CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 15 marzo 2011
452.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato per la legislazione
COMUNICATO
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Martedì 15 marzo 2011. - Presidenza del presidente Roberto ZACCARIA.

La seduta comincia alle 11.45.

Comunicazioni del Presidente.

Roberto ZACCARIA, presidente, ricorda che nella giornata di venerdì 4 marzo, presso la Scuola Sant'Anna di Pisa, si è tenuto il quinto degli incontri da lui promossi, che ha avuto ad oggetto il tema Il decreto-legge. Un esame di casi concreti nella XVI legislatura; nella giornata di lunedì 7 marzo, presso l'Università di Genova, si è invece tenuto il seminario vertente sul tema Gli strumenti per la qualità della legislazione (Chiarezza testi normativi, testi unici compilativi, ATN, AIR, VIR), mentre venerdì 11 marzo, presso l'Università di Milano, si è svolto un incontro avente ad oggetto Il costo economico dell'incertezza del diritto. Un'analisi interdisciplinare; lunedì 14 marzo, inoltre, ha avuto luogo, presso l'Università di Bologna, l'ottavo seminario dal titolo La qualità della legislazione regionale. L'esame di una Regione-tipo. Venerdì prossimo, 18 marzo, si svolgerà infine l'ultimo seminario del ciclo, presso l'Università statale di Pisa, coordinato dal prof. Romboli, sul tema La delega legislativa. Un esame di casi concreti nella XVI legislatura.
Come già comunicato in precedenti riunioni del Comitato, di tali seminari sarà redatto un resoconto sommario che verrà inviato ai membri del Comitato, unitamente ad alcuni interessanti materiali acquisiti nel corso del dibattito. È inoltre sua intenzione raccogliere tali resoconti sommari al fine di pervenire ad una pubblicazione unitaria che possa tener conto di tutti i contributi forniti nell'ambito del ciclo di incontri; quanto invece al seminario tenutosi presso l'Università di Genova in materia di qualità della legislazione, è sua intenzione coordinare la stesura di un «Quaderno», che rechi i contenuti delle relazioni svolte nel corso dell'incontro e che si riserva di depositare agli atti del Comitato, quale contributo all'attività del Comitato stesso.

Antonino LO PRESTI esprime al presidente Zaccaria il proprio apprezzamento per tali iniziative i cui resoconti potranno essere di estremo interesse per l'attività del Comitato.

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ESAME AI SENSI DELL'ARTICOLO 16-BIS, COMMA 4, DEL REGOLAMENTO

Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea.
Esame testo unificato C. 2854 Buttiglione, C. 2862 Stucchi, C. 2888 Gozi, C. 3055 Pescante e C. 3866 Governo.

(Parere alla XIV Commissione).
(Esame e conclusione - Parere con condizioni e osservazioni).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Antonino LO PRESTI, relatore, ricorda che il Comitato è chiamato ad esprimersi sul testo unico in oggetto in quanto la Commissione competente in sede referente ha trasmesso una richiesta in tal senso, sottoscritta, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 16-bis, comma 4, del Regolamento, da un quinto dei componenti della medesima. Ritiene che il parere del Comitato sul testo sia di particolare rilievo in quanto il provvedimento in esame si configura come una riforma organica della disciplina del processo di formazione della posizione italiana nella predisposizione degli atti dell'Unione europea, nonché della normativa volta a garantire l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea.
Illustra quindi la seguente proposta di parere:
«Il Comitato per la legislazione, esaminato il testo unificato delle proposte di legge C. 2854 Buttiglione, C. 2862 Stucchi, C. 2888 Gozi, C. 3055 Pescante e C. 3866 Governo e rilevato che:
esso introduce una riforma organica della disciplina del processo di formazione della posizione italiana nella predisposizione degli atti dell'Unione europea, nonché della normativa volta a garantire l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea e, rispetto alla disciplina dettata dalla legge n. 11 del 2005 - di cui l'articolo 57 opportunamente prevede l'abrogazione - esso tiene conto delle novità introdotte nell'ordinamento europeo a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, rafforzando ulteriormente il ruolo delle Camere sia nell'ambito della fase ascendente che della fase discendente dell'attuazione del diritto dell'Unione europea;
nel procedere a numerose modifiche della disciplina vigente, il provvedimento in esame non sempre effettua un adeguato coordinamento con le preesistenti fonti normative, che risultano in parte oggetto di modifiche non testuali; tale modalità di produzione normativa, che mal si concilia con lo scopo di semplificare e riordinare la legislazione vigente, si riscontra, in particolare, all'articolo 15, comma 1, che nell'introdurre una nuova denominazione del Dipartimento istituito presso la Presidenza del Consiglio ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 303 del 1999, non introduce una modifica puntuale alla suddetta disposizione; all'articolo 46, comma 1, che, nel precisare che i provvedimenti che concedono illegittimamente aiuti di Stato possono essere impugnati innanzi al TAR competente per territorio, non procede ad una contestuale novella dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 104 del 2010, recante riordino del processo amministrativo, compromettendo così i caratteri di unitarietà ed onnicomprensività della disciplina dettata dal decreto legislativo in questione nell'ambito dell'anzidetto settore disciplinare; nonché all'articolo 27, comma 6, che, nel richiamare quanto disposto dall'articolo 5, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 281 del 1997, non interviene testualmente sulla succitata norma;
il provvedimento in esame reca disposizioni per alcuni versi derogatorie del diritto vigente, talvolta richiamando specificatamente le disposizioni derogate (si vedano gli articoli 16, comma 10, 50, comma 1, e 51, comma 1, laddove prevedono che non si applichi quanto disposto dall'articolo 29, comma 2, lettera e-bis) del decreto-legge n. 223 del 2006, il quale

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dispone che i regolamenti di riordino degli organi collegiali e di altri organismi operanti nelle amministrazioni devono recare la «indicazione di un termine di durata, non superiore a tre anni, con la previsione che alla scadenza l'organismo è da intendersi automaticamente soppresso»); in un altro caso, introducendo disposizioni che, implicitamente, derogano all'ordinamento vigente (si veda l'articolo 22, comma 4, che, nel prevedere che l'intesa da sottoscrivere «ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281», debba essere sottoscritta entro il termine di venti giorni, deroga implicitamente al citato articolo 3, comma 3, che prevede in via generale un termine di 30 giorni per il raggiungimento dell'intesa);
il testo unificato, nel prevedere che il recepimento della normativa adottata dall'Unione europea debba avvenire mediante l'approvazione, con cadenza annuale, di due distinti strumenti legislativi, introduce una procedura innovativa rispetto a quella delineata dalla legge n. 11 del 2005, di cui andrebbe peraltro valutata la conformità alle esigenze di semplificazione della legislazione; i due strumenti, l'uno, obbligatorio, denominato «legge di delegazione europea» e l'altro, meramente facoltativo, denominato «legge europea», dovranno infatti contenere, il primo, disposizioni volte al conferimento al Governo di deleghe legislative per l'attuazione del diritto dell'Unione europea e, il secondo, la normativa di immediata applicazione finalizzata anch'essa al recepimento del diritto dell'Unione europea; a tali strumenti, si affianca, tuttavia, quello indicato all'articolo 35, che, nell'introdurre una sorta di «riserva di decreto-legge», prevede che, al verificarsi di talune circostanze, puntualmente indicate, vengano adottati, al fine del recepimento del diritto dell'Unione europea, provvedimenti di urgenza; con riferimento a tale ultima disposizione, il provvedimento modifica la formulazione recata dall'articolo 10, comma 1, della legge n. 11 del 2005 - che pure consentiva, al verificarsi di talune circostanze, l'adozione di «provvedimenti, anche urgenti» - demandando ai soli provvedimenti urgenti e non anche a fonti di rango primario diverse dal decreto-legge la disciplina delle fattispecie indicate all'articolo 35;
sotto il profilo del coerente utilizzo delle fonti normative, il provvedimento, all'articolo 6, comma 3, laddove prevede che le Camere «consultano (...) i consigli e le assemblee delle regioni e delle province autonome» appare introdurre una disposizione, la cui formulazione non appare rispettosa dell'autonomia del Parlamento, in quanto prevede che le Camere, in relazione al procedimento di verifica del rispetto del principio di sussidiarietà, sulla base di quanto previsto dall'articolo 6, paragrafo 1, del Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità allegato ai trattati europei, «consultano, secondo le modalità previste nei rispettivi regolamenti, i Consigli e le Assemblee delle Regioni e delle Province autonome»; in tal modo sembra obbligatoria l'attivazione di una procedura consultiva la cui disciplina è affidata, invece, in via esclusiva ai Regolamenti parlamentari, i quali soltanto potrebbero configurarla come obbligatoria ovvero come meramente facoltativa;
il provvedimento, all'articolo 14, comma 1, che attribuisce alle commissioni parlamentari competenti la possibilità di procedere, in coerenza con i rispettivi regolamenti, all'audizione dei soggetti indicati al medesimo articolo 14, contiene una formulazione non omogenea rispetto a quella prevista da altre leggi per fattispecie analoghe, laddove si sia voluto consentire l'effettuazione di audizioni, non previste nei Regolamenti parlamentari (vedi l'articolo 29, comma 8, della legge n. 99 del 2009 e l'articolo 2, comma 7, della legge n. 481 del 1995);
il testo in esame, nel definire le procedure cui il Governo dovrà attenersi nell'esercizio delle deleghe conferitegli con la legge di delegazione europea, riproduce in larga parte, attribuendo loro la portata di norme a regime, le disposizioni contenute nel Capo I -rubricato «Disposizioni

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generali sui procedimenti per l'adempimento degli obblighi comunitari» - delle leggi comunitarie di più recente approvazione, nonché del disegno di legge comunitaria 2010 (C. 4059), approvato dal Senato ed attualmente all'esame della Camera; a tale riguardo, il provvedimento, all'articolo 29, comma 1, fissa, in via generale, nei due mesi antecedenti a quelli previsti dalle direttive stesse il termine per il loro recepimento; allo stesso articolo stabilisce che, nel caso in cui la direttiva non indichi alcun termine per il recepimento, esso sia pari a dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea e che, ove i suddetti termini siano già scaduti o prossimi alla scadenza, i decreti legislativi di recepimento vengano adottati entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea; con riferimento a tale ultima previsione, come rilevato in più di una circostanza dal Comitato - da ultimo, il 2 marzo scorso in occasione dell'esame del disegno di legge comunitaria 2010 - si pone l'esigenza di valutare se i termini così fissati siano congrui in relazione alla procedura di adozione dei decreti legislativi;
il testo unificato, all'articolo 33 - che disciplina le procedure per l'attuazione del diritto dell'Unione europea tramite regolamenti di delegificazione e regolamenti ministeriali - ai commi 2 e 4, delinea una procedura per l'emanazione dei regolamenti di delegificazione non formulata in conformità al modello previsto dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, che richiede di esplicitare quali siano le norme generali regolatrici della materia (quelle recate dal comma 4, oltre ad essere di generale applicabilità, appaiono formulate in modo alquanto generico), nonché le disposizioni da abrogare con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari; inoltre, il comma 2 dell'articolo 33, al secondo periodo, fissa dei termini per l'espressione dei pareri richiesti dal citato articolo 17, comma 2, che appaiono difformi rispetto a quanto previsto dalla suddetta norma; alla previsione recata dal comma 2, si sovrappone peraltro quella di cui al successivo comma 4, lettera d), che, tra le norme generali regolatrici della materia richiama la «fissazione di termini e procedure, nel rispetto dell'articolo 20, comma 5 (rectius: comma 6) della legge 15 marzo 1997, n. 59», il quale, a sua volta, delinea una procedura per l'emanazione dei regolamenti di delegificazione, anch'essa derogatoria dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, ma secondo modalità differenti rispetto a quelle previste dal comma 2 della norma in questione; il comma 6, nel disciplinare le procedure per l'attuazione delle direttive modificative o integrative di quelle attuate mediante regolamenti di delegificazione, demanda alla legge di delegazione europea la mera facoltà di disporre che a tale attuazione si proceda ai sensi dell'articolo 33 (senza precisare peraltro il riferimento ai soli commi 2 e 4); da ultimo, il comma 5, nell'individuare una procedura ad hoc per il caso in cui le direttive da recepire consentono scelte in ordine alle modalità di attuazione, fa riferimento ai «principi e criteri direttivi» piuttosto che alle norme generali regolatrici della materia, le quali dovrebbero essere individuate dalla legge di delegazione europea e non, come dice la norma, dalle «leggi di cui all'articolo 27»;
sempre con riferimento alle procedure per il conferimento della potestà regolamentare al Governo, il provvedimento, agli articoli 2, comma 5, e 16, comma 9, affida non già ad un regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, bensì ad un decreto del presidente del Consiglio dei ministri su proposta di altri ministri, rispettivamente, la disciplina del funzionamento del Comitato interministeriale per gli affari europei e la disciplina del funzionamento del Comitato tecnico permanente; diversamente, all'articolo 44, comma 2, laddove prevede l'adozione di un regolamento ministeriale ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, al fine di porre in essere attività di carattere meramente amministrativo, non appare congruo il ricorso allo strumento regolamentare;

