CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 17 marzo 2010
299.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Mercoledì 17 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico.

La seduta comincia alle 9.50.

DL 29/2010: Interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione.
C. 3273 Governo.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta pomeridiana del 16 marzo 2010.

Michele BORDO (PD) richiama quanto già evidenziato nel corso della discussione generale, rilevando che si sarebbe aspettato, da parte della maggioranza e del Governo, il ritiro del decreto-legge in titolo, alla luce dei numerosi elementi di criticità emersi e considerato che non ha potuto svolgere le funzioni per cui era stato adottato. Richiama, al contempo, le recenti pronunce degli organi giudiziari che, di fatto, lo hanno ritenuto inapplicabile.
Ricorda che in materia elettorale è previsto che si proceda con legge ordinaria; il decreto-legge in esame, oltretutto, è stato emanato dai soggetti politici direttamente interessati che hanno modificato unilateralmente, a proprio favore, la legislazione elettorale, fingendo di fornire un'interpretazione autentica ma, nella realtà, intervenendo in maniera sostanziale.
Sotto il profilo politico, si sarebbe aspettato delle scuse in considerazione degli errori grossolani compiuti nel Lazio dal Popolo delle libertà, che non è riuscito a presentare la propria lista. Ricorda come il suo gruppo avesse manifestato la disponibilità ad individuare una soluzione, non volendo arrivare alle elezioni senza il principale avversario. Si è invece scelto di fare una forzatura senza precedenti, che è anche la dimostrazione della prepotenza e della tracotanza della maggioranza, che concepisce le istituzioni come una proprietà.
Considera altresì paradossale la manifestazione preannunciata dal Presidente del Consiglio: si chiede contro chi sarebbe indetta se non contro se stessi.
Ritiene che da questa maggioranza ormai ci si debba attendere di tutto, visto che finora si è assistito all'emanazione di leggi ad hoc per i processi del Presidente del Consiglio, all'utilizzo delle istituzioni a proprio piacimento, all'adozione di decreti-legge per sanare gli errori dello stesso partito di maggioranza, con modalità senza precedenti nella storia politica del Paese.
Rileva come il Popolo delle libertà abbia dimostrato, in questa vicenda, di non essere in grado di presentare le liste elettorali né di adottare una normativa per sanare gli errori compiuti.
Ricorda come l'erroneità della strada seguita sia stata evidenziata non solo dal Partito democratico e dagli altri gruppi di opposizione ma anche da alcuni esponenti della maggioranza e si chiede se i responsabili del danno siano da individuare nei giudici che applicano la legge - come sostenuto dal Popolo delle libertà - o nei responsabili del partito, che avrebbero dovuto svolgere il proprio dovere e che hanno invece sbagliato.

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Ritiene ci si trovi di fronte a tentativi maldestri, da parte della maggioranza, di difendere il provvedimento in sede parlamentare. Qualcuno ha provato addirittura a rendere corresponsabile del decreto-legge il Presidente della Repubblica, quando dovrebbe essere un costume parlamentare praticato da tutti quello di non «tirare in ballo» il Capo dello Stato che garantisce l'unità del Paese e svolge sempre seriamente il proprio compito.
Al riguardo, ricorda inoltre che il Presidente della Repubblica può rifiutare di firmare un decreto-legge solo se vi ravvisa evidenti vizi di incostituzionalità. Spetta poi alla Corte costituzionale verificarne la costituzionalità nel merito. Ricorda come numerose siano state le leggi firmate dal Presidente della Repubblica e poi dichiarate incostituzionali dalla Corte, a dimostrazione del fatto che il principale compito del Capo dello Stato è quello di tutelare l'unità nazionale ed evitare scontri.
Sottolinea come con il decreto-legge in esame si violino i principi di eguaglianza e di imparzialità, fondamentali tanto più in materia elettorale. In passato, non è mai neanche stato ipotizzato di modificare la disciplina dei procedimenti elettorali mentre questi erano in corso.
Ricorda poi come in una delle edizioni del telegiornale di Rai 1 si sia giunti addirittura a capovolgere le affermazioni di un celebre giurista del secolo scorso, qual è Hans Kelsen, facendogli affermare che la sostanza deve prevalere sulla forma: a lui, che ha sempre sostenuto che, in democrazia, le forme sono sostanza. Ciò è oltretutto riprova, a suo avviso, della palese faziosità di tale telegiornale.

