CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 9 febbraio 2011
436.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Agricoltura (XIII)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 9 febbraio 2011. - Presidenza del presidente Paolo RUSSO.

La seduta comincia alle 14.10.

Disposizioni per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni.
Nuovo testo C. 54 Realacci.

(Parere alle Commissioni riunite V e VIII).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del nuovo testo della proposta di legge, trasmesso dalle Commissioni di merito.

Gaetano NASTRI (PdL), relatore, osserva che il progetto di legge in esame - sostenuto trasversalmente dalle diverse parti politiche - è rivolto a promuovere le attività economiche, sociali, ambientali e culturali svolte nell'ambito territoriale dei piccoli comuni. Esso si inserisce in una cornice di riforme che stanno interessando i rapporti tra lo Stato e gli enti territoriali, come quelle relative al federalismo fiscale e al codice delle autonomie. Nel merito richiama l'attenzione sulle disposizioni dirette a snellire le attività degli uffici pubblici nei piccoli comuni e a rendere più semplice la vita dei cittadini e delle aziende che in essi vivono e operano, nonché sulle disposizioni volte a favorire e incentivare le forme di associazione e di aggregazione fra comuni.
Analizzando sinteticamente il testo risultante dagli emendamenti approvati in sede referente dalle Commissioni riunite V e VIII, si sofferma sulle parti di competenza della Commissione Agricoltura e, in particolare, sull'articolo 5, che detta norme per la valorizzazione nei piccoli comuni dei prodotti agroalimentari tradizionali o tipici che presentino particolari legami con il territorio.
Tale articolo, al comma 1, prevede che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sentite le associazioni rappresentative degli enti locali e le organizzazioni maggiormente rappresentative

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delle categorie produttive interessate, adotti iniziative, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, volte a favorire la promozione e la commercializzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali, che utilizzano in particolare prodotti primari tipici locali dei piccoli comuni, definiti all'articolo 2, anche associati.
Il successivo comma 2, precisa che i comuni di cui all'articolo 2 possono indicare nella cartellonistica ufficiale i rispettivi prodotti agroalimentari tipici o locali, preceduti dalla dicitura: «Territorio di produzione del ...» posta sotto il nome del comune e scritta in caratteri minori rispetto a quelli di quest'ultimo.
Il comma 3, infine, stabilisce che per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali, per la promozione delle vocazioni produttive del territorio e la tutela delle produzioni di qualità e delle tradizioni alimentari e culturali locali, nonché per la salvaguardia, l'incremento e la valorizzazione della fauna selvatica locale, nonché per il sostegno della promozione e della commercializzazione dei prodotti in forma coordinata tra le imprese agricole e le imprese di produzione agroalimentare, i comuni di cui all'articolo 2, singoli o associati, possono stipulare contratti di collaborazione con gli imprenditori agricoli ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228. Tale ultima disposizione prevede che i contratti di collaborazione possano essere conclusi tra le pubbliche amministrazioni e gli imprenditori agricoli, anche su richiesta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, per la promozione delle vocazioni produttive del territorio e la tutela delle produzioni di qualità e delle tradizioni alimentari locali. I contratti di collaborazione sono destinati ad assicurare il sostegno e lo sviluppo dell'imprenditoria agricola locale, anche attraverso la valorizzazione delle peculiarità dei prodotti tipici, biologici e di qualità, anche tenendo conto dei distretti agroalimentari, rurali e ittici. Al fine di assicurare un'adeguata informazione ai consumatori e di consentire la conoscenza della provenienza della materia prima e della peculiarità delle produzioni, le pubbliche amministrazioni, nel rispetto degli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all'agricoltura, possono inoltre concludere contratti di promozione con gli imprenditori agricoli che si impegnino nell'esercizio dell'attività di impresa ad assicurare la tutela delle risorse naturali, della biodiversità, del patrimonio culturale e del paesaggio agrario e forestale.
Evidenzia inoltre che le disposizioni previste dall'articolo 5 si inseriscono positivamente in un quadro generale di politiche più volte delineate e sostenute dal Governo Berlusconi e in particolare dal Ministro Galan, ovvero quelle relative al tema della tutela dei consumatori e della difesa delle produzioni italiane attraverso la valorizzazione dei prodotti agroalimentari del made in Italy. Cita, in proposito, le recenti norme approvate in materia di etichettatura di origine e di tracciabilità dei prodotti alimentari.
In definitiva, con l'auspicio che sul provvedimento si possano realizzare ampie convergenze tra maggioranza ed opposizione, nell'interesse dei piccoli comuni e della tutela del territorio nazionale, preannuncia che si orienta a proporre l'espressione di un parere favorevole, riservandosi in ogni caso di formulare la sua proposta all'esito del dibattito.

