CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 13 gennaio 2010
268.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Mercoledì 13 gennaio 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati e Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 14.15.

DL 193/2009: Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario.
C. 3084 Governo.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Alfonso PAPA (PdL), relatore, preliminarmente osserva che il decreto legge in esame affronta aspetti nevralgici della giustizia che da alcuni anni sono affrontati al fine di trovare delle soluzioni, senza tuttavia riuscire a risolverli. In particolare rileva che il decreto-legge in esame, entrato in vigore il 31 dicembre, è composto da cinque articoli diretti alla proroga delle funzioni dei magistrati onorari, ad assicurare la copertura di sedi giudiziarie rimaste vacanti per difetto di magistrati richiedenti e ad accelerare la digitalizzazione della giustizia nel processo civile e penale. L'ultimo articolo disciplina la sola entrata in vigore del provvedimento.
L'articolo 1, comma 1, modifica il comma 1 dell'articolo 245 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, al fine di prorogare non oltre il 31 dicembre 2010 l'applicabilità delle disposizioni relative all'impiego nei tribunali ordinari e nelle procure presso i tribunali ordinari dei magistrati onorari contenute nel regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario). La proroga si rende necessaria per assicurare la funzionalità degli uffici giudiziari fino all'approvazione della riforma organica della magistratura onoraria, di cui il Consiglio dei ministri - come riferito nella relazione al decreto-legge in esame - ha già avviato la discussione. Ricorda a tale proposito che la questione della proroga dei magistrati

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onorari si protrae oramai da oltre dieci anni nonostante che la magistratura onoraria svolga un ruolo che è del tutto parificabile a quello svolto dalla magistratura ordinaria.
Il comma 2 armonizza le previsioni recate dall'articolo 245 del decreto legislativo n. 51 del 1998 con quelle di cui all'articolo 14 del citato decreto-legge n. 248 del 2007, disponendo che i GOT e i VPO - il cui termine era in scadenza al 31 dicembre 2009 (non confermabili ai sensi dell'articolo 42-quinquies dell'ordinamento giudiziario) - sono ulteriormente prorogati nelle funzioni fino alla citata riforma della magistratura onoraria e comunque non oltre la data del 31 dicembre 2010.
Segnala che la disposizione, in ciò differendo dal richiamato articolo 14 del decreto-legge n. 248 del 2007, non individua tra i destinatari della proroga anche i giudici onorari presso i tribunali per i minorenni.
Vi è poi un punto sul quale ritiene che si debba riflettere. La disposizione, da un lato fa riferimento alla data di scadenza del mandato dei GOT e dei VPO del 31 dicembre 2009 (data che coincide con l'entrata in vigore del decreto-legge), dall'altro richiede che tali soggetti esercitino le funzioni alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (e non alla precedente data di entrata in vigore del decreto-legge), rendendo di fatto inapplicabile la proroga tra la data di entrata in vigore del decreto-legge e la sua conversione.
Su entrambe le questioni ritiene che sia opportuno un chiarimento da parte del Governo.
Gli articoli 2 e 3 fanno riferimento alla copertura di sedi disagiate. Si tratta delle sedi di uffici giudiziari meno richiesti, e in particolare le procure del Meridione ad alta densità di criminalità organizzata. Si tratta di un primo tentativo di una risposta reale e concreta ad una questione particolarmente delicata quale è quella della copertura delle sedi disagiate.
La necessità della legislazione d'urgenza deriva, secondo il Governo, dall'impossibilità di riformare in tempi brevi l'ordinamento giudiziario nonché dal fatto che, in ogni caso - per esercitare a regime effetti positivi - gli interventi normativi necessitano di un congruo periodo di tempo.
Il Governo nel risolvere la questione ha scelto di lasciare immutata la preclusione introdotta dall'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo n. 160 del 2006 che impedisce che i magistrati ordinari al termine del tirocinio possano essere destinati a svolgere le funzioni requirenti, giudicanti monocratiche penali o di giudice per le indagini preliminari o di giudice dell'udienza preliminare, prima del conseguimento della prima valutazione di professionalità.
Per le indicate finalità, l'articolo 2, comma 1, del decreto-legge novella la legge 4 maggio 1998, n. 133, recante la disciplina-quadro sulla copertura di sedi disagiate. Tale disciplina è stata da ultimo modificata con il decreto-legge n. 143 del 2008, recante Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario, convertito dalla legge n. 181 del 2008.
Una prima modifica riguarda i commi 3 e 4 dell'articolo 1 della legge 133/1998.
La novella prevede sia un aumento delle sedi individuate come disagiate sia dei magistrati ad esse destinabili.
In particolare, il nuovo comma 3 aumenta da 60 ad 80 il numero massimo delle sedi disagiate individuate ogni anno dal Consiglio superiore della magistratura.
Nella stessa disposizione, viene inoltre eliminato il riferimento alle 10 sedi a copertura immediata che lo stesso CSM doveva individuare tra quelle rimaste vacanti; l'eliminazione consegue all'abrogazione dell'articolo 1-bis della stessa legge 133/1998.
Attraverso la modifica al comma 4 è aumentato da 100 a 150 il numero massimo dei magistrati provenienti da sedi non disagiate che, una volta conseguita la prima valutazione di professionalità, possono essere destinati d'ufficio a sedi disagiate.
La successiva modifica consiste nell'abrogazione dell'articolo 1-bis della legge 133 (introdotto dall'articolo 1 del citato

