CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 27 luglio 2009
210.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Lunedì 27 luglio 2009. - Presidenza del vicepresidente Giuseppe Francesco Maria MARINELLO. - Interviene il viceministro per l'economia e le finanze Giuseppe Vegas.

La seduta comincia alle 14.

Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013.
Doc. LVII, n. 2.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 23 luglio 2009.

Renato CAMBURSANO (IdV) rileva che il momento della discussione prima in Commissione e poi in Assemblea del Documento di programmazione economico-finanziaria deve costituire l'occasione per fare il punto sull'effettivo raggiungimento degli obiettivi individuati nel precedente Documento di programmazione e di verificare la praticabilità dei nuovi obiettivi programmati.
Quanto alla verifica sul raggiungimento dei precedenti obiettivi, evidenzia che i dati contenuti nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2010-2013 e le considerazioni svolte dai rappresentanti di tutte le Istituzioni nel corso delle audizioni tenutesi presso il Senato dimostrano in modo chiaro il sostanziale fallimento delle politiche economiche messe in campo dal Governo. Il precedente Documento di programmazione economico-finanziaria individuava, infatti, tre obiettivi prioritari per la politica economica e finanziaria, evidenziando la necessità di proseguire l'azione di risanamento e di consolidamento dei conti pubblici, di rafforzare la coesione sociale e di garantire la tenuta del nostro sistema imprenditoriale.
Quanto al primo obiettivo, sottolinea che le mere cifre riportate nel documento oggi in esame dimostrano in modo inequivoco la gravità dell'attuale situazione. Il deficit per l'anno in corso supererà, infatti, il 5 per cento del prodotto interno lordo,

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mentre il debito, che presenta ormai un andamento incontrollato e incontrollabile, aumenterà di oltre 100 miliardi di euro tra il 2008 e il 2009, raggiungendo il 115,3 per cento del Prodotto interno lordo.
Anche gli altri dati che emergono dalla lettura del Documento sono, a suo avviso, particolarmente allarmanti. In particolare, rileva come si stiano evidenziando gli effetti della mancata lotta all'evasione fiscale, con un significativo calo delle entrate, che fanno segnare una riduzione più che proporzionale rispetto alla contrazione del Prodotto interno lordo. Analogamente preoccupante è l'andamento delle spese, e in particolare l'incremento della spesa di parte corrente, che, nonostante le manovre realizzate, non accenna a rallentare.
Sul versante dell'economia reale, rileva che la produzione industriale fa segnare una contrazione assai significativa, pari a circa un terzo nelle aree più sviluppate del nord Italia, ricordando come da più parti sia stato segnalato il rischio che molte imprese, specialmente quelle di minore dimensione, avranno seri problemi a riavviare la produzione dopo le ferie estive. Nel complesso, giudica assai grave la circostanza che nell'esercizio 2009, per la prima volta dopo diciotto anni, si preveda un avanzo primario negativo, rilevando come tale performance negativa si associ ad un livello di pressione fiscale che è il più alto tra quelli registrati dal momento dell'introduzione della moneta unica.
Riprendendo, inoltre, le considerazioni già svolte dalla collega Armosino, che ha denunciato la difficile situazione delle amministrazioni locali e, in particolare, delle Province, evidenzia che le misure adottate dall'Esecutivo non garantiscono adeguatamente la coesione sociale, in quanto molti dei lavoratori espulsi dall'attività di produzione a causa della crisi, non possono al momento beneficiare degli ammortizzatori sociali previsti a legislazione vigente. Osserva, inoltre, che in assenza di adeguati interventi a sostegno del sistema produttivo, le grandi imprese hanno seguito una politica analoga a quella realizzata in precedenti situazioni di crisi, traducendo in immediate contrazioni dei livelli occupazionali le riduzioni riscontrate nella produzione. Le piccole e medie imprese si sono, invece, trovate ad affrontare una forte difficoltà nell'accesso al credito, dovuta alla situazione di crisi del sistema bancario e finanziario, come denunciato in modo particolarmente forte dal Governatore della Banca d'Italia Draghi nel corso dell'assemblea ordinaria dell'ABI tenutasi l'8 luglio scorso e, successivamente, nelle recenti audizioni svoltesi al Senato.
Rileva come, a fronte di tale quadro, il nuovo Documento di programmazione economico-finanziaria confermi sostanzialmente gli obiettivi individuati dal Documento che lo ha preceduto, indicando la necessità di rafforzare la capacità di crescita economica e di procedere nell'azione di riequilibrio dei conti pubblici. Osserva, peraltro, che il Governo non ha ribadito la necessità di rafforzare la coesione sociale ed auspica che la mancata riproposizione di tale obiettivo non sia dovuta alla scarsa attenzione dell'Esecutivo per la difficile situazione sociale, che rischia di aggravarsi sensibilmente nel corso dei prossimi mesi.
Per quanto attiene, più in dettaglio, ai dati contenuti nel Documento di programmazione rileva che la spesa primaria nel corso del 2009 ammonterà a circa il 43.4 per cento del PIL, evidenziando una sensibile crescita rispetto al precedente esercizio, che solo per un quarto può riferirsi all'incremento della spesa sociale dovuto alla situazione di crisi economica. Ritiene, pertanto, necessario che il Governo fornisca precisi chiarimenti in ordine agli ulteriori fattori che hanno determinato tale incremento della spesa. In questo contesto, evidenzia come il Governatore della Banca d'Italia, nel corso delle recenti audizioni presso il Senato, abbia posto in luce come la riforma del ciclo di bilancio attualmente in discussione possa determinare benefici effetti sulla programmazione e sul controllo della spesa pubblica, sottolineando tuttavia come allo stato non siano ancora stati raggiunti positivi risultati in materia. Esprime, inoltre, il timore che, con l'arrivo della fase di ripresa economica, possa determinarsi un rialzo del costo del denaro

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e, quindi, dell'inflazione, che non potrebbe che determinare effetti negativi sull'ammontare complessivo delle spese programmate. Quanto al quadro programmatico individuato dal Documento di programmazione economico-finanziaria, rileva, anche in questo caso associandosi alle considerazioni del Governatore Draghi, che il Documento non fornisce indicazioni sui livelli e sulla composizione delle entrate e delle spese, non consentendo, pertanto, di valutare appieno le misure correttive previste dal Governo. A tale riguardo, segnala, in particolare, che il Documento fa in primo luogo generico riferimento al rafforzamento delle misure di contrasto ai fenomeni di evasione ed elusione fiscale, sottolineando tuttavia che gli interventi finora adottati dal Governo, in particolare quelli contenuti nel decreto-legge n. 112 del 2008, si sono mossi in direzione assolutamente opposta. Sempre in base al DPEF, gli interventi correttivi sul versante della spesa dovrebbero essere volti, tra l'altro, ad assicurare il rientro dai disavanzi sanitari regionali e a garantire modalità più efficienti per l'erogazione dei servizi pubblici. Sotto il primo profilo, ritiene vi sia ben poco da sperare, in quanto nel 2010 ben quattordici Regioni saranno chiamate al rinnovo dei rispettivi Consigli e, pertanto, appare assai poco probabile che i Governatori, anche in qualità di Commissari, nell'ultimo anno del loro mandato adottino misure impopolari volte a conseguire risparmi di spesa. Per quanto attiene alla riforma dei servizi pubblici locali, ricorda che nel corso dell'esame del decreto-legge n. 78 del 2009 pochi giorni fa si è assistito ad un tentativo, poi fallito, del Governo di inserire disposizioni innovative in materia, rilevando peraltro come una vera riforma del settore sia sempre fallita a causa delle resistenze di ampi settori della maggioranza e, in particolare, della Lega Nord.
Nell'auspicare che quello ora in esame sia l'ultimo Documento di programmazione economico-finanziaria e che si proceda, quanto prima, alla riforma della legge di contabilità, apportando, tuttavia, profonde modifiche al testo licenziato dal Senato, si sofferma sul quadro programmatico del Documento. In particolare, rileva che per il 2011 e per il 2012 sono programmati interventi di risanamento della finanza pubblica, mentre per il 2013 non è prevista una manovra correttiva, sottolineando come tale ipotesi deve attribuirsi alla volontà di concentrare gli interventi di consolidamento finanziario in anni non elettorali. Concorda, inoltre, con l'esigenza, denunciata dal Governatore della Banca d'Italia nel corso delle audizioni svolte presso il Senato, di procedere nell'azione di risanamento e riqualificazione della spesa pubblica, con particolare riferimento a quella di parte corrente, rilevando come in assenza di tale azione sul versante della spesa non si potrà raggiungere l'auspicato obiettivo di riduzione della pressione fiscale. Gli strumenti attraverso i quali conseguire tale riduzione delle spese pubbliche dovranno consistere in una profonda riforma della Pubblica Amministrazione, in una riqualificazione della spesa corrente e in una efficace attuazione della riforma fiscale in senso federale. A tale ultimo riguardo, ricordando come il proprio Gruppo abbia votato a favore del provvedimento sia alla Camera sia nella seconda lettura al Senato, esprime la propria preoccupazione in ordine all'attuazione dei principi e criteri direttivi fissati dalla legge delega, sottolineando come allo stato non sia stato ancora avviato il processo volto a rendere operativa la legge n. 42 del 2009.
Sempre il Governatore della Banca d'Italia ha indicato la necessità di un intervento volto a prevedere l'innalzamento dell'età media di pensionamento. Al riguardo, segnala che il proprio Gruppo condivide l'esigenza di una riforma della legislazione pensionistica, osservando tuttavia come essa non potrà essere attuata nei termini e con le modalità previste dalle disposizioni introdotte in sede di conversione del decreto-legge n. 78 del 2009.
Sottolinea, in ogni caso, come un ruolo essenziale nella definizione delle misure chiamate a concorrere al raggiungimento degli obiettivi economici e finanziari delineati dal documento in esame dovrebbe

