CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 17 novembre 2009
247.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e II)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

Martedì 17 novembre 2009. - Presidenza del vicepresidente della II Commissione Federico PALOMBA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati.

La seduta comincia alle 13.30.

Schema di decreto legislativo recante attuazione dell'articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15 in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di pubblici servizi.
Atto n. 142.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4 del regolamento, e rinvio).

Le Commissioni iniziano l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno.

Federico PALOMBA, presidente, avverte che nella seduta odierna le Commissioni avviano l'esame dello schema di decreto legislativo n. 142, recante attuazione dell'articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di pubblici servizi. Le Commissioni dovranno esprimere il parere di competenza entro il 27 dicembre 2009.

Anna Maria BERNINI BOVICELLI (PdL), relatore per la I Commissione, ricorda che, con il provvedimento in esame viene introdotto nell'ordinamento l'istituto dell'azione di gruppo (cosiddetta class action) amministrativa, mediante il quale i cittadini, di fronte a patologie dell'azione amministrativa o dello svolgimento del servizio pubblico, potranno agire, individualmente o in forma associata, nei confronti di pubbliche amministrazioni o di concessionari di pubblici servizi.
Nella logica in cui si muovono le disposizioni del provvedimento, in coerenza con i principi di delega contenuti nella legge n. 15 del 2009, il cittadino si può fare promotore di un'iniziativa di carattere processuale che conduce ad un controllo giudiziale - in sede di giurisdizione amministrativa esclusiva - dell'azione amministrativa, il cui oggetto sono gli standard di qualità, economicità e tempestività della stessa azione amministrativa.
Poiché la sentenza che il giudice potrà emettere in caso di accertamento della violazione degli standard sarà di natura dichiarativa, prescrivendo al convenuto di porre rimedio alla violazione, restando

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escluso il risarcimento del danno, l'istituto che si introduce si caratterizza per una sua virtuosità nel rapporto cittadino-pubblica amministrazione; infatti, abbandonata la tradizionale visione di contrapposizione dei due termini di tale rapporto, il primo potrà concorrere, sia pur attraverso la via giudiziale, all'efficienza dell'azione amministrativa.
Questo istituto si aggiunge all'azione collettiva introdotta nel Codice del consumo dalla legge finanziaria 2008, come riformata dall'articolo 49 della legge n. 99 del 2009. Da questa però si differenzia per più profili, a partire dal fatto che, mentre questa presuppone violazioni dei diritti di consumatori e utenti in ambito contrattuale e talora extracontrattuale, l'azione di gruppo amministrativa si inserisce nel rapporto tra cittadini e pubbliche amministrazioni o concessionari in relazione alla natura pubblica dell'attività o del servizio erogato; inoltre, nel caso dell'azione collettiva ordinaria, in caso di accoglimento della domanda, la sentenza può disporre la condanna al pagamento di somme in favore di coloro che hanno aderito all'azione.
Quindi, l'azione di gruppo amministrativa, a differenza dell'azione di gruppo ordinaria, non mira al risarcimento di un danno economico, ma all'efficienza dell'attività amministrativa e del servizio pubblico a seguito di un accertamento giudiziale che non potrà prescindere dal quadro concreto di riferimento dell'azione amministrativa e del servizio pubblico. Infatti, nel giudizio di accertamento si dovrà tener conto delle risorse strumentali, finanziarie e umane concretamente a disposizione dell'amministrazione o del concessionario.
Passando all'esame delle disposizioni più direttamente attinenti alla competenza della I Commissione, vale a dire gli articoli 1, 2 e 7, va osservato che l'articolo 1 individua, nel comma 1, lo scopo dell'istituto, che è il ripristino del corretto svolgimento della funzione o della corretta erogazione del servizio. A questo fine, la legittimazione ad agire è attribuita ai titolari di interessi giuridicamente rilevanti e omogenei per una pluralità di utenti e consumatori. Legittimati sono sia i singoli, sia, ai sensi del comma 4, le associazioni o i comitati che agiscano a tutela degli interessi dei propri associati, appartenenti ad una pluralità di utenti e consumatori.
Per la legittimazione in forma associata, il testo non ha percorso la via già sperimentata nell'ordinamento, ad esempio nella materia della tutela dell'ambiente, della redazione di un elenco di enti rappresentativi degli interessi collettivi dei cittadini, scelta, questa, espressamente esclusa dalla relazione illustrativa che accompagna l'atto.
La legittimazione passiva è attribuita alle amministrazioni pubbliche e ai concessionari di pubblici servizi, con espressa esclusione, disposta dal comma 1, delle autorità amministrative indipendenti, della Presidenza del Consiglio, e degli organi costituzionali e giurisdizionali. Su questa disposizione sembra peraltro opportuno un chiarimento da parte del rappresentante del Governo. Infatti nella delega non si rinviene alcuna esplicita esclusione, anzi si consente di agire nei confronti delle amministrazioni pubbliche, nonché dei concessionari di servizi pubblici. A proposito della legittimazione passiva, la relazione illustrativa richiama l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che disciplina l'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. Secondo tale disposizione «per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbli

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che amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300».
Premesso che dall'ambito di applicazione del decreto legislativo n. 165 sono senz'altro esclusi gli organi costituzionali, ma non la Presidenza del Consiglio, va notato che il richiamo della relazione illustrativa a tale decreto è diretto a motivare l'esclusione delle autorità indipendenti in quanto da esso non contemplate. In merito, la legge di delega si limita a disporre che siano «fatte salve le competenze degli organismi con funzioni di regolazione e controllo istituiti con legge dello Stato e preposti ai relativi settori»: questa clausola sembra diretta non a limitare i soggetti passivi dell'azione, ma piuttosto a consentire il pieno svolgimento delle funzioni di regolazione e controllo da parte delle Autorità amministrative indipendenti.
Le disposizioni in tema di legittimazione passiva si completano con il comma 5 dello stesso articolo 1, che prevede che il ricorso sia proposto nei confronti degli enti i cui organi sono competenti ad esercitare le funzioni o a gestire i servizi cui sono riferiti le violazioni o le omissioni e attribuisce al dirigente responsabile dell'ufficio coinvolto, informato dagli enti intimati, la facoltà di intervenire in giudizio. A proposito di questa disposizione va notato che il testo introduce il riferimento ad «enti», non presente nelle precedenti disposizioni nelle quali sono menzionati pubbliche amministrazioni e concessionari.
Ai sensi del comma 2, il ricorso è pubblicizzato sul sito istituzionale del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione nonché su quello dell'amministrazione interessata e, in base al comma 3, l'udienza per la discussione del ricorso viene fissata in una data compresa tra il novantesimo e il centoventesimo giorno successivo a quello della pubblicazione della notizia. Come già detto, nel termine di venti giorni prima dell'udienza di discussione hanno facoltà di intervenire i soggetti che si trovano nella medesima situazione giuridica del ricorrente.
Nel giudizio che viene in tal modo incardinato, il criterio delle risorse strumentali, finanziarie e umane concretamente a disposizione delle amministrazioni pubbliche o dei concessionari, richiamato dal comma 1 ultimo periodo, diventa parametro del giudizio sulla sussistenza delle lesioni.
Queste riguardano, ai sensi del comma 1, la violazione degli obblighi contenuti nelle carte dei servizi o di termini, la mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori non normativi da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento, le violazioni di standard qualitativi ed economici fissati dalle autorità di settore.
Per quanto attiene agli atti amministrativi generali «obbligatori e a carattere non normativo», la sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato, nell'esame del testo inviato dal Governo, ha osservato che «la limitazione agli atti obbligatori non trova fondamento nella delega. La specificazione relativa al carattere non normativo, poi, può dare adito ad equivoci, essendo consolidato l'uso del termine «atto amministrativo generale» con riferimento agli atti formalmente e sostanzialmente amministrativi (esemplare, al riguardo, l'articolo 13, comma 1 della legge 241 del 1990, la quale menziona separatamente - ai fini dalla non applicazione del capo sulla partecipazione al procedimento amministrativo - gli «atti normativi» e gli «atti amministrativi generali»), sicché la precisazione appare inutile o, peggio, fuorviante (lasciando intendere - a contrario - che l'essenza del regolamento è quella di atto amministrativo generale, sia pure a contenuto normativo)» (parere n. 3831 del 2009, adunanza 9 giugno 2009, deposito 10 giugno 2009). Questo indirizzo del Consiglio di Stato richiede un chiarimento, da parte del rappresentante del Governo, della portata del riferimento agli «atti amministrativi generali obbligatori e a carattere non normativo».
Il ricorso, anche in caso di accoglimento, non può portare al risarcimento

