CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 25 febbraio 2010
288.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (II e X)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 25 febbraio 2010. - Presidenza del presidente Andrea GIBELLI. - Interviene il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Stefano Saglia.

La seduta comincia alle 10.15.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno.
Atto n. 171.
(Seguito esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

Le Commissioni proseguono l'esame dello schema legislativo, rinviato nella seduta del 10 febbraio 2010.

Andrea GIBELLI (LNP) comunica che è pervenuta alla presidenza una lettera del Ministro per i rapporti con il Parlamento, indirizzata al Presidente della Camera, con la quale comunica che, essendo inutilmente decorso il termine assegnato alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, per l'espressione del parere sul provvedimento in esame, le commissioni permanenti competenti possono procedere alla definizione del proprio parere sul medesimo schema.
Segnala inoltre che il Presidente della Camera, nel trasmettere la citata lettera, ha ribadito al Ministro per i rapporti con il Parlamento l'opportunità che il Governo concordi con le commissioni tempi adeguati per l'espressione del parere parlamentare, nel rispetto del termine previsto dalla legge per l'esercizio della delega, che rammenta essere il 28 marzo. Ritiene opportuno dare quindi la parola al relatore che potrebbe avere delle comunicazioni da fornire a proposito di una bozza di proposta di parere che starebbe predisponendo.

Antonino LO PRESTI (PdL), relatore per la II Commissione, dichiara di aver predisposto, d'intesa con il relatore della X Commissione, uno schema di proposta di parere che si appresta ad illustrare e che è pronto, ove si riscontrasse il necessario consenso, a trasformare in proposta di parere già dalla seduta in corso.

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In primo luogo ritiene che nel parere ci si debba soffermare sulla determinazione della nozione di «professione regolamentata», considerato che l'articolo 8, comma 1, lettera m), dello schema di decreto in esame rinvia alla definizione contenuta nell'articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, attuativo della direttiva 2005/36/CE (cosiddetta «direttiva qualifiche»). L'esigenza di tornare sulla nozione di professione regolamentata nasce dalla constatazione che quella contenuta nel predetto articolo 4 non appare pienamente coerente con quella all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a) della medesima «direttiva qualifiche». Evidenzia quindi l'esigenza di un testuale recepimento della nozione comunitaria di «professione regolamentata» modificando il decreto legislativo n. 206 del 2007, nella parte richiamata dallo schema di decreto in esame. Sottolinea come già nel parere occorre insistere sulla necessità di intervenire sulla nozione di «professione regolamentata», chiarendo all'articolo 8 che ad essa sono riconducibili tutte le prestazioni che la legge attribuisce ad una determinata categoria professionale, a prescindere dalla circostanza che esse configurino o meno una riserva.
Si sofferma sull'articolo 26 della direttiva che prevede l'adozione da parte degli Stati membri di misure di accompagnamento volte ad incoraggiare i prestatori a garantire, su base volontaria, la qualità dei servizi, facendo certificare o valutare le loro attività da organismi indipendenti o accreditati. A tale proposito sottolinea che, in una prospettiva di miglioramento della qualità dei servizi e di tutela dei consumatori, occorre dare attuazione al sopra richiamato articolo 26, affidando - fatto salvo per quanto concerne le professioni regolamentate - ad appositi organismi indipendenti compiti di valutazione e certificazione delle attività dei prestatori di servizi, nonché della loro idoneità allo svolgimento dell'attività sulla base dei requisiti previsti dalla normativa nazionale e comunitaria.
Evidenzia inoltre l'opportunità di apportare correzioni alla formulazione del testo e di inserire anche la categoria dei geometri tra le previsioni di modifica degli ordinamenti professionali.
Rileva poi che l'articolo 71, trasformando in dichiarazione di inizio attività l'autorizzazione attualmente prevista per l'apertura di un punto esclusivo e non esclusivo di vendita di quotidiani e periodici, potrebbe pregiudicare la possibilità di un effettivo accesso all'informazione da parte dei cittadini, anche in contrasto con principi riconosciuti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
Segnala quindi l'opportunità di valutare la soppressione del ruolo degli agenti di affari in mediazione, alla luce delle esigenze di tutela dei consumatori e di sicurezza della circolazione dei beni immobili, esigenze peraltro evidenti al legislatore comunitario allorché richiede l'inserimento nei codici di condotta elaborati a livello comunitario le condizioni cui sono soggette le attività degli agenti immobiliari (considerando n. 114 della direttiva).
Ritiene inoltre necessario apporre una condizione nel parere nella quale si evidenzi la necessità che nell'esercizio del potere regolamentare previsto dall'articolo 48 si provveda prioritariamente all'adeguamento dell'ordinamento professionale degli assistenti sociali, dei chimici, degli ingegneri e architetti ai principi contenuti nel decreto legislativo, con disposizioni analoghe a quelle previste direttamente dallo schema di decreto legislativo per altre professioni regolamentate.

