CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 27 gennaio 2010
275.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (V e XIV)
COMUNICATO
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ATTI COMUNITARI

Mercoledì 27 gennaio 2010. - Presidenza del presidente della V Commissione Giancarlo GIORGETTI.

La seduta comincia alle 15.40.

Documento di lavoro della Commissione: Consultazione sulla futura strategia UE 2020.
COM(2009)647 def.

(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Sandro GOZI (PD), relatore per la XIV Commissione, sottolinea che l'esame della Strategia UE 2020 assume un particolare rilievo, trattandosi della questione considerata da tutte le Istituzioni europee come la priorità per eccellenza per l'anno in corso. Sia il programma di diciotto mesi del Consiglio presentato dalle Presidenze spagnola, belga e ungherese nel dicembre 2009 sia, in misura ancora più marcata, il Programma della Presidenza spagnola del Consiglio pongono giustamente la definizione della Strategia al centro dell'azione dell'Unione europea per i prossimi mesi.
Ricorda che la Commissione europea ha già svolto una consultazione sul futuro della strategia di Lisbona dopo il 2010, con la presentazione il 24 novembre 2009, del documento di lavoro (COM(2009)647) su cui formalmente siamo convocati. La consultazione si è conclusa il 15 gennaio 2010. Il documento prospetta, in particolare, una nuova iniziativa «UE 2020» che prenderebbe il posto dell'attuale Strategia di Lisbona. Sulla base degli esiti della consultazione la Commissione sottoporrà proposte specifiche al Consiglio europeo di marzo 2010.
Rileva quindi come l'importanza della Strategia discenda da due fattori. Per un verso, essa è uno strumento essenziale per fornire una risposta di medio-lungo termine agli effetti economici e sociali negativi della crisi finanziaria e rilanciare stabilmente la crescita e l'occupazione in Europa; per altro verso, la nuova strategia, sostituendo quella di Lisbona ormai in scadenza, è la cornice politica generale per le azioni dell'Unione europea e degli Stati membri ai fini della crescita, dello sviluppo

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e dell'occupazione nel prossimo decennio, a fronte delle sfide demografiche, energetiche e ambientali.
Più in generale, sottolinea come dalla nuova strategia dipenda in buona misura la capacità dell'UE di rispondere adeguatamente alle aspettative dei cittadini europei a fronte delle dinamiche economiche globali. I Parlamenti nazionali - come prospettato dalla stessa Commissione europea - non possono non concorrere a questo processo che, oltre ad incidere profondamente su scelte e priorità delle politiche pubbliche assume un rilievo fortissimo per lo stesso processo di integrazione europea. Sulla base di queste considerazioni, la Camera ha già rivendicato a giusto titolo negli ultimi anni un pieno coinvolgimento nella predisposizione degli strumenti nazionali di attuazione della Strategia di Lisbona, in particolare del programma nazionale di riforma e delle relative relazioni di attuazione.
Al fine di prevenire gli inadempimenti da parte del Governo registrati negli ultimi anni, nonostante gli impegni contenuti in numerosi atti di indirizzo approvati dalla Camera, è stato approvato nel corso della prima lettura alla Camera del disegno di legge comunitaria 2009, un apposito emendamento, che obbliga il Governo a sottoporre alle Camere i programmi di riforma e le relazioni di attuazione prima di trasmetterle alla Commissione.
L'obiettivo dell'esame che oggi ha inizio dovrebbe essere la definizione di precisi indirizzi per il Governo in vista della definizione della nuova strategia e della successiva attuazione in Italia. A questo scopo ritiene opportuno precisare che il documento di consultazione della Commissione europea, che costituisce formalmente oggetto dell'esame congiunto delle Commissioni Bilancio e politiche dell'Unione europea, pur contenendo alcune indicazioni di particolare rilevanza, ha costituito la base per un prima riflessione già conclusa lo scorso 15 gennaio ed è quindi in parte già superato. La Commissione sta già predisponendo un nuovo documento in vista del Consiglio europeo di marzo. È pertanto necessario che le Commissioni tengano conto delle indicazioni contenute nei programmi delle Presidenze del Consiglio già richiamati, anche attraverso le opportune attività conoscitive, del negoziato già in corso tra gli stati membri in vista del Consiglio europeo straordinario di febbraio e di quello ordinario di marzo che definiranno la strategia UE 2020.
A questo scopo appare utile identificare sin d'ora una serie di questioni chiave ai fini della definizione della nuova strategia su cui svolgere nel corso dell'esame gli opportuni approfondimenti.
Occorre innanzitutto stabilire strumenti di governance della Strategia in grado di garantirne un'attuazione effettiva. Il documento di consultazione della Commissione europea si limita a sottolineare l'esigenza di individuare una governance chiara per la nuova strategia, tramite il partenariato tra l'azione a livello UE, nazionale e regionale. Il programma della Presidenza spagnola pone invece giustamente l'attenzione sul «metodo» della nuova Strategia, configurando un effettivo coordinamento delle politiche economiche quale presupposto per il rilancio di crescita, sviluppo e occupazione in Europa. La Presidenza spagnola ha anzi prospettato in via informale, come evocato in alcune dichiarazioni del Presidente Zapatero, la possibilità di introdurre meccanismi «premiali» o «sanzionatori» per assicurare il rispetto degli obiettivi della nuova strategia da parte degli Stati membri. In particolare, è stata ipotizzata la costituzione di un apposito fondo di sostegno agli interventi contemplati nella strategia di cui beneficerebbero gli Stati membri che conseguono gli obiettivi stabiliti. Questa ipotesi sembra tuttavia già tramontata, per la forte opposizione manifestata da alcuni Stati membri.
Ciò nondimeno, alla luce delle lacune riscontrate nella Strategia, è irrinunciabile la definizione di procedure e strumenti rigorosi e vincolanti di governance delle politiche economiche e dell'occupazione e non il mero ricorso al metodo di coordinamento aperto. A questo scopo, è essenziale coinvolgere adeguatamente i parlamenti

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nazionali, che, essendo dotati dei poteri di spesa nei rispettivi ordinamenti, risultano decisivi nell'effettiva attuazione degli obiettivi della Strategia.
La Camera si è più volte pronunciata in questo senso, all'unanimità, in questa e in passate legislature, anche su impulso della Commissione bilancio. Ricorda, da ultimo, le risoluzioni sul Programma legislativo della Commissione europea approvate nell'aprile 2009 in Assemblea all'unanimità.
È in secondo luogo opportuno identificare un numero ristretto di priorità ad effettivo valore aggiunto su cui concentrare la Strategia UE 2020. Sia la Commissione europea che il programma di diciotto mesi del Consiglio sembrano richiamare l'esigenza di concentrare la nuova strategia su priorità limitate e realistiche. Tuttavia, entrambi i documenti non sembrano dare seguito coerentemente a questo proposito. In particolare, il documento della Commissione europea, pur richiamando tre grandi priorità (crescita basata sulla conoscenza; coinvolgimento dei cittadini in una società partecipativa; un'economia competitiva, interconnessa e più verde), prospetta un numero eccessivo di obiettivi e di aree di intervento, definite spesso in modo generico. Si rischia così di ripetere gli errori che hanno pregiudicato il successo della Strategia di Lisbona.
Occorre, invece, a suo avviso, che l'Italia si adoperi per concentrare strumenti e risorse su pochi obiettivi a reale valore aggiunto europeo: piccole e medie imprese, ammodernamento del mercato interno, del mercato del lavoro e dei sistemi di sicurezza sociale, occupazione degli immigrati, reti di trasporti energia e comunicazioni, ricerca.
In terzo luogo, è necessario destinare risorse adeguate per la Strategia, sia a livello europeo sia a livello nazionale. Occorre, sin dalla revisione intermedia del bilancio UE nel 2010, prevedere la concentrazione di stanziamenti consistenti del bilancio dell'Unione europea sulle nuove priorità, in modo da produrre un effetto leva sia per gli stanziamenti pubblici nazionali sia per quelli privati. In assenza di un sostegno comunitario ad obiettivi e progetti ad alto valore aggiunto europeo si rischia di riproporre un'ulteriore lacuna che ha pregiudicato pesantemente il successo della strategia di Lisbona.
In conclusione, ribadisce che i tempi dell'esame dovrebbero essere particolarmente serrati. Come già ricordato, sulla base della consultazione chiusa lo scorso 15 gennaio la Commissione sta già predisponendo proposte al Consiglio europeo di marzo 2010 che varerà la nuova strategia per i prossimi cinque anni. La Presidenza spagnola ha già convocato una riunione straordinaria del Consiglio europeo, il prossimo 11 febbraio, che dovrebbe essere dedicata specificamente ai temi della ripresa economica e della definizione della Strategia UE 2020. Riterrebbe pertanto opportuno stabilire indirizzi per il Governo, approvando un documento finale ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, entro il Consiglio europeo dell'11 febbraio o, al più tardi, entro la seconda metà di febbraio. Si riserva quindi di proporre, in sede di Ufficio di presidenza congiunto delle Commissioni, lo svolgimento di una serie di audizioni, la cui ampiezza potrà essere valutata in relazione ai tempi di esame a disposizione delle Commissioni.

Gabriele TOCCAFONDI (PdL), relatore per la V Commissione, nello svolgere la relazione sulla nuova strategia UE 2020, per la parte di competenza della Commissione bilancio, richiama preliminarmente lo scenario macroeconomico di riferimento a livello europeo. Per quanto riguarda il prodotto interno lordo (PIL), nella zona euro, rileva che, secondo le previsioni della stessa Banca centrale europea, esso sarà compreso tra un incremento dello 0,1 per cento e dell'1,5 per cento nel 2010 e tra un incremento dello 0,2 per cento e dello 2,2 per cento nel 2011, confermando che i margini per il 2010 sono stati riveduti in aumento rispetto alle previsioni precedenti di ottobre 2009. Il tasso di inflazione dovrebbe essere compreso tra lo 0,9 per cento e l'1,7 per cento nel 2010 e tra lo 0,8 per cento e il 2 per cento nel 2011. L'Eurostat ha reso noto l'8 gennaio 2010 che, nel terzo trimestre

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2009, il PIL della zona euro è aumentato dello 0,4 per cento e quello dell'Unione europea a 27 dello 0,3 per cento rispetto al trimestre precedente, in cui il PIL aveva registrato una diminuzione rispettivamente dello 0,1 per cento e dello 0,3 per cento. Osserva che, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, il PIL della zona euro ha registrato un ribasso del 4 per cento e quello dell' Unione europea a 27 del 4,3 per cento. Per quanto riguarda l'Italia, Eurostat segnala un aumento nel terzo trimestre 2009 pari allo 0,6 per cento rispetto al primo trimestre e una diminuzione del 4,6 per cento rispetto allo stesso periodo del 2008. Fa inoltre presente che, secondo i dati diffusi il 15 gennaio 2010 dall'Eurostat, l'inflazione si è attestata a dicembre 2009 allo 0,9 per cento per l'area euro e all'1,4 per quanto riguarda l'intera Unione a 27, mentre in Italia, l'inflazione è risultata pari all'1,1 per cento su base mensile e allo 0,8 per cento su base annua.
Per quanto concerne lo scenario italiano, osserva che in Italia il PIL è tornato a crescere in estate con un aumento dello 0,6 per cento, dopo cinque trimestri negativi consecutivi, dovrebbe, sempre secondo le stime della Banca d'Italia, avere proseguito la crescita anche nell'ultimo trimestre, seppure ad un ritmo inferiore. Sottolinea tuttavia che, nonostante un miglioramento degli indicatori relativi alla fiducia, le imprese continuano a non aumentare la produzione in ragione di una situazione di perdurante incertezza. Inoltre, dopo l'andamento altalenante degli ultimi due trimestri la domanda estera dovrebbe accelerare gradualmente ad un ritmo previsto intorno al 3 per cento. Rileva invece che non giungono segnali altrettanto incoraggianti sul fronte della domanda interna, che rimane debole. Osserva inoltre che le ragioni di tale situazione sono da ricercarsi nel calo dell'occupazione, che si traduce in una riduzione del reddito disponibile per le famiglie ed una minore propensione al consumo in un quadro caratterizzato dall'incertezza. Secondo i dati disponibili, dunque, rappresenta che, anche per i prossimi due anni, il principale sostegno alla ripresa arriverà più dalla domanda straniera che da quella interna. Sempre secondo le stime della Banca d'Italia, rileva che il PIL potrà salire dello 0,7 per cento nel 2010 e intorno all'1 per cento nel 2011, mentre l'OCSE nel suo Economic Outlook concernente il nostro paese e pubblicato il 19 novembre 2009 stima la crescita italiana rispettivamente all'1,1 per cento nel 2010 ed all'1,5 per cento nel 2011, ma pone anche l'accento sulla necessità di interventi fiscali, che finora non si sono potuti adottare a causa dell'alto livello del debito pubblico. Sottolinea che il debito pubblico italiano nel 2008 era pari a 1.750 miliardi di euro e che il paese, solo di interessi sul debito, ha dovuto pagare l'anno precedente oltre 85 miliardi di euro. Evidenzia inoltre che anche che nel 2009 il rapporto tra il deficit ed il PIL si è attestato sia secondo la Banca d'Italia che secondo l'OCSE al 5 per cento, con un incremento largamente inferiore rispetto a quello atteso per gli altri paesi dell'area euro.
Segnala poi alcuni passaggi della relazione annuale del 2009 della Corte dei conti sui rapporti finanziari con l'Unione europea e l'utilizzo dei fondi comunitari. Sottolinea che tale relazione segnala, con riferimento al biennio 2007-2008, che la voce di maggior peso percentuale, è riferita a «conservazione e gestione delle risorse naturali» con il 53,6 per cento, mentre la «politica di coesione per la crescita e l'occupazione» occupa il secondo posto con il 36,5 per cento. Evidenzia che la «politica della competitività» volta alla realizzazione della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione, ha invece ricevuto l'8,5 per delle risorse complessive. Segnala inoltre che, sempre dalla relazione, si evidenzia come dato di fatto che l'Italia nell'anno 2008 ha versato complessivamente all'Unione europea a titolo di risorse proprie la somma di 15,1 miliardi di euro con un incremento dell'8 per cento rispetto al 2007 e del 34,3 per cento in più rispetto al 2002. Le risorse ricevute e ed accreditate complessivamente al nostro paese dall'Unione europea sono state invece, per il 2008, 10

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miliardi di euro, con un decremento del 9,3 per cento rispetto al 2007. In merito all'attuazione della Politica agricola comune, sottolinea come la relazione rilevi che nel 2008, la problematica del prelievo supplementare, ha inciso negativamente sui rimborsi comunitari per un importo di 174,8 milioni di euro.
Con riferimento alle proposte per uscire dalla crisi nella nuova strategia UE 2020, osserva come il documento in esame, nel tracciare la nuova strategia UE, si pone innanzitutto ragionevolmente l'obiettivo di ovviare agli effetti economici e sociali negativi di una crisi finanziaria dalla quale, al momento, si prospetta per l'Europa una fuoriuscita graduale e a ritmo piuttosto lento. Evidenzia che l'enfasi e gli accenti trionfalistici che caratterizzavano in parte la strategia di Lisbona, all'origine e nei suoi diversi aggiornamenti, vengono accantonati, per lasciare spazio ad un'analisi che sottolinea la necessità di «fissare traguardi comuni realistici» e ha il pregio di riconoscere la complessità dei temi che l'Europa è chiamata ad affrontare se intende operare un efficace rilancio del proprio sistema economico. Precisa che i mutamenti demografici, l'integrazione della popolazione migrante, la solidarietà intergenerazionale, la crisi energetica mondiale, per fare solo alcuni esempi, vengono affrontati con accenti nuovi, che denotano la consapevolezza delle molteplici e difficili sfide con le quali dovremo cimentarci. Rileva che il Documento muove dall'analisi dell'attuale situazione di crisi economica e sottolinea l'importanza di tener conto della globalizzazione e dell'interdipendenza mondiali, aspetti ulteriormente sottolineati dalla crisi in atto. Osserva che la strategia UE 2020 si fonda sulle realizzazioni fin qui conseguite sotto forma di partenariato per la crescita e l'occupazione, e si differenzia perché affronta nuove sfide. Partendo dalla considerazione che la crisi ha inciso pesantemente sulle finanze pubbliche, sottolinea la difficoltà di manovra che i singoli Governi incontrano, avendo a disposizione risorse molto limitate, ma che ulteriori tagli a settori con maggiori prospettive future, quali l'istruzione e la ricerca, ostacolerebbero il raggiungimento dell'obiettivo di rilancio complessivo, sottintendendo che l'Europa può uscire veramente dalla crisi economica se riparte dalla valorizzazione della sua vera ricchezza ovvero il capitale umano e lo valorizza puntando anche su istruzione e ricerca. Afferma che la strategia proposta si fonda, dal punto di vista economico, su tre idee di fondo: una crescita basata sulla conoscenza come fattore di ricchezza, il coinvolgimento dei cittadini in una società partecipata ed infine un'economia competitiva interconnessa e più attenta alle tematiche ambientali.
Con riferimento alla prima, rileva che il documento parte dalla considerazione della necessità di migliorare il livello generale di istruzione come strumento della lotta alla povertà ed alle disuguaglianze. Ritiene piuttosto suggestiva l'idea di creare uno «spazio europeo della conoscenza» che consenta a tutti gli attori di poter beneficiare della libera circolazione delle persone, della conoscenza e delle tecnologie. Con riferimento alla politica industriale, evidenzia che il documento insiste sull'opportunità di prevedere incentivi alle imprese basate sulla conoscenza e pone anche la questione dell'eccessiva difficoltà che soprattutto le imprese più innovative incontrano nell'accesso al credito. In tale ambito raccomanda un intervento misto pubblico-privato per favorire la crescita delle imprese in questione. Osserva che un'altra scommessa che l'Europa è chiamata a compiere per il prossimo decennio è quella relativa all'economia digitale che, se adeguatamente sostenuta in termini di relative infrastrutture, può offrire grandi opportunità, soprattutto al sistema delle piccole e medie imprese, così diffuse nel nostro Paese.
Con riferimento alla questione occupazionale, evidenzia che il documento pone l'accento sulla flessicurezza e sulla necessità di investire nella formazione costante, individuando nel livello sempre più elevato delle competenze e della mobilità la chiave di volta per superare l'aumento della disoccupazione.

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Rileva che la terza grande idea di fondo della nuova strategia UE 2020 è rappresentata dalla necessità di favorire un migliore e più efficiente uso delle risorse energetiche, in considerazione dell'impatto ambientale delle scelte energetiche. A tal fine fa presente che gli Stati membri sono invitati anche a rivedere la politica dei trasporti e la rete delle infrastrutture e che la questione ambientale è posta in stretta connessione con la crisi energetica, destinata di per sé a favorire lo sviluppo di fonti di energia ecocompatibili nonché il risparmio energetico. Per realizzare tali obiettivi strategici, ricorda che il documento individua anche talune soluzioni di rilevante impatto economico.
Innanzitutto, ritiene necessario risolvere i residui problemi del sistema finanziario per sostenere la ripresa e trovare un equilibrio tra la necessità, a breve termine, di sostenere la domanda con misure di bilancio e quella di risanare le finanze pubbliche in modo sostenibile e di garantire la stabilità macroeconomica. Ritiene che la sfida principale sarà quella di cercare e trovare un equilibrio tra la necessità di sostenere la domanda anche con misure di bilancio e quella di risanare le finanze pubbliche, garantendo la stabilità. Tra le opportunità che la partecipazione all'Unione europea offre al fine di uscire dalla crisi vi è sicuramente quella di sfruttare compiutamente il mercato unico. A tal fine, osserva che l'Unione si pone come obbiettivo quello di garantire il corretto funzionamento dei mercati in modo da rendere la concorrenza e l'accesso da parte dei consumatori fattori di stimolo per la crescita e l'innovazione. In questo senso, sottolinea che anche l'uso di internet può costituire un non trascurabile fattore di sviluppo, con particolare riguardo ai nuovi servizi da erogare in via telematica ai cittadini ed alle imprese.
Per quanto concerne poi le politiche economiche e fiscali che la Commissione raccomanda al fine di conseguire gli obiettivi della strategia UE 2020, osserva che si parte dalla necessità di sostenere la crescita avvalendosi a pieno del patto di stabilità e crescita, destinando le poche risorse disponibili agli investimenti alle riforme strutturali, ma prestando anche particolare attenzione alla qualità e all'efficienza della spesa pubblica.
Conclusivamente rileva che l'elenco delle priorità non si discosta di molto da quello fatto proprio dalla strategia di Lisbona anche se, come detto, l'impianto del documento è senz'altro improntato ad una maggiore cautela e non manca di rilevare i fattori di criticità. Segno esplicito che la crisi che stiamo attraversando ha insegnato prudenza e realismo. Rileva che i potenziali obiettivi, le aree di impegno comune, come è già accaduto con la strategia di Lisbona, appaiono in numero eccessivo, soprattutto alla luce delle scarse risorse disponibili, a livello dei bilanci comunitario e nazionale, come lo stesso Documento riconosce. Sotto questo aspetto, in ottemperanza all'evocato realismo e la scarsità di risorse, ritiene indispensabile selezionare le «priorità delle priorità» e su queste concentrare gli sforzi.
Rileva che una seconda questione è rappresentata dal coordinamento, la modalità operativa che sembra assumere un ruolo centrale anche nell'attuazione della nuova strategia. Osserva che di recente, tuttavia, nel misurarsi con la crisi economica internazionale, l'Unione ha palesato tutta la debolezza dell'azione di coordinamento che è in grado di svolgere. Evidenzia che l'Unione europea ha funzionato come foro di consultazione, come luogo di condivisione dei problemi e di individuazione delle possibili soluzione, ma poi ogni Stato membro ha liberamente applicato una propria strategia, al di fuori di un quadro di interventi coordinato, che probabilmente non era in alcun caso possibile, e forse anche non opportuno, attuare.
A suo avviso, modalità di coordinamento più efficaci potranno affermarsi principalmente se in ambito comunitario saranno individuate risorse da destinare a politiche che, in questo caso, potranno e dovranno effettivamente risultare comuni e coordinate. Ritiene che le modalità con cui ciò possa realizzarsi siano le più diverse, e ricorda che il relatore per la XIV

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Commissione ha richiamato a riguardo alcune proposte della Presidenza spagnola, ma non vi è dubbio che, in mancanza di risorse, ci dobbiamo aspettare un coordinamento debole o, se vogliamo definirlo in modo più elegante, aperto, ma il risultato sarà il medesimo. In presenza di risorse ritiene, invece, estremamente più agevole individuare obiettivi e progetti di interesse di più Paesi europei.
Aggiunge, infine, che le risorse non dovranno necessariamente essere nuove, anche se è auspicabile che ve ne siano. In funzione della Nuova strategia dovremmo già oggi ridefinire l'impiego delle risorse disponibili. A titolo di esempio ricorda che è in fase di elaborazione la riforma della politica di coesione europea, che potrebbe fornire un significativo apporto ad «una politica forte di coesione» contribuendo al «recupero del ritardo delle zone e dei gruppi sociali svantaggiati», uno degli obiettivi tracciato dal documento in esame.
Ritiene fondamentale ripartire dal vero tesoro dell'Europa rappresentato dal capitale umano. A tal proposito ritiene che valorizzarlo attraverso strumenti quali istruzione e ricerca sia un segnale positivo in questo senso, così come lo è lo strumento della sussidiarietà nel suo duplice significato. Ritiene che attraverso lo strumento della sussidiarietà si valorizzino gli Stati e le loro specifiche particolarità e si valorizzino anche le realtà che nascono spontaneamente nella società che da sempre caratterizzano la storia europea.
Si mostra meno fiducioso, in disaccordo con l'onorevole Gozi, sulla possibilità di affermare il coordinamento europeo sulla base di procedure e strumenti più rigorosi di governance, che difficilmente possono affermarsi in assenza di interessi politici e di incentivi economici.

Nunziante CONSIGLIO (LNP) rileva che l'esame del documento di consultazione sulla Strategia «UE 2020», presentato dalla Commissione europea il 24 novembre 2009, presenta numerosi aspetti di forte rilievo politico ed economico. La nuovo Strategia dovrebbe infatti costituire la cornice per gli interventi di politica economica e dell'occupazione dell'UE e degli Stati membri per il decennio 2010-2020, promuovendo la ripresa economica dopo la crisi. Il documento della Commissione europea, sebbene volutamente generico in quanto volto ad aprire una consultazione, sulla base dei risultati della quale la Commissione stessa presenterà proposte al Consiglio europeo di marzo 2010, presente numerose lacune ed ambiguità. Ciò rende tanto più necessario l'intervento della Camera per definire indirizzi al Governo, in modo da prevenire quei difetti che hanno pregiudicato l'attuazione della Strategia di Lisbona.
Ritiene opportuno a questo riguardo richiamare alcuni aspetti da approfondire nel corso dell'esame.
Il primo è che occorre concentrare la nuova Strategia su pochi obiettivi prioritari ad effettivo valore aggiunto, per l'Italia e soprattutto per le aree produttive che si collocano maggiormente nel nord. Il documento della Commissione europea, così come il Programma della Presidenza spagnola, contengono un elenco generico di priorità e obiettivi. Si rischia, come già avvenuto nel decennio passato, di ripetere gli errori che hanno determinato il sostanziale fallimento della Strategia di Lisbona: la dispersione delle risorse tra obiettivi eterogenei e talvolta micro-settoriali. Per prevenire questo rischio occorre che la Strategia UE 2020 sia mirata essenzialmente ad ambiti in grado di massimizzare il rilancio della crescita e dell'occupazione: promozione e sostegno alle piccole e medie imprese, soprattutto nelle aree colpite da declino industriale; ammodernamento del mercato del lavoro e dei sistemi di sicurezza sociale; investimenti massicci nelle infrastrutture dei trasporti, delle comunicazioni e dell'energia.
In secondo luogo, occorre un effettivo coinvolgimento dei Parlamenti nazionali e delle regioni nella governance della Strategia, sia nella fase della programmazione degli obiettivi e della determinazione delle risorse sia in quella di attuazione nei vari Stati membri. Uno dei punti di debolezza della Strategia di Lisbona è stata l'imposizione

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dell'alto degli obiettivi da perseguire e lo scarso coinvolgimento, persino nella fase attuativa, dei Parlamenti nazionali e soprattutto delle regioni. In questo modo, sono stati tenuti ai margini del ciclo decisionale proprio i soggetti dotati delle competenze legislative e di bilancio necessarie per attuare qualsiasi intervento di politica economica. Anche a questo riguardo, il documento di consultazione della Commissione europea non sembra prospettare una chiara discontinuità, limitandosi a sottolineare l'esigenza di individuare «una governance chiara per la nuova strategia, tramite il partenariato tra l'azione a livello di Unione europea, nazionale e regionale».
In terzo luogo, occorre assicurare che siano destinate risorse adeguate per l'Italia, soprattutto per le aree e i progetti effettivamente in grado di rilanciare la produzione di beni e servizi. La Strategia di Lisbona ha denotato sin dal suo avvio una cronica carenza di risorse - sia nel bilancio dell'Unione europea sia in quelli statali - rispetto agli interventi da essa individuati. Nell'attuale congiuntura economica e finanziaria appare oggettivamente difficile - come evidenziato giustamente dal relatore Toccafondi - immaginare un'espansione significativa degli stanziamenti previsti dai bilanci europei e nazionali per l'attuazione della nuova strategia. Appare pertanto necessario - soprattutto per gli interventi nel settore delle infrastrutture - ricorrere a nuovi modelli di finanziamento, in particolare i partenariati pubblico-privato e i prestiti o le garanzie della Banca europea per gli investimenti. In questo contesto, l'Italia deve maturare la capacità di indirizzare verso il proprio sistema produttivo o comunque il proprio territorio flussi adeguati di risorse, in particolare della Banca europea per gli investimenti. Priorità dovrà essere garantita in questo contesto alle aree produttive del Nord, che costituiscono il fulcro dell'economia del Paese, e dal cui rilancio dipende in buona misura il riavvio della crescita e sviluppo nonché dell'occupazione in Italia.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame del Documento ad altra seduta. Rileva, quindi l'opportunità di rinviare a domani la riunione dell'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, già convocata al termine della seduta odierna, al fine di definire le modalità e i tempi di conclusione dell'esame del provvedimento.

La seduta termina alle 15.55.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI