CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 23 marzo 2011
457.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato per la legislazione
COMUNICATO
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Mercoledì 23 marzo 2011. - Presidenza del presidente Roberto ZACCARIA. - Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri per la Semplificazione normativa Francesco Belsito.

La seduta comincia alle 9.35.

Comunicazioni del Presidente.

Roberto ZACCARIA, presidente, comunica che il ciclo di seminari vertenti su Il sistema delle fonti normative e la qualità della legislazione (casi sintomatici) da lui promosso si è concluso nella giornata del 18 marzo scorso, nella quale si è tenuto un incontro, presso l'Università statale di Pisa, coordinato dal prof. Romboli, sul tema La delega legislativa. Un esame di casi concreti nella XVI legislatura.
Come già comunicato in precedenti riunioni del Comitato, di tali seminari sarà redatto un resoconto sommario che verrà inviato ai membri del Comitato, unitamente ad alcuni interessanti materiali acquisiti nel corso del dibattito. È inoltre sua intenzione raccogliere tali resoconti sommari al fine di pervenire ad una pubblicazione unitaria che possa tener conto di tutti i contributi forniti nell'ambito del ciclo di incontri. È suo auspicio completare tale pubblicazione per la metà di giugno.

ESAME AI SENSI DELL'ARTICOLO 96-TER, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.
Esame atto n. 317, Governo.

(Parere alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale).

(Esame e conclusione - Parere con condizioni e osservazioni).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Lino DUILIO, relatore, in via preliminare, fa presente che, per la prima volta, il Comitato è chiamato ad esprimersi, in virtù della richiesta avanzata ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 3, dalla Commissione parlamentare per l'attuazione del

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federalismo fiscale, su uno schema di decreto legislativo assegnato per il parere ad una Commissione bicamerale presieduta da un deputato e alla quale, conseguentemente, si applica il Regolamento della Camera.
Vista la rilevanza del provvedimento in oggetto, intende soffermarsi approfonditamente sulle questioni che lo stesso pone.
Al riguardo, fa presente che lo schema in esame è stato adottato in attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione. Esso non specifica a quali disposizioni della legge - dal contenuto ampio e complesso, che reca una serie di deleghe attinenti a diversi aspetti del federalismo fiscale - dà attuazione e si compone di 5 capi. In proposito, si limita a segnalare che il capo V (articoli da 25 a 27) pur recando la rubrica «Norme finali ed abrogazioni», in realtà, non procede a nessuna abrogazione.
Osserva quindi che lo schema non è corredato né della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN), né della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR) e che, la relazione illustrativa, difformemente da quanto disposto dall'articolo 9, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 settembre 2008, n. 170, non «contiene il riferimento alla disposta esenzione [dall'obbligo di redazione della relazione AIR] e alle sue ragioni giustificative», né «indica sinteticamente la necessità ed i previsti effetti dell'intervento normativo sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull'organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni, dando conto della eventuale comparazione di opzioni regolatorie alternative».
Quanto al profilo dei rapporti tra lo schema di decreto legislativo e la relativa legge di delega, segnala che tale raffronto è reso più difficile dalla mancanza dell'indicazione, nel preambolo, delle disposizioni cui si dà attuazione con lo schema in esame e dalla sua natura composita: ognuno dei primi 4 capi tratta infatti un diverso argomento.
In linea generale, appaiono presentare elementi problematici le disposizioni dello schema che attribuiscono ad ulteriori atti - peraltro di natura secondaria - compiti che la legge delega attribuisce al decreto legislativo stesso; le previsioni che non attuano pienamente la delega; quelle che si limitano a riprendere i contenuti della legge di delegazione con qualche variante, nonché le disposizioni che si discostano dalle previsioni della delega. A tale ultimo riguardo, segnala, ad esempio, che l'articolo 9, comma 1, appare incongruo con quanto disposto dall'articolo 20, comma 2, della legge di delega, poiché esso fa riferimento alla disciplina delle «procedure» della determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni, in luogo della disciplina della «determinazione» dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni, prevista dalla norma di delega richiamata.
Sul piano dei rapporti con il contenuto di altri provvedimenti, esaminati o all'esame delle Camere, segnala che l'articolo 18, relativo al finanziamento delle funzioni fondamentali delle province, si intreccia con le previsioni del disegno di legge S. 2259 (Carta delle autonomie), già approvato dalla Camera in prima lettura (A.C. 3118), mentre l'articolo 19, che istituisce nel bilancio dello Stato, a decorrere dal 2016, un fondo perequativo per comuni e province, si sovrappone, con una diversa disciplina, a quanto già disposto dall'articolo 13 dello schema di decreto legislativo n. 292-bis, recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale, sottoposto all'esame dell'Assemblea della Camera ai sensi dell'articolo 2, comma 4, della legge n. 42 del 2009 nella seduta del 1o marzo 2011.
Rileva quindi che il provvedimento, all'articolo 8, comma 3, non opera un adeguato coordinamento con le norme costituzionali e che esso si contraddistingue per la previsione di numerosi adempimenti che presentano profili problematici

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in ordine: al rispetto della legge di delegazione, alla coerenza con il sistema delle fonti, alla complessità delle procedure, che investe sia i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, sia l'individuazione delle regioni di riferimento ai sensi dell'articolo 22, comma 5, (cosiddette regioni benchmark), alla tempistica dell'attuazione della riforma, nonché al regime di pubblicità per gli atti qualificati come non normativi.
Osserva quindi che l'articolo 24, comma 3, rinvia ad un ulteriore decreto legislativo qualificato come «integrativo» la determinazione dei «costi standard, relativi alle materie diverse dalla sanità, associati ai livelli essenziali delle prestazioni fissati dalla legge statale» e la distinzione delle «fonti di finanziamento in relazione a quanto previsto dai commi 1 e 2 dell'articolo 10». A tale proposito, anche alla luce di quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 206 del 2001 - che ha individuato precisi limiti all'esercizio della potestà legislativa di tipo integrativo e correttivo, disponendo, in particolare, che essa possa intervenire solo nell'ambito dei principi e criteri direttivi già imposti per la delega «principale» e che agisca «solo in funzione di correzione o integrazione delle norme delegate già emanate, e non già in funzione di un esercizio tardivo, per la prima volta, della delega «principale» - rileva l'incongruità del ricorso allo strumento del decreto legislativo correttivo, dovendosi invece demandare più correttamente la disciplina, come peraltro consentito dalla legge di delega (la quale prevede l'emanazione di uno o più decreti legislativi), ad un «distinto decreto legislativo», da emanare nel termine di esercizio previsto per la delega principale.
Fa quindi presente che lo schema in esame prevede l'adozione di 13 decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM), cui è demandata la piena attuazione della riforma, con riferimento ai quali rileva che in qualche caso lo schema in esame affida ai DPCM compiti che la legge delega attribuisce al decreto legislativo stesso; è prevista, in genere, una procedura particolarmente complessa per la loro emanazione, che vede il coinvolgimento di uno o più Ministri proponenti, uno o più Ministri concertanti ed il parere della Conferenza Stato-Regioni o della Conferenza unificata ovvero della Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali o, ancora, intese o accordi; in qualche caso si specifica la natura non regolamentare del decreto; per tutti i decreti - ad eccezione di quelli previsti all'articolo 2, comma 1, all'articolo 6, comma 2, ed all'articolo 14, comma 4 - non è stabilito un termine di adozione e che alcune delle disposizioni che rinviano a DPCM incidono sul sistema delle fonti, attribuendo ad una fonte non di rango primario potestà normative ora regolate da una fonte di rango primario.
Segnala inoltre che il provvedimento prevede l'adozione di tre decreti di natura non regolamentare (articoli 3, comma 3; 5, comma 2 e 11, comma 8), con riguardo ai quali, ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 2006, ha definito un decreto ministeriale del quale si esplicitava la natura non regolamentare (articolo 3 del decreto-legge n. 279 del 2004) «un atto statale dalla indefinibile natura giuridica».
Illustra quindi le tipologie di adempimenti che lo schema di decreto affida alle regioni, segnalando che l'articolo 8, comma 2, e l'articolo 15, comma 2, che prevedono l'adozione, da parte di ciascuna Regione a statuto ordinario, di un atto amministrativo d'intesa - rispettivamente - con i Comuni e con le Province del proprio territorio, volto a definire una compartecipazione degli enti locali stessi all'addizionale regionale all'IRPEF, pongono una serie di questioni derivanti dalla qualificazione dell'atto che le regioni sono tenute ad adottare come «atto amministrativo».
Con riferimento all'articolo 22, comma 3, e all'articolo 23, comma 1, osserva, come essi, da un lato trasfondano in una fonte normativa di rango primario il contenuto dell'intesa Stato-Regioni in materia sanitaria del 3 dicembre 2009, e che, dall'altro, prevedano la facoltà - senza precisare a quale soggetto essa sia attribuita

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né mediante quale strumento il soggetto titolato debba intervenire - che i suddetti contenuti, che appaiono dunque «cedevoli» rispetto allo strumento pattizio, siano rideterminati previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.
Da ultimo, rileva come il provvedimento contenga alcune disposizioni che appaiono meramente ricognitive delle norme già esistenti e quindi prive di contenuto normativo, rechi taluni richiami generici alla normativa vigente e faccia ricorso a espressioni di cui andrebbe chiarita la portata normativa.

Doris LO MORO, con riferimento alla questione posta dall'onorevole Duilio in merito al fatto che il testo non è corredato della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), senza che nella relazione di accompagnamento si riferisca in merito all'eventuale esenzione dall'obbligo di redigerla, osserva come tale circostanza appaia particolarmente grave nel caso in questione, attesa la complessità del provvedimento e degli effetti che esso è destinato a produrre sui soggetti pubblici e privati.
Manifesta, inoltre, profonde perplessità in merito all'articolo 9, comma 1, del provvedimento, di cui il relatore ha evidenziato l'incongruità rispetto alla legge di delega, che appare, a suo avviso, viziato per eccesso di delega, in quanto la disciplina delle procedure della determinazione dei livelli essenziali di assistenza è cosa ben diversa dalla disciplina dei livelli essenziali di assistenza.

Lino DUILIO, relatore, osserva come la questione sollevata dalla collega Lo Moro sull'assenza dell'AIR, che si pone del resto anche con riguardo all'ATN, sia di indubbia rilevanza. Ricorda in proposito quanto rappresentato dal Comitato in occasione dell'audizione del Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, svolta nella seduta del 25 giugno 2009. Sottopone quindi al presidente Zaccaria la valutazione dell'opportunità di investire della questione la Presidenza della Camera.
Riguardo a quanto correttamente rilevato dall'onorevole Lo Moro con riferimento all'articolo 9, comma 1, osserva, tuttavia, come la questione attenga prevalentemente agli aspetti di competenza della Commissione Affari Costituzionali, in quanto l'eccesso di delega costituisce un classico vizio di incostituzionalità dei decreti legislativi.

Roberto ZACCARIA, presidente, nel riservarsi l'adozione dell'iniziativa proposta dal collega Duilio, evidenzia come l'assenza delle relazioni istruttorie AIR e ATN, che costituisce una circostanza piuttosto ricorrente in relazione ai decreti-legge, sia ancor più grave nel caso dei decreti legislativi, in considerazione del maggiore lasso di tempo di cui il Governo dispone per predisporle. In proposito, rammenta inoltre che proprio all'inizio della Legislatura in corso, è stato emanato il regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 settembre 2008 n. 170, recante «Tempi e modalità di effettuazione dell'analisi tecnico-normativa (ATN)», che ha previsto l'obbligo di redigerla.

Lino DUILIO, relatore, procede quindi ad illustrare la seguente proposta di parere:

«Il Comitato per la legislazione,
esaminato l'Atto n. 317, recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario in attuazione della delega conferita dalla legge n. 42 del 2009 - alla quale, peraltro, lo schema di decreto legislativo, nel preambolo, effettua un richiamo meramente generico, non integrato dall'indicazione degli articoli cui è volto a dare attuazione - e ricordato che esso è sottoposto all'attenzione del Comitato in virtù della richiesta, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 3, proveniente dalla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale;

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rilevato altresì che:
sotto il profilo dei rapporti con la normativa vigente:
lo schema di decreto reca disposizioni che contengono richiami normativi effettuati in forma generica, per le quali sarebbe invece opportuno, ove possibile, specificare la normativa oggetto del rinvio; ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 2, comma 4, all'articolo 3, comma 2, all'articolo 4, comma 4, all'articolo 5, comma 8, all'articolo 7, commi 2 e 4 e all'articolo 9, comma 1, secondo periodo; esso contiene altresì norme meramente ricognitive dell'ordinamento vigente e quindi prive di una propria portata innovativa (si vedano l'articolo 13, comma 6 e l'articolo 24, commi 1 e 2);