Paolo RUSSO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Legge comunitaria 2010.
C. 4059 Governo - approvato dal Senato.

(Relazione alla XIV Commissione).
Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2009.
Doc. LXXXVII, n. 3.

(Parere alla XIV Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti in titolo.

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Paolo RUSSO, presidente, ricorda che il termine per la conclusione dell'esame da parte delle Commissioni competenti in sede consultiva scade il prossimo 22 febbraio 2011.
Ricorda quindi che la trattazione dei due provvedimenti ha luogo congiuntamente fino al termine dell'esame preliminare. Successivamente, si procederà prima all'esame del disegno di legge comunitaria, con la votazione degli emendamenti eventualmente presentati e della relazione al disegno di legge medesimo, poi all'espressione del parere sulla relazione annuale.
Ricorda altresì che la disciplina dell'esame del disegno di legge comunitaria dettata dal regolamento della Camera prevede che le Commissioni di settore possano esaminare ed eventualmente approvare emendamenti. Gli emendamenti approvati dalle Commissioni di settore sono quindi esaminati dalla XIV Commissione Politiche dell'Unione europea, che può respingerli per motivi di compatibilità con la normativa comunitaria o per esigenze di coordinamento generale.
La facoltà per le Commissioni di settore di esaminare e votare emendamenti è peraltro sottoposta a regole rigorose.
In primo luogo, possono ritenersi ricevibili solo gli emendamenti il cui contenuto è riconducibile alle materie di competenza specifica di ciascuna Commissione di settore. Nel caso in cui membri della Commissione intendano proporre emendamenti che interessano gli ambiti di competenza di altre Commissioni, tali emendamenti dovranno essere presentati presso la Commissione specificamente competente.
In secondo luogo, per quanto riguarda l'ammissibilità, ricorda che l'articolo 126-ter, comma 4, del regolamento stabilisce che, fermi i criteri generali di ammissibilità previsti dall'articolo 89, i presidenti delle Commissioni competenti per materia e il presidente della Commissione Politiche dell'Unione europea dichiarano inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che riguardino materie estranee all'oggetto proprio della legge comunitaria, come definito dalla legislazione vigente, ed in particolare dall'articolo 9 della legge n. 11 del 2005.
Saranno pertanto considerati ammissibili gli emendamenti volti a dare attuazione a direttive comunitarie che non sono state ancora recepite ovvero a modificare o abrogare disposizioni vigenti che sono oggetto di procedure di infrazione, perché in contrasto con la normativa comunitaria.
Saranno invece considerati inammissibili per estraneità al contenuto proprio della legge comunitaria gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi recanti modifiche di discipline vigenti per le quali non si presentino profili di incompatibilità con la normativa comunitaria. Pertanto, sono da ritenersi inammissibili anche gli emendamenti che modificano disposizioni attuative di direttive comunitarie (sia pure previste da precedenti leggi comunitarie) che non siano incluse nel disegno di legge in esame, salvo che gli emendamenti siano riferiti a norme oggetto di procedure di infrazione avviate dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia.
Gli emendamenti approvati dalle singole Commissioni non saranno inclusi automaticamente nel testo base da licenziare per l'Assemblea; sarà invece necessaria la loro approvazione da parte della XIV Commissione, che, peraltro, potrà respingerli solo per motivi di compatibilità con la normativa comunitaria o per esigenze di coordinamento generale, secondo quanto prescrive l'articolo 126-ter, comma 5, del regolamento.
In ogni caso, i deputati hanno facoltà di presentare emendamenti direttamente presso la XIV Commissione, entro i termini che saranno stabiliti da quest'ultima.
Gli emendamenti respinti dalle Commissioni di settore, invece, non potranno essere presentati presso la XIV Commissione, che li considererà irricevibili. Gli emendamenti respinti dalle Commissioni potranno, peraltro, essere ripresentati in Assemblea.
Per quanto riguarda gli emendamenti presentati direttamente presso la XIV Commissione, questi saranno successivamente

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trasmessi alle competenti Commissioni di settore per l'acquisizione dei pareri.
Invita quindi il relatore a svolgere la relazione introduttiva.

