucleari potenzialmente pericolosi.
Il Titolo V dell'Accordo del 1999, dedicato alla cooperazione allo sviluppo, è modificato in diversi articoli, soprattutto allo scopo di aggiornare il testo in ordine alle novità intervenute con riferimento agli strumenti per il finanziamento dello sviluppo, nonché alla problematica della valutazione dell'efficacia degli aiuti.
Tale finalità emerge soprattutto nell'inserimento, disposto dal paragrafo 10, di un nuovo articolo 65-bis, con il quale viene ribadito l'impegno delle Parti alla realizzazione entro il 2015 degli Obiettivi di sviluppo del Millennio fissati nel Vertice ONU del 2000.
Gli sforzi delle Parti verranno inoltre indirizzati anche alla realizzazione degli impegni assunti nella Conferenza di Monterrey per il finanziamento dello sviluppo del marzo 2002 e degli obiettivi dettati dal Piano di attuazione della Conferenza di Johannesburg (Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile, svoltosi dal 26 agosto al 4 settembre del 2002).
A tale riguardo, la sostituzione dell'articolo 67, disposta dal paragrafo 12, è volta ad aggiornare la platea dei beneficiari potenziali dell'assistenza finanziaria e tecnica nel quadro della cooperazione allo sviluppo con il Sudafrica: viene allo scopo precisato tali soggetti sono le amministrazioni e gli enti pubblici nazionali, provinciali e locali, gli attori non statali e le organizzazioni istituzioni regionali e internazionali.
I paragrafi da 13 a 19 modificano un'ulteriore serie di articoli del Titolo V dell'Accordo, al fine di recepirvi le innovazioni apportate al meccanismo per il finanziamento allo sviluppo conseguenti alle conclusioni della citata Conferenza di Monterrey in materia.
Le restanti modifiche si concentrano sul Titolo VI dell'Accordo, che riporta tutti gli altri settori di cooperazione fra le Parti.
Per quanto riguarda la cooperazione scientifica e tecnologica tra le Parti, la sostituzione dell'articolo 83 e la modifica dell'articolo 84, disposte, rispettivamente, dai paragrafi 21 e 22, mirano a porre la scienza e la tecnologia al centro dei processi di sviluppo sostenibile del Sudafrica.
In particolare, al paragrafo 3 dell'articolo 84 sono stati introdotti alcuni riferimenti alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e alle cause ed effetti dei cambiamenti climatici.
La sostituzione dell'articolo 85, prevista dal paragrafo 23, è invece volta ad istituire un dialogo politico nel campo culturale, con particolare riguardo allo sviluppo di industrie culturali competitive.
La sostituzione del paragrafo 1 dell'articolo 86, recata dal paragrafo 24, prevede l'avvio di un dialogo tra le Parti nei settori

Pag. 71

dell'occupazione e della politica sociale, con attenzione ai problemi sociali del post-apartheid sudafricano.
La sostituzione dell'articolo 90, operata dal paragrafo 25, riguarda, invece, la cooperazione tra le Parti nella lotta contro i traffici di droga, mentre la modifica dell'articolo 91, disposta dal paragrafo 26, è dedicata al miglioramento della cooperazione per migliorare gli standard di protezione dei dati personali, con riguardo alla tutela dei diritti fondamentali della persona.
Le modifiche più rilevanti sono rappresentate dall'inserimento nel corpo dell'Accordo dei nuovi articoli da 91-bis a 91-novies, operata dal paragrafo 27.
L'articolo 91-bis è dedicato alle armi di distruzione di massa e ai relativi vettori, nel quadro della cooperazione tra le Parti per contribuire al rafforzamento del sistema multilaterale di disarmo e di non proliferazione: a tale scopo le Parti si impegnano alla piena attuazione degli strumenti internazionali giuridicamente vincolanti, nonché a ratificarne di nuovi, e inoltre ad assicurare un sistema efficace di controlli nazionali relativi tanto all'esportazione quanto al transito di tecnologie legate alle armi di distruzione di massa - incluso il controllo dell'impiego finale delle tecnologie a duplice uso -, prevedendo sanzioni anche di carattere penale in caso di violazioni. Viene inoltre concordato che il contenuto dell'articolo 91-bis costituisce elemento essenziale dell'accordo tra UE e Sudafrica.
Gli articoli 91-ter e 91-quater riguardano gli strumenti di lotta al terrorismo internazionale, del quale si afferma doversi combattere anche i fattori che ne determinano la diffusione: la lotta al terrorismo dovrà inoltre essere condotta nel pieno rispetto delle norme internazionali, dei diritti umani dei diritti dei rifugiati.
In tale ambito segnala, per quanto riguarda gli aspetti di competenza della Commissione Finanze, le previsioni del nuovo articolo 91-quater, le quali stabiliscono una specifica collaborazione tra le Parti, anche attraverso forme di assistenza amministrativa e tecnica, per evitare che i sistemi finanziari siano utilizzati per il riciclaggio dei proventi di attività illecite, con specifico riferimento ai reati connessi alle droghe ed alle altre sostanze psicotrope illecite, nonché per il finanziamento del terrorismo.
Gli articoli 91-quinquies, 91-sexies e 91-septies riguardano rispettivamente la lotta al crimine organizzato, la cooperazione tra le Parti contro la proliferazione delle armi leggere e di piccolo calibro e la prevenzione dell'impiego di mercenari nei conflitti.
In proposito segnala, in quanto rilevante per i profili di interesse della Commissione Finanze, l'articolo 91-quinquies, il quale regola, tra l'altro, la cooperazione nel settore della criminalità finanziaria.
Per quanto riguarda la lotta alla criminalità organizzata, in particolare, si fa riferimento alla Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale e relativi Protocolli, e alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione.
Altrettanto rilevante per i profili di diritto internazionale è l'articolo 91-octies, con il quale le Parti si impegnano a sostenere l'azione della Corte penale internazionale, promuovendo l'universalità dello Statuto di Roma.
L'articolo 91-novies riguarda la cooperazione in materia di immigrazione: a tale proposito, le Parti riaffermano gli obblighi assunti in base al diritto internazionale, con le garanzie di rispetto dei diritti umani e di eliminazione di ogni forma di discriminazione.
Le Parti riconoscono, inoltre, il collegamento tra migrazioni e sviluppo, accettando tra l'altro di agevolare la partecipazione degli emigrati allo sviluppo dei paesi d'origine, anche mediante rimesse facilitate e poco onerose, e si impegnano all'elaborazione e all'applicazione di normative e pratiche nazionali nel campo della protezione internazionale, con particolare riguardo al rispetto della Convenzione ONU sullo status dei rifugiati e del relativo Protocollo del 1967. In questo contesto, le Parti si impegnano alla riammissione