Sull'ordine dei lavori.

Laura FRONER (PD), nel prendere atto della lettera inviata dal Governo ritiene comunque necessario che le Commissioni possano disporre di tempi adeguati per l'esame dello schema di decreto in titolo anche al fine di svolgere un breve ciclo di audizioni, come peraltro era stato già concordato.

Enzo RAISI (PdL) sottolinea che il provvedimento in esame avrà certamente

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un notevole impatto sul tessuto produttivo del paese e concorda pertanto sulla necessità di svolgere una istruttoria adeguata nella quale certamente possono essere svolte, seppure rapidamente, anche le audizioni dei rappresentanti delle categorie maggiormente interessate dall'entrata in vigore della direttiva.

Maria Grazia SILIQUINI (PdL) condivide l'intervento dell'onorevole Raisi. Ritiene inoltre opportuno che si svolga un breve ciclo di audizioni, ricordando di avere formulato una richiesta in tal senso, e che i lavori delle Commissioni siano organizzati in modo tale da assicurare un adeguato dibattito sul merito del provvedimento prima che i relatori presentino una proposta di parere.

Andrea LULLI (PD), nel sottolineare la piena condivisione della filosofia che sta alla base della direttiva Bolkestein in esame, ritiene che occorra valutare attentamente l'impatto che l'entrata in vigore di tali disposizioni avrà sulla situazione economico-sociale del nostro paese. Inoltre sottolinea che si pone anche una questione relativa alla competenza legislativa che su queste materie hanno le regioni, trattandosi infatti di materie di legislazione concorrente. Per questi motivi ritiene le audizioni assolutamente necessarie al fine di poter giungere ad una valutazione approfondita dei richiamati profili problematici che questo provvedimento presenta; non sono questi, a suo giudizio, la sede ed i tempi idonei perché il relatore presenti formalmente la proposta di parere. Esprime infine alcune perplessità circa la procedura scelta dal Governo di sollecitare il Parlamento ad esprimere il prescritto parere anche in assenza del parere della Conferenza unificata; al riguardo sarebbe stato più opportuno che il Governo deliberasse direttamente la procedura d'urgenza. Prevede in conclusione che, sull'attuazione del provvedimento in esame, si possano creare i presupposti per un accesa conflittualità con le regioni.

Raffaello VIGNALI (PdL) condivide le preoccupazioni del collega Lulli in relazione ai problemi che potrebbero essere sollevati dalle regioni sul futuro decreto legislativo di attuazione; desidera anche però, al contempo, stigmatizzare il comportamento della Conferenza permanente che, come in altre occasioni, non ha ritenuto di esprimere il prescritto parere su di un provvedimento di estrema importanza sul quale sarebbe stata opportuna una maggiore responsabilità e collaborazione istituzionale.

