CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 26 ottobre 2010
387.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Martedì 26 ottobre 2010. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Sonia Viale.

La seduta comincia alle 11.05.

Variazione nella composizione della Commissione.

Gianfranco CONTE, presidente, comunica che il deputato Roberto Occhiuto cessa di far parte della Commissione, mentre entra a farne parte il deputato Gian Luca Galletti.

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2011).
C. 3778 Governo.

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2011 e per il triennio 2011-2013.
C. 3779 Governo.

Tabella n. 1: Stato di previsione dell'entrata per l'anno finanziario 2011 e per il triennio 2011-2013.
Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2011 e per il triennio 2011-2013 (limitatamente alle parti di competenza).
(Parere alla V Commissione).
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 21 ottobre scorso.

Gianfranco CONTE, presidente, ricorda che nella seduta del 21 ottobre scorso il relatore ha illustrato il contenuto del provvedimento e che il termine per la presentazione delle proposte emendative afferenti agli ambiti di competenza della Commissione Finanze è fissato alle ore 14 di oggi.

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Francesco BARBATO (IdV) osserva, preliminarmente, come la manovra economico-finanziaria per il prossimo triennio, la quale ammonta, complessivamente, a circa 25 miliardi di euro, sia stata anticipata, di fatto, dal decreto-legge n. 78 del 2010, che rappresenta la vera e propria manovra economica cui fare riferimento. Tale intervento ha posto in essere un intervento pesantissimo, realizzato esclusivamente attraverso ingentissimi tagli, soprattutto nei confronti degli enti locali, senza alcuna misura di sostegno dello sviluppo economico, con conseguenti effetti depressivi sull'economia e sull'occupazione.
In proposito, richiama i dati diffusi dall'Istituto nazionale di statistica, dai quali si evince che il tasso di disoccupazione nel primo trimestre del 2010 è salito al 9,1 per cento, senza calcolare i lavoratori in cassa integrazione guadagni, e che sono a rischio altri 246.000 posti di lavoro, oltre ai 528.000 distrutti negli ultimi due anni. Rammenta inoltre le risultanze del rapporto d'autunno sugli scenari economici, elaborato dal Centro studi di Confindustria nel mese di settembre 2010, che calcola un ammontare di evasione fiscale pari a 124 miliardi di euro, cifra 5 volte superiore al valore della manovra correttiva impostata dall'attuale Governo la scorsa estate, il cui cuore è tutto nel blocco delle retribuzioni del pubblico impiego, nel taglio dei fondi ai comuni e alle regioni (per complessivi 13 miliardi di euro) e nel rinvio del pensionamento dei lavoratori.
Evidenzia, altresì, come dal predetto rapporto, secondo il quale il reddito pro capite in Italia continuerà a scendere, dopo essere tornato ai livelli del 1998, emerga l'immagine di un'Italia più povera, in assoluto e ancor più in rapporto agli altri Paesi avanzati, al punto da indurre la Confindustria a rinnovare l'allarme per il ritardo delle riforme e a rimarcare l'importanza di questioni cruciali sotto il profilo della modernizzazione del Paese.
Si tratta, in particolare, dei temi della semplificazione delle regole per le imprese, a partire dalla riforma della pubblica amministrazione; della riduzione del carico fiscale sulle imprese e sui lavoratori; degli investimenti per l'istruzione, la ricerca e l'innovazione, terreni sui quali il Paese ha accumulato un forte svantaggio rispetto ad altri Paesi; del potenziamento delle infrastrutture, settore in cui la leadership che l'Italia vantava quaranta anni fa è stata dissipata, tagliando le risorse e rafforzando il potere di veto dei sempre più numerosi soggetti interessati; del rafforzamento della concorrenza, a proposito della quale il Centro studi di Confindustria sottolinea come le liberalizzazioni, da sole, aumenterebbero la produttività del Paese del 14,1 per cento.
In tale contesto, i provvedimenti in esame delineano una manovra finanziaria inesistente, uno strumento di intervento del tutto inadeguato e insufficiente, quasi un ponte tra ciò che non si è fatto prima e ciò che non si sa o non si vuole fare dopo. Tale circostanza costituisce del resto, a suo avviso, la migliore dimostrazione dell'incapacità dell'attuale Governo di proporre una politica economica anticiclica convincente, tale da aggredire la crisi che attanaglia il Paese, il quale avverte invece la necessità, nell'immediato, di interventi atti a stimolare la domanda interna, di una vera manovra, dell'ordine di almeno un punto di PIL, a sostegno dei redditi, della domanda e delle piccole imprese.
Per quanto concerne, in particolare, gli aspetti afferenti agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, osserva in dettaglio come il livello della pressione fiscale sia previsto, nel 2010, al 42,8 per cento del PIL, a fronte del picco del 43,2 per cento registratosi lo scorso anno, per calare leggermente al 42,4 per cento nel 2011 e risalire nuovamente al 42,6 per cento nel 2012.
In parallelo, le entrate complessive dello Stato, che nel 2000 rappresentavano il 45,4 per cento del PIL, sono salite nel 2009 al 47,2 per cento: tale incremento, peraltro, non è stato determinato da un incremento omogeneo delle diverse fonti di gettito, poiché le imposte dirette sono cresciute nel periodo del 33 per cento, le imposte indirette sono diminuite del 2,3

