CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 31 marzo 2011
462.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per il regolamento
COMUNICATO
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Giovedì 31 marzo 2011. - Presidenza del Presidente Gianfranco FINI.

La seduta comincia alle 17.10.

Comunicazioni del Presidente circa la possibilità di sanzionare i comportamenti dei deputati che siano membri del Governo.

Gianfranco FINI, Presidente, ricorda che la convocazione della Giunta si è resa necessaria per approfondire la questione relativa alla possibilità di applicare ai deputati che siano anche membri del Governo sanzioni ai sensi dell'articolo 60 del Regolamento. Ciò a seguito dell'odierna riunione dell'Ufficio di Presidenza, convocata in relazione agli episodi avvenuti in Assemblea nel corso della seduta del 30 marzo, che hanno visto coinvolto il ministro della Difesa, onorevole La Russa, il quale, come risulta dagli atti e dalla relazione svolta dai questori (che hanno a tal fine anche visionato i filmati), ha tenuto un atteggiamento gravemente irriguardoso nei confronti della Presidenza, sia nei gesti, sia nelle espressioni. Durante la sospensione della seduta, successiva a tali fatti, si è verificato il lancio di fogli da parte di alcuni deputati, tra i quali anche l'onorevole Saglia, sottosegretario per lo sviluppo economico. Il Collegio dei Questori ha espresso la più ferma deplorazione per la particolare gravità del comportamento tenuto in Aula nei confronti della Presidenza dall'onorevole La Russa; ha deplorato, altresì, i comportamenti tenuti, dopo la sospensione della seduta, da parte dei predetti deputati.
Il Collegio dei Questori ha, tuttavia, constatato l'assenza di precedenti relativi a sanzioni irrogate nei confronti di ministri per comportamenti tenuti in Aula. Il Collegio ha sottolineato, pertanto, la necessità di un approfondimento nelle debite sedi, sotto il profilo regolamentare e costituzionale, circa la possibilità di sanzionare i comportamenti dei deputati che siano membri del Governo, alla luce della peculiare posizione da questi ricoperta nell'ordinamento, riservandosi, all'esito di tale approfondimento, di rappresentare all'Ufficio di Presidenza il proprio orientamento conclusivo.
Di qui dunque l'immediata convocazione della Giunta, alla cui riunione sono stati invitati a partecipare anche i deputati Questori, che ringrazia per essere venuti.
Ai fini dell'approfondimento che la Giunta si accinge a compiere ritiene opportuno sottolineare alcuni elementi per il dibattito.
È stata già ricordata l'assenza di precedenti specifici di applicazione di sanzioni a carico di ministri.
Ricorda inoltre che, a norma dell'articolo 64 della Costituzione, «i membri del Governo anche se non fanno parte delle Camere hanno diritto e se richiesto obbligo di assistere alle sedute. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono»

