CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 1° febbraio 2011
432.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Martedì 1o febbraio 2011.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 11.35 alle 11.40.

ATTI DEL GOVERNO

Martedì 1o febbraio 2011. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 11.40.

Variazioni nella composizione della Commissione.

Donato BRUNO, presidente, comunica che il gruppo parlamentare Iniziativa responsabile ha designato come propri componenti in I Commissione i deputati Luciano Sardelli e Massimo Calearo Ciman. Il deputato Luciano Sardelli ricoprirà l'incarico di capogruppo.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di organizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Atto n. 320.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, nella seduta del 26 gennaio 2011.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2008/114/CE relativa all'individuazione e alla designazione delle infrastrutture critiche europee e alla valutazione della necessità di migliorarne la protezione.
Atto n. 319.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 26 gennaio 2011.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schemi di decreto del Ministro dell'interno concernenti l'erogazione di contributi in favore delle associazioni combattentistiche vigilate dal Ministero dell'interno a valere sulle risorse iscritte nello stato di previsione della spesa del medesimo Ministero per l'anno 2010, rispettivamente, al capitolo 2309 - piano gestionale 1 e al capitolo 2309 - piano gestionale 2.
Atti nn. 324 e 325.

(Esame congiunto e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dei provvedimenti.

Maria Piera PASTORE (LNP), relatore, ricorda che a partire dal 1996 gli stanziamenti destinati ai contributi da erogarsi agli enti combattentistici sottoposti alla vigilanza del Ministero dell'interno sono confluiti in un apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero, per effetto delle disposizioni di cui ai commi da 40 a 44 dell'articolo 1 della legge n. 549 del 1995 (collegata alla manovra di finanza pubblica per il 1996). Tali commi hanno disposto l'iscrizione in un unico capitolo degli importi dei contributi dello Stato in favore di enti ed istituti vari (elencati in apposita tabella) e la quantificazione annuale della dotazione del predetto capitolo nella tabella C della legge finanziaria.
Il comma 40 ha inoltre previsto che il riparto dei contributi tra gli enti sia annualmente effettuato, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio, con decreto di ciascun ministro,

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di concerto con il ministro del tesoro, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.
L'articolo 32 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002) ha stabilito che gli importi dei contributi previsti da leggi dello Stato in favore di enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi, elencati nella tabella 1 allegata alla medesima legge (incluse, tra questi, le associazioni combattentistiche sottoposte alla vigilanza del Ministero dell'interno) siano iscritti in un'unica unità previsionale di base (U.P.B.) nello stato di previsione di ciascun Ministero interessato.
Il riparto tra gli enti destinatari delle risorse stanziate su ciascuna di tali U.P.B. è effettuato ogni anno dal ministro competente, con proprio decreto, di concerto con il ministro dell'economia, «intendendosi corrispondentemente rideterminate le relative autorizzazioni di spesa». Sullo schema del decreto di ripartizione è prevista l'espressione del parere delle competenti Commissioni parlamentari.
Il comma 3 del citato articolo 32 ha stabilito che la dotazione di ciascuna delle U.P.B. sia quantificata annualmente dalla legge finanziaria (in tabella C).
Quanto agli schemi di decreto ministeriale in esame, questi riguardano l'erogazione dei contributi 2010 in favore delle associazioni combattentistiche vigilate dal Ministero dell'interno, sulla base delle istanze avanzate dalle associazioni interessate, a valere sulle risorse iscritte nello stato di previsione della spesa del medesimo dicastero, al cap. 2309 (Somma da erogare a enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi) - piano gestionale 1 e al medesimo cap. 2309 - piano gestionale 2.
Destinatari della ripartizione dei contributi sono l'Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti (ANED); l'Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti (ANPPIA); e l'Associazione nazionale vittime civili di guerra (ANVCG).
Tali associazioni hanno presentato richiesta di accedere ai contributi per l'anno 2010, il che costituisce il presupposto per l'assegnazione degli stessi.
Nella relazione illustrativa del primo dei due schemi di decreto (324), relativo al Piano gestionale 1, si ricorda che l'articolo 7, comma 24 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, ha ridotto, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, gli stanziamenti sui capitoli iscritti per il 2010 negli stati di previsione delle amministrazioni centrali vigilanti relativi al contributo dello Stato a enti, istituti, fondazioni e altri organismi per una quota pari al 50 per cento delle dotazioni dell'anno 2009, stabilendo che i Ministri competenti, entro 60 giorni dall'entrata in vigore dello stesso decreto, stabiliscano con decreto il riparto delle risorse rimaste disponibili nei citati capitoli, al fine di procedere alla razionalizzazione e al riordino delle modalità con le quali lo Stato concorre al finanziamento degli enti interessati dalla norma.
L'importo disponibile sul piano gestionale 1 del cap. 2309 ammonta ad euro 40.906, somma che viene ripartita tra le associazioni vigilate tenuto in debita considerazione il numero degli iscritti nell'anno 2009, che sono 2.410 per l'Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti; 4.090 per l'Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti; 32.943 per l'Associazione nazionale vittime civili di guerra.
Il riparto proposto dallo schema di decreto in esame è il seguente: 4.090,60 euro all'ANED; 4.908,72 euro all'ANPPIA e 31.906,68 euro all'ANVCG, per un totale, come detto, di 40.906 euro.
Il secondo dei due schemi di decreto in esame (325) fa riferimento al Piano gestionale 2. Secondo la relazione illustrativa, al cap. 2309, per l'anno 2010, è attribuita per tale piano la somma di 2.546.216 euro destinata alle associazioni combattentistiche vigilate dal Ministero dell'interno.
È bene ricordare che l'articolo 2, comma 250, della legge n. 191 del 2009