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per cento, con una riduzione più accentuata nel 2008 e nel 2009, e i contributi sociali sono cresciuti addirittura del 46,6 per cento.
A tale riguardo, rileva come il notevole aumento della pressione fiscale sul fattore lavoro, in particolare sul lavoro dipendente, abbia contribuito alla riduzione della competitività del sistema produttivo italiano, sottolineando come il calo delle imposte indirette, attribuibile soltanto in minima parte alla crisi, sia da collegare, piuttosto, all'espandersi delle attività in nero ed a strumenti elusivi, se non truffaldini, come, per quanto concerne l'IVA, le società «carosello» o le società «cartiere», create al solo scopo di emettere fatture false.
Evidenzia inoltre come, a dispetto della previsione di sostanziale stabilità delle entrate, queste, in realtà, segnino un andamento peggiore di quello ipotizzato a giugno, che ha vanificato un quarto della correzione effettuata con la manovra (corrispondente a 0,8 punti percentuali di PIL l'anno), in quanto, nei primi sei mesi dell'anno, le entrate tributarie sono calate del 3,5 per cento. Tale riduzione di circa 3 miliardi di entrate appare molto preoccupante, soprattutto ove si consideri che la manovra adottata dal Governo in primavera contava sulla possibilità di recuperare più di 8 miliardi di evasione fiscale da qui al 2012.
Osserva, altresì, come la crescita del Paese sia frenata anche dal fenomeno del sommerso, il quale ha segnato una brusca accelerazione nel 2009, superando il 20 per cento del PIL (oltre il 27 per cento, se non si considera la Pubblica amministrazione, e senza tenere conto che al Sud tale percentuale si raddoppia), sottolineando come, tenendo conto di tale dato, debba essere aumentata sia la stima dell'evasione fiscale, che si attesta su valori molto superiori ai 125 miliardi, sia la stima della pressione fiscale effettiva, la quale raggiunge un livello ben superiore al 54 per cento del 2009 (più alto tanto del 51,4 per cento stimato dal Centro studi di Confindustria lo scorso giugno quanto del 43,2 per cento della pressione apparente contenuta nei documenti ufficiali).
Rileva quindi come, nell'attuale situazione, divengano ancora più insopportabili i costi dell'evasione fiscale e della corruzione, ricordando, in particolare, che il 30 per cento della base imponibile dell'IVA viene regolarmente evaso, per oltre 30 miliardi di euro l'anno, cifra che sale vertiginosamente ad oltre 100 miliardi qualora si consideri l'evasione di altre imposte come IRPEF o IRAP.
Con riferimento a tale tema, rammenta come anche il Governatore della Banca d'Italiaabbia sovente segnalato che l'evasione fiscale rappresenta un freno alla crescita, in quanto richiede tasse più elevate per chi le paga e riduce le risorse alle politiche sociali.
In tale contesto, rappresenta una costosa anomalia, per l'Erario, il meccanismo del Prelievo erariale unico (PREU), applicabile, ai sensi dell'articolo 39, comma 13, del decreto-legge n. 269 del 2003, ai proventi delle società concessionarie relativamente agli apparecchi di gioco collegati in rete.
A tale proposito, preannuncia la presentazione di alcune proposte emendative, che auspica possano trovare accoglimento, concernenti l'incremento delle aliquote del PREU e il regime di concessione per la gestione telematica degli apparecchi da gioco, finalizzate a reperire risorse aggiuntive senza mettere le mani nelle tasche dei cittadini onesti, secondo uno slogan caro al Presidente del Consiglio, ma introducendole invece legittimamente in quelle dei furbetti e dei prepotenti, i quali hanno utilizzato ogni mezzo per avvantaggiarsi a scapito della collettività.
Tornando al tema del lavoro, evidenzia come, secondo il Centro studi della CGIL, l'IRES, i lavoratori italiani abbiano perduto, fra il 2000 e il 2010, 5.453 euro in termini di potere d'acquisto, in parte a causa di un livello di inflazione più alto di quanto previsto e conteggiato in sede di rinnovo dei contratti di lavoro (3.384 euro), in parte in ragione della mancata restituzione del «fiscal drag», che ha comportato