sotto il profilo del rapporto con le disposizioni contenute dalla legge di delega:
esso contiene talune previsioni la cui portata applicativa sembrerebbe discostarsi da quanto disposto dalle norme di delega (si vedano, ad esempio, l'articolo 1, comma 3, da valutare in relazione all'articolo 7, comma 1, lettera e), della legge di delega; l'articolo 9, comma 1, che, pur recando una disposizione pressoché ricognitiva dell'articolo 20, comma 2, della legge di delega, se ne discosta laddove fa riferimento alla disciplina delle procedure per la determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni, piuttosto che alla disciplina della determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni; l'articolo 12, commi 2 e 3, da valutare in relazione all'articolo 11, comma 1, lettera f) della legge di delega; l'articolo 17, da valutare in relazione all'articolo 21 della legge di delega e l'articolo 25, comma 1, che, pur riproducendo il principio di delega introdotto dall'articolo 2, comma 2, lettera q) della legge n. 42 del 2009, se ne discosta laddove individua il termine di decorrenza per l'esercizio di alcuni poteri legislativi delle regioni); tale fenomeno si riscontra inoltre, per gli aspetti che maggiormente investono le competenze del Comitato, all'articolo 11, comma 7, lettere c) e d) ed all'articolo 19, comma 7; tali ultime disposizioni - in difformità da quanto previsto dagli articoli 9, comma 1, lettera g) n. 3 e 13, comma 1, lettera f), della legge n. 42 del 2009, che stabiliscono che in sede di esercizio della delega debba essere individuata la dimensione demografica cui riconnettere alcuni effetti sostanziali - demandano, rispettivamente, a un decreto di natura non regolamentare e a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, la definizione del criterio demografico di riferimento;
lo schema di decreto, inoltre, nel modificare l'ordinamento vigente senza al contempo abrogare le disposizioni che ne risultano incompatibili, non appare rispettoso di quanto disposto dall'articolo 29 della legge di delega che dispone che i decreti legislativi di attuazione «individuano le disposizioni incompatibili con la presente legge, prevedendone l'abrogazione»; disposizioni di abrogazione esplicita si rinvengono al solo articolo 7, comma 1, che, nel sopprimere alcuni tributi regionali dispone l'abrogazione della disciplina statale istitutiva, senza tuttavia tener conto che le suddette norme continuano ad applicarsi nelle regioni a statuto speciale;
lo schema di decreto legislativo contiene alcune disposizioni meramente ricognitive di norme recate dalla legge di delega (si vedano, ad esempio, l'articolo 9, comma 1, secondo periodo; l'articolo 10, comma 2, l'articolo 18, comma 1 e l'articolo 22, comma 10);
esso, all'articolo 24, comma 3, rinvia ad un ulteriore decreto legislativo qualificato come «integrativo» la determinazione dei «costi standard, relativi alle materie diverse dalla sanità, associati ai livelli essenziali delle prestazioni fissati dalla legge statale» e la distinzione delle «fonti di finanziamento in relazione a quanto previsto dai commi 1 e 2 dell'articolo 10»; a tale proposito, anche alla luce di quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con la

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sentenza n. 206 del 2001 - che ha individuato precisi limiti all'esercizio della potestà legislativa di tipo integrativo e correttivo, disponendo, in particolare, che essa possa intervenire solo nell'ambito dei principi e criteri direttivi già imposti per la delega «principale» e che agisca «solo in funzione di correzione o integrazione delle norme delegate già emanate, e non già in funzione di un esercizio tardivo, per la prima volta, della delega «principale» - appare incongruo il ricorso allo strumento del decreto legislativo correttivo, dovendosi invece demandare più correttamente la disciplina, come peraltro consentito dalla legge di delega (la quale prevede l'emanazione di uno o più decreti legislativi), ad un «distinto decreto legislativo», da emanare nel termine di esercizio previsto per la delega principale;