Isidoro GOTTARDO (PdL), relatore, ricorda che il disegno di legge comunitaria 2010 - largamente modificato dal Senato - è composto da 18 articoli, suddivisi in due capi, nonché di due allegati (A e B), che elencano le direttive da recepire mediante decreti legislativi (recanti rispettivamente 4 e 26 direttive).
Il disegno di legge interviene in diversi settori, ora delegando il Governo all'adeguamento dell'ordinamento nazionale mediante l'adozione di decreti legislativi, ora modificando direttamente la legislazione vigente per assicurarne la conformità all'ordinamento comunitario.
La relazione illustrativa al disegno di legge presentato al Senato (S. 2322) reca altresì l'elenco delle direttive da attuare in via amministrativa e dei provvedimenti assunti a livello regionale per il recepimento e l'attuazione degli atti comunitari nelle materie di competenza delle regioni e delle province autonome. La medesima relazione contiene inoltre le seguenti informazioni: i dati sullo stato di conformità dell'ordinamento interno al diritto comunitario e sullo stato delle eventuali procedure di infrazione, dando conto, in particolare, della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee relativa alle eventuali inadempienze e violazioni degli obblighi comunitari da parte della Repubblica italiana; l'elenco delle direttive attuate o da attuare in via amministrativa; l'indicazione dell'eventuale omissione dell'inserimento di direttive il cui termine di recepimento sia scaduto o scada nel periodo di riferimento, in relazione ai tempi previsti per l'esercizio della delega legislativa, quindi entro il 31 dicembre 2009; l'elenco delle direttive attuate con regolamento, ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 11 del 2005, nonché gli estremi degli eventuali regolamenti d'attuazione già adottati; l'elenco degli atti normativi regionali e delle province autonome attuativi delle direttive comunitarie, anche con riferimento alle leggi annuali di recepimento eventualmente approvate dalle regioni o dalle province autonome.
Per quanto attiene alle misure che attengono più direttamente l'interesse della Commissione Agricoltura, va segnalato l'articolo 18, inserito nel corso dell'esame in Senato, che è volto ad adeguare la normativa nazionale alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 29 ottobre 2009, resa nella causa C-249/08, avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell'articolo 226 CE, proposto il 5 giugno 2008, dalla Commissione europea contro la Repubblica italiana.
In tale sentenza, la Corte di giustizia ha stabilito che la Repubblica italiana è venuta meno ad una serie di obblighi di cui all'articolo 1, numero 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 23 luglio 1987, n. 2241, che istituisce alcune misure di controllo delle attività di pesca, e degli articoli 2, numero 1, e 31, numeri 1 e 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1993, n. 2847, che istituisce un regime di controllo applicabile nell'ambito della politica comune della pesca.
Secondo la sentenza, infatti, l'Italia non avrebbe provveduto a controllare, ispezionare e sorvegliare in modo adeguato, sul proprio territorio e nelle acque marittime soggette alla propria sovranità o giurisdizione, l'esercizio della pesca (segnatamente per quanto riguarda il rispetto delle disposizioni che disciplinano la detenzione a bordo e l'impiego delle reti da posta derivanti), e non avrebbe provveduto in misura sufficiente a che fossero adottati adeguati provvedimenti nei confronti dei responsabili delle infrazioni alla normativa comunitaria in materia di detenzione a bordo e di utilizzo di reti da posta derivanti, in particolare con l'applicazione di sanzioni dissuasive contro tali soggetti.
L'articolo 1 del regolamento n. 2847 del 1993 prevede che gli Stati membri adottino provvedimenti atti a garantire l'efficacia del regime comunitario di conservazione e di gestione delle risorse in materia di pesca. Gli Stati membri sono