Pag. 72

dei propri immigrati clandestini, su richiesta dello Stato interessato e senza ulteriori formalità.
Le modifiche all'Accordo del 1999 si chiudono con la sostituzione, operata dal paragrafo 28, dell'articolo 94, dedicato agli aiuti non rimborsabili, che saranno coperti dalle risorse finanziarie del bilancio comunitario dedicate alla cooperazione internazionale, e soggette alle procedure da esso previste.
L'articolo 2 dell'Accordo riguarda le lingue di redazione del medesimo, che saranno tutte quelle degli Stati membri dell'Unione europea, nonché tutte le lingue del Sudafrica diverse dall'inglese.
In base all'articolo 3 l'Unione europea, gli Stati membri e la Repubblica sudafricana approveranno l'Accordo secondo le rispettive procedure, e si notificheranno l'espletamento di esse, procedendo al deposito dei relativi strumenti presso il Segretariato generale del Consiglio dell'Unione europea.
L'articolo 4 riguarda, infine, i tempi di entrata in vigore dell'Accordo.
Non essendovi profili problematici per gli aspetti di competenza della Commissione, propone di esprimere parere favorevole sul disegno di legge in esame.

La Commissione approva la proposta di parere formulata del relatore.

DL 34/11: Disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di moratoria nucleare, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo.
C. 4307 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alle Commissioni riunite V e VII).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Gianfranco CONTE, presidente, ricorda che le Commissioni competenti in sede referente concluderanno l'esame del provvedimento entro la seduta di giovedì prossimo, e che, pertanto, il parere su di esso dovrà essere espresso entro la seduta di domani.

Maurizio BERNARDO (PdL), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, ai fini dell'espressione del parere alle Commissioni riunite V Bilancio e VII Cultura, il disegno di legge C. 4307, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 34 del 2011, recante disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di moratoria nucleare, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo.
Per quanto riguarda il contenuto del decreto-legge, il quale si compone di 8 articoli, l'articolo 1 reca, comma 1, l'autorizzazione a tre spese aggiuntive, decorrenti dal 2011 e aventi carattere permanente.
In dettaglio, la lettera a) aumenta la dotazione annua del Fondo unico per lo spettacolo (FUS) di 149 milioni.
La lettera b) autorizza la spesa di ulteriori 80 milioni di euro annui per la manutenzione e la conservazione dei beni culturali, mentre la lettera c) autorizza la spesa di 7 milioni di euro annui per interventi a favore di enti ed istituzioni culturali.
Il comma 2 novella l'articolo 1, comma 13, quarto periodo, della legge di stabilità 2011 (legge n. 225 del 2010), escludendo il FUS e le risorse destinate alla manutenzione e alla conservazione dei beni culturali dal taglio lineare previsto da tale norma.
Ricorda che la disposizione oggetto di modifica prevedeva, in caso di scostamenti rispetto agli effetti finanziari attesi da una serie di misure contenute nella stessa legge di stabilità, da cui dovevano derivare proventi stimati non inferiori a 2,4 miliardi di