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del danno, espressamente escluso dal comma 6, risarcimento per il quale si può agire avvalendosi dei rimedi ordinari, ma solo all'accertamento della violazione posta in essere dal soggetto convenuto.
L'articolo 2 riguarda i rapporti tra l'azione di gruppo amministrativa, da un lato, e i procedimenti pendenti presso organismi con funzioni di regolazione e controllo o procedimenti previsti dal codice del consumo, dall'altro, disponendo al comma 1 l'improponibilità del ricorso per l'azione di gruppo amministrativa in caso di pendenza di tali procedimenti.
Come già detto a proposito della legittimazione passiva, la norma di delega fa espressamente salve le competenze degli organismi con funzioni di regolazione e controllo istituiti con legge dello Stato, preposti ai relativi settori e, tra i criteri di delega, prevede (al n. 7) che si adottino strumenti e procedure idonei ad evitare che l'azione di gruppo amministrativa possa essere proposta o proseguita nei confronti dei concessionari di servizi pubblici quando un'autorità indipendente o comunque un organismo con funzioni di vigilanza e controllo nel relativo settore abbia avviato sul medesimo oggetto il procedimento di propria competenza.
Un riferimento a soggetti con funzioni di regolazione e controllo è presente nell'ordinamento nell'articolo l'articolo 2 della legge n. 481 del 1995 istitutiva dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas e dell'Autorità per le telecomunicazioni, menzionate come «autorità nazionali competenti per la regolazione e il controllo». Perciò, poiché non sembra che la disposizione possa essere riferita solo a tali organismi, dovrebbe esserne chiarito l'ambito di riferimento, anche in merito alla questione dell'applicabilità agli organismi di controllo sulla pubblica amministrazione istituiti dal decreto legislativo n. 150 del 2009 (articoli 14 e 15) in materia di efficienza della pubblica amministrazione.
Nell'ipotesi inversa, prevista dal comma 2, di procedimento innanzi all'organismo di regolazione ovvero di giudizio ai sensi degli articoli 139 e 140 (ma non dell'articolo 140-bis relativo all'azione di gruppo ordinaria) del Codice del consumo avviato dopo la proposizione del ricorso di azione di gruppo amministrativa, quest'ultimo procedimento dovrà essere sospeso fino alla definizione degli altri procedimenti.
Se il giudizio instaurato ai sensi dei suddetti articoli 139 e 140 del Codice del consumo o il procedimento avanti gli organismi di regolazione e controllo sono definiti con provvedimento di merito, il ricorso per azione di gruppo diventa improcedibile. Nel caso in cui tale giudizio o procedimento si concludano con provvedimento che non definisce il merito, il procedimento di azione di gruppo amministrativa deve essere riassunto entro 120 giorni dalla definizione del giudizio o del procedimento, pena la perenzione del ricorso.
Ai sensi del comma 3 spetta al soggetto contro cui sia stato proposto il ricorso per azione di gruppo amministrativa comunicare immediatamente al giudice l'eventuale pendenza o la successiva instaurazione dei procedimenti suddetti, così che il giudice possa adottare i provvedimenti illustrati.
Occorre rilevare che l'articolo 2 non sembrerebbe disciplinare la fattispecie di un'azione di classe di cui all'articolo 140-bis del Codice del consumo instaurata dopo la proposizione di ricorso per azione di gruppo amministrativa, perché non è prevista alcuna disposizione in merito. Mentre va notato che il comma 6 dell'articolo 140-bis prevede che il tribunale possa sospendere il giudizio relativo all'azione di classe ordinaria quando sui fatti rilevanti ai fini della decisione sia in corso un'istruttoria davanti ad un'autorità indipendente o un giudizio davanti al giudice amministrativo.
L'articolo 7 reca una normativa transitoria per l'entrata in vigore dell'istituto, prevedendo un ambito di applicazione temporale differenziato a seconda dei soggetti considerati, tra i quali compare ulteriormente il riferimento agli enti oltre che alle amministrazioni e ai concessionari di pubblici servizi.