Antonino LO PRESTI (PdL), relatore per la II Commissione, osserva preliminarmente come il Parlamento sia sovrano di decidere come organizzare i propri lavori, indipendentemente dalle indicazioni del Governo e dall'espressione del parere da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. Vi è però un dato imprescindibile, ovvero che la delega legislativa scade il 28 marzo prossimo e che, pertanto, le Commissioni dovranno esprimere il parere con ragionevole anticipo rispetto a quel termine, se vogliono che il Governo eserciti la delega tenendo conto del parere medesimo. Inoltre, si è verificato un fatto nuovo che deve essere tenuto presente ai fini dell'organizzazione dei lavori delle Commissioni, giacché il Governo ha chiesto che le stesse si esprimano anche senza il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
Ritiene che i timori in ordine all'impatto del provvedimento sulle regioni e sulle categorie professionali non siano fondati. Ricorda, in particolare che lo schema di decreto legislativo è il frutto di un percorso ragionato, di confronto costante in un tavolo tecnico costituito presso il Ministero delle politiche comunitarie, al quale hanno partecipato tutte le categorie interessate. Inoltre l'articolo 83 del provvedimento contiene una clausola di cedevolezza che costituisce adeguata garanzia per le regioni. Infatti in tale disposizione si prevede che le disposizioni del provvedimento

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saranno efficaci finché ciascuna regione o provincia autonoma non adotterà la propria legislazione.
Dichiara quindi la massima disponibilità dei relatori, che si rimettono alle scelte che verranno assunte dalle Commissioni in merito all'organizzazione dei lavori. A tale proposito ribadisce l'esigenza che tale organizzazione sia predisposta in maniera tale che le Commissioni siano messe nelle condizioni di esprimere il parere in tempo utile per l'adozione del decreto legislativo entro i termini della delega.

Andrea GIBELLI, presidente, sottolinea che non vi è nessuna ragione per la quale le Commissioni non debbano esprimere il parere previsto sullo schema di decreto in esame pur procedendo ai necessari approfondimenti; ritiene infatti che ci sia il tempo necessario per svolgere alcune audizioni finalizzate ad assumere utili elementi di valutazioni, certamente compiendo una selezione dei soggetti maggiormente rappresentativi delle categorie professionali coinvolte. Ribadisce infine la necessità che le Commissioni parlamentari esprimano il parere, in accordo con il Governo, prima della scadenza del termine previsto per l'esercizio della delega e quindi prima della sospensione dei lavori parlamentari in vista delle prossime elezioni regionali.

Maria Grazia SILIQUINI (PdL) rileva che occorre premettere che è interesse del Governo e della maggioranza che il recepimento della Direttiva Servizi avvenga con un decreto che si ponga in perfetta sintonia normativa con il testo «originale» della direttiva Zappalà 36/2005 CE (direttiva qualifiche professionali), con l'articolo 33 della carta costituzionale e con l'articolo 2229 del codice civile.
La direttiva 36/2005 CE - Zappalà ha avuto il merito di riordinare, in Europa, le professioni intellettuali, raccordando tutte le professioni in un principio unico - prima esistevano circa 30 diverse direttive - valido per tutta l'Europa, con l'obiettivo di realizzare la «circolarità» e la riconoscibilità dei professionisti in stati membri diversi da quello di provenienza.
Ritiene che sia necessario, quindi, non dimenticare che la direttiva 36/2005 CE (Zappalà) ed in particolare agli articoli 1, 2 e 3, individua l'ambito di applicazione della stessa solo ed esclusivamente per le professioni «regolamentate», ovvero» «la presente direttiva si applica a tutti i cittadini di uno stato membro che vogliano esercitare, come lavoratori subordinati o autonomi, compresi i liberi professionisti, una professione regolamentata in uno stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali». Con l'articolo 3 punto 2, la direttiva prevede che «è assimilata a una professione regolamentata una professione esercitata dai membri di un'associazione o di un organismo di cui all'allegato I», che sono espressamente nn. 5 irlandesi e n. 38 inglesi.
Pertanto, l'approccio all'attuale direttiva servizi 123/2006CE, può avvenire solo tenendo presente i seguenti argomenti: a) la direttiva Zappalà si riferisce, espressamente, solo alle professioni regolamentate; b) all'articolo 3 della direttiva 123/2006/CE è previsto che, in caso di contrasto rispetto alla Direttiva n. 36/2005 sul riconoscimento delle qualifiche (c.d. direttiva Zappalà), sia quest'ultima a prevalere («Se disposizioni della presente direttiva confliggono con disposizioni di altri atti comunitari che disciplinano aspetti specifici dell'accesso ad un'attività di servizi o del suo esercizio in settori specifici o per professioni specifiche, le disposizioni di questi altri atti comunitari prevalgono e si applicano a tali settori o professioni specifiche»); c) viceversa il decreto 206/2007 di recepimento della Zappalà del precedente Governo, non ha tenuto presente le disposizioni ora citate, dando vita (in particolare con gli articoli 4 e 26) ad un a normativa che pone l'Italia fuori dall'Europa. Questa normativa, del decreto di recepimento della Zappalà, dovrà pertanto essere congruamente modificata con la riforma delle professioni, al fine di allineare l'Italia alla direttiva europea Zappalà.
Inoltre, voglio ricordare, in generale, l'esigenza espressa da tutto mondo delle