Pag. 73

euro, che il Ministro dell'economia potesse procedere con proprio decreto alla riduzione lineare degli stanziamenti.
Con riferimento ai profili di interesse della Commissione Finanze, segnala come il comma 3 sopprima il comma 4-ter dell'articolo 2 del decreto-legge n. 225 del 2010 (cosiddetto «milleproroghe»), che aveva istituito un contributo speciale di 1 euro a carico dello spettatore per l'accesso a pagamento nelle sale cinematografiche, ad esclusione di quelle delle comunità ecclesiali o religiose. Tale contributo era previsto per un periodo limitato, dal 1 luglio 2011 al 31 dicembre 2013; i proventi derivanti da esso avrebbero dovuto essere versati all'entrata del bilancio dello Stato, allo scopo, in parte, di servire da copertura finanziaria per i maggiori oneri derivanti dalla proroga fino al 31 dicembre 2013 degli incentivi fiscali in favore del settore cinematografico introdotti dall'articolo 1, comma 335, della legge n. 244 del 2007 (Legge finanziaria per il 2008).
In tale contesto viene altresì soppressa la lettera b) del comma 4-quater del predetto articolo 2 del decreto-legge n. 225, il quale prevedeva l'utilizzo di parte delle maggiori entrate derivanti dal contributo speciale di cui al comma 4-ter per la copertura dei maggiori oneri derivanti dalla proroga delle richiamate agevolazioni tributarie per il settore cinematografico.
Sempre per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, evidenzia il comma 4, il quale reca la clausola di copertura degli oneri finanziari determinati dai commi 1 e 3, quantificati, rispettivamente, in 236 milioni di euro a decorrere dal 2011 ed in 45 milioni a decorrere dal 2011, nonché in 90 milioni per ciascuno degli anni 2012 e 2013.
A tali oneri si provvede aumentando l'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo e l'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante.
La misura dell'incremento dell'accisa è determinato in modo tale da compensare sia gli oneri predetti sia l'onere derivante dai rimborsi previsti a favore degli autotrasportatori dall'ultimo periodo dello stesso comma 4. A tal fine la norma rinvia ad apposito provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane, da emanare entro sette giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, che acquista efficacia a decorrere dalla sua stessa data di pubblicazione sul sito internet dell'Agenzia.
In attuazione di tale previsione, con determinazione del direttore dell'Agenzia delle Dogane del 5 aprile 2011, pubblicata sul sito internet il 6 aprile 2011, sono state modificate le aliquote di accisa dei suddetti prodotti energetici.
Al riguardo, rammenta che, fino al predetto aumento, l'accisa sul gasolio ammontava a 423,00 euro per mille litri, mentre quella sulla benzina ammontava a 564,00 euro.
In base al citato provvedimento, l'ammontare dell'accisa subirà una serie di modifiche articolate nel tempo.
Per quanto riguarda la benzina, essa sarà pari a 571,3 euro per mille litri fino al 30 giugno 2011, per poi passare a 573,2 euro tra il 1o luglio ed il 31 dicembre 2011, a 571,6 euro tra il 1o gennaio 2012 ed il 31 dicembre 2013, ed a 569,5 euro dal 1o gennaio 2014.
Per quanto riguarda, invece, il gasolio, l'accisa sarà pari a 430,3 euro per mille litri fino al 30 giugno 2011, per poi passare a 432,2 euro tra il 1o luglio ed il 31 dicembre 2011, a 430,6 euro tra il 1o gennaio 2012 ed il 31 dicembre 2013, ed 428,5 euro dal 1o gennaio 2014.
L'ultimo periodo del comma reca inoltre due ulteriori previsioni.
In primo luogo, la disposizione stabilisce la disapplicazione dell'articolo 1, comma 154, secondo periodo, della legge n. 662 del 1996, (il quale prevede che, nelle regioni a statuto ordinario, gli eventuali aumenti erariali dell'accisa sulla benzina hanno effetto limitatamente alla differenza tra l'aumento erariale e la misura dell'imposta regionale sulla benzina) relativamente agli aumenti dell'aliquota di accisa disposti ai sensi del presente comma ed agli aumenti eventualmente disposti ai sensi dell'articolo 5, comma 5-quinquies, della legge n. 225 del 1992 (nel caso di utilizzo, in relazione a calamità naturali per le quali sia stato dichiarato

