CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 9 febbraio 2010
280.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e V)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Martedì 9 febbraio 2010. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Giuseppe Vegas.

La seduta comincia alle 12.10.

DL 2/2010: Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni.
C. 3146 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 2 febbraio 2010.

Giancarlo GIORGETTI, presidente della V Commissione, ricorda che il termine per la presentazione degli emendamenti è stato fissato alle ore 14 di venerdì 12 febbraio 2010 e che domani, mercoledì 10 febbraio 2010, alle ore 8,30, presso l'aula della I Commissione, avrà luogo l'audizione informale di rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, dell'ANCI, dell'UPI e della Lega delle Autonomie locali. Ricorda inoltre che nella stessa giornata di domani, alle ore 14, proseguirà l'esame in sede referente del provvedimento in esame.

Alessandro NACCARATO (PD) ritiene, preliminarmente, che ci si trovi di fronte ad una sorta di «schizofrenia» normativa, come si evince dalla presentazione di una serie di provvedimenti, da parte del Governo, vertenti sulla medesima materia ma che recano contestualmente disposizioni tra loro in gran parte disomogenee e divergenti.
Ricorda, in particolare, che con la legge finanziaria 2010, all'articolo 2, commi da 183 a 186, è stata prevista una riduzione del contributo ordinario agli enti locali e, in relazione ad essa, una serie di misure per farvi fronte. Tra queste, in particolare, è stata prevista una diminuzione del numero dei consiglieri comunali e degli assessori comunali e provinciali nonché la soppressione del difensore civico, delle circoscrizioni comunali, del direttore generale e dei consorzi di funzioni per enti locali. Pochi giorni dopo l'approvazione della legge finanziaria è stato, al contempo, presentato alla Camera il disegno di legge di riforma delle autonomie locali (C. 3118), che reca disposizioni in parte contrastanti con quelle testé richiamate della legge finanziaria per il 2010. Oggi,

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infine, si esamina un decreto-legge che interviene sulle medesime questioni con previsioni ancora differenti.
Ribadisce, pertanto, l'incongruenza di una disciplina frammentata e disomogenea, elaborata oltretutto senza una preventiva consultazione delle regioni e degli enti locali.
Rileva inoltre che la legge finanziaria ha previsto tagli finanziari spalmati su tre anni da applicare via via in concomitanza con lo svolgimento delle elezioni amministrative. Il decreto-legge in esame, invece, rivede tale previsione, stabilendo che i tagli si applichino con riguardo al triennio senza coordinare tale misura con lo svolgimento delle elezioni. Per l'anno 2010, quindi, i tagli finanziari gravano su tutti i comuni e le province in proporzione al numero di abitanti, con il rischio di una discriminazione nei confronti di taluni comuni, in base alla data in cui saranno previste le relative elezioni.
Si tratta di un'incongruenza evidenziata anche dal relatore per la I Commissione, che ha preannunciato l'intenzione di rivedere tale profilo.
Ritiene, inoltre, che l'estensione disposta dal decreto-legge in esame ai consigli provinciali, che saranno tenuti anch'essi a ridurre del 20 per cento il numero dei rispettivi componenti, sia stata definita in maniera improvvisa e non adeguatamente valutata. Al contempo, le questioni relative ai tagli finanziari non sono state in alcun modo discusse con le autonomie locali.
Evidenzia che, dai dati riguardanti il trasferimento delle risorse agli enti locali forniti dal ministero dell'interno, emerge una riduzione del 18 per cento negli ultimi 6 anni, sempre che sia integralmente rimborsata la parte relativa all'ICI. Ritiene che gli altri tagli finanziari previsti corrispondano, quindi, soprattutto ad una volontà di propaganda elettorale in vista dell'appuntamento di marzo prossimo.
Auspica in conclusione, che si intervenga prontamente per porre rimedio a tutte le storture testé richiamate.

Michele BORDO (PD) stigmatizza preliminarmente il metodo utilizzato dal Governo per l'ennesima volta, che si concretizza in una procedura priva di un previo confronto con le autonomie locali. Ritiene che tale consultazione sarebbe stata quanto mai opportuna e l'audizione dei rappresentanti delle regioni, delle province e dei comuni che le Commissioni riunite I e V hanno programmato per la giornata di domani confermerà tale aspetto. Rileva che l'audizione prevista per domani dovrà inoltre individuare possibili soluzioni che evitino il rischio che venga fatto ricorso, da parte delle regioni, alla Corte costituzionale.
Evidenzia che sarebbe quanto mai opportuno definire una disciplina della materia organica e coerente, trasferendo il contenuto del decreto-legge in esame nell'ambito del disegno di legge di riforma delle autonomie locali (C. 3118), che già reca disposizioni analoghe.
Intervenendo sul merito del provvedimento, rileva come le disposizioni recate dai commi da 183 a 186 dell'articolo 2 della legge finanziaria 2010, che erano state accompagnate da una dichiarazione di particolare urgenza da parte della maggioranza, si sono poi rivelate incomplete ed indeterminate, a dimostrazione dell'estemporaneità e della demagogia con cui troppo spesso si procede. Sarebbe invece necessario programmare in maniera organica le diminuzioni di spesa da prevedere.
Rileva, in particolare, che la riduzione del numero dei componenti degli organi di rappresentanza locale è stata una delle ragioni per cui si è deciso di ridurre l'entità dei trasferimenti in favore degli enti locali. Tuttavia, mentre la riduzione della spesa si applica ora al solo triennio di riferimento, il decremento del numero dei componenti dei suddetti organi costituisce una misura a carattere permanente. È quindi opportuno comprendere dal Governo come intenda procedere sul punto.
Rileva che il decreto-legge stabilisce una riduzione delle risorse per il 2010 a prescindere dal decremento del numero dei componenti degli organi in questione, aggiungendo un ulteriore riduzione per i comuni e le province in cui sono previste

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elezioni negli anni 2011 e 2012, dando luogo ad una evidente disparità di trattamento tra comuni.
Ritiene inoltre necessario un ulteriore approfondimento sulla disposizione che prevede la soppressione della figura del direttore generale. Ricorda infatti che tale figura costituisce di fatto l'unica ad essere nominata direttamente dal sindaco e dal presidente della provincia e che svolge un'importante funzione di ausilio nel lavoro degli organi di vertice, ponendosi al di sopra dei dirigenti di settore ed essendo di norma persone esperte nel funzionamento della macchina burocratica.
Considera altresì incompleta la disposizione che riguarda i consiglieri provinciali, considerato che si prevede che entro il mese di novembre 2010 venga ridefinita la tabella delle circoscrizione dei collegi, ma, al contempo, si stabilisce che la disposizione sia efficace anche in caso di mancata ridefinizione della citata tabella, con il rischio di dare luogo ad una situazione paradossale, che non consentirebbe ai partiti di presentare i propri candidati in un certo numero di collegi. Sarebbe quindi a suo avviso opportuno prevedere espressamente l'obbligo in capo al Governo di ridefinizione della suddetta tabella in tempi congrui e prefissati.
Si sofferma quindi sulla disposizione dell'articolo 3, che prevede che le regioni definiscano l'importo degli emolumenti spettanti ai consiglieri regionali in modo da non eccedere l'indennità parlamentare. In proposito, non appare chiaro se il riferimento sia all'indennità dei deputati o dei senatori, visto che sono far loro non coincidenti. Non viene altresì chiarito se si intenda richiamare il totale lordo o quello netto e quale sia l'effetto di una modifica dell'entità delle indennità dei parlamentari rispetto a quella dei consiglieri regionali.
Sottolinea, al contempo, il forte rischio di incostituzionalità della disposizione recata dall'articolo 3, considerato che la Corte costituzionale con la sentenza n. 157 del 2007, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di una disposizione della legge finanziaria 2006 che prevedeva la riduzione del 10 per cento delle indennità spettanti ai titolari degli organi politici regionali. In tale sede, la Corte ha sottolineato come la legge statale possa prescrivere criteri ed obiettivi di carattere generale - quale ad esempio il contenimento della spesa pubblica - ma non può imporre alle regioni minutamente gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere tali obiettivi.
Ritiene in conclusione che sul provvedimento in esame sarebbe stato opportuno valutare preliminarmente le interazioni esistenti con altre disposizioni normative - a partire dal disegno di legge C. 3118 - e consultare preventivamente le autonomie locali. Ciò avrebbe consentito di intervenire in maniera più organica e corretta sotto il profilo giuridico, ponendo tutti nelle condizioni di svolgere approfondite riflessioni.

Paolo FONTANELLI (PD) rileva innanzitutto la mancanza di una visione d'insieme negli interventi del Governo: dopo che la materia della razionalizzazione dell'organizzazione interna degli enti locali era stata affrontata nella legge finanziaria, il Governo vi è tornato sopra, con misure di contenuto diverso, con il disegno di legge recante il cosiddetto codice delle autonomie (C. 3118), ed ora, mentre di quest'ultimo non è nemmeno iniziato l'esame, vi ritorna ancora una volta sopra con un decreto-legge che a sua volta reca misure a loro volta differenti. È l'ennesimo caso di quella «schizofrenia normativa» contro la quale il Presidente della Repubblica si è pronunciato più volte richiamando l'importanza della qualità della legislazione.
Quanto al merito del provvedimento in esame, ricorda che, in occasione del costruttivo dibattito sul disegno di legge in materia di federalismo fiscale, la sua parte politica fece presente che, affinché quel progetto di riforma avesse successo, occorreva, oltre alla definizione delle funzioni fondamentali degli enti locali, la riforma dell'ordinamento delle autonomie locali: il cosiddetto codice o carta delle autonomie. Il ministro Calderoli lo riconobbe. Ora che, sia pure diversi mesi

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dopo, il disegno di legge recante il codice delle autonomie è stato finalmente presentato alla Camera (C. 3118), non si vede perché i problemi legati agli enti locali non dovrebbero essere trattati più distesamente e in una prospettiva più completa e quindi meno frammentaria in quella sede, per evitare il susseguirsi caotico di norme diverse sulle stesse materie. Perché non ci si concentra sul codice delle autonomie? Evidentemente perché la maggioranza mira più alla propaganda che a una risposta di sistema ai problemi del Paese, senza contare che il messaggio che il provvedimento invia agli enti locali è quello di un forte centralismo dello Stato, in contrasto con le linee di sviluppo del federalismo fiscale.
Quanto al tetto degli emolumenti dei consiglieri regionali, rileva che è forte il rischio di ricorsi delle regioni innanzi alla Corte costituzionale e di pronunce di quest'ultima favorevoli alle ricorrenti, dal momento che già con la sentenza n. 157 del 2007 la Corte ha chiarito che la legge statale può prescrivere alle regioni criteri e obiettivi, ad esempio il contenimento della spesa pubblica, ma non può imporre minutamente gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi. Non v'è dubbio che occorra riordinare il sistema delle indennità in generale. Quelle regionali, in particolare, sono troppo alte: è incredibile, ad esempio, che il sindaco di una grande città percepisca un'indennità inferiore a quella di un consigliere regionale. Ma non è questo il modo adatto. Del resto, le indennità non sono l'unico problema. Con la stessa attenzione andrà affrontata la materia delle incompatibilità ed ineleggibilità. Soprattutto, è necessario affrontare il problema della grave emergenza finanziaria degli enti locali. L'ANCI ha fornito dati dai quali emerge con chiarezza come i comuni siano il livello di governo che, in proporzione, sta pagando di più il processo di risanamento delle finanze italiane. Il Governo «stringe la cinghia» soprattutto sugli enti locali, fin quasi a soffocarli, mentre non interviene su altri livelli di governo: si pensi agli uffici decentrati dello Stato, la cui spesa è fuori controllo.

Massimo VANNUCCI (PD) rinnova la richiesta, già formulata in sede di ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni congiunte I e V, di una integrazione della relazione tecnica che possa mettere le Commissioni in condizioni di esaminare il provvedimento, avendo a disposizione tutti gli elementi necessari. Con particolare riferimento all'articolo 3, relativo agli emolumenti dei consiglieri regionali, rileva che sarebbe opportuno poter disporre di una simulazione degli effetti complessivi, atteso che, in alcune regioni, come le Marche, le indennità spettanti ai consiglieri regionali sono nettamente inferiori a quelle previste per i parlamentari. Osserva inoltre che andrebbe chiarito anche l'impatto delle disposizioni di cui all'articolo 4, commi da 6 a 8, relative al contributo straordinario al Comune di Roma. Sottolinea quindi la problematica dei trasferimenti erariali ai Comuni, evidenziando come la spesa media pro capite di questi ultimi sia estremamente diversa nelle varie aree del Paese. Condivide la posizione dei colleghi che hanno richiamato il Governo e la maggioranza ad un modo di legiferare che tenga conto delle complessità esistenti. Chiede inoltre al Governo chiarimenti sul trasferimento, a valere sui fondi del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alle province ed ai comuni fino ad un importo di 90 milioni di euro, previsto dall'articolo 4, comma 4. Auspica che anche i deputati di maggioranza vorranno concorrere, attraverso la presentazione di proposte emendative, al miglioramento del testo, rilevando tuttavia che difficilmente sarà possibile modificare l'articolo 1, relativo alla riduzione del numero dei consiglieri comunali e provinciali. All'uopo rileva che tali disposizioni vanno nella direzione opposta al federalismo, entrando nel merito delle scelte organizzative dei singoli enti locali. Sarebbe stato meglio fissare un tetto massimo per le spese istituzionali degli enti locali, lasciando

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ai medesimi la possibilità di organizzarsi al meglio. Conclusivamente, osserva che tali disposizioni creano anche un limite alla partecipazione dei cittadini nella vita pubblica delle loro comunità.

Roberto SIMONETTI (LNP) osserva come l'esame del decreto-legge n. 2 del 2010, in ragione dei suoi contenuti, possa costituire una occasione utile per una complessiva riflessione sull'attuale situazione finanziaria degli enti locali e, in particolare, delle province. In questo contesto, ricorda come nella seduta di giovedì 4 febbraio la Commissione bilancio abbia proceduto all'audizione di rappresentanti dell'UPI, che hanno illustrato in modo efficace il difficile stato delle finanze provinciali, descrivendo una situazione che quanti - come lui - hanno incarichi come amministratore locale purtroppo già conoscono molto bene. In particolare, ricorda come nell'attuale assetto legislativo le entrate provinciali siano legate a presupposti che non sono manovrabili o condizionabili dagli enti locali, che, pertanto, nell'attuale situazione di crisi economica e finanziaria, hanno visto ridursi in misura consistente le risorse a loro disposizione. In presenza di una situazione nelle quali le province, a differenza dei comuni, non dispongono di strumenti che consentano la manovrabilità delle entrate, chiede pertanto al Governo di verificare la possibilità di individuare strumenti che consentano alle province di incrementare le proprie disponibilità, consentendo loro di raggiungere almeno il pareggio di bilancio, che allo stato appare un obiettivo che anche molte province del nord rischiano di non conseguire.

Maino MARCHI (PD), preliminarmente, si associa alla richiesta formulata dal collega Vannucci di integrazione della relazione tecnica sul provvedimento in esame. Con riferimento agli effetti finanziari del provvedimento, segnala che, a seguito delle modifiche apportate dall'articolo 1 del decreto-legge, il comma 133 dell'articolo 2 della legge finanziaria per il 2010 prevede una riduzione del Fondo ordinario per il finanziamento degli enti locali che solo dal 2011 appare commisurata alle riduzioni di spesa derivanti dai successivi commi 184, 185 e 186. A tale proposito, ricorda come nel corso dell'esame della legge finanziaria non fosse stato possibile acquisire precise indicazioni dal Governo con riferimento al numero degli enti locali per i quali nel corso degli anni 2010, 2011 e 2012 ha luogo il rinnovo dei rispettivi consigli. Osserva, infatti, come l'acquisizione di tale dato sia assolutamente necessaria al fine di verificare la corrispondenza tra il taglio dei trasferimenti previsto dalla legge finanziaria e le correlate misure di riduzione delle spese a livello locale. Rileva, peraltro, come nell'esame della legge finanziaria la maggioranza ed il Governo decisero di ignorare le richieste formulate dall'opposizione volte all'acquisizione di un quadro certo degli effetti delle disposizioni che si intendeva introdurre e l'invito ad affrontare la materia nell'ambito del disegno di legge recante la cosiddetta Carta delle autonomie. Osserva, quindi, che la scelta di non ascoltare gli appelli dell'opposizione ha comportato la necessità di un immediato intervento di manutenzione legislativa, invitando pertanto sin d'ora ad avviare un serio ed approfondito dialogo in sede di esame del disegno di legge C. 3118. Con specifico riferimento ai profili finanziari del provvedimento, ritiene che debba sottolinearsi come - a seguito delle modifiche apportate - il taglio del Fondo ordinario per i finanziamento degli enti locali nell'anno 2010 non sia più correlato a specifiche misure di risparmio ma, in linea con numerosi precedenti provvedimenti governativi, determini una riduzione secca delle risorse trasferite al sistema delle autonomie. Giudica, peraltro, assolutamente non condivisibili anche le misure di contenimento della spesa previste dalla legge finanziaria, la cui applicabilità è ora rinviata all'anno 2011. In particolare, ritiene che non vi sia una corrispondenza tra le disposizioni volte alla riduzione degli apparati politici, consistenti essenzialmente alla riduzione del numero dei componenti dei consigli, che appaiono improntate

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ad una logica di «aziendalizzazione» degli enti locali e la prevista soppressione del dirigente generale nei comuni di maggiori dimensioni, osservando come tale figura rappresenti un importante supporto al sindaco nella gestione dell'ente locale. In ogni caso, rileva che la soppressione della figura del direttore generale rappresenta una grave lesione del principio di autonomia statutaria degli enti locali, evidenziando come l'attuale esecutivo, che pure dichiara di ispirarsi al federalismo, stia determinando una significativa contrazione degli spazi di autonomia degli enti territoriali. Sempre con riferimento alle disposizioni in materia di enti locali contenute nella legge finanziaria per il 2010, osserva, inoltre, come appaia necessario un chiarimento in ordine agli effetti finanziari dell'articolo 2, comma 18, della legge n. 191 del 2009. Ricorda, infatti, che, nella relazione tecnica relativa a tale disposizione, si quantificava in 50 milioni l'effetto di riduzione della spesa derivante dal comma 187, indicando come una quota di tali risorse, pari a circa 15 milioni di euro, sarebbe stata assegnata ai comuni montani. Osserva, tuttavia, che il trasferimento ordinario alle comunità montane per l'anno 2009 ammontava invece a oltre 84 milioni di euro ed è pertanto necessario precisare che la cessazione dei finanziamenti si riferisce esclusivamente alla quota base del Fondo ordinario e non al Fondo consolidato e al Fondo per lo sviluppo degli investimenti, che sono collegati a spese non riducibili riferite rispettivamente al personale e all'ammortamento dei mutui. In proposito, ritiene altresì necessario un chiarimento in ordine alla definizione di comuni montani contenuta nel medesimo comma 187, osservando come appaia opportuno rinviare ogni decisione in materia alle regioni, che assai meglio possono apprezzare le differenza tra le varie realtà territoriali. Con riferimento, poi, all'attuale situazione finanziaria degli enti locali, segnala che nella giornata di giovedì 4 febbraio 2010, la Commissione bilancio ha proceduto allo svolgimento di un'audizione di rappresentanti di ANCI e UPI nell'ambito di un'indagine conoscitiva sulla finanza locale, nella quale è emersa una forte richiesta di modifica delle disposizioni relative al patto di stabilità interno. In particolare, in quella sede gli enti locali hanno evidenziato le criticità derivanti dalle disposizioni di cui all'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, che ha determinato un sostanziale blocco delle spese di investimento degli enti locali. In quella sede, si sono inoltre ricordati i problemi che si posero in sede di applicazione del comma 8 dell'articolo 77-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 e si è evidenziato come analoghi problemi rischiano di porsi in sede di predisposizione dei nuovi bilanci per gli enti che abbiano realizzato entrate straordinarie nell'esercizio 2007, rendendosi pertanto necessari opportuni interventi correttivi di carattere legislativo. Ritiene, infine, che il decreto-legge in esame potrebbe costituire una sede opportuna per numerosi interventi volti a porre rimedio alle problematiche relative alla finanza locale, segnalando come in questo provvedimento potrebbero ipotizzarsi misure volte al totale reintegro del mancato gettito derivante dalla abrogazione dell'ICI sulla prima casa, alla sospensione delle sanzioni previste in caso di mancato rispetto degli obiettivi fissati dal patto di stabilità interno per l'anno 2009, all'estensione temporale della norma contenuta nella legge finanziaria per il 2007 sull'utilizzo dei proventi derivanti dagli oneri di urbanizzazione, nonché alla proroga di un anno dell'attuale regime impositivo riferito ai rifiuti solidi urbani.

Oriano GIOVANELLI (PD) ritiene che il Governo, dopo aver compiuto scelte sbagliate con la legge finanziaria, tenti ora di porvi rimedio: il rimedio è però peggiore del male. L'intervento disposto con la legge finanziaria era sbagliato perché ledeva tre principi fondamentali in materia di enti locali: quello della leale collaborazione tra lo Stato e gli enti locali, quello dell'autonomia statutaria degli enti locali e quello della loro autonomia organizzativa. Il principio della leale collaborazione è stato

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leso perché, mentre ancora si discuteva in sede di Conferenza unificata di un insieme di interventi, il Governo ha stralciato il pacchetto delle misure di razionalizzazione e lo ha inserito nella legge finanziaria. Il principio dell'autonomia statutaria, che, sebbene non se ne parli quasi più, è un caposaldo dell'ordinamento della Repubblica, e quello dell'autonomia organizzativa degli enti locali sono lesi dagli interventi sulla figura del direttore generale e sulle circoscrizioni. Non si comprende che senza autonomia organizzativa non può neppure parlarsi di autonomia. Non è possibile, infatti, senza autonomia organizzativa, dar corso al programma di governo preannunciato in campagna elettorale e agli indirizzi definiti dopo le elezioni dalla maggioranza.
Rileva che molti dei problemi legati all'organizzazione interna degli enti locali potrebbero essere risolti nell'ambito dell'esame del disegno di legge del Governo recante il cosiddetto codice delle autonomie, che, sebbene deliberato dal Consiglio dei ministri con molto ritardo rispetto agli annunci di inizio legislatura, è stato ora finalmente presentato ed è assegnato alla Commissione affari costituzionali della Camera (C. 3118). Non si vede, quindi, perché il Governo torni di nuovo sulla materia con un decreto-legge, se non per fini di propaganda elettorale, proprio come quando fu annunziato il taglio di cinquantamila «poltrone» negli enti locali, senza però spiegare che si trattava di piccoli costi: basti pensare, ad esempio, che un consigliere comunale riceve un'indennità di 25-30 euro a seduta e che si tengono in media una decina di sedute del consiglio comunale l'anno. Nulla invece il Governo ha fatto per le molte costosissime cariche pubbliche dello Stato centrale.
Sottolinea, in particolare, come l'intervento del Governo sulla figura del direttore generale sia un grave errore, dal momento che sono sempre più importanti nella pubblica amministrazione figure che possiedano competenze manageriali. A suo avviso, prima di procedere all'abolizione di questa figura, sarebbe doveroso, per non compiere passi avventati, verificarne l'inutilità: si mettano a confronto i consuntivi degli enti che si avvalgono della consulenza di un direttore generale con quelli degli enti che non se ne avvalgono e si vedano le differenze. Diversamente, il dibattito rischia di essere astratto. Quanto ai consiglieri circoscrizionali, è innegabile che vi siano state degenerazioni, ma questo non giustifica un intervento generalizzato sull'organizzazione degli enti locali. Si tratta di imposizioni centralistiche dettate dalla ragioneria generale dello Stato che stridono con il disegno di assetto federale di cui tanto si parla.
Conclude auspicando infine che il patto di stabilità interno sia rivisto per consentire agli enti locali investimenti e manovre anticicliche per contrastare la crisi in atto, anche perché altro è se si sfonda il tetto di disavanzo per una cattiva gestione, altro se lo si sfonda per esempio per ripianare i debiti di un'azienda in crisi e limitare i danni sull'economia.

Giancarlo GIORGETTI, presidente della V Commissione, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.15.