Alessandro NACCARATO (PD) esprime l'impressione che il relatore sia stato lasciato solo dalla sua parte politica a difendere il provvedimento, dell'utilità del quale evidentemente non tutti sono convinti. Rileva inoltre l'insolita assenza dalla seduta di oggi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania, normalmente assidui partecipanti ai lavori della Commissione, come pure la non piena partecipazione dei deputati della maggioranza alla votazione, nella seduta di Assemblea di ieri, delle questioni pregiudiziali di costituzionalità riferite al decreto-legge in esame. Si tratta, a suo avviso, di segni del fatto che parti della maggioranza non sostengono con piena convinzione il provvedimento e forse lo ritengono inutile.
Quanto al merito del provvedimento, premesso che non intende soffermarsi sui profili di incostituzionalità dello stesso, già ampiamente illustrati dai deputati di opposizione intervenuti prima di lui, si limita a far presente che gli emendamenti soppressivi presentati dal suo gruppo offrono alla parte della maggioranza che sostiene il provvedimento l'occasione di porre rimedio ai propri errori e di dare un segnale al Paese. Del resto, le pronunce dell'autorità giudiziaria hanno già provato l'inutilità del provvedimento. In Lombardia, in particolare, il listino collegato al presidente della regione uscente è stato riammesso indipendentemente dall'applicazione del decreto-legge, a riprova che il sistema è in grado di sanare da sé gli errori eventualmente commessi in questa o quella fase del procedimento. Nel caso del Lazio, tuttavia, il problema era diverso: l'impressione che si ricava dalla ricostruzione dei fatti è che si sia tentato, in violazione della legge, di modificare le liste non soltanto all'ultimo minuto, ma soprattutto dopo che si era conclusa la raccolta delle firme dei cittadini su quelle liste. Non è possibile provarlo, ma se questa impressione fosse corretta, si tratterebbe di una grave violazione della legge, che il decreto-legge ha cercato di avallare.
Giudica poi ingiustificato il tentativo posto in essere dagli esponenti del Popolo della libertà di chiamare in causa come corresponsabile del decreto-legge il Presidente della Repubblica. Ricorda che la Costituzione attribuisce al Capo dello Stato funzioni e responsabilità diverse da quelle del Governo, distinguendo, in particolare, tra i poteri del Presidente connessi alla promulgazione della legge e quelli connessi all'emanazione del decreto-legge.

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Ribadisce poi l'irragionevolezza del decreto-legge, ed in particolare del comma 1 dell'articolo 1, dalla quale discende, come ha rilevato lo stesso Tar del Lazio, l'inapplicabilità della norma. Dal tenore della disposizione del decreto-legge sembrerebbe infatti che la presentazione delle liste nei termini sia irrilevante, il che è irragionevole. Il decreto-legge cerca di spostare l'attenzione sulla presenza, entro i termini, dei delegati nei locali del tribunale, lasciando però indeterminato il perimetro di questi ultimi. In definitiva, il decreto tenta di confondere la presenza dei delegati nel tribunale con la presentazione delle liste in cancelleria: si tratta di fatti diversi e non assimilabili.

Barbara POLLASTRINI (PD) ricorda come sulle ragioni del dissenso del suo gruppo siano intervenuti altre colleghe e colleghi. In particolare, ancora ieri, il deputato Bressa, in Assemblea e in Commissione, le ha riproposte con compiutezza di dottrina, di riferimenti al diritto.
Intende, in questa sede, svolgere alcune valutazioni politiche sul punto, per lei cruciale, della ricaduta di una norma nociva in termini di credibilità delle istituzioni e autorevolezza della politica.
Ricorda come nella seduta di venerdì scorso abbia cercato di esporre le motivazioni della sua distanza da questo decreto-legge. Se oggi interviene nuovamente, è perché - col passare dei giorni - questo provvedimento appare ancora più stonato col sentimento di una parte larga di cittadini e con l'ispirazione della Costituzione.
Rileva che nella giornata di giovedì dovrebbe pronunciarsi la Corte Costituzionale e, intanto, andranno avanti altri ricorsi. Tuttavia nella seduta di ieri dell'Assemblea, come era scontato, seppure tra reticenze - 59 assenze tra Lega e Popolo delle Libertà -, negligenze (17 non presenti dell'UDC), col voto sulla pregiudiziale la maggioranza ha ritenuto di procedere su una strada sbagliata.
Intende quindi soffermarsi sui punti che ritiene meno convincenti nelle motivazioni della maggioranza.
Il primo attiene alla legge n. 400 del 1988 e alla non ammissibilità dello strumento del decreto-legge sulla disciplina elettorale, tanto più a campagna elettorale aperta. Ricorda che il relatore Calderisi richiamava qualche precedente.
In proposito, rileva come si potrebbe rispondere che a ferite alle regole non è mai bene reagire con altre ferite perché il corpo - lo Stato di diritto e con esso uno spirito pubblico - deperiscono. Semmai l'etica della responsabilità di una classe dirigente imporrebbe di reagire con antidoti e cure.
Si potrebbe altresì ricordare che l'unico precedente, come ha ricordato in questa sede il collega Bressa - quello dell'aprile del 1995 con relatore l'on. Elia - venne respinto a maggioranza dall'Assemblea. Ma soprattutto, ciò che la colpisce, è l'incongruità con gli articoli 117, 118 e 122 della Costituzione. E che ciò possa essere negato dalla Lega. Perché con questo atto si tocca - anche dal punto di vista simbolico - la responsabilità delle regioni, forse prima ancora che la loro potestà.
Rileva come, tra l'altro, si penalizzi, come nel caso del Lazio, proprio una di quelle regioni che hanno svolto il loro compito di legislatore e cioè, su questo tema, le più virtuose.
Ricorda che si è parlato dell'irragionevolezza del provvedimento in esame. Con una alterazione di parità di trattamento tra liste ammesse sulla base di regole vigenti prima del decreto e quelle successive.
Si fa riferimento, sin dal titolo, ad una «interpretazione autentica» ma la verità è che la maggioranza ha cucito un abito sartoriale su misura di una lista e ha modificato indicazioni cogenti delle norme esistenti. In sintesi, quel favor electionis che sta a cuore di tutti, viene contrapposto ad un principio di legalità e di uguaglianza.
In conclusione, rileva come sulla vicenda in discussione vi siano opinioni diverse, opposte, tra maggioranza ed opposizione. Ciò che però tutti dovrebbero riconoscere è che il suo gruppo non sta sollevando una mera questione di procedura.