Pag. 74

lo stato di emergenza, del fondo di riserva per le spese impreviste istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze).
In conseguenza di tale disapplicazione prevista, l'aumento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina si somma ad eventuali imposte regionali sulla benzina vigenti nelle regioni a statuto ordinario.
In secondo luogo, la norma dispone il rimborso del maggior onere derivante dagli aumenti di accisa disposti dal comma 4 nei confronti di due tipologie di soggetti.
Si tratta, in primo luogo, degli esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate, per i quali il comma 1 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 452 del 2001 prevede una riduzione dell'aliquota dell'accisa sul gasolio per autotrazione utilizzato.
Inoltre, il rimborso si applica ai soggetti di cui al comma 2 dell'articolo 5 dello stesso decreto-legge n. 452 (enti pubblici ed imprese pubbliche locali esercenti l'attività di trasporto di cui al decreto legislativo n. 422 del 1997; imprese esercenti autoservizi di competenza statale, regionale e locale; enti pubblici e imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico per trasporto di persone).
Il rimborso suddetto è disposto con le modalità previste dall'articolo 6, comma 2, primo e secondo periodo, del decreto legislativo n. 26 del 2007, il quale consente il rimborso anche mediante compensazione, a seguito della presentazione di apposita dichiarazione ai competenti Uffici dell'Agenzia delle dogane, secondo le modalità e con gli effetti previsti dal regolamento recante disciplina dell'agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci, anche ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive.
Il comma 5 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze a disporre, con propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio.
L'articolo 2, comma 1, prevede l'adozione, da parte del Ministro per i beni e le attività culturali, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, conservazione e restauro da effettuarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, finalizzato a rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale.
Il comma 2 individua le risorse necessarie alla realizzazione del programma di cui al comma 1, mediante l'utilizzo di risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate destinate alla regione Campania, nonché mediante ricorso ad una quota dei fondi disponibili nel bilancio della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, determinata con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali. La quota da destinare al programma di manutenzione da parte della regione Campania è individuata dalla regione stessa nell'ambito del programma di interesse strategico regionale (PAR) da sottoporre al Comitato interministeriale per la programmazione economica, per la relativa approvazione.
Il comma 3 autorizza l'assunzione di personale per la realizzazione del programma straordinario e urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, previsto dal comma 1. La previsione è disposta in deroga al divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto, vigente per le pubbliche amministrazioni che non abbiano adempiuto l'obbligo di apportare, entro il 30 giugno 2010, una riduzione degli uffici dirigenziali di livello non generale, e delle relative dotazioni organiche. Rimane comunque ferma la disciplina in materia di turn over, in base alla quale, per ciascun anno del quadriennio 2010-2013, si può procedere ad assunzioni di personale a

Pag. 75

tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 20 per cento di quella relativa al personale cessato nell'anno precedente e in ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere il 20 per cento delle unità cessate nell'anno precedente.
Il comma 4 autorizza la Soprintendenza per i beni archeologici di Napoli e Pompei ad avvalersi, per l'attuazione del programma di interventi conservativi urgenti nell'area di Pompei previsto dal comma 1, della società Arte Lavoro e Servizi (ALES) Spa (controllata dal Ministero per i beni e le attività culturali), mediante la stipula di apposita convenzione. La convenzione, che dovrà essere stipulata nel rispetto della normativa comunitaria, potrà prevedere l'affidamento diretto alla società di servizi tecnici, compresi quelli attinenti all'attuazione del programma, e dovrà svolgersi nei limiti delle risorse disponibili.
Il comma 5, richiamando il comma 1, prevede deroghe alla normativa sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture al fine dell'attuazione del programma di cui al comma 1.
Il comma 6 prevede che gli interventi previsti dal programma di cui al comma 1, ricadenti all'esterno del perimetro delle aree archeologiche sono dichiarati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e possono essere realizzati, ove occorra, in deroga alle previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriali vigenti, sentiti la Regione e il Comune territorialmente competente.
Il comma 7 detta disposizioni volte a favorire l'apporto di risorse provenienti da soggetti privati per l'esecuzione dei lavori, dei servizi e delle forniture nell'ambito del programma previsto dal comma 1, disciplinando l'assolvimento degli obblighi di pubblicità, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, previsti dagli articoli 26 e 27 del codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006.
Il comma 8 consente al Ministro per i beni e le attività culturali, in deroga a quanto disposto dall'articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 240 del 2003, di trasferire risorse con proprio decreto tra le disponibilità giacenti sui conti di tesoreria delle soprintendenze speciali ed autonome, al fine di assicurarne l'equilibrio finanziario. Tale operazione, effettuata in relazione alle rispettive esigenze finanziarie delle soprintendenze, deve assicurare comunque l'assolvimento degli impegni già presi sulle disponibilità suddette.
L'articolo 3 novella il comma 12 dell'articolo 43 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici di cui al decreto legislativo n. 177 del 2005, modificando la disciplina sul divieto di incroci proprietari dei media televisivi e della carta stampata.
In particolare, la versione modificata del predetto comma 12 prevede che i soggetti i quali esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale su qualunque piattaforma, che hanno conseguito ricavi superiori all'8 per cento del valore economico del sistema integrato delle comunicazioni, nonché le imprese che, anche attraverso società controllate o collegate, realizzino ricavi nel settore delle comunicazioni elettroniche superiori al 40 per cento dei ricavi complessivi di quel settore, non possono, prima del 31 dicembre 2012, acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani, con l'eccezione delle imprese editrici di giornali quotidiani diffusi esclusivamente in modalità elettronica.
Il predetto divieto si applica anche alle imprese controllate, controllanti o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile.
L'articolo 4 differisce il termine per stabilire il calendario definitivo per la transizione alla trasmissione televisiva digitale terrestre e detta una nuova disciplina di assegnazione delle frequenze radiotelevisive,

