CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 21 gennaio 2010
272.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (II e X)
COMUNICATO
Pag. 20

ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 21 gennaio 2010. - Presidenza del presidente Andrea GIBELLI. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Maria Elisabetta Alberti Casellati.

La seduta comincia alle 13.10.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno.
Atto n. 171.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

Le Commissioni iniziano l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno.

Andrea GIBELLI, presidente, comunica che il deputato Lo Presti, relatore per la II Commissione, è impegnato in altra sede istituzionale.

Giulia BONGIORNO (PdL), presidente della II Commissione, in sostituzione del relatore per la II Commissione, onorevole Lo Presti, illustra il contenuto del provvedimento in relazione alle disposizioni rientranti negli ambiti di competenza della Commissione Giustizia.
Osserva quindi che le disposizioni della parte I, Titolo VI (articoli 31-35) del provvedimento recano disposizioni in materia di informazioni che il prestatore deve fornire al destinatario del servizio (consumatore o impresa), di risoluzione delle eventuali controversie, di obblighi assicurativi e di pubblicità.
Gli articoli 31 e 32 stabiliscono in capo al prestatore precisi obblighi informativi al destinatario da assolvere entro la stipula del contratto e comunque prima della fornitura del servizio. Le informazioni riguardano, segnatamente, il prestatore e la sua attività.

Pag. 21

L'articolo 32 specifica che - per rendere possibili reclami sul servizio reso - tra i dati identificativi vadano indicati indirizzo postale, numeri di telefono, fax ed indirizzo e-mail. È prevista, inoltre, l'obbligatorietà per il prestatore (membro di ordini professionali, associazioni professionali o assoggettato a codici di condotta) di informare il destinatario dell'eventuale possibilità di ricorrere ad organismi di conciliazione stragiudiziale.
Nel caso in cui sia prevista un'assicurazione di responsabilità professionale, l'articolo 33 considera equivalente la garanzia stipulata in altro Stato membro che quindi non può essere imposta ex-novo al prestatore di servizi stabilito.
L'articolo 34, nel confermare la libertà di ricorrere alla pubblicità in materia di professioni regolamentate, permette esclusivamente limitazioni giustificate da motivi imperativi di interesse generale nel rispetto dei principi di non-discriminazione e di proporzionalità. Le comunicazioni commerciali del professionista devono essere conformi alle regole di deontologia professionale; in particolare, i relativi codici devono rispettare le norme comunitarie relative all'indipendenza, alla dignità, all'onore della professione, al segreto professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi.
Per quanto riguarda l'organizzazione dell'attività professionale - ferma la libertà di scegliere le forme più opportune - si possono svolgere attività multidisciplinari (articolo 35); tuttavia - in relazione alle sole professioni regolamentate ed alle prestazioni di servizi di certificazione, di omologazione, controllo, prova e collaudo tecnico - è consentito apporre limitazioni per evitare i conflitti d'interesse e garantire indipendenza e imparzialità, nonché regole deontologiche specifiche per rendere le attività compatibili tra loro e per garantire il segreto professionale.
Le disposizioni della parte seconda, Titolo I (articoli 44-62) riguardano i procedimenti autorizzatori di competenza del Ministero della giustiziaconcernenti le professioni regolamentate (coerentemente con l'articolo 2, par. 2, della direttiva, sono esclusi i servizi forniti dai notai).
L'articolo 44 stabilisce, anzitutto, che l'attività professionale regolamentata esercitata in via temporanea e occasionale (in libera prestazione) è soggetta alle previsioni dell'articolo 20, ferme restando la disciplina contenuta nel Titolo II del decreto legislativo n. 207/2006, di recepimento della direttiva qualifiche 2005/36/CE (che sancisce il principio del libero esercizio della professione, in modo occasionale e temporaneo, da parte del prestatore transfrontaliero, prevedendo nel contempo specifici adempimenti) e nella legge n. 31 del 1982 (in materia di libera prestazione di servizi da parte di avvocati cittadini di Stati membri), nonché le altre disposizioni di attuazione di norme comunitarie che disciplinano specifiche professioni.
Tale disposizione riprende la clausola di specialità contenuta nell'articolo 3 della direttiva servizi (e nell'articolo 9 dello schema di decreto), secondo la quale nel caso di contrasto tra le disposizioni della direttiva servizi e le disposizioni di altri atti comunitari che disciplinano aspetti specifici di attività di servizi o professioni specifiche, fa prevalere queste ultime sulla direttiva servizi. Tra tali atti comunitari rientra anche la direttiva qualifiche.
In forza del medesimo principio di specialità, la relazione illustrativa esplicita la prevalenza sulla direttiva servizi delle direttive che regolamentano in via specifica la professione forense, ovvero la direttiva 77/249/CEE (recepita dalla legge n. 31/1982) e la direttiva 98/5/CE (recepita dalla legge 96/2001); tali atti rispettivamente riguardano la libera prestazione di servizi da parte di avvocati cittadini di Stati membri e l'esercizio permanente della professione di avvocato in Stato membro diverso da quello di acquisizione della qualifica.
Gli articoli 45 e 46 riguardano il procedimento per l'iscrizione agli albi, registri o elenchi per l'esercizio delle professioni regolamentate nonché i requisiti di iscrizione. In particolare, in attuazione dell'articolo 14

