CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 29 settembre 2010
375.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato per la legislazione
COMUNICATO

TESTO AGGIORNATO AL 13 OTTOBRE 2010

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ESAME AI SENSI DELL'ARTICOLO 16-BIS, COMMA 6-BIS, DEL REGOLAMENTO

Mercoledì 29 settembre 2010. - Presidenza del presidente Antonino LO PRESTI.

La seduta comincia alle 10.30.

Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario.
Esame C. 3687 Governo - Approvato dal Senato.

(Parere alla Commissione VII).
(Esame e conclusione. Parere con condizioni e osservazioni).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Pino PISICCHIO, relatore, illustra la seguente proposta di parere:

«Il Comitato per la legislazione,
esaminato il disegno di legge n. 3687 e rilevato che:
il provvedimento reca una disposizione finalizzata alla riforma del sistema universitario mediante il conferimento di quattro deleghe, ciascuna delle quali con un oggetto specifico e propri principi e criteri direttivi; in particolare, l'articolo 5 conferisce deleghe per la valorizzazione della qualità e dell'efficienza delle università (comma 3), per la revisione della disciplina di contabilità degli atenei (comma 4), per l'introduzione di un sistema di valutazione ex post delle politiche di reclutamento degli atenei (comma 5), per la revisione della normativa in materia di diritto allo studio e definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (comma 6);
il disegno di legge reca, altresì, tre autorizzazioni alla delegificazione, segnatamente per la revisione della disciplina del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari già in servizio (articolo 8, comma 1), e per quelli assunti secondo le nuove disposizioni introdotte dalla legge in esame (articolo 8, comma 3), nonché per la disciplina delle procedure finalizzate al conseguimento della "abilitazione scientifica nazionale" introdotta dall'articolo 16 del testo; le citate norme di delegificazione indicano le norme generali cui la nuova disciplina deve ispirarsi, senza però effettuare la ricognizione delle disposizioni vigenti destinate ad essere abrogate dalla nuova disciplina regolamentare, discostandosi dunque dal modello di delegificazione codificato dall'articolo 17,

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comma 2, della legge n. 400 del 1988 che affida alle norme primarie l'individuazione degli effetti abrogativi destinati a prodursi; in tal senso la circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi (paragrafo 3) raccomanda che sia la norma di autorizzazione ad indicare "espressamente le disposizioni abrogate" con "effetto dalla data di entrata in vigore delle norme regolamentari";
nel procedere ad una complessiva riforma del sistema universitario, con riguardo alla docenza, all'organizzazione ed al funzionamento delle strutture universitarie, nonché alla promozione del diritto allo studio, il provvedimento in esame non realizza un adeguato coordinamento con le preesistenti fonti normative, particolarmente urgente in settori connotati da una peculiare stratificazione normativa come quello in esame; al riguardo, si evidenzia l'assenza nel testo di una delega legislativa (o di uno specifico principio e criterio direttivo per le deleghe ivi conferite) che sia esplicitamente finalizzata al riordino ed alla semplificazione della normativa vigente; in via esemplificativa, si evidenzia che l'articolo 22 esclude in maniera non testuale i professori ed i ricercatori universitari dall'ambito di applicazione dell'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, in materia di collocamento a riposo, e l'articolo 25, comma 5, in materia di determinazione dei posti disponibili nei corsi di laurea in medicina, si sovrappone alla disciplina vigente in materia senza alcun coordinamento (legge n. 264 del 1999);
il disegno di legge effettua talune deroghe alla disciplina vigente, talvolta senza precisare adeguatamente l'ambito della deroga medesima: in particolare, l'articolo 1, comma 2, autorizza implicitamente le università ad organizzarsi in deroga a quanto previsto dall'articolo 2, senza precisare quali siano le norme derogabili; anche l'articolo 6, comma 7, configura una deroga, dagli incerti confini, al regime di incompatibilità "con l'esercizio del commercio e dell'industria" da parte dei professori e ricercatori universitari sancito dalla medesima disposizione; l'articolo 7, comma 1, non chiarisce se la deroga al regime dell'aspettativa dei professori riguardi solo il periodo massimo di fruibilità o l'intera disciplina attualmente vigente, che andrebbe dunque soppressa;
essoreca inoltre disposizioni che contengono richiami normativi effettuati in forma generica, per le quali sarebbe invece opportuno, ove possibile, specificare la normativa oggetto del rinvio (in particolare, l'articolo 2, comma 2, lettera h) richiama il decreto-legge n. 120 del 1995 senza precisare che ci si riferisce all'articolo 6, comma 1; l'articolo 2, comma 1, lettera n) richiama l'articolo 16 del decreto legislativo n. 165 del 2001 in relazione ai "compiti, in quanto compatibili" attribuiti al direttore generale; l'articolo 6, comma 12, e l'articolo 8, comma 1, richiamano il decreto-legge n. 78 del 2010 senza indicare la relativa legge di conversione (legge 30 luglio 2010, n. 122); l'articolo 10, comma 3, rinvia alla "normativa vigente" per la disciplina del procedimento disciplinare davanti al collegio, senza chiarire a quali disposizioni si intenda far riferimento;
il testo contiene, all'articolo 2, comma 2, lettera e) un richiamo alle "funzioni di cui alle lettere a), b) e c)" mentre andrebbe espunto il riferimento alla lettera b); inoltre, l'articolo 25, comma 7, rinvia alla lettera g) del comma 1 dell'articolo 1, mentre quest'ultimo non reca alcuna lettera g);
infine, il disegno di legge presenta numerose espressioni imprecise ovvero dal significato tecnico-giuridico di non immediata comprensione: ad esempio, l'articolo 1, comma 5, si riferisce alle "università svantaggiate"; l'articolo 7, comma 4, stabilisce che in caso di cambiamento di sede, sia possibile conservare "la titolarità dei progetti e dei relativi finanziamenti, ove scientificamente possibile"; l'articolo 12, comma 1, fa riferimento a "progressivi incrementi negli anni successivi" senza indicare l'anno dal quale acquista efficacia la nuova disciplina dei contributi statali;