Pag. 76

anche in riferimento alla gara per i servizi di comunicazione elettronica mobili in larga banda.
In particolare, il comma 1, primo periodo, proroga al 30 settembre 2011 il termine per stabilire il calendario definitivo per il passaggio alla trasmissione televisiva digitale terrestre.
Il secondo periodo del comma 1 prevede che, entro il 30 giugno 2012, il Ministero dello sviluppo economico provvede all'assegnazione dei diritti di uso relativi alle frequenze radiotelevisive, nel rispetto dei criteri e delle modalità previste in materia dall'articolo 1 della legge n. 220 del 2010.
Per quanto concerne le frequenze radiotelevisive in ambito locale, si prevede specificamente che, ai fini dell'assegnazione, sia predisposta, per ciascuna area tecnica o Regione, una graduatoria dei soggetti legittimamente abilitati alla trasmissione radiotelevisiva in ambito locale che ne facciano richiesta sulla base dei seguenti criteri:
a) entità del patrimonio al netto delle perdite;
b) numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato;
c) ampiezza della copertura della popolazione;
d) priorità cronologica di svolgimento dell'attività nell'area, anche con riferimento all'area di copertura.

Il comma 1, terzo periodo, prevede che nelle aree in cui, alla data del 1o gennaio 2011, non ha avuto luogo il passaggio alla trasmissione in tecnica digitale, il Ministero dello sviluppo economico non procede all'assegnazione a operatori di rete radiotelevisivi in ambito locale dei diritti d'uso relativi alle frequenze radioelettriche.
Il quarto periodo prevede che nelle aree in cui, alla medesima data del 1o gennaio 2011, ha avuto luogo il passaggio alla trasmissione in tecnica digitale, il Ministero dello sviluppo economico rende disponibili le predette frequenze, assegnando ai soggetti titolari di diritto d'uso relativi alle frequenze nella banda 790-862 Mhz, risultanti in posizione utile in base alle rispettive graduatorie, i diritti d'uso riferiti alle frequenze nelle bande 174-230 Mhz e 470-790 Mhz.
Il quinto periodo demanda all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni la definizione delle modalità e delle condizioni economiche secondo cui i soggetti assegnatari dei diritti d'uso hanno l'obbligo di cedere una quota della capacità trasmissiva ad essi assegnata, comunque non inferiore a due programmi, a favore dei soggetti legittimamente operanti in ambito locale alla data del 1o gennaio 2011 non destinatari di diritti d'uso sulla base delle citate graduatorie.
L'articolo 5, completamente sostituito nel corso dell'esame al Senato, sopprime una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più interventi legislativi adottati nel quadriennio 2008-2011. Si tratta, in particolare, del decreto-legge n. 112 del 2008, della legge n. 99 del 2009, del decreto legislativo n. 31 del 2010 e del decreto legislativo n. 41 del 2011.
La prima innovazione riguarda la cancellazione del programma in materia di impianti di produzione di energia nucleare e la riformulazione integrale della norma sulla strategia energetica nazionale.
In particolare, il comma 1 precisa che, al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche relativamente alla sicurezza nucleare (con il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare e tenendo conto dello sviluppo tecnologico e delle decisioni che saranno prese dall'Unione europea), non si procede più alla definizione e attuazione del programma sugli impianti nucleari implicato dagli articoli 25 e 26 della legge n. 99 del 2009.
Il comma 2 abroga per intero l'articolo 7 del decreto-legge n. 112 del 2008, che introduceva e disciplinava la cosiddetta «Strategia energetica».
In connessione con tale abrogazione, il comma 8 detta una nuova normativa sulla predetta «Strategia energetica nazionale»,