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Pertanto, l'istituto si applicherà per le amministrazioni e gli enti pubblici non economici nazionali, ai fatti verificatisi successivamente al 1o gennaio 2010; per le amministrazioni e gli enti pubblici non economici regionali e locali, ai fatti verificatisi successivamente al 1o aprile 2010; per i concessionari di servizi pubblici, ai fatti verificatisi successivamente al 1o luglio 2010; per le amministrazioni, gli enti pubblici non economici e i concessionari di servizi pubblici che svolgono funzioni o erogano servizi in materia di tutela della salute o in materia di rapporti tributari, ai fatti verificatisi successivamente al 1o ottobre 2010.
Questa disposizione è molto rilevante perché lo scaglionamento nel tempo dell'entrata in vigore presuppone una valutazione della capacità dei soggetti indicati di porsi prontamente in linea, ai termini indicati, agli standard richiesti nello svolgimento della loro attività. Questo articolo quindi non va esaminato sotto un profilo formale, ma, al contrario, con attenzione al quadro delle risorse disponibili, sotto ogni profilo, per i soggetti che saranno legittimati passivamente di fronte all'azione di gruppo. Tale quadro sarà infatti vincolante per essi sia in sede di ordinaria attività di istituto, sia in sede di eventuale giudizio, sia, infine, in sede di attuazione di un eventuale giudicato qualora da esso discenda un obbligo di fare.
Va detto però che mentre il quadro delle risorse disponibili costituisce un punto di riferimento obbligatorio per l'attività delle pubbliche amministrazioni, diverse valutazioni sembra che debbano essere fatte per i concessionari di pubblici servizi.
L'azione di gruppo ordinaria, invece, prevista dal Codice del consumo, astrattamente esercitabile anche nei confronti dei concessionari di servizi pubblici, potrà essere avviata dal 1o gennaio 2010 (a seguito della proroga disposta con il decreto-legge n. 78 del 2009, convertito dalla legge n. 102 del 2009), ma, in base alla norma transitoria contenuta nell'articolo 49 della legge n. 99 del 2009 che ha riformato l'istituto, potrà riguardare anche fattispecie poste in essere dopo il 15 agosto 2009, data di entrata in vigore della medesima legge n. 99 del 2009.
Va infine ricordato che il provvedimento in esame è corredato della relazione di analisi tecnico-normativa ed è stato vistato dalla ragioneria generale dello Stato.

Federico PALOMBA, presidente, in sostituzione del relatore per la II Commissione, onorevole Lo Presti, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, avverte che si soffermerà sulle disposizioni dello schema di decreto che disciplinano la giurisdizione e la competenza, la sentenza, il giudizio di ottemperanza ed il monitoraggio.
Ribadisce, prima di passare all'esame della predetta disciplina, che ci troviamo innanzi ad un'azione che, a differenza di quella generale, non mira al risarcimento del danno economico bensì al sollecito ripristino dell'efficienza del servizio, alla trasparenza dell'attività della Pubblica Amministrazione e dei concessionari dei servizi pubblici nonché - nel più complessivo quadro del recupero dell'efficienza della PA - al rafforzamento della valutazione e della responsabilità dei dipendenti pubblici.
In merito alla giurisdizione e competenza, la norma di delega prevede la giurisdizione esclusiva e di merito del giudice amministrativo, senza precisare i criteri di radicamento della competenza.
Il comma 4 dell'articolo 3 dello schema di decreto devolve quindi l'azione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e, con riferimento alla competenza, si limita a precisare che le questioni di competenza sono rilevabili d'ufficio.
Ai sensi dell'articolo 3, presupposto di ammissibilità del ricorso è la preventiva diffida all'amministrazione o al concessionario finalizzata al ripristino delle situazioni violate. La diffida - assente nell'azione collettiva ordinaria prevista dal Codice del consumo - costituisce anche strumento concesso all'amministrazione per porre rimedio ai vizi lamentati evitando il ricorso all'azione giudiziaria.

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A seguito della presentazione della diffida all'organo di vertice dell'amministrazione o del concessionario, si instaura un procedimento interno volto all'adozione degli interventi ritenuti opportuni da parte del dirigente del settore «diffidato» che dovrà, nella sostanza, rimuovere le cause della violazione (dell'omissione o del mancato adempimento). La norma prevede che ogni settore della P.A. dovrà dotarsi di un modello procedimentale da seguire a seguito della diffida. L'esperimento della diffida attribuisce un diritto di informazione al promotore sulle iniziative adottate. Il termine previsto per la realizzazione degli interventi utili alla soddisfazione degli interessati è di novanta giorni. Entro l'anno dalla scadenza di tale termine, a fronte di una inerzia dell'amministrazione o di un adempimento solo parziale, potrà essere proposto il ricorso innanzi al giudice amministrativo.
In luogo della diffida, l'interessato può promuovere la tutela in sede non contenziosa sulla base delle procedure previste dall'articolo 30 della legge n. 69 del 2009. In tal caso, il ricorso può essere promosso entro un anno dall'esito di tali procedure. Si ricorda che il citato articolo 30 dispone che le Carte dei servizi predisposte dai soggetti che erogano servizi pubblici o di pubblica utilità debbano prevedere la possibilità di promuovere la risoluzione non giurisdizionale della controversia (secondo uno schema-tipo di procedura conciliativa da individuare con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da recepire nelle Carte dei servizi) che avviene entro 30 giorni dalla richiesta. A questo proposito occorre valutare la compatibilità di tale disposizione con la norma di delega, che prevede esplicitamente la diffida come condizione di ammissibilità dell'azione.
Ai sensi dell'articolo 4, nel termine di un anno dalla scadenza dei 90 giorni assegnati all'amministrazione con la diffida o dall'esito negativo delle procedure di conciliazione attivate in base all'articolo 30 della legge n. 69 del 2009, potrà essere proposto ricorso innanzi al giudice amministrativo.
In caso di accoglimento del ricorso, il TAR ordina alla pubblica amministrazione o al concessionario di porre rimedio «entro un congruo termine» alla violazione (omissione o inadempimento). In ogni caso, è escluso il risarcimento del danno, che potrà quindi ottenersi attraverso l'esercizio dei rimedi ordinari.
La disposizione precisa che l'attività conseguente alla sentenza dovrà avvenire senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (l'invarianza finanziaria è confermata dall'articolo 8) e nei limiti delle risorse strumentali, finanziarie e umane già assegnate in via ordinaria.
Della sentenza, favorevole o meno al ricorrente, è data notizia (come del ricorso) sul sito del Ministero per pubblica amministrazione e innovazione nonché su quello dell'amministrazione interessata. La norma in esame stabilisce una serie di obblighi di comunicazione della sentenza di «condanna» irrevocabile della P.A. alla Commissione e all'organismo di cui al decreto legislativo n. 150 del 2009 (articoli 13 e 14, di attuazione della cosiddetta «legge Brunetta»), alla Corte dei conti, agli organi preposti per l'eventuale avvio del giudizio disciplinare e agli organi deputati alla valutazione dei dirigenti.
Obblighi di comunicazione all'amministrazione vigilante sono inoltre stabiliti per le sentenze che condannano i concessionari di servizi pubblici. Tali obblighi sono funzionali alle valutazioni di competenza in ordine all'esatto adempimento degli obblighi scaturenti dalla concessione o dalla convenzione.
Ulteriore effetto dell'accoglimento della domanda è l'accertamento da parte dell'amministrazione dei soggetti che hanno concorso a porre in essere le violazioni e l'adozione dei conseguenti provvedimenti.
Anche le misure adottate dall'amministrazione o dal concessionario in ottemperanza alla sentenza del giudice amministrativo sono pubblicate sul sito internet del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e su quello dell'amministrazione (o del concessionario soccombente).

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L'articolo 5 ha per oggetto l'eventuale inottemperanza della P.A. Attraverso il rinvio all'articolo 27, comma 1, n. 4, della legge 1054 del 1924, si prevede il ricorso al giudizio di ottemperanza nell'ipotesi di mancato o insoddisfacente adeguamento alla sentenza del TAR da parte della pubblica amministrazione (e non anche del concessionario del servizio pubblico). Come la sentenza definitiva di condanna, anche quella che accoglie il ricorso per inottemperanza va comunicata alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche ed all'Organismo indipendente di valutazione della performance; analoga comunicazione va fatta alla procura regionale della Corte dei conti.
Ai sensi dell'articolo 6 spetta alla Presidenza del Consiglio il monitoraggio di attuazione del nuovo istituto, anche ai fini dell'adozione di provvedimenti correttivi, i quali potranno essere emanati entro due anni.

Pierguido VANALLI (LNP) chiede conferma che il ricorso previsto dal provvedimento può essere esperito anche da una sola persona.

Anna Maria BERNINI BOVICELLI (PdL), relatore per la I Commissione, conferma che è così.

Manlio CONTENTO (PdL) ritiene che le Commissioni debbano chiarire, nel parere che esprimeranno, alcune disposizioni dello schema di decreto che potrebbero creare dei problemi interpretativi in fase applicativa. In primo luogo si dovrebbe prevedere che le notifiche degli atti non debbano essere fatte presso l'Avvocatura dello Stato bensì presso la sede ove opera la pubblica amministrazione nei cui confronti è esercitata l'azione collettiva. Tale sede, a suo parere, dovrebbe essere pubblicizzata anche attraverso siti internet.
Altra questione che a suo parere dovrebbe essere chiarita è quella della individuazione dell'organo di vertice che viene più volte richiamato nello schema di decreto legislativo, trattandosi di una nozione nella quale potrebbe rientrare anche lo stesso ministro. Ritiene inoltre che nel parere si potrebbe precisare che l'amministrazione possa stare in giudizio non necessariamente attraverso l'Avvocatura dello Stato, bensì per mezzo di funzionari della pubblica amministrazione che ne abbiano i requisiti ed ai quali tale facoltà sia stata delegata dal dirigente. Sottolinea infine quanto sia opportuno precisare anche i limiti di contenuto della sentenza, con particolare riferimento a ciò che il magistrato può imporre ai concessionari di pubblici servizi. Tale esigenza è resa ancora più evidente in relazione alle competenze che sui medesimi soggetti spettano alle autorità regolatrici di settore, potendo sussistere il rischio di sovrapposizioni tra decisioni giudiziarie e decisioni di tali autorità. Oltre al contenuto della sentenza dovrà essere stabilito anche quello della diffida, la quale altrimenti potrebbe contenere anche degli obblighi di facere relativi all'organizzazione stessa del concessionario di pubblici servizi destinatario della diffida. Ad esempio, nel caso in cui l'oggetto del ricorso sia il ritardo dei treni su una determinata tratta, il giudice potrebbe essere portato ad ordinare al concessionario del pubblico servizio l'acquisto di un determinato numero di treni da utilizzare su tale tratta. Ritiene che da tale esempio emerga chiaramente l'esigenza di porre delle limitazioni all'intervento del giudice.
Conclude sottolineando la necessità di esprimere un parere che possa essere di aiuto per il Governo al fine di adottare una normativa che nella fase applicativa non dia adito a dubbi interpretativi.

Cinzia CAPANO (PD), dopo aver dichiarato di condividere molte delle osservazioni dell'onorevole Contento, esprime forti perplessità sul contenuto dello schema di decreto legislativo in esame. In particolare, ritenendo che questo non fornisca agli interessati adeguati strumenti di tutela, evidenzia come non risulti chiaramente quale sia l'interesse che tale schema intende realmente proteggere. Dal titolo dello schema tale interesse dovrebbe essere individuato nell'efficienza della pubblica

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amministrazione, tuttavia una volta che viene analizzato nel suo contenuto normativo appare invece evidente che l'obiettivo di una maggiore efficienza della pubblica amministrazione non viene perseguito. Ciò è reso ancora più chiaro dalla scelta del Governo di stabilire che dalle sentenze di condanna non possano derivare per la pubblica amministrazione ulteriori spese. A tale proposito sottolinea come sia a tutti evidente che l'inefficienza della pubblica amministrazione, specie quando si traduce nel mancato rispetto di quanto previsto nella Carta dei servizi, il più delle volte possa essere sanata solo attraverso il ricorso alla finanza pubblica. Ritiene inoltre che debba essere meglio disciplinato il rapporto tra l'azione collettiva oggetto dello schema di decreto e quella ordinaria, con particolare riferimento a quanto avviene a livello locale ove i servizi pubblici sono gestiti anche da società per azioni.

Mario CAVALLARO (PD) dichiara di concordare in massima parte con quanto rilevato dagli onorevoli Contento e Capano. Ritiene che le Commissioni dovrebbero anche ridurre il termine entro il quale debba essere ottemperato quanto previsto dall'atto di diffida, rilevando come il termine di novanta giorni sia il più delle volte eccessivo in considerazione della natura del fatto. Altra questione da risolvere è, a suo parere, è il significato della nozione di organo di vertice che, per la sua genericità, potrebbe comportare dubbi interpretativi. In merito alla legittimazione a stare in giudizio sottolinea l'opportunità di prevedere anche nei casi oggetto dello schema di decreto legislativo una deroga alla disposizione che la conferisce, nel caso di enti pubblici, all'Avvocatura dello Stato. Sarebbe in tal caso opportuno prevedere espressamente la legittimazione dei dirigenti e funzionari degli enti.

Donatella FERRANTI (PD) ritiene che lo strumento delineato dallo schema di decreto legislativo in esame sia del tutto inefficace, nonostante il titolo faccia riferimento all'efficienza delle amministrazioni. In particolare ritiene che tale strumento non sia idoneo a tutelare i cittadini. Preso atto che il rappresentante del Governo appare essere in procinto di lasciare i lavori delle Commissioni, si riserva di proseguire il suo intervento in una prossima seduta quando sarà presente il Governo.

Il sottosegretario Maria Elisabetta ALBERTI CASELLATI sottolinea che da parte sua non vi è alcuna sottovalutazione dei lavori delle Commissioni I e II, quanto piuttosto l'esigenza di seguire, presso la Commissione giustizia del Senato, la votazione degli emendamenti relativi al provvedimento di riforma dell'ordinamento forense, configurandosi in questo caso la presenza del Governo come una vera e propria condizione di procedibilità.

Federico PALOMBA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.20.