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decreto-legge 143 del 2008), che dettava la disciplina del trasferimento d'ufficio nelle sedi a copertura immediata.
L'articolo 2, comma 2, reca le autorizzazioni di spesa e la conseguente copertura finanziaria derivante dall'incremento del numero dei magistrati da assegnare a sedi disagiate. Per il 2010, l'onere è calcolato in euro 2.934.953; a decorrere dal 2011, la spesa complessiva risulta scendere a 2.574.329 euro.
L'articolo 3 introduce una disciplina transitoria volta alla copertura delle sedi disagiate, applicabile fino al 31 dicembre 2014. Secondo quanto precisato nella relazione illustrativa, infatti, entro tale data potrà essere varata «una modifica delle norme ordinamentali idonea a risolvere in via definitiva il problema».
La nuova disciplina straordinaria è in parte mutuata da quella ora abrogata di cui all'articolo 1-bis della legge 133 per i trasferimenti d'ufficio nelle sedi a copertura immediata.
Essa si applica solo per le sedi disagiate (tra le 80 oggetto della delibera del CSM) rimaste scoperte per mancanza di aspiranti e per le quali i magistrati non abbiano manifestato il consenso o la disponibilità al trasferimento.
In tali ipotesi, il CSM dispone il trasferimento d'ufficio tra i magistrati in servizio nel distretto di corte d'appello interessato dalle scoperture (solo ove ciò non sia possibile, si ricorre ai distretti limitrofi o ai distretti delle regioni limitrofe).
Si ricorda che su questo punto è stata presentata una questione pregiudiziale di costituzionalità respinta ieri dall'Assemblea. In realtà la norma non si pone assolutamente in contrasto con il principio di inamovibilità dei giudici.
Nella relazione di accompagnamento al disegno di legge conversione opportunamente viene richiamata la giurisprudenza costituzionale ed, in particolare, la sentenza n. 172 del 19 ottobre 1982, laddove è stato chiaramente affermato, con riferimento alla normativa che impone il trasferimento dei magistrati candidati alle elezioni politiche non eletti a sede diversa dalla circoscrizione nel cui ambito si sono svolte le elezioni, che l'articolo 107 della Costituzione «attribuisce al Consiglio superiore della magistratura soltanto la competenza a pronunciare il provvedimento di trasferimento ad altra sede, ma non prescrive affatto che la valutazione dei motivi debba essere necessariamente rimessa caso per caso alla discrezionalità dello stesso Consiglio e non possa, invece, essere fatta direttamente dalla legge con una disposizione generale». Per la Corte, «rientra, per contro, nell'ambito del potere discrezionale spettante al legislatore ordinario o provvedere direttamente con una disposizione vincolante [omissis] ovvero rimettere la valutazione nei singoli casi al Consiglio superiore (articolo 2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511), salva sempre la competenza dello stesso Consiglio ad emettere il relativo provvedimento».
In ragione della peculiare collocazione geografica, sono dettate specifiche regole per l'individuazione dei distretti limitrofi per le corti d'appello di Cagliari, Messina e Reggio Calabria nonché per l'individuazione delle regioni limitrofe alle regioni Sardegna, Sicilia e Calabria. Ulteriori criteri (minore distanza chilometrica ferroviaria o marittima dal capoluogo del distretto presso cui deve eseguirsi il trasferimento) sono adottati nel caso di pluralità di distretti o di regioni limitrofe.
Il trasferimento può essere disposto anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a requirenti (e viceversa) all'interno di distretti della stessa regione, rimane il divieto per i «passaggi» nello stesso distretto.
Risulta, inoltre, confermata la previsione dell'articolo 1 della legge 133/1998 secondo cui la sede di servizio del magistrato trasferito deve distare almeno 100 km da quella disagiata da coprire.
Nell'ambito distrettuale, i trasferimenti sono operati dagli uffici con minori percentuali di scoperture d'organico (a pari percentuale, il trasferimento avviene dall'ufficio con organico maggiore); nell'ambito dell'ufficio, il magistrato trasferito è quello con minore anzianità nel ruolo.