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(analoga disposizione è contenuta nell'articolo 37 del Regolamento): non sarebbe possibile pertanto precludere ai ministri la partecipazione ai lavori parlamentari.
Il problema è dunque quello di verificare se si possa scindere la posizione di deputato da quella di membro del Governo ai fini dell'applicazione di sanzioni disciplinari e, in tal caso, quali sanzioni sia possibile applicare al deputato che sia membro del Governo.
A questo riguardo precisa anzitutto che vi sono precedenti in cui sanzioni non interdittive sono state applicate a componenti dell'Esecutivo, nella fattispecie a sottosegretari. In particolare è stata irrogata la sanzione della censura senza interdizione dai lavori parlamentari per il deputato Cento, all'epoca dei fatti sottosegretario di Stato all'economia (riunione dell'Ufficio di Presidenza del 5 dicembre 2006). La sanzione fu accompagnata dall'invio di una lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri per segnalare formalmente l'episodio.
Ma si può anche citare il precedente della seduta del 14 marzo 2002, nella quale il deputato Sgarbi, all'epoca sottosegretario ai beni culturali, fu richiamato all'ordine dal Presidente della Camera, in quanto aveva interrotto reiteratamente il deputato Violante che stava intervenendo su un documento di insindacabilità. Su tale documento lo stesso onorevole Sgarbi era intervenuto affermando di parlare in qualità di deputato e non di membro del Governo.
Dunque, per quanto riguarda le sanzioni non interdittive, ne appare possibile l'applicazione anche ai ministri, poiché esse non incidono sulla possibilità di partecipare ai lavori parlamentari e sul profilo della rappresentanza del Governo in Parlamento. A questo riguardo appare utile ricordare che, in occasione della citata riunione dell'Ufficio di Presidenza del 2006, il Questore Albonetti aveva sottolineato che se, in via generale, sembrava potersi affermare che le norme regolamentari che governano la discussione e lo svolgimento ordinato delle sedute trovano applicazione anche nei confronti dei membri dell'Esecutivo, pur tuttavia la questione presentava profili di particolare delicatezza istituzionale: vi era, infatti, la necessità di conciliare l'ipotesi di irrogazione di sanzioni a membri del Governo con la necessità che il Parlamento non incida sulle modalità di rappresentanza dell'Esecutivo nelle sedi parlamentari e dunque sull'esercizio delle prerogative di un altro organo costituzionale.
Per quanto riguarda, invece, la possibilità di applicare la sanzione della censura con interdizione dai lavori parlamentari, essa presuppone di operare una scissione nelle attività svolte dal deputato tra la posizione di parlamentare e quella di membro del Governo. In tal modo ne risulta una differenziazione tra i deputati che siano anche membri del Governo ed i deputati che non ricoprano anche tale incarico.
Il Regolamento e la prassi conoscono in effetti tale differenziazione in ordine all'esercizio di alcune facoltà attribuite ai parlamentari, talché può dirsi che - in base a tali regole - il deputato membro del Governo risulta di fatto avere uno status parzialmente diverso da quello degli altri deputati.
In particolare si tratta delle seguenti fattispecie:
in base all'articolo 19, comma 3, ogni gruppo sostituisce nelle Commissioni i propri deputati che entrano a far parte del Governo, i quali quindi non possono partecipare come componenti ai lavori delle Commissioni; a norma dell'articolo 17, comma 3, i deputati della Giunta delle elezioni non possono in nessun caso dare le dimissioni, ma possono essere sostituiti, a richiesta, quelli chiamati a far parte del Governo;
in base alla prassi e per un principio di correttezza costituzionale (richiamato nella lettera del Presidente della Camera del 12 novembre 1996), i deputati membri del Governo vedono esclusa la possibilità di presentare progetti di legge e atti di sindacato ispettivo (prerogative - esplicitamente o implicitamente - riconosciute dall'ordinamento costituzionale a tutti i

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deputati). La Presidenza ha peraltro ritenuto possibile consentire, in via eccezionale, l'esercizio di poteri e facoltà inerenti al mandato parlamentare in materie che risultavano del tutto estranee alla sfera di responsabilità e di iniziativa propria del Governo, anche sulla base di convenzionali, temporanee autolimitazioni, non infrequenti nella prassi parlamentare.

A fronte di ciò va invece considerato che vi sono alcuni aspetti dello status di deputato per i quali la contestuale posizione di membro del Governo è del tutto irrilevante rispetto allo svolgimento di funzioni o alla titolarità di prerogative costituzionali riconosciute ai deputati. Si riferisce in particolare al diritto di partecipare alle votazioni in Assemblea, anche ove attengano a materie sicuramente sottratte all'indirizzo di Governo, come gli interna corporis (se ne è avuta una dimostrazione questa mattina nel voto sul processo verbale), e, per quanto riguarda le garanzie costituzionali, alla prerogativa dell'insindacabilità.
Alla luce di queste osservazioni, si può dunque dire che il deputato membro del Governo, salva la sospensione dell'esercizio di alcune prerogative in stretta connessione con la funzione di governo, mantiene per il resto lo status di deputato, esercitando tutte le altre attribuzioni attive e passive relative alla carica.
Da ciò discende che, ove si ipotizzi la possibilità di applicare ai deputati-membri del Governo la sanzione della censura con interdizione dalla partecipazione ai lavori parlamentari, questa andrebbe in ogni caso contemperata con il principio costituzionale di cui all'articolo 64 Cost.; in pratica si tratterebbe di configurare l'interdizione dai lavori parlamentari, in questa fattispecie, come interdizione dalla sola partecipazione alle votazioni. Né va trascurato che vi è un'esigenza di carattere più generale, ossia quella di contemperare le prerogative costituzionali del Governo con quelle, anch'esse discendenti dal sistema costituzionale, relative alla garanzia del funzionamento della Camera, attraverso un ordinato svolgimento dei suoi lavori. A questa finalità sono direttamente preordinate le norme regolamentari che prevedono le sanzioni per i deputati che in vario modo turbano l'ordinato svolgimento dei lavori o ledono il prestigio delle istituzioni. In questo senso sottrarre i deputati-membri del Governo al complesso delle regole e degli obblighi finalizzati ad assicurare l'ordinato e corretto funzionamento della Camera finirebbe per realizzare per essi uno statuto rafforzato sul piano parlamentare, determinando nei fatti una sorta di immunità nel linguaggio e nei comportamenti, che non spetta invece agli altri deputati.
Chiede di conoscere le valutazioni dei membri della Giunta sulla questione all'ordine del giorno.

