CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 20 ottobre 2010
384.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (II e VI)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 20 ottobre 2010. - Presidenza del presidente della II Commissione, Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Sonia Viale.

La seduta comincia alle 14.45.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 142 del 2008, recante attuazione della direttiva 2006/68/CE, relativa alla costituzione delle società per azioni nonché alla salvaguardia e alle modificazioni del capitale.
Atto n. 263.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio).

Le Commissioni iniziano l'esame dello schema di decreto legislativo.

Nicola MOLTENI (LNP), relatore per la II Commissione, anche a nome del deputato Germanà, relatore per la VI Commissione, illustra il contenuto del provvedimento.
Rileva come le Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze) siano chiamate ad esprimere il parere al Governo sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 142 del 2008, recante attuazione della direttiva 2006/68/CE, relativa alla costituzione delle società per azioni nonché alla salvaguardia e alle modificazioni del capitale (Atto n. 263).
In linea generale evidenzia come il provvedimento, il quale è stato predisposto ai sensi della delega integrativa e correttiva di cui all'articolo 1, comma 5, della legge n. 34 del 2008 (Legge comunitaria 2007), contenga alcune correzioni a norme del codice civile in materia di conferimenti in natura, acquisto di azioni proprie e aumenti di capitale, sostanzialmente volte a chiarire dubbi interpretativi, a migliorare alcune formulazioni, nonché ad armonizzare talune disposizioni alla luce di altre modifiche apportate in tali ambiti da precedenti interventi normativi.
L'articolo 1 dello schema di decreto reca, ai commi 1, 2 e 5, una serie di modifiche al codice civile volte a meglio specificare il procedimento di valutazione cui devono essere sottoposti i conferimenti

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al capitale delle società diversi dal danaro (beni in natura o crediti), sia se effettuati in sede di costituzione della società sia se effettuati in sede di aumento del capitale sociale, al fine di garantire una valutazione oggettiva e veritiera di tali conferimenti, evitando il rischio che ad essi possa venire riconosciuto un valore nominale superiore a quello reale, con danno per la società, per i soci e per le eventuali ragioni dei terzi.
Nel dettaglio, il comma 1 incide sulla disciplina, contenuta nell'articolo 2343-ter del codice civile, relativa ai conferimenti di beni in natura o crediti senza la relazione giurata di stima del valore di tali beni predisposta dall'esperto nominato dal tribunale, prevista in tali casi, in linea generale, dall'articolo 2343, primo comma, del codice civile.
Al riguardo ricorda che l'articolo 2343-ter, secondo comma, consente di omettere la predetta relazione (oltre che nel caso, previsto dal primo comma, in cui si tratti di valori mobiliari o di strumenti del mercato monetario il cui valore è pari o inferiore al prezzo medio ponderato di mercato registrato nei sei mesi antecedenti il conferimento), anche qualora il valore attribuito, ai fini della determinazione del capitale sociale e dell'eventuale sovrapprezzo, ai beni in natura o ai crediti conferiti, diversi dai valori mobiliari ovvero dagli strumenti del mercato monetario, corrisponda:
a) al valore equo ricavato da un bilancio approvato da non oltre un anno, purché sottoposto a revisione legale e a condizione che la relazione del revisore non esprima rilievi in ordine alla valutazione dei beni oggetto del conferimento, ovvero;
b) al valore equo risultante dalla valutazione, precedente di non oltre sei mesi il conferimento e conforme ai principi e criteri generalmente riconosciuti per la valutazione dei beni oggetto del conferimento, effettuata da un esperto indipendente da chi effettua il conferimento e dalla società e dotato di adeguata e comprovata professionalità.

La lettera a) del comma 1 novella il citato secondo comma dell'articolo 2343-ter. In dettaglio:
alla lettera a) del predetto comma, il riferimento al valore equo cui deve corrispondere il valore attribuito ai beni in natura o ai crediti è sostituito con quello al cosiddetto «fair value», al fine di armonizzare la dizione codicistica con quella utilizzata dal legislatore comunitario;
alla lettera b) del medesimo secondo comma, si prevede che la valutazione del valore dei beni (che non è più qualificato come «equo», alla luce delle modifiche apportate alla precedente lettera a)) deve essere effettuata da un esperto che sia indipendente non soltanto da chi effettua il conferimento e dalla società, ma anche dai singoli soci che esercitano, individualmente, o congiuntamente, il controllo sul soggetto conferente o sulla società.

