CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 2 febbraio 2010
277.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e V)
COMUNICATO

TESTO AGGIORNATO AL 9 FEBBRAIO 2010

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SEDE REFERENTE

Martedì 2 febbraio 2010. - Presidenza del presidente della I Commissione Donato BRUNO. - Intervengono il ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli, il viceministro dell'economia e delle finanze Giuseppe Vegas, il sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio Aldo Brancher e il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico.

La seduta comincia alle 14.05.

DL 2/2010: Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni.
C. 3146 Governo.
(Esame e rinvio).

Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento.

Donato BRUNO, presidente, avverte che nella seduta odierna si svolgeranno le relazioni introduttive dei relatori, deputato Calderisi per la I Commissione e deputato Bitonci per la V Commissione. Il calendario dei lavori relativi al prosieguo dell'esame sarà stabilito nella riunione congiunta degli uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni I e V, la quale si terrà al termine della seduta. Ricorda che la Conferenza dei presidenti di gruppo ha stabilito l'inizio dell'esame del provvedimento in Assemblea per lunedì 22 febbraio 2010.

Giuseppe CALDERISI (PdL), relatore per la I Commissione, avverte che la sua relazione si riferirà agli articoli da 1 a 3, relativi a materie di più diretta competenza della I Commissione, mentre dell'articolo 4 parlerà il deputato Bitonci.
Ricorda quindi che l'articolo 1 modifica e integra alcune delle norme in materia di contenimento delle spese degli enti locali contenute nella legge finanziaria 2010.
Questa, ai commi da 183 a 186 dell'articolo 2, ha previsto da una parte una riduzione del contributo ordinario per gli enti locali nel triennio 2010-2012 e dall'altra parte, a fronte di questo, una serie di misure di risparmio, tra cui una diminuzione del numero dei componenti degli organi rappresentativi ed esecutivi degli enti locali e una razionalizzazione di altri organismi dei medesimi enti.
In particolare, la riduzione del contributo ordinario ammonta a 13 milioni di

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euro per il 2010, a 91 milioni per il 2011 e a 125 milioni per il 2012. La riduzione riguarda le province, per 1 milione di euro per il 2010, 5 milioni per il 2011 e 7 milioni per il 2012; e i comuni per 12 milioni di euro per il 2010, 86 milioni per il 2011 e 118 milioni per il 2012.
Ferma restando l'entità complessiva della riduzione, l'articolo 1 del decreto-legge in esame provvede a rimodulare la ripartizione della riduzione tra ciascun ente. Il testo originario del comma 183 dell'articolo 2 della legge finanziaria prevedeva, infatti, che il Ministro dell'interno provvedesse con proprio decreto, per ciascuno degli anni del triennio, alla riduzione, in proporzione alla popolazione residente, del contributo ordinario spettante ai singoli enti per i quali, nel corso dell'anno, avesse luogo il rinnovo dei consigli.
Il decreto in esame prevede invece che per il 2010 la riduzione del contributo si applichi a tutti gli enti locali, sempre in proporzione alla popolazione residente, a prescindere quindi dallo svolgimento di elezioni amministrative. Per il 2011 e il 2012 la riduzione viene operata esclusivamente per gli enti per i quali avrà luogo in quegli anni il rinnovo dei consigli. Ne consegue che gli enti i cui consigli si rinnoveranno nel 2011 o nel 2012 saranno interessati sia dal taglio del contributo previsto per il 2010 sia dal taglio previsto per quegli anni. Si osserva che il citato comma 183 prevede una riduzione di carattere triennale del finanziamento agli enti locali. Quindi, al fine di evitare discriminazioni tra gli enti locali, si potrebbe prevedere che il taglio si applichi anche nel successivo triennio, secondo un importo da quantificare nella legge finanziaria, in modo che tale taglio si applichi, progressivamente, a tutti gli enti locali, via via che questi rinnoveranno i propri organi.
Lo strumento per l'individuazione delle riduzioni resta il decreto del Ministro dell'interno, in relazione al quale la disposizione in esame introduce però il concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Viene inoltre estesa anche ai consigli provinciali la riduzione del 20 per cento del numero dei componenti già prevista dalla legge finanziaria per i consigli comunali.
È utile ricordare che il numero dei consiglieri comunali e provinciali è fissato dall'articolo 37, commi 1 e 2, del testo unico sull'ordinamento degli enti locali, che prevede che il consiglio comunale e il consiglio provinciale sono composti, rispettivamente, dal sindaco e dal presidente della provincia e da un numero di membri che varia a seconda della popolazione del comune o della provincia.
Peraltro, è opportuno segnalare che la riduzione del numero dei consiglieri comunali e provinciali è prevista, in misura leggermente diversa, dall'articolo 20 del disegno di legge del Governo C. 3118, recante disposizioni in materia di organi e funzioni degli enti locali, semplificazione e razionalizzazione dell'ordinamento e Carta delle autonomie locali, che è stato presentato alla Camera il 13 gennaio 2010 e assegnato alla Commissione affari costituzionali, ed è oggetto di una procedura di intese, ai sensi degli articoli 78 del regolamento della Camera e 51, comma 3, del regolamento del Senato, tra il Presidente della Camera e il Presidente del Senato. Sarebbe quindi bene che il Governo chiarisse quali misure intende adottare a regime, se quelle della legge finanziaria per il 2010 ovvero quelle del predetto disegno di legge.
Il decreto-legge in esame prevede poi, al comma 2 dell'articolo 1, che la riduzione del numero dei membri degli organi politici locali e le altre misure di contenimento degli apparati amministrativi previste dalla legge finanziaria 2010 si applicano agli enti locali a partire dal 2011 e a decorrere, per ciascun ente, dal rinnovo del rispettivo consiglio.
In dettaglio, le misure di risparmio previste dalla legge finanziaria sono, oltre alla riduzione del numero dei consiglieri comunali e provinciali, la limitazione del numero massimo degli assessori comunali e provinciali, che viene determinato in misura pari, rispettivamente per ciascun

