CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 8 marzo 2011
449.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 30

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Martedì 8 marzo 2011.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 12.35 alle 12.40.

DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI DEL GOVERNO

Martedì 8 marzo 2011. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Francesco Belsito.

La seduta comincia alle 12.40.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.
Atto n. 317.
(Rilievi alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Anna Maria BERNINI BOVICELLI (PdL), relatore, ricorda che sullo schema di decreto in esame la Conferenza unificata ha espresso l'intesa ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della legge 5 maggio 2009, n. 42, dei cui contenuti si darà conto di seguito.
Premesso quindi che si limiterà ad illustrare le disposizioni di maggior interesse per la I Commissione, ricorda che l'articolo 1 prevede che le disposizioni contenute al Capo I dello schema sono volte ad assicurare l'autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e la conseguente soppressione dei trasferimenti statali. Tale articolo indica anche le fonti di finanziamento delle regioni, chiarendo che il relativo gettito è da considerarsi senza vincolo di destinazione. Quest'ultima precisazione va però coordinata con il disposto dell'articolo 7, comma 1, lettera e), della legge delega, che considera senza vincolo di destinazione solo il gettito dei tributi regionali derivati e le compartecipazioni al gettito dei tributi erariali.
L'articolo 2 interviene sulla disciplina dell'IRPEF e dell'addizionale regionale all'IRPEF prevedendo modifiche a decorrere dall'anno 2012. Però, poiché la disciplina dell'addizionale regionale IRPEF è contenuta anche nell'articolo 5, sarà necessario fare riferimento anche a questo per ottenere un quadro esaustivo dell'imposta in questione. L'articolo 2 stabilisce che la misura dell'aliquota dell'addizionale regionale IRPEF sarà rideterminata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 30 giugno 2011, in modo da garantire la neutralità del gettito complessivo delle regioni a statuto ordinario. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dovrà stabilire, per mantenere inalterato il prelievo fiscale complessivo a carico del contribuente, anche la riduzione delle aliquote IRPEF. La disposizione che rinvia al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri interviene sul sistema delle fonti che attualmente disciplinano l'IRPEF, attribuendo alcune potestà normative, ora regolate da una fonte di rango primario, l'articolo 50 del decreto legislativo n. 446 del 1997, ad una normativa di rango secondario. Inoltre, con il medesimo decreto dovranno essere ridotte le aliquote IRPEF, attualmente disciplinate dal Testo unico delle imposte sui redditi, recante, all'articolo 11, la determinazione degli scaglioni di reddito imponibile e delle relative aliquote IRPEF.
Il quadro delineato dall'articolo 2 va completato con le disposizioni dell'articolo 5, comma 1, che prevede che sino alla rideterminazione effettuata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 2, l'aliquota di base dell'addizionale regionale IRPEF sia fissata in misura pari allo 0,9 per cento; e che le regioni a statuto ordinario possano modificare la predetta aliquota di base dell'addizionale