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Fin dall'inizio è stata posta una questione di sostanza perché le regole, in democrazia, sono sempre sostanza.
Richiama quindi l'articolo 21 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, del 1948, che stabilisce che la volontà popolare «è il fondamento dell'autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni - e sottolinea «veritiere» -, effettuate a suffragio universale ed eguale, e a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione». Evidenzia come la necessità dell'espressione «veritiere» è dovuta al fatto che la salvaguardia di una volontà popolare che non scivoli in un populismo autoritario, di un favor electionis genuino o veritiero appunto, risiede in più elementi. E quello fondante sono le regole date, valide per tutti, non transeunti a seconda del bisogno. È dunque quel nesso essenziale per una democrazia liberale tra forma e sostanza. Tra riparazione di errori - perché di errore si è trattato - e salvaguardia del diritto.
Fa presente di aver ascoltato con attenzione la ricostruzione dei fatti dei colleghi Straquadanio e Calderisi, che ha indicato come responsabili di un reato soggetti che si sarebbero intromessi per impedire la presentazione della lista del Popolo della Libertà presso la circoscrizione elettorale di Roma. E inadempienze volontarie del Tribunale. In proposito si chiede, se quella era la convinzione della maggioranza perché da subito non si è sentito il bisogno di riferire nelle sede autorevole del Parlamento. Forse si doveva più semplicemente ammettere un errore umano e ricercare con pazienza e sobrietà la via limpida di una soluzione politica condivisa.
Il suo gruppo ha vissuto con preoccupazione la conseguenza di quanto stava accadendo in Lombardia e nel Lazio. Nessuno, come ha già evidenziato nella seduta di venerdì scorso, soprattutto per l'ambizione di un partito giovane ma che nasce da storie autorevoli, ha accarezzato l'idea di superare un traguardo elettorale per mancanza di uno o più competitori e, lo ribadisce, principali o non che siano, perché ai nastri di partenza si è tutti uguali. Si dà la spiegazione che la maggioranza conosca un unico spartito per una sola musica. Sostituire il diritto col potere, una democrazia attiva con l'affidamento a pochi.
Rileva come vi fosse una larghissima maggioranza per avviare per tempo le riforme tanto attese dal Paese. La riduzione del numero dei parlamentari, i costi della politica, le leggi elettorali nazionali e regionali, richiamate anche dalla collega Lanzillotta e, in quell'ambito, correggere inefficienza e storture dell'attuale sistema anche nella raccolta delle firme e nel deposito delle liste.
Evidenzia come, purtroppo, anche con questo atto si è scelto uno stile da crociata, in assenza però degli «infedeli». A questo punto, forse fare decadere il decreto-legge in esame, indifendibile, indicherebbe un soprassalto di avvedutezza.
Il suo gruppo continuerà, in ogni modo, ad insistere su questa richiesta con gli emendamenti presentati, perché lo ritiene un dovere politico e morale. Non solo e non tanto un dovere dell'opposizione ma un dovere da parte di un Parlamento degno di questo nome.

Beatrice LORENZIN (PdL) nega che l'onorevole Calderisi, il quale ha espresso le posizioni di tutto il Popolo della libertà, sia stato lasciato da solo a difendere il provvedimento e assicura che il gruppo della Lega Nord Padania è pienamente solidale con il Popolo della libertà in tutta la vicenda e sostiene il decreto-legge, come dimostra del resto l'intervento del deputato Dussin nel dibattito svoltosi ieri in Aula sulla pregiudiziale di costituzionalità.
Premesso quindi che non svolgerà un intervento incentrato sugli aspetti tecnico-giuridici, per i quali rinvia alle precisazioni già rese dal relatore e dagli altri deputati di maggioranza intervenuti nel dibattito, sottolinea la necessità dell'intervento, che, sebbene non sia servito per risolvere il caso della Lombardia e probabilmente non servirà neppure per il caso del Lazio, era tuttavia pienamente