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comune e per ciascuna provincia, ad un quarto del numero dei consiglieri comunali e ad un quinto del numero dei consiglieri provinciali, con arrotondamento all'unità superiore.
Altre misure di risparmio e razionalizzazione previste dalla legge finanziaria sono la soppressione della figura del difensore civico; la soppressione delle circoscrizioni comunali; la possibilità da parte del sindaco, nei comuni con meno di 3.000 abitanti, di scegliere, in alternativa alla nomina degli assessori, di delegare l'esercizio delle proprie funzioni a non più di due consiglieri comunali; la soppressione della figura del direttore generale; la soppressione dei consorzi di funzioni tra enti locali, salvi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato esistenti.
Il decreto-legge in esame dispone che tutte queste misure, contenute nei commi 184, 185 e 186 della legge finanziaria 2010, siano applicate dagli enti locali a decorrere dal 2011. Rimane invece ferma la decorrenza, all'entrata in vigore della legge finanziaria, della cessazione del concorso ordinario dello Stato al finanziamento delle comunità montane.
In relazione a tutte queste misure di risparmio va considerato che il citato disegno di legge C. 3118 prevede misure di razionalizzazione incidenti sugli stessi ambiti, ma non sempre coincidenti con quelle previste dalla legge finanziaria per il 2010. Sarebbe pertanto opportuno decidere fin d'ora quali misure si intenda adottare a regime.
L'articolo 2, comma 1, primo periodo, prevede poi la ridefinizione, entro il 30 novembre 2010, della tabella delle circoscrizioni dei collegi per le elezioni provinciali. Tale ridefinizione è conseguente alla riduzione del numero dei consiglieri provinciali disposta dall'articolo 1 del provvedimento in esame e deve essere effettuata in tempo utile per lo svolgimento del turno elettorale del 2011, data dalla quale scatta la riduzione della composizione dei consigli provinciali che si rinnovano in quella occasione.
Viene espressamente richiamato l'articolo 9 della legge n. 122 del 1951, che prevede che il numero e la estensione dei collegi elettorali provinciali sono definiti, in forma di tabella, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, da pubblicarsi sulla Gazzetta ufficiale, e che in ogni Provincia sono costituiti tanti collegi quanti sono i consiglieri provinciali ad essa assegnati e che a nessun comune possono essere assegnati più della metà dei collegi spettanti alla provincia.
Il secondo periodo del comma 1 prevede che la riduzione del numero dei consiglieri provinciali disposta dall'articolo 1 è efficace anche in caso di mancata ridefinizione della tabella. Tale disposizione introduce dunque una deroga a quanto previsto dall'articolo 9, primo comma, della legge n. 122 del 1951, che dispone una necessaria corrispondenza tra numero dei consiglieri e numero dei collegi. In caso di mancata ridefinizione della tabella, si determinerebbe dunque una situazione in cui il numero dei collegi elettorali sarebbe superiore al numero dei consiglieri provinciali da eleggere. Tale situazione non impedirebbe tuttavia il normale espletamento delle operazioni elettorali relative alla assegnazione dei seggi, in quanto l'elezione si svolge solo formalmente in collegi uninominali, nell'ambito dei quali si presentano le candidature, ma i seggi sono attribuiti in modo proporzionale sulla base della somma dei voti ottenuti in tutti i collegi nell'intero territorio provinciale.
Bisogna peraltro considerare che l'articolo 14, commi primo e secondo, della legge n. 122 del 1951 prevede che ciascun gruppo distinto da un unico contrassegno - in sostanza ciascun partito politico - deve presentare un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri assegnati alla Provincia (e non inferiore ad un terzo).
In caso di mancata ridefinizione della tabella delle circoscrizioni dei collegi, ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 122 del 1951, i partiti politici non potrebbero quindi presentare candidature in tutti i collegi, ma solo in un numero di collegi corrispondente al numero dei consiglieri

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da eleggere. In sostanza, i partiti non potrebbero presentare propri candidati in circa il 20 per cento dei collegi. Conseguentemente, potrebbe accadere che in alcuni collegi gli elettori non vedano presentate candidature da parte di partiti da cui ritengano di essere rappresentati, effetto questo valutabile sotto il profilo dell'esercizio del diritto di voto. Appare quindi opportuno prevedere che, in caso di mancata ridefinizione dei collegi elettorali e solo in questo caso, i partiti possano presentare tante candidature quanti sono i collegi elettorali.
Venendo infine all'articolo 3, questo prevede che ciascuna regione definisce l'importo degli emolumenti e delle utilità, comunque denominati, percepiti dai consiglieri regionali, ivi compresi l'indennità di funzione, l'indennità di carica, la diaria ed il rimborso spese, in modo tale che non ecceda complessivamente e in alcun caso l'indennità spettante ai membri del Parlamento.
È bene ricordare che la legge 10 febbraio 1953, n. 62, demanda la fissazione delle indennità spettanti ai titolari delle cariche politiche della regione alle leggi regionali e ai rispettivi statuti.
Nel vigente quadro normativo, gli statuti regionali riconoscono ai consiglieri la corresponsione di indennità di carica e di funzione (o indennità senza alcuna specificazione), il rimborso delle spese sostenute per l'espletamento del mandato, le indennità differite (al termine del mandato) e l'assegno vitalizio. Ciascuna regione disciplina questi oggetti con proprie leggi e, in taluni casi, con regolamenti interni del Consiglio regionale o deliberazioni di altra natura. In alcuni casi la legge regionale fissa il principio e demanda la puntuale determinazione di indennità e rimborsi a successive deliberazioni dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale.
La composizione del trattamento economico che compete ai consiglieri può essere così schematizzato: indennità di carica e di funzione; diaria per rimborso delle spese determinata in misura forfettaria; rimborso di spese commisurate a servizi; trattamento di missione; indennità di fine mandato; assegno vitalizio; e assicurazione contro infortuni e invalidità.
Per quanto riguarda l'indennità, nella maggior parte delle regioni essa è costituita da due voci: una, chiamata «indennità di carica», è corrisposta in misura uguale a tutti i consiglieri; l'altra, indicata come «indennità di funzione» si aggiunge alla prima ed è attribuita ai consiglieri che ricoprono talune cariche nel Consiglio o nella Giunta regionali. La legge della regione determina le cariche cui essa spetta e la misura della indennità per ognuna di esse.
Va rilevato che il decreto-legge in esame non specifica né se il limite debba riferirsi all'indennità spettante ai deputati o a quella spettante ai senatori, le quali hanno un importo diverso, né se riguarda l'indennità parlamentare lorda; inoltre non chiarisce se una modifica dell'importo dell'indennità parlamentare abbia conseguenze immediate sul limite massimo agli emolumenti dei consiglieri regionali o se invece questo risulti ancorato per tutta la legislatura regionale all'indennità vigente al momento del rinnovo del consiglio.
In ogni caso, la disposizione è finalizzata al coordinamento della finanza pubblica ed al contenimento della spesa pubblica. Le regioni provvedono a rivedere gli emolumenti a decorrere dal primo rinnovo del consiglio regionale successivo alla data di entrata in vigore del decreto legge.
Si ricorda che il 28 e il 29 marzo 2010 avrà luogo lo svolgimento delle elezioni in tutte le regioni a statuto ordinario, con l'eccezione dell'Abruzzo e del Molise.
In base alla formulazione della disposizione, fino alla definizione del nuovo importo degli emolumenti dei consiglieri regionali, le regioni potrebbero dunque continuare ad applicare la disciplina regionale attualmente vigente.
In materia di indennità dei consiglieri regionali, è utile ricordare che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 157 del 2007, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di una disposizione (il comma 54 dell'articolo 1) della legge finanziaria 2006

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che prevedeva la riduzione del 10 per cento delle indennità spettanti ai titolari degli organi politici regionali.
Secondo la Corte, la legge 10 febbraio 1953, n. 62 (Costituzione e funzionamento degli organi regionali) demanda la fissazione delle indennità spettanti ai titolari delle cariche politiche della Regione alle leggi regionali e ai rispettivi statuti. Il censurato comma 54, nel fissare la riduzione delle indennità corrisposte ai titolari degli organi politici regionali nella misura del 10 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 settembre 2005, pone un precetto specifico e puntuale, comprimendo l'autonomia finanziaria regionale ed eccedendo dall'ambito dei poteri statali in materia di coordinamento della finanza pubblica: la Corte rinvia qui alla sentenza n. 417 del 2005. La legge statale - prosegue la Corte - può prescrivere criteri e obiettivi, ad esempio, il contenimento della spesa pubblica, ma non può imporre alle regioni minutamente gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi. Ciò costituisce infatti «un'indebita invasione dell'area riservata dall'articolo 119 della Costituzione alle autonomie regionali». Al riguardo si possono vedere, tra le molte, le sentenze n. 88 del 2006 e n. 449 del 2005.
Il comma 3 dovrebbe pertanto essere valutato alla luce di questa giurisprudenza costituzionale sull'autonomia finanziaria delle regioni. Al fine di rispettare la sfera di autonomia delle regioni, si potrebbe pertanto pensare di stabilire un limite massimo e uno minimo tra i quali le regioni possono, nell'esercizio della propria potestà decisionale, fissare l'ammontare degli emolumenti.
Va altresì detto che l'articolo 123 della Costituzione prevede che ciascuna regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di governo e princìpi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Gli statuti delle regioni ad autonomia ordinaria rimettono alla legge regionale la determinazione delle indennità spettanti ai consiglieri regionali. Per ciò che attiene alle regioni a statuto speciale, gli statuti del Friuli Venezia Giulia, della Sardegna e della Val d'Aosta rimettono alla legge regionale le indennità dei consiglieri regionali.

Massimo BITONCI (LNP), relatore per la V Commissione, precisa che la propria relazione si soffermerà sui profili del decreto-legge più strettamente riconducibili alle materie di competenza della Commissione bilancio, sarà essenzialmente riferita all'articolo 4 del decreto-legge, il quale reca disposizioni che intervengono su diversi profili della gestione finanziaria degli enti locali che - come indicato nelle premesse al decreto - intendono assicurare la funzionalità degli enti locali, con particolare riferimento alla definizione dei trasferimenti erariali ai medesimi enti ed alle procedure di approvazione dei bilanci di previsione.
In proposito, segnala che il comma 1 conferma per l'anno 2010 le disposizioni previste dall'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 314 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2005, concernenti le procedure per lo scioglimento dei consigli comunali nei casi nei quali non sia approvato il bilancio nei termini previsti ovvero nei quali il consiglio non abbia adottato le misure per riportare in equilibrio il bilancio previste dall'articolo 193 del testo unico sull'ordinamento degli enti locali e l'attribuzione al prefetto dei relativi poteri.
Fa presente che la disposizione richiamata conferma a sua volta, precedenti previsioni in materia, succedutesi a partire dall'articolo 1 del decreto-legge n. 13 del 2002, che, inizialmente riferita all'anno 2002, è stata più volte confermata da successivi provvedimenti legislativi per gli anni successivi, da ultimo anche per l'anno 2009, ai sensi dell'articolo 2-quater, comma 1, del decreto-legge n. 154 del 2008.
In particolare, segnala che l'articolo 1 del decreto-legge n. 13 del 2002, a seguito dell'abrogazione dell'articolo 130 della Costituzione nell'ambito della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, attribuisce al prefetto i poteri,

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prima spettanti al Comitato regionale di controllo, relativi alla nomina del commissario ad acta incaricato di predisporre lo schema del bilancio ovvero di provvedere all'approvazione del bilancio stesso.
Fa presente che il comma 2 provvede alla determinazione dei trasferimenti erariali spettanti agli enti locali per l'anno 2010, sulla base dei criteri già adottati per lo scorso anno dall'articolo 2-quater, comma 2, del decreto-legge n. 154 del 2008, che a sua volta richiama quanto disposto da precedenti leggi finanziarie. Sottolinea che anche per il 2010 si consolidano nel contributo ordinario spettante agli enti locali i contributi erariali attribuiti agli enti locali fino all'anno 2002 e che la norma fa inoltre salve le modifiche alle dotazioni finanziarie dei fondi che siano state disposte con norme approvate successivamente al richiamato decreto-legge. Rappresenta che, rispetto a quanto indicato nel bilancio dello Stato, il comma in esame non determina, quindi, alcuna variazione all'entità complessiva dei fondi erariali destinati agli enti locali per l'anno 2010, in quanto, come detto, si limita a confermare il quadro normativo a legislazione vigente, delineato dalle disposizioni introdotte dal decreto-legge n. 154 del 2008, nonché dalle successive disposizioni che hanno comportato variazioni della dotazione dei fondi medesimi.
Precisa che il comma 3 conferma, per l'anno 2010, la compartecipazione delle province al gettito dell'IRPEF, disciplinata ai sensi dell'articolo 31, comma 8, della legge n. 289 del 2002 (finanziaria per il 2003), ricordando che, ai sensi di quest'ultima disposizione, la compartecipazione provinciale al gettito dell'IRPEF è fissata nella misura dell'1 per cento del riscosso in conto competenza che affluisce al bilancio dello Stato, con riferimento all'esercizio finanziario 2002, quali entrate derivanti dall'attività ordinaria di gestione, iscritte nel capitolo 1023 dello stato di previsione dell'entrata. Sottolinea che, in base a tale disciplina, alle province verrà pertanto attribuito, anche nel 2010, lo stesso ammontare di compartecipazione riconosciuto a decorrere dal 2003, evidenziando l'attribuzione della compartecipazione comporta la riduzione dei trasferimenti erariali spettanti a ciascuna provincia di un ammontare pari alle somme spettanti a titolo di compartecipazione.
Rappresenta che il comma 4 reca una novella all'articolo 2 della legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191 del 2009), cui aggiunge il comma 23-bis, diretto ad incentivare l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione per l'estinzione anticipata di mutui e prestiti obbligazionari da parte di province e comuni. Precisa che, a tal fine, il comma 4 prevede l'attribuzione, per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, di contributi fino a 30 milioni di euro, in favore di comuni e province che ne facciano richiesta per far fronte a indennizzi, corrisposti dagli enti locali in aggiunta al debito residuo, a seguito di estinzioni anticipate di mutui e prestiti obbligazionari effettuate nel triennio 2010-2012. fa presente che i contributi sono attribuiti a valere sul Fondo ordinario previsto all'articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 504 del 1992, mediante il quale lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci delle amministrazioni provinciali e comunali. Evidenzia quindi che i contributi sono corrisposti agli enti a fronte di indennizzi strettamente correlati alle suddette estinzioni anticipate e sulla base di una certificazione da presentare secondo le modalità che verranno stabilite con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e finanze.
Ricorda poi che il successivo comma 5 dispone che il suddetto decreto sia adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame.
Fa presente quindi che i commi da 6 ad 8 recano modifiche all'articolo 2, commi 194, 195 e 196, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010) con riferimento alle disposizioni relative all'attribuzione di un contributo di 600 milioni di euro per l'anno 2010 per il Comune di Roma, finalizzato per la gran parte al ripiano dei debiti ricompresi nel piano di rientro dall'indebitamento del comune, predisposto

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dal Commissario straordinario del Governo nominato ai sensi dell'articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. precisa che, ai sensi della richiamata disposizione, al Commissario è stato attribuito il compito di provvedere alla ricognizione della situazione economico-finanziaria del comune e delle società da esso partecipate e di predisporre e attuare un piano di rientro dall'indebitamento pregresso del comune. All'uopo ricorda che tale piano di rientro è stato presentato dal Commissario straordinario il 5 dicembre 2008.
Rappresenta che le modifiche al richiamato comma 195, ai sensi del comma 7, dispongono la ripartizione del predetto contributo tra il comune di Roma ed il Commissario straordinario del Governo, in ragione, rispettivamente, di un sesto, pari a 100 milioni di euro, e di cinque sesti, pari a 500 milioni di euro.
Sottolinea che, con riferimento all'attribuzione dei 600 milioni di euro, al comma 7, lettera a), viene altresì precisato che esso è effettuato, oltre che mediante assegnazione di quote dei fondi comuni di investimento immobiliari costituiti ai sensi del comma 189 dell'articolo 2 della finanziaria 2010, come già previsto nel testo originario del comma 195, anche attraverso i proventi realizzati con i trasferimenti degli immobili ai fondi comuni, individuati ai sensi del comma 190 della legge finanziaria medesima.
Ricorda che il comma 8 reca alcune modifiche al comma 196 dell'articolo 2 della legge finanziaria 2010, anch'esse sostanzialmente dirette a precisare le competenze del Commissario straordinario del Governo in luogo del Comune di Roma, in merito all'anticipazione di tesoreria concessa per l'anno 2010 ai sensi del medesimo comma 196, a valere sull'importo ad esso attribuito.
In particolare, evidenzia che alle lettera a) e b) viene precisato che l'anticipazione di tesoreria, già destinata al comune di Roma, è concessa invece al Commissario straordinario del Governo, fino a concorrenza dell'importo ad esso attribuito (i cinque sesti dei 600 milioni complessivi).
Precisa che, secondo quanto disposto dal comma 196, tale anticipazione è finalizzata proprio a provvedere al pagamento di specifiche esigenze ricomprese nel piano di rientro dell'indebitamento del comune di Roma, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2008, ai sensi dell'articolo 78 del decreto-legge n. 112 del 2008, e in particolare al pagamento delle rate di ammortamento e degli oneri di parte corrente relativi ad oneri di personale, alla produzione di servizi in economia e all'acquisizione di servizi e forniture, ricompresi nel predetto piano di rientro.
Sottolinea che tale anticipazione è erogata secondo condizioni disciplinate in una apposita convenzione che, in base alle modifiche apportate dal comma 8 lettera c) in esame, sarà definita tra il Ministero dell'economia e delle finanze e il Commissario straordinario del Governo, in luogo del comune di Roma.
Evidenzia che, al riguardo, il comma 196, come modificato ai sensi del comma 8, lettera d), prevede che quota parte di tale anticipazione, per un importo pari a 200 milioni di euro, sia erogata già entro il mese di gennaio 2010, mentre la restante quota, pari a ulteriori 300 milioni di euro, sia erogata soltanto subordinatamente al conferimento nonché al trasferimento degli immobili ai fondi comuni costituiti dal Ministero della difesa ai sensi dei commi 189 e successivi.
Fa presente che, ai sensi del comma 8, lettera e), l'anticipazione di tesoreria concessa al Commissario straordinario di Governo può essere estinta, entro il termine gia previsto del 31 dicembre 2010, anche tramite il ricavato della vendita delle quote dei fondi immobiliari spettanti al Commissario straordinario del Governo.
Evidenzia poi che le modifiche apportate dal comma 6 al comma 194 dell'articolo 2 della legge finanziaria per il 2010 hanno natura di mero coordinamento rispetto alle modifiche apportate dai commi 7 e 8 alla normativa concernente il comune di Roma, di cui ai commi 195 e 196.

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Rappresenta quindi che il comma 9 interviene in merito al Fondo di sviluppo delle isole minori, prevedendo l'adozione degli interventi per lo sviluppo delle isole minori per l'anno 2008 come indicati nel Documento unico di programmazione isole minori (DUPIM), approvato il 17 dicembre 2008, secondo gli importi ivi previsti, nei limiti della dotazione finanziaria complessiva del Fondo per l'anno 2008.
Ricorda che il Fondo di sviluppo delle isole minori è stato istituito dall'articolo 2, comma 41, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari regionali, con una dotazione finanziaria di 20 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008. evidenzia che, ai sensi del comma 42 del richiamato articolo 2, al fondo sono confluite anche le risorse del Fondo per la tutela e sviluppo delle isole minori, istituito presso il Ministero dell'interno, dall'articolo 25, comma 7, della legge n. 488 del 2001 (finanziaria per il 2002).
Rammenta altresì che, a seguito delle riduzioni di autorizzazioni legislative di spesa operate con il decreto-legge n. 93 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126 del 2008, la dotazione del Fondo per lo sviluppo delle isole minori per gli anni 2010 e successivi è stata annullata.
Fa presente che il testo originario del comma 41 prevedeva, all'ultimo periodo, che all'erogazione del fondo si sarebbe provveduto sulla base del Documento triennale unico di programmazione isole minori (DUPIM), elaborato dall'Associazione nazionale isole minori (ANCIM), ed approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, nel quale devono essere indicati i singoli interventi e le relative quantificazioni.
Ricorda che tale procedura è stata novellata dall'articolo 27, comma 14, della legge 23 luglio 2009, n. 99 che ha disposto che i criteri per l'erogazione del Fondo di sviluppo delle isole minori siano stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite l'Associazione nazionale dei comuni delle isole minori (ANCIM) e la Conferenza unificata. Precisa che gli interventi ammessi al relativo finanziamento sono individuati con decreto del Ministro per i rapporti con le regioni, di concerto con i Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze, previa intesa con gli enti locali interessati.
Sottolinea che la disposizione recata dal comma 9 prevede che ai fini dell'adozione del richiamato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di erogazione delle risorse del Fondo sono approvati gli interventi per lo sviluppo delle isole minori e le relative quantificazioni finanziarie indicati nel Documento unico di programmazione isole minori e nella relativa tabella di riparto delle risorse, approvato il 17 dicembre 2008 dal Comitato direttivo dell'Associazione nazionale comuni isole minori e trasmesso il 23 dicembre 2008 al Ministro per i rapporti con le regioni, secondo la disciplina previgente alla legge n. 99 del 2009, con riferimento al solo anno 2008 e nei limiti della relativa dotazione finanziaria prevista dal Fondo di sviluppo delle isole minori.
Osserva che l'articolo 5 reca la consueta disposizione ai sensi della quale il decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Per quanto concerne i profili finanziari del provvedimento, segnala preliminarmente che la relazione tecnica evidenzia che le disposizioni recate dal decreto-legge non comportano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, né minori entrate.
Al riguardo, ritiene in primo luogo necessario acquisire un chiarimento in ordine agli effetti finanziari dell'articolo 2, in relazione al quale la relazione tecnica non formula valutazioni di carattere finanziario. Segnala che la disposizione non

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sembra presentare profili problematici, nel presupposto che gli eventuali oneri aggiuntivi, inerenti l'operazione di ridefinizione della tabella delle circoscrizioni dei collegi provinciali, trovino piena capienza nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio.
Osserva, poi, che la relazione tecnica, con riferimento all'articolo 3, evidenzia che esso assicura una riduzione della spesa pubblica, senza peraltro fornire in merito stime quantitative e iscrivere effetti sui saldi di finanza pubblica. Avverte che tale affermazione, tuttavia, potrebbe non risultare confermata per effetto dell'applicazione della vigente disciplina del patto di stabilità interno per le regioni, che prevede, con riferimento alle regioni ordinarie, vincoli sulle spese finali che restano invariati anche a seguito della norma in esame. Pertanto, fa presente che ai risparmi conseguiti dalle regioni in conseguenza della riduzione della spesa per emolumenti in favore dei consiglieri comunali, potrebbero astrattamente corrispondere equivalenti incrementi di altre voci di spesa.
Con riferimento all'articolo 4, osserva che la relazione tecnica, con riferimento al comma 4, evidenzia che la disposizione utilizza risorse del Fondo ordinario le cui dotazioni si dimostrano esuberanti rispetto alle necessità di finanziamento che inizialmente diedero luogo all'autorizzazione legislativa di spesa. Non sono conseguentemente ascritti alla disposizione effetti finanziari. Ricorda che, in merito agli altri commi dell'articolo in esame, la relazione tecnica non formula specifiche considerazioni.
Con riferimento ai profili di quantificazione, ai fini della neutralità finanziaria della disposizione di cui al comma 4, ritiene opportuno acquisire, in via preliminare, conferma che le previsioni tendenziali dei saldi di fabbisogno e indebitamento netto per il triennio 2010-2012 già scontino l'integrale utilizzo del fondo ordinario, nonostante sia accertato che le relative dotazioni risultano eccedentarie rispetto alle finalizzazioni previste dalla legislazione previgente. Segnala comunque che la norma, che aumenta il grado di utilizzo delle risorse disponibili, può configurarsi come una rinuncia ai risparmi che sarebbero emersi in sede di consuntivo.
In merito al medesimo comma 4, ritiene opportuno un ulteriore chiarimento con riferimento al profilo temporale dell'erogazione dei contributi: andrebbe infatti chiarito se la disposizione di cui all'ultimo periodo del comma in esame, che fissa un tetto complessivo di 90 milioni di euro nel triennio, possa consentire, all'interno del triennio stesso, un profilo delle erogazioni diverso rispetto ai 30 milioni annui. Ritiene che in tal caso, potrebbero discenderne variazioni rispetto alle previsioni tendenziali di utilizzo del fondo ordinario.
Ritiene quindi opportuno un ultimo chiarire, con riferimento al comma 9, finalizzato a consentire l'utilizzo delle risorse del Fondo per le isole minori, istituito dalla legge finanziaria per il 2008 e dotato di risorse pari a 20 milioni annui per il 2008 e il 2009, se le previsioni a legislazione vigente riferite ai saldi di indebitamento netto e fabbisogno scontino l'utilizzo nel 2010 di risorse del predetto fondo. Ricorda che la dotazione di competenza di quest'ultimo, è stata infatti annullata per il 2010 dal decreto-legge n. 93 del 2008 per finalità di copertura, con effetti ai fini di tutti i saldi. Fa inoltre presente che le previsioni a legislazione vigente potrebbero non scontare effetti di spesa per il 2010, a valere su residui derivanti dagli esercizi pregressi. Ritiene quindi che in tal caso si determinerebbero, per effetto della norma in esame, conseguenze negative sui saldi di indebitamento e di fabbisogno.

Donato BRUNO, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.30.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Martedì 2 febbraio 2010.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.30 alle 14.35.