David FAVIA ringrazia il Presidente per la relazione introduttiva, senz'altro densa di elementi utili al dibattito. Nel considerare gravissimo quanto accaduto ieri in Assemblea, e giudicando possibile, sulla base del Regolamento, l'applicazione di sanzioni nei confronti dei deputati che siano al contempo membri del Governo, ritiene che il bilanciamento fra i valori costituzionali in gioco - ossia fra le prerogative del Governo e quelle della Camera all'ordine dei propri lavori - possa essere effettuato affievolendo gli effetti della sanzione interdittiva nei confronti dei membri dell'Esecutivo, al fine di prevederne la possibilità di partecipare alle sedute quando ne sia stata richiesta la presenza ovvero quando si tratti di materie di competenza del loro dicastero, ma di escluderne però la partecipazione alle votazioni e la presenza, quando non richiesta dalla Camera.

Per Giuseppe CALDERISI la questione sottoposta alla Giunta deve essere valutata con molta attenzione, per la sua delicatezza e perché essa involge prerogative costituzionali. Non crede possa passare in secondo piano il fatto che l'articolo 60, comma 3, del Regolamento sia stato applicato finora (nell'unico precedente che ha visto sanzionato dall'Ufficio di Presidenza un deputato sottosegretario) nel

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senso di irrogare una sanzione atipica non interdittiva, ossia la censura senza interdizione dai lavori parlamentari. Questa, peraltro, ove applicata nei confronti di un membro del Governo, ed in particolare nei confronti di un ministro, sarebbe - a suo avviso - di per sé una sanzione di estrema gravità sul piano istituzionale e politico, tale da renderla una misura decisamente adeguata a fatti ritenuti dall'Ufficio di Presidenza meritevoli di sanzione. Quanto alla possibilità di scindere - con riferimento alla sanzione interdittiva - i vari contenuti nei quali si declina il concetto di «partecipazione ai lavori parlamentari», di cui all'articolo 60, comma 3, osserva che si tratta di un'operazione non consentita dalle norme vigenti, che univocamente lo qualificano in modo unitario. Per raggiungere questo risultato sarebbe dunque necessaria una revisione delle norme.

Armando DIONISI reputa le comunicazioni del Presidente connotate da un grande equilibrio e al tempo stesso ben capaci di illustrare il complesso delle questioni che la Giunta è chiamata a discutere. Nessuno può certamente mettere in discussione il diritto del ministro, ai sensi dell'articolo 64 della Costituzione, ad intervenire ai lavori parlamentari, ma non si può certamente pensare che la norma costituzionale - e con essa il diritto che costituisce a favore dei membri del Governo - possano in alcun modo essere intesi come fonte per riconoscere il diritto di sbeffeggiare, insultare ed offendere all'interno del Parlamento; e ciò vale ovviamente per il membro del Governo che sia parlamentare, ma anche per chi non lo sia. A suo giudizio quindi anche il membro del Governo che non sia al contempo componente della Camera dovrebbe essere assoggettato al potere sanzionatorio; diversamente opinando, infatti, quest'ultimo sarebbe sostanzialmente immune da qualsiasi forma di sanzione per i suoi comportamenti e per le sue espressioni verbali, che potrebbero essere tranquillamente di dileggio al Parlamento senza possibilità di essere chiamato a risponderne. Ciò costituirebbe a suo favore uno statuto di indubbio privilegio.
Per questi motivi si pronuncia a favore dell'applicabilità generalizzata dell'articolo 60, comma 3, del Regolamento.