sul piano dei rapporti tra le fonti primarie e le fonti subordinate:
lo schema di decreto demanda l'attuazione della normativa da esso recata a 13 decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (si vedano l'articolo 2, comma 1; l'articolo 3, comma 3; l'articolo 6, comma 2, primo e secondo periodo; l'articolo 11, commi 2, 3, 5 e 8; l'articolo 14, commi 2 e 4; l'articolo 19, commi 1 e 10; l'articolo 22, comma 5), per la cui emanazione prevede, nella maggior parte dei casi, una procedura particolarmente complessa, che vede il coinvolgimento di uno o più Ministri proponenti, uno o più Ministri concertanti ed il parere della Conferenza Stato-Regioni o della Conferenza unificata ovvero della Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali o, ancora, intese o accordi; esso, infine, con la sola eccezione dei decreti previsti dagli articoli 2, comma 1, 6, comma 2, e 14, comma 4, non ne fissa un termine di adozione;
lo schema di decreto, all'articolo 2, comma 1, laddove opera un rinvio a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - cui demanda la rideterminazione dell'addizionale regionale dell'IRPEF e la riduzione delle aliquote di competenza statale, attualmente oggetto dell'articolo 50 del decreto legislativo n. 446 del 1997 e dell'articolo 11 del testo unico delle imposte dirette (decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986) - interviene sul sistema delle fonti, attribuendo ad una fonte secondaria potestà normative ora regolate da una fonte di rango primario, delineando una procedura di cui andrebbe inoltre valutata la compatibilità con la riserva di legge prevista dall'articolo 23 della Costituzione in materia tributaria;
lo schema di decreto, all'articolo 6, comma 2, ed all'articolo 14, comma 4, laddove demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l'individuazione di trasferimenti statali da sopprimere, destinati, rispettivamente, alle regioni a statuto ordinario e alle province in esse ricadenti, cui dovrebbe accompagnarsi la abrogazione delle relative disposizioni, interviene sul sistema delle fonti, con specifico riguardo alla loro idoneità ad incidere su fonti normative di rango primario;
lo schema di decreto legislativo, all'articolo 11, demanda l'attuazione delle disposizioni dallo stesso recate a ben quattro decreti del Presidente del Consiglio dei ministri; in particolare, ai commi 2 e 3, nel demandare alla fonte secondaria la definizione di alcune questioni e di alcuni valori (modalità di valutazione del gettito e percentuale di compartecipazione all'IVA), sembra attribuire ai decreti in oggetto la disciplina di aspetti cui avrebbe dovuto provvedere lo schema di decreto stesso, in quanto si tratta, nel primo caso, della definizione di questioni di non particolare complessità ma essenziali al fine di determinare la portata normativa della disposizione e, nel secondo caso, di questioni di maggiore complessità, nelle quali si sostanzia, tuttavia, l'intera disciplina di cui al comma 3, il cui contenuto risulta conseguentemente alquanto indeterminato; esso, ai successivi commi 5 e 8 del medesimo articolo demanda, non già ad un unico regolamento di attuazione nella forma di decreto del Presidente della Repubblica da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b), della legge n. 400

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del 1988, bensì a due decreti del Presidente del Consiglio dei ministri l'integrazione sostanziale della disciplina dagli stessi introdotta; analogamente, all'articolo 3, comma 3, e all'articolo 19, comma 10, impropriamente demanda la disciplina attuativa a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri piuttosto che a regolamenti da emanare - entro un termine prestabilito - nella forma di decreti del Presidente della Repubblica di attuazione delle disposizioni del decreto legislativo, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b), della legge n. 400 del 1988;
esso prevede l'adozione di tre decreti di natura non regolamentare; ciò si riscontra, segnatamente, all'articolo 3, comma 3, che demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di natura non regolamentare la definizione dei criteri di attuazione del medesimo comma, in materia di attribuzione del gettito della compartecipazione IVA alle regioni; all'articolo 5, comma 2, che demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare la definizione delle modalità di attuazione del primo periodo del comma, relativo alle maggiorazioni dell'IRPEF da parte delle regioni, nonché all'articolo 11, comma 8, che demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di natura non regolamentare la definizione delle modalità della convergenza nonché delle modalità di attuazione dei criteri di assegnazione alle Regioni delle quote del fondo perequativo istituito dal medesimo articolo 11; a tale proposito, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 2006, con riferimento ad un decreto ministeriale del quale si esplicitava la natura non regolamentare (contenuto all'articolo 3 del decreto-legge n. 279 del 2004), lo qualificava come «un atto statale dalla indefinibile natura giuridica»;
esso, all'articolo 8, comma 2, e all'articolo 15, comma 2 - nel prevedere che ciascuna regione a statuto ordinario adotti un atto amministrativo previa intesa, rispettivamente, con i Comuni e con le Province del proprio territorio, volto a definire, il primo, una compartecipazione dei comuni all'addizionale regionale all'IRPEF e, il secondo, una compartecipazione delle province alla tassa automobilistica sugli autoveicoli spettante alla regione - sembra affidare ad atti formalmente provvedimentali veri e propri effetti normativi, determinando così un'incongruenza tra gli effetti prodotti e la forma dell'atto; peraltro, le disposizioni in questione, nel procedere ad un'autonoma qualificazione, mediante una fonte primaria statale, dell'atto che le regioni sono chiamate ad adottare, appaiono altresì di dubbia compatibilità con i principi generali posti a presidio dell'autonomia delle Regioni ai sensi del Titolo V della parte II della Costituzione; analogamente, il comma 2 dell'articolo 5, nella parte in cui affida ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare la definizione delle modalità di attuazione delle disposizioni in materia di maggiorazione dell'addizionale IRPEF di base, sembra incidere su ambiti di competenza riservati alle leggi regionali;