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I soggetti nei cui confronti può operare il trasferimento d'ufficio sono individuati in tre categorie.
La prima riguarda i magistrati che hanno superato la prima o la seconda valutazione di professionalità, con esclusione di coloro che hanno conseguito valutazioni superiori (magistrati con almeno 4 anni e non più di 12 anni di anzianità). Sono quindi magistrati che svolgono funzioni di primo e secondo grado, requirenti e giudicanti ovvero funzioni semidirettive di primo grado, requirenti e giudicanti. Per lo svolgimento delle ulteriori funzioni è, infatti, necessario aver superato almeno la terza valutazione. La relazione illustrativa spiega che l'individuazione di tale fascia di anzianità «si rende necessaria per consentire, da un lato, di destinare magistrati anche agli uffici di procura, vigendo il divieto di trasferirvi magistrati più giovani, e da un altro lato, di delimitare nel tempo il periodo massimo in cui i magistrati sono soggetti a essere trasferiti d'ufficio (eccezione fatta per i cosiddetti «ultradecennali»)».
Nella seconda categoria rientrano i magistrati cd. ultradecennali, ovvero che svolgono da oltre 10 anni le stesse funzioni.
Vi sono poi i magistrati che si trovano nella stessa posizione tabellare o nello stesso gruppo di lavoro nell'ambito delle stesse funzioni e che allo spirare del periodo massimo di permanenza nell'ufficio (10 anni) non hanno fatto domanda di trasferimento ad altra funzione o altro gruppo di lavoro all'interno dello stesso o altro ufficio ovvero che abbiano revocato la domanda di trasferimento.
I requisiti di trasferibilità devono essere posseduti dai magistrati alla data della pubblicazione della delibera del CSM di individuazione delle sedi disagiate.
I magistrati trasferiti d'ufficio dopo due anni di permanenza nell'ufficio possono comunque avanzare al CSM domanda di trasferimento ad altra sede. Ciò, fermo restando il diritto alla riassegnazione alla vecchia sede, anche in soprannumero, decorsi 4 anni dal trasferimento alla sede disagiata (articolo 5, comma 2, legge 133/1998).
L'articolo 3 del decreto detta precisi limiti ai trasferimenti d'ufficio.
In particolare, non sono trasferibili d'ufficio i magistrati già in servizio presso altre sedi disagiate, magistrati il cui il trasferimento provocherebbe, nella sede di servizio, vacanze superiori al 20 per cento, i magistrati (in ruolo, in soprannumero e comandati) che hanno beneficiato del trasferimento presso l'ufficio giudiziario sito nella sede di servizio del coniuge (convivente) militare delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza, a sua volta trasferito d'autorità (articolo 1 della legge 100/1987), i magistrati che assistono con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato (non trasferibili senza il consenso ad altra sede ai sensi dell'articolo 35, comma 5, della legge 104/1992) e i magistrati con figli minori di 3 anni.
Ai magistrati trasferiti d'ufficio nelle sedi disagiate ai sensi della disciplina in esame si applicano i benefici economico-giuridici previsti dalla legge 133 del 1998 (articoli 2, 3 e 5).
In particolare è corrisposta un'indennità mensile (non cumulabile con l'indennità di missione di cui all'articolo 13 della legge n. 97 del 1979) pari all'importo mensile dello stipendio tabellare previsto per il magistrato ordinario con 3 anni di anzianità. L'indennità verrà corrisposta per il periodo effettivo di servizio nelle sedi disagiate e per un massimo di 4 anni.
Per compensare i costi del trasferimento di sede, è corrisposta un'indennità di prima sistemazione: pari a nove volte l'ammontare della indennità integrativa speciale in godimento. Stando alla Relazione tecnica, il Governo stima per ogni magistrato trasferito un'indennità di prima sistemazione pari a 12.020,80 euro (lordi).
L'anzianità di servizio è calcolata in misura doppia per ogni anno di effettivo servizio prestato nella sede disagiata, sino al sesto anno di permanenza (tale previsione non si applica ai trasferimenti che prevedono il conferimento di incarichi semidirettivi). Il predetto beneficio opera esclusivamente ai fini del primo trasferimento