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essere svolto dalla lotta all'evasione fiscale, secondo quanto indicato dal Documento stesso. Al riguardo, ritiene che non si possa non rilevare come le misure recentemente adottate dal Governo sembrano muoversi in una direzione opposta a quella indicata, a partire dalle disposizioni relative al cosiddetto scudo fiscale, introdotte nel corso dell'esame parlamentare del decreto-legge n. 78 del 2009. In proposito, sottolinea come la norma prefiguri sostanzialmente un condono fiscale che, per la sua formulazione, rischia di essere utilizzato in modo strumentale anche da imprese che, detenendo capitali in Italia, li abbiano fatti transitare all'estero per poter usufruire di futuri, prevedibili, benefici fiscali. Più in generale, ritiene assolutamente necessaria un'azione decisa volta a far emergere le ampie fasce di economia sommersa presenti nel nostro Paese, con interventi tesi ad incidere in modo significativo anche sull'economia criminale.
Ritiene, conclusivamente, opportuno sottolineare la difficile condizione nella quale attualmente versano le autonomie locali, le cui disponibilità finanziarie si ridurranno dal 9 per cento nel corso del 2009 e del 18 per cento nel corso del triennio. A suo giudizio, tale riduzione, già di per sé preoccupante, appare ancora più significativa se si considera la circostanza che essa priva le autonomie territoriali delle risorse da destinare alle politiche di rispettiva competenza, a partire da quelle nei settori dell'assistenza e dei servizi sociali. Ritiene, pertanto, che sarebbe stato opportuno un intervento volto a consentire l'immediata spendibilità dei residui passivi degli enti territoriali, che ammontano a circa 30-32 miliardi di euro, in modo assai più incisivo di quello previsto dalle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 78 del 2009. In particolare, a suo giudizio, sarebbe stato necessario rimettere in circolazione almeno il 10-12 per cento di tale massa di residui, consentendo, da un lato, agli enti territoriali di sviluppare le proprie politiche e, dall'altro, al sistema delle imprese di godere della disponibilità di maggiori risorse. In questo contesto, giudica, infine, necessario pervenire ad una definizione delle partite ancora aperte nei rapporti finanziari tra lo Stato e le Regioni, a partire da quelle riferite all'abolizione dell'ICI sull'abitazione principale, per le quali agli enti locali spettano ancora circa 400 milioni di euro riferiti all'anno 2008 e circa 820 milioni di euro per l'esercizio in corso.

Gioacchino ALFANO (PdL) rileva che dalla lettura del DPEF emerge la necessità di affrontare e risolvere il tema del Mezzogiorno. In proposito, invita in particolare il relatore ed i gruppi di maggioranza a prendere in considerazione il tema delle risorse per il Sud, rispetto al quale alcuni sostengono la necessità di semplificazione dei meccanismi di erogazione mentre altri insistono sull'esigenza di aumentare il complesso delle risorse stanziate.
Al riguardo, ritiene necessario avviare nell'ambito della Commissione bilancio, ovvero costituendo un apposito comitato all'interno della stessa, un dibattito in merito all'utilizzo e alle modalità di monitoraggio delle risorse per le aree sottoutilizzate. Rileva, infatti, che questa dovrebbe essere la sede per risolvere il quesito già sopra esposto, ovvero se si tratti di rendere maggiormente efficienti i meccanismi di aiuto fin qui adottati rivelatisi inefficienti ovvero se si debbano aumentare le risorse per il sostegno alle aree sottoutilizzate.
Personalmente ritiene condivisibile l'affermazione del Presidente del Consiglio per cui si tratta di sbloccare le risorse già destinate al Mezzogiorno. Pertanto, richiamando anche la sua passata esperienza di amministratore locale, rileva che potrebbe risultare utile inserire nella risoluzione un impegno a ridurre il numero dei soggetti che valutano l'erogazione delle spese per le aree sottoutilizzate, per facilitare l'utilizzo delle risorse disponibili e immediatamente utilizzabili per il Mezzogiorno d'Italia. Osserva conclusivamente che, in questo contesto, un ulteriore campo di indagine è quello delle fondazioni bancarie: bisognerebbe infatti approfondire in che modo le fondazioni valutino i progetti di finanziamento del territorio.