Linda LANZILLOTTA anzitutto giudica di eccezionale gravità i fatti accaduti ieri in Aula. In particolare - considerata la sede - reputa di eccezionale violenza e volgarità le espressioni del ministro, che definire solo gravemente ingiuriose, come ha fatto il Presidente, le sembra riduttivo.
Richiama un principio, ricavabile dal Regolamento, che conferisce al Presidente della Camera un potere generale di mantenimento dell'ordine e del decoro della Camera stessa e che non può non esercitare i propri effetti nei confronti di tutti i soggetti che prendono parte ai lavori parlamentari, anche se non siano membri della Camera.
Nella questione sottoposta alla Giunta viene in gioco il rapporto fra Governo e Parlamento, rapporto - fondato sull'articolo 64 della Costituzione - che però non può declinarsi soltanto nell'obbligo del ministro, che sia anche componente della Camera, di rispettare le regole di comportamento imposte ai deputati: ed al riguardo sottolinea che non solo non è immaginabile una sorta di immunità dei deputati-membri del Governo rispetto a tali regole, ma sarebbe corretto reclamare persino un maggiore rigore nei loro confronti, attesa la posizione di responsabilità che ricoprono. Vi è infatti in capo agli organi dello Stato anche un obbligo di osservanza delle prerogative di ciascuno e di rispetto reciproco, ciò che costituisce presupposto fondamentale dei loro rapporti: le prerogative costituzionali del Governo non possono consentire violazioni dell'ordinamento della Camera che si traducono anzitutto in violazioni di tale obbligo, che peraltro è posto in capo ai rappresentanti dell'Esecutivo anche quando questi non siano deputati.
Nel concordare con la relazione del Presidente, ritiene che nella fattispecie concreta la gravità dei fatti - oltre alla circostanza che il ministro non ha neppure

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ritenuto di scusarsi - renda necessario il massimo della sanzione ed una presa di posizione molto forte nei confronti del Governo: la valutazione della qualità della relazione che i membri del Governo instaurano con la Camera non può infatti essere indifferente. Del resto, si provi ad immaginare come la Camera potrebbe esercitare le sue funzioni se regolarmente i componenti dell'Esecutivo adottassero comportamenti simili a quelli posti in essere dal ministro La Russa!
Quanto alla partecipazione ai lavori parlamentari, reputa che, per il periodo di applicazione della sanzione interdittiva, essa possa essere ammessa solo ove la Camera la ritenga necessaria.

Gianclaudio BRESSA osserva come ancora una volta, a distanza di appena due giorni dall'ultima riunione, la Giunta si trovi a dover affrontare una questione quanto mai delicata e con incontestabili tratti di novità, individuando gli aspetti di assoluta delicatezza soprattutto nel fatto che essa coinvolge profili attinenti ai rapporti tra il potere esecutivo e il potere legislativo.
Pur constatando l'assenza di specifiche norme regolamentari che disciplinino esplicitamente la questione della comminabilità di sanzioni ai membri del Governo che siano anche deputati, rileva tuttavia come la dottrina e la manualistica in materia, anche quella più risalente, concordino nel ritenere che i membri del Governo che intervengono alle sedute delle Camere soggiacciono anch'essi all'applicazione delle norme dei Regolamenti parlamentari e debbano quindi rispettare le regole di funzionamento dell'Assemblea, di cui la Presidenza garantisce l'osservanza.
Riconosce senz'altro che l'articolo 64 della Costituzione può evidenziare un aspetto di contraddizione interna delle norme ivi contenute: se, infatti, da un lato la Costituzione conferisce l'autonomia regolamentare a ciascuna Camera, che adotta il proprio Regolamento a maggioranza assoluta dei componenti, con l'ultimo comma si precostituisce, su base costituzionale, in capo ai membri del Governo, un diritto ad assistere alle sedute parlamentari, con l'obbligo di intervenirvi, se richiesti. Occorre quindi partire da questo dato ed essere consapevoli della necessità di non assumere decisioni contraddittorie con il complessivo tenore dell'articolo 64.
Partendo dal presupposto che il membro del Governo componente della Camera mantiene certamente lo status di deputato, salve le eccezioni che il Presidente ha ricordato, non trova dubitabile che egli possa essere sanzionato, ma non può non convenire con l'opinione che la sanzione debba comunque essere compatibile con le prerogative di membro del Governo. È nel contemperamento tra queste due diverse posizioni che deve essere trovata la soluzione, che, a suo avviso, consiste nella irrogabilità di sanzioni che non mettano in discussione la possibilità dell'esponente governativo di partecipare alle sedute, ma che lo possano privare del diritto di votare, diritto che gli deriva esclusivamente dal suo essere deputato e non certamente dalla sua carica governativa.
Da questo punto di vista conviene sull'opportunità che sia una norma regolamentare a fissare espressamente questi principi (data la degenerazione dei comportamenti in atto), ma, nell'attuale contingenza, caratterizzata dall'assoluta eccezionalità e gravita della situazione verificatasi, occorre decidere sulla base delle regole già vigenti che, nei termini sopra indicati - e quindi contemperando il disposto costituzionale dell'articolo 64 con la norma regolamentare dell'articolo 60 - già consentono l'irrogazione della sanzione.