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per un posto di grado pari a quello occupato in precedenza (e dunque non più per il passaggio, ad esempio, da tribunale a corte d'appello).
Se la permanenza in effettivo servizio presso la sede disagiata supera i 4 anni, il magistrato ha diritto ad essere riassegnato, a domanda, alla sede di provenienza, con le precedenti funzioni, anche in soprannumero da riassorbire con le successive vacanze (anche tale previsione non si applica ai trasferimenti che prevedono il conferimento di incarichi semidirettivi).
Ai benefici suddetti si aggiunge la facoltà del magistrato di ottenere il trasferimento del coniuge dipendente statale nella sua nuova sede di servizio.
Le disposizioni introdotte dall'articolo 4 mirano a completare il processo di digitalizzazione della giustizia avviato con il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001 n. 123 («Regolamento recante disciplina sull'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti»).
Il comma 1 demanda ad uno o più decreti del Ministro della giustizia l'individuazione delle regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione in attuazione dei principi previsti dal Codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 2005). Il comma 2 prevede l'estensione dell'uso della posta elettronica certificata a tutte le comunicazioni e le notificazioni per via telematica nel processo civile e penale, anche ai sensi delle regole tecniche che saranno introdotte dai decreto ministeriale giustizia di cui al comma 1. Il comma 3 novella l'articolo 51 del decreto-legge 112/2008 (legge 133/2008), al fine di ovviare ad «alcune complessità procedurali dalle quali è derivata una sensibile dilatazione dei tempi di attuazione delle notifiche telematiche». In particolare, entro il 10 settembre 2010, il Ministro della giustizia con decreto ministeriale accerterà la funzionalità dei servizi di comunicazione, individuando gli uffici giudiziari nei quali troveranno applicazione le disposizioni sulle notificazioni e comunicazioni telematiche; in tali uffici, l'avvio della nuova disciplina sulle comunicazioni e notificazioni telematiche è fissato al quindicesimo giorno successivo alla data di pubblicazione dei decreto ministeriale La trasmissione telematica degli atti (all'indirizzo di posta elettronica certificata) riguarda, nel processo civile, le notificazioni e le comunicazioni alle parti costituite in giudizio e ai consulenti tecnici e, nel processo penale, le notificazioni a persona diversa dall'imputato disciplinate da specifiche disposizioni del c.p.p. I commi 4 e 5 intervengono sulla disciplina delle spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, con la finalità di disincentivare il ricorso alle copie cartacee degli atti processuali. La digitalizzazione, ai sensi del comma 6, viene finanziata con il maggior gettito derivante dalle modifiche introdotte alla disciplina dei diritti di copia; il comma 7 prevede apposite convenzioni tra Ministero e CONSIP per la realizzazione delle innovazioni tecnologiche; il comma 8 introduce una serie di modifiche al c.p.c., necessarie per il completamento del processo di informatizzazione del processo civile, tra le quali un nuovo articolo 149-bis, che disciplina in termini generali il ricorso alle procedure telematiche per l'esecuzione delle notificazioni, a mezzo posta elettronica certificata. Il comma 9 reca disposizioni per l'attuazione dei pagamenti telematici nel settore della giustizia; il comma 10, ai fini di un monitoraggio più efficiente del funzionamento della giustizia, demanda ad un regolamento la disciplina dei dati statistici dell'amministrazione; infine il comma 11 ha la finalità di semplificare le procedure di autorizzazione delle spese continuative relative alla gestione dei sistemi informatici del Ministero della giustizia.