Pag. 31

regionale IRPEF, ma, se in aumento, in misura non superiore a percentuali specificamente indicate. Queste previsioni rendono opportune ulteriori precisazioni in merito all'interpretazione e alla portata normativa del secondo e del terzo periodo del comma 1 dell'articolo 2. Infatti, se da un lato il secondo periodo sembrerebbe doversi interpretare come una conferma della facoltà attribuita alle regioni dal successivo articolo 5, il testo letterale di tale disposizione recita «all'aliquota così rideterminata si aggiungono» le misure percentuali indicate nel richiamato articolo 5. Non appare quindi chiara la natura - obbligatoria o facoltativa - dell'incremento dell'aliquota dell'addizionale regionale IRPEF applicabile a decorrere dal 2014 e quale sia il reale potere discrezionale attribuito alle regioni.
Per quanto concerne la contestuale riduzione delle aliquote IRPEF assegnata dal terzo periodo del comma 1 dell'articolo 2 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, andrebbe precisato - eventualmente anche al fine di escluderlo espressamente, come appare plausibile - se tale riduzione delle aliquote IRPEF debba operare anche in riferimento agli incrementi dell'addizionale regionale IRPEF previsti, con decorrenza 2014, dal secondo periodo del medesimo comma 1.
L'articolo 3 prevede che a ciascuna regione a statuto ordinario spetta una compartecipazione al gettito dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) e reca disposizioni per determinare la quota IVA che dovrà essere riconosciuta, nel suo complesso, a tutte le regioni a statuto ordinario, stabilendo che per gli anni 2011, 2012 e 2013 continuino ad applicarsi le disposizioni vigenti. Sul piano della formulazione della norma, appare preferibile sostituire il rinvio alla «normativa vigente» con un riferimento più esplicito al decreto legislativo n. 56 del 2000 che disciplina la materia.
A proposito della compartecipazione IVA ricorda che, in sede di esame dello schema di decreto relativo al federalismo municipale (atto n. 292) presso la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo, è stata prevista l'introduzione di una compartecipazione all'IVA in favore dei comuni di ammontare corrispondente al 2 per cento del gettito IRPEF.
A decorrere dal 2014 l'aliquota di compartecipazione è determinata ai sensi di quanto previsto dall'articolo 11 comma 1 e 3 del presente provvedimento, cioè annualmente, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. L'attribuzione a ciascuna regione della quota di compartecipazione spettante è effettuata - con decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza Stato Regioni - sulla base del criterio di territorialità, fondato sul luogo di consumo del bene o servizio oggetto di scambio, con la precisazione che, nel caso delle prestazioni di servizio, il luogo di consumo può essere identificato con quello del domicilio del soggetto fruitore. Tuttavia, dalla disposizione sembrano non emergere né il criterio in base al quale si dovrebbe scegliere nell'alternativa tra i due luoghi, che potrebbero trovarsi in regioni diverse, né la sede competente ad effettuare la scelta.
L'articolo 4 attribuisce alle regioni a statuto ordinario la facoltà di ridurre con legge l'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), fino anche ad azzerarla, nel rispetto della normativa comunitaria e degli orientamenti giurisprudenziali della Corte di giustizia dell'Unione europea, confermando il potere di variazione dell'aliquota già attribuito alle regioni dall'articolo 16, comma 3, del decreto legislativo n. 446 del 1997 in aumento o in diminuzione fino ad un massimo di un punto percentuale, nonché di applicare aliquote differenziate per settori di attività e per categorie di soggetti passivi. Per impedire il trasferimento del «carico tributario dalle imprese ai cittadini»,

Pag. 32

le regioni che hanno deliberato un incremento dell'addizionale regionale IRPEF superiore allo 0,5 per cento non possono disporre la riduzione dell'aliquota IRAP.
In merito all'articolo 5, in buona parte già illustrato, questo introduce ulteriori limiti alla facoltà di maggiorazione dell'addizionale IRPEF sia per evitare che la traslazione del carico fiscale dalle imprese (soggetti passivi IRAP) alle persone fisiche (soggetti passivi dell'addizionale IRPEF) diventi eccessiva; sia per non comportare aggravio del carico fiscale per i titolari di reddito da lavoro dipendente o da pensione, limitatamente a tali redditi ed entro il limite d'importo corrispondente al secondo scaglione di reddito previsto dalla normativa IRPEF, rinviando a decreto non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione delle modalità di attuazione. La disposizione richiama gli scaglioni di reddito senza indicare la normativa di riferimento: perciò, per evitare dubbi interpretativi sarebbe opportuno confermare che tali scaglioni sono quelli indicati nell'articolo 11 del Testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (quindi gli imponibili compresi tra 15.001 e 28.000 euro). Infine, il minor gettito derivante dalla riduzione delle aliquote dell'addizionale regionale all'IRPEF è esclusivamente a carico del bilancio della regione e non comporta alcuna forma di compensazione perequativa.
L'articolo 6, attuando l'articolo 8, comma 1, lettera f) della legge delega, dispone la soppressione di tutti i trasferimenti statali di parte corrente alle regioni a statuto ordinario, a decorrere dal 2012, cioè quelli con carattere di generalità e permanenza e quelli destinati al finanziamento dell'esercizio delle competenze regionali, compresi quelli destinati all'esercizio di funzioni da parte di province e comuni, con esclusione dei trasferimenti del fondo perequativo istituito per compensare le minori entrate del gettito dell'accisa sulle benzine, poi inglobato nel gettito dell'IRAP. I trasferimenti soppressi dovranno essere compensati con le entrate derivanti dall'incremento dell'addizionale IRPEF.
L'articolo 7 prevede la soppressione, a decorrere dal 1o gennaio 2014, di alcuni tributi regionali «minori» e della compartecipazione regionale all'accisa sulla benzina nonché l'attribuzione alle Regioni di tributi propri derivati e delle altre compartecipazioni a tributi erariali secondo le disposizioni normative attualmente vigenti. Il testo in esame, nel sopprimere alcuni tributi regionali cosiddetti «minori», prevede altresì l'abrogazione della relativa disciplina statale. Tale disciplina, però, trova attualmente applicazione sia nel territorio delle Regioni a statuto ordinario, destinatarie delle disposizioni del Capo I del presente schema di decreto, sia nelle Regioni a statuto speciale, per le quali, da un lato, tali tributi risultano operativi e, dall'altro, le norme sul federalismo si applicano solo in parte e secondo specifici principi e criteri direttivi. Perciò, sarebbe opportuno precisare l'ambito applicativo delle disposizioni in commento.
Tale articolo, con il riferimento al successivo articolo 25 e in coerenza con quanto previsto dall'articolo 7, comma 1, lettera b), n. 3) della legge delega sul federalismo fiscale, tiene ferma la facoltà delle Regioni, con legge propria, di istituire tributi regionali e locali avendo riguardo a presupposti non assoggettati a imposizione da parte dello Stato ovvero, con la medesima fonte, di determinare variazioni di aliquote o agevolazioni fiscali applicabili da Comuni e Province. Qualora la Regione non si avvalga della predetta facoltà, essa provvede all'onere derivante dall'abolizione dei suddetti tributi mediante riduzione di spese ovvero con il gettito derivante dall'eventuale incremento dell'addizionale regionale all'IRPEF, ai sensi dell'articolo 5 già illustrato.
L'articolo 8 prevede che ciascuna regione a statuto ordinario sopprima, a decorrere dal 2013, i trasferimenti regionali di parte corrente diretti al finanziamento delle spese dei comuni, come previsto dall'articolo 11, comma 1, lettera e) della legge delega. Di essi è prevista la