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motivato. A chi infatti ha affermato che il decreto sarebbe stato adottato senza che ricorressero i presupposti di straordinaria necessità e urgenza richiesti dalla Costituzione, fa notare che, quando il decreto è stato adottato, quindici milioni di elettori in Italia rischiavano di non poter votare per i propri rappresentanti. In particolare, in Lombardia era a rischio non soltanto la lista del partito del presidente Formigoni, ma anche le altre liste collegate.
Quanto al ruolo del Presidente della Repubblica nell'emanazione del decreto, sottolinea che il presidente Napolitano non si è limitato a firmare il decreto, ma ha dichiarato pubblicamente, anche in forme decisamente irrituali, le ragioni che l'hanno indotto a farlo. In particolare, il Capo dello Stato ha spiegato che erano in gioco due interessi o beni entrambi meritevoli di tutela, il rispetto delle norme e delle procedure previste dalla legge e il diritto dei cittadini di scegliere col voto tra programmi e schieramenti alternativi. Sotto il profilo strettamente politico, infatti, è innegabile che l'incuria di pochi - e dirà poi chi siano questi pochi - ha causato un grave vulnus alla vita democratica: l'esclusione dalla competizione elettorale nel Lazio del primo partito d'Italia nonché del principale partito di opposizione nel consiglio regionale della regione.
Il vulnus in questione deve essere imputato, a suo avviso, alle inefficienze di cui ha dato prova l'ufficio della cancelleria del tribunale di Roma, che ha omesso di redigere il verbale dell'appello svolto e di ricevere la documentazione presentata dai delegati del Popolo della libertà: era preciso obbligo degli uffici della cancelleria prendere in consegna la documentazione, verbalizzando tutti i dati salienti. In mancanza di un verbale dell'ufficio della cancelleria, non è più possibile al Popolo della libertà provare che la documentazione recata dai delegati era in regola.
Ritiene che tutti i partiti avrebbero dovuto riconoscere immediatamente l'insostenibilità dell'esclusione della lista del Popolo della libertà. Le forze di opposizione avrebbero dovuto capire che non si può vincere le elezioni in questo modo e si sarebbero dovute far carico esse stesse del problema. Il decreto-legge è opportunamente intervenuto a fare chiarezza sul modo corretto di interpretare alcune norme della legge n. 108 del 1968 la cui irragionevole applicazione, unitamente al grave inadempimento commesso dagli uffici della cancelleria del tribunale di Roma, aveva dato luogo a questa insostenibile situazione. Un intervento era infatti necessario per tentare di assicurare alla città di Roma lo svolgimento di una competizione elettorale corretta.

Pierangelo FERRARI (PD) ricorda come in questa fase della discussione sia stato detto molto sulle questioni che attengono al decreto-legge in esame ed al procedimento elettorale su cui lo stesso interviene. Alla luce del puntuale ed acceso intervento della collega Lorenzin, consiglia dunque al Popolo delle Libertà di affidare nelle sue mani, la prossima volta, le rilevanti responsabilità connesse alla presentazione della lista elettorale.
L'efficacia del suddetto intervento lo porta ad evidenziare alcune questioni di carattere politico: preliminarmente, è vero che la politica esce sconfitta da questa vicenda, ma si tratta di una sconfitta che riguarda tutti poiché, quando il Paese è spaccato a metà, si perde sempre.
Rileva come il cuore delle elezioni stia proprio nel confronto tra i diversi schieramenti sulle questioni che attengono alle questioni relative alla situazione economica e sociale del Paese. Ritiene che, a maggior ragione, il Partito democratico risulterebbe sconfitto se lo scontro fosse solo sul terreno della mancata presentazione della lista del Popolo della libertà.
Ricorda come il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, abbia chiesto subito di ammettere l'errore, così da poter trovare una possibile via di uscita. Si chiede se questo sia stato colto dal Presidente del Consiglio. Ricorda altresì che dopo poche ore da quanto accaduto esponenti di rilievo della maggioranza del Governo hanno assunto posizioni che interloquivano con quelle del

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Presidente del Consiglio: richiama, in particolare, le affermazioni dei ministri Rotondi e Zaia e dei sottosegretari di Stato Stefania Craxi e Crosetto. Da ciò emerge come lo spazio politico che la collega Lorenzin ha invocato in difesa della democrazia si era aperto il giorno dopo la mancata presentazione della lista ma si è deciso di non percorrerlo poiché ha prevalso un orientamento volto a sostenere che due esponenti del Partito radicale hanno impedito l'entrata al delegato alla presentazione delle liste del Popolo delle libertà.
Rileva quindi che nel corso dell'esame in Commissione il suo gruppo ha voluto presentare una serie di emendamenti per cercare di impedire l'approvazione del decreto-legge, che costituisce un colpo al tessuto democratico del Paese.
Condivide l'affermazione per cui non si può tuttavia impedire ai potenziali elettori del Popolo della libertà di votare per la propria lista: anche in Lombardia, quando si era posta la questione della lista del Presidente Formigoni, era convinto che la vera vittoria andasse raggiunta tramite i risultati politici e non per l'assenza del candidato.
Ribadisce quindi che il «macigno» che peserà sulla maggioranza è di non aver voluto percorrere la strada politica che era stata offerta. Richiama al contempo il problema politico, non aggirabile, che si presenterà: nella seduta di ieri dell'Assemblea la Lega ha respinto la questione pregiudiziale di costituzionalità presentata ma ciò non vuol dire che abbia approvato il provvedimento. È evidente che il decreto-legge rimane come argomento politico di cui si vedrà la sorte nei prossimi giorni; già immagina che di fronte ad un risultato positivo di Emma Bonino si dirà che si tratta di una vittoria dimezzata.
Ricorda infine che, come evidenziato dalla collega Amici, le numerose assenze dei componenti della maggioranza nella votazione di ieri in Assemblea sulle questioni pregiudiziali di costituzionalità riferite al decreto-legge in esame contrastano con le enunciazioni accorate di alcuni componenti del Popolo delle libertà, che hanno fatto riferimento a un colpo di Stato e che hanno richiamato - come la collega Lorenzin nella seduta odierna - perfino l'articolo 1 della Costituzione.