La lettera b) del comma 1 inserisce inoltre un nuovo comma dopo il quarto comma dell'attuale articolo 2343-ter del codice civile, con il quale si specifica che, per la definizione di «fair value», si deve fare riferimento ai principi contabili internazionali adottati dall'Unione europea.
Il comma 2 interviene, modificando il primo e il secondo comma dell'articolo 2343-quater del codice civile, sulla disciplina da applicarsi in presenza di fatti eccezionali o rilevanti che incidono sulla valutazione dei conferimenti di beni di natura o crediti, prevista dal predetto articolo 2343-quater.
Al riguardo ricorda che tale disposizione prevede attualmente, al primo comma, che gli amministratori debbano verificare, entro trenta giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese della società, se, nel periodo successivo a quello di cui all'articolo 2343-ter, primo comma (cioè trascorsi i 6 mesi precedenti al conferimento dei beni), sono intervenuti fatti eccezionali che hanno inciso sul prezzo dei valori mobiliari o degli strumenti del mercato monetario conferiti, in modo tale da modificare sensibilmente il valore di tali beni alla data effettiva del

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conferimento, comprese le situazioni in cui il mercato dei valori o strumenti non è più liquido, ovvero se, successivamente al termine dell'esercizio cui si riferisce il bilancio dal quale è stato ricavato il valore equo del bene, o successivamente alla data della valutazione dei beni, si sono verificati fatti nuovi rilevanti tali da modificare sensibilmente il valore equo dei beni o dei crediti conferiti. Gli amministratori sono tenuti a verificare altresì i requisiti di professionalità ed indipendenza dell'esperto che ha reso la predetta valutazione.
Il secondo comma dispone invece che, qualora gli amministratori ritengano siano intervenuti fatti eccezionali che abbiano modificato sensibilmente il valore dei beni, ovvero ritengano non idonei i requisiti di professionalità e indipendenza dell'esperto che ha reso la valutazione, essi debbano procedere ad una nuova valutazione.
A seguito delle modifiche proposte dal comma 2, lettera a), al primo comma dell'articolo 2343-quater, la variazione del valore dei beni conferiti rileva alla data di iscrizione della società nel registro delle imprese, non facendosi inoltre più riferimento al valore «equo» per la valutazione della variazione del valore.
Inoltre, ai sensi delle modifiche proposte dal comma 2, lettera b), al secondo comma dell'articolo 2343-quater, gli amministratori, qualora ritengano che si debba procedere ad una nuova valutazione, non effettuano essi stessi la nuova valutazione, ma conservano soltanto l'iniziativa a procedere a tale nuova valutazione.
Il comma 5 sostituisce l'articolo 2440 del codice civile, relativo ai conferimenti di beni in natura e di crediti.
Nel dettaglio, la nuova formulazione proposta dell'articolo 2440 stabilisce, al primo comma, che se l'aumento di capitale avviene mediante conferimento di beni in natura o di crediti, si applicano le disposizioni degli articoli 2342, terzo e quinto comma, e 2343, relative, rispettivamente, all'obbligo di liberazione integrale delle azioni corrispondenti a conferimenti in natura, al divieto di conferire prestazioni di opera e servizi ed alla stima dei conferimenti in natura o in crediti.
Il secondo comma stabilisce inoltre che l'aumento di capitale mediante conferimento di beni in natura o di crediti può essere sottoposto, su decisione degli amministratori, alla disciplina di cui agli articoli 2343-ter e 2343-quater, richiamati in precedenza.
Il terzo comma specifica che ai fini dell'applicazione dell'articolo 2343-ter, primo comma (esclusione dalla relazione di stima nel caso in cui ai valori mobiliari o agli strumenti del mercato monetario conferiti sia stato attribuito un valore pari o inferiore al prezzo medio ponderato al quale essi sono stati negoziati nei 6 mesi antecedenti al conferimento), rileva il periodo di negoziazione di sei mesi precedenti la data alla quale si riferisce la relazione degli amministratori; il conferimento va eseguito entro sessanta giorni da tale data, ovvero entro novanta giorni qualora l'aumento sia deliberato da una società che fa ricorso al mercato del capitale di rischio.
Ai sensi del quarto comma, qualora trovi applicazione l'articolo 2343-ter, secondo comma (esclusione dalla relazione di stima nel caso in cui il valore dei beni in natura o dei crediti conferiti corrisponda al fair value ricavato da un bilancio precedente o da una valutazione precedente di un esperto), il conferimento va eseguito, nel caso di cui alla lettera a) dell'articolo 2343-ter, secondo comma (valore ricavato da bilancio), entro il termine dell'esercizio successivo a quello cui si riferisce il bilancio, ovvero nel caso di cui alla lettera b) (valore risultante da valutazione), entro sei mesi dalla data cui si riferisce la valutazione.
In base al quinto comma, la verifica determinata da fatti eccezionali o rilevanti prevista dall'articolo 2343-quater, primo comma, deve essere eseguita dagli amministratori nel termine di trenta giorni dall'esecuzione del conferimento ovvero, se successiva, dalla data di iscrizione nel registro delle imprese della deliberazione di aumento del capitale.
Secondo il sesto comma, uno o più soci che rappresentino, e che rappresentavano alla data della delibera di aumento del