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il disegno di legge di conversione presentato dal Governo al Senato è corredato sia della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN), sia della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), redatte secondo i modelli stabiliti - rispettivamente - dalla direttiva del Presidente del Consiglio in data 10 settembre 2008 e dal regolamento di cui al decreto del presidente del Consiglio dei ministri 11 settembre 2008, n. 170;

ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dall'articolo 16-bis del Regolamento, debbano essere rispettate le seguenti condizioni:

sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
all'articolo 7, comma 1 - secondo cui "in deroga all'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, i professori universitari possono, a domanda, essere collocati per un periodo massimo di cinque anni, anche consecutivi, in aspettativa" - si chiariscano i rapporti tra tale disposizione e la disciplina che si intende derogare, chiarendo se la deroga riguarda solo i periodi di fruibilità dell'aspettativa (il citato articolo 17 consente non più di due anni accademici in un decennio), o l'intera disciplina dell'articolo 17 in merito al regime di fruibilità dei congedi e dei soggetti che ne possono fruire, determinandone una implicita abrogazione;
all'articolo 25, comma 7 - che si riferisce al procedimento di chiamata dei professori - si verifichi la correttezza del richiamo normativo all'articolo 1, comma 1, lettera g) della legge n. 210 del 1998, in quanto il riferimento corretto appare essere all'articolo 2 della medesima legge, di cui è tuttavia disposta l'abrogazione dall'articolo 1, comma 22, della legge n. 230 del 2005, con decorrenza dall'entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi della delega ivi conferita, in base alla quale è stato adottato il decreto legislativo n.164 del 2006; al riguardo si evidenzia anche che "relativamente al reclutamento dei ricercatori l'abrogazione degli articoli 1 e 2 della legge n. 210 del 1998 decorre dal 30 settembre 2013" (articolo 1, comma 22, della citata legge n. 230);

sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
si provveda a coordinare l'articolo 2, comma 7 - che prevede la trasmissione dello statuto delle università "al Ministero che esercita il controllo previsto all'articolo 6 della legge 9 maggio 1989, n. 168, entro centoventi giorni dalla ricezione dello stesso" - con il citato articolo 6 della legge n. 168, il cui comma 9 già stabilisce che gli statuti ed i regolamenti di ateneo "sono trasmessi al Ministro che, entro il termine perentorio di sessanta giorni, esercita il controllo di legittimità e di merito nella forma della richiesta motivata di riesame", chiarendo quindi se tale norma opera come deroga una tantum alla disciplina ordinaria oppure ne costituisca una modifica implicita che opera a regime.