Giuseppe CALDERISI (PdL), relatore, intende segnalare una questione su cui, a suo avviso, l'opposizione non si è in alcun modo soffermata nei propri interventi e che invece assume un rilievo prioritario, come emerge anche dalla sua relazione: si riferisce al reato commesso dall'Ufficio elettorale nel momento in cui non ha redatto il verbale come invece previsto dalla legge con chiarezza, così impedendo di fatto di poter presentare ricorso. È stata presentata una denuncia sul punto, ma già sa che ci vorranno anni perché venga assunta una decisione sul punto.
Nel ribadire, dunque, che il cancelliere non può rifiutarsi di redigere il verbale, afferma che, ai suoi tempi, i radicali si sarebbero comportati diversamente: non avrebbero rinunciato a denunciare quelle che avessero ritenuto irregolarità, ma avrebbero chiesto loro stessi la verbalizzazione dei fatti. La mancata verbalizzazione ha di fatto privato il Popolo della libertà della tutela giurisdizionale, gli ha tolto la possibilità di difendersi. Che cosa si deve fare se chi è preposto a far rispettare le regole le viola? Il silenzio delle opposizioni su questo punto è, a suo avviso, gravissimo; poteva essere giustificato nell'immediato, quando i fatti non erano conosciuti, ma non può più esserlo ora.

Oriano GIOVANELLI (PD) chiede come mai il Tar del Lazio e il Consiglio di Stato non abbiano rilevato questa violazione della legge da parte degli uffici della cancelleria.

Giuseppe CALDERISI (PdL), relatore, risponde che il ricorso al Tar tendeva ad ottenere l'ammissione della lista esclusa e che tale ammissione è stata negata perché, a causa della mancata redazione del verbale da parte della cancelleria, mancava la prova del fatto che la documentazione era in possesso dei delegati di lista. Perché la cancelleria non ha redatto il verbale? Fa presente che c'è stato tutto il tempo per

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prendere questa decisione, dal momento che la cancelleria, come da previsione di legge, resta aperta per il disbrigo delle operazioni fino alle ore venti dell'ultimo giorno di presentazione delle liste. Probabilmente il verbale non è stato redatto perché da esso sarebbero emerse le gravi responsabilità degli uffici della cancelleria, che non hanno provveduto ad organizzare la fila dei delegati di lista per evitare che insorgessero contestazioni. Fa presente che per l'ultima delle tre liste ammesse quel giorno la documentazione risulta consegnata alle 13.20: chi può provare che nel tempo trascorso dai delegati in fila dopo le 12 questi non abbiano modificato la lista?
Contesta poi la tesi secondo cui l'unico precedente in materia sarebbe il decreto-legge n. 90 del 1995. Va infatti ricordato il decreto-legge n. 24 del 2008, adottato dal Governo Prodi dopo la convocazione dei comizi elettorali, e quindi a competizione elettorale avviata, per cambiare le regole in materia di esenzione dalla raccolta delle firme al fine di estendere l'esenzione a tutte le forze politiche, anche se costituitesi da poco, che fossero rappresentate in Parlamento da almeno due persone. In sostanza, si consentiva di presentare a forze politiche prive di rappresentatività un numero potenzialmente molto alto di liste. Si trattava di un intervento gravissimo, tutt'altro che condiviso, che avrebbe potuto provocare una forte dispersione del voto e, soprattutto al Senato, una grave frammentazione politica.

Donato BRUNO, presidente, essendo imminente l'inizio dei lavori dell'Assemblea, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata al termine delle votazioni in Assemblea.

La seduta termina alle 11.10.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 17 marzo 2010. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 12.10.

Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri.
C. 2624-B, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.
(Parere alla X Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Maria Piera PASTORE (LNP), relatore, illustra il testo del disegno di legge C. 2624-B, approvato dalla Camera e modificato dal Senato, recante «Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri».
Ricorda che il provvedimento è volto ad assicurare la tracciabilità dei prodotti dei settori tessile, della pelletteria e calzaturiero in modo da tutelare i consumatori sotto il profilo dell'informazione sul processo di lavorazione e sulla sicurezza dei prodotti medesimi e da rendere possibile al consumatore distinguere il prodotto che sia realizzato in Italia.
Si sofferma, quindi, sulle modifiche apportate dal Senato rispetto al testo approvato dalla Camera il 10 dicembre scorso.
In conclusione, considerato che le disposizioni da esso recate sono, nel complesso, riconducibili alle materie «tutela della concorrenza» e «ordinamento civile» che, rispettivamente, le lettere e) ed l) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione attribuiscono alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e rilevato che non sussistono motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 12.20.