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capitale, almeno il ventesimo del capitale sociale, nell'ammontare precedente l'aumento, qualora siano conferiti beni in natura o crediti valutati ai sensi dell'articolo 2343-ter, secondo comma, possono chiedere che si proceda ad una nuova valutazione. Alla domanda dei soci non si ricollega alcun effetto qualora gli amministratori, all'esito della verifica prevista dal quinto comma, procedano loro stessi ad una nuova valutazione.
La previsione di cui al sesto comma, che conferisce ad una minoranza di azionisti il potere di chiedere una nuova valutazione dei beni conferiti in natura o dei crediti conferiti per i quali sia già stata effettuata la relazione di cui all'articolo 2343, non solo nel caso in cui sia stata conferita agli amministratori la delega a procedere ad aumento di capitale, risolve il dibattito insorto in dottrina in materia, legato ad un problema di interpretazione di una disposizione della direttiva 2006/68/CE.
I commi 3 e 4 recano modifiche alla disciplina del codice civile relativa alle azioni proprie.
In particolare, il comma 3 sostituisce il secondo comma dell'articolo 2357-ter del codice civile.
A tale proposito ricorda che la vigente formulazione del predetto secondo comma stabilisce che, finché le azioni restano in proprietà della società, il diritto agli utili e il diritto di opzione sono attribuiti proporzionalmente alle altre azioni; l'assemblea può tuttavia, alle condizioni previste dal primo e secondo comma dell'articolo 2357 (cioè entro il limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio e secondo le modalità fissate dall'assemblea stessa), autorizzare l'esercizio totale o parziale del diritto di opzione. Il diritto di voto è sospeso, ma le azioni proprie sono tuttavia computate nel capitale ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell'assemblea.
La nuova formulazione proposta del secondo comma elimina innanzitutto, al primo periodo, il potere dell'assemblea di autorizzare l'esercizio totale o parziale del diritto di opzione.
Inoltre, al secondo periodo, oltre a confermare la vigente previsione secondo cui il diritto di voto delle azioni proprie rimane sospeso, si modifica la norma che prevede di computare le predette azioni ai fini del calcolo dei quorum costitutivi e deliberativi dell'assemblea: mentre nella formulazione attuale si fa riferimento al capitale, tale richiamo non è più contemplato nella novella proposta, al fine di tenere conto dei casi nei quali i quorum non siano determinati in rapporto al capitale sociale.
Si introduce altresì un nuovo terzo periodo, il quale specifica che, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il computo delle azioni proprie è disciplinato dall'articolo 2368, terzo comma, ai sensi del quale le azioni per le quali non può essere esercitato il diritto di voto sono computate ai fini della regolare costituzione dell'assemblea; le medesime azioni, nonché quelle per le quali il diritto di voto non è stato esercitato a seguito della dichiarazione del soggetto al quale spetta il diritto di voto di astenersi per conflitto di interessi, non sono tuttavia computate ai fini del calcolo della maggioranza e della quota di capitale richiesta per l'approvazione della deliberazione.
In sostanza, le modifiche apportate al secondo comma l'articolo 2357-ter separano più chiaramente il regime applicabile alle società quotate rispetto a quello applicabile alle altre società (cosiddette «chiuse») con riferimento alla disciplina del computo delle azioni proprie.
In tal modo si risolve un contrasto interpretativo insorto in materia e si mantiene una normativa più rigorosa per le deliberazioni assembleari delle società «chiuse», al fine di evitare che l'acquisto di azioni proprie, effettuato evidentemente con le risorse comuni della società, possa determinare un ulteriore vantaggio in favore degli azionisti di controllo in sede assembleare ed a danno degli azionisti di minoranza, per i quali non sussiste, a differenza delle società quotate, il rimedio