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per ogni lavoratore un prelievo aggiuntivo medio di 2.000 euro, dovuto al progressivo aumento delle aliquote sui redditi per effetto dell'aumento del costo della vita. In totale, nei dieci anni presi a riferimento, la perdita del potere di acquisto sulla somma di tutte le retribuzioni ha raggiunto la quota di 44 miliardi, che sono stati sottratti alle famiglie, diminuendo la domanda interna, riducendo i consumi e alimentando la crisi.
Di fronte a questa incontestabile situazione, considera urgente e prioritaria l'adozione di interventi -invece totalmente assenti nel decreto-legge n. 78 del 2010 e nel disegno di legge di stabilità in esame - volti a riequilibrare il carico tributario, riducendo la pressione fiscale sui redditi da lavoro, sulle pensioni e sugli investimenti delle piccole e medie imprese.
In particolare, ritiene che il contenuto complessivo della manovra, attuata prima con il decreto-legge n. 78 del 2010, ed ora con il disegno di legge di stabilità, debba essere integrato sotto molteplici profili.
In primo luogo occorre introdurre un'addizionale del 7,5 per cento sui capitali regolarizzati tramite lo scudo fiscale, nonché ripristinare le norme di contrasto all'evasione fiscale introdotte dal Governo Prodi. In secondo luogo, occorre procedere con decorrenza immediata al recupero delle somme dovute dai contribuenti che hanno aderito ai condoni fiscali 2003-2004 e che non hanno pagato buona parte delle rate da loro dovute, secondo quanto già da tempo denunciato dalla Corte dei conti.
Inoltre, è necessario innalzare al 20 per cento l'aliquota d'imposta sulle plusvalenze finanziarie speculative, con l'esclusione dei rendimenti dei titoli di Stato, e ridurre la quota di deducibilità delle sofferenze creditizie, aumentando invece le detrazioni per carichi familiari, alleggerendo il carico IRPEF sui redditi bassi e medi da lavoro e da pensione, diminuendo l'imposta sulle tredicesime, nonché operando sul meccanismo delle detrazioni.
È altresì opportuno ridurre, per le piccole e medie imprese, il peso del costo del lavoro sul calcolo dell'imponibile IRAP, prevedere il pagamento dell'IVA al momento in cui si incassa effettivamente il corrispettivo della cessione di beni o di servizi, nonché introdurre agevolazioni fiscali per favorire la capitalizzazione delle piccole e medie imprese, defiscalizzando parzialmente gli utili reinvestiti da parte delle stesse PMI.
Considera quindi necessario introdurre un meccanismo di determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche e delle società di capitale minori, a rettifica delle dichiarazioni pregresse, nonché prevedere misure di contrasto alle forme di elusione fiscale realizzate tramite società di comodo. Ulteriormente segnala l'esigenza di eliminare il Prelievo erariale unico, al fine di ricondurre la tassazione delle società concessionarie dei giochi al regime fiscale ordinario previsto per la generalità delle società, cancellando, in tal modo, il privilegio di cui godono le predette società concessionarie, nonché inserendo l'ipotesi di mancato collegamento degli apparecchi di gioco alla rete telematica tra le fattispecie per le quali l'articolo 5 del decreto legislativo n. 74 del 2000 stabilisce l'applicazione della reclusione da uno a tre anni.
Ritiene, conclusivamente, che la politica economica del Governo, oltre a non prestare attenzione alle necessità delle fasce più deboli della popolazione, non sia all'altezza dei bisogni dell'intera collettività nazionale.
Nell'esprimere il giudizio completamente negativo del gruppo dell'Italia dei Valori sui provvedimenti in esame, preannunciando quindi, la formulazione di una proposta alternativa di relazione sui di essi.