Pag. 77

che resta strumento generale di indirizzo e pianificazione energetica ma non reca più alcun riferimento alla tematica nucleare.
Il comma 3 modifica, invece, gli articoli 25, 26 e 29 della legge n. 99 del 2009, sostanzialmente sopprimendo tutti i riferimenti alla individuazione, realizzazione ed esercizio degli impianti e attività nucleari e norme connesse.
In particolare, per quanto riguarda le modifiche all'articolo 25 della legge n. 99, al comma 1 è soppresso il riferimento alla localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, nonché alla definizione di procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione, di esercizio e di disattivazione degli impianti nucleari.
Al comma 2, recante definizione dei principi e criteri direttivi che il Governo è tenuto a rispettare nell'esercizio della delega, sono espunti tutti i riferimenti alla costruzione e all'esercizio di impianti o attività nucleari, mentre rimangono fermi riferimenti alla messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e allo smantellamento.
Sono inoltre abrogati i commi 3 e 4, i quali, rispettivamente, dispongono che nei giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa che comunque riguardino le procedure di progettazione, approvazione e realizzazione delle opere, delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi concernenti il settore dell'energia nucleare e le relative attività di espropriazione, occupazione e asservimento, si applichino le disposizioni dell'articolo 246 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, e integrano l'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo n. 79 del 1999, con il quale si prevede che il gestore della rete di trasmissione nazionale assicuri la precedenza all'energia prodotta da impianti che utilizzano, nell'ordine, fonti energetiche rinnovabili, sistemi di cogenerazione e fonti nazionali di energia combustibile primaria. Con tale ultima modifica l'ordine di precedenza prescritto al gestore delle rete è integrato mediante l'inserimento, dopo le parole «fonti energetiche rinnovabili», e prima di «sistemi di cogenerazione», delle parole « energia nucleare prodotta sul territorio nazionale».
Per quanto riguarda, invece, l'articolo 26 della legge n. 99 del 2009, abrogato dal comma 3, si ricorda che esso affidava ad una delibera del CIPE, la definizione delle tipologie degli impianti di produzione di energia elettrica nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale, nonché le procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione e di esercizio degli impianti.
Con riferimento alle modifiche apportate dal comma 3 all'articolo 29 della legge n. 99, concernente l'Agenzia per la sicurezza nucleare, viene eliminato ogni riferimento a funzioni dell'Agenzia relative a nuovi impianti di produzione di energia nucleare, confermando invece in capo all'Agenzia i soli compiti relativi alla gestione e sistemazione dei rifiuti radioattivi, dei materiali nucleari provenienti da attività mediche ed industriali, nonché alla protezione dalle radiazioni e alla vigilanza sugli impianti e sui materiali nucleari, comprese le loro infrastrutture e la logistica.
Il comma 4 dell'articolo 5 del decreto-legge modifica l'articolo 133, comma 1, lettera o), del decreto legislativo n. 104 del 2010, il quale attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie, incluse quelle risarcitorie, attinenti alle procedure e ai provvedimenti della pubblica amministrazione riguardanti la produzione di energia, espungendo anche in questo caso i riferimenti alla tematica nucleare.
I commi 5 e 6 apportano modifiche al decreto legislativo n. 31 del 2010 e al decreto legislativo n. 41 del 2011, che lo ha modificato, relativi alla localizzazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione di combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio e deposito definitivo dei materiali e rifiuti radioattivi, nonché alla definizione

Pag. 78

delle misure compensative da corrispondere e da realizzare in favore delle popolazioni interessate.
Per quanto concerne, in particolare, le modifiche recate dal comma 5, esso:
modifica il titolo del decreto legislativo n. 31, al fine di eliminare i riferimenti alla localizzazione, la realizzazione, l'esercizio di impianti nucleari e alla campagna d'informazione al pubblico.
riformula l'articolo 1 del decreto legislativo n. 31, nel senso di espungere i riferimenti alle attività di costruzione, di esercizio e di decommissioning degli impianti nucleari, e riferendo la norma esclusivamente alla localizzazione del Deposito nazionale, incluso in un Parco tecnologico comprensivo di un Centro studi e sperimentazione, destinato ad accogliere i rifiuti radioattivi provenienti di attività pregresse di impianti nucleari e similari, alle procedure di autorizzazione per la costruzione e l'esercizio del Deposito nazionale e del parco tecnologico, nonché alla disciplina dei benefici economici a favore di residenti ed imprese operanti nel territorio circostante il sito e gli enti locali interessati;
riformula l'articolo 2 del decreto legislativo n. 31, sostanzialmente eliminando le definizioni specificamente attinenti agli impianti e ai siti nucleari non più considerati dal provvedimento;
riformula l'articolo 3 del decreto legislativo n. 31, anche qui espungendo ogni riferimento alla materia nucleare;
abroga gli articoli da 4 a 24, nonché 29, del decreto legislativo n. 31, relativi al procedimento unico per la localizzazione, la costruzione e l'esercizio degli impianti nucleari, ai benefici economici per le persone residenti, gli enti locali e le imprese, al decommissioning degli impianti, nonché al corrispettivo per il conferimento dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare irraggiato;
modifica gli articoli da 26 a 30 del decreto legislativo n. 31, recanti le procedure per la localizzazione, costruzione ed esercizio del Deposito nazionale destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi, alla localizzazione del Parco Tecnologico, alle tariffe per il conferimento al Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare, nonché alla corresponsione di un contributo «compensativo» ai territori limitrofi al Parco Tecnologico. Nel riformulare il comma 1 viene altresì introdotto un criterio per il riparto tra i vari enti locali coinvolti del predetto contributo compensativo;
abroga gli articoli da 31 a 34-bis del decreto legislativo n. 31, relativi alla realizzazione di una campagna di informazione nazionale in materia di produzione di energia elettrica da fonte nucleare, alle sanzioni penali per chiunque costruisca o ponga in esercizio un impianto di produzione di energia elettrica di origine nucleare o di fabbricazione del combustibile nucleare senza avere ottenuto l'autorizzazione unica, alle sanzioni amministrative per violazioni alla normativa autorizzatoria e alle disposizioni finali del decreto legislativo;
riformula l'articolo 35 del decreto legislativo n. 31, contenente le abrogazioni.