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rappresentato dalla più facile possibilità di uscire dal capitale della società vendendo sul mercato i propri titoli.
Il comma 4 sostituisce il terzo comma dell'articolo 2359-bis del codice civile, in materia di acquisto di azioni o quote da parte di società controllate.
In merito rammenta che il predetto articolo 2359-bis prevede attualmente, al primo e secondo comma, che la società controllata non può acquistare azioni o quote della società controllante se non nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono essere acquistate soltanto azioni interamente liberate. L'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea a norma del secondo comma dell'articolo 2357.
Il terzo comma dell'articolo prevede, in particolare, che in nessun caso il valore nominale delle azioni o quote acquistate a norma dei commi precedenti può eccedere la decima parte del capitale della società controllante, tenendosi conto a tal fine delle azioni o quote possedute dalla medesima società controllante e dalle società da essa controllate.
La nuova formulazione proposta del citato terzo comma elimina il limite massimo, in rapporto al capitale, di azioni o quote della società controllante non quotata che possono essere acquistate dalla società controllata, ed innalza dal 10 per cento al 20 per cento del capitale sociale la quantità massima di azioni o quote che la controllata può acquisire nella controllante, qualora quest'ultima sia quotata, tenendosi comunque conto delle azioni possedute dalla medesima società controllante o dalle società da essa controllate.
La relazione illustrativa allegata allo schema di decreto afferma che tale modifica è finalizzata ad armonizzare la disciplina relativa all'acquisto di azioni della controllante da parte della controllata con la disciplina relativa all'acquisto delle azioni proprie da parte della società contenuta nell'articolo 2357 del codice civile, anche alla luce delle modifiche a tale articolo apportate, prima, dall'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 142 del 2008 e, successivamente, dall'articolo 7, comma 3-sexies, del decreto-legge n. 5 del 2009.
A tale proposito ricorda che il decreto legislativo n. 142 ha eliminato il limite massimo percentuale del 10 per cento all'acquisto delle azioni proprie da parte delle società non quotate, mantenendo tale limite solo per le quotate, mentre il decreto - legge n. 5 ha innalzato la predetta percentuale al 20 per cento per le medesime quotate.
In tale contesto il Governo ritiene opportuno parallelamente eliminare il limite di acquisto delle controllate nelle controllanti non quotate, ed innalzare al 20 per cento anche il limite di acquisto delle azioni della controllante ad opera della società controllata.
I commi 6, 7 ed 8 apportano alcune innovazioni alla disciplina codicistica relativa gli aumenti di capitale.
In particolare, il comma 7 integra il sesto comma dell'articolo 2441 del codice civile, relativo alla disciplina delle proposte di aumento del capitale con esclusione o limitazione del diritto di opzione.
Al riguardo ricorda che la citata disposizione prevede attualmente che il parere del collegio sindacale sulla congruità del prezzo di emissione delle azioni e la relazione giurata dell'esperto designato dal Tribunale devono restare depositati nella sede della società durante i quindici giorni che precedono l'assemblea e finché questa non abbia deliberato, e che i soci devono poterne prendere visione.
L'integrazione proposta stabilisce che può essere depositata nella sede della società, in alternativa alla relazione giurata dell'esperto designato dal Tribunale, la documentazione indicata dall'articolo 2343-ter, terzo comma, del codice civile (si tratta della documentazione, da allegare all'atto costitutivo della società, dalla quale risulta il valore attribuito ai conferimenti in beni in natura e crediti, nonché la sussistenza delle condizioni richieste per la validità delle valutazioni (ricavate da bilancio o effettuate da un esperto) circa il valore dei beni effettuate in precedenza,