Stefano GRAZIANO (PD) osserva come i provvedimenti in esame prestino il fianco a gravi obiezioni, riguardanti non soltanto il merito, ma anche il metodo che ne ha caratterizzato l'iter.
Sotto quest'ultimo profilo, rileva come il Governo, dopo avere già presentato in ritardo lo Schema di Decisione di finanza pubblica - sul quale la Camera e il Senato si sono espresse con risoluzioni parzialmente difformi - sia incorso in un'ulteriore

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violazione delle disposizioni recentemente introdotte dalla legge n. 196 del 2009, di riforma della disciplina di contabilità pubblica e finanza pubblica, in relazione ai tempi di approvazione del predetto Schema, che è propedeutico alla presentazione al Parlamento del disegno di legge di stabilità e del disegno di legge di bilancio.
Per quanto concerne il merito, osserva innanzitutto come il disegno di legge di stabilità, pur rispettando le previsioni della legge di contabilità relative al contenuto proprio di tale strumento legislativo, non contenga disposizioni riferite alla materia fiscale ovvero alla disciplina del Patto di stabilità interno, per la cui revisione i comuni premono da tempo.
Evidenzia, peraltro, come il predetto disegno di legge sia stato approvato all'esito di un confronto, all'interno della maggioranza e dello stesso Esecutivo, molto più complesso di quello risultante dalle dichiarazioni ufficiali del Ministro Tremonti - secondo il quale il provvedimento sarebbe stato approvato all'unanimità -, com'è dimostrato dal fatto che è stata contestualmente autorizzata la posizione della questione di fiducia.
Sottolinea, altresì, come il disegno di legge di stabilità, contrariamente a quanto affermato dal Ministro dell'economia e delle finanze, modifichi il quadro di riferimento finanziario definito con la manovra estiva per il periodo 2011-2013, rimodulando risorse di importo significativo e relative ad ambiti importanti.
In particolare, vengono spostati al triennio 2011-2013 otto miliardi di finanziamenti alle aree sottoutilizzate (FAS) in bilancio per il 2014 e per gli anni successivi, confermando la logica dei tagli alle risorse per il Sud. Tagli consistenti riguardano inoltre le missioni internazionali di pace, per cui sono a rischio la copertura della ratifica di accordi già siglati e la cooperazione allo sviluppo, con le inevitabili ripercussioni negative sull'immagine del nostro Paese a livello internazionale. Sono previsti tagli anche per la difesa e le spese relative alla manutenzione, all'efficienza dei mezzi e alla sicurezza del personale, in contraddizione con l'intendimento, più volte manifestato da esponenti del Governo, di accrescere gli standard di sicurezza. Parimenti grave appare il de finanziamento del Fondo per la non autosufficienza e del Fondo speciale per la social card.
Per quanto riguarda lo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, più direttamente attinente agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, rileva come il programma «Incentivi di sostegno tramite il sistema della fiscalità» evidenzi una riduzione di 1,9 miliardi di euro, segnalando, altresì, come il centro di responsabilità «Guardia di Finanza» registri uno stanziamento per il 2011 inferiore di 70 milioni rispetto al dato assestato del 2010.
Ritiene, quindi, che l'annunciato avvio di una fase dell'azione dell'Esecutivo dedicata allo sviluppo, la quale dovrebbe comprendere riforme nei settori del nucleare, della pubblica amministrazione, del fisco e delle politiche per il Mezzogiorno, si collochi in un contesto caratterizzato dalla mancata individuazione delle risorse a ciò necessarie, nonché dalla mancanza di coesione all'interno della compagine governativa, a rafforzare la quale provvederà, molto probabilmente, un provvedimento d'urgenza di fine anno, che fungerà da raccoglitore di tutte le istanze di provenienza ministeriale finora rispedite ai mittenti.
In proposito, considera urgente aprire una seria riflessione sui temi del rilancio economico del Paese, evidenziando il mancato rispetto degli impegni dall'Esecutivo e l'inadeguatezza dell'azione di Governo, che rischia di peggiorare ulteriormente la condizione di depressione nella quale il Paese si trova attualmente.

