CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 29 settembre 2010
375.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Mercoledì 29 settembre 2010.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 10.35 alle 10.50.

SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 29 settembre 2010. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

La seduta comincia alle 10.50.

Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario.
C. 3687 Governo, approvato dal Senato, e abb.
(Parere alla VII Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole con osservazione).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 28 settembre 2010.

Elena CENTEMERO (PdL), relatore, formula una proposta di parere favorevole con osservazione (vedi allegato), che illustra.

Enrico FARINONE (PD) rileva come, malgrado il fatto che l'osservazione formulata appaia corretta, il gruppo del PD non voterà a favore della proposta di parere presentata, per la contrarietà al provvedimento nel suo complesso.
Ogni migliore intenzione appare infatti superata dai tagli consistenti di fondi, che di fatto definanziano radicalmente il sistema universitario italiano. Università significa futuro, ricerca, intelligenza, che invece con il disegno di legge in esame vengono depresse, come peraltro dimostrato dall'assenza di disposizioni di sostegno per il diritto allo studio e per gli studenti meno abbienti. Si tratta, più in generale, di una riforma di carattere centralistico, che limita fortemente l'autonomia degli atenei; questo determinerà minore responsabilità, minore valutazione e, conseguentemente minore qualità.

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Elena CENTEMERO (PdL), relatore, richiama brevemente, in ordine al tema dei finanziamenti del sistema universitario, quanto detto dal Ministro Gelmini, che ha chiarito come vi sia, per l'anno in corso, il reintegro di 7-8.000 miliardi di euro sul fondo di finanziamento ordinario. Deve inoltre sottolineare, più in generale, come la politica economica del Governo abbia restituito stabilità finanziaria al Paese e come la riforma dell'università si ponga perfettamente in linea con il sistema di governance europeo. Ricorda quindi rapidamente alcuni punti qualificanti del disegno di legge: lo spazio attribuito ai dipartimenti a scapito delle facoltà, il cui numero viene drasticamente ridotto; l'attribuzione dei fondi, non più a pioggia ma in base al sistema dello spin off; la nuova configurazione del ruolo di ricercatore, non più a vita ma a tempo limitato.

Antonio RAZZI (IdV) rileva come le novità introdotte dalla riforma Gelmini abbiano messo in subbuglio il mondo dell'Università. Soprattutto il mondo della ricerca e quindi dei ricercatori. Per risparmiare risorse la nuova legge prevede infatti la fusione degli atenei più piccoli e la razionalizzazione delle facoltà, che per ogni ateneo non potranno essere più di 12. Saranno inoltre passati in rassegna tutti gli oltre 500 corsi di laurea oggi attivi in Italia, con l'obiettivo di eliminare tutti quelli considerati antieconomici, seguiti cioè da un esiguo numero di studenti. La riforma renderà difficile il mantenimento in vita degli atenei, delle facoltà e dei dipartimenti accademici meno efficienti: tanto per cominciare, e per quelli con problemi di bilancio, è previsto il commissariamento. Sulla falsa riga dell'orientamento preso tre anni fa, le università che continueranno a utilizzare più del 90 per cento dei finanziamenti statali per le spese fisse (personale e ammortamenti) verranno inibite dal bandire concorsi per nuove assunzioni.
Ricorda inoltre come il provvedimento elimini l'obbligo di cumulare 1.500 ore annue tra didattica e ricerca: la ricerca non dovrà essere certificata. I Cda non dovranno più avere obbligatoriamente il 40 per cento di membri esterni. I rettori inadeguati potranno incorrere in una mozione di sfiducia da parte del Senato Accademico. Vi sarà un sistema di valutazione di docenti e ricercatori. Ogni tre anni il personale dovrà presentare una relazione sul proprio operato e se la valutazione sarà negativa vi saranno effetti sugli scatti di stipendio. I soldi risparmiati serviranno a premiare i docenti migliori. I provvedimenti disciplinari a carico del personale verranno decisi dai singoli atenei, attraverso un collegio di disciplina.
Nel disegno di legge del Governo non vi è alcun tipo di riconoscimento per l'attività di didattica frontale che la maggior parte dei ricercatori ha, da anni, svolto a titolo gratuito. Ciò determinerà chiusura delle carriere: il CNRU (Coordinamento Nazionale Ricerca Universitaria), infatti, ha deliberato l'astensione dall'attività di insegnamento per il prossimo anno accademico non prendendo parte alle commissioni di laurea né alle sedute degli organi collegiali limitandosi solo a fare ricerca come previsto dal contratto. Ritengono infatti inutile continuare nei compiti di insegnamento se sarà loro preclusa la possibilità di divenire associati.
Tra le altre disposizioni del provvedimento, ricorda le norme relative al limite temporale per l'attività di ricercatore e di rettore, ai concorsi nazionali non «pilotati», alla cancellazione o fusione delle facoltà meno produttive, all'attribuzione di maggiori risorsi a quelle «virtuose», all'introduzione di un codice etico per ogni ateneo e di un fondo per il merito per gli studenti più bravi. Il tutto con la supervisione dell'Agenzia nazionale di valutazione dell'università, istituita di recente dal Governo. Sono i punti salienti del testo di riforma dell'università che, se confermati a Montecitorio, andrebbero a rivedere profondamente l'assetto degli atenei italiani dopo decenni di conservatorismo o, comunque, di lievi modifiche in itinere.