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(legge finanziaria 2010) ha previsto che le risorse del fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dall'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, per assicurare il finanziamento di interventi urgenti e indifferibili, con particolare riguardo ai settori dell'istruzione e agli interventi organizzativi connessi ad eventi celebrativi, siano destinate con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, nel limite delle residue disponibilità del fondo stesso, al finanziamento di determinati interventi di rilevanza sociale (elencati nell'allegato alla medesima legge finanziaria per il 2010), tra i quali la contribuzione a favore delle associazioni combattentistiche.
In attuazione di tale disposizione è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 marzo 2010 che destina alle associazioni combattentistiche 2.546.216 euro per l'anno 2010.
Il riparto di tale somma tra le diverse associazioni proposto dallo schema di decreto in esame è il seguente: 254.621.50 euro all'ANED; 305.546 euro all'ANPPIA e 1.986.048 euro all'ANVCG, per un totale, come detto, di 2.546.216 euro.

Mario TASSONE (UdC), premesso che il suo gruppo non è contrario ai provvedimenti in esame, ritiene opportuna una riflessione sui destinatari dei contributi.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.

SEDE CONSULTIVA

Martedì 1o febbraio 2011. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 12.

Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento.
Testo base C. 2350, approvato in un testo unificato dal Senato, ed abb.

(Parere alla XII Commissione).
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento rinviato, da ultimo, nella seduta del 25 gennaio 2011.

Giuseppe CALDERISI (PdL) avverte preliminarmente che svolgerà un intervento a titolo personale, ringraziando il gruppo di appartenenza, e in particolare il presidente Cicchitto, per aver lasciato ai suoi aderenti la libertà di orientarsi, su questa materia, secondo i propri convincimenti individuali. Precisa inoltre che il suo intervento sarà circoscritto ai soli profili di costituzionalità del provvedimento, nel rispetto della competenza della Commissione.
A suo avviso, sono cinque le questioni di costituzionalità sollevate dal testo in esame. In primo luogo, fa presente che un provvedimento che disciplina la delicatissima questione del fine-vita dovrebbe tendere a realizzare un ragionevole bilanciamento tra i diversi beni e interessi costituzionali in gioco: ossia da una parte il diritto alla vita, il diritto alla salute e il dovere del medico di curare e, dall'altra parte, il diritto all'autodeterminazione individuale, la dignità personale, il rispetto della persona umana e il diritto di rifiutare i trattamenti sanitari non voluti: tutti beni ed interessi che trovano fondamento negli articoli 2, 3, 13 e 32 della Costituzione.
Come riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale, infatti, e in particolare nella sentenza n. 282 del 2002, la pratica terapeutica si pone all'incrocio fra due diritti fondamentali della persona malata: «quello ad essere curato efficacemente, secondo i canoni della scienza e dell'arte medica; e quello ad essere rispettato come persona, e in particolare nella propria integrità fisica e psichica, diritto questo