Federico PALOMBA (IdV) esprime apprezzamento per la relazione dell'onorevole Papa, rilevando come questa sia stata oggettiva ed abbia evidenziato anche una serie di problematiche delle quali si dovrà

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comunque tenere conto nel corso dell'esame parlamentare. Ritiene che il provvedimento presenti alcuni aspetti positivi, come quello dell'ampliamento delle sedi disagiate e del numero dei magistrati trasferibili ad esse. Considera invece in maniera del tutto negativa e contrastante con la Costituzione la parte del decreto legge nella quale viene disciplinato il trasferimento d'ufficio, non ritenendo sufficiente la circostanza che questo sia effettuato dal Consiglio superiore della magistratura sulla base di indicazioni legislative. Ritiene a tale proposito che i criteri normativi ai quali dovrebbe conformarsi il Consiglio superiore della magistratura siano non sufficientemente determinati e pertanto non conformi al dettato costituzionale. L'indeterminatezza dei requisiti determinerebbe, a suo parere, la violazione del principio della inamovibilità del magistrato, in quanto finirebbe per attribuire un potere arbitrario all'organo di autogoverno della magistratura.
Vi è poi un ulteriore aspetto di incostituzionalità nel meccanismo previsto dal decreto del quale si deve tener conto. Questo violerebbe il principio di ragionevolezza in quanto la copertura delle sedi disagiate determinerebbe una carenza di organico di altre sedi. In sostanza, nel provvedimento non si tiene in alcun conto dei problemi di carattere organizzatorio che si andrebbero a creare in quelle sedi dalle quali saranno presi i magistrati da trasferire d'ufficio alle sedi disagiate. Tutto ciò, a suo parere, determinerà anche dei seri problemi per i cittadini.
Invita il Governo a rivedere la disposizione introdotta nella scorsa legislatura secondo la quale non possono essere svolte le funzioni requirenti e giudicanti monocratiche da parte di magistrati che non abbiano ottenuto la prima valutazione, rilevando come si tratti comunque di soggetti che, superando il concorso in magistratura, sono stati considerati idonei a svolgere funzioni giudiziarie. Ritiene che sarebbe già sufficiente eliminare tale divieto per ridurre sensibilmente la carenza di organico nelle sedi disagiate.
Conclude invitando il Governo e la maggioranza ad impegnarsi a trovare soluzioni diverse da quella del trasferimento d'ufficio per risolvere un problema che opportunamente il decreto legge affronta.

Donatella FERRANTI (PD) osserva che il decreto legge in esame affronta questioni complesse ed eterogenee, ritenendo per tale ragione che sarebbe stato più opportuno limitarlo alla sola questione della copertura delle sedi disagiate, riservando ad altri provvedimenti le questioni inerenti ai giudici onorari ed al processo telematico.
Dopo aver dato atto che il Governo è ritornato su molte delle posizioni assunte in occasione della conversione del decreto legge n. 143 del 2008, che erano state tutte evidenziate dall'opposizione, osserva che la questione più rilevante da affrontare nel corso dell'esame parlamentare è quella del trasferimento d'ufficio alle sedi disagiate. A tale proposito auspica che siano tenuti in debito conto tutti quei rilievi estremamente dettagliati che il Consiglio superiore della magistratura ha evidenziato nel parere espresso sul decreto legge. Tra questi ricorda a titolo esemplificativo quello relativo alla distanza minima di 100 chilometri che appare essere del tutto irragionevole.
Ritiene che anche in attesa di una disciplina nuova, relativa alla copertura delle sedi disagiate si debba adottare una normativa transitoria che si basi comunque sul principio della richiesta o della disponibilità da parte del magistrato in merito al proprio trasferimento. Assicura che qualora si dovesse intraprendere questa via il suo gruppo terrà un atteggiamento del tutto costruttivo al fine di pervenire all'approvazione di una normativa realmente efficace volta alla copertura delle sedi disagiate.
Sottolinea l'opportunità di eliminare il divieto che non consente di svolgere le funzioni requirenti e quelle giudicanti monocratiche ai magistrati che non abbiano ancora avuto la prima valutazione, ritenendolo del tutto incongruo. A tale proposito osserva che i requisiti previsti

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dal decreto legge per il trasferimento d'ufficio sono tali da non garantire l'assegnazione alle sedi disagiate di magistrati che abbiano comunque svolto funzioni requirenti o giudicanti monocratiche in materia penale.