Pag. 33

sostituzione, a decorrere dal medesimo anno, con una compartecipazione al gettito dell'addizionale regionale all'IRPEF, di cui all'articolo 5, determinata da ciascuna regione con atto amministrativo, d'intesa con i comuni del proprio territorio, in misura tale da assicurare un importo corrispondente ai trasferimenti regionali soppressi.
La misura della compartecipazione può essere successivamente adeguata con atto amministrativo, d'intesa con i comuni del territorio, in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti regionali suscettibili di soppressione. La disposizione in esame affida ad un atto amministrativo l'istituzione della compartecipazione, ancorché nel limite quantitativo dato dalla previsione legislativa di assicurare un importo corrispondente ai trasferimenti regionali soppressi, nonché la manovrabilità dell'aliquota di compartecipazione, con possibilità di adeguarla sulla base delle disposizioni legislative regionali sopravvenute che interessano le funzioni dei comuni, ovvero di incrementarla nella misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti regionali suscettibili di soppressione.
Se la regione non ottempera alle descritte disposizioni e non provvede a decorrere dal 2013 alla determinazione della compartecipazione, si prevede l'esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato, ai sensi dell'articolo 120, comma secondo, della Costituzione.
L'articolo in esame prevede l'istituzione da parte di ciascuna regione di un Fondo sperimentale regionale di riequilibrio, alimentato con le entrate derivanti dalla compartecipazione comunale al gettito della addizionale regionale all'IRPEF istituita dal comma 2, a decorrere dall'anno 2013. Tuttavia, tale comma non precisa le modalità e la data di istituzione del Fondo sperimentale regionale di riequilibrio né il periodo di durata del medesimo. La norma demanda inoltre alla regione la definizione delle modalità di riparto del Fondo. Ogni regione stabilisce, previo accordo con i comuni (presumibilmente quelli ricadenti nel territorio regionale), le modalità di riparto del Fondo nonché le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute al singolo comune in cui si sono verificati i presupposti di imposta, ma non è specificato se l'accordo preventivo sia vincolante e se, in mancanza di esso, la regione possa comunque procedere al riparto del Fondo.
Con gli articoli 9 e 10, rispettivamente, è affermata l'esclusiva competenza statale nella definizione delle procedure per la determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni, restando tali fino a nuova determinazione quelli già fissati dalla legislazione statale vigente; e sono indicate le spese regionali considerate ai fini del nuovo sistema di finanziamento delle funzioni.
L'articolo 11 disciplina la fase a regime, a decorrere dal 2014, del nuovo sistema di finanziamento delle regioni, elencandone le fonti e disciplinando il fondo perequativo, in conformità ai principi stabiliti dalla legge di delega. Per la valutazione del gettito dell'addizionale IRPEF a fini di perequazione si rinvia a modalità stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni: per l'emanazione del decreto non è previsto alcun termine. Nessun termine inoltre è previsto per l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di definizione della compartecipazione all'IVA per assicurare il pieno finanziamento del fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni.
Il fondo perequativo è alimentato da «una compartecipazione» all'IVA tale da assicurare la copertura integrale di tutte le spese relative ai livelli essenziali delle prestazioni (articolo 9, lettera a) della legge delega) individuate dall'articolo 10 nelle spese per la sanità, l'assistenza sociale, l'istruzione scolastica e il trasporto pubblico locale (limitatamente alle spese in conto capitale). È previsto un regime transitorio le cui modalità sono rinviate ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per i