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che l'articolo 32, secondo comma, secondo periodo, della Costituzione pone come limite invalicabile anche ai trattamenti sanitari che possono essere imposti per legge come obbligatori a tutela della salute pubblica».
Il legislatore ordinario ha naturalmente un'ampia discrezionalità nel trovare il migliore bilanciamento tra questi beni e diritti costituzionali, ma la sua discrezionalità non può spingersi fino ad azzerare, in determinate fattispecie, uno dei beni o diritti in considerazione. Il bilanciamento deve esser reale e, in qualche misura, non può che presentarsi come il frutto di compromessi realistici e ragionevoli.
Il progetto di legge in esame, invece, da un lato, riconosce principi fondamentali a livello costituzionale, quali il principio della dignità della persona, che prevale rispetto all'interesse della società e alle applicazioni della scienza, il principio dell'alleanza terapeutica tra medico e paziente e il principio del consenso informato; dall'altro lato, però, pone tali e tante limitazioni ai predetti principi da svuotarli sostanzialmente. Un progetto di legge che dichiara nel titolo di voler disciplinare le «dichiarazioni anticipate di trattamento» e contemporaneamente prevede limiti assoluti al contenuto di tali dichiarazioni, con particolare riguardo alle più cruciali scelte di fine-vita (articolo 3, comma 4), è in sé contraddittorio e denota un'irrazionalità intrinseca della normativa.
In secondo luogo, il testo in esame non dà una definizione legale di eutanasia, limitandosi a vietare «ogni forma di eutanasia» attraverso il richiamo alle fattispecie penali dell'omicidio, di cui all'articolo 575 del codice penale, dell'omicidio del consenziente, di cui all'articolo 579 del codice penale, e dell'istigazione o aiuto al suicidio, di cui all'articolo 580 del codice penale: tutte fattispecie in realtà ben distinguibili dall'eutanasia, in quanto relative a situazioni estranee alle problematiche di fine vita, che il provvedimento in esame intende disciplinare.
Non viene pertanto risolto il problema della definizione legislativa dell'eutanasia, cioè il problema della esatta individuazione dei comportamenti che si intendono vietare sotto il duplice aspetto attivo e passivo, in relazione al consenso del malato o alla sua assenza, dal punto di vista del malato e dell'agente. Vengono invece introdotte previsioni penali irragionevoli e prive di determinatezza, in contrasto con l'articolo 25, secondo comma, della Costituzione, che prevede una riserva assoluta di legge in materia penale, da cui discendono i principi di sufficiente determinatezza e di tassatività delle fattispecie penali, volti ad impedire qualunque attività di integrazione o di creazione di illeciti penali da parte dei giudici e degli interpreti. La vaghezza dei riferimenti alle tre predette diverse norme del codice penale, che prevedono fattispecie assai distinte tra loro, punite con pene diverse nel quantum, e comunque difficilmente trasferibili alle problematiche di fine vita, rende possibili interpretazioni giudiziarie assai divergenti e addirittura creative, in contraddizione con uno degli scopi della legge, cioè proprio quello di impedire derive giudiziarie in questo settore.
In terzo luogo, va detto che il progetto di legge non riguarda solo i casi di malati in stato di incapacità di intendere e di volere, come ad esempio i soggetti in stato vegetativo permanente o persistente, ma è applicabile anche ai soggetti pienamente capaci di intendere e di volere; in particolare, per quanto riguarda l'articolo 1 («Tutela della vita e della salute») la cui sfera di efficacia non è circoscrivibile alle situazioni di pazienti non coscienti.
L'affermazione - per la prima volta nell'ordinamento italiano - del principio che la vita è un diritto «indisponibile», contenuta nell'articolo 1, comma 1, lettera a), appare opportuna e condivisibile, ma a condizione che non pregiudichi il necessario bilanciamento che il legislatore è tenuto ad effettuare con altri beni e interessi tutelati costituzionalmente. Nel caso del progetto di legge in esame occorre evitare che tale affermazione di principio entri in contraddizione con il diritto individuale a rifiutare - in piena coscienza e attualità di consenso - alcuni trattamenti sanitari, anche là dove da questo