Il Sottosegretario Giacomo CALIENDO, replicando all'onorevole Ferranti, osserva in primo luogo che la scelta di inserire nel decreto legge in esame anche le disposizioni sul processo telematico è del tutto conforme alla finalità del decreto, il quale è volto a garantire la funzionalità della giustizia. Preannuncia, a tale proposito, la presentazione di emendamenti da parte del Governo tutti caratterizzati dalla finalità propria del decreto.
Sulla questione della copertura delle sedi disagiate ed, in particolare, del trasferimento d'ufficio rileva che il decreto legge ha modificato la normativa vigente attribuendo natura transitoria alla normativa sul trasferimento d'ufficio, la quale è comunque da considerare del tutto conforme alla Costituzione, essendo rimesso al Consiglio superiore della magistratura il potere di trasferire d'ufficio dei magistrati a condizione che siano rispettati parametri e criteri ben individuati dalla legge. La scelta di adottare in via transitoria la soluzione del trasferimento d'ufficio è stata effettuata alla luce dell'intenzione di adottare entro il termine della legislatura una nuova disciplina in materia di copertura delle sedi disagiate. Ritiene che ciò possa essere fatto senza eliminare il divieto, introdotto da una maggioranza di centrosinistra, di svolgimento di funzioni requirenti e giudicanti monocratiche da parte di magistrati che non abbiano ancora conseguito la prima valutazione. Si potrebbe, ad esempio, tornare alla doppia assegnazione di sede.

Luca Rodolfo PAOLINI (LNP) ritiene che la questione della copertura delle sedi disagiate sia peculiare della magistratura, in quanto in nessun altra amministrazione dello Stato potrebbe accadere che alcune sedi siano scoperte in quanto dipendenti pubblici si rifiutano di esservi assegnati. Invita il Governo e la Commissione a riflettere sulla possibilità di adottare il sorteggio come criterio residuale per coprire quelle sedi giudiziarie che risultano essere carenti di personale.

Donatella FERRANTI (PD) ritiene che l'ipotesi formulata dall'onorevole Paolini sia provocatoria, in quanto non esiste alcun esempio nell'ordinamento di dipendenti pubblici che possano essere trasferiti a seguito di un sorteggio.

Giulia BONGIORNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di remissione tacita della querela.
C. 1640 Contento.

(Seguito esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Francesco Paolo SISTO (PdL), relatore, osserva che la proposta di legge AC 1640 interviene sull'istituto della remissione della querela per specificare le ipotesi di remissione tacita.
In particolare, la proposta prevede che la remissione operi anche nel caso in cui il querelante non compaia in udienza, nonostante l'avviso che tale condotta comporta una rinuncia alla pretesa punitiva, con conseguente dichiarazione di estinzione del reato.
A tal fine, la proposta di legge novella l'articolo 152 del codice penale e alcuni articoli del codice di procedura penale e del decreto legislativo n. 274 del 2000 (in tema di procedimento penale di competenza del giudice di pace), così da disporre che l'avvertimento al querelante in ordine alle conseguenze della mancata comparizione in udienza sia inserito in tutti gli atti che dispongono il giudizio (dall'udienza preliminare, al decreto di citazione a giudizio).
L'articolo 1 sostituisce il secondo comma dell'articolo 152 del codice penale