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professioni - come abbiamo avuto modo di apprendere anche in sede di indagine conoscitiva in merito di Riforma delle Professioni Intellettuali - di chiarezza e di correttezza, soprattutto nell'utilizzo della terminologia impiegata nei testi legislativi, per qualificare il concetto di professione regolamentata.
Rappresenta alcune osservazioni in merito al recepimento della direttiva 123/2006 CE che, a mio avviso, debbono essere tenute presenti nell'elaborazione del parere per il Governo.
In primo luogo, sarebbe opportuno sottrarre le professioni intellettuali dall'applicazione della direttiva 123/2006 CE, in ragione del principio di prevalenza introdotto dall'articolo 3 della stessa secondo il quale, in caso di contrasto rispetto alla Direttiva n. 36 sul riconoscimento delle qualifiche (cosiddetta direttiva Zappalà), a prevalere è sempre quest'ultima. Questa era già stata la posizione dell'Italia durante il precedente Governo Berlusconi, precisamente nel secondo semestre 2003, quando eravamo alla presidenza di turno del Consiglio dell'UE. A suo parere si corre il rischio concreto che, ai sensi della legge delega che prescrive la parità di trattamento tra le posizioni comunitarie e quelle italiane, le disposizioni della Direttiva Servizi - di per sé applicabili solo ai cittadini comunitari che operano in Italia - vengano applicate - in pericolosa estensione - anche ai professionisti italiani, con il risultato di scardinare completamente il sistema ordinistico italiano, fondato invero sull'articolo 33 della carta costituzionale.
Qualora non si procedesse ad escludere le professioni intellettuali dalla direttiva 123/2006, invita a mantenere comunque la massima aderenza a una serie di principi che si appresta ad illustrare, preordinati a circoscrivere l'ambito applicativo della Direttiva 123/2006 CE, a garanzia della tutela dei cittadini-utenti e quindi del sistema ordinistico italiano.
In questo contesto ritiene di prioritaria importanza che: in materia di prestazioni riservate non trovi applicazione la direttiva 123/2006, come peraltro consentito da un «considerando» della stessa; nelle definizioni, l'elenco dei motivi imperativi di interesse generale - che consentono limitazioni - non sia tassativo, ma esemplificativo, come peraltro previsto nella Direttiva; nelle norme sulle società multidisciplinari e sulla pubblicità venga attribuito al codice deontologico il compito di introdurre le regole atte a salvaguardare l'indipendenza e il decoro della professione, come peraltro previsto dalla Direttiva; nelle norme sullo sportello unico, venga fatta salva la competenza degli ordini e collegi sulle iscrizioni e cancellazioni; le norme sul silenzio assenso non si applichino alle iscrizioni negli albi professionali.
Si sofferma, quindi, sull'articolo 7, relativo allo sportello unico e direttiva qualifiche, che ritiene importante in considerazione delle dirette conseguenze che lo stesso avrà sull'esercizio delle professioni intellettuali italiane, già disciplinate specificatamente dalla direttiva 36/2005CE (Zappalà).
L'articolo 7 della Direttiva Servizi (2006/123) obbliga, infatti, tutti i Paesi membri ad appaiare nello stesso sportello unico: sia gli albi degli Ordini (autorità competenti); sia le proposte di «altre» organizzazioni, diverse dagli Ordini, che offrano assistenza sulla scelta del professionista, per via elettronica, a distanza, prima che il potenziale cliente debba contattarlo, descrivendo preventivamente le varie caratteristiche dei servizi offerti dai diversi professionisti.
Negli altri Paesi comunitari, tuttavia, il secondo gruppo di organizzazioni accredita esclusivamente «competenze superiori» e più «specializzate» rispetto a quelle generiche. È un sistema utile, che si può e si deve importare in Italia, o con la riforma delle professioni all'esame della Camera dei Deputati, oppure anche con questo schema di Decreto di recepimento della 123/2006.
Va, infatti, tenuto ben presente che, per professioni regolamentate, nel sistema giuridico italiano si intendono solamente quelle per l'accesso alle quali si richiede il superamento di un esame di Stato e il cui esercizio avviene con l'impiego di un titolo