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rifiuto possa discenderne la morte. Ciò sembra confermato dall'avverbio «anche» contenuto nell'articolo 1, comma 1, lettera a), che parla di «diritto indisponibile, garantito anche nella fase terminale dell'esistenza e nell'ipotesi in cui la persona non sia più in grado di intendere e volere» e deve essere quindi inteso, se i termini usati hanno un significato, nel senso che il diritto è indisponibile anche prima della fase terminale e non solo nell'ipotesi in cui la persona non sia più in grado di intendere e volere.
All'articolo 1, comma 1, lettera c), vi è il chiaro riferimento a un divieto - ai sensi degli articoli 575, 579 e 580 del codice penale - di «ogni forma di eutanasia e di ogni forma di assistenza o aiuto al suicidio, considerando l'attività medica e quella di assistenza alle persone esclusivamente finalizzata alla tutela della vita e della salute nonché all'alleviamento della sofferenza». Non sembra che questa disposizione possa riferirsi esclusivamente alla condizione di soggetti in stato vegetativo permanente o persistente, ma emerge che essa possa estendere la sua efficacia anche a situazioni di pazienti pienamente coscienti. L'aggiunta - all'articolo 1, comma 1, lettera d) - dell'obbligo del medico di informare anche sul divieto di qualunque forma di eutanasia rafforza questa valutazione; inoltre, lo stesso riferimento preciso alle finalità dell'attività medica sembra deporre nella medesima direzione, addirittura qualificando l'attività del medico che segua le indicazioni esplicite ed attuali del paziente con il riferimento a fattispecie penali gravissime.
Di conseguenza, il riferimento - che pure è contenuto nell'articolo 1, comma 1, lettera e) - al principio per cui nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge e con i limiti imposti dal rispetto della persona umana, sembra rimodellato nel modo che segue: l'autodeterminazione trova un limite legale, e questo limite è dato anche e proprio dalla normativa in esame, che avverte che il limite dell'autodeterminazione è situato nell'impossibilità di chiedere al medico «qualunque forma» di eutanasia. In tal modo, il problema del rispetto del diritto all'autodeterminazione garantito dall'articolo 32 della Costituzione è solo spostato verso le «forme» che l'eutanasia può assumere, che restano indistinte: se - in piena coscienza - si chiede al medico di non porre in atto un trattamento sanitario che in base alle conoscenze mediche è il solo che può salvare la vita, vi è il rischio che tale richiesta urti contro i principi contenuti nell'articolo 1, comma 1, lettere c) e d). Ciò ripropone fortemente l'esigenza di chiarire cosa si intenda per eutanasia (attiva e passiva), in modo preciso e determinato ai sensi dell'articolo 25 della Costituzione.
In quarto luogo, il bilanciamento legislativo non appare soddisfacente nemmeno in riferimento alla efficacia delle dichiarazioni anticipate di trattamento, quindi con riferimento alla forza della volontà espressa in passato da un paziente oggi in condizioni di incoscienza. Ciò risulta con evidenza in riferimento all'articolo 7 della proposta di legge, nella parte in cui si afferma che il medico è legittimato a non porre in essere prestazioni contrarie alle sue convinzioni di carattere scientifico e deontologico, contrastando così le decisioni non solo del dichiarante, ma anche del fiduciario e addirittura dell'eventuale collegio medico. Qui è di tutta evidenza che la volontà espressa dal dichiarante, tutelata dall'articolo 32, comma secondo, della Costituzione, non è bilanciata affatto, ma assolutamente azzerata dalla prevalente volontà del medico. Il problema non pare affatto risolto dal comma 3 dell'articolo 7. Qui si prevede che in caso di controversia fra fiduciario e medico curante, la questione è sottoposta alla valutazione di un collegio di medici e che «il parere espresso dal collegio medico è vincolante per il medico curante, il quale non è comunque tenuto a porre in essere prestazioni contrarie alle sue convinzioni di carattere scientifico e deontologico. Resta comunque sempre valido il principio della inviolabilità e della indisponibilità della vita umana».

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Tale formulazione appare priva di senso giuridico: da una parte, si afferma la vincolatività, per il medico, del parere collegiale; dall'altra, però, il medico non è comunque tenuto a porre in essere prestazioni contrarie alle sue convinzioni, non solo scientifiche, ma anche deontologiche; ciò, in buona sostanza, significa dire che il parere collegiale non obbliga il medico proprio nei casi critici o eticamente cruciali. Tale soluzione può essere accettabile alla sola condizione che la stessa struttura di ricovero ovvero l'azienda sanitaria sia tenuta a individuare al suo interno un altro medico disponibile a mettere in atto le indicazioni collegiali, con l'eventuale precisazione che, se tale medico non si trovi, onde evitare che al fiduciario e ai familiari del paziente non autosufficiente sia imposto di spostarsi in altro luogo di ricovero, debba prevedersi una procedura di assegnazione temporanea di un medico esterno disponibile (in caso di aziende sanitarie «pubbliche» o accreditate).
In quinto luogo, l'articolo 3, comma 5, sancisce l'obbligo di mantenere l'alimentazione e l'idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle, fino al termine della vita e dispone che l'alimentazione e l'idratazione non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento. Invadendo la sfera della scienza medica e sovrapponendo ad essa definizioni perentorie, viene dunque esclusa in assoluto la natura di trattamento sanitario dell'alimentazione e dell'idratazione forzose, anche se vi sono casi, ben noti alla pratica medica, in cui si tratta sicuramente di trattamenti sanitari, ed anche particolarmente invasivi. L'eccezione del caso in cui alimentazione e idratazione non risultino più «efficaci nel fornire al paziente i fattori nutrizionali necessari alle funzioni essenziali del corpo» costituisce solo una invasione ulteriore della sfera della scienza medica, giacché è ovvio per qualunque medico che un trattamento inefficace va evitato: se si vuole dire che è vietato l'accanimento terapeutico, la disposizione è superflua, essendo questo già previsto dall'articolo 1, comma 1, lettera f). In questi termini, a seguito dell'esclusione in assoluto della natura di trattamento sanitario, il paziente non ha diritto di rifiutare l'alimentazione e l'idratazione forzose, in contrasto con gli articoli 32, secondo comma, e 13 della Costituzione.
Per superare i profili di incostituzionalità fin qui evidenziati, ritiene indispensabile innanzitutto fornire la definizione legislativa del concetto di eutanasia, sotto il duplice aspetto attivo e «passivo», in relazione al consenso del malato o alla sua assenza, dal punto di vista del malato e dell'agente, e la puntuale definizione delle fattispecie penali relative al fine-vita. Ritiene altresì necessario riformulare il testo, alla luce di quanto anzidetto, per realizzare un effettivo e ragionevole bilanciamento tra i beni e gli interessi costituzionali in gioco. In particolare deve essere chiarito in maniera inequivoca che non è in alcun modo messo in discussione il diritto del paziente cosciente di rifiutare i trattamenti sanitari, incluso il diritto di interrompere quelli già iniziati.
Occorre inoltre che sia riconosciuto il valore della volontà del paziente, come espressa nella dichiarazione anticipata di trattamento, rispetto alle convinzioni del medico, fermo restando per quest'ultimo il diritto all'obiezione di coscienza; e che, in caso di rifiuto del medico curante di seguire le indicazioni del collegio medico, sia comunque garantito il rispetto della volontà del paziente in tempi certi e rapidi e nella stessa struttura di ricovero o, in caso di mancato ricovero, da parte dell'azienda sanitaria di competenza. Non deve poi essere escluso in assoluto il diritto del paziente di rifiutare l'alimentazione e l'idratazione forzata, sia in condizioni di capacità di intendere e di volere che di incapacità, consentendo, in questo secondo caso, la dichiarazione anticipata di trattamento.
In alternativa, il legislatore dovrebbe limitarsi a stabilire divieto di eutanasia e di accanimento terapeutico, dandone una definizione, senza prevedere la dichiarazione anticipata di trattamento, lasciando quindi la «zona grigia» più delicata alla

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sapiente cura e decisione del medico, della persona interessata e dei suoi familiari.
In conclusione, esprime l'auspicio che le modifiche sopra illustrate siano introdotte nel testo e che la discussione su questa delicatissima materia si svolga in maniera pacata e al di fuori delle logiche di schieramento.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.25.

RELAZIONI AL PARLAMENTO

Martedì 1o febbraio 2011. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Francesco Belsito.

La seduta comincia alle 12.25.

Deliberazione n. 22 del 2010 e relazione della Corte dei conti concernente la gestione delle opere segretate ai sensi dell'articolo 33, comma 3, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 149, comma 1, del regolamento, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 12 gennaio 2011.

Oriano GIOVANELLI (PD) ritiene che la relazione in esame, vista la gravità delle violazioni che segnala alle norme dettate dall'ordinamento per la trasparenza e la correttezza dell'azione amministrativa, debba ricevere la massima attenzione da parte della Commissione, la quale non può limitarsi ad una presa d'atto.
Ricorda che la relazione denuncia fatti estremamente gravi, quali un generalizzato ricorso alla segretazione che, per legge, dovrebbe essere limitata ai casi in cui siano richieste misure «speciali» di sicurezza e segretezza ed in presenza dell'esigenza di proteggere gli «interessi essenziali» della sicurezza dello Stato; l'insussistenza dei requisiti di indifferibilità e urgenza ai fini della dichiarazione di segretazione; il difetto di competenza dell'organo che, in taluni casi, ha emesso la dichiarazione di segretazione, quasi sempre disposta da dirigenti e non - come era previsto nel periodo preso in esame dalla relazione - dal vertice dell'amministrazione, rappresentato dal Ministro; la mancanza o la genericità di motivazione dell'atto di segretazione; alcune genericità e incompletezze nella fase della programmazione che hanno influito sui tempi ed i costi di talune opere; ritardi abbastanza frequenti e spesso ingiustificati nella stipulazione dei contratti, nella consegna dei lavori e nella loro esecuzione; un frequente ricorso a perizie di variante e suppletive in prossimità della scadenza dei termini contrattuali; rilevazione di alcuni casi di varianti con modificazioni del progetto iniziale che, tenuto conto dell'importo dei costi aggiuntivi, avrebbero dovuto comportare una nuova dichiarazione di segretazione ed una nuova gara; l'omissione in molti casi dell'invio di documentazione fondamentale; e l'omissione di notizie sul possesso dell'abilitazione di sicurezza da parte degli incaricati della progettazione, della direzione dell'esecuzione e del collaudo dei lavori, qualora esterni all'amministrazione, nonché, in vari casi, delle imprese invitate alle gare.
A suo modo di vedere, tutte queste violazioni di legge sono il segno di una resistenza e opposizione dei poteri pubblici alla trasparenza e quindi alla responsabilità di fronte ai cittadini. Si tratta di una concezione del potere che si è manifestata in questi anni in modo evidente nell'ambito della protezione civile, per il quale si è prevista una sistematica deroga non solo alle norme sulla pubblicità e trasparenza degli appalti di pubblico interesse, ma anche alle altre norme di portata generale dell'ordinamento: una deroga per effetto della quale le emergenze di protezione civile sono state gestite sulla base di un numero progressivamente crescente di ordinanze. Le norme di legge