Gianfranco FINI, Presidente, reputa altamente opportuno che sia valutata la possibilità che la Giunta presenti, nel più breve tempo possibile, una proposta di modifica del Regolamento sul tema in questione, anche per dirimere quel dubbio che oggettivamente si pone nella lettura del comma 3 dell'articolo 60, laddove si parla di interdizione di partecipare ai lavori parlamentari, evidentemente riferendosi ad un concetto di partecipazione che contiene sia la presenza ai lavori che

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la partecipazione alle votazioni. Prospetta quindi la nomina dei relatori come primo passaggio nel percorso finalizzato alla presentazione di una proposta di siffatto contenuto, che possa in futuro evitare problemi simili.

Antonio LEONE si dichiara d'accordo con il punto di vista presidenziale quanto all'indicazione della modifica regolamentare quale strumento che definisca l'assetto regolatorio della materia, anche al fine di evitare il riprodursi di queste situazioni. Nutre, invece, molti più dubbi sulla possibilità, a regolamento vigente, di applicare qualsivoglia sanzione al deputato ministro, ivi compresa anche la sola censura senza divieto di partecipare ai lavori della Camera. Si tratterebbe infatti di una limitazione inammissibile delle prerogative costituzionali dell'Esecutivo, che potrebbe in ipotesi portare questo ad elevare persino un conflitto di attribuzioni.
È inevitabile, infatti, ragionare sulla disparità che si verrebbe diversamente a creare rispetto al ministro non deputato, sul quale non si avrebbe alcuna possibilità di intervenire in termini sanzionatori, data la sua estraneità all'ordinamento parlamentare. A suo avviso, quindi, non è possibile operare una scissione tra la posizione di ministro e quella di deputato, scissione che si risolverebbe a scapito del deputato ministro rispetto a quella del ministro che non sia membro della Camera.
Nel ribadire quindi che, allo stato delle norme, il Regolamento, a suo avviso, non consente in assoluto alcuna forma di sanzionabilità del deputato membro del Governo (né rileva - a suo avviso - il precedente dell'on. Cento, in quanto si trattava di un sottosegretario e non di un ministro), sottolinea che a tale scopo è sicuramente necessaria un'espressa modifica regolamentare, la cui efficacia non potrebbe, ovviamente, essere retroattiva.

Marina SERENI, nel dichiarare di condividere quanto affermato dal collega Bressa, evidenzia come la posizione testè sostenuta dal Vicepresidente Leone risulti evidentemente smentita dai fatti, e cioè dall'esistenza del precedente, ricordato nella sua relazione dal Presidente, in cui un membro del Governo è stato sanzionato; né tale precedente può essere inficiato nella sua validità dal fatto che si trattava di un sottosegretario, mentre qui si tratta di un ministro, dal momento che la Costituzione, all'articolo 64, non distingue tra ministri e sottosegretari, facendo riferimento in generale ai membri del Governo. Certamente la vicenda in questione richiede un grande equilibrio nelle decisioni da assumere, ma di essa non è possibile, tuttavia, non vedere l'innegabile gravità: dettasi d'accordo dunque a modificare il Regolamento per disciplinare esplicitamente la materia per il futuro, ritiene che il caso in esame sia comunque sanzionabile anche allo stato delle norme vigenti.

Gianclaudio BRESSA, parlando per una precisazione, ritiene che un'ulteriore conferma della rilevanza della qualità di deputato del ministro La Russa rispetto all'intervento da lui svolto, si possa ricavare dalla qualificazione che lui stesso ne ha dato al momento di prendere la parola, precisando che interveniva sull'ordine dei lavori con l'uso di un tempo che, a suo stesso avviso, doveva essere quello del contingentamento. Il ministro La Russa è un deputato e come tale è tenuto al rispetto del Regolamento della Camera: certamente non possono essere messe in discussione le sue prerogative ministeriali in Parlamento, ma i fatti sono tali da richiedere senz'altro l'applicazione di una sanzione.