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professionale il cui uso è riservato da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative a chi possiede una qualifica professionale ed è iscritto in ordini o collegi o in albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici.
Ritiene che sia tutta evidenza che, tale precisazione, consente di definire come prestatore d'opera intellettuale chiunque eserciti un'opera o un servizio secondo le previsioni di cui all'articolo 2222 e seguenti del Codice civile, come professionista regolamentato colui che eserciti una professione intellettuale ai sensi dell'articolo 2229 del Codice civile. Pertanto, il riferimento ad attività professionali di cui al menzionato articolo 4, comma 1, lettera a) effettuato nello schema di decreto legislativo in commento, andrebbe integrato e corretto secondo l'interpretazione che sopra si è data e che si fonda sull'assunto per cui, ancorché a taluni prestatori d'opera non può essere negato il carattere dell'«intellettualità» della prestazione effettuata, essi al contempo non possono dirsi - rectius essere equiparati - ai professionisti intellettuali regolamentati in quanto non sono tenuti al superamento di un Esame di Stato che li abiliti all'esercizio di una professione, come peraltro impone la Carta Costituzionale, sotto la vigilanza dell'ordine professionale.
In proposito ribadisce come l'articolo 8 (Clausola di specialità) dello schema di decreto legislativo precisi che, in caso di contrasto tra le disposizioni del decreto e le disposizioni di atti comunitari precedentemente emanati, trovino applicazione queste ultime con riferimento ad aspetti specifici dell'accesso o dell'esercizio di professioni. Torna ad essere di rilevante importanza quindi la corretta interpretazione delle disposizioni recate dal decreto legislativo n. 206/2007 che disciplinano le modalità di riconoscimento e che qualificano la professione regolamentata (articoli 26 e 4 del decreto legislativo n. 206 del 2007).
Al riguardo, per evitare di vanificare la riforma delle professioni ritiene che prima ancora che essa sia varata, occorra «disinnescare» una illegittima procedura che è stata avviata dal precedente Governo, con il decreto Prodi di recepimento della direttiva 36/2005. A causa di quest'ultimo, l'Italia è l'unico Paese che sta riconoscendo associazioni che intendono accreditare come professionisti intellettuali regolamentati coloro che non lo sono, perché non hanno raggiunto i minimi livelli formativi e, soprattutto, non hanno mai sostenuto l'esame di Stato ex articolo 33 della Costituzione.
Questa illegittima procedura di riconoscimento è stata, come si è detto, avviata dal Governo Prodi: da un lato, distorcendo, con il recepimento della direttiva qualifiche professionali (2005/36/CE), la ridefinizione di «professione regolamentata», in piena contraddizione con la direttiva 36/2005 cosiddetta Zappalà e dall'altro, sconvolgendo il proprio stesso decreto legislativo di recepimento, cioè anticipando, illegittimamente, una parte della sua attuazione ad un momento antecedente a quello della «costituzione» delle piattaforme, così come aveva previsto la direttiva Zappalà.
Per correggere queste due «distorsioni» ritiene necessario che, nello schema di Decreto, si preveda: di recuperare, correttamente, la definizione di «professione regolamentata», così come definita dalla direttiva qualifiche e declinarla, altrettanto correttamente, secondo il dettato normativo delle professioni in Italia, nonché di ricollocare nella giusta sequenza temporale la procedura di riconoscimento delle associazioni, cioè in un momento successivo alla individuazione delle piattaforme, così come recita lo stesso decreto di recepimento.
A suo parere, riportare fedelmente il testo della direttiva nella definizione di «professione regolamentata» significa recuperare quel passaggio omesso nel decreto legislativo n. 206 del 2007 che l'ha recepita, laddove afferma che l'intera professione è regolamentata anche quando solo una sua modalità di svolgimento è protetta da un titolo professionale.
Lo schema di decreto legislativo di recepimento della Direttiva servizi, dovrà tener conto - pertanto - dell'anomalia