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tenuti, segnatamente, a garantire il rispetto della normativa comunitaria che vieta la detenzione a bordo di reti da posta derivanti di lunghezza individuale o addizionata superiore a 2,5 chilometri ovvero l'impiego delle medesime nell'esercizio delle attività di pesca nonché, a decorrere dal 1ogennaio 2002, la detenzione a bordo o l'utilizzazione di reti di tal genere, a prescindere dalla loro lunghezza, ai fini della cattura di talune specie.
A sostegno del ricorso la Commissione europea ha prodotto 33 relazioni di ispezioni, nel periodo compreso tra il 1993 e il 2005, in vari porti di pesca italiani al fine di verificare il rispetto della normativa comunitaria relativa alla pesca mediante reti da posta derivanti. Dalle ispezioni è emerso che la detenzione a bordo e l'impiego, da parte dei pescatori italiani, di reti da posta derivanti di cui è vietato l'uso erano frequenti, abituali e ampiamente diffusi durante tutto il periodo oggetto del procedimento. Dalle ispezioni è risultato altresì che le autorità incaricate della vigilanza di controllo delle attività di pesca non avevano posto in essere un'azione sufficientemente efficace per reprimere le violazioni alla normativa comunitaria e per evitare la loro reiterazione. Dalle ispezioni è emerso, in particolare, che il Corpo delle capitanerie di porto non disponeva delle risorse umane e materiali sufficienti per effettuare operazioni in alto mare, che operazioni di tal genere potevano essere effettuate unicamente dalla Guardia di finanza e che il Corpo delle capitanerie di porto non disponeva di sistemi di localizzazione via satellite dei pescherecci.
In caso di violazione della normativa comunitaria in materia - specie quella delle restrizioni all'impiego delle reti da posta derivanti - le autorità competenti di uno Stato membro sono tenute ad intentare un'azione penale o amministrativa contro i responsabili, in conformità dell'articolo 1, numero 2, del regolamento n. 2241 del 1987. Analogo obbligo incombe agli Stati membri dal 1o gennaio 1994, ai sensi dell'articolo 31, numero 1, del regolamento n. 2847 del 1993. La Corte ha riconosciuto che la legge 6 giugno 2008, n. 101, emanata successivamente alla scadenza del termine fissato nel parere motivato della Commissione, prevedeva sanzioni in caso di detenzione a bordo di reti di tal genere. Tuttavia, tale legge era priva di effetti sulla valutazione della sussistenza dell'inadempimento contestato, essendo pacifico che, prima di essa, la legge 14 luglio 1965, n. 963, non puniva la semplice detenzione a bordo di dette reti; anzi, al momento della scadenza del termine fissato nel parere motivato, i regi decreti 8 ottobre 1931, n. 1604, e 4 aprile 1940, n. 1155, non costituivano un fondamento normativo sufficiente per l'esercizio di azioni volte a sanzionare la detenzione a bordo di reti da posta derivanti il cui impiego è vietato dalla normativa comunitaria.
Nella sentenza erano dettagliatamente indicati gli elementi dai quali emergeva che la Repubblica italiana era venuta meno ai propri obblighi (di avviare azioni amministrative o penali sufficientemente efficaci per sanzionare i responsabili delle violazioni della normativa in materia di pesca mediante reti da posta derivanti e per privarli effettivamente dei benefici economici ricavati dalle infrazioni medesime).
Al fine di adeguare la normativa interna alla sentenza, l'articolo 18 novella alcune norme sulle sanzioni amministrative accessorie contenute nell'articolo 27 della legge 14 luglio 1965, n. 963 (Disciplina della pesca marittima). In particolare, si prevede che tale tipo di sanzioni - confisca del pescato; confisca degli strumenti, degli attrezzi e degli apparecchi di pesca; obbligo di rimettere in pristino, entro un termine prestabilito, le zone in cui sono stati costruiti opere o impianti non autorizzati e sospensione della licenza di pesca - venga applicato anche a chi viola le norme relative ai piani di ricostituzione di specie ittiche previste da normative nazionali e comunitarie (a latere dell'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 12.000 euro di cui all'articolo 26, comma 8). Inoltre, la sanzione accessoria della confisca