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 17 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico.

La seduta comincia alle 12.35.

DL 29/2010: Interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione.
C. 3273 Governo.
(Seguito dell'esame e conclusione).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella odierna seduta antimeridiana.

Donato BRUNO, presidente, in attesa del rappresentante del Governo competente a seguire l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 29 del 2010, recante «Interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione», propone di procedere ad un'inversione dell'ordine del giorno nel senso di esaminare dapprima gli argomenti previsti in sede di atti del Governo e di deliberazione di rilievi per riprendere, quindi, l'esame in sede referente del citato provvedimento.

La Commissione consente.

La seduta, sospesa alle 12.40, è ripresa alle 13.05.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che nella seduta di ieri il gruppo Partito democratico ha ritirato tutti gli emendamenti presentati, ad eccezione di quelli soppressivi sia di articoli che di singoli commi e dell'emendamento Lo Moro 1.128.
Ricorda, altresì, che nella medesima seduta il gruppo Italia dei valori ha ritirato tutti gli emendamenti presentati, ad eccezione di quelli soppressivi sia di articoli che di singoli commi.
Avverte inoltre che, sul testo del provvedimento, sono pervenuti i pareri del Comitato per la Legislazione (con condizioni e osservazioni), della II Commissione (favorevole) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali (favorevole con condizione).

Giuseppe CALDERISI (PdL), relatore, esprime parere contrario su tutti gli emendamenti presentati.

Il sottosegretario Michelino DAVICO esprime parere conforme a quello del relatore.

Mario TASSONE (UdC), intervenendo sul suo emendamento 1.2, afferma di aver nutrito fino all'ultimo la speranza che la maggioranza rinunciasse al decreto in esame. Esprime poi la propria delusione per il dibattito, che si è soffermato su piccoli fatti e ha trascurato la sostanza del problema. Se davvero c'è stata una lesione dei diritti del Popolo della libertà e una violazione delle regole che disciplinano la presentazione delle liste, allora il diritto negato doveva essere fatto valere nelle sedi deputate, quelle della magistratura. Il Popolo della libertà avrebbe dovuto percorrere tutti i gradi di giudizio, fino alle supreme corti internazionali per la tutela dei diritti fondamentali. Si è invece scelto di adottare un provvedimento d'urgenza per cercare di rimediare ad errori che ormai sono evidenti a tutti. Preannuncia che il suo gruppo si batterà in ogni modo perché il decreto-legge non sia convertito. Si tratta di una battaglia doverosa, contro la violazione delle regole che presiedono alla convivenza civile.

Gianclaudio BRESSA (PD) condivide quanto evidenziato dal collega Tassone e, nel richiamare quanto già evidenziato nel corso dell'iter parlamentare, ribadisce che la maggioranza ha perso l'occasione di porre fine ad una vicenda brutta da un punto di vista parlamentare, istituzionale e politico.
Ricorda che nella seduta di ieri dell'Assemblea poteva essere approvata, per

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pochi voti, la questione pregiudiziale di costituzionalità. Preannuncia quindi il voto favorevole su tutti gli emendamenti che saranno ora posti in votazione.

Pierluigi MANTINI (UdC) richiama il dibattito svolto in Assemblea che condivide nella sostanza. Rileva come la necessità di sopprimere l'articolo 1 del decreto-legge in esame sia dovuta anche ad alcuni profili di manifesta irragionevolezza. In particolare, il comma 3 è volto ad interpretare il quinto comma dell'articolo 10 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, relativo al regime di impugnazione amministrativa delle decisioni di eliminazione di liste o candidati. Rileva, tuttavia, come tali previsioni andassero più opportunamente riferite al quarto comma del citato articolo 10. Invita quindi il relatore a tenere conto di tale incongruenza.
Richiama poi le previsioni dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge che prevede espressamente che la sua applicazione riguardi anche «le operazioni ed a ogni altra attività relative alle elezioni regionali, in corso alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge». In proposito, segnala come non vi fosse nessuna attività di tal genere in corso alla data dell'entrata in vigore del citato decreto-legge, neanche nel Lazio o in Lombardia, considerato che il procedimento elettorale è diviso per fasi, ai sensi della predetta legge n. 108, e che queste erano tutte concluse alla data in questione. Ne deriva l'inapplicabilità e quindi l'irragionevolezza, in quanto inutile, del decreto-legge in esame.
Invita pertanto i colleghi a votare a favore degli emendamenti soppressivi dell'articolo 1, percorrendo l'unica strada possibile che è quella di non convertire il decreto-legge, facendo salvi i suoi effetti con un distinto provvedimento. Ciò consentirebbe anche di salvaguardare gli esiti delle elezioni regionali, considerato che è in corso il vaglio delle diverse autorità giudiziarie, assicurando stabilità alle elezioni. Richiama, in tal senso, quanto avvenuto nel 1995 con riguardo al decreto-legge del 29 marzo, n. 90, che non fu convertito dalla Camera ma i cui effetti sono stati fatti salvi dalla legge 5 aprile 1995, n. 102.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli identici emendamenti Bressa 1.1, Tassone 1.2. e Lanzillotta 1.3; gli identici emendamenti Bressa 1.4, Favia 1.5 e Lanzillotta 1.6 ; gli identici emendamenti Zaccaria 1.42 e Donadi 1.43; gli identici emendamenti Giovanelli 1.97 e Favia 1.98; l'emendamento Lo Moro 1.128; gli identici emendamenti Amici 1.166 e Donadi 1.167; gli identici emendamenti Tassone 2.1 e Donadi 2.2; e l'emendamento Favia 2.3.
La Commissione delibera di conferire all'onorevole Calderisi il mandato di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