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esistono invece proprio per assicurare la trasparenza, nell'interesse di tutti, dell'azione degli amministratori pubblici.
In conclusione, ritiene indispensabile un pronunciamento forte della Commissione su questi problemi, anche in considerazione del fatto che da parte del Governo e dei ministri non sembra esserci stata una reazione adeguata alle denunce contenute nella relazione in esame, e preannuncia quindi la presentazione di una risoluzione da parte del suo gruppo.

Matteo BRAGANTINI (LNP) ritiene auspicabile, stante la gravità delle violazioni di legge denunciate dalla relazione della Corte dei conti, che la Commissione possa giungere ad una risoluzione unitaria. Nota, tra l'altro, che l'omissione di notizie sul possesso dell'abilitazione di sicurezza da parte degli incaricati della progettazione, della direzione dell'esecuzione e del collaudo dei lavori sono dovute probabilmente al fatto che, procedendo a trattativa privata, non ci si affida ad imprese in grado di garantire tutti i parametri di sicurezza prescritti dalla legge. Rileva quindi che le norme poste a presidio della pubblicità e trasparenza degli appalti pubblici devono essere uguali per tutti e che non può ammettersi quindi che i comuni siano tenuti a rispettarle sempre, mentre le amministrazioni centrali possono farlo solo quando vogliono.

Gaetano PECORELLA (PdL), relatore, concorda sull'opportunità che la Commissione si esprima con una risoluzione unitaria, sia perché la denuncia del fenomeno giunge da un organo tecnico dello Stato, e quindi da un soggetto politicamente imparziale, sia perché il problema esiste effettivamente. Aggiunge che, in molti casi, si tratta forse di un problema di disorganizzazione: se chi amministra la cosa pubblica tarda ad avviare i lavori per la realizzazione di un'opera, sarà poi costretto a ricorrere ad ogni mezzo per poter procedere celermente. Conclude dichiarandosi disponibile a predisporre una risoluzione ed invitando a tal fine tutti i gruppi a segnalare a lui o alla presidenza quel che ritengono che debba esservi incluso.

Donato BRUNO, presidente, esprime l'auspicio che, data la delicatezza della materia, si possa giungere all'approvazione di una risoluzione unitaria. Quindi, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.40.

DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI DEL GOVERNO

Martedì 1o febbraio 2011. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Francesco Belsito.

La seduta comincia alle 12.40.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale.
Atto n. 292.

(Rilievi alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale).
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 26 gennaio 2011.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.45.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Martedì 1o febbraio 2011. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 12.50.

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Concessione di contributi per il finanziamento della ricerca sulla storia e sulla cultura del medioevo italiano ed europeo.
Emendamenti C. 2774-A Barbieri.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

Isabella BERTOLINI, presidente, sostituendo la relatrice, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

Interpretazione autentica del comma 2 dell'articolo 1 della legge 23 novembre 1998, n. 407, in materia di applicazione delle disposizioni concernenti le assunzioni obbligatorie e le quote di riserva in favore dei disabili.
Emendamenti C. 3720-A Schirru ed abb.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

Isabella BERTOLINI, presidente, sostituendo la relatrice, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

La seduta termina alle 12.55.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Modifica all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, concernente il divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab.
C. 627 Binetti, C. 2422 Sbai, C. 2769 Cota, C. 3018 Mantini, C. 3020 Amici, C. 3183 Lanzillotta, C. 3205 Vassallo, C. 3368 Vaccaro, C. 3715 Reguzzoni, C. 3719 Garagnani e C. 3760 Bertolini.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle modalità di controllo delle attività di Europol da parte del Parlamento europeo in associazione con i parlamenti nazionali.
(COM(2010)776 definitivo).