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Maino MARCHI (PD) rileva che il DPEF per il triennio 2010-2012 smentisce le previsioni del DPEF dello scorso anno e descrive una situazione simile a quella della grande crisi dei primi anni novanta, in cui però elementi importanti per la ripresa furono rappresentati dalla politica di privatizzazioni avviata nonché dalla svalutazione della lira e dalla riduzione dei tassi di interesse, tutti strumenti che non risultano più disponibili adesso.
In questo quadro quindi molto difficile, il DPEF registra però una caduta del PIL di un punto nel 2008 e di 5,3 punti nel 2009. Rileva che non si tratta solo di un riflesso della crisi internazionale, in quanto l'Italia vede un calo maggiore nel 2008-2009 rispetto non solo alla Francia ma anche alla Germania, che pure per il 2009 registra un calo maggiore dell'Italia. Inoltre, in Italia ciò fa seguito a nove anni di bassa crescita che hanno fatto seguito alla crescita del 3 per cento registrata nel 2000, e che, fatta eccezione per il periodo 2006-2007, si è trascinata fino al 2008, quando si è registrata una crescita zero.
Il calo del PIL inoltre smentisce le ripetute dichiarazioni tranquillizzanti del presidente del Consiglio e dei vari documenti ufficiali succedutisi in questo anno, con il programma di stabilità e con la Relazione unificata sulla finanza pubblica che hanno ipotizzato, rispettivamente, un calo del 2 per cento e del 4 per cento. Ritiene peraltro che la crisi non abbia ancora raggiunto il suo livello massimo. Ciò è vero per esempio con riferimento all'occupazione; il CNEL prevede un livello di disoccupazione del 9 per cento. Esprime, alla luce di questi dati, la preoccupazione sulla tenuta sociale del Paese, una preoccupazione che invece risulta assente nel DPEF. Osserva ad esempio che per molte piccole e medie imprese vi è il rischio di una chiusura a causa della stretta creditizia. Ritiene dubbie anche le prospettive di una ripresa per il dopo crisi, in quanto in molti Stati si sta ipotizzando di uscire dalla crisi abbracciando modelli di sviluppo diversi: ad esempio, gli USA stanno individuando nuovi ed innovativi settori di investimento. Le prospettive di ripresa dell'Italia saranno analogamente condizionate dalla capacità di collegarsi a questi nuovi settori di investimento, capacità di cui, al momento, non si vedono molti segnali. Ricorda che il suo gruppo aveva proposto fin dallo scorso anno una politica economica alternativa di carattere espansivo per un punto di PIL da collegarsi ad un chiaro impegno per gli anni successivi ad un percorso di rientro dal deficit. Il Governo ha contestato questa proposta rilevando che il debito pubblico non ne consentiva l'attuazione e che la situazione di crisi non consentiva l'avvio di quella politica di riforme strutturali che la proposta stessa implicava. Rileva che, conseguentemente, tutti i dati di finanza pubblica sono radicalmente peggiorati: l'indebitamento delle pubbliche amministrazioni è previsto per il 2009 al 5,3 per cento, mentre il debito pubblico nello stesso anno sarà pari al 115,3 per cento; per la prima volta dopo molti anni si registrerà un disavanzo primario, sempre nel 2009, pari allo 0,4 per cento. Il DPEF contiene poi elementi preoccupanti per quel che concerne la spesa pubblica, a dispetto dei tagli lineari del decreto-legge n. 112 del 2008: aumenta infatti sensibilmente la spesa corrente primaria, che sale fino al 43,4 per cento del PIL, e solo un quarto dell'aumento della spesa primaria corrente può essere attribuito alle maggiori spese per ammortizzatori sociali provocate dalla crisi. A questo si accompagna poi una significativa contrazione delle entrate fiscali e particolarmente grave risulta il calo delle entrate IVA, rispetto al quale lo stesso Governatore della Banca d'Italia ha sostanzialmente smentito le affermazioni del Ministro Tremonti per cui tale calo sarebbe da attribuirsi ad una ricomposizione dei consumi verso i prodotti ad aliquota più bassa. Osserva peraltro che, nonostante il calo delle entrate, la pressione fiscale ha raggiunto il livello record del 43,4 per cento del PIL, come ai tempi della tassa per l'Europa, che poi peraltro fu restituita; insieme si è registrato un aumento dell'evasione fiscale. In questo quadro, l'indebitamento si collocherà sotto il 3 per cento solo nel 2012. Rileva quindi