Il Comitato osserva altresì quanto segue:

sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
nelle seguenti disposizioni, dovrebbe valutarsi se lo strumento normativo ivi previsto sia congruo in relazione agli obiettivi che si intendono conseguire:
a) all'articolo 4 - finalizzato ad istituire il fondo per il merito a favore degli studenti meritevoli - l'intera disciplina di attuazione è demandata ad un "decreto di natura non regolamentare", risultando quindi quest'ultimo atto chiamato a definire tutti i principali elementi attuativi della nuova disciplina;
b) all'articolo 5, comma 3, lettera f), si indica tra i principi e criteri direttivi della delega al Governo la "revisione del trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo indeterminato", mentre il successivo articolo 8 demanda la

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revisione del trattamento economico dei professori e dei ricercatori (già in servizio o vincitori di concorsi) a regolamenti di delegificazione;
c) all'articolo 5, comma 4 - che detta i principi e criteri direttivi per la delega finalizzata alla revisione della disciplina concernente la contabilità degli atenei - sembrerebbe, dal tenore letterale della disposizione, che al decreto legislativo sia sostanzialmente demandata solo la previsione dell'introduzione di tale tipo di contabilità e l'estensione ai dipartimenti del sistema di tesoreria unica mista, ribadendo in sostanza quanto già previsto dalla norma di delega, dal momento che i principi contabili e gli schemi di bilancio sono stabiliti ed aggiornati dal Ministero dell'università, di concerto con il Ministero dell'economia (presumibilmente con decreti ministeriali); inoltre, la lettera f) prevede da un lato la "introduzione del costo standard unitario di formazione per studente in corso" e dall'altro la "individuazione degli indici da utilizzare per la quantificazione del costo standard unitario": anche qui dal tenore letterale della norma, sembrerebbe che il decreto legislativo non debba nemmeno quantificare il costo standard, ma limitarsi ad individuare gli indici da utilizzare per la sua quantificazione, che peraltro non appare chiaro a quale soggetto competa;
d) all'articolo 16 - che reca una ulteriore autorizzazione alla delegificazione, con riguardo alla "abilitazione scientifica nazionale", istituita dal comma 1 del medesimo articolo e che è destinato a sostituire integralmente le procedure di reclutamento attualmente previste - non sembrerebbe necessaria alcuna forma di delegificazione, potendosi avvalere di regolamenti attuativi, ai sensi del comma 1 dell'articolo 17 della legge n. 400 dell'1988, la cui adozione determina l'entrata in funzione del nuovo sistema e l'abrogazione del decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 164, come già previsto dall'articolo 25, comma 9, "dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di cui all'articolo 16, comma 2"; peraltro, in presenza di una pluralità di regolamenti (consentita dalla norma di autorizzazione), si segnala che resta indeterminata la decorrenza dell'abrogazione;
all'articolo 2, comma 1, lettera q) - che detta i "vincoli e criteri direttivi" cui devono attenersi le università nel disciplinare la propria organizzazione, prevedendo la "attribuzione al nucleo di valutazione della funzione di verifica della qualità e dell'efficacia dell'offerta didattica, tenuto conto di quanto previsto dall'articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15" - dovrebbe valutarsi l'esigenza di sostituire il riferimento alla citata legge 15, trattandosi di una disposizione che reca principi e criteri direttivi per una delega legislativa già esercitata e adesso scaduta, eventualmente con un esplicito richiamo alle disposizioni dei decreti legislativi attuativi della delega (n. 150 del 2009 e n. 198 del 2009);
all'articolo 5, comma 7 - che prevede che gli schemi dei decreti legislativi attuativi delle deleghe di cui al medesimo articolo siano emanati previa intesa con la Conferenza Stato-regioni - dovrebbe verificarsi l'opportunità di chiarire gli effetti della eventuale mancanza della medesima intesa sull'esercizio della delega, precisando se in tal caso opera il meccanismo di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 281 del 1997; ciò anche al fine di evitare dubbi interpretativi che potrebbero ingenerarsi tenendo conto che in analoghi precedenti la delega non è stata esercitata (articolo 24, comma 2, della legge n. 328 del 2000; articolo 1, comma 2, della legge n. 53 del 2003; articolo 6 della legge n. 56 del 2005) ovvero è stata esercitata sulla base del parere, in luogo dell'intesa, della Conferenza unificata (articolo 6 della legge n. 171 del 2005) o addirittura è stata esercitata anche in presenza di un esplicito diniego di intesa sul provvedimento (alla delega di cui all'articolo 4 della citata legge n. 53 del 2003, in materia di alternanza scuola-lavoro, è stata data attuazione con il decreto legislativo n. 77 del 2005, il cui preambolo dà conto della "mancata intesa"); da ultimo, con riguardo