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dell'Italia, unico in Europa che, a causa dell'erroneo recepimento della precedente Direttiva Qualifiche da parte del Governo Prodi, e sta riconoscendo infinite associazioni di non veri «professionisti» (privi di qualsiasi formazione specifica), pure in settori regolamentati, instaurando così, surrettiziamente, quello che solo in Italia è stato indicato come secondo canale di accesso.
Negli altri Paesi, tuttavia, il secondo gruppo di organizzazioni accredita esclusivamente competenze «superiori» e più «specializzate» rispetto a quelle generiche. È sicuramente un sistema utile, che si può e si deve importare in Italia, o con la riforma delle professioni oggi all'esame della Camera dei Deputati, oppure anche con questo schema di Decreto di recepimento della 123/2006.
In questo modo, verrebbe valorizzato - come negli altri paesi europei - l'associazionismo, ma solo di quei soggetti che già hanno superato l'abilitazione, istituendo così un secondo gradino, quello della specializzazione, esaltando la concorrenza al rialzo. Sottolinea come l'Italia sia in Europa l'unico stato che recepisce in maniera errata la direttiva Zappalà.
Si sofferma sull'articolo 8. A questo proposito ritiene opportuno segnalare che le funzioni dello sportello unico debbano essere ulteriormente precisate e differenziate dalle competenze che la legge riserva agli ordini professionali che detengono gli albi.
Lo sportello, pertanto, dovrebbe raccogliere le informazioni presso l'ordine e metterle a disposizione dei richiedenti (tra i primi fruitori del servizio) anche tramite strumenti telematici; diversamente, l'ordine dovrebbe continuare a curare le procedure volte all'iscrizione o all'adozione di eventuali provvedimenti che possano incidere sullo status professionale. Andrebbe, pertanto, evidenziato che le funzioni svolte dallo sportello unico per i prestatori d'opera generalmente intesi, con riferimento ai professionisti iscritti ad albi professionali sono (rectius restano) di competenza dell'ordine professionale (articolo 29).
Nell'ottica della semplificazione e della razionalità a cui sui ispira la direttiva servizi, auspicando che i prestatori abbiano un interlocutore unico tramite cui espletare tutte le procedure e formalità inerenti al servizio da rendersi (considerando 48) e le funzioni attribuite per altri prestatori al cd. sportello unico, con riferimento ai professionisti appartenenti ad una delle professioni regolamentate potrebbero essere svolte dai Consigli nazionali che svolgerebbero in questo caso, una funzione di indirizzo e supporto al richiedente, demandando all'ordine locale competente per territorio gli specifici adempimenti quanto a provvedimenti inerenti all'accesso o all'esercizio della professione.
Al Consiglio nazionale, spetterebbe per un verso, una funzione di indirizzo e informazione quanto alle richieste pervenute dai prestatori circa le specificità dell'attività professionale, per altro verso una funzione di coordinamento tra gli ordini professionali volto all'effettiva informazione dell'utente.
Relativamente agli articoli 30 e 41, evidenzia che il riferimento ad associazioni va riferito esclusivamente ad associazioni professionali ovvero studi associati tra professionisti (articolo 30; articolo 41). Ciò, a dimostrazione che il legislatore - nel dare attuazione alla direttiva servizi - ha ben chiaro che le uniche associazioni destinatarie del provvedimento sono esclusivamente quelle costituite tra professionisti al fine dell'esercizio in comune della professione, e non altre.
Soffermandosi, poi, più specificatamente sull'esercizio della professione in forma associata, ritiene che andrebbe messo in luce che, attualmente, il nostro ordinamento ha previsto la possibilità di fornire servizi professionali di tipo interdisciplinare solo a determinate condizioni (articolo 2 del decreto-legge n. 223 del 2006, cosiddetto decreto Bersani): a) che si tratti di associazioni tra professionisti o società di persone tra professionisti; b) che l'oggetto sociale relativo all'esercizio della professione sia esclusivo; c) che il professionista non possa partecipare a più di una società; d) che la prestazione sia resa

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da uno o più soci (o associati) professionisti previamente indicati sotto la personale responsabilità.
Tali requisiti non possono essere trascurati: i soci della società devono essere necessariamente professionisti. Specularmente, le società costituite all'estero possono svolgere l'attività professionale nell'ambito di una sede secondaria con rappresentanza stabile nel nostro Paese, purché tutti i soci siano professionisti secondo quanto sopra indicato.
Tali società possono essere iscritte nella sezione speciale dell'albo e, conseguentemente, venir assoggettate alle disposizioni di legge vigenti.
Una normativa che vada incontro alla evoluzione voluta dalla Direttiva Servizi dovrebbe identificare una società ad hoc per i professionisti (intesi come soli soggetti abilitati ad una professione regolamentata), il cui cardine sia formato dai conferimenti di lavoro intellettuale, vero patrimonio dei professionisti.
Infine, collegandosi a quanto prima illustrato, ritiene auspicabile il recupero di una corretta terminologia allorché si discuta di codici deontologici o codici etici, ovvero del rispetto di obblighi deontologici cui sono tenuti i professionisti iscritti in albi.
Reputo opportuno, pertanto, che, ogni volta in cui il legislatore si sofferma sugli aspetti attinenti all'obbligo deontologico, debba farsi menzione del codice deontologico di riferimento e non anche di codice etico, espressione peraltro usata impropriamente con riferimento agli iscritti ad albi professionali (articolo 30). Questi ultimi sono assoggettati, in virtù delle norme deontologiche, ad un regime sanzionatorio in grado di incidere (per legge) sulla loro capacità di agire, finanche a far sì che l'abilitazione conseguita non sia più utilizzabile per effetto di un provvedimento di radiazione. Nessun codice di associazione privata, invero, può incidere sulla capacità di agire di un proprio iscritto che al massimo sarà costretto a lasciare l'associazione.
Altre modifiche nel dettaglio, dovrebbero interessare: l'articolo 8 (definizioni): sulla definizione di professione regolamentata, lettera m). Con riferimento alla definizione di professione regolamentata, propongo due versioni alternative. La prima si ricava dalla specifica modifica delle previsioni di cui al menzionato decreto legislativo n. 206 del 2007; la seconda ripropone la definizione di professione regolamentata che la direttiva Zappala reca, arbitrariamente tradotta nel decreto di attuazione n. 206/2007.
Riguardo all'articolo 14 (regimi autorizzatori), si dovrebbe ribadire la vigilanza degli ordini professionali sugli iscritti agli albi.
Per l'articolo 18 (autorità preposte al rilascio delle autorizzazioni), si deve eliminare il vago riferimento ad organismi.
Sull'articolo 20 (esercizio di attività in regime di libera prestazione) insiste per inserire il concetto di tutela della fede pubblica.
In merito all'articolo 25 (sportello unico), occorrerebbe prevedere che le funzioni di sportello unico per quanto concerne le professioni regolamentate siano svolte dai Consigli nazionali, fatte salve le competenze degli ordini locali.
Sull'articolo 26 (diritto all'informazione), sottolinea come occorra togliere dal testo il riferimento fuorviante alle associazioni.
All'articolo 30 (assistenza ai destinatari), si deve specificare l'indicazione dei dati degli organismi presso i quali i fruitori del servizio possano ottenere assistenza pratica.
All'articolo 31 (informazioni di prestatori e sui loro servizi), si deve procedere con alcune correzioni meramente formali, nonché nella specificazione di rendere informazioni relativamente all'assicurazione per la copertura del rischio.
All'articolo 33 (assicurazioni) è necessario prevedere la sottoscrizione di una polizza assicurativa quando l'attività presenti profili di elevati rischi.
All'articolo 35 (attività multidisciplinari) occorrono modifiche inerenti l'esercizio di un'attività multidisciplinare tra

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professionisti regolamentati. Rispetto di regole deontologiche e dei requisiti di indipendenza.
All'articolo 43-bis (misure di accompagnamento per la qualità dei servizi professionali): propone l'inserimento ex novo di una norma che contenga l'indicazione di misure volte a garantire la qualità della prestazione mancando nello schema di Decreto Ronchi una norma che recepisce l'articolo 26 della direttiva servizi sulla «politica per la qualità dei servizi», che a sua volta implementa i quattro «considerando» dal 111 al 115. Nell'ottica di garantire qualità delle prestazioni professionali ed elevate competenze specifiche propone di inserire nello schema in commento l'articolo 43-bis, rubricato «Misure di accompagnamento per la qualità dei servizi professionali» e articolato in sei commi.
All'articolo 45 (procedimento per Iscrizione in albi): occorre indicare la necessità di chiudere il procedimento con provvedimento espresso.
All'articolo 46 si deve inserire ex novo il secondo comma dove in relazione alla presentazione di ipotesi di piattaforme comuni si stabilisce che le procedure per l'individuazione delle associazioni ed organizzazioni da sentire vengono avviate dalle autorità competenti sulla professione cui la piattaforma si riferisce.
All'articolo 47 (esercizio di attività professionale regolamentata) occorre recuperare la corretta terminologia specificando che le associazioni e le società prese in considerazione sono sempre e solo quelle tra professionisti.
All'articolo 85 (modifiche e abrogazioni) propone la modifica degli articoli 4 e 26 del decreto n. 206 del 2007. Con riferimento al primo, si ripropongono le due differenti definizioni di professione regolamentata presentate relativamente alla modifica dell'articolo 8 dello schema.

Ludovico VICO (PD) sottolinea l'opportunità che in questa fase non sia formalizzata la presentazione della proposta di parere da parte del relatore ma che sia preferibile attendere la conclusione della fase istruttoria.

Andrea LULLI (PD) nel concordare con le valutazioni espresse dal collega Vico ribadisce che inizialmente l'ufficio di presidenza congiunto delle commissioni aveva individuato un percorso diverso che includeva una preliminare fase istruttoria. Preannuncia infine che il suo gruppo presenterà una proposta di parere alternativa.

Antonino LO PRESTI, relatore per la II Commissione, manifesta la propria disponibilità ad adeguarsi a quanto le Commissioni decideranno di stabilire, pur ritenendo che sarebbe opportuno iniziare un confronto nel merito delle questioni.

Stefano SAGLIA, sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, ribadisce l'intenzione del Governo di procedere all'emanazione del decreto legislativo in esame entro il termine previsto per la scadenza della delega (fissato al 28 marzo 2010); ritiene che le commissioni parlamentari possano al riguardo fornire un contributo prezioso e il Governo non è assolutamente contrario a che esse procedano ai necessari approfondimenti, seppure in maniera celere, ritenendo che i lavori potrebbero essere utilmente conclusi entro la seconda settimana di marzo. Quanto al mancato parere della Conferenza unificata ritiene che si tratti di una decisione squisitamente politica presa in un contesto di campagna elettorale e che non riguardi il merito del provvedimento in esame.

Andrea GIBELLI, presidente, ritiene in conclusione che le Commissioni potrebbero stabilire di procedere ad una seduta dedicate a poche, scelte audizioni nel corso della prossima settimana, a margine dei lavori dell'Aula, e quindi procedere celermente nella settimana successiva alla approvazione del parere di competenza. Nessun altro chiedendo di intervenire rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 10.50.