Pag. 22

della direttiva ed in attuazione del principio di non discriminazione, è stabilito il principio per il quale i cittadini UE sono equiparati ai cittadini italiani ai fini dell'iscrizione e del mantenimento della medesima e la residenza in Italia è equiparata al domicilio professionale; coordinando, inoltre, con le singole leggi professionali quanto previsto dalla normativa di attuazione della direttiva qualifiche (il citato decreto legislativo n. 207/2006) si ribadisce che il decreto ministeriale di riconoscimento della qualifica costituisce titolo per l'iscrizione (articolo 46).
L'articolo 45 detta la procedura per l'iscrizione individuando nel Consiglio dell'ordine o nel Collegio competente l'autorità deputata a ricevere la domanda; fissa un termine di due mesi per la conclusione del procedimento d'iscrizione; prevede che il silenzio-assenso (ovvero il decorso del termine indicato in assenza di risposta) comporta l'automatica iscrizione all'albo, registro o elenco. In applicazione della clausola di specialità, si ribadisce la prevalenza di discipline speciali di attuazione di norme comunitarie relative a particolari professioni (come quella, citata, degli avvocati).
L'articolo 47 permette l'esercizio in forma associata delle professioni regolamentate in regime di stabilimento fermo restando, in ogni caso, il rispetto della legislazione nazionale; in particolare sono richiamate le norme della cd. legge Bersani (articolo 2, legge n. 248/2006) che hanno abrogato l'obbligatorietà delle tariffe massime e minime ed il divieto del patto di quota-lite, i limiti alla pubblicità informativa ed il divieto di società professionali multidisciplinari.
Si demanda poi a specifici regolamenti, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri competenti, il coordinamento della normativa secondaria vigente in materia di professioni regolamentate con i princìpi contenuti nello schema di decreto (articolo 48).
In proposito, la relazione al provvedimento spiega la necessità della disposizione in considerazione del fatto che alcune professioni sono attualmente regolamentate da fonti di rango secondario (in particolare con riferimento ai criteri di iscrizione all'albo e ai requisiti). In proposito, si richiamano, a titolo esemplificativo, il regolamento n. 2537 del 1925 relativo alle professioni d'ingegnere e di architetto e il regolamento n. 274 del 1929 relativo alla professione di geometra.
I successivi 14 articoli dello schema di decreto in esame (articoli 49-62) novellano le leggi che disciplinano le singole professioni regolamentate vigilate dal Ministero della giustizia, per adeguarle ai principi fissati dalla direttiva servizi.
Le diverse discipline sono conformate - nel rispetto delle condizioni di non discriminazione, necessità (motivi imperativi d'interesse generale) e proporzionalità - ad una serie di principi fondamentali della direttiva 2006/123/CE: parificazione dei cittadini comunitari a quelli italiani ed equiparazione della residenza al domicilio professionale ai fini dell'iscrizione all'albo; eliminazione della condizione di reciprocità per i cittadini della UE; riconoscimento come titolo abilitante del decreto ministeriale di riconoscimento ai sensi del decreto legislativo attuativo della direttiva qualifiche; adozione del principio del silenzio assenso (articolo 45, commi 4 e 5, dello schema di decreto) decorsi due mesi - anziché tre - dalla domanda di iscrizione all'albo (iscrizione automatica); eliminazione dalle singole discipline professionali di norme superate o incompatibili con la direttiva servizi.
Sono così adeguati ai principi della direttiva i contenuti delle leggi ordinamentali relative alle seguenti professioni regolamentate: avvocato, dottore agronomo e forestale, agrotecnico, attuario, perito agrario, giornalista, dottore commercialista ed esperto contabile, biologo, consulente del lavoro, geologo, tecnologo alimentare, perito industriale e assistente sociale.

Monica FAENZI (PdL), relatore per la X Commissione, illustra lo schema di decreto predisposto sulla base dei principi e criteri di delega contenuti nell'articolo 41 della

Pag. 23

legge 7 luglio 2009, n. 88 (legge comunitaria per il 2008).
Come enunciato nella relazione illustrativa lo schema di decreto, che si compone di 85 articoli, è finalizzato non solo a dare attuazione nell'ordinamento italiano alla direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, il cui termine era fissato peraltro al 28 dicembre 2009, ma anche ad elaborare un quadro giuridico nazionale sulla base dei principi della direttiva. Si prevede, in particolare, una armonizzazione progressiva dei regimi normativi di accesso e di esercizio delle attività sulla base di un complesso di strumenti volti alla semplificazione amministrativa che dovrebbero rendere il sistema europeo dei servizi meno frammentato e più competitivo.
Sottolinea che nella relazione darà ovviamente conto con maggiore approfondimento delle disposizioni direttamente riconducibili alle competenze della Commissione attività produttive.
Rileva che il provvedimento si compone di tre Parti.
Le disposizioni della Parte prima disciplinano i profili generali della materia, al fine di garantire principalmente la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto funzionamento del mercato; i principi da esse desumibili costituiscono, sempre in base alla relazione illustrativa, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica e principi dell'ordinamento giuridico dello Stato.
La Parte seconda contiene le disposizioni relative ai procedimenti di competenza delle singole amministrazioni (Ministero della giustizia, Ministero dello sviluppo economico ed altre amministrazioni). La relazione specifica che le singole amministrazioni, dopo un censimento di tutti i regimi di autorizzazione per l'esercizio di attività di servizio, hanno proceduto alla valutazione di conformità alla direttiva delle previsioni legislative e regolamentari vigenti di propria competenza al fine di correggere ovvero eliminare i regimi autorizzatori ingiustificati o sproporzionati nonché eliminare i requisiti incompatibili con la direttiva.
La Parte Terza reca disposizioni relative ai procedimenti di competenza regionale e le disposizioni finali.
In particolare il Titolo I della Parte Prima (articoli 1-9) reca disposizioni di carattere generale che definiscono l'ambito di applicazione del provvedimento, nel quale rientrano le attività economiche di carattere imprenditoriale o professionale svolte senza vincolo di subordinazione e dirette allo scambio di beni o fornitura di prestazioni anche di carattere intellettuale e dal quale risultano escluse (articoli. 2-7) le attività connesse con l'esercizio di pubblici poteri; la disciplina fiscale delle attività di servizi; i servizi di interesse economico generale assicurati alla collettività in regime di esclusiva; i servizi sociali, relativi ad alloggi popolari, assistenza all'infanzia, sostegno alle famiglie e alle persone in stato di bisogno; i servizi finanziari e di trasporto. Ai servizi di comunicazione si applicano solo le disposizioni del titolo IV e V. Ulteriori servizi esclusi sono quelli di somministrazione ai lavoratori forniti da agenzie di lavoro; sanitari e farmaceutici forniti a scopo terapeutico; i servizi audiovisivi; i servizi privati di sicurezza e i servizi forniti da notai. Sono infine esclusi il gioco d'azzardo, le scommesse e le attività delle case da gioco.
È prevista l'adozione di un decreto del ministro delle politiche europee volto alla ricognizione delle attività di sevizi comunque escluse dall'ambito di applicazione della direttiva.
Osserva che con la definizione di «servizio», con la quale si chiarisce che il decreto si applica solo ai servizi prestati dietro corrispettivo economico, e quella di «requisito», con la quale si precisa che non costituiscono requisiti le disposizioni in materia ambientale, edilizia ed urbanistica, a tutela della sanità pubblica, della sicurezza dei lavoratori e dell'incolumità delle persone.
Il Titolo II (articoli 10-19) disciplina l'accesso e l'esercizio delle attività di servizi

Pag. 24

in regime di stabilimento; il Titolo III (articoli 20-24) riguarda invece le prestazioni effettuate in via transfrontaliera non in regime di stabilimento, ma in modo occasionale e temporaneo.
Il Titolo IV (articoli 25-27), recante disposizioni in materia di semplificazione amministrativa, all'articolo 25 consente ai prestatori l'espletamento in via telematica di tutte le procedure necessarie per lo svolgimento delle attività di servizi attraverso lo sportello unico per le attività produttive, di cui all'articolo 38 del decreto-legge n. 112 del 2008.
Ricorda che l'articolo 38, al fine di semplificare le procedure per l'avvio e lo svolgimento delle attività imprenditoriali, affida al Governo il compito di procedere - tramite apposito regolamento e sulla base di specifici principi e criteri - alla semplificazione e al riordino della disciplina degli sportelli unici per le attività produttive, già previsti presso i comuni dal decreto legislativo n. 112 del 1998. Secondo la legge n. 69 del 2009, le disposizioni dell'articolo 38 costituiscono adempimento della direttiva «servizi». Per i comuni che non istituiscono lo sportello unico, le funzioni inerenti verranno esercitate dalle camere di commercio, mediante il portale «impresa.gov», che assume la denominazione di «impresainungiorno», gestito congiuntamente con l'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI).
Come si sottolinea nella relazione illustrativa, la procedura prevista dall'articolo 38 viene estesa alle prestazioni di servizi che non rientrano nella c.d. «impresa in un giorno» e non riguardano la realizzazione di impianti, in quanto il campo di applicazione della direttiva «servizi» è più ampio di quello coperto dalla precedente normativa in materia di sportello unico.
Le domande di accesso all'attività di servizi, oltre che attraverso lo sportello unico, possono essere presentate contestualmente alla comunicazione unica attraverso il registro delle imprese che provvede a trasmetterle immediatamente allo sportello unico.
Per quanto riguarda le comunicazioni iniziali per l'avvio dell'attività d'impresa, l'articolo 9 del decreto-legge n. 7 del 2007, convertito dalla legge n. 40 del 2007, prevede che gli adempimenti amministrativi a carico delle imprese per l'iscrizione nel Registro delle imprese, ai fini previdenziali, assistenziali, assicurativi e fiscali, nonché per l'ottenimento del codice fiscale e della partita IVA, siano sostituiti da una comunicazione unica presentata per via telematica o su supporto informatico all'Ufficio del Registro delle imprese delle camere di commercio, il quale rilascia una ricevuta che costituisce titolo per l'immediato avvio dell'attività imprenditoriale.
L'esercizio delle funzioni dello sportello unico possono essere delegate alle camere di commercio in caso di mancata istituzione del medesimo da parte del comune o di non rispondenza dello sportello ai requisiti di cui all'articolo 38. Per le attività che non richiedono iscrizione al registro delle imprese il punto di contatto nazionale con le amministrazioni statali, regionali o locali e con i soggetti responsabili dei controlli e della disciplina delle attività dei servizi è costituito dal portale «impresa in un giorno». Le autorità competenti devono garantire l'espletamento presso lo sportello unico, da parte del prestatore, di tutte le ulteriori formalità richieste ai fini del rilascio dell'autorizzazione.
L'articolo 26 garantisce ai prestatori e ai destinatari l'accesso, attraverso lo sportello unico, ad una serie di informazioni che comprendono i requisiti imposti ai prestatori stabiliti in Italia; i dati necessari per entrare in contatto diretto con le autorità competenti; i mezzi e le condizioni di accesso alle banche dati e ai registri pubblici relativi ai prestatori; i mezzi di ricorso in caso di controversie; i dati relativi ad associazioni o organizzazioni presso cui ottenere assistenza. In materia di certificazioni attestanti il possesso di determinati requisiti viene riconosciuta come idonea la documentazione rilasciata da un altro Stato membro dell'UE

Pag. 25

che abbia finalità equivalenti o dalla quale comunque si evinca che il requisito è rispettato (articolo 27).
Il Titolo V (articoli 28-30) reca disposizioni a tutela dei destinatari dei servizi, prevedendo che la fruizione di un servizio fornito da un prestatore stabilito in altro Stato membro non può essere subordinata all'obbligo per il destinatario di ottenere un'autorizzazione o a limiti discriminatori alla concessione di aiuti finanziari al destinatario. Non possono essere imposti al destinatario requisiti discriminatori in base alla sua nazionalità o alla sua residenza.
Le disposizioni del Titolo VI - in attuazione degli articoli 22-27 della direttiva - recano disposizioni in materia di informazioni che il prestatore deve fornire al destinatario del servizio (consumatore o impresa), di risoluzione delle eventuali controversie, di obblighi assicurativi e di pubblicità.
Il Titolo VII (articoli 36-43) disciplina la cooperazione amministrativa tra gli Stati membri (la leale collaborazione amministrativa tra gli Stati membri costituisce uno dei principi cardine del Trattato dell'Unione europea).
Le competenti autorità amministrative degli Stati membri sono pertanto tenute al rispetto di specifici e definiti comportamenti nello scambio informativo con le autorità di altri Stati membri, pena l'attivazione di procedure di infrazione da parte della Commissione europea. Considerata la prescrizione che lo scambio di informazioni e richieste deve avvenire obbligatoriamente per via elettronica, per accelerare e facilitare la cooperazione tra Stati membri, la Commissione europea ha elaborato, in collaborazione con gli Stati membri, un sistema informativo chiamato Internal Market Information (IMI). Tale sistema ha previsto la designazione di un Coordinatore Nazionale con il compito di costituire il «punto di contatto nazionale» per la gestione tecnica del sistema e per coordinare il flusso informativo al fine di evitare «blocchi» o per facilitare la ricerca delle autorità competenti a rispondere alle richieste delle autorità competenti degli altri Stati membri. Tale punto di contatto è stato individuato nel Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri.
L'obbligo di prestarsi reciproca assistenza è imposto sia in caso di stabilimento sia in caso di libera circolazione dei servizi. La cooperazione amministrativa, necessaria per garantire il controllo dei prestatori e dei loro servizi, contribuirà al rispetto dei requisiti applicabili e a non ingenerare, per esempio, duplicazioni dei controlli o ulteriori e non giustificabili barriere.
Le richieste che possono essere inoltrate al fine di assicurare il controllo effettivo di un prestatore e la tutela dei destinatari dei servizi devono essere precise e motivate e indicare chiaramente i tipi di informazione richiesta e le ragioni per le quali l'informazione è necessaria per svolgere correttamente il controllo.
Le risposte alle domande devono essere fornite al più presto e per via elettronica.
Le autorità competenti provvedono affinché i registri nei quali i prestatori sono iscritti e che possono essere consultati dalle autorità competenti sul territorio nazionale siano altresì consultabili, alle stesse condizioni, dalle competenti autorità omologhe degli altri Stati membri.
Per quanto riguarda gli obblighi di cooperazione in caso di stabilimento sul territorio, è compito dell'autorità competente nazionale assicurare la conformità alla propria legislazione. A tal fine, la stessa autorità competente può chiedere ai suoi omologhi in altri Stati membri di verificare la conformità con alcune proprie esigenze (per esempio nel caso di un prestatore di servizi che esibisce documenti emessi da autorità competenti di altri Stati membri e che l'autenticità di tali documenti sia dubbia). L'autorità competente può anche chiedere ragguagli al fine di evitare duplicazioni di requisiti e di controlli.
Per quanto invece riguarda gli obblighi di cooperazione in caso di prestazione di servizi transfrontalieri, si consideri che, ai sensi degli articoli 21 e 22 del decreto, gli

Pag. 26

Stati membri nei quali vengono erogati i servizi non possono imporre i propri requisiti a prestatori di servizi degli altri Stati membri, a meno che non siano giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di salute pubblica o di protezione dell'ambiente. Tale distinzione caratterizza gli articoli 38 e 40, che stabiliscono regole di collaborazione amministrativa in caso di prestazioni transfrontaliere, differenziando i compiti delle autorità competenti dello Stato membro di stabilimento e dello Stato membro ove il servizio viene prestato sulla base della stessa distinzione. In particolare, nei casi in cui lo Stato membro ove il servizio viene prestato può imporre i propri requisiti, l'articolo 40, comma 1, dispone che tocca al medesimo Stato membro di controllare l'attività del prestatore transfrontaliero che fornisce il servizio sul territorio ed effettuare le verifiche necessarie ad assicurare il rispetto di tali regole. Peraltro l'autorità competente può chiedere l'aiuto dello Stato membro in cui il prestatore è stabilito. Invece, nei casi in cui lo Stato membro di stabilimento vigila sul rispetto dei propri requisiti, le autorità nazionali competenti dovranno aiutare lo stesso Stato membro ai fini del controllo del prestatore.
Viene inoltre previsto, dall'articolo 41, un meccanismo d'allerta qualora un'autorità competente venga a conoscenza di fatti gravi e precisi riguardanti un'attività di servizi che potrebbero provocare un pregiudizio grave alla salute o alla sicurezza delle persone o all'ambiente.
Passando alla Parte seconda del provvedimento, che come già specificato riguarda le disposizioni relative ai procedimenti autorizzatori di competenza delle singole amministrazioni, segnala che in tale ambito, il titolo I (articoli 44-62) riguarda i procedimenti autorizzatori di competenza del Ministero della giustizia concernenti le professioni regolamentate.
Il Titolo II (articoli 63-80) reca disposizioni di semplificazione relative a procedimenti di competenza del Ministero dello sviluppo economico. Obiettivo dell'intervento normativo in commento - come si legge nella relazione illustrativa - è quello di razionalizzare e rendere omogenea sul territorio nazionale la disciplina in materia di requisiti di accesso e svolgimento delle attività di servizi, secondo le indicazioni della giurisprudenza comunitaria e della Corte costituzionale italiana. Le scelte di semplificazione più rilevanti effettuate in materia di esercizio dell'attività commerciale possono essere così sintetizzate trasformazione in DIA dell'autorizzazione per l'apertura di un punto esclusivo e non esclusivo di quotidiani e periodici ed eliminazione della verifica di natura economica ai medesimi fini (articolo 71); eliminazione del contingentamento numerico e del criterio del reddito della popolazione residente e fluttuante, per le attività di somministrazione di alimenti e bevande (articolo 63); in materia di requisiti di accesso, unificazione per tutte le attività commerciali, sia di vendita sia di somministrazione di alimenti e bevande (articolo 70). Nello specifico, le disposizioni concernenti l'attività di somministrazione di alimenti e bevande - che modificano o abrogano diverse norme della legge n. 287 del 1991 (Aggiornamento della normativa sull'insediamento e sull'attività dei pubblici esercizi) - prevedono il rilascio di autorizzazione da parte del comune per l'apertura degli esercizi e la dichiarazione d'inizio di attività per il trasferimento di sede, di gestione o di titolarità degli esercizi e per l'attività riservata a particolari soggetti di cui all'articolo 3, comma 6, della legge n. 287 del 1991; l'adozione di provvedimenti di programmazione delle aperture degli esercizi da parte dei comuni che possano prevedere anche divieti e limitazioni all'apertura di nuove strutture per ragioni di sostenibilità ambientale, sociale viabilità. Dalla programmazione sono escluse le attività riservate a particolari soggetti; il trasferimento di gestione subordinato all'effettivo trasferimento dell'attività e al possesso dei requisiti prescritti da parte del subentrante; l'assoggettamento dell'esercizio dell'attività alla conformità del locale a criteri sulla sorvegliabilità stabiliti con decreto del ministro dell'interno e al

Pag. 27

rispetto delle norme urbanistiche, edilizie, igienico-sanitarie e di sicurezza nei luoghi di lavoro; la decadenza dell'autorizzazione qualora il titolare non possieda più i requisiti previsti, in caso di sospensione dell'attività per oltre dodici mesi, di non rispondenza dello stato dei locali ai criteri ministeriali, di mancata attivazione dell'esercizio entro 180 giorni dall'autorizzazione. Sono previste, altresì, modifiche e abrogazioni di norme contenute nel decreto legislativo n. 114 del 1998 che comportano la dichiarazione di inizio attività ad efficacia immediata da presentare allo sportello unico (in luogo della attuale comunicazione ad efficacia differita), per l'apertura, il trasferimento di sede e l'ampliamento della superficie degli esercizi di vicinato (in sostanza, degli esercizi commerciali di ridotta dimensione), nonché per le vendite negli spacci interni, per le vendite mediante apparecchi automatici, per le vendite per corrispondenza, televisione e altri sistemi di comunicazione, per le vendite presso il domicilio dei consumatori; l'autorizzazione per l'esercizio dell'attività di commercio al dettaglio su aree pubbliche rilasciata oltre che a persone fisiche e a società di persone anche a società di capitali o cooperative. Per l'attività in forma itinerante il rilascio compete al comune in cui il richiedente intende avviare l'attività (e non più al comune in cui è residente o ha la sede legale). Si provvede, inoltre, (articolo 70) alla modifica ed omogeneizzazione dei requisiti di accesso e di esercizio delle attività commerciali attualmente contenuti nella legge n. 287 del 1991 (per l'attività di somministrazione di alimenti e bevande) e nel decreto legislativo n. 114 del 1998 (per l'attività commerciale di vendita).
L'articolo 71 liberalizza il sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica. La normativa vigente (decreto legislativo n. 170/2001) prevede il regime autorizzatorio per l'apertura di punti vendita di quotidiani e periodici. L'autorizzazione viene rilasciata dai Comuni sulla base di appositi requisiti e nel rispetto dei piani di localizzazione dei punti vendita esclusivi dei quotidiani adottati dai Comuni. Con l'articolo in esame si sostituisce il regime autorizzatorio con la dichiarazione di inizio di attività presentata agli sportelli unici presso i Comuni.
Limitazioni alle nuove aperture possono essere adottate esclusivamente se finalizzate alla tutela delle zone di pregio artistico, storico architettonico e ambientale.
L'articolo 72 introduce semplificazioni per quanto riguarda lo svolgimento dell'attività di facchinaggio, prevedendo che non debba essere presentata la dichiarazione di inizio di attività (DIA) prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 342 del 1994 da quei soggetti che abbiano presentato la DIA ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 57 del 2001, facendo così venir meno il sistema di una doppia presentazione della DIA che risulta ingiustificato in termini di adeguatezza e proporzionalità.
Gli articoli 73-76 prevedono misure di semplificazione per le attività di agente di affari in mediazione, agente immobiliare, agente d'affari, agente e rappresentante di commercio, mediatore marittimo e spedizioniere, la cui disciplina nazionale vigente subordina, peraltro con varie differenze tra le varie categorie, l'esercizio dell'attività all'iscrizione in ruoli o elenchi, per l'accesso ai quali sono stabiliti requisiti vari, ovvero ad autorizzazioni di pubblica sicurezza oramai prive di una effettiva giustificazione. Ricorda che, per quanto riguarda gli agenti commerciali, la normativa comunitaria esclude per l'esercizio di tali professioni la necessità di iscriversi in ruoli e anche la Corte di Giustizia UE ha affermato che l'iscrizione dell'agente commerciale nel ruolo non può essere considerata condizione di validità del contratto di agenzia concluso dall'agente con il suo proponente.
Gli articoli in esame per le menzionate attività di servizio che necessitano di iscrizione in ruoli o elenchi prevedono la soppressione di tali ruoli o elenchi (unificando i relativi profili professionali nell'ambito della nuova categoria degli intermediari commerciali e di affari) e la trasformazione del titolo autorizzatorio in

Pag. 28

dichiarazione di inizio di attività. In particolare, per l'esercizio delle relative attività si richiede unicamente una DIA da presentare alla Camera di commercio tramite lo sportello unico per le attività produttive e per conoscenza alla Questura, corredata delle autocertificazioni e delle certificazioni attestanti il possesso dei requisiti soggettivi, morali, professionali, tecnici e finanziari, ove prescritti dalla legislazione vigente, alla quale consegue, verificato il possesso dei requisiti, l'iscrizione nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) tenuto dalle Camere di commercio e la contestuale attribuzione della qualifica.
Gli articoli 77-79, per le attività di acconciatore, di estetista e di tintolavanderia, prevedono la presentazione della dichiarazione di inizio di attività allo sportello unico per le attività produttive. Per le attività di acconciatore e di estetista ciò conferma quanto previsto dalla normativa vigente, mentre per l'attività di tintolavanderia - la cui disciplina nazionale emanata con la legge n. 84 del 2006 non è stata recepita da nessuna delle regioni - si è prevista la semplificazione dei requisiti professionali di accesso.
Infine l'articolo 80 rinvia ad un decreto del ministro dello sviluppo economico la disciplina delle modalità di iscrizione nel registro delle imprese e nel REA dei soggetti iscritti negli elenchi, albi e ruoli di cui ai citati articoli 72-76.
Passando al Titolo III, che reca disposizioni relative alla semplificazione di procedimenti di competenza di altre amministrazioni, l'articolo 81 reca modifiche alla disciplina dell'attività di spedizioniere doganale di cui al decreto del Presidente della Repubblica 43 del 1973, in primo luogo eliminando le limitazioni territoriali attualmente vigenti per l'esercizio di tale attività, in linea con il principio della libera circolazione dei servizi in ambito nazionale. In tal modo lo spedizioniere doganale potrà operare sull'intero territorio nazionale. Si modificano, inoltre, i requisiti di ammissione agli esami di spedizioniere doganale, al fine di facilitare l'accesso al medesimo esame. In particolare si consente di partecipare allo stesso esame anche coloro che, in possesso degli altri requisiti richiesti, abbiano superato un corso di formazione professionale di durata almeno annuale organizzato da un istituto universitario e siano iscritti da almeno un anno nel registro del personale ausiliario.
L'articolo 82 reca una semplificazione delle procedure amministrative per l'apertura e l'operatività delle strutture turistico - ricettive, prevedendo che siano soggette alla dichiarazione di inizio di attività ai sensi dell'articolo 19, comma 2, primo periodo, della legge n. 241 del 1990. Viene in tal modo garantito un lasso temporale di possibile intervento dell'autorità competente prima di consentire l'avvio della nuova attività.
Passando infine alla Parte Terza, l'articolo 83, recante la cd. clausola di cedevolezza, prevede l'applicabilità delle disposizioni del decreto che incidono su materie di competenza esclusiva o concorrente delle Regioni, fino alla data di entrata in vigore della normativa regionale di attuazione della direttiva servizi.
L'articolo 84 reca modifiche ed abrogazioni della normativa vigente in materia, incompatibili con le disposizioni recate dal presente decreto.
L'articolo 85 prevede, infine, per quanto concerne le disposizioni finanziarie che dall'attuazione del presente decreto non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate, provvedono ai compiti di cui al presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.

Andrea GIBELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito del dibattito ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.25.

ATTI COMUNITARI

Giovedì 21 gennaio 2010. - Presidenza del presidente Andrea GIBELLI. - Interviene

Pag. 29

il sottosegretario di Stato per la giustizia, Maria Elisabetta Alberti Casellati.

La seduta comincia alle 13.25.

Proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (Rifusione) - Attuazione del quadro fondamentale per la piccola impresa (Small Business Act).
COM(2009)126 def.

(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento in oggetto.

Roberto CASSINELLI (PdL), relatore per la II Commissione, osserva che le Commissioni riunite sono convocate per avviare l'esame della proposta di direttiva COM(2009)126.
Si tratta di un'iniziativa della massima importanza per il sistema delle imprese in quanto intende finalmente affrontare in termini esaustivi l'annoso problema dei ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali. Problema che, come dirà più diffusamente il collega della X Commissione, produce un forte impatto sulla vita delle imprese soprattutto quando i ritardi siano addebitabili a pubbliche amministrazioni.
Venendo ai profili più prettamente giuridici, merita in primo luogo segnalare che la proposta di direttiva interviene su una materia già disciplinata a livello europeo dalla direttiva 2000/35/CE, recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 231 del 2002.
La precedente direttiva non ha tuttavia prodotto gli effetti sperati; continua a risultare infatti assai diffusa, all'interno di tutti gli Stati membri dell'UE, la prassi per cui le pubbliche amministrazioni provvedono a saldare con notevole ritardo i debiti contratti con i propri fornitori.
Assai opportunamente, la Commissione sottolinea che tale prassi produce gravi effetti distorsivi sul mercato interno. Di fatto, i ritardati pagamenti si prestano ad essere utilizzati allo scopo di privilegiare le imprese nazionali rispetto a quelle straniere, costituendo in tal modo una sorta di protezione sleale e riducendo le prospettive di crescita degli scambi intracomunitari.
Per rimediare ai gravi problemi provocati dai ritardi nei pagamenti la proposta di direttiva introduce un regime più rigoroso e sanzioni più pesanti, soprattutto quando i ritardi siano attribuibili alla responsabilità delle amministrazioni pubbliche.
Più in dettaglio, la proposta provvede in primo luogo ad ampliare l'ambito di applicazione della disciplina vigente in materia.
In particolare, sopprimendo la facoltà, precedentemente riconosciuta agli Stati membri, di escluderne l'applicazione in presenza di importi inferiori a 5 euro, si intendono tutelare le imprese di più ridotta dimensione.
Viene poi confermato il diritto del creditore agli interessi di mora, senza necessità di alcuna sollecitazione, purché il creditore abbia adempiuto correttamente agli obblighi contrattuali e di legge. È poi mantenuto l'istituto della riserva di proprietà che riconosce al venditore il diritto di conservare la proprietà dei beni fino all'integrale pagamento del loro prezzo.
È inoltre resa più stringente la disciplina in materia di recupero di crediti non contestati per cui il termine di 90 giorni per l'ottenimento di un titolo esecutivo diventa inderogabile mentre in precedenza era consentito agli Stati membri stabilire un termine diverso.
Significative modifiche vengono poi apportate alla disciplina relativa all'entità dei risarcimenti da corrispondere ai creditori per i costi «interni ed amministrativi generati dal ritardo di pagamento».
Si prevedono in proposito tre scaglioni: il primo per debiti inferiori a 1.000 euro, in relazione ai quali i risarcimenti ammonterebbero a 40 euro; il secondo, per debiti di ammontare tra 1.000 e 10.000 euro, per cui il risarcimento sarebbe di

Pag. 30

importo pari a 70 euro, e il terzo per tutti gli altri debiti in relazione ai quali il risarcimento viene determinato nella misura dell'1 per cento del debito stesso.
Occorre in proposito rilevare che la XIV Commissione, nel parere espresso il 21 luglio scorso, ha richiamato l'attenzione sulla necessità di evitare il rischio di generare sperequazioni, in particolare quando si tratti di importi dovuti di entità pari o di poco superiori ai 10.000 euro rispetto a quanto dovuto per importi immediatamente inferiori alla misura indicata.
Come ricordato in precedenza, il regime previsto è più stringente in caso in cui il ritardo sia addebitabile a pubbliche amministrazioni. In questi casi viene infatti stabilito il diritto del creditore agli interessi di mora di entità pari agli interessi legali.
Il fornitore avrà inoltre diritto a un risarcimento forfetario pari al 5 per cento dell'importo dovuto, in aggiunta agli interessi di mora e al risarcimento dei costi di recupero.
È inoltre posto a carico degli Stati membri il compito di provvedere affinché le clausole relative alla data di pagamento, al tasso degli interessi di mora o ai costi di recupero non possano essere fatte valere qualora risultino «gravemente inique nei confronti del debitore».
Sono in ogni caso considerate gravemente inique le clausole che escludono l'applicazione degli interessi di mora.
Appare inoltre condivisibile la previsione dell'obbligo per ciascuno degli Stati membri di trasmettere alla Commissione, a intervalli regolari, una relazione sullo stato di attuazione della direttiva in modo di consentirne il periodico monitoraggio.
Per quanto concerne i profili di sussidiarietà, nella relazione che accompagna il documento si sottolinea correttamente la necessità di porre in essere un ulteriore intervento comunitario, quale quello previsto nella proposta direttiva, stante il fatto che gli obiettivi che si intendono conseguire non sono stati sino ad ora raggiunti, pur in presenza di diverse iniziative assunte a livello europeo.
L'argomento appare pienamente convincente. È infatti evidente che il problema può essere risolto in termini soddisfacenti nella generalità degli Stati membri soltanto in presenza di una specifica, puntuale disciplina europea.
Occorre al riguardo considerare che il legislatore nazionale si è fatto carico, soprattutto negli anni più recenti, di trovare soluzioni praticabili e finanziariamente sostenibili a un problema che in Italia ha assunto dimensioni macroscopiche e ormai insostenibili.
Oltre alle disposizioni del citato decreto legislativo n. 231 del 2002, sono state infatti adottate specifiche misure dirette a velocizzare la riscossione dei crediti vantati dai fornitori di beni e servizi nei confronti delle amministrazioni pubbliche. Disposizioni in tal senso sono state inserite, in particolare, nel decreto-legge n. 185 del 2008.
Pur dovendosi apprezzare i tentativi di rimediare al problema, appare in ogni caso evidente la necessità di porre in essere una disciplina più stringente a livello europeo, qual è quella prefigurata nella proposta di direttiva che merita quindi pieno apprezzamento.

Giovanni FAVA (LNP), relatore per la X Commissione, illustra la proposta di direttiva in esame volta diretta a fornire una risposta coerente e compiuta a un problema che si registra in quasi tutti i paesi membri dell'UE ma che, purtroppo, in Italia ha assunto dimensioni particolarmente gravi.
Osserva che i ritardi con i quali le amministrazioni pubbliche provvedono a saldare i debiti contratti con i propri fornitori determinano una serie di conseguenze negative, la più vistosa delle quali concerne l'impatto sul sistema produttivo. È sempre più frequente il caso di imprese che, proprio a causa del mancato pagamento dei crediti vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni, si vedono private della liquidità necessaria per proseguire le loro attività e costrette a indebitarsi con il sistema creditizio. Queste difficoltà risultano inevitabilmente aggravate

Pag. 31

nella attuale congiuntura, caratterizzata da una grave crisi economica che ha determinato una drastica contrazione degli ordinativi e dalle ristrettezze di bilancio che si trovano a fronteggiare le pubbliche amministrazioni in relazione al processo di risanamento della finanza pubblica.
Una seconda grave conseguenza, opportunamente evidenziata dalla Commissione europea, consiste negli effetti distorsivi sul mercato interno che i ritardi nei pagamenti provocano ai danni delle imprese straniere, posto che il rischio di vedere pregiudicata la propria reputazione sarebbe di gran lunga inferiore quando il creditore risiede in altro Stato membro.
Le preoccupazioni della Commissione sono giustamente rivolte in particolare alle piccole e medie imprese le quali per ragioni strutturali sono meno attrezzate, dal punto di vista patrimoniale, a fronteggiare la carenza di liquidità derivante dal mancato pagamento dei debiti contratti nei loro confronti da pubbliche amministrazioni.
La proposta di direttiva si inserisce infatti all'interno del cosiddetto Small business act che rappresenta una delle iniziative più meritorie tra quelle poste in essere dalle istituzioni europee sul piano economico negli ultimi anni e del quale la nostra Commissione si è già a suo tempo occupata.
Si tratta di un complesso di misure volte a definire un quadro normativo più favorevole per le piccole e medie imprese che rappresentano la stragrande maggioranza delle imprese operanti in Europa e, in particolare, l'asse portante della struttura produttiva italiana. Sotto questo profilo, risulta pienamente apprezzabile la scelta di rendere particolarmente stringenti le norme da applicare in tema di risarcimenti in presenza di ritardi di cui siano responsabili le pubbliche amministrazioni, ivi compresi gli enti territoriali. I crediti accumulati dalle imprese fornitrici nei confronti della pubblica amministrazione hanno ormai assunto, soprattutto in Italia, dimensioni macroscopiche. Il settore della sanità è particolarmente significativo in proposito. Si registrano non pochi casi di veri e propri fallimenti cui alcune imprese sono costrette a causa del mancato pagamento dei debiti contratti da parte delle amministrazioni pubbliche. Il paradosso è che le stesse imprese, oltre a non ricevere gli importi loro spettanti, vengono contestualmente sollecitate dall'erario a pagare i tributi dovuti su somme non effettivamente introitate, non consentendosi l'integrale compensazione delle posizioni creditorie e debitorie.
La previsione di termini molto ridotti entro cui si deve provvedere al pagamento e le sanzioni previste offrono sicuramente, sul piano normativo, le condizioni utili per segnare una netta inversione di tendenza. D'altra parte, non si può trascurare la preoccupazione, di cui il Governo italiano si sarebbe fatto interprete anche presso le istituzioni europee, per le possibili ricadute della disciplina prevista dalla proposta di direttiva sul piano della finanza pubblica. L'obbligo di provvedere tempestivamente ai pagamenti e l'applicazione di forti interessi di mora e di corrispondere ingenti risarcimenti appaiono infatti tali da determinare un aumento significativo delle spese per la cui copertura non risultano allo stato disponibili adeguate risorse. L'accelerazione della spesa che si determinerebbe potrebbe in effetti porre le pubbliche amministrazioni in gravi difficoltà. Per questo motivo ritiene necessario procedere a una approfondita istruttoria acquisendo tutti gli elementi di informazione utili allo scopo.
A tal fine, propone di svolgere in tempi rapidi alcune audizioni di rappresentanti del sistema delle imprese, allo stesso tempo richiedendo al Governo una puntuale valutazione dei possibili effetti della proposta di direttiva sul piano della finanza pubblica.

Andrea GIBELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.40.