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degli strumenti, degli attrezzi e degli apparecchi di pesca usati in contrasto con le norme di legge, è estesa ai medesimi anche quando risultano detenuti e non solo utilizzati in contrasto con le norme di legge.
Gli Allegati A e B al testo del disegno di legge contengono gli elenchi delle direttive da attuare con i decreti legislativi, nonché i relativi termini di recepimento.
Tra le direttive contenute nell'Allegato A di interesse delle Commissione Agricoltura si segnalano la direttiva 2010/60/UE e la direttiva 2009/106/CE.
La direttiva 2010/60/UE (Deroghe per la commercializzazione delle miscele di sementi di piante foraggere destinate per la preservazione dell'ambiente naturale) stabilisce deroghe all'applicazione della direttiva 66/401/CEE, al fine di consentire la commercializzazione delle miscele di sementi di piante foraggere destinate a essere utilizzate per la preservazione dell'ambiente naturale nel contesto della conservazione delle risorse genetiche. Il termine per il recepimento della direttiva è fissato al 30 novembre 2011.
La direttiva 2009/106/CE (Modifica della direttiva 2001/112/CE concernente i succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all'alimentazione umana) modifica la direttiva 2001/112/CE, che ha stabilito disposizioni specifiche in merito alla produzione, alla composizione e all'etichettatura dei succhi di frutta e di altri prodotti analoghi, aggiungendovi l'allegato V, al fine di adeguarsi alla norma del Codex Alimentarius (norma Codex 247-2005), adottata dalla Commissione del Codex in occasione della sua ventottesima sessione (4-9 luglio 2005). In base a tale norma, il prodotto ottenuto mediante ricomposizione del succo di frutta concentrato viene definito «succo di frutta a base di succo concentrato».
Tra le direttive contenute nell'Allegato B (da attuare con decreto legislativo previo parere parlamentare) si segnalano invece la direttiva 2009/128/CE e la direttiva 2009/127/CE.
La direttiva 2009/128/CE (Istituzione di un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi), istituisce un quadro per realizzare un uso sostenibile dei pesticidi, riducendone i rischi e gli impatti sulla salute umana e sull'ambiente e promuovendo l'uso della difesa integrata e di approcci o tecniche alternativi, quali le alternative non chimiche ai pesticidi. L'Unione europea con questa direttiva per la prima volta interviene a regolamentare con una normativa specifica la fase dell'impiego dei prodotti fitosanitari, «al fine di ridurre la dipendenza dall'utilizzo dei pesticidi». La riduzione del rischio per la salute umana e per l'ambiente si persegue in questo caso attraverso un quadro di azioni per l'impiego sostenibile dei prodotti fitosanitari, lo sviluppo delle tecniche di agricoltura integrata e di approcci e tecniche alternative a quella tradizionale. Gli Stati membri dovranno recepire questa direttiva e mettere in vigore le disposizioni legislative necessarie, ovvero i piani d'azione nazionale (PAN), entro il 2014.
La direttiva 2009/127/CE (Macchine per l'applicazione di pesticidi) che integra la direttiva 2006/42/CE e già ridenominata «nuova direttiva macchine», è volta alla determinazione dei requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute che devono essere rispettati nella progettazione e nella fabbricazione delle macchine per l'applicazione di pesticidi, al fine di migliorarne il livello di sicurezza.
La direttiva 2009/158/CE (Scambi intracomunitari e le importazioni in provenienza dai paesi terzi di pollame e uova da cova), al fine di garantire chiarezza e razionalizzazione della disciplina, provvede alla codificazione della direttiva 90/539/CE del Consiglio, del 15 ottobre 1990, relativa alle norme di polizia sanitaria che disciplinano gli scambi intracomunitari e le importazioni in provenienza dai paesi terzi di pollame e uova di cova, che ha subito numerose e sostanziali modificazioni. Essendo una direttiva di codificazione (un atto, cioè, che integra e abroga gli atti oggetto della codificazione, costituiti dalla direttiva 90/539/CEE, modificata