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Sottolinea che il testo del provvedimento è lacunoso nell'indicare che ne sarà di chi già oggi fa ricerca e non dice nemmeno con quali fondi verranno pagate le progressioni di carriera.
L'Italia dei Valori appoggia la posizione dei ricercatori, che contestano l'assenza di una sanatoria che confermi in blocco le migliaia di persone che da anni svolgono attività di ricerca, a vario titolo, all'interno degli atenei. Dopo due contratti triennali è prevista la possibilità di accedere all'insegnamento. Se nel corso del secondo triennio il ricercatore riuscirà a vincere il concorso da docente associato, per lui si apriranno definitivamente le porte dell'università, in caso contrario non potrà più continuare l'attività accademica. Attualmente, per ottenere il titolo di associato i ricercatori devono conseguire un'abilitazione nazionale e vincere quindi un concorso a valutazione comparativa. Ai nuovi ricercatori, invece, basterà conseguire l'abilitazione per essere chiamati direttamente dalle Università.
L'attuale iter penalizza e mortifica gli attuali ricercatori i quali, nella maggior parte dei casi, sono portatori invece di competenze di gran lunga superiori a quelle richieste per la professione di professore associato. In questo modo si vanifica ogni speranza di carriera di chi è ricercatore da molti anni ed insegna, anche a titolo gratuito. Il disegno di legge appare dunque iniquo ed investe 27 mila ricercatori minacciando e vanificandone la carriera. Si tratta di ricercatori precari ma anche di ricercatori confermati che lavorano nelle Università da anni riscuotendo anche risultati di eccellenza proposti in tutto il mondo esaltando la genialità italiana all'estero e che hanno insegnato gratuitamente offrendo le loro capacità e competenze agli studenti. Questo gran numero di ricercatori viene considerato dalla riforma Gelmini come qualcosa di cui liberarsi senza tener conto né del lavoro svolto né dei risultati di prestigio ottenuti.
Inoltre, il Governo nega a questi lavoratori intellettuali finanche il diritto di manifestare per i propri diritti, e l'apertura dell'anno accademico per molte Università italiane è stato già rinviato proprio per questi motivi. I ricercatori minacciano di rifiutare ogni incarico didattico non obbligatorio se la riforma si trasformerà in legge: il che si tradurrebbe nel blocco delle lezioni. Con l'inizio del nuovo anno, i corsi sono quindi a rischio. La principale questione al centro del dibattito (totalmente ignorata dal provvedimento) riguarda la figura stessa del ricercatore, al quale non viene riconosciuto lo status giuridico di docente, nonostante ormai il 40 per cento della didattica sia fatta proprio dai ricercatori.
La protesta ha provocato la reazione inconsulta ed inaccettabile del Senato Accademico dell'Alma Mater di Bologna intimando ai ricercatori di non scioperare contro il disegno di legge e minacciandoli di ritorsioni. L'Italia dei Valori condanna questi atteggiamenti antidemocratici e di regime, che si pongono agli antipodi della democrazia. Si squalificano in tal modo proprio coloro che rappresentano il futuro dell'Università in Italia, quelli che esasperati fuggono all'estero.
Fermo restando che si debba introdurre un sistema meritocratico, etico e trasparente di carriera anche tra i ricercatori, con la formazione di un elenco generale nazionale, è fondamentale che per questi ultimi soprattutto si tenga conto anche della attività didattica di insegnamento che in ogni caso ha lasciato un segno tangibile tra gli studenti. Devono essere premiati i più bravi, tenendo conto non solo delle pubblicazioni frutto della ricerca ma anche delle attività di insegnamento.
Per questi motivi, l'Italia dei Valori sostiene i ricercatori che si vedono offesi da una riforma che non punta affatto sulla ricerca ma ne ignora anche l'utilità. I tagli sconsiderati producono un appiattimento e si prescinde da una programmazione strutturale che investa soprattutto nella ricerca.

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Per tali motivi, preannuncia il voto contrario del suo gruppo sulla proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

Nicola FORMICHELLA (PdL) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore.

Nunziante CONSIGLIO (LNP) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere formulata dal relatore.

La seduta termina alle 11.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

COMITATO PERMANENTE PER L'ESAME DEI PROGETTI DI ATTI COMUNITARI E DELL'UE

Comunicazioni del Presidente.