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in presenza delle quali non è richiesta la relazione dell'esperto del tribunale sui beni stessi).
Il comma 8 inserisce un nuovo comma nell'articolo 2443 del codice civile.
Ricorda che tale ultima disposizione consente allo statuto della società di attribuire agli amministratori la facoltà di aumentare in una o più volte il capitale fino ad un ammontare determinato e per il periodo massimo di cinque anni dalla data dell'iscrizione della società nel registro delle imprese. Tale facoltà può prevedere anche l'adozione delle deliberazioni di cui al quarto e quinto comma dell'articolo 2441 (relative all'esclusione o alla limitazione del diritto di opzione ai soci per le azioni corrispondenti a conferimenti in natura, ovvero deliberata nell'interesse della società); in questo caso si applica, in quanto compatibile, il sesto comma dell'articolo 2441 (relativo agli obblighi di relazione da parte degli amministratori sui motivi dell'esclusione o della limitazione del diritto di opzione ed all'obbligo di richiedere il parere del collegio sindacale sulla congruità del prezzo di emissione), e lo statuto determina i criteri cui gli amministratori devono attenersi. Tale facoltà può essere attribuita anche mediante modificazione dello statuto per il periodo massimo di cinque anni dalla data della deliberazione. Il verbale della deliberazione degli amministratori di aumentare il capitale deve essere redatto da un notaio e deve essere depositato e iscritto nel registro delle imprese a norma dall'articolo 2436.
La nuova disposizione di cui si propone l'inserimento, che riprende quasi integralmente il contenuto dell'attuale articolo 2440-bis del codice civile, prevede che, qualora sia stata attribuita agli amministratori la facoltà di adottare le deliberazioni di esclusione o limitazione del diritto di opzione ai soci, nel caso in cui essi decidano di deliberare l'aumento di capitale con conferimenti di beni in natura o di crediti senza la relazione dell'esperto, avvalendosi delle disposizioni contenute nell'articolo 2343-ter, il conferimento non può avere efficacia, salvo che consti il consenso di tutti i soci, prima del decorso del termine di trenta giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese della deliberazione di aumento. Entro tale termine è attribuita a uno o più soci che rappresentano, e che rappresentavano alla data della delibera di aumento del capitale, almeno il ventesimo del capitale sociale, nell'ammontare precedente l'aumento medesimo, la facoltà di richiedere che si proceda, su iniziativa degli amministratori, ad una nuova valutazione ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 2343. In mancanza di tale domanda, gli amministratori depositano, per l'iscrizione nel registro delle imprese, la dichiarazione che non sono intervenuti fatti eccezionali o rilevanti che incidono sulla valutazione, unitamente all'attestazione che l'aumento del capitale è stato eseguito, prevista dall'articolo 2444.
Rispetto alla vigente formulazione dell'articolo 2440-bis le principali modifiche consistono nel fatto che si subordina l'efficacia del conferimento di beni in natura o di crediti al decorrere di trenta giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese (mentre secondo la norma vigente il conferimento non può essere eseguito prima di tale termine) e che l'iscrizione nel registro riguarda la deliberazione di aumento di capitale, corredata da una dichiarazione degli amministratori (contenente la descrizione dei beni o crediti, l'attestazione del valore loro attribuito e dell'idoneità dell'esperto che li ha valutati), e non più solo la predetta dichiarazione.
In connessione con tale modifica, si prevede che decorra dalla medesima iscrizione della deliberazione il termine di trenta giorni entro il quale una minoranza di soci che rappresenti almeno il 5 per cento del capitale sociale può richiedere una nuova valutazione sui conferimenti dei beni in natura o dei crediti.
In relazione con la modifica proposta dal comma 8, il comma 6 abroga l'articolo 2440-bis del codice civile.
L'articolo 2 dello schema di decreto legislativo apporta alcune modifiche al