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che, peraltro, il Governo ha posto in essere una manovra espansiva di un punto percentuale di PIL, in maniera però surrettizia ed utilizzando uno strumento improprio come il disegno di legge di assestamento, in cui sono state registrate maggiori disponibilità di cassa . In proposito, annuncia che il suo gruppo proporrà il ritiro di tale disegno di legge ed una revisione del DPEF che tenga conto di questa manovra di cassa attuata nel disegno di legge di assestamento. Rileva poi che per il 2010 e per gli anni successivi il DPEF non contiene alcuna indicazione programmatica sulle politiche economiche da attuare e, nonostante questo, si prevede una ripresa della crescita del PIL, che poi raggiungerà dal 2011 in avanti un valore del 2 per cento, valore corrispondente a quelli raggiunti, come già ricordato, nell'ultimo decennio, solo nel 2000 e nel 2006, anni nei quali peraltro governava il centrosinistra. Ritiene dubbia quindi la capacità di raggiungere tali risultati e rileva che il mancato conseguimento di un simile livello di crescita rischia di incidere negativamente anche sui dati di finanza pubblica relativi all'indebitamento e al debito pubblico. Tornando alla carenza programmatica del Documento, segnala che lo stesso non contiene alcuna indicazione sugli ammortizzatori sociali, sul sostegno ai redditi più bassi, sul Mezzogiorno, a cui si dovrebbe legare anche il tema della legalità, che, comunque, come segnalato dalla recente audizione del Governatore della Banca d'Italia di fronte alla Commissione antimafia, oramai riguarda tutto il tessuto produttivo del Paese, con le imprese che in misura maggiore che in passato sono vittima dell'usura a causa della crisi. Non vi sono indicazioni sul Fondo aree sottoutilizzate, sulla riforma del sistema di formazione, sulla green economy. A tale ultimo proposito, ricorda che il Documento non è corredato dalla relazione sullo stato delle emissioni di CO2 prevista dal decreto-legge n. 159 del 2007. Osserva ancora che risulta carente la parte sulle opere infrastrutturali e non è affrontato il problema della liberalizzazione dei servizi pubblici locali. Rispetto a tutte queste esigenze, il Governo continua a presentare come grandi riforme già poste in essere in questa legislatura quelle del federalismo fiscale e delle reintroduzione dell'energia nucleare. In proposito, sottolinea che, anche volendo accedere a tale interpretazione, queste riforme produrranno i propri effetti molto dopo la crisi economica in atto e non potranno certo contribuire all'uscita del Paese dalla crisi medesima. Con riferimento invece all'immediato, invita a riflettere sullo scudo fiscale, che è stato attuato in Italia con modalità molto più vantaggiose per i detentori di capitali all'estero rispetto a quanto avvenuto negli altri Paesi, mentre si continua a infierire sulle aree più deboli del Paese che, ad esempio, si sono assunte da sole l'onere della ricostruzione dell'Abruzzo, la quale, infatti, in gran parte, è stata posta a carico del Fondo per le aree sottoutilizzate. Conclusivamente, esprime un giudizio fortemente critico sul DPEF.

Antonio MISIANI (PD) osserva come il Documento di programmazione economico-finanziaria rechi pessimi numeri relativi alle condizioni economico-sociali del Paese: il PIL cala più del 5 per cento, si registra un blocco della produzione industriale, i consumi diminuiscono e crollano le esportazioni. Anche se dati analoghi si registrano in tutti i paesi avanzati, l'Italia è in una situazione peggiore e, inoltre, altrove hanno spesso reagito con estrema determinazione, al contrario di quanto si è verificato nel nostro Paese. Secondo dati OCSE risalenti al giugno scorso, gli stanziamenti aggiuntivi anticrisi da parte dei Paesi dell'area sono stati pari al 3,9 per cento del PIL. L'Italia, per essere in linea con tale percentuale, avrebbe dovuto effettuare una manovra tra i 60 e i 70 miliardi di euro, invece, sempre secondo l'OCSE, le risorse aggiuntive stanziate dal nostro Paese sono state pari a zero. Del resto, nello stesso DPEF si riconosce che, nel loro complesso, le misure anticrisi hanno avuto un impatto pari a zero sull'indebitamento netto. Le misure anticrisi

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avrebbero dovuto concentrarsi sugli interventi di protezione sociale, stimolare consumi e investimenti e promuovere quelle riforme strutturali indispensabili per uscire più forti dalla crisi. I provvedimenti adottati dal Governo si sono, invece, rilevati estremamente deboli su tutti i versanti. Permane, in particolare, un'estrema difficoltà di rapporti tra banche e imprese e sono le piccole e medie imprese a versare nelle condizioni più critiche. Inoltre, l'estensione della rete degli ammortizzatori sociali si è rivelata del tutto insufficiente e il dato fornito dalla Banca d'Italia in merito ai lavoratori privi di protezione sociale, pari a 1 milione e 600 mila, è probabilmente sottostimato. Le misure a sostegno del reddito, social card e bonus famiglie, sono state utilizzate solo dal 40 per cento degli aventi diritto e, conseguentemente, sono state impiegate molte meno risorse rispetto a quelle rese disponibili. Per i lavoratori dipendenti non è stato previsto alcuno sgravio fiscale e la riproposizione della Tremonti-ter, senz'altro utile, è stata tuttavia limitata ad un solo segmento di imprese. Mancano poi del tutto le riforme strutturali, quali la riforma degli ammortizzatori sociali e la riorganizzazione delle forze di polizia della quale si avverte la necessità al fine di garantire effettivamente la sicurezza dei cittadini. Nonostante l'assenza di riforme e di risorse aggiuntive, siamo in presenza di condizioni della finanza pubblica comunque disastrose e, dopo diciotto anni, abbiamo un saldo primario che peggiora sensibilmente. Quello che ci salva è lo scudo protettivo rappresentato dalla moneta unica, in assenza del quale, analogamente ad altri paesi, ci troveremmo in grandissima difficoltà. Il Governo dovrebbe inoltre spiegare per quale ragione le entrate IVA crollano molto di più dei consumi finali interni: nel 2009 il calo è di 9 miliardi, un dato che non può essere di certo spiegato attraverso il solo riposizionamento dei consumatori e segnala, invece, una forte ripresa dell'evasione fiscale. È poi di tutta evidenza il fallimento della manovra di contenimento e di stabilizzazione della spesa primaria decisa con il decreto-legge n. 112 del 2008. A riguardo osserva che se il Governo avesse contrastato l'evasione fiscale e controllato meglio la spesa corrente, disporrebbe oggi di spazi di manovra ben maggiori. Ritiene inoltre che le entrate relative al 2010 siano nettamente sovrastimate, in quanto si considerano proventi derivanti dalla lotta all'evasione ed all'elusione fiscale che non appaiono assolutamente realizzabili. Non appare altresì credibile, in considerazione dei risultati precedenti, un incremento della spesa corrente per il 2010 pari allo 0,8 per cento. Rileva quindi come al DPEF non risulti allegato un quadro programmatico dei conti pubblici, ritenendo che ciò dipenda dal fatto che non ci sono aggregati significativi della spesa complessiva. Ritiene che il Governo dovrebbe preoccuparsi del crollo degli investimenti ed effettuare un intervento severo sulla spesa corrente. Serve inoltre coraggio e determinazione per intervenire sul livello della pressione fiscale che risulta più alto di quello registrato con il Governo Prodi. Vi è poi il tema dello squilibrio del sistema pensionistico e quello del controllo della spesa delle regioni e delle autonomie locali. Si chiede inoltre cosa farà il Governo per il Mezzogiorno ora che, tardivamente, vi è stata a riguardo una forte reazione di alcuni componenti del Partito della Libertà, dopo che da tempo si assiste ad un trasferimento opaco di risorse dal FAS a beneficio di opere di vario genere. Conclusivamente osserva come vi sia necessità di risposte meno propagandistiche ed elusive e che un giudizio arriverà comunque in autunno quando numerosi nodi verranno al pettine. Come uscirà il Paese dalla crisi dipende dalle scelte che verranno effettuate nell'immediato futuro. Il rischio è quello di ritrovarsi con un capitale umano e fisico fortemente depauperato ed incapaci di assumere iniziative.

Massimo POLLEDRI (LNP), dichiarando di concordare con le valutazioni a suo tempo formulate dal professor Alberto

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Quadrio Curzio, osserva che nel nostro Paese le conseguenze della crisi economica e finanziaria sono meno gravi di quelle che si riscontrano in altre nazioni, e in special modo nei Paesi anglosassoni. In particolare, sottolinea che in Italia non trova riscontro una crisi del credito analoga a quella verificatasi negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, osservando altresì che l'Irlanda, pur utilizzando tutte le risorse messe a disposizione dall'Unione europea per le aree sottoutilizzate, presenta un tasso di disoccupazione ben più alto di quello registrato nel nostro Paese. Ritiene, pertanto, che l'attuale situazione di crisi testimoni in modo evidente la solidità del nostro sistema industriale, incentrato, più che sulla finanza, sulle imprese metalmeccaniche e manifatturiere, che continuano a trainare il nostro Paese anche nella difficile congiuntura economica e finanziaria.
Quanto alle osservazioni formulate da più parti sul contrasto all'evasione fiscale, rileva che gli studi elaborati con riferimento all'IRAP evidenziano come i tassi di evasione riscontrati in Lombardia ed Emilia-Romagna, pari rispettivamente al 15 e 16 per cento delle somme dovute, si collochino su livelli inferiori a quelli registrati in Svezia e Svizzera, mentre in Calabria e Campania l'evasione è pari rispettivamente al 92-93 per cento e all'87 per cento delle somme dovute. In particolare, si stima che in Campania le somme evase sono pari sostanzialmente a quelle che risultano evase nella Regione Lombardia, che presenta un prodotto interno lordo di gran lunga superiore. Ritiene, inoltre, debba essere sdrammizzata la questione relativa all'utilizzo del Fondo per le aree sottoutilizzate, osservando che le risorse utilizzate a fini di copertura dal Governo non erano effettivamente sfruttate per interventi a sostegno delle regioni meridionali.
Segnala, infine, la necessità di prevedere, nella risoluzione di approvazione del Documento, un preciso riferimento all'esigenza di adottare specifiche politiche, specialmente di carattere fiscale, a sostegno delle famiglie, osservando che nel 2009 si registrerà una contrazione dei consumi del 2 per cento e una contrazione della rendita finanziaria del 13 per cento. In particolare, sottolinea come una adeguate politiche di incentivazione potrebbero determinare un rilevante stimolo ai consumi, con benefici effetti non solo per le famiglie, ma anche per il sistema economico nel suo complesso. A tale riguardo, rileva altresì che interventi mirati di sostegno alle famiglie potrebbero consentire di fronteggiare il calo della natalità che si registra nel nostro Paese, segnalando che analoghe misure adottate nella provincia autonoma di Bolzano e, più recentemente, in Francia hanno determinato una sensibile crescita della natalità e il rilancio dei consumi e dell'economia. In questo quadro, rilevando la necessità di sostenere le famiglie che, specialmente nell'attuale situazione di crisi, si fanno carico di importanti esigenze assistenziali, sottolinea come debba attentamente valutarsi l'opportunità di intervenire sul trattamento fiscale dei carichi di famiglia individuato dal Governo Prodi, al fine di assicurare un orientamento del sistema maggiormente indirizzato alla tutela delle famiglie, nonché di prevedere interventi agevolativi anche in materia di tariffe dei servizi pubblici essenziali.

Pier Paolo BARETTA (PD) comunica che il proprio gruppo intende designare quale relatore di minoranza l'onorevole Marchi.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.30.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.30 alle 15.40.

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SEDE REFERENTE

Lunedì 27 luglio 2009. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Luigi Casero.

La seduta comincia alle 20.15.

Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013.
Doc. LVII, n. 2.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta antimeridiana del 27 luglio 2009.

Antonio BORGHESI (IdV) rileva che anche questo anno il DPEF risulta reticente su alcuni aspetti essenziali delle politica economica. Manca, per esempio, la disciplina delle politiche di settore e quindi l'indicazione dei provvedimenti collegati. Segnala poi come dato significativo la diminuzione delle entrate fiscali, date anche da un atteggiamento maggiormente lassista sull'evasione fiscale, come dimostrato dall'abrogazione dell'elenco clienti-fornitori e come segnalato negli ultimi mesi dalla Corte dei Conti, che ora sta pagando tale denuncia con la lesione alla sua autonomia contenuta nel testo del decreto-legge n. 78 del 2009 approvato dalla Camera. Al riguardo segnala che il problema non è l'aumento del deficit in quanto altri paesi lo hanno attuato in maniera intenzionale in funzione anticiclica, ma il fatto che in Italia l'incremento del deficit deriva essenzialmente dall'incapacità del governo di controllare la spesa pubblica, dato che le misure anti-crisi ammontano a soli tre miliardi.
Peraltro il quadro dei dati di finanza pubblica non risulta completo, in quanto né il DPEF né l'assestamento del bilancio contengono indicazioni sull'andamento tendenziale del fabbisogno e dell'indebitamento. Ritiene poi non convincente il rinvio delle riforme strutturali, in considerazione dell'aumento del debito pubblico. Giudica poi grave e sottovalutata la perdita di capacità di acquisto delle famiglie che fa seguito alla perdita di ricchezza delle famiglie già denunciata da diverse fonti. In questo contesto, rileva che la manovra correttiva ipotizzata dal Governo per il triennio 2010-2012, che vedrà la pressione fiscale mantenuta a livelli record intorno al 43 per cento del PIL, peserà soprattutto sulle famiglie a reddito fisso, a causa della tolleranza manifestata nei confronti dell'evasione fiscale.
Insieme, la scelta di non operare un'immediata manovra correttiva nasconde un'esplicita scelta a favore di un atteggiamento inerziale nei confronti della crisi. Rileva peraltro che, anche in questo quadro, per garantire il rispetto dei valori tendenziali indicati, si dovrebbero comunque realizzare alcune condizioni allo stato invece di incerta concretizzazione, quali ad esempio i rinnovi contrattuali.
Denuncia quindi le numerose lacune del documento: in primo luogo, sottolinea la mancanza di politiche per l'occupazione, settore nel quale si continua a trascurare la drammatica situazione dei lavoratori precari. Manca un'azione riformatrice anche per le pensioni, rispetto alle quali non è fornito alcun dettaglio, fatta eccezione per l'intervento già previsto nel decreto-legge n. 78 del 2009 sull'età pensionabile delle donne e sulla «rottamazione dei dirigenti pubblici». Rileva peraltro che tale ultimo intervento si può tradurre paradossalmente in un trattamento di favore, vale a dire in un pensionamento anticipato per molti dirigenti, considerata la possibilità di tener conto del riscatto a fini previdenziali degli anni universitari. Segnala poi l'inesattezza delle informazioni relative ad alcuni disegni di legge collegati come quello sui lavori usuranti e sui diritti sindacali, il cui iter è ben lontano dallo stato avanzato indicato nel documento.
A fronte di questa vaghezza, osserva che i dati della disoccupazione continuano ad esser preoccupanti in quanto, come

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segnalato dalla SVIMEZ nel suo ultimo rapporto, è aumentata di ben 500.000 unità la forza-lavoro «scoraggiata», che cioè interrompe la ricerca di un'occupazione. In questo contesto il DPEF non contiene riferimenti all'esigenza di riformare il sistema della ricerca e dell'interrelazione tra piccole e medie imprese ed università, mentre si è notevolmente depotenziato l'unico strumento utile, il credito di imposta per la ricerca, per il quale è risultato fallimentare il meccanismo del «rubinetto».
In questo contesto, la SVIMEZ segnala anche la sottrazione di 18 miliardi di euro al Fondo per le aree sottoutilizzate, che salgono a 20 miliardi se si considera il taglio operato per la ricostruzione dell'Abruzzo. Parimenti, mancano informazioni sulla riforma del lavoro pubblico; mentre l'allegato infrastrutture non contiene elementi sull'individuazione delle risorse necessarie per la realizzazione delle infrastrutture strategiche. Al riguardo, le dichiarazioni del Ministro Matteoli risultano smentite dall'assenza di specifici stanziamenti; in molti casi progetti saranno avviati senza che vi siano le condizioni per la loro completa realizzazione. Anche per quel che concerne le comunicazioni, il finanziamento della banda larga è ancora una volta a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate e non si individuano modalità nuove di finanziamento. Dopo aver rilevato la situazione di stallo che il DPEF conferma sulla politica di privatizzazioni e la scarsa attenzione dedicate alle politiche ambientali e a quelle per il welfare e la salute, conclude giudicando ampiamente deficitario e insoddisfacente il DPEF per gli anni 2010 e 2012.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta convocata per domani mattina alle 9. Ricorda peraltro che in tale seduta la Commissione dovrà comunque procedere al conferimento del mandato al relatore, poiché l'avvio della discussione sul documento in Assemblea è prevista per la seduta pomeridiana di domani.

La seduta termina alle 20.45.