CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 6 ottobre 2009
228.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Martedì 6 ottobre 2009. - Presidenza del presidente Giuseppe PALUMBO. - Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali Eugenia Maria Roccella.

La seduta comincia alle 11.30.

Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento.
C. 2350, approvata in un testo unificato dal Senato, C. 625 Binetti, C. 784 Rossa, C. 1280 Farina Coscioni, C. 1597 Binetti, C. 1606 Pollastrini, C. 1764-bis Cota, C. 1840 Della Vedova, C. 1876 Aniello Formisano, C. 1968-bis Saltamartini, C. 2038 Buttiglione, C. 2124 Di Virgilio e C. 2595 Palagiano.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 29 settembre 2009.

Giuseppe PALUMBO, presidente, avverte che è stato richiesto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sia assicurata anche attraverso l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, dispone l'attivazione del circuito.

Il sottosegretario Eugenia Maria ROCCELLA si rammarica della scarsa partecipazione dei deputati, specie di opposizione, alla seduta odierna, ricordando come il Governo abbia sempre assicurato la sua presenza nel corso dell'esame. Osserva, quindi, che si è spesso sostenuto che le proposte di legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento nascano da un'onda emotiva sul caso Englaro e, dunque, bisogna raffreddare gli animi, prendere tempo, non farsi influenzare dall'emozione. In realtà, la legge nasce da un lungo iter parlamentare, bloccato più volte, per motivi diversi: o per la fine della legislatura, o perché la maggioranza non è riuscita a trovare un punto di equilibrio interno, una condivisione sufficientemente ampia. Sono molte, in realtà, le leggi nate da casi che colpiscono l'opinione pubblica

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e, in particolare, da casi giudiziari: basta pensare alle norme sulla violenza contro le donne. Un dramma personale sconvolgente, come quello di Eluana Englaro, non produce solo emotività, ma anche una riflessione collettiva, domande, attese, paure. La vicenda Englaro ha spinto verso il suo esito un dibattito ormai maturo, anche sul piano della discussione parlamentare.
La sentenza ha pesato, ma non è scoppiata come un fulmine a ciel sereno: sulla scorta e ad imitazione di altre sentenze in altri Paesi, è stata accuratamente preparata «a tavolino», come hanno raccontato con chiarezza alcuni protagonisti. Si è voluto creare in Italia un caso Crusnan, aprendo un varco a un ruolo creativo e attivo della magistratura; si è voluto supplire al compito istituzionale del Parlamento, non solo intervenendo sull'opinione pubblica e stimolando l'attività parlamentare (e fin qui si tratterebbe di normale campagna di opinione), ma creando un precedente giudiziario e indirizzando un'eventuale legge, e questo mentre il Parlamento stava discutendo sul tema. Forse la responsabilità è anche della politica, perché la discussione sul testamento biologico ha attraversato almeno tre legislature, senza riuscire ad arrivare alla sua conclusione; ma proprio per questo non è possibile, oggi, rimandare ulteriormente, con il rischio di dare l'impressione agli elettori di una paralisi e di una incapacità di rispondere alle richieste del Paese o, semplicemente, di svolgere il proprio compito istituzionale. Chi ha a cuore la funzione e la centralità del Parlamento non può che volere che si arrivi a una legge e che nessuno si sostituisca al Parlamento e ne invada gli ambiti e le competenze.
La sera in cui la notizia della morte di Eluana Englaro è giunta nell'Aula del Senato, quel ramo del Parlamento stava votando una legge con cui si ribadiva che nessuno può togliere idratazione e alimentazione a una persona gravemente disabile, che non sia in grado di mangiare e bere autonomamente. Non si tratta di alimentazione e idratazione forzata, altrimenti dovremmo definire allo stesso modo quello che oggi si fa normalmente con tutti i malati in quelle condizioni, dovremmo dire che oggi, a tutti i pazienti in stato vegetativo, viene somministrata alimentazione e idratazione forzata, visto che non c'è mai un consenso informato. Invece, non a caso le associazioni dei familiari dei malati in stato vegetativo hanno affermato, in un loro documento noto come «Carta di San Pellegrino», che alimentazione e idratazione sono semplicemente atti dovuti. E anche nella Conferenza sulla disabilità appena conclusasi a Torino, il gruppo di lavoro sullo «stato vegetativo come paradigma della disabilità estrema» è arrivato alle stesse conclusioni: i malati e i loro familiari non si pongono il problema se siano o no terapie, perché si tratta di atti dovuti, attinenti alla quotidianità dell'accudimento.
Tornando alla sera in cui è morta Eluana Englaro, si è deciso, con un accordo tra maggioranza e opposizione, di non andare avanti con la votazione, preferendo arrivare in tempi brevi ad una legge. Questo è stato l'impegno preso. La tensione del momento non si è risolta in una decisione emotiva, piuttosto in un impegno responsabile di fronte al Paese, per non avere più un altro caso del genere. Desidera ricordare che si sono però votate alcune mozioni e sottolinea come sia quella della maggioranza sia quella del Partito democratico, partissero dallo stesso presupposto, cioè che idratazione e alimentazione non fossero terapie. La lingua inglese distingue tra care e therapy, l'italiano non conosce, invece, questa distinzione, ma tutti sanno, nella pratica e nella esperienza che ognuno ha vissuto, che le due cose sono profondamente diverse. La cura è qualcosa che attiene al semplice bisogno di relazione e accudimento, di cui ciascuno fa esperienza, quando è bambino o in qualunque momento in cui è fragile, esposto, non autonomo: vuol dire la relazione, basata sugli affetti o sulla semplice solidarietà umana, per cui qualcuno si fa carico dei nostri bisogni elementari, delle nostre fragilità e incapacità, che siano transitorie o permanenti. Vuol dire portare

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il cucchiaio alla bocca di chi non lo sa e può fare, vestire o coprire una persona, aiutarla a muoversi, a pulirsi, ad andare in bagno. La cura può avere bisogno di sussidi tecnologici, semplicissimi come un biberon e una dentiera, o più sofisticati come un comunicatore, o una carrozzina; può aver bisogno di una ricetta medica come quella per il latte artificiale, ma resta accudimento, perché si tratta di gesti che non sono «terapia», cioè non guariscono una patologia, ma sono solo finalizzati alla quotidiana sopravvivenza. L'idratazione e l'alimentazione artificiale, così come la mobilizzazione di un malato o il coprirlo, non sono la terapia elettiva per nessuna malattia, e, se si sospendono, qualunque persona, sana o malata che sia, muore.
Questo è sembrato, dunque, il confine più evidente tra l'applicazione regolata dell'articolo 32 della Costituzione, a cui mira la legge che la maggioranza intende approvare, e lo scivolamento verso l'eutanasia, l'affermazione della morte come nuovo diritto individuale, anziché come parte inevitabile della condizione umana.
Si è detto che bisogna mantenere la «zona grigia» tra la morte e la vita, proprio per rispettare quel cono d'ombra in cui le decisioni sono prese in base alle relazioni, quella tra medico e paziente e quella tra il malato e i familiari, in un momento, come quello della fine della vita, che mal sopporta la rigidità di una norma uguale per tutti. Ma la «zona d'ombra» - dichiara, infatti, di non apprezzare la definizione di «zona grigia», che sembra alludere a una indistinzione etica - è già stata violata e illuminata con violenza dall'intervento della magistratura, sia nel caso Englaro che nel caso Terri Schiavo. Entrambe sono morte sole. Terri con la vigilanza della polizia, che ha impedito ai genitori persino l'ultima carezza, Eluana lontana dalle mani amorose che l'avevano accudita; e nessuno specialista, nessun medico o studioso può garantire che non abbiano sofferto. Nessun paziente cosciente sceglie la morte per disidratazione, che è una morte di sofferenze indicibili: eppure l'opzione della morte per disidratazione sembra essere diventata, per alcuni, l'emblema della libertà personale.
Si è parlato di disarmo ideologico: si augura che si possa attuare, ma non lasciando lo spazio per l'intervento di altri magistrati e altre sentenze. Il disarmo ideologico non vuol dire attestarsi su posizioni di neutralità, o arretrare per amor di pace dalle proprie convinzioni, e creare una zona davvero grigia, in cui i colori non si distinguono più. Ritiene voglia dire, invece, libertà critica, confronto leale, disponibilità alla discussione aperta. Durante la discussione presso la 12o Commissione del Senato, questo è avvenuto, il dibattito è stato approfondito, e la legge è stata riscritta in più punti, accogliendo le obiezioni e le richieste dell'opposizione. Inoltre, durante le votazioni segrete, che sono state ben sessanta, spesso sui punti più sensibili c'è stata una convergenza più ampia del previsto. Il disegno di legge licenziato dal Senato è un punto di equilibrio tra diverse posizioni ed è frutto di un lavoro paziente e dialogico. Il disarmo vuol dire accordarsi almeno su un punto: fare una legge in tempi ragionevoli, nel leale gioco delle maggioranze e minoranze, di fronte all'opinione pubblica e al Paese.
La Commissione e il Governo hanno recentemente lavorato sul disegno di legge in materia di cure palliative. Ricorda che vi è stata una lunga polemica sulla questione se le cure palliative dovessero essere stralciate dalle proposte sulla fine della vita e portate in Aula autonomamente. La scelta fatta, con un accordo informale tra Camera e Senato, e con una decisione presa in Senato dalla Conferenza dei capigruppo, si è rivelata giusta: il disegno di legge sulle cure palliative ha fatto il suo percorso e la promessa di un iter parallelo dei due testi è stata mantenuta. Ora bisogna mantenere la seconda parte della promessa e i due progetti su cui le Camere hanno tanto lavorato, dedicandovi con passione le proprie energie e competenze, si sono «incrociati». Si dichiara sicura che ciascuna delle Camere avrà, per il lavoro dell'altra, la massima considerazione e rispetto, ripercorrendo le motivazioni che hanno definito i due testi così come sono

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oggi, e che si riuscirà finalmente a dare al Paese una legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, rispondendo alle attese che il Parlamento stesso ha suscitato.

Giuseppe PALUMBO, presidente, ringrazia il sottosegretario Roccella per la sua puntuale e precisa replica.

Domenico DI VIRGILIO (PdL), relatore, desidera ringraziare il rappresentante del Governo per la sua replica estremamente equilibrata, che dichiara di condividere totalmente. Si riserva, quindi, di svolgere ulteriori considerazioni a seguito delle audizioni previste per le prossime sedute. Osserva, infine, che, come ha sottolineato il sottosegretario Roccella, l'esame delle proposte di legge in titolo non avviene sull'onda emotiva sollevata da vicende contingenti, ma rappresenta, al contrario, il frutto di un lungo lavoro parlamentare, che si è protratto nel corso di più legislature.

Giuseppe PALUMBO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 11.50.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

SEDE REFERENTE

Principi fondamentali in materia di governo delle attività cliniche.
Testo unificato C. 799 Angela Napoli, C. 1552 Di Virgilio e Palumbo, C. 977-
ter Livia Turco, C. 278 Farina Coscioni e C. 1942 Mura.