Donato BRUNO, presidente, avverte che la presidenza si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione.
C. 3209-bis Governo.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 16 marzo 2010.

Donato BRUNO, presidente, con riferimento alla richiesta, avanzata dal deputato La Loggia nella scorsa seduta, di abbinamento ai sensi dell'articolo 77, comma 1, del regolamento della Camera, della proposta di legge a sua firma C. 98 «Disposizioni per la semplificazione e l'accelerazione degli adempimenti relativi all'avvio delle attività imprenditoriali» al disegno di legge C. 3209-bis del Governo,

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comunica che tale proposta di legge risulta assegnata alla X Commissione Attività produttive, che ne ha iniziato l'esame, congiuntamente alle proposte C. 2754, C. 1225, C. 1284, C. 1325, C. 2680, nella seduta del 13 gennaio 2010.

Gianclaudio BRESSA (PD) chiede di poter dedicare - con congrui spazi di tempo - una seduta agli interventi da svolgere sul provvedimento in esame, così da poter compiere una riflessione seria ed unitaria sui diversi profili.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifica all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, concernente il divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab.
C. 627 Binetti, C. 2422 Sbai, C. 2769 Cota, C. 3018 Mantini, C. 3020 Amici, C. 3183 Lanzillotta e C. 3205 Vassallo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 16 marzo 2010.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.35.

ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 17 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 12.40.

Schema di regolamento di organizzazione del Ministero degli affari esteri.
Atto n. 192.
(Seguito esame e conclusione - Parere favorevole con osservazioni).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 9 marzo 2010.

Donato BRUNO, presidente, avverte che la III Commissione (Affari esteri e comunitari) ha espresso i propri rilievi sul provvedimento in esame nella seduta di ieri, 16 marzo 2010.

Maria Elena STASI (PdL), relatore, formula una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato 2).

Mario TASSONE (UdC) intende dare atto alla collega Stasi di aver svolto con tenacia le funzioni di relatrice sul provvedimento in esame, nonostante la ristrettezza dei tempi a disposizione visto che la Commissione è impegnata soprattutto nell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 29 del 2010, in materia elettorale.
Rileva come un approfondimento ulteriore sarebbe stato necessario. Prende comunque atto delle osservazioni formulate nella proposta di parere della relatrice e si chiede se effettivamente la riforma del Ministero degli Affari esteri, preannunciata da tempo, potrà funzionare, anche alla luce dell'accorpamento e della riduzione del numero dei Consolati.
Ritiene di particolare rilievo l'osservazione evidenziata alla lettera b) ed auspica che si tenga conto della nuova articolazione di politica estera a livello europeo, dove vi sarà una rete diplomatica di circa 8 mila persone, e che investe una materia in fieri. Richiama le questioni che attengono all'efficienza delle organizzazioni internazionali, che sfuggono a ogni tipo di informazione sui risultati che conseguono e sul lavoro che svolgono. Rileva altresì come gli istituti di cultura non trovano una piena sintonizzazione con le Ambasciate.
Per tali ragioni, preannuncia l'astensione del proprio gruppo sulla proposta di parere della relatrice.

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Sesa AMICI (PD) prende atto delle osservazioni formulate nella proposta di parere della relatrice. Rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare lo schema di regolamento volto alla riorganizzazione del Ministero per gli Affari esteri, in cui è necessario fare riferimento anche al parere reso dal Consiglio di Stato.
Evidenzia come, in attesa di una disciplina generale di riforma del ministero, si interviene in questa fase sulla riorganizzazione degli assetti dirigenziali: da una parte vi è un'enunciazione di principio sulle direzioni generali, dall'altra parte si dà attuazione delle previsioni del decreto-legge n. 112 del 2008 sulla riorganizzazione degli enti e dei ministeri. Emerge, tuttavia, una contraddizione tra il nuovo assetto delle Direzioni generali e la figura del Vice Direttore, il cui numero aumenta, come evidenziato anche dal Consiglio di Stato.
Sottolinea, inoltre, come i provvedimenti di riorganizzazione dei ministeri siano legati solo a ragionamenti settoriali e vertano sugli aspetti relativi all'organizzazione apicale, così impedendo una riflessione di carattere generale.
Pur apprezzando lo sforzo della relatrice preannuncia, quindi, l'astensione del suo gruppo.