Pag. 34

rapporti con le regioni, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni, per la cui adozione non è stabilito alcun termine. Mentre per la sanità si specifica che la spesa coincide con il fabbisogno standard definito dal successivo articolo 21, per le spese relative agli altri settori - assistenza sociale, istruzione, trasporto pubblico locale - la norma non fornisce alcuna indicazione sulle modalità e sui tempi per la determinazione dei costi standard.
Poiché tale articolo prevede che nella regione presa a campione ai fini della determinazione dell'aliquota della compartecipazione all'IVA, nel caso in cui l'effettivo gettito dei tributi sia inferiore al dato previsionale, è comunque garantita la copertura della differenza certificata (escluso il gettito derivante dalla lotta contro l'evasione e l'elusione fiscale) e se il gettito dei tributi è superiore al dato previsionale, la differenza certificata è acquisita al bilancio dello Stato, sarebbe opportuno precisare la disciplina applicabile nelle altre regioni nel caso in cui l'effettivo gettito dei tributi risulti inferiore ovvero superiore al dato previsionale.
Vi sono poi disposizioni (commi 7 e 8) che disciplinano la parte del fondo perequativo destinata alle spese non attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni, alimentata dal gettito dell'addizionale all'IRPEF, con lo scopo di ridurre le differenze tra le regioni con diversa capacità fiscale. Al riguardo, si presume che il gettito nazionale per abitante debba intendersi determinato con riferimento al gettito delle sole regioni a statuto ordinario, escludendo quindi quello delle regioni a statuto speciale.
Sulle modalità della perequazione la norma riprende i criteri direttivi indicati dalla legge delega e rinvia la definizione della disciplina ad un decreto di natura non regolamentare del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni (comma 8, terzo periodo), del quale non è stabilito il termine di emanazione.
Il decreto di natura non regolamentare dovrà stabilire, inoltre, in riferimento al criterio demografico, il limite di popolazione al di sotto del quale la quota perequativa è incrementata in ragione inversa alla dimensione demografica (comma 7, lettere c) e d)). Ricorda che ai sensi dell'articolo 9, comma 1, lettera g), n. 3, della legge delega, il limite di popolazione dovrebbe essere stabilito dal legislatore delegato, attraverso i decreti delegati di attuazione.
Il Capo II riguarda l'autonomia di entrata delle Province delle Regioni a statuto ordinario. In particolare l'articolo 12 individua specifiche fonti di finanziamento del complesso delle spese delle Province medesime e precisa che il gettito derivante da tali fonti è senza vincolo di destinazione. È opportuno precisare che l'articolo 11, comma 1, lettera f), della legge delega considera senza vincolo di destinazione soltanto il gettito delle compartecipazioni a tributi erariali e regionali.
L'articolo 13 stabilisce i tributi propri connessi al trasporto su gomma.
L'articolo 14 dispone dal 2012 la soppressione dei trasferimenti statali aventi carattere di generalità e permanenza e la soppressione dell'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica con attribuzione del relativo gettito allo Stato. A tal fine, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze è rideterminata l'aliquota dell'accisa sull'energia elettrica, in modo da assicurare l'equivalenza del gettito. Tale previsione, contenuta nel comma 7, assegna a un provvedimento di rango secondario la determinazione del quantum di accisa (sotto forma di potere di modificare le aliquote) dovuta per l'energia elettrica con l'esplicita ed esclusiva finalità di assicurare «l'equivalenza del gettito», il cui ammontare non è quantificato, né riferito ad uno specifico lasso temporale.
Tale articolo inoltre assegna una compartecipazione all'accisa sulla benzina, in misura determinata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, per la cui emanazione non è previsto alcun termine. La riduzione dei trasferimenti erariali avviene contestualmente all'attribuzione