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alla legge n. 42 del 2009, in materia di federalismo fiscale, sono stati per ora emanati il decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, recante attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, che dà conto, nelle premesse, del mancato raggiungimento dell'intesa in sede di Conferenza unificata e del parere favorevole della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali (non previsto dalla legge) ed il decreto legislativo 17 settembre 2010, n. 156, in materia di ordinamento transitorio di Roma Capitale, che invece dà conto nelle premesse dell'intesa sancita in sede di Conferenza unificata;
al medesimo articolo 5 dovrebbe inoltre valutarsi l'opportunità di espungere dai principi e criteri direttivi della delega la "previsione che gli eventuali maggiori oneri derivanti dall'attuazione della lettera l) del presente comma siano quantificati e coperti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196", in quanto la disposizione richiamata prevede una peculiare modalità di quantificazione e copertura degli oneri (I decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie) e non sembra quindi costituire un autonomo principio di delega;
all'articolo 8 - che autorizza il Governo ad adottare regolamenti di delegificazione - dovrebbe procedersi, per quanto detto in premessa, ad esplicitare le norme primarie per le quali si produce l'effetto abrogativo a seguito dell'entrata in vigore delle disposizioni regolamentari, in ossequio al modello di delegificazione codificato dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 e della Circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi (paragrafo 3); inoltre, andrebbe precisato se l'effetto abrogativo del comma 2 dell'articolo in esame, che rimuove gli effetti negativi sul piano retributivo per coloro che non abbiano effettuato pubblicazioni scientifiche nel biennio precedente, operi immediatamente ovvero solo a seguito della vigenza della nuova disciplina; infine, dovrebbe eliminarsi la parte finale del comma 4, dal momento che la previsione secondo cui i regolamenti sono adottati "previo parere delle Commissioni parlamentari competenti" opera adesso in via generale per tutti gli schemi di regolamenti di delegificazione, essendo contenuta nell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988;

sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
all'articolo 2:
a) al comma 1, dedicato agli organi delle università:dovrebbe inserirsi alla lettera a) anche il direttore generale;
b) al medesimo comma 1, alla lettera h), andrebbe valutata l'opportunità di richiamare la competenza del consiglio di amministrazione ad approvare non soltanto la proposta di chiamata da parte del dipartimento di cui alla lettera d) del comma 1 dell'articolo 17, (professori ordinari ed associati), ma anche quella di cui all'articolo 21, comma 2, lettera d), che riguarda la proposta di chiamata per i ricercatori a tempo determinato;
c) alla lettera r) del comma 1, dovrebbe precisarsi che il rettore è componente di diritto anche del consiglio di amministrazione (ai sensi della lettera i), mentre la disposizione in commento ne richiama esclusivamente la partecipazione al Senato accademico;
d) al comma 2, riguardante l'articolazione interna delle università, alla lettera e), che richiama le funzioni di cui alle lettere a), b) e c), dovrebbe espungersi il riferimento alla lettera b), che non tratta delle funzioni di alcun organismo;
e) al comma 3 - concernente gli istituti di istruzione universitaria ad ordinamento speciale - dovrebbe specificarsi, in analogia con il comma 2, se si riferisce unicamente alle università statali, tenuto conto che tra gli istituti superiori ad ordinamento speciale figura anche l'università

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per stranieri "Dante Alighieri" di Reggio Calabria, che risulta essere non statale;
f) al comma 5, andrebbe chiarito a chi spetti adottare, a regime, le eventuali modifiche successive dello stesso statuto, dal momento che la disciplina in esame si riferisce solo allo statuto adottato in sede di prima applicazione; peraltro, la disposizione utilizza le parole "quindici componenti, tra i quali" mentre sarebbe corretto chiarire che l'organo è composto di "quindici componenti, di cui";
all'articolo 4, comma 9 - che, novellando l'articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi (decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986) consente la deducibilità fiscale delle erogazioni in favore del "fondo per il merito" istituito dal provvedimento in esame - dovrebbe comunque specificarsi nella norma novellata che ci si intende riferire al Fondo per il merito degli studenti universitari;
all'articolo 9 - che istituisce "un Fondo di ateneo per la premialità di professori e ricercatori in attuazione di quanto previsto dall'articolo 1, comma 16, della legge 4 novembre 2005, n. 230" - dovrebbe effettuarsi una modifica esplicita di quest'ultima disposizione che limita la premialità ai soli "professori a tempo pieno";
all'articolo 17, comma 1, lettera c), andrebbe valutata l'opportunità di chiarire se ci si intenda riferire a tutti i soggetti indicati nella lettera b) (inclusi quindi i professori universitari già in servizio) ovvero soltanto agli "studiosi", come indicato nel testo;
all'articolo 19, comma 4, dovrebbe coordinarsi il riferimento ai "soggetti di cui al comma 1" contenuto nell'alinea (categoria che include università, istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione, nonché l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile e l'Agenzia spaziale italiana), con le lettere a) e b), che invece si riferiscono esclusivamente agli atenei».