La Commissione approva la proposta di parere favorevole con osservazioni della relatrice.

La seduta termina alle 12.50.

DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 17 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico.

La seduta comincia alle 12.50.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante riordino dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
Atto n. 190.
(Rilievi alla Commissione parlamentare per la semplificazione).
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 4, del regolamento, e conclusione).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 16 marzo 2010.

Raffaele VOLPI (LNP) presenta una proposta di rilievi (vedi allegato 3).

Roberto ZACCARIA (PD) ringrazia il relatore per aver tenuto conto del dibattito, recependo alcune indicazioni formulate dai deputati del suo gruppo e per aver richiamato in premessa il problema da lui segnalato nella precedente seduta. Ribadisce la necessità di evitare, in futuro, l'attribuzione al Governo del potere di delegificazione al di fuori dello schema definito dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988. Fa presente che non si tratta di un richiamo di carattere meramente formale, atteso che la delegificazione, se impiegata in modo improprio, non semplifica la normativa, ma anzi produce una nuova fonte, che si affianca, su una determinata materia, alle fonti preesistenti, senza che sia chiarito quali delle norme precedenti siano abrogate e quali restino in vigore. Preannuncia quindi l'astensione del suo gruppo dalla votazione.

Linda LANZILLOTTA (Misto-ApI) concorda con il deputato Zaccaria sulla necessità di avviare una riflessione sull'impiego dello strumento della delegificazione e di trarre un bilancio dell'esperienza che se n'è fatta. Nel merito, dà atto al relatore di aver recepito nella proposta di rilievi alcune indicazioni importanti provenienti dai gruppi di opposizione ed in particolare di aver sottolineato l'esigenza, da lei segnalata, di un complessivo riordino della governance dell'ente, anche al fine di assicurare

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un maggior coordinamento multilivello. Preannuncia pertanto il proprio voto favorevole.

Barbara POLLASTRINI (PD), premesso di condividere le preoccupazioni del deputato Zaccaria, preannuncia che voterà, diversamente dal suo gruppo, a favore della proposta di rilievi del relatore, che ringrazia per aver tenuto conto delle sue proposte in relazione alla necessità di richiamare il principio delle pari opportunità tra uomo e donna di cui all'articolo 51 della Costituzione.

Pierluigi MANTINI (UdC) dichiara di condividere le preoccupazioni espresse dal deputato Zaccaria in relazione all'utilizzo dello strumento della delegificazione e di essere d'accordo con la deputata Lanzillotta sulla necessità di avviare una riflessione su questo punto. Fa presente che la delegificazione, se non correttamente impiegata, rischia di produrre complicazione, anziché semplificazione normativa. Tale effetto si produce senz'altro, poi, quando una materia già delegificata viene successivamente rilegificata. In tal senso sembra muoversi la proposta di rilievi del relatore, quando, nell'ultima premessa, formula l'auspicio che il Governo presenti un disegno di legge di riordino complessivo dell'Istat. Per questa ragione, preannuncia la sua astensione dalla votazione. Invita peraltro il relatore a valutare l'opportunità di specificare, nel rilievo di cui alla lettera a), che la nomina dei dirigenti deve avvenire tenendo conto di rigidi criteri di professionalità.

Raffaele VOLPI (LNP) conferma la propria proposta di rilievi, ringraziando tutti i deputati intervenuti per il contributo fornito alla discussione.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di rilievi del relatore.

La seduta termina alle 13.05.

INDAGINE CONOSCITIVA

Mercoledì 17 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 15.10.

Indagine conoscitiva sulle Autorità amministrative indipendenti.
Audizione del Presidente dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali, Francesco Pizzetti.
(Svolgimento e conclusione).

Donato BRUNO, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Introduce, quindi, l'audizione.

Francesco Pizzetti, presidente dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali, svolge una relazione sui temi oggetto dell'indagine.

Intervengono, per porre quesiti e formulare osservazioni, i deputati Pierluigi MANTINI (UdC), Giuseppe CALDERISI (PdL) e Roberto ZACCARIA (PD).

Francesco Pizzetti, presidente dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali, risponde ai quesiti posti e rende ulteriori precisazioni.

Donato BRUNO, presidente, dichiara conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.30.

N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 17 marzo 2010. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 16.30.

DL 10/10: Disposizioni urgenti in ordine alla competenza per procedimenti penali a carico di autori di reati di grave allarme sociale.
C. 3322 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla II Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Isabella BERTOLINI (PdL), presidente e relatore, dopo aver illustrato il provvedimento in esame, osserva che esso reca norme riconducibili alle materie «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale» che, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, è attribuita alla legislazione esclusiva dello Stato. Pertanto, non rilevando motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 4).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

La seduta termina alle 16.40.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI