CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 21 luglio 2009
206.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (III e VII)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Martedì 21 luglio 2009. - Presidenza del presidente della III Commissione, Stefano STEFANI. - Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri, Alfredo Mantica.

La seduta comincia alle 13.35.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, con Allegato, adottata a Parigi il 2 novembre 2001, e norme di adeguamento all'ordinamento interno.
C. 2411 Governo.

(Esame e rinvio).

Le Commissioni riunite iniziano l'esame del provvedimento.

Stefano STEFANI, presidente per la III Commissione, segnala l'urgenza di concludere l'esame del provvedimento presso questo ramo del Parlamento prima della chiusura estiva, dal momento che è imminente una convocazione della Conferenza delle Parti aderenti alla Convenzione.

Elena CENTEMERO (PdL), relatore per la VII Commissione, ricorda che il disegno di legge in esame reca l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, adottata dalla Conferenza generale dell'UNESCO il 2 novembre 2001. Si tratta di uno strumento internazionale in grado di garantire la tutela dei beni culturali sommersi al di fuori della possibile zona di giurisdizione archeologica degli Stati costieri, massimo 24 miglia, colmando così le lacune della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare UNCLOS, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, ratificata dall'Italia ai sensi della legge 2 dicembre 1994, n. 689. Ricorda altresì che la Convenzione UNESCO, nel migliorare il regime del diritto internazionale del mare con riferimento alla protezione dei beni culturali, rappresenta un ragionevole compromesso tra le posizioni degli Stati, come l'Italia, che avrebbero voluto un'incondizionata estensione dei diritti dello Stato costiero al patrimonio culturale situato sulla piattaforma continentale e nella zona economica esclusiva e quelle degli Stati - tra i quali gli Stati Uniti d'America - che non erano disposti ad accettare l'innovazione indicata, allo scopo di mettere in

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grado le Parti di tutelare al meglio il loro patrimonio sommerso. Aggiunge che la Convenzione stabilisce uno standard comune per la protezione di tale patrimonio, prevedendo misure di prevenzione contro la possibilità che venga saccheggiato o distrutto. La Convenzione è entrata in vigore il 2 gennaio 2009.
Per quanto riguarda i profili di competenza della VII Commissione, osserva che l'articolo 1 della Convenzione definisce e delimita il concetto di «patrimonio culturale subacqueo», costituito da tutte le tracce di esistenza umana che abbiano carattere culturale, storico o archeologico, e che siano o che siano state parzialmente o totalmente sommerse da almeno cento anni. La definizione di patrimonio culturale subacqueo include dunque siti, strutture, edifici, resti umani, navi affondate e il loro carico, oggetti preistorici. Da tale definizione, viene esplicitato, sono esclusi oleodotti, cavi posizionati sui fondali marini ed altri impianti. L'articolo 2 definisce quali i principi generali, coerenti con quelli già in uso nell'ordinamento nazionale, l'obbligo per le Parti di preservare il patrimonio culturale subacqueo nell'interesse dell'umanità e di adottare misure conseguenti; la conservazione in situ del patrimonio culturale subacqueo come opzione prioritaria prima di autorizzare o intraprendere qualsiasi intervento su di esso; il divieto di sfruttamento del patrimonio culturale subacqueo a fini commerciali. Viene inoltre prevista la vigilanza degli Stati membri sul rispetto dei resti umani sommersi. L'articolo 3 della Convenzione mette in evidenza gli aspetti integrativi della Convenzione rispetto alla citata Convenzione delle Nazioni Unite UNCLOS. Precisa, in particolare, che le disposizioni della Convenzione in esame non pregiudicano i diritti, la giurisdizione e i doveri derivanti agli Stati dal diritto internazionale e dalla loro adesione alla Convenzione ONU sul diritto del mare. Essa viene anzi esplicitamente citata all'articolo 8, laddove si dice che, in applicazione dell'articolo 303, paragrafo 2, della Convenzione sul diritto del mare, le parti possono autorizzare interventi sul patrimonio culturale subacqueo nella loro zona contigua. Ricorda peraltro che l'articolo 33 della Convenzione sul diritto del mare stabilisce che la zona contigua non può estendersi oltre 24 miglia marine dalla linea di base da cui si misura la larghezza del mare territoriale. Inoltre il paragrafo 2 dell'articolo 303 della Convenzione ONU sul diritto del mare riguarda gli oggetti archeologici e storici scoperti in mare in particolare: al fine di controllare il commercio di questi oggetti, lo Stato costiero può presumere che la loro rimozione dal fondo del mare, nella zona contigua, senza la sua autorizzazione, si risolva in una violazione, nell'ambito del suo territorio o del suo mare territoriale, delle leggi e dei regolamenti indicati. L'articolo 4 disciplina quindi l'uso dei due istituti di diritto marittimo, denominati salvage law e law of finds, non applicabili a nessuna attività relativa al recupero di tali beni, salvo che non vi sia una specifica autorizzazione in tal senso da parte delle autorità competenti. L'articolo 6 definisce la possibilità per gli Stati parte di stipulare accordi bilaterali, regionali e multilaterali e a sviluppare quelli esistenti. A questo proposito il Ministro degli affari esteri e quello per i beni e le attività culturali nel 2003 promossero un convegno per organizzare consultazioni internazionali in merito ad una convenzione relativa al patrimonio culturale subacqueo nel Mediterraneo. Ricorda che il diritto esclusivo del singolo Stato a regolare il patrimonio culturale sommerso nelle acque interne, arcipelagiche e al mare territoriale è normato invece dal successivo articolo 7, mentre gli articoli 9 e 10 trattano della gestione del patrimonio culturale subacqueo che giace nella zona economica esclusiva e sulla piattaforma continentale, la cui tutela è a carico dello Stato cui pertengono tali aree. Gli articoli 11 e 12 trattano quindi del patrimonio culturale subacqueo nell'Area internazionale, la cui protezione incombe a tutti gli Stati parte, anche conformemente a quanto disposto dall'articolo 149 della Convenzione ONU sul diritto del mare.