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Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998.
In particolare, il comma 1 modifica l'articolo 132 del TUF, recante la disciplina dell'acquisto di azioni proprie e della società controllante.
Al riguardo ricorda che tale disposizione stabilisce che gli acquisti di azioni proprie, operati ai sensi degli articoli 2357 e 2357-bis, primo comma, numero 1), del codice civile, da società con azioni quotate, devono essere effettuati in modo da assicurare la parità di trattamento tra gli azionisti, secondo modalità stabilite dalla CONSOB con proprio regolamento. Tale previsione si applica anche agli acquisti di azioni quotate effettuati ai sensi dell'articolo 2359-bis del codice civile da parte di una società controllata, ma non agli acquisti di azioni proprie o della società controllante possedute da dipendenti della società emittente, di società controllate o della società controllante e assegnate o sottoscritte a norma degli articoli 2349 e 2441, ottavo comma, del codice civile.
La modifica proposta dal comma 1 esclude l'applicazione della suddetta disciplina recata dall'articolo 132 TUF anche per gli acquisti di azioni proprie o della società controllante possedute da dipendenti della società emittente, di società controllate o della società controllante rivenienti da piani di compenso approvati ai sensi dell'articolo 114-bis dello stesso TUF, il quale disciplina appunto i piani di compensi basati su strumenti finanziari a favore di componenti del consiglio di amministrazione ovvero del consiglio di gestione, di dipendenti o di collaboratori non legati alla società da rapporti di lavoro subordinato, ovvero di componenti del consiglio di amministrazione ovvero del consiglio di gestione, di dipendenti o di collaboratori di altre società controllanti o controllate approvati dall'assemblea ordinaria dei soci.
Il comma 2 dell'articolo 2 sostituisce invece il comma 2 dell'articolo 172, del TUF, che punisce l'acquisto irregolare di azioni.
Al riguardo si ricorda che il comma 1 del predetto articolo 172 stabilisce, per gli amministratori di società con azioni quotate o di società da queste controllate che acquistano azioni proprie o della società controllante in violazione delle disposizioni dell'articolo 132, la sanzione della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da euro 206 a euro 1.032. Il vigente comma 2 dell'articolo 172 specifica che tale disposizione non si applica se l'acquisto è operato sul mercato secondo modalità non concordate con la società di gestione del mercato o diverse da quelle concordate, ma comunque idonee ad assicurare la parità di trattamento tra gli azionisti.
La nuova formulazione del comma 2 esclude l'applicazione della sanzione sopra richiamata qualora l'acquisto di azioni proprie sia operato sul mercato regolamentato secondo modalità diverse da quelle stabilite dalla CONSOB con regolamento, ma che siano comunque idonee ad assicurare la parità di trattamento tra gli azionisti.
Secondo la relazione illustrativa allegata allo schema di decreto, tale modifica è finalizzata ad allineare il comma 2 alla nuova formulazione dell'articolo 132 del TUF, come modificato dall'articolo 9, comma 1, della legge n. 62 del 2005, legge comunitaria per il 2004, che ha affidato al potere regolamentare della CONSOB il compito di determinare le modalità di acquisto delle azioni proprie.
Si riserva quindi di formulare, d'intesa con il relatore per la VI Commissione, Germanà, una proposta di parere all'esito del dibattito.

Giulia BONGIORNO, presidente, chiede alle Commissioni se vi siano le condizioni per esprimere il parere sul provvedimento nella seduta di domani, ovvero se sia preferibile proseguire l'esame anche nella giornata di martedì prossimo.

Alberto FLUVI (PD), considerata la particolare tecnicità e complessità della materia affrontata dallo schema di decreto legislativo, ritiene necessario consentire ai componenti delle Commissioni un adeguato approfondimento del testo, ritenendo

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pertanto opportuno rinviare il seguito dell'esame alla giornata di martedì prossimo, nel corso della quale si potrebbe procedere alla votazione della proposta di parere che sarà formulata dai relatori.

Marilena SAMPERI (PD) concorda con le considerazioni del deputato Fluvi.

Giulia BONGIORNO, presidente, anche alla luce delle considerazioni espresse dai deputati Fluvi e Samperi, rinvia, d'intesa con il Presidente della VI Commissione, il seguito dell'esame ad una seduta che sarà convocata martedì 26 ottobre prossimo.

La seduta termina alle 15.