Gianfranco CONTE, presidente, ritiene che alcune delle tematiche oggetto dell'intervento del deputato Graziano saranno prossimamente affrontate dal Governo.

Silvana Andreina COMAROLI (LNP), relatore, ritiene che molte delle osservazioni espresse dal deputato Graziano siano

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fondate, rilevando al tempo stesso come il disegno di legge di stabilità abbia, anche alla luce delle modifiche apportate dalla legge n. 196 del 2009 al ciclo di bilancio, la finalità precipua di assicurare la stabilizzazione dei conti pubblici, mentre gli interventi per il sostegno allo sviluppo economico saranno oggetto di un ulteriore, specifico provvedimento legislativo.
Con riferimento al tema della lotta all'evasione, sottolinea come il decreto-legge n. 78 del 2010 abbia già previsto norme e risorse finanziarie volte a potenziare l'attività di contrasto contro tale fenomeno, che ha, del resto, costituito uno degli aspetti prioritari della politica perseguita dal Governo nel corso della presente legislatura.
Rileva quindi, su un piano più generale, come la crisi economica in atto abbia natura mondiale, e non sia pertanto ascrivibile al Governo la responsabilità di un fenomeno che ha caratteristiche globali; l'Esecutivo ha, peraltro, saputo, in tale difficilissimo contesto, salvaguardare la stabilità dei conti pubblici italiani, senza aumentare il prelievo tributario, consentendo pertanto al Paese di superare la difficilissima congiuntura decisamente meglio di altri Paesi europei. Ritiene quindi che ci siano ormai le condizioni per avviare una nuova fase, nella quale il Governo, sia pure rispettando l'esigenza di garantire la tenuta dei conti pubblici, saprà adottare misure efficaci per rilanciare l'economia nazionale.
Evidenzia quindi come la nuova struttura del disegno di legge di stabilità, che ha sostituito il precedente strumento della legge finanziaria, abbia migliorato la leggibilità del provvedimento, consentendo al Parlamento di esaminare in modo molto più ordinato e trasparente la manovra elaborata dal Governo, evitando di disperdersi nell'esame di un numero esorbitante di proposte emendative che finivano per stravolgere il contenuto del provvedimento stesso in modo opaco e convulso.

Giampaolo FOGLIARDI (PD), pur riconoscendo la delicatezza della situazione, ritiene che il Governo non stia riservando la dovuta attenzione a questioni cruciali per l'economia del Paese, le quali richiederebbero l'adozione di interventi risoluti, che l'Esecutivo, invece, continua a rinviare.
Rileva, in particolare, come il 90 per cento circa degli accertamenti effettuati dall'Amministrazione finanziaria riguardino artigiani e piccoli imprenditori, sui quali gli uffici locali dell'Agenzia delle entrate concentrano la propria attività di verifica soprattutto nella seconda parte dell'anno, nel tentativo di rispettare gli obiettivi di gettito loro assegnati a livello centrale.
A tale proposito, sottolinea come la fissazione dei predetti obiettivi sia fonte di numerose distorsioni. In primo luogo, in quanto alimenta comportamenti degli uffici finanziari particolarmente vessatori nei confronti dei soggetti economici di piccole o piccolissime dimensioni, di cui alimenta il malcontento nei confronti delle istituzioni, e, dall'altro, in quanto risulta paradossalmente vantaggiosa proprio per le imprese medie e grandi, nelle quali si annida, spesso, l'evasione più rilevante, che riescono a sfuggire ai controlli in virtù della perversa logica adottata dall'Agenzia delle entrate.
Osserva, inoltre, che una riforma fiscale con la quale l'Esecutivo si limitasse a cambiare la denominazione delle imposte, senza risolvere i problemi reali, quale quello in precedenza segnalato, sarebbe del tutto inutile.
Ritiene quindi necessario approfondire il tema in una prossima audizione del Direttore dell'Agenzia delle entrate, prospettando in tale contesto l'opportunità di ascoltare le associazioni di categoria, al fine di affrontare anche le problematiche relative all'attività di assistenza fiscale da queste prestate, in maniera non sempre appropriata, ai loro associati.