Pag. 35

alle province della compartecipazione all'accisa sulla benzina, delineandosi in tal modo, ad opera della norma in esame, un nuovo meccanismo di finanziamento dei bilanci provinciali sostitutivo, a regime, di quello attuale basato prevalentemente sui trasferimenti. In tale meccanismo però non sembrano disciplinati i profili temporali secondo i quali avviene l'acquisizione delle risorse da parte delle province rispetto al vecchio sistema dei trasferimenti erariali.
A seguito della soppressione dell'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze è rideterminata l'aliquota dell'accisa sull'energia elettrica, in modo da assicurare l'equivalenza del gettito. Va però osservato che tale previsione affida a un provvedimento di rango secondario la determinazione del quantum di accisa (sotto forma di potere di modificare le aliquote) dovuta per l'energia elettrica con l'esplicita ed esclusiva finalità di assicurare «l'equivalenza del gettito», il cui ammontare non è quantificato, né riferito ad uno specifico lasso temporale.
È confermata, limitatamente all'anno 2011, la compartecipazione delle province al gettito dell'IRPEF, disciplinata ai sensi dell'articolo 31, comma 8, della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002).
L'articolo 15 dispone, a decorrere dal 2013, la soppressione dei trasferimenti dalle Regioni a statuto ordinario alle province dei rispettivi territori e l'istituzione con atto amministrativo regionale di una compartecipazione provinciale alla tassa automobilistica. È previsto un meccanismo di adeguamento dell'aliquota di compartecipazione con atto amministrativo regionale legato alle funzioni attribuite dalle Regioni alle Province e all'eventuale soppressione di ulteriori trasferimenti regionali in favore dei predetti enti locali. Occorre pertanto notare che le disposizioni in esame affidano ad un atto amministrativo l'istituzione della compartecipazione, sia pure nel limite quantitativo dato dalla previsione legislativa di «assicurare un importo corrispondente ai trasferimenti regionali soppressi». Alla medesima fonte viene affidata la manovrabilità dell'aliquota della suddetta compartecipazione, con possibilità di adeguarla «sulla base delle disposizioni legislative regionali sopravvenute che interessano le funzioni delle Province», nonché la facoltà di incrementarla nella misura corrispondente alla «individuazione di ulteriori trasferimenti regionali suscettibili di riduzione». Inoltre, la modificabilità dell'aliquota - che si concreta nella rideterminazione del quantum dell'obbligazione tributaria - viene connessa, dalla disposizione in esame, alla soppressione di trasferimenti il cui ammontare non è quantificato dalla norma, ovvero a un riferimento a «disposizioni legislative regionali sopravvenute che interessano le funzioni delle Province».
È poi richiamato espressamente l'esercizio del potere sostitutivo dello Stato in caso di mancata fissazione entro il 30 novembre 2012, da parte delle Regioni, della misura della compartecipazione alla tassa automobilistica.
L'articolo in commento prevede, senza indicare però riferimenti temporali, né criteri per il riparto, l'istituzione da parte di ciascuna regione di un Fondo sperimentale regionale di riequilibrio, alimentato con le entrate derivanti dalla compartecipazione provinciale alla tassa automobilistica sugli autoveicoli spettante alla regione, a decorrere dall'anno 2013. Ciascuna regione stabilisce, previo accordo con le province, le modalità di riparto del Fondo nonché le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute alla singola provincia in cui si sono verificati i presupposti di imposta.
L'articolo 16 dispone in tema di tributi propri derivati e l'articolo 17 prevede l'istituzione, a decorrere dall'anno 2012, di un Fondo sperimentale di riequilibrio, alimentato con le entrate derivanti dalla compartecipazione provinciale all'accisa sulla benzina prevista dal già citato articolo 14. Le modalità di riparto del Fondo sono definite con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare

Pag. 36

previo accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Non viene specificata la natura e la valenza dell'accordo preventivo da realizzare in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, al fine di chiarire se, in mancanza dello stesso, si possa comunque procedere all'adozione del predetto decreto, per la quale non è previsto alcun termine.
In merito ai meccanismi di funzionamento del Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale, e, più in particolare, ai criteri di riparto tra gli enti delle somme che in esso affluiscono, si rileva, più in generale, l'esigenza di valutare il meccanismo transitorio di finanziamento e perequazione, previsto dall'articolo in esame, alla luce dei principi e criteri direttivi di delega formulati dall'articolo 21 della legge n. 42 del 2009, che disciplinano espressamente la fase transitoria nel passaggio dalla spesa storica ai fabbisogni standard per il finanziamento degli enti locali, non esplicitamente richiamato dall'articolo in esame. Occorre poi ricordare che, ai sensi del relativo decreto legislativo (decreto legislativo n. 216 del 2010), la determinazione dei fabbisogni standard avverrà secondo un processo graduale, diretto a garantirne l'entrata a regime, con riferimento al complesso delle funzioni, nel 2016. Con riferimento specifico alla determinazione, nella fase transitoria, dei fondi perequativi di comuni e province, si rammenta che l'articolo 21, comma 1, lettera d), della legge delega, prevede che tali fondi siano quantificati, per ciascun livello di governo, in misura pari alla differenza tra i trasferimenti statali soppressi e le maggiori entrate spettanti a comuni e province in sostituzione di tali trasferimenti, tenendo conto del principio del graduale superamento del criterio della spesa storica in favore del fabbisogno standard e della capacità fiscale in base alla tipologia di funzioni da finanziare.
Ricorda, inoltre, che nella fase transitoria, l'articolo 21, comma 1, lettera e), prevede che il finanziamento delle spese degli enti locali debba essere effettuato assumendo l'ipotesi che l'80 per cento delle spese sia considerato come riconducibile alle funzioni fondamentali e che il residuo 20 per cento si riferisca alle funzioni non fondamentali. In proposito, posto che la disposizione in esame non reca un esplicito richiamo all'articolo 21 della legge delega, andrebbe chiarito se le percentuali di finanziamento delle spese degli enti locali siano riferibili anche al riparto delle risorse del Fondo sperimentale di riequilibrio previsto dallo schema di decreto. In tale ipotesi, soltanto l'80 per cento del Fondo dovrebbe essere ripartito tra gli enti ai fini del finanziamento delle spese fondamentali tenendo conto della transizione verso i fabbisogni standard, mentre il restante 20 per cento dell'importo del Fondo potrebbe essere ripartito tenendo conto della transizione verso i principi della capacità fiscale.
L'articolo 18 conferma le disposizioni già stabilite dall'articolo 21, comma 4, della legge di delega, stabilendo che, nella fase transitoria, ai fini del nuovo sistema di finanziamento delle funzioni sulla base del criterio del fabbisogno standard, come previsto dalla legge sul federalismo fiscale (legge n. 42 del 2009), si considerano le spese relative alle funzioni fondamentali delle province come individuate dal citato comma, ossia le funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, nella misura complessiva del 70 per cento delle spese come certificate dall'ultimo conto del bilancio disponibile alla data di entrata in vigore della legge in esame; le funzioni di istruzione pubblica, ivi compresa l'edilizia scolastica; le funzioni nel campo dei trasporti; le funzioni riguardanti la gestione del territorio; le funzioni nel campo della tutela ambientale; e le funzioni nel campo dello sviluppo economico relative ai servizi del mercato del lavoro. La disciplina ha natura temporanea: l'assetto a regime della materia presuppone sia la definizione delle funzioni fondamentali delle province, sia l'individuazione dei fabbisogni standard delle funzioni fondamentali secondo le modalità disciplinate dal decreto legislativo n. 216 del 2010. Va ricordato che per la definizione delle funzioni fondamentali, la Commissione