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dagli atti di cui all'allegato VI), non è previsto un termine di recepimento espresso. Rimangono, tuttavia, fermi i termini di recepimento nel diritto nazionale previsti dall'articolo 36 e dall'allegato VI.
Passando quindi ad illustrare la relazione annuale sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per il 2009, sottolinea che essa, strutturata in tre parti, espone distintamente un consuntivo degli interventi e delle politiche varate nel 2009 dall'Unione europea e dall'Italia e gli orientamenti del Governo per il 2010.
La prima parte tratta del processo di integrazione europea e degli orientamenti generali delle politiche dell'Unione: nella prima sezione si sviluppano i temi istituzionali, nella seconda la risposta dell'Unione alla crisi mondiale, nella terza i temi dell'energia e dell'ambiente.
La seconda parte dà conto della partecipazione dell'Italia al processo di integrazione europea e del recepimento del diritto dell'Unione nell'ordinamento, analizzando in tre distinte sezioni i profili generali di tale partecipazione, quelli legati alle singole politiche comuni, quelli volti alla dimensione esterna dell'Unione, ivi incluse la politica estera comune e quella di sicurezza e difesa.
La terza parte riguarda le politiche di coesione e l'andamento dei flussi finanziari verso l'Italia e la loro utilizzazione.
In appendice sono riportati alcuni dati analitici, l'elenco dei provvedimenti attuativi di norme comunitarie e l'elenco ed i motivi delle impugnazioni deliberate dal Consiglio dei ministri di decisioni adottate dal Consiglio o dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia, nonché le modalità di partecipazione delle Camere e delle regioni al processo normativo dell'Unione.
La relazione presentata dal Governo, dando conto in un unico documento sia dell'attività svolta dall'Italia a livello di Unione europea nel 2009 sia delle priorità per il 2010, appare predisposta secondo le modalità e i contenuti previsto dalla formulazione dell'articolo 15 della legge 4 febbraio 2005, n. 11 previgente alle modifiche introdotte dal comma 1 dell'articolo 8 della legge 4 giugno 2010, n. 96 (Legge comunitaria 2009), in vigore dal 10 luglio 2010.
L'articolo 15, nel testo ora vigente, ha previsto invece che il Governo presenti al Parlamento due distinte relazioni, una di rendiconto ed l'altra programmatica.
In particolare, la relazione «programmatica», da presentare entro il 31 dicembre di ogni anno, reca indicazione degli orientamenti e delle priorità che il Governo intende assumere per l'anno successivo, con riferimento agli sviluppi del processo di integrazione europea, ai profili istituzionali e a ciascuna politica.
La relazione di rendiconto deve essere invece presentata alle Camere entro il 31 gennaio di ogni anno (stessa data prevista per la presentazione del disegno di legge comunitaria) ed illustra le attività svolte nell'anno precedente dall'Unione europea e dal Governo con riguardo all'evoluzione istituzionali, alla normativa e alle politiche dell'Unione.
La Giunta per il regolamento della Camera, nel parere del 14 luglio 2010, ha disposto che la relazione «programmatica» sia oggetto di esame congiunto con gli strumenti di programmazione legislativa e politica delle Istituzioni europee, secondo la procedura già delineata a questo scopo dalla stessa Giunta il 9 febbraio 2000; la relazione di rendiconto continuerà invece ad essere esaminata congiuntamente con il disegno di legge comunitaria, secondo il disposto di cui all'articolo 126-ter del regolamento.
Si sofferma da ultimo sul progetto di legge per la revisione e l'adeguamento della legge 4 febbraio 2005, n. 11, al nuovo trattato europeo, in corso di esame presso la XIV Commissione. Al riguardo, ritiene che l'Italia dovrà dotarsi soprattutto degli strumenti adeguati ad assicurare il tempestivo recepimento delle norme europee, in quanto l'impianto della legge n. 11 del 2005 non appare adeguato alle necessità imposte dal nuovo quadro normativo europeo e non impedisce all'Italia di cadere in infrazione. In primo luogo, occorre

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rispondere all'esigenza di rispettare i termini di adeguamento posti dal nuovo trattato, spesso perentori. Inoltre, frequentemente l'inadempimento degli obblighi gravanti sull'Italia non è dovuto al ritardo nell'approvazione di atti legislativi (e quindi da inadempienze «politiche»), ma piuttosto alla mancata adozione di atti amministrativi adeguati. Ricordando che le amministrazioni dell'ambiente e della salute risultano aver accumulato il maggior numero di inadempimenti, cita, ad esempio, anche il caso della procedura di infrazione prima ricordata, oggetto dell'articolo 18. Occorre quindi porsi il problema di come garantire l'adozione dei provvedimenti amministrativi necessari per il corretto adempimento degli obblighi europei. Auspica pertanto che l'iniziativa della XIV Commissione su questo argomento possa trovare il consenso dei gruppi al fine di sottoporre in tempi brevi all'Assemblea l'esigenza di adeguare la strumentazione legislativa nazionale.

Paolo RUSSO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.45.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.45 alle 14.55.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

INDAGINE CONOSCITIVA

Sul sistema di finanziamento delle imprese agricole.