Gianfranco FINI, Presidente, con riferimento ad alcune considerazioni emerse nel corso del dibattito, desidera precisare che l'Ufficio di Presidenza non avrebbe alcun titolo ad irrogare sanzioni a membri del Governo estranei alla Camera o a membri del Governo che fossero componenti del Senato. Quanto all'ipotesi di sanzionare il deputato-membro del Governo, appare evidente la necessità di assicurare la conformità all'articolo 64

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della Costituzione della sanzione eventualmente applicabile: ribadisce quindi il suo giudizio circa l'opportunità di procedere ad una riscrittura in questo senso dell'articolo 60 del Regolamento.

Fabio GAVA ritiene che la questione oggi all'esame della Giunta sia gravata dal rischio di provocare, alternativamente, due tipi di disparità, che non sarebbero comunque esclusi ipotizzando quella scissione logica fra attività riconducibili al ruolo di parlamentare e attività di governo. Da una parte c'è il rischio, richiamato anche dal Presidente, di creare una differenza di trattamento tra il deputato membro del Governo e tutti gli altri deputati, dall'altra il medesimo rischio discriminatorio lo si corre a vantaggio del membro del Governo estraneo alla Camera, la cui posizione risulterebbe rafforzata rispetto al collega che sia, invece, anche parlamentare. Si tratta quindi di due prospettive da valutare de jure condendo con grande attenzione, nella consapevolezza che, guardandosi alla gravità dei comportamenti tenuti, a parità di comportamenti sanzionabili dovrebbe corrispondere la stessa risposta sanzionatoria.
Allo stato, ritiene quindi che non possa andarsi oltre la sanzione non interdittiva.

Maurizio LUPI, Vicepresidente della Camera, ricorda come il Governo, e i singoli ministri che concorrono a formarlo, sia organo terzo rispetto al Parlamento, tant'è che i deputati al contempo membri dell'Esecutivo risultano di fatto avere uno status parzialmente diverso da quello degli altri deputati, essendo loro precluso l'esercizio di innumerevoli facoltà attribuite ai parlamentari.
Tenuto conto che il rapporto che intercorre tra Camera e Governo è di carattere fiduciario, occorre domandarsi quali siano i margini di intervento, sul piano sanzionatorio, che competono alla Camera per il caso in cui i membri dell'Esecutivo tengano comportamenti difformi da quanto previsto dal Regolamento senza che ciò, in ipotesi, possa addirittura dar luogo ad un conflitto tra poteri dello Stato. La riflessione in merito alla possibilità che l'organo parlamentare irroghi sanzioni nei confronti di rappresentanti dell'Esecutivo deve quindi essere condotta in termini oggettivi e pacati, tenuto conto che la tutela della dignità e dell'autonomia dell'organo parlamentare deve comunque avvenire nel rispetto delle attribuzioni costituzionalmente riconosciute all'organo Governo.

Linda LANZILLOTTA, parlando per una precisazione, osserva che, enfatizzando in modo eccessivo il diverso status del ministro che sia al contempo deputato rispetto a quello del deputato tout court, si rischierebbe di giungere alla conclusione che al primo non potrebbe essere applicata nessuna sanzione, neanche di carattere non interdittivo, diversamente dal precedente richiamato dal Presidente che ha visto l'irrogazione della sanzione della censura senza interdizione dai lavori parlamentari a carico dell'onorevole Cento, all'epoca dei fatti sottosegretario di Stato.
Ribadisce quindi di concordare con la relazione introduttiva del Presidente. Ricordato quindi come sia la seconda volta che, in un ristrettissimo arco di tempo, la Giunta esamina fattispecie non contemplate dal Regolamento - in quanto, oramai, a suo avviso, la realtà è andata ben oltre il dettato regolamentare e la più fervida fantasia di chi lo redasse - ritiene che alla Presidenza della Camera debba essere riconosciuto un potere di carattere generale, con i conseguenti strumenti per il suo esercizio, ai fini del mantenimento dell'ordine in tutte le sedi della Camera, esercitabile anche nei confronti di coloro che non facciano parte della Camera, in quanto quest'ultima non può essere esposta a menomazioni della propria dignità derivanti da comportamenti tenuti da parte di soggetti terzi.

David FAVIA, parlando anch'egli per una precisazione, nel condividere quanto affermato dal Presidente in merito all'opportunità che si proceda a modifiche delle norme regolamentari al fine di prevedere un'esplicita disciplina delle fattispecie in esame, ritiene tuttavia che un «illecito

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disciplinare» commesso da un parlamentare membro dell'esecutivo abbia una valenza ancora più grave rispetto al caso in cui un'analoga condotta sia tenuta da un deputato. Tenuto conto che la rapidità nell'irrogazione delle sanzioni rappresenta, a suo avviso, un elemento importante della loro efficacia, propone che la Giunta sia convocata all'inizio della prossima settimana al fine di elaborare una modifica regolamentare in materia da sottoporre celermente all'Assemblea; la fattispecie concreta ora in esame potrebbe essere così valutata alla luce di una norma positiva.
Ritiene infine che, pur in mancanza di norme, la sanzionabilità dei ministri non parlamentari possa farsi discendere in via analogica.

Gianfranco FINI, Presidente, pur concordando con l'onorevole Favia in merito all'esigenza che, ove il Collegio dei Questori formuli una proposta favorevole all'irrogazione di sanzioni e ove l'Ufficio di Presidenza ritenga di accoglierla, ciò debba avvenire con la massima celerità, ritiene tuttavia che tale celerità presupponga che la fattispecie sia definita a Regolamento vigente. Ciò che appare sicuramente opportuno - comunque - è una modifica del Regolamento: ritiene a tal proposito che si potrebbero incaricare gli onorevoli Calderisi e Favia ad effettuare una riflessione su questi temi, al fine di formulare apposite proposte di modifica al Regolamento.

Giuseppe CALDERISI, pur concordando con il Presidente sull'opportunità che si introducano apposite modifiche regolamentari al fine di disciplinare la fattispecie in questione, ritiene tuttavia una riforma regolamentare non possa prescindere da almeno due ulteriori questioni che assumono a suo avviso persino maggiore priorità. Si riferisce, in particolare, alle proposte di modifica regolamentare in materia di procedure di urgenza, finalizzate ad attuare una precisa disposizione costituzionale - l'articolo 72, secondo comma - e ad individuare così una reale alternativa alla decretazione d'urgenza, nonché alle proposte di modifica regolamentare volte ad adeguare, in modo organico, le disposizioni del Regolamento, incentrate sulla nozione di Gruppo parlamentare, al mutato assetto del Parlamento, basato sugli schieramenti di maggioranza e di opposizione. A suo avviso, tale riflessione dovrebbe essere anche funzionale ad un adeguamento della disciplina della composizione dell'Ufficio di Presidenza e della Giunta per il Regolamento, in cui, allo stato, non sono riprodotti fedelmente i rapporti fra le forze politiche esistenti in Assemblea.

Gianfranco FINI, Presidente, osservato che i temi di possibili riforme sono ben di più di quelli prospettati dall'onorevole Calderisi, incarica gli onorevoli Gava e Favia della predisposizione di una proposta di modifica dell'articolo 60 del Regolamento, valutando anche la posizione dei membri del Governo che non siano al tempo stesso deputati. Esprime quindi un ringraziamento agli onorevoli Questori per la partecipazione ai lavori della Giunta.

Dopo che Francesco COLUCCI, Questore, nel ringraziare a sua volta il Presidente della Camera, ritiene che il dibattito svoltosi in seno alla Giunta sia stato denso di utili elementi conoscitivi in vista delle proposte che i Questori dovranno formulare ai fini delle decisioni di competenza dell'Ufficio di Presidenza, Armando DIONISI, parlando per una precisazione, osserva che, con tutta probabilità, il legislatore costituente, allorché introdusse la disciplina di cui all'articolo 64, quarto comma, della Costituzione - laddove dispone la partecipazione di rappresentanti del Governo alle sedute delle Camere - mai avrebbe potuto immaginare che questi avrebbero tenuto comportamenti così stupefacenti (Commenti dei deputati Leone e Calderisi), che compromettono la dignità delle istituzioni e del Parlamento, e che rischiano di lasciare privi di tutela i singoli deputati che ne siano vittime.

Gianfranco FINI, Presidente, dichiara così concluso il dibattito.

La seduta termina alle 18.