Pag. 37

aveva esaminato il disegno di legge recante la cosiddetta «Carta delle autonomie locali», approvato in prima lettura dalla Camera (C. 3118) ed ora all'esame del Senato (S. 2259).
L'articolo 19 disciplina il Fondo perequativo per le province e i comuni, previsto dall'articolo 13 della legge n. 42 del 2009. Lo scopo è il finanziamento delle spese dei comuni e delle province, successivamente alla determinazione dei fabbisogni standard collegati alle spese per le funzioni fondamentali, a decorrere dall'anno 2016. La definizione dei meccanismi perequativi è strettamente dipendente dalla determinazione dei fabbisogni standard. Il decreto legislativo relativo a tale determinazione (decreto legislativo n. 216 del 2010) prevede un percorso graduale di transizione verso l'integrale finanziamento dei fabbisogni standard che giunge al nuovo assetto finanziario entro il 2016.
Le modalità di alimentazione e di riparto del fondo sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la cui adozione non è stabilito alcun termine, su proposta del Ministro per i rapporti con le Regioni e del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo sancito in sede di Conferenza unificata Stato-Città ed autonomie locali. Quindi, la definizione delle modalità di alimentazione e di riparto del Fondo perequativo statale è demandata ad una fonte di rango secondario, senza specificare la valenza dell'accordo preventivo da realizzare in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali e senza chiarire se, in mancanza dello stesso, si possa comunque procedere all'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Tale articolo non reca le disposizioni rimesse dal citato articolo 13 ai decreti di attuazione della delega: il comma 1, lettera a) dell'articolo 13 prevede che il fondo sia alimentato con le risorse provenienti dalla fiscalità generale, e che la dimensione del fondo stesso sia determinata, con riguardo all'esercizio delle funzioni fondamentali, per ogni tipologia di ente, in misura pari alla differenza tra il totale dei fabbisogni standard per le funzioni fondamentali e il totale delle entrate standardizzate spettanti ai comuni e alle province.
L'articolo 19 prevede poi che ciascuna Regione a Statuto ordinario istituisca nel proprio bilancio due fondi, uno a favore dei comuni, l'altro a favore delle province, alimentati dal fondo perequativo, in conformità all'articolo 13 della legge delega, del quale però non risulta attuata la previsione che dispone che il decreto legislativo attuativo del sistema perequativo per gli enti locali rechi la definizione delle modalità con cui si procede periodicamente all'aggiornamento dell'entità dei fondi perequativi e alla ridefinizione delle relative fonti di finanziamento. I criteri per la ripartizione del Fondo perequativo tra i singoli enti per le funzioni fondamentali e per le altre funzioni si limitano a ribadire quanto già previsto, in proposito, dall'articolo 13 della legge delega.
È poi previsto un rinvio al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri anche per l'individuazione delle soglie di minor popolazione dei comuni ai fini di una disciplina specifica dei criteri di riparto per tali comuni. Tale previsione va valutata alla luce dell'articolo 13, comma 1, lettera f) della legge n. 42, in base al quale la soglia relativa agli enti con minore popolazione dovrebbe essere individuata in sede di esercizio della delega.
Infine, l'ultimo comma dell'articolo 19 rinvia ad un ulteriore decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del ministro dell'economia, la definizione delle modalità applicative «del presente articolo». Non sembra però chiaro quale sia l'ambito su cui tale atto dovrà intervenire, considerato che già il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sopra richiamato, adottato previo accordo sancito in sede di Conferenza unificata a differenza dell'atto in questione, dovrebbe coprire l'area applicativa dell'articolo in esame.
Il capo IV riguarda i costi e i fabbisogni standard nel settore sanitario. Su questo tema gli articoli 20-24 delineano un percorso

Pag. 38

decorrente dal 2013 che dovrebbe condurre ad un assetto a regime dopo una fase transitoria. Tuttavia, sembra opportuno un chiarimento in merito alla possibilità e alla misura, nella fase transitoria, di una variazione delle risorse assegnate alle singole regioni; e al coordinamento del percorso di convergenza verso la fase a regime con i Piani di rientro di alcune regioni. L'ultimo comma dell'articolo 24 prevede l'emanazione di un decreto legislativo «integrativo» per la determinazione dei «costi standard delle materie diverse dalla sanità, associati ai livelli essenziali delle prestazioni fissati dalla legge statale e sono conseguentemente distinte le fonti di finanziamento in relazione a quanto previsto dai commi 1 e 2 dell'articolo 10». La definizione di tale decreto come integrativo si ritiene non possa avere portata diversa dalla mera indicazione del completamento dell'attuazione della delega di cui alla legge n. 42 del 2009 con ulteriore atto da adottare nel termine da questa previsto. Per quanto riguarda il tema dei livelli essenziali, va ricordato poi che essi sono stati, sino ad oggi, definiti, esclusivamente, in ambito sanitario, mancando, invece, la disciplina statale riguardante i livelli essenziali per l'assistenza sociale.
L'articolo 25, sostanzialmente ripete principi di delega previsti dalla legge n. 42 (articolo 2, comma 2, lettera q)) in merito ai seguenti poteri legislativi delle regioni, specificando che possono essere esercitati solo dal 2013: istituzione di tributi regionali e locali con riguardo ai presupposti non assoggettati ad imposizione da parte dello Stato, in ossequio al principio del divieto di doppia imposizione; determinazione delle variazioni delle aliquote o delle agevolazioni che comuni e province possono applicare nell'esercizio della propria autonomia con riferimento ai tributi locali istituti con legge regionale.
L'articolo 26 dispone, infine, sul monitoraggio degli effetti finanziari del provvedimento e l'articolo 27 sulla sua neutralità finanziaria.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.10.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Martedì 8 marzo 2011. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 14.40.