Il comma 6 dell'articolo 5 del decreto-legge abroga gli articoli del decreto legislativo n. 41 del 2011 che intervenivano sulle parti del decreto legislativo n. 31 del 2010 a loro volta abrogate o interamente sostituite dalla norma in esame.
Il comma 7 precisa che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 31 del 2010, come modificato dal comma 5, che stabilisce gli indirizzi in materia di gestione dei rifiuti radioattivi e di decommissioning degli impianti dismessi, sia adottato entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
Il comma 8 detta una nuova disciplina dei contenuti e modalità di adozione della Strategia energetica nazionale, integralmente

Pag. 79

sostitutiva di quella, previgente, recata dall'articolo 7 del decreto-legge n. 112 del 2008.
In base alla nuova disciplina, la Strategia energetica nazionale (SEN) dovrà essere adottata entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, con delibera del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, e dovrà individuare:
le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia;
la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree geografiche di approvvigionamento;
il miglioramento della competitività del sistema energetico nazionale e lo sviluppo delle infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo;
l'incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore energetico e la partecipazione ad accordi internazionali di cooperazione tecnologica;
la sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell'energia, anche ai fini della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra;
la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali.

Nella definizione della Strategia, il Consiglio dei ministri tiene conto, a livello di Unione europea e a livello internazionale, delle valutazioni effettuate sulla sicurezza delle tecnologie disponibili; degli obiettivi fissati in materia di cambiamenti climatici; delle indicazioni in materia di scenari energetici e ambientali.
L'articolo 6, concernente gli enti e le aziende del Servizio sanitario nazionale della Regione Abruzzo, modifica il parametro di riferimento in base al quale deve essere computato, per il 2011, il limite percentuale della spesa per il personale a tempo determinato o di cui la pubblica amministrazione si avvalga mediante convenzione o con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, nonché il limite percentuale della spesa relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro ed al lavoro accessorio.
A tali fini la disposizione prevede che i predetti limiti percentuali, pari entrambi al 50 per cento, siano commisurati alla spesa sostenuta per le medesime finalità nel 2010.
L'attuazione della predetta deroga è demandata ad ordinanze di protezione civile, che assicurano, in ogni caso, la «coerenza con il programma operativo per il rientro del disavanzo sanitario» della Regione e che possono avvalersi, ove necessario, delle risorse, stanziate con riferimento ai suddetti eventi sismici, dall'articolo 14, comma 5, del decreto-legge n. 39 del 2009.
Ancora con riferimento agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, richiama l'articolo 7, il quale inserisce nell'articolo 5 del decreto-legge n. 269 del 2003 un nuovo comma 8-bis, volto ad estendere le competenze della Cassa depositi e prestiti S.p.a.
In particolare, si consente alla Cassa, oltre a svolgere le attività di finanziamento tipiche della società e di assunzione di partecipazioni e svolgimento di attività strumentali e accessorie, di assumere partecipazioni in società considerate di rilevante interesse nazionale in termini di strategicità del settore di operatività, livelli occupazionali, entità di fatturato, ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese.
Secondo le modifiche apportate alla disposizione dal Senato, le società che potranno essere partecipate dalla CDP devono essere in una stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico, e devono essere caratterizzate da adeguate prospettive di redditività.