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il provvedimento, all'articolo 15, comma 1, nel modificare in maniera non testuale la denominazione del Dipartimento per le politiche comunitarie, incide sulle disposizioni recate da fonti secondarie (decreto ministeriale 19 settembre 2000), mentre, all'articolo 50, comma 1, incide su norme contenute in un regolamento di delegificazione (decreto del Presidente della Repubblica n. 91 del 2007); tale circostanza non appare conforme né alle esigenze di semplificazione dell'ordinamento vigente, né a quelle di un coerente utilizzo delle fonti normative, in quanto si opera una sostanziale rilegificazione di una materia già deferita alla fonte normativa secondaria, con l'effetto che atti non aventi forza di legge presentano un diverso grado di resistenza ad interventi modificativi successivi (si veda il punto 3, lettera e) della circolare congiunta dei Presidenti di Camera e Senato e del Presidente del Consiglio del 20 aprile 2001);
il provvedimento contiene, all'articolo 55, una disposizione volta a sancire il divieto di operare modifiche, deroghe o abrogazioni implicite delle norme dallo stesso recate, divieto che tuttavia ha ovviamente una valenza solo monitoria nei confronti del legislatore, non potendo una norma di legge vincolare giuridicamente una norma successiva di grado gerarchico equivalente; peraltro, la disposizione in questione riproduce il contenuto del comma 1, lettera a), dell'articolo 13-bis (rubricato Chiarezza dei testi normativi) della legge n. 400 del 1988, che costituisce principio generale per la produzione normativa; in termini più generali, inoltre, andrebbe valutata la stessa opportunità di prevedere, per singole discipline normative, specifiche disposizioni che riproducano quelle già stabilite in via generale: infatti, tale orientamento potrebbe indurre un collaterale effetto di depotenziamento della disciplina generale sulla produzione normativa;
sul piano delle procedure parlamentari di formazione delle leggi, il provvedimento, all'articolo 3, comma 4, laddove prevede la tempestiva consultazione e informazione delle Camere «ai fini della predisposizione dei programmi di stabilità e dei programmi nazionali di riforma per l'attuazione in Italia della strategia per la crescita e l'occupazione», si intreccia con i contenuti dell'articolo 2, comma 3, della proposta di legge C. 3921 recante Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, approvata dall'Assemblea della Camera lo scorso 9 febbraio ed attualmente all'esame del Senato;
esso, agli articoli 48 e 52 e 52-bis, reca disposizioni di cui andrebbe chiarita la portata applicativa, in quanto le stesse appaiono prive di un contenuto innovativo rispetto all'ordinamento vigente; segnatamente, l'articolo 52, in materia di punti di contatto europei, alla lettera a) - che, peraltro, fa riferimento al «decreto legislativo di recepimento della direttiva 2006/123/CE» senza citarne gli estremi (si tratta del decreto legislativo n. 59 del 2010) - riproduce i contenuti dell'articolo 36, comma 2, del citato decreto n. 59; alla lettera b) riproduce i contenuti dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 206 del 2007; mentre, alla lettera c), riproduce i contenuti dell'articolo 8, comma 4, del decreto del Ministro per le politiche europee in data 9 ottobre 2006; l'articolo 48 si limita invece ad effettuare una mera ricognizione della normativa vigente in materia di trasmissione delle informazioni relative agli aiuti pubblici concessi alle imprese, mentre l'articolo 52-bis, analogamente, si limita a far salve le competenze del Ministero degli affari esteri;
il provvedimento, all'articolo 37, comma 4 - laddove dispone che le esigenze di carattere unitario relative a direttive da attuare nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione possano essere assicurate, nei confronti delle Regioni e delle Province autonome, anche mediante l'indicazione di criteri e la formulazione di direttive da parte del Governo - reca una disposizione della quale andrebbe valutata la portata

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normativa, atteso che non è chiaro lo strumento mediante il quale il Consiglio dei ministri potrebbe procedervi;
il provvedimento presenta alcune esigenze di coordinamento interno;
il provvedimento contiene talune espressioni improprie o imprecise; segnatamente, all'articolo 25, comma 4, con riferimento alle procedure di nomina di rappresentanti italiani presso il Comitato delle regioni, esso utilizza un'espressione impropria, laddove fa riferimento alla «Conferenza di riferimento», piuttosto che all'organismo competente; all'articolo 26, comma 1, il provvedimento fa riferimento, non già agli «strumenti telematici» bensì agli «strumenti elettronici»; all'articolo 38, comma 1, l'ultimo periodo richiama il «preventivo esame» della Conferenza Stato-Regioni, senza esplicitare se esso si concluda o meno con l'espressione di un parere sugli atti normativi sottoposti alla medesima Conferenza; infine, all'articolo 39, comma 3, esso contiene un'espressione generica, laddove dispone che «il Governo presenta senza ritardo»;

ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dall'articolo 16-bis del Regolamento, debbano essere rispettate le seguenti condizioni:

sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
all'articolo 6, comma 3, laddove si prevede che le Camere «consultano (...) i consigli e le assemblee delle regioni e delle province autonome» - sia precisato, al fine di non invadere ambiti di competenza affidati dall'articolo 64, primo comma, della Costituzione, ai regolamenti adottati da ciascuna Camera, che l'attivazione della suddetta procedura consultiva da parte dei competenti organi parlamentari costituisce per gli stessi non un obbligo, ma una mera facoltà;
all'articolo 33, laddove si delinea una procedura per l'emanazione dei regolamenti di delegificazione non formulata in conformità al modello previsto dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988:
a) siano soppresse le disposizioni di cui al comma 2, secondo e terzo periodo, nonché la disposizione recata dal comma 4, lettera d), che fissano termini per l'espressione dei pareri richiesti dal citato articolo 17, comma 2, difformi rispetto a quanto previsto dalla suddetta norma;
b) sia soppresso il comma 6 - che nel disciplinare le procedure per l'attuazione delle direttive modificative o integrative di quelle attuate mediante regolamenti di delegificazione, demanda alla legge di delegazione europea la mera facoltà di disporre che a tale attuazione si proceda ai sensi dello stesso articolo 33 - introducendo, conseguentemente, al comma 2, in relazione all'attuazione delle suddette direttive, una formulazione analoga a quella recata dal comma 3 dell'articolo in questione, relativa all'attuazione delle modifiche e delle integrazioni alle direttive già attuate mediante decreto ministeriale;
c) al comma 5, sia previsto che, ai fini dell'adozione dei regolamenti di cui al comma 2, le norme generali regolatrici della materia: sono desunte dalle direttive da recepire quando queste non consentono scelte in ordine alle modalità delle loro attuazione; sono dettate dalla legge di delegazione europea quando le direttive da recepire consentono scelte in ordine alle modalità della loro attuazione; si preveda, infine, che la legge di delegazione europea deve individuare, in ogni caso, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, le norme vigenti da abrogare, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari;
all'articolo 35 - laddove si prevede che, al verificarsi di talune circostanze, vengano adottati, ai fini del recepimento del diritto dell'Unione europea, «provvedimenti urgenti» - sia riformulata la disposizione di cui all'oggetto, nel senso di ripristinare la formulazione contenuta all'articolo

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10 della legge n. 11 del 2005, che consentiva l'adozione di «provvedimenti anche urgenti»;

Il Comitato osserva altresì:

sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
all'articolo 2, comma 5 - laddove affida ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta di altri ministri la disciplina del funzionamento del Comitato interministeriale per gli affari europei - valuti la Commissione l'opportunità di prevedere che la suddetta disciplina sia disposta da un regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988;
all'articolo 3, comma 4 - laddove prevede la tempestiva consultazione e informazione delle Camere «ai fini della predisposizione dei programmi di stabilità e dei programmi nazionali di riforma per l'attuazione in Italia della strategia per la crescita e l'occupazione», valuti la Commissione l'opportunità di coordinare la disposizione richiamata con quanto previsto dall'articolo 2, comma 3, della proposta di legge C. 3921, recante «Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, conseguenti alle nuove regole adottate dall'Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri», approvata dall'Assemblea della Camera lo scorso 9 febbraio ed attualmente all'esame del Senato, che stabilisce che, nell'ambito del DEF, confluiscano i contenuti dello schema del Programma di stabilità e dello schema del programma nazionale di riforma;
all'articolo 14, comma 1 - laddove prevede che le commissioni parlamentari competenti possano procedere, in coerenza con i rispettivi regolamenti, all'audizione dei soggetti indicati al medesimo articolo 14 - valuti la Commissione, al fine di assicurare l'omogeneità delle procedure che si vogliono introdurre con quelle già disciplinate dalla legge per fattispecie analoghe, nonché la loro effettiva esperibilità, l'opportunità di espungere la locuzione «in coerenza con i rispettivi regolamenti», dal momento che attualmente i Regolamenti parlamentari non prevedono tale tipo di audizioni;
all'articolo 15, comma 1, - che incide sull'ambito di applicazione dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 303 del 1999 - dovrebbe valutarsi l'opportunità di riformulare la disposizione in termini di novella al citato decreto legislativo;
all'articolo 16, comma 9 - laddove affida ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta di altri ministri la disciplina del funzionamento del Comitato tecnico permanente - valuti la Commissione l'opportunità di prevedere che la suddetta disciplina sia disposta da un regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988;
all'articolo 22, comma 4, che introduce una deroga implicita a quanto disposto dall'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, valuti la Commissione la congruità di tale deroga o, quanto meno, l'opportunità di indicare la disposizione derogata;
all'articolo 27, comma 6 - laddove si prevede l'applicazione di quanto disposto dall'articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 281 del 1997 - valuti la Commissione l'opportunità di riformulare la disposizione in termini di novella al citato decreto legislativo, al fine di introdurvi il riferimento ai due disegni di legge previsti dall'articolo 27;
all'articolo 29, comma 1 - laddove prevede che, ove i termini previsti per il recepimento delle direttive siano già scaduti o prossimi alla scadenza, i decreti legislativi di recepimento vengano adottati entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea - valuti la Commissione se i termini così fissati siano congrui in relazione alla procedura di adozione dei decreti legislativi, tenuto conto che essa prevede passaggi

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parlamentari ed, in alcuni casi, anche l'acquisizione del parere della Conferenza Stato-regioni, e che, al comma 2 dell'articolo 29, viene espressamente richiamato l'articolo 14 della legge n. 400 del 1988 (secondo cui «il testo del decreto legislativo adottato dal Governo è trasmesso al Presidente della Repubblica, per la emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza»);
all'articolo 37, comma 4 - laddove dispone che, nell'attuazione delle direttive ricadenti nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, le esigenze di carattere unitario possano essere assicurate anche mediante l'indicazione di criteri e la formulazione di direttive da parte del Governo - valuti la Commissione l'opportunità di chiarire lo strumento al quale il Consiglio dei ministri dovrebbe ricorrere;
all'articolo 40, comma 10, che - riproducendo il contenuto dell'articolo 16-bis della legge n. 11 del 2005, ma non anche il disposto della relativa norma di interpretazione autentica (articolo 42-ter del decreto-legge n. 207 del 2008), abrogata dall'articolo 58 del testo unificato in esame - disciplina il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti dei soggetti responsabili di violazioni di disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, valuti la Commissione l'opportunità di esplicitare, come previsto dalla succitata norma di interpretazione autentica, che il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti delle Regioni o di altri enti pubblici si esercita anche per gli oneri finanziari sostenuti dallo Stato per la definizione delle controversie presso la Corte europea dei diritti dell'uomo che si siano concluse con sentenza di radiazione o cancellazione dal ruolo;
all'articolo 44, comma 2 - laddove prevede l'adozione di un regolamento ministeriale ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, al fine di individuare i soggetti tenuti alla restituzione dell'aiuto di Stato di cui abbiano illegittimamente beneficiato, accertare gli importi dovuti e determinare le modalità ed i termini del pagamento - valuti la Commissione l'opportunità di prevedere che il decreto chiamato ad introdurre l'anzidetta disciplina sia di natura non regolamentare;
all'articolo 46, comma 1 - che, nel precisare che i provvedimenti che concedono illegittimamente aiuti di Stato possano essere impugnati innanzi al TAR competente per territorio, incide sull'ambito di applicazione dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 104 del 2010, recante riordino del processo amministrativo - dovrebbe valutarsi l'opportunità di riformulare la disposizione in termini di novella al citato decreto legislativo, anche al fine di preservare i caratteri di unitarietà ed onnicomprensività della disciplina dettata dal decreto legislativo in questione;

sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
all'articolo 8, comma 5 - laddove disciplina gli effetti giuridici di una deliberazione negativa del Parlamento (nei casi indicati all'articolo 48, paragrafo 7, del Trattato sull'Unione europea e all'articolo 81, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione) - valuti la Commissione l'opportunità di chiarire che essa si riferisce alla deliberazione adottata da entrambe le Camere;
all'articolo 19, valuti la Commissione l'opportunità di sopprimere il comma 1, atteso che lo stesso appare privo di una portata normativa autonoma rispetto a quella del successivo comma 2;
all'articolo 22, comma 3, valuti la Commissione l'opportunità di uniformare il sistema di trasmissione delle osservazioni formulate dalle Regioni e dalle Province autonome a quello utilizzato dal comma 1 per la trasmissione degli atti e progetti di atti normativi europei, facendo perno in entrambi i casi sulla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e sulla Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome;

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all'articolo 25, valuti la Commissione l'opportunità di chiarire la portata applicativa dei commi 2 e 3, in quanto - ai fini della nomina dei rappresentanti italiani presso il Comitato delle regioni - dal combinato disposto delle due disposizioni sembrerebbe evincersi che spetti all'organismo rappresentativo dei Presidenti delle Giunte regionali indicare anche i rappresentanti delle Assemblee legislative, senza alcun coinvolgimento dell'organismo rappresentativo di questi ultimi, mentre, tuttavia, il comma 3 assicura «la rappresentanza delle assemblee legislative regionali, nonché la corrispondenza tra ciascun membro titolare e il rispettivo supplente»;
agli articoli 30, comma 1, lettera h), e 49 - laddove prevedono, rispettivamente, che debba essere assicurata la parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto ai cittadini di altri Stati membri dell'Unione europea e che non trovino applicazione nei confronti di cittadini italiani norme o prassi che producono effetti discriminatori rispetto alla condizione e al trattamento di cittadini dell'Unione europea - valuti la Commissione l'opportunità di prevedere che tali disposizioni debbano essere applicate con riferimento ai soli cittadini dell'Unione europea residenti o stabiliti nel territorio nazionale.

Roberto ZACCARIA, presidente, nel condividere la proposta di parere del relatore, ritiene che, con riferimento al caso di specie, potrà essere interessante verificare il tasso di recepimento, da parte della Commissione competente in sede referente, delle condizioni e delle osservazioni formulate dal Comitato.
Le condizioni parlamentari nelle quali si svolge l'esame del provvedimento lasciano ben sperare circa l'accoglienza del parere da parte della Commissione di merito, dal momento che si tratta di un testo condiviso, originato da proposte di legge di iniziativa parlamentare e da un disegno di legge del Governo vertente su analoga materia; non sembrano prefigurarsi elementi ostativi al recepimento dei rilievi del Comitato, evidentemente volti a migliorare la qualità complessiva del testo.
Da ultimo, segnala che, nella riunione della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale del 10 marzo scorso, è stata avanzata alla Presidenza - la quale si è riservata di effettuare i necessari approfondimenti - la richiesta, da parte del prescritto numero dei componenti ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 3, del Regolamento, di sottoporre al parere del Comitato per la legislazione il testo dello schema di decreto recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario (Atto n. 317), attualmente all'esame della Commissione bicamerale. La richiesta è attualmente al vaglio della Presidenza della Camera. Ritiene che, ove la Presidenza della Camera dovesse ritenere di dare un seguito alla richiesta avanzata da parte del prescritto numero dei componenti della Commissione bicamerale, il Comitato avrebbe la possibilità di pronunciarsi su un testo che presenta aspetti di interesse relativamente alle proprie competenze, e segnatamente sotto il profilo del sistema delle fonti del diritto.
In termini più generali, rileva che il Regolamento, mentre all'articolo 16-bis, prescrive che il Comitato debba esprimersi sui progetti di legge recanti disposizioni volte a trasferire alla potestà regolamentare del Governo materie già disciplinate con legge, non reca, invece, un'analoga disposizione per il caso in cui le norme di delegificazione siano contenute in schemi di decreti legislativi, sui quali il Comitato si esprime, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 3, del Regolamento, solo ove la Commissione competente sugli schemi di decreto legislativo in via primaria trasmetta una richiesta in tal senso.

Lino DUILIO e Doris LO MORO concordano con la proposta di parere del relatore.

Il Comitato approva la proposta di parere.

La seduta termina alle 12.15.