Incentivi per favorire, nelle regioni dell'arco alpino, il reclutamento di militari volontari nei reparti delle truppe alpine.
Emendamenti C. 607-1897-A ed abb.
(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

Isabella BERTOLINI, presidente e relatore, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, nonché al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, in materia di remissione tacita della querela.
Nuovo testo C. 1640 Contento.

(Parere alla II Commissione).
(Seguito dell'esame e rinvio).

Il Comitato prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 9 febbraio 2011.

Pag. 39

Isabella BERTOLINI, presidente e relatore, propone di rinviare l'espressione del parere sul provvedimento in titolo alla seduta di domani, al fine di poter disporre di altro tempo per svolgere i necessari approfondimenti sul testo.

Il Comitato concorda.

Isabella BERTOLINI, presidente, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Istituzione della Soprintendenza del mare e delle acque interne e organizzazione del settore del patrimonio storico-culturale sommerso nell'ambito del Ministero per i beni e le attività culturali.
Nuovo testo C. 2302 Granata.
(Parere alla VII Commissione).
(Seguito dell'esame e rinvio).

Il Comitato prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 16 febbraio 2011.

Isabella BERTOLINI, presidente e relatore, ricorda che il problema del testo in esame è rappresentato dal fatto che interviene con norma di legge in una materia, quella dell'organizzazione interna di un ministero, che è delegificata.

Alessandro NACCARATO (PD) ritiene che, se si vuole mantenere ferma la delegificazione dell'organizzazione interna dei ministeri, la Commissione non abbia altra soluzione che approvare un parere contrario sul provvedimento.

Pierluigi MANTINI (UdC) concorda con le osservazioni del deputato Naccarato.

Isabella BERTOLINI, presidente e relatore, si riserva di presentare una proposta di parere nella giornata di domani. Quindi, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Albania, aggiuntivo alla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957 ed alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959, ed inteso a facilitarne l'applicazione, fatto a Tirana il 3 dicembre 2007, con Scambio di Note effettuato a Tirana il 18 e 19 settembre 2008.
C. 4024 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Isabella BERTOLINI, presidente, in sostituzione dell'onorevole Lo Moro, impossibilitata a partecipare alla seduta odierna, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale e scientifica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Panama, firmato a Roma il 2 maggio 2007.
C. 4040 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Isabella BERTOLINI, presidente, in sostituzione dell'onorevole Lo Moro, impossibilitata a partecipare alla seduta odierna, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

Pag. 40

Modifiche alla legge 3 febbraio 1963, n. 69, in materia di ordinamento della professione di giornalista.
Nuovo testo C. 2393 Pisicchio.

(Parere alla VII Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con osservazioni).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Giorgio Clelio STRACQUADANIO (PdL), relatore, dopo aver brevemente illustrato il provvedimento, formula una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato 3).

Pierluigi MANTINI (UdC) condivide la proposta di parere del relatore.

Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 14.55.

AVVERTENZA

Il seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Modifica delle circoscrizioni territoriali dei comuni di Torre Pallavicina e di Soncino nonché delle province di Bergamo e Cremona.
C. 1320 Gregorio Fontana.

Disposizioni concernenti lo svolgimento di servizi di vigilanza privata per la protezione delle navi mercantili italiane in alto mare contro gli atti di pirateria.
C. 3321 Scandroglio e C. 3406 Gregorio Fontana.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle modalità di controllo delle attività di Europol da parte del Parlamento europeo in associazione con i parlamenti nazionali.
COM(2010)776 definitivo.

COMITATO RISTRETTO

Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, in materia di soppressione delle province.
Testo base C. 1990 cost. Donadi, C. 1836 cost. Scandroglio, C. 1989 cost. Casini, C. 2264 cost. Pisicchio e C. 2579 cost. Vassallo.