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specificando che la remissione tacita ricorre non solo quando «il querelante ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela» (come attualmente disposto), ma anche quando «il querelante, pur ritualmente notificato, non è comparso all'udienza senza addurre giustificato motivo».
Attraverso la sostituzione integrale del secondo comma dell'articolo 152 del codice penale, viene inoltre meno la distinzione tra remissione della querela processuale ed extraprocessuale e tra remissione espressa e tacita.
L'articolo 2 interviene sull'articolo 337 del codice di procedura penale, in tema di formalità della querela.
Ricorda che, in base all'articolo 337, comma 4, l'autorità che riceve la querela deve: attestare data e luogo di presentazione; identificare il querelante; trasmettere gli atti all'ufficio del pubblico ministero. La proposta di legge integra l'attuale contenuto del comma 4, imponendo a colui che riceve la querela di avvertire il querelante che nelle fasi successive la mancata comparizione all'udienza, senza giustificato motivo, sarà interpretata come remissione tacita della querela e comporterà dunque l'estinzione del reato.
L'articolo 3 novella l'articolo 419 del codice di procedura penale, in tema di atti introduttivi dell'udienza preliminare.
L'articolo 419 stabilisce, tra l'altro, che il giudice, a pena di nullità, debba notificare all'imputato e alla persona offesa l'avviso indicante giorno, ora e luogo dell'udienza preliminare, unitamente alla richiesta di rinvio a giudizio. L'imputato viene contestualmente avvertito che in caso di mancata comparizione sarà giudicato in contumacia.
In particolare, intervenendo sul comma 1, la proposta prevede che in caso di reato perseguibile a querela il giudice debba altresì avvertire il querelante che la mancata comparizione all'udienza - in assenza di giustificato motivo - comporterà la remissione tacita della querela e la conseguente dichiarazione di estinzione del reato.
L'articolo 4 interviene sull'articolo. 420-bis del codice di procedura penale, relativo all'ipotesi di rinnovazione dell'avviso dell'udienza preliminare.
Con l'inserimento di un ulteriore comma (2-bis), la proposta di legge prevede la rinnovazione dell'avviso al querelante quando, nei reati procedibili a querela, il giudice ritenga che la sua mancata comparizione sia dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza dell'avviso inviato a norma dell'articolo 419, comma 1.
L'articolo 5 modifica il contenuto del decreto che dispone il giudizio previsto dall'articolo 429 del codice di procedura penale.
Inserendo la lettera f-bis, la disposizione prevede che se il reato è perseguibile a querela il decreto che dispone il giudizio deve altresì contenere l'avvertimento al querelante che in caso di mancata comparizione in dibattimento, senza giustificato motivo, il reato sarà dichiarato estinto per remissione tacita della querela.
L'articolo 6 della proposta di legge interviene sulla citazione diretta a giudizio disciplinata dall'articolo del 552 codice di procedura penale.
In riferimento a questo rito, la proposta in commento prevede, se il reato è procedibile a querela: che il decreto debba contenere l'avvertimento al querelante che in caso di mancata comparizione in dibattimento, senza giustificato motivo, il reato sarà dichiarato estinto per remissione tacita della querela (lettera b-bis); che l'assenza di questo avvertimento comporta la nullità del decreto (ulteriore periodo del comma 2).
Infine, l'articolo 7 della proposta di legge novella l'articolo 20 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, relativo alla citazione a giudizio nel procedimento penale davanti al giudice di pace.
Analogamente agli interventi precedenti, anche in relazione a questo rito la proposta di legge prevede, se il reato è procedibile a querela: che la citazione debba contenere l'avvertimento al querelante che in caso di mancata comparizione in dibattimento, senza giustificato motivo, il reato sarà dichiarato estinto per remissione

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tacita della querela (nuova lettera f-bis); che l'assenza di questo avvertimento comporta la nullità della citazione.

La seduta termina alle 15.25.

ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 13 gennaio 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati.

La seduta comincia alle 15.25.

Schema di decreto legislativo recante norme in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.
Atto n. 150.

(Seguito esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 12 gennaio 2010.

Cinzia CAPANO (PD) dopo avere ricordato come in un suo precedente intervento avvia svolto talune osservazioni di carattere generale sul nuovo istituto in esame, evidenzia gli aspetti delle disciplina ritenuti particolarmente problematici nel mondo dell'avvocatura.
Rileva in primo luogo come la previsione della sanzione della nullità di cui all'articolo 4, comma 3, dello schema di decreto legislativo sia del tutto inappropriata, ritenendo certamente preferibile che il comportamento dell'avvocato costituisca illecito disciplinare.
Sottolinea quindi come la mancanza di criteri di competenza territoriale per l'individuazione degli organismi di mediazione possa dare origine a delicati problemi, ad esempio ove si ravvisi l'opportunità di riunire più procedimenti, nonché a facili strumentalizzazioni.
Esprime forti perplessità sulla previsione di un potere autonomo del mediatore, indipendente dalla richiesta di tutte le parti, di formulare una proposta di conciliazione in caso di mancato raggiungimento dell'accordo. Tale previsione, in primo luogo, non sembra trovare fondamento nella delega. Inoltre, in considerazione delle conseguenze previste dall'articolo 13, crea una inopportuna sovrapposizione tra mediazione e giurisdizione. Non si può infatti escludere che la rilevanza attribuita dall'articolo 13 alla proposta di conciliazione del mediatore possa suggestionare il giudice e condizionare il comportamento delle parti.
Rileva altresì come anche la previsione della mediazione quale condizione di procedibilità ecceda i limiti della delega legislativa sottolineando, in ogni caso, che l'elenco delle materie per le quali la mediazione è obbligatoria dovrebbe essere rivisto e corretto. L'articolo 5, infatti, da un lato indica materie, quale la responsabilità medica, che presuppongono una competenza tecnica estremamente specialistica e approfondita, e dall'altro identifica materie, come i «patti di famiglia», i cui confini sono ancora estremamente incerti e sfumati nell'elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale.
Con particolare riferimento al profilo della competenza tecnica del mediatore, chiamato obbligatoriamente a comporre controversie in materie estremamente delicate, evidenzia come lo schema di decreto non delinei in maniera adeguata i criteri per garantire una adeguata formazione del mediatore né sufficienti garanzie di neutralità, indipendenza ed imparzialità. Sotto questo profilo il provvedimento, anziché dettare direttamente una disciplina quanto meno di principio, come sembrerebbe necessario in base all'articolo 60, comma 3, lettera r) del decreto legislativo n. 69 del 2009, si limita a rinviare ad altre fonti: decreto ministeriale e regolamenti degli organismi di conciliazione. In ogni caso ritiene che, nell'ambito della mediazione, la formazione e la competenza degli avvocati debbano avere la massima considerazione.
Con riferimento agli articoli 9 e 10, sottolinea come la materia della riservatezza