Gianfranco CONTE, presidente, rileva come i temi richiamati dal deputato Fogliardi abbiano un effettivo rilievo, ricordando, tuttavia, come, in parte, l'esigenza di controllo sugli adempimenti tributari delle grandi imprese possa essere soddisfatta attraverso il ricorso allo strumento

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del tutoraggio fiscale, recentemente introdotto dal Governo. Ritiene, pertanto, che il principale problema in materia di controlli e verifiche tributarie riguardi principalmente le imprese di medie dimensioni.
Riconosce, peraltro, come molto spesso gli accertamenti dell'Amministrazione finanziaria si concentrino sulle piccole attività imprenditoriali, rilevando a tale proposito l'esigenza di innovare sotto questo profilo la mentalità di molti uffici finanziari. Reputa, comunque, che le modifiche recentemente apportate alla articolazione territoriale delle Agenzie fiscali, nonché il processo di rafforzamento delle competenze del personale degli uffici finanziari, consentano di realizzare tale obiettivo, che potrà dirsi compiuto solo tra qualche tempo.
Sottolinea inoltre come la questione del sostegno alle imprese italiane non possa essere affrontata solo attraverso strumenti di natura strettamente tributaria, ma come occorra invece intervenire in termini più generali, ad esempio accompagnando le imprese stesse nel loro processo di internazionalizzazione.
Ricorda quindi che il termine per la presentazione degli emendamenti ai provvedimenti in esame, riferiti agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, è stato fissato alle ore 14 della giornata odierna.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta di domani, nel corso della quale si procederà alle votazioni delle eventuali proposte emendative e delle proposte di relazione che saranno formulate dal relatore.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione civile sulla corruzione.
C. 3737 approvata dal Senato, e abbinata.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Nulla osta).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Alessandro MONTAGNOLI (LNP), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, ai fini del parere alla III Commissione Affari esteri, la proposta di legge C. 3737 Li Gotti, approvata dal Senato, recante ratifica ed esecuzione della Convenzione civile del Consiglio d'Europa sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999, e l'abbinata proposta di legge C. 1787 Di Pietro.
Rileva innanzitutto come la Convenzione civile sulla corruzione, di cui si propone la ratifica, si inserisca nell'ambito delle iniziative assunte dal Consiglio d'Europa per fronteggiare il fenomeno della corruzione.
Essa è precipuamente finalizzata ad imporre a ciascuno Stato contraente di prevedere, ove necessario, nel proprio ordinamento giuridico rimedi efficaci contro i danni di natura civilistica sofferti in conseguenza di atti di corruzione, sia sotto il profilo della tutela giudiziale dei diritti ed interessi dei soggetti danneggiati, sia sotto quello sostanziale del risarcimento del danno.
In tale contesto, ricorda che sono attualmente all'esame delle Commissioni riunite Giustizia ed Esteri del Senato le due proposte di legge (A.S. 850 Li Gotti e A.S. 2058 Finocchiaro), recanti ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999.
Rammenta, inoltre, che la legge n. 116 del 2009 ha autorizzato la ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (Convenzione di Merida), adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 31 ottobre 2003, la quale è dunque in vigore anche per l'Italia dal 4 novembre 2009, ed ha introdotto alcune disposizioni di adeguamento interno, attraverso modifiche al codice penale e al codice di procedura penale.
Passando ad analizzare il contenuto specifico della Convenzione, che si articola in tre capi e si compone di ventitre articoli, rileva come gli articoli da 1 a 13 rechino le misure da adottarsi a livello nazionale ai fini della predisposizione di rimedi contro i danni civili derivanti da atti di corruzione.