Roberto ZACCARIA, nel condividere il parere proposto dal relatore, impostato sulla scorta degli usuali parametri valutativi osservati dal Comitato, sente nondimeno l'esigenza di esprimere forti perplessità di fronte al modo in cui si palesano nel provvedimento due fenomeni critici, purtroppo non infrequenti.
Da un lato, si assiste, ancora una volta, ad una massiccia e disinvolta attribuzione all'Esecutivo di ampi poteri normativi da parte di numerose disposizioni contenute nel provvedimento. Si riferisce, in particolare, alle norme che conferiscono deleghe legislative, nonché autorizzazioni all'adozione di regolamenti di delegificazione e finanche alla previsione di decreti di natura non regolamentare, tra i quali se ne rinviene uno (all'articolo 4) cui si demanda il compito di integrare, con amplissimi margini di autonomia, il precetto legislativo.
Dall'altro lato, questo fenomeno si combina con una evidente confusione nella scelta dello strumento normativo. Il relatore ha ben evidenziato come talune deleghe siano ridondanti e come lo stesso strumento della delegificazione appaia usato in modo incongruo rispetto alle sue caratteristiche e finalità. A ciò si aggiunge la notazione che due materie estremamente simili quali la revisione del trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo indeterminato e la revisione del trattamento economico dei professori e dei ricercatori (già in servizio o vincitori di concorsi) sono rispettivamente rimessi a decreti legislativi la prima, ed a regolamenti di delegificazione la seconda, senza alcuna giustificazione apparente.
In questa sede desidera inoltre richiamare l'attenzione sul ricorso ad una fonte del tutto atipica quale il "decreto ministeriale di natura non regolamentare" che sembra prendere sempre più piede nella prassi.
Viene il sospetto, avanzato anche dalla dottrina, che il ricorso a tale strumento si colleghi ad una "fuga dal regolamento",

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finalizzata alla volontà di aggirare vincoli normativi e procedimentali posti dalla legge n. 400 del 1988. Inoltre, nell'uso di tale strumento appare evidente l'intenzione di mantenere allo Stato una perdurante legittimazione normativa su materie in realtà sottratte dal nuovo testo dell'articolo 117 della Costituzione, sia alla sua potestà legislativa primaria sia alla sua competenza regolamentare, alla luce di quanto evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 303 del 2003. Se tali sospetti risultano fondati, deve ritenersi che lo strumento del decreto non regolamentare sia utilizzato dal Governo per l'esercizio di funzioni normative in violazione della Costituzione e del sistema delle fonti del diritto, pregiudicando così principi fondamentali dello Stato democratico quali quello della competenza normativa e della certezza del diritto.
Per tali ragioni invita i colleghi a valutare iniziative efficaci per evitare che esso si manifesti nelle sue forme più deleterie per la qualità dell'ordinamento giuridico, già in relazione al provvedimento in esame.

Antonino LO PRESTI, presidente, reputa condivisibili le perplessità palesate dal collega Zaccaria, che appaiono fondate su solide argomentazioni.
È indubbio, infatti, che, per la qualità dell'ordinamento, occorre preservare il principio della corrispondenza della forma dell'atto agli effetti dal medesimo prodotti, che invece risulterebbe compromesso se atti giuridici che si auto-qualificano come privi di natura regolamentare siano poi destinati a generare effetti normativi anche di ampia portata. Ne deriverebbe, infatti, non solo un contrasto con il sistema delle fonti ma anche una sostanziale violazione delle procedure e del regime dei controlli legislativamente statuiti. Il principio di legalità si declina anche come tutela dell'effettività del corretto uso delle fonti normative alle quali di volta in volta si sceglie di ricorrere.
Al riguardo, ove il Comitato lo ritenga necessario, manifesta la propria disponibilità a sottoporre tali riflessioni alla Commissione di merito anche mediante una lettera, a sua firma, con cui sottolineare la delicatezza delle questioni sollevate nel parere del Comitato per la legislazione. Ciò al fine di mettere in evidenza problematiche della legislazione che sono rinvenibili nel provvedimento in esame ma che, per certi aspetti, vanno oltre la contingenza del caso specifico, in quanto investono in termini generali l'intero processo di produzione legislativa nella distribuzione di potere normativo tra Parlamento e Governo.

Dopo che Doris LO MORO, Lino DUILIO e Pino PISICCHIO, relatore, hanno concordato, il Comitato approva la proposta di parere.

La seduta termina alle 10.55.