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vada inopportunamente a sovrapporsi con il tema della inutilizzabilità di dichiarazioni e informazioni nel giudizio. Per quanto lo scopo della disposizione, che è quello di evitare condizionamenti nel comportamento delle parti nel corso della mediazione, sia condivisibile, appare comunque opportuno sopprimere il comma 1 dell'articolo 10.
Ritiene, in sostanza, che la disciplina in esame possa rivelarsi non solo inutile, ma anche dannosa ed estremamente costosa. In relazione al credito di imposta di cui all'articolo 20 si stima infatti che l'istituto avrebbe un costo annuo di circa 500 milioni di euro, che verrebbero prelevati dal Fondo unico giustizia. D'altra parte sottolinea come tutte le volte che si è voluto introdurre nell'ordinamento un tentativo obbligatorio di conciliazione, come nel caso del processo del lavoro, si è ottenuto un completo insuccesso. Tutte le considerazioni svolte dovrebbero a suo parere indurre la Commissione a convergere sulla necessità di svolgere un ciclo di audizioni.

Antonino LO PRESTI (PdL), relatore, dopo aver apprezzato lo spirito costruttivo con il quale è intervenuta l'onorevole Cinzia Capano, non condivide le osservazioni della medesima in merito alla sussistenza di un eccesso di delega con riferimento alle ipotesi di obbligatorietà della mediazione, né ritiene che i limiti della delega siano stati oltrepassati nel definire la disciplina di cui all'articolo 11, che prevede la proposta di conciliazione da parte del mediatore. Che tali aspetti della disciplina rientrino nei limiti della delega si evince chiaramente, sia pure in modo implicito, dall'articolo 60 della legge n. 69 del 2009, nonché dal considerando n. 14 della direttiva 2008/52/CE. Rileva come, d'altra parte, senza le previsioni di cui agli articoli 5 e 13 l'introduzione dell'istituto in esame sarebbe del tutto inutile ed inefficace.
Condivide invece l'osservazione secondo la quale all'articolo 4, comma 3, non dovrebbe essere prevista la sanzione della nullità, essendo certamente preferibile che il comportamento dell'avvocato rilevi sotto il profilo disciplinare. Condivide altresì i rilievi in merito alla necessaria definizione di criteri di competenza territoriale per l'individuazione di meccanismi di mediazione, potendosi eventualmente fare riferimento ad un ambito territoriale piuttosto ampio quale il distretto della Corte di appello al quale appartiene il tribunale competente per la causa che seguirebbe l'eventuale fallimento della mediazione. Esprime inoltre una condivisione sulla necessità di stabilire direttamente ex lege idonei criteri per la formazione del mediatore e per garantirne l'imparzialità. Ritiene peraltro che non vi possa essere una totale e assoluta sovrapposizione della figura del mediatore con quella dell'avvocato, soprattutto in considerazione delle specifiche competenze riconducibili a soggetti appartenenti ad altri ordini professionali. Sulla questione sarà opportuno discutere per trovare un punto di equilibrio. Conclude quindi evidenziando come le osservazioni dell'onorevole Capano siano condivisibili anche in merito all'articolo 10 dello schema di decreto, ritenendo che il secondo comma della predetta disposizione dovrebbe essere soppresso.

Giulia BONGIORNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.10.