sul piano dei rapporti tra lo strumento legislativo e le intese adottate in sede di Conferenza Stato-Regioni:
lo schema di decreto legislativo, all'articolo 22, comma 3, e all'articolo 23, comma 1, da un lato trasfonde in una fonte normativa di rango primario il contenuto del combinato disposto dell'articolo 2, comma 2, lettera a) e dell'allegato 1 dell'intesa Stato-Regioni in materia sanitaria del 3 dicembre 2009 (articolo 22, comma 3), e, dall'altro, prevede la facoltà - senza precisare a quale soggetto essa sia attribuita né mediante quale strumento il soggetto titolato debba intervenire - che i suddetti contenuti, che appaiono dunque «cedevoli» rispetto allo strumento pattizio, siano rideterminati previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni (articolo 23, comma 1);

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sul piano dei rapporti con i contenuti di altro decreto legislativo attuativo della medesima legge di delega:
esso, all'articolo 19, che istituisce nel bilancio dello Stato, a decorrere dal 2016, un fondo perequativo per comuni e province, si sovrappone, con l'introduzione di una diversa disciplina, a quanto già disposto dall'articolo 13 dello schema di decreto legislativo n. 292-bis, recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale, sottoposto all'esame dell'Assemblea della Camera ai sensi dell'articolo 2, comma 4, della legge n. 42 del 2009, nella seduta del 1o marzo 2011;

sul piano della corretta formulazione e del coordinamento interno del testo:
lo schema di decreto legislativo adotta talune espressioni suscettibili di ingenerare incertezze sull'effettivo significato tecnico-normativo; ad esempio, l'articolo 11, comma 7, lettera d) e l'articolo 19, comma 7, contengono un riferimento al «fattore della dimensione demografica in relazione inversa alla dimensione demografica stessa», di cui non appare chiara la portata normativa; l'articolo 19, comma 1, laddove prevede l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri «previo accordo sancito in sede di Conferenza unificata Stato-città ed autonomie locali», contiene un'espressione che dovrebbe essere riformulata al fine di chiarire se ci si intenda riferire alla Conferenza unificata ovvero alla Conferenza Stato-Città e Autonomie locali; l'articolo 22, comma 5, nella parte in cui dispone che «Sono regioni di riferimento le tre regioni, tra cui obbligatoriamente la prima, che siano state scelte dalla Conferenza Stato-Regioni tra le cinque indicate dal Ministro della salute», contiene un inciso la cui portata applicativa appare di difficile interpretazione;
esso, all'articolo 2, comma 1, secondo e terzo periodo, e all'articolo 5, comma 1, in materia di addizionale regionale dell'IRPEF, introduce una normativa di cui andrebbe precisata la portata applicativa, in quanto non appare chiaro se l'incremento dell'aliquota dell'addizionale regionale IRPEF applicabile a decorrere dal 2014 abbia natura obbligatoria o facoltativa né quale sia il reale potere discrezionale attribuito alle Regioni;
infine, lo schema di decreto legislativo non è provvisto della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN) né della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), senza che nella relazione di accompagnamento si riferisca in merito all'eventuale esenzione dall'obbligo di redigerla, in difformità dunque da quanto statuito dall'articolo 9 del decreto del presidente del Consiglio dei ministri n. 170 del 2008; circostanza questa che appare particolarmente deplorevole nel caso in questione, attesa la complessità del provvedimento e degli effetti che esso è destinato a produrre su soggetti pubblici e privati;
ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dall'articolo 16-bis del Regolamento, debbano essere rispettate le seguenti condizioni:

sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
per quanto detto in premessa in ordine ai rapporti tra le fonti primarie e quelle subordinate:
a) all'articolo 2, comma 1, che demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri la rideterminazione dell'addizionale regionale dell'IRPEF e la riduzione delle aliquote di competenza statale, attualmente oggetto dell'articolo 50 del decreto legislativo n. 446 del 1997 e dell'articolo 11 del testo unico delle imposte dirette (decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986), sia riformulata la disposizione di cui all'oggetto nel senso di prevedere che la disciplina della materia sia introdotta dallo schema di decreto legislativo all'esame, ovvero affidata ad altra fonte di rango primario;

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b) all'articolo 3, comma 3, e all'articolo 19, comma 10 - che demandano a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, con riferimento al primo dei quali è peraltro precisata la natura non regolamentare, il compito di stabilire i criteri attuativi della disciplina dagli stessi recata - siano riformulate le disposizioni di cui all'oggetto nel senso di prevedere che i suddetti criteri attuativi siano introdotti da regolamenti emanati, entro un termine prestabilito, nella forma di decreti del Presidente della Repubblica di attuazione delle disposizioni del decreto legislativo, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b) della legge n. 400 del 1988;
c) all'articolo 6, comma 2, ed all'articolo 14, comma 4 - laddove demandano ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l'individuazione di trasferimenti statali da sopprimere destinati, rispettivamente, alle regioni a statuto ordinario e alle province in esse ricadenti - sia valutata la congruità del ricorso ad una fonte di rango secondario, tenuto conto che all'individuazione dei trasferimenti da sopprimere dovrebbe accompagnarsi la abrogazione delle relative disposizioni, da effettuare mediante fonti normative di rango primario;
d) all'articolo 11, comma 7, lettere c) e d) ed all'articolo 19, comma 7 - che, in difformità da quanto previsto dagli articoli 9, comma 1, lettera g) n. 3 e 13, comma 1, lettera f), della legge n. 42 del 2009, i quali stabiliscono che in sede di esercizio della delega debba essere individuata la dimensione demografica cui riconnettere alcuni effetti sostanziali, demandano, rispettivamente, a un decreto di natura non regolamentare e a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, la definizione del criterio demografico di riferimento - sia espunto il rinvio alle anzidette fonti secondarie e si provveda all'individuazione diretta degli elementi indicati dalla legge di delega;
e) all'articolo 11, commi 5 e 8 - che demandano a due decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, con riferimento al secondo dei quali è inoltre specificata la natura non regolamentare, l'integrazione sostanziale della disciplina da essi introdotta - sia previsto che l'anzidetta normativa debba essere contenuta in un unico regolamento di attuazione nella forma di decreto del Presidente della Repubblica da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b), della legge n. 400 del 1988;
all'articolo 8, sia soppresso il comma 3 che, nel disporre che «resta fermo quanto previsto dall'articolo 120, comma 2, della Costituzione», contiene una disposizione - di dubbia compatibilità con il sistema delle fonti normative - che si limita a confermare l'applicabilità della richiamata norma costituzionale;
all'articolo 24, comma 3 - laddove rinvia ad un ulteriore decreto legislativo qualificato come «integrativo» la determinazione dei «costi standard, relativi alle materie diverse dalla sanità, associati ai livelli essenziali delle prestazioni fissati dalla legge statale» e la distinzione delle «fonti di finanziamento in relazione a quanto previsto dai commi 1 e 2 dell'articolo 10» - anche alla luce di quanto stabilito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 206 del 2001 richiamata in premessa, sia demandata la disciplina, come peraltro consentito dalla legge di delega, ad un «distinto decreto legislativo», da emanare nel termine di esercizio previsto per la delega principale;

Il Comitato osserva altresì:
sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
per quanto detto in premessa in ordine al profilo dei rapporti tra lo schema di decreto legislativo e la relativa legge di delega:
a) all'articolo 1, comma 3, che prevede che il gettito delle fonti di finanziamento delle regioni ivi indicate è da considerarsi senza vincolo di destinazione, si valuti la congruità dell'anzidetta disposizione

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con quanto previsto dall'articolo 7, comma 1, lettera e), della legge delega, che considera senza vincolo di destinazione solo il gettito dei tributi regionali derivati e le compartecipazioni al gettito dei tributi erariali;
b) all'articolo 9, comma 1, dovrebbe valutarsi la congruità del riferimento alla disciplina delle procedure per la determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni piuttosto che alla disciplina della determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni, come invece previsto dall'articolo 20, comma 2, della legge di delega;
c) all'articolo 12, comma 3 - ove si precisa che il gettito derivante dalle fonti di finanziamento del complesso delle spese delle province è senza vincolo di destinazione - dovrebbe valutarsi la congruità dell'anzidetta disposizione con quanto previsto dall'articolo 11, comma 1, lettera f), della legge di delega, che considera senza vincolo di destinazione soltanto il gettito dei tributi regionali derivati e le compartecipazioni a tributi erariali e regionali;
d) all'articolo 17, si valuti il meccanismo transitorio di finanziamento e perequazione ivi previsto, alla luce dei principi e criteri direttivi di delega formulati dall'articolo 21 della legge n. 42 del 2009;
all'articolo 3, comma 2, ove è previsto un rinvio all'applicazione delle norme vigenti in materia di IVA, dovrebbe valutarsi l'opportunità di sostituire il rinvio alla «normativa vigente» con un riferimento esplicito alla fonte che disciplina la materia;
all'articolo 5, comma 2 - nella parte in cui affida ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare, la definizione delle modalità di attuazione delle disposizioni in materia di maggiorazione dell'addizionale IRPEF di base - dovrebbe valutarsi l'opportunità di espungere l'anzidetta disposizione atteso che essa sembra incidere su ambiti di competenza riservati alla competenza legislativa regionale ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
al medesimo articolo 5, comma 2, ove si richiamano gli scaglioni di reddito senza indicare la normativa di riferimento, dovrebbe valutarsi l'opportunità di precisare che tali scaglioni sono quelli indicati nell'articolo 11 del Testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, al fine di evitare dubbi interpretativi;
all'articolo 8, comma 2, e all'articolo 15, comma 2 - laddove si prevede che ciascuna regione a statuto ordinario adotti un atto amministrativo previa intesa, rispettivamente, con i Comuni e con le Province del proprio territorio, volto a definire, il primo, una compartecipazione dei comuni all'addizionale regionale all'IRPEF e, il secondo, una compartecipazione delle province alla tassa automobilistica sugli autoveicoli spettante alla regione - dovrebbe valutarsi l'opportunità di non procedere, al fine di assicurare la compatibilità della norma in oggetto con i principi generali posti a presidio dell'autonomia delle Regioni dal Titolo V della parte II della Costituzione, alla qualificazione dell'atto che le regioni sono chiamate ad adottare mediante fonte primaria statale; con riferimento alla qualificazione di tali atti regionali come atti amministrativi, dovrebbe inoltre considerarsi l'incongruità della forma prevista (provvedimentale) in relazione agli effetti (normativi) che i medesimi atti sarebbero chiamati a produrre;
all'articolo 8, comma 4, primo periodo, che prevede l'istituzione di un Fondo sperimentale regionale di riequilibrio, dovrebbe valutarsi l'opportunità di precisarne modalità, tempi di istituzione e periodo di durata;
al medesimo articolo 8, comma 4, secondo periodo - ove si dispone che ogni regione stabilisce, previo accordo con i comuni, «le modalità di riparto del Fondo nonché le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute al singolo comune in

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cui si sono verificati i presupposti di imposta» - dovrebbe valutarsi l'opportunità di precisare se il suddetto accordo abbia o meno carattere vincolante;
agli articoli 11, commi 2 e 3, 19, comma 1 e 22, comma 5 - che demandano ciascuno a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la definizione di alcuni aspetti della disciplina da essi recata - dovrebbe valutarsi la congruità dello strumento in questione in relazione agli effetti che è chiamato a produrre; dovrebbe altresì valutarsi l'opportunità di fissare un termine per l'adozione dei suddetti decreti e di prevedere che degli stessi sia data adeguata pubblicità mediante la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale;
all'articolo 14, comma 7, dovrebbe valutarsi la congruità del ricorso allo strumento normativo secondario (un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze) al fine di determinare il quantum di accisa dovuta per l'energia elettrica con l'esplicita ed esclusiva finalità di assicurare «l'equivalenza del gettito», il cui ammontare non è quantificato, né delimitato in relazione ad un definito arco temporale;
all'articolo 15, comma 4, che prevede l'istituzione da parte di ciascuna regione di un Fondo sperimentale di riequilibrio, si consideri l'opportunità di indicarne i riferimenti temporali;
al medesimo articolo 15, comma 4, secondo periodo - ove si dispone che ogni regione stabilisce, previo accordo con le province, «le modalità di riparto del Fondo nonché le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute alla singola provincia in cui si sono verificati i presupposti di imposta» - dovrebbe valutarsi l'opportunità di precisare se il suddetto accordo abbia o meno carattere vincolante;

sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
all'articolo 2, comma 1, secondo e terzo periodo e all'articolo 5, comma 1, in materia di addizionale regionale dell'IRPEF, dovrebbe chiarirsi se l'incremento dell'aliquota dell'addizionale regionale IRPEF applicabile a decorrere dal 2014 abbia natura obbligatoria o facoltativa;
all'articolo 19, comma 1, laddove prevede l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri «previo accordo sancito in sede di Conferenza unificata Stato-città ed autonomie locali», dovrebbe chiarirsi se si intenda fare riferimento alla Conferenza unificata ovvero alla Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali.».

Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per la Semplificazione normativa Francesco BELSITO prende atto dei rilievi espressi dal Comitato, annunciando che essi potranno essere valutati nel prosieguo dell'iter di esame del provvedimento presso la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale.

Il Comitato approva la proposta di parere.

La seduta termina alle 10.35.