Pag. 80

La disposizione demanda ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, che deve essere trasmesso alle Camere, l'individuazione dei requisiti, anche quantitativi, delle società di interesse nazionale che potranno essere acquisite da Cassa depositi e prestiti Spa.
L'articolo 7 prevede, inoltre, che l'acquisizione delle partecipazioni da parte di Cassa depositi e prestiti Spa può avvenire, oltre che in via diretta, anche attraverso società veicolo o fondi di investimento le cui quote siano state sottoscritte dalla Cassa ed eventualmente da società private o controllate dallo Stato o da enti pubblici.
Qualora l'acquisizione delle partecipazioni da parte di Cassa depositi e prestiti Spa avvenga utilizzando risorse provenienti dalla raccolta postale, è previsto che queste debbano essere contabilizzate nella gestione separata di cui al comma 8 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 269 del 2003.
In merito alla disciplina della Cassa depositi e prestiti, ricorda che l'articolo 5 del decreto-legge n. 269 del 2003 ne ha disposto la trasformazione in società per azioni. Attualmente, Cassa depositi e prestiti Spa è posseduta al 70 per cento dallo Stato, mentre il restante 30 per cento del capitale è posseduto da 66 fondazioni di origine bancaria.
Ai sensi di quanto previsto dal citato articolo 5, comma 6, la società per azioni assume la configurazione di intermediario finanziario non bancario, ed è soggetta alla vigilanza della Banca d'Italia nelle forme previste per gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del Testo unico bancario.
Per ciò che attiene all'attività svolta dalla Cassa depositi e prestiti, il citato articolo 5 prevede che essa consista:
nella concessione di finanziamenti allo Stato, agli enti territoriali, agli enti pubblici e agli organismi di diritto pubblico attraverso l'utilizzo, attraverso l'utilizzo dei fondi provenienti della raccolta del risparmio postale garantito dallo Stato e dei fondi provenienti da emissioni di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato (cosiddetta gestione separata): l'utilizzo di tali fondi è consentito anche per il compimento di ogni altra operazione di interesse pubblico prevista dallo statuto sociale della CDP S.p.A., nei confronti dei medesimi soggetti di cui sopra o dai medesimi promossa (comma 7, lettera a));
nella concessione di finanziamenti di opere, di impianti, di reti e di dotazioni destinati alla fornitura dei servizi pubblici ed alle bonifiche: tali finanziamenti sono concessi a valere sui fondi provenienti da emissioni di titoli e operazioni di raccolta senza garanzia dello Stato e con preclusione della raccolta di fondi a vista, e la raccolta di fondi è effettuata esclusivamente presso investitori istituzionali (comma 7, lettera b)).

Per ciò che attiene alla gestione separata, essa è soggetta ad una disciplina speciale, la quale, ai sensi del comma 11 dell'articolo 5 citato, si caratterizza nell'attribuzione al Ministro dell'economia e delle finanze, di specifici poteri di indirizzo. In particolare, il Ministro, con propri decreti di natura non regolamentare, stabilisce:
a) i criteri per la definizione delle condizioni economiche e generali degli strumenti di raccolta (libretti di risparmio postale e dei buoni fruttiferi postali, nonché titoli emessi e altre operazioni di finanziamento) che sono assistiti dalla garanzia dello Stato;
b) i criteri per la definizione delle condizioni economiche e generali degli impieghi nel rispetto dei principi di accessibilità, uniformità di trattamento, predeterminazione e non discriminazione;
c) le norme in materia di trasparenza, pubblicità, contratti e comunicazioni periodiche; i criteri per la gestione delle partecipazioni assegnate; d) i criteri di gestione delle partecipazioni trasferite o conferite da parte dello Stato alla Cassa depositi e prestiti divenuta S.p.A; e) i criteri generali per la individuazione delle

Pag. 81

operazioni promosse dai soggetti di cui al comma 7, lettera a), ammissibili a finanziamento.

L'articolo 8 dispone in merito all'entrata in vigore del decreto-legge.
Si riserva, quindi, di formulare una proposta di parere.

Gianfranco CONTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia alla seduta già convocata per domani il seguito dell'esame.

La seduta termina alle 13.45.

INDAGINE CONOSCITIVA

Martedì 3 maggio 2011. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE.

La seduta comincia alle 13.45.

Indagine conoscitiva sui mercati degli strumenti finanziari.
Audizione del Presidente dell'Associazione fra le società italiane per azioni (Assonime).
(Svolgimento e conclusione).

Gianfranco CONTE, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Luigi ABETE, Presidente dell'Associazione fra le società italiane per azioni, svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

Intervengono per formulare quesiti ed osservazioni i deputati Alberto FLUVI (PD) e Gianfranco CONTE, presidente, ai quali replicano Luigi ABETE, Presidente dell'Associazione fra le società italiane per azioni, e Stefano MICOSSI, Direttore generale dell'Associazione fra le società italiane per azioni.

Gianfranco CONTE, presidente, ringrazia il Presidente Abete e dichiara conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14.55.

N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.