CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 15 settembre 2009
217.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e XI)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

Martedì 15 settembre 2009. - Presidenza del presidente della I Commissione Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 11.05.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.
Atto n. 82.

(Seguito dell'esame e rinvio).

Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 10 settembre 2009.

Marialuisa GNECCHI (PD) osserva, in premessa, che, al fine di comprendere l'esatta portata di qualsiasi disegno di riforma della pubblica amministrazione, non si può prescindere dal rivolgere l'attenzione al processo normativo che ha contraddistinto l'evoluzione del rapporto di pubblico impiego negli ultimi 40 anni. In proposito, dopo aver ricordato le riforme fondamentali legate al riconoscimento di diritti primari di cittadinanza - tra le quali cita la riforma degli enti locali, nonché l'approvazione dello Statuto dei lavoratori - che hanno trovato attuazione negli anni '70, cita gli ulteriori importanti interventi legislativi adottati successivamente nel campo della pubblica amministrazione, tra cui menziona il decreto legislativo n. 29 del 1993, con il quale ha trovato definitiva consacrazione il principio della privatizzazione del rapporto di pubblico impiego. Fa pertanto notare che la riforma della pubblica amministrazione, portata avanti dal Ministro Brunetta nel segno della «demonizzazione» del pubblico dipendente, attraverso una campagna mediatica propagandistica tesa ad acquisire un facile consenso politico, oltre a non introdurre significative innovazioni in materia, sembra contenere elementi che, piuttosto, entrano in conflitto con quegli obiettivi di efficienza pubblica tanto declamati dall'attuale Governo e per il cui conseguimento, in passato, la classe dirigente del Paese si è impegnata diffusamente. Ritiene che il Ministro Brunetta invece di denigrare demagogicamente la categoria dei pubblici dipendenti, dovrebbe riconoscerne

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il meritorio operato, svolto dalla maggior parte di essi al servizio dei cittadini e nell'adempimento di una vera e propria missione sociale, valutando, eventualmente, l'opportunità di rafforzare quegli strumenti normativi già esistenti tesi al contrasto di quei fenomeni di assenteismo e scarsa produttività, che, lungi dall'interessare la pubblica amministrazione nel suo complesso, possono caratterizzarne alcuni settori marginali.
Entrando nel merito del provvedimento, nel rilevare con rammarico la messa in atto di un processo di rilegificazione che sembra essere portato avanti a discapito dell'autonomia contrattuale delle parti sociali, esprime profonde perplessità sulla parte del testo relativa al sistema di valutazione delle performance dei pubblici dipendenti, che ritiene prefiguri un impianto organizzativo fortemente centralizzato - ruotante attorno all'istituzione della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche - sottoposto alle influenze della politica e fortemente lesivo delle prerogative delle autonomie locali e sindacali. Fa notare che l'accentramento delle funzioni legate alle gestione del rapporto di lavoro pubblico presso organismi che rientrano nell'orbita governativa - delineato, a suo avviso, in modo emblematico dall'articolo 33 dello schema di decreto legislativo in esame - oltre a non essere completamente in linea con i criteri direttivi della delega, risulta in netta controtendenza rispetto agli orientamenti recentemente seguiti dalla maggioranza di Governo in tema di federalismo fiscale e di decentramento istituzionale, facendo emergere in tutta evidenza le profonde contraddizioni insite nella stessa compagine governativa. Ritiene, inoltre, offensiva nei confronti dei pubblici impiegati la parte del provvedimento relativa agli incentivi, laddove si prevede una fascia di merito bassa pari al 25 per cento, alla quale verrebbe negata qualsiasi forma di remunerazione accessoria, sostenendo che non si può aprioristicamente stabilire l'esatta portata del livello di performance in ciascuna amministrazione. Nell'osservare, pertanto, che - a detta del Partito democratico e degli stessi soggetti auditi informalmente dalle Commissioni congiunte I e XI - il presente schema di decreto legislativo contiene scelte tecniche profondamente sbagliate e poco attuabili, che, oltre a non perseguire la finalità dell'ammodernamento della pubblica amministrazione, ledono fondamentali diritti sociali, ribadisce la necessità di applicare la normativa già esistente che, allo stato, già consente di premiare i più meritevoli - che rappresentano la maggioranza - e di sanzionare concretamente i meno capaci.

Oriano GIOVANELLI (PD), rilevata l'assenza del rappresentante del Governo e dei relatori, esprime il timore che gli interventi che l'opposizione intende svolgere siano destinati a restare un mero esercizio di retorica e chiede quindi di capire quali margini di interlocuzione esistano con il Governo e con la maggioranza sul provvedimento in esame. Osserva, quindi, che, a consuntivo di oltre un anno di governo scandito da numerosi proclami di facile presa su una certa parte dell'elettorato, pregiudizialmente ostile alla pubblica amministrazione, il bilancio dei risultati conseguiti dal ministro Brunetta è piuttosto deludente, come dimostra il servizio pubblicato nell'ultimo numero del settimanale l'Espresso. Era del resto prevedibile che la strategia di mettere, per tornaconto politico, la pubblica amministrazione in cattiva luce agli occhi dell'opinione pubblica fosse destinata al fallimento. Quel che occorre è infatti un'impostazione radicalmente opposta, che investa sul «buon nome» della pubblica amministrazione e che, presentandola come patrimonio essenziale del Paese, lavori per cambiarla in meglio.
Quanto al merito del provvedimento in esame, si chiede innanzitutto se gli obiettivi che esso si prefigge non possano essere conseguiti già con gli strumenti attualmente previsti dall'ordinamento. Non è forse vero, del resto, che molte amministrazioni pubbliche si organizzano

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già oggi al loro interno sul modello indicato dal ministro Brunetta? A questo proposito, ritiene che sarebbe interessante accertare se il Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione sia tra queste ultime amministrazioni: in altre parole, se il ministro Brunetta abbia fissato ai dirigenti del suo Ministero precisi obiettivi e attivato un sistema di valutazione. Se, com'è probabile, non l'ha fatto, c'è da chiedersi perché non l'abbia fatto, dal momento che la legge non lo impedisce e che il buon esempio sarebbe stato importante. Del resto, chi propone una riforma deve preoccuparsi innanzitutto di convincere della sua realizzabilità: deve dimostrare che quel che propone è possibile e non è solo un'inutile complicazione organizzativa senza apprezzabili ricadute positive.
Rilevato poi che lo schema in esame attribuisce un significativo potere agli organi di indirizzo politico-amministrativo, esprime perplessità su un modello organizzativo della pubblica amministrazione che comprima così fortemente l'autonomia dei dirigenti a vantaggio della politica: a suo avviso, occorre invece tutelare la sfera di autonomia della dirigenza ed investire su di essa, valorizzandola.
Con riferimento poi ai Piani della performance, esprime dubbi sulla scelta di prevederne sempre e comunque il carattere triennale, sottolineando come le pubbliche amministrazioni non siano tutte uguali e per alcune il triennio sia un periodo di riferimento troppo lungo per un'adeguata programmazione, considerata la volatilità delle condizioni di contorno, a cominciare dalla disponibilità di risorse: come si possono valutare dirigenti cui si sono fissati obiettivi triennali se essi sono poi costretti a fare i conti con risorse il cui ammontare varia di anno in anno in misura significativa?
Rileva poi come il provvedimento sia costruito su un'ottica centralistica che diffida delle autonomie, le considera inaffidabili. Si tratta, a suo avviso, non soltanto di un errore in sé ma anche di una contraddizione rispetto alla direzione di riforma intrapresa con altri provvedimenti di questo Governo, a cominciare dal federalismo fiscale e dal codice delle autonomie: la prima riforma è già legge, la seconda esiste, per il momento, solo in un primo schema di disegno di legge del Governo, ma entrambe in ogni caso tendono verso un assetto a responsabilità decentrata o diffusa.
Quanto infine alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche prevista dall'articolo 13, osserva che su di essa vengono concentrate aspettative eccessivamente ambiziose, destinate quindi fatalmente ad essere deluse, con sperpero di denaro pubblico.
Conclude esprimendo pertanto un giudizio complessivamente negativo sul provvedimento in esame.

Donato BRUNO, presidente, con riferimento all'osservazione svolta dal deputato Giovanelli in relazione alla assenza del rappresentante del Governo e dei relatori, invita i deputati iscritti a parlare a valutare se preferiscano rinviare gli interventi alla seduta di domani, per la quale il ministro Brunetta ha già assicurato la sua presenza; per quanto riguarda, invece, i relatori, ricorda che la loro funzione può essere svolta dai presidenti, ai quali, del resto, spetta in linea di principio, salvo delega a singoli deputati.

Mario TASSONE (UdC) stigmatizza l'assenza del rappresentante del Governo ed esprime l'avviso che la proposta della presidenza di rinviare a domani gli interventi ancora restanti configuri un'anomalia procedurale in quanto tale da determinare una disomogeneità di percorso tra i deputati che interverranno alla presenza del ministro e quelli che sono intervenuti nella seduta di oggi.

Giuseppe CALDERISI (PdL) esprime apprezzamento per la proposta del presidente, del quale condivide il disagio. Ritiene infatti corretto, da parte della presidenza, manifestare la disponibilità a rinviare la discussione ad altra seduta nel

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momento in cui, su un provvedimento dell'importanza di quello in esame, manchino il rappresentante del Governo e i relatori.

Manuela DAL LAGO (LNP) dichiara la propria disponibilità ad intervenire fin dalla seduta di oggi.

Sesa AMICI (PD), considerato che l'esame del provvedimento è finalizzato all'espressione di un parere al Governo, personalmente ritiene che l'assenza del rappresentante dell'Esecutivo dal dibattito renda quest'ultimo tendenzialmente superfluo, essendo l'interlocuzione con il ministro indispensabile per capire quanta disponibilità vi sia da parte del Governo a recepire le indicazioni del Parlamento. Non è peraltro contraria a proseguire la discussione, se vi sono colleghi intenzionati ad intervenire, fermo restando che un riscontro da parte del ministro sulle questioni sollevate dalle Commissioni è imprescindibile.

Donella MATTESINI (PD) ricorda come il gruppo del Partito Democratico abbia avuto, durante il dibattito parlamentare sulla legge n. 15 del 2009, un atteggiamento non precostituito ma aperto ad una discussione volta ad approfondire il merito delle questioni. Ciò a dimostrazione dell'importanza fondamentale della disciplina normativa volta ad assicurare agli utenti servizi di qualità da parte della pubblica amministrazione. Auspica, quindi, che la discussione in corso consenta di svolgere un ragionamento costruttivo con i gruppi di maggioranza sugli aspetti che necessitano di un miglioramento.
Richiama, quindi, quanto evidenziato dal ministro Brunetta nel corso della riunione congiunta degli Uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni I e XI, che ha avuto luogo nella giornata di giovedì 10 settembre. Stigmatizza, in particolare, l'affermazione del ministro che ha preannunciato l'intenzione di convocare le organizzazioni sindacali, dopo avere acquisito il parere parlamentare sul provvedimento in titolo. Prende atto di quanto poi precisato dallo stesso ministro sul fatto che tale convocazione è volta unicamente ad informare le parti sociali degli esiti dell'iter del provvedimento, anche se ritiene che per tale finalità siano disponibili gli atti parlamentari, ma sottolinea come il ruolo delle organizzazioni sindacali debba essere sempre rispettato, assicurando un reale confronto nella fase preliminare di definizione del testo. L'accelerazione all'iter del provvedimento lascia invece irrisolti molti problemi e rischia di non rispettare il ruolo di ognuno.
Sottolinea, quindi, negativamente come lo schema di decreto in esame, ancora più della legge di delega, sia improntato ad una forte unilateralità e centralizzazione, in direzione opposta rispetto ai principi del federalismo e dell'autonomia territoriale sanciti dalla Costituzione. Con il provvedimento in esame, inoltre, si rischia di andare in un altro senso rispetto agli obiettivi di semplificazione normativa, da sempre preannunciati, anche tenendo conto della bozza di disegno di legge predisposta dal Ministro Calderoli sull'ordinamento degli enti locali, che reca disposizioni differenti sui controlli interni e sui sistemi di valutazione dei dirigenti degli enti locali. Quest'ultimo testo, inoltre, prevede che nei comuni fino a 250 mila abitanti la valutazione dei dirigenti sia effettuata a cura dei segretari comunali, stabilendo un percorso totalmente diverso rispetto a quello delineato dal provvedimento in esame, come se fosse predisposto da una diversa maggioranza.
Richiama, altresì, quanto previsto dall'articolo 23 della legge n. 69 del 2009 recante disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile, che disciplina la diffusione delle buone prassi senza fare alcun accenno alla Commissione la cui istituzione è prevista dallo schema di decreto legislativo in esame.

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Inoltre, nel concordare con quanto detto in proposito dal collega Giovanelli, sottolinea la necessità di tenere conto della pluralità delle pubbliche amministrazioni e della loro articolazione territoriale, adeguando in maniera corrispondente la disciplina del sistema di valutazione, se si vuole realizzare un sistema normativo realmente efficiente da applicare al settore.
Richiama, quindi, le proposte emendative formulate nell'ambito del parere reso dalla Conferenza unificata il 29 luglio scorso. Ricorda peraltro come non sia stata raggiunta l'intesa sulla previsione dell'articolo 52, poiché il Governo non ha aderito alla richiesta di prevedere la concertazione anziché la consultazione con le regioni per i parametri contrattuali. Ricorda altresì che le regioni hanno espresso il proprio avviso contrario sull'articolo 56, che prevede il parere anziché l'intesa sulla nomina del Presidente dell'ARAN. Ritiene, in proposito, molto elevato il rischio di incostituzionalità della disposizione voluta dal Governo su un aspetto di grande rilievo, soprattutto alla luce della parità stabilita dall'articolo 114 della Costituzione, che in questo modo sembra invece non applicarsi alla pubblica amministrazione. Le regioni hanno quindi intenzione di non subire passivamente le previsioni volute dal Governo, come dimostra il fatto che hanno già preannunciato la presentazione di ricorsi in proposito. Ritiene, quindi, estremamente negativa la rottura tra Stato e regioni sui due temi in questione, anche in considerazione dei delicati equilibri che si erano finora raggiunti e dell'opportunità di mantenere il sistema di governance finora definito.
Ritiene altresì negativa la scelta operata con la previsione di cui all'articolo 19 del provvedimento in esame, con cui si ancora il salario accessorio alle tre fasce di merito in cui il personale deve essere necessariamente distribuito. Ritiene che, se si vuole raggiungere realmente un sistema efficace per la pubblica amministrazione, occorre delineare una disciplina in grado di tenere conto del fatto che la qualità del lavoro è strettamente connessa alla capacità di condivisione del management piuttosto che sull'obbligo di accettare passivamente quanto deciso da un'amministrazione che comanda. Tale impostazione non è stata seguita con il provvedimento in esame che stabilisce a monte l'esistenza di una percentuale di dipendenti con una performance collocata nella fascia di merito bassa. In tale modo vi è l'elevato rischio di introdurre elementi conflittuali nella pubblica amministrazione, soprattutto per i dirigenti, con una conseguente inefficienza nel prodotto finale.
Rileva come attualmente nella pubblica amministrazione manchi un sistema che consenta di creare una rete, che costituisce la vera sfida del presente, anziché continuare a lavorare per comparti separati. Auspica quindi una seria riflessione su tali profili.
Evidenzia altresì come con lo schema di decreto in discussione si preveda un ruolo marginale per le organizzazioni sindacali che, seppure talvolta sono state sotto alcuni aspetti invasive, devono essere efficacemente coinvolte anche al fine di evitare ulteriori azioni conflittuali.
Richiama altresì la necessità, in armonia con le scelte fatte seguendo la linea del federalismo fiscale, di rivedere disposizioni centraliste recate dal provvedimento, come quelle che prevedono che le sanzioni dei dipendenti siano sottratte alla contrattazione, quelle che riducono le possibilità di impugnazione e quelle che sopprimono i collegi arbitrali. Da tale disciplina emerge, infatti, una pubblica amministrazione priva di autonomia che si ritiene di poter controllare in vari modi, tra cui il taglio delle risorse.
Ritiene che ci si trovi di fronte ad una strozzatura che di certo non giova al paese. Considera inoltre grave la previsione della proroga per un triennio delle rappresentanze sindacali unitarie, che diventa di fatto un blocco su una materia esclusa dal coinvolgimento delle parti.
Invita, quindi, il Governo a tenere conto dei rilievi emersi a seguito delle audizioni svolte, che hanno consentito di

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far emergere una pluralità di opinioni, e di quanto prospettato dal suo gruppo con un atteggiamento costruttivo.
Ritiene si tratti di aspetti fondamentali tenuto conto che la pubblica amministrazione, nelle sue articolazioni, costituisce il cuore del paese e coinvolge la percezione del cittadino nei confronti dei servizi offerti dal settore pubblico. Ritiene che finora il ministro abbia affrontato questo tema con una prospettiva solo punitiva; è invece opportuno superare atteggiamenti ideologici al fine di individuare soluzioni non riconducibili all'una o all'altra parte politica ma volte realmente ad aumentare la competitività del paese e a dare risposte adeguate agli utenti.

Donato BRUNO, presidente, considerato che le Commissioni I e XI sono convocate per i rispettivi lavori alle 12.30, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.25.