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Rileva che le attività di cooperazione internazionale nelle operazioni di protezione del patrimonio culturale subacqueo, con riguardo ai settori dello studio, della ricerca e della conservazione nonché dell'attività divulgativa sono previste quindi agli articoli 19 e 20; mentre l'articolo 21 è dedicato invece alla formazione in archeologia subacquea e alle tecniche di conservazione del patrimonio culturale subacqueo. L'articolo 22 prevede l'istituzione - o il rafforzamento nel caso in cui esistano - di Autorità nazionali competenti per la protezione del patrimonio culturale subacqueo, responsabili della sua inventariazione, dell'effettiva protezione, della conservazione e della sua valorizzazione. Nel disegno di legge di autorizzazione alla ratifica, l'articolo 8 stabilisce che per l'Italia tali compiti saranno affidati al Ministero per i beni e le attività culturali, e che per le navi di Stato o da guerra, le operazioni saranno condotte in cooperazione con il Ministero della difesa. Rinvia quindi ai restanti articoli, ricordando solo che l'Allegato alla Convenzione contiene 36 Regole, costituite da disposizioni pratiche molto dettagliate riguardanti le attività dirette alla tutela del patrimonio culturale subacqueo. Tali regole, largamente riconosciute e applicate, sono diventate, negli anni, un punto di riferimento nel campo degli scavi e dell'archeologia subacquea, e il loro inserimento nella Convenzione viene ritenuto una grande acquisizione.
Con riferimento al disegno di legge di ratifica, ricorda che gli articoli 1 e 2 contengono, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, con Allegato, fatta a Parigi il 2 novembre 2001. L'articolo 3, al quale si rinvia, prevede invece il caso in cui la zona compresa tra le 12 e le 24 miglia nautiche si sovrapponga con analoga zona di un altro Stato con cui non sia ancora intervenuto un accordo di delimitazione.
Ricorda infine che l'articolo 94 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, ha reso già applicabili, nelle more dell'approvazione della legge di ratifica, i principi della Convenzione UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, adottata a Parigi il 2 novembre 2001. In base alla norma, gli oggetti archeologici e storici rinvenuti nei fondali della zona di mare estesa dodici miglia marine a partire dal limite esterno del mare territoriale, cosiddetta «zona contigua», sono tutelati ai sensi delle «regole relative agli interventi sul patrimonio culturale subacqueo», allegate alla Convenzione. L'articolo 4 del disegno di legge di ratifica definisce la disciplina dei ritrovamenti nelle zone di protezione ecologica, mentre l'articolo 5 contiene norme dettagliate riguardanti le denunce di ritrovamento e le richieste di autorizzazione. In particolare il comma 1 dell'articolo 5 ribadisce che, come stabilito dall'articolo 9, paragrafo 1, lettera a), e dall'articolo 10, paragrafo 2 della Convenzione, i ritrovamenti effettuati nelle zone di protezione ecologica o sulla piattaforma continentale italiane debbono essere dichiarate all'Autorità marittima entro tre giorni. Il comma 2 prevede invece che l'autorizzazione all'intervento, come richiesta dall'articolo 10 della Convenzione, sia rilasciata o negata dal Ministero per i beni e le attività culturali cui l'Autorità marittima trasmette le denunce e le richieste di autorizzazione. Anche il Ministero degli affari esteri deve essere informato.
Aggiunge che in base all'articolo 6, comma 1, che richiama l'articolo 11, paragrafo 1 della Convenzione, i ritrovamenti nell'Area internazionale dei fondi marini e nel relativo sottosuolo, o l'impegno a procedere ad interventi su tale patrimonio, devono essere denunciati al Ministero degli affari esteri il quale è tenuto a trasmettere la denuncia al Ministero per i beni e le attività culturali, nonché al Ministero della difesa se il bene in questione è una nave di Stato o da guerra.
Ribadisce che l'articolo 8 del disegno di legge di ratifica assegna al Ministero per i beni e le attività culturali il ruolo di autorità competente per le operazioni di inventariazione, protezione, conservazione