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In particolare, l'articolo 1 indica l'oggetto della Convenzione, ed impone a ciascuno Stato contraente di prevedere, ove necessario, nel proprio ordinamento giuridico efficaci rimedi in favore dei soggetti che hanno sofferto danni in conseguenza di atti di corruzione, sia sotto il profilo della tutela giudiziale dei loro diritti ed interessi, sia sotto quello sostanziale del risarcimento del danno sotto il profilo del ristoro economico.
L'articolo 2 reca la definizione di «corruzione» intesa come richiesta, offerta, dazione, accettazione, diretta o indiretta, di una «provvigione illecita o altro indebito vantaggio», con distorsione della condotta e rispetto dei doveri propri della funzione esercitata da parte del beneficiario.
L'articolo 3 dispone in tema di risarcimento del danno, stabilendo che gli Stati contraenti devono garantire, nel proprio ordinamento giuridico, la possibilità per il danneggiato di vedere giudizialmente tutelato il proprio diritto all'integrale ristoro del pregiudizio sofferto mediante risarcimento dei danni patrimoniali, compreso il mancato guadagno (lucro cessante), e di quelli non patrimoniali.
Ai sensi dell'articolo 4, che regola il regime della responsabilità, è stabilito che il risarcimento del danno è subordinato alla sussistenza di precisi presupposti:
1) che il convenuto abbia commesso o autorizzato un atto di corruzione ovvero abbia omesso di adottare misure atte a prevenirlo;
2) che il soggetto il quale richiede il risarcimento abbia patito un danno;
3) che sussista un nesso di causalità tra l'atto di corruzione ed il danno.

È inoltre previsto che, in caso di pluralità di soggetti danneggianti, questi possano essere chiamati a rispondere dei danni in via solidale o separatamente.
L'articolo 5 contempla la responsabilità dello Stato contraente, ovvero dalle autorità competenti del soggetto diverso dallo Stato, per il danno cagionato dal pubblico ufficiale che abbia commesso un atto di corruzione.
L'articolo 6 prevede la diminuzione o la soppressione del risarcimento del danno nella misura corrispondente al concorso del danneggiato nel cagionare il danno o nel suo aggravamento.
L'articolo 7 stabilisce che il giudizio di risarcimento del danno subìto in conseguenza dell'atto di corruzione sia soggetto ad un termine di prescrizione, non inferiore a tre anni, dal momento in cui il danneggiato ha avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza dell'atto di corruzione o del danno sofferto e dell'identità del responsabile. Tuttavia il giudizio non può essere iniziato trascorso un termine non inferiore a dieci anni, a decorrere dal momento in cui l'atto di corruzione è stato commesso. Il termine di prescrizione è assoggettabile a sospensione o ad interruzione.
Ai sensi dell'articolo 8, l'ordinamento giuridico di ciascuno degli Stati contraenti deve prevedere che qualsiasi contratto o clausola contrattuale avente ad oggetto un atto di corruzione sia considerato nullo, e ciascuna parte contrattuale il cui consenso sia rimasto viziato dall'atto di corruzione possa chiedere l'annullamento del contratto stipulato quale oggetto della corruzione, salvo il diritto al risarcimento del danno.
L'articolo 9 impone l'introduzione nel diritto interno di ciascuno Stato contraente di un'adeguata tutela in favore dei dipendenti che denuncino in buona fede alle autorità competenti fatti di corruzione di cui abbiano giusti motivi di sospetto.
Per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala l'articolo 10, il quale richiede che gli ordinamenti interni delle Parti contraenti prevedano che i bilanci delle Società siano redatti nel rispetto dei principi di trasparenza e veridicità, in modo da fornire una fedele rappresentazione della situazione finanziaria, e che le persone incaricate del controllo dei conti si accertino della fedele rispondenza dei bilanci alla situazione finanziaria della società.

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L'articolo 11 richiede la previsione di efficaci modalità di acquisizione della prova nell'ambito dei processi concernenti un atto di corruzione, mentre l'articolo 12 richiede di prevedere adeguate misure di tutela cautelare da adottare nell'ambito dei procedimenti civili concernenti un atto di corruzione.
Gli articoli da 13 e 14 regolano la cooperazione internazionale e la vigilanza sull'attuazione della Convenzione.
In particolare, l'articolo 13 impone agli Stati contraenti di cooperare efficacemente in relazione ai procedimenti civili concernenti casi di corruzione, in particolare per quanto concerne la notifica di atti, l'acquisizione di prove all'estero, la giurisdizione, il riconoscimento e l'esecuzione di provvedimenti giudiziali, in conformità con le disposizioni degli strumenti internazionali pertinenti relativi alla cooperazione internazionale in materia civile e commerciale di cui essi sono Parte e alle disposizioni del rispettivo diritto interno.
Ai sensi dell'articolo 14 i poteri di vigilanza in ordine all'attuazione della Convenzione da parte degli Stati contraenti sono attribuiti al Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO).
Gli articoli da 15 a 23 concernono le usuali clausole concernenti l'applicazione della Convenzione.
In particolare, l'articolo 15 individua nel Segretario generale del Consiglio d'Europa il depositario della Convenzione e prevede che la Parte firmataria che non sia membro del Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO) al momento della ratifica, accettazione o approvazione della Convenzione, lo diventi automaticamente alla data di entrata in vigore della medesima.
Alla luce della norma di cui al comma 3, che dispone l'entrata in vigore della Convenzione tre mesi dopo il deposito di quattordici ratifiche, la Convenzione civile sulla corruzione è entrata in vigore il 1o novembre 2003.
L'articolo 16 disciplina le modalità di adesione alla Convenzione da parte di Stato non componente del Consiglio d'Europa, prevedendo a tal fine una decisione a maggioranza dello stesso Consiglio, nonché l'assenso unanime delle Parti componenti il Comitato di Ministri del medesimo Consiglio d'Europa, mentre l'articolo 17 stabilisce che non sono ammesse riserve alle disposizioni della Convenzione.
L'articolo 18 prevede che ciascuno Stato contraente, nonché la Comunità europea, indichi, con propria dichiarazione, il territorio o i territori cui si applica la Convenzione, contemplando inoltre i casi di ampliamento dell'ambito territoriale di applicazione e di ritiro della predetta dichiarazione.
A norma dell'articolo 19 la Convenzione non pregiudica i diritti e gli obblighi derivanti da Convenzioni internazionali multilaterali concernenti particolari questioni; si prevede inoltre che le Parti della Convenzione potranno concludere fra di loro accordi bilaterali o multilaterali relativi alle questioni regolamentate dalla presente Convenzione, al fine di completare o rafforzare le disposizioni di quest'ultima o facilitare l'applicazione dei principi da essa sanciti.
L'articolo 20 regola la possibilità di emendare il contenuto della Convenzione, prevedendo che le relative proposte possano essere presentate da ciascuna Parte contraente e che la decisione finale in materia spetti al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa.
L'articolo 21 dispone che il Comitato europeo di cooperazione giuridica (CDCJ) sia tenuto al corrente dell'interpretazione e dell'applicazione della Convenzione e che, in caso di controversia sull'interpretazione o sull'applicazione della Convenzione siano esperite la via negoziale e ogni altro mezzo pacifico a scelta delle Parti, compresa la sottoposizione del caso al Comitato europeo di cooperazione giuridica CDCJ, a un tribunale arbitrale le cui decisioni saranno vincolanti per le Parti o alla Corte internazionale di giustizia, su una base di un accordo tra le Parti interessate.

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Gli articoli 22 e 23 regolano, rispettivamente, le modalità di denuncia della Convenzione ed i compiti del Segretario generale del Consiglio d'Europa in ordine alle notifiche concernenti la Convenzione stessa.
Considerato che il provvedimento non presenta profili problematici per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, propone di esprimere su di esso nulla osta.

La Commissione approva la proposta del relatore.

La seduta termina alle 12.05.