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e gestione del patrimonio culturale subacqueo, in ottemperanza dell'articolo 22 della Convenzione. Si rinvia invece agli articoli 9 e 10, rispettivamente in materia di descrizione del progetto di intervento sul patrimonio culturale subacqueo e di sanzioni.
La Relazione tecnica allegata al disegno di legge in esame riconduce l'onere dell'attuazione del provvedimento alla partecipazione alla Conferenza degli Stati Parte che si riunirà almeno una volta ogni due anni a Parigi, sede dell'UNESCO, 6.330 euro ogni due anni, e alla riunione degli esperti del Consiglio tecnico, nell'ipotesi che questo si riunisca in concomitanza con la conferenza delle Parti, 7.125 euro ad anni alterni. Il provvedimento è corredato di un'analisi dell'impatto della regolamentazione, AIR, e di un'analisi tecnico-normativa, ATN, che fornisce un'ampia e dettagliata analisi del quadro normativo nel quale il provvedimento s'inserisce senza problemi di incompatibilità alcuna. L'articolo 12, infine, dispone l'entrata in vigore della legge per il giorno successivo a quella della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Michaela BIANCOFIORE (PdL), relatore per la III Commissione, illustra il provvedimento in titolo relativamente agli aspetti di competenza della Commissione rilevando che la Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo è stata adottata a Parigi il 2 novembre 2001 dagli Stati membri dell'UNESCO ed è entrata in vigore il 2 gennaio 2009. Rinviando all'intervento della collega Centemero quanto all'indicazione dei contenuti complessivi del provvedimento in titolo, sui profili di competenza della III Commissione segnala, in primo luogo, la norma di cui all'articolo 3 che disciplina il caso in cui la zona compresa tra le 12 e le 24 miglia nautiche si sovrapponga con analoga zona di un altro Stato e non sia ancora intervenuto un accordo di delimitazione delle due aree. In questo caso, l'articolo 3 in esame prevede che le competenze dello Stato italiano non si estendano oltre la linea mediana come definita all'articolo 1, comma 3, della legge n. 61 del 2006. Occorre peraltro ribadire, a questo proposito, che l'articolo 94 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n 42, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio, ha reso già applicabili, nelle more dell'approvazione della legge di ratifica, i principi della Convenzione UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, adottata a Parigi il 2 novembre 2001. In base all'articolo 4, la disciplina dei ritrovamenti nelle zone di protezione ecologica, oltre le 24 miglia nautiche e fino al loro limite esterno, coincide con quella dei ritrovamenti nella zona economica esclusiva e sulla piattaforma continentale contenuta negli articoli 9 e 10 della Convenzione, cui viene fatto rinvio. Le competenze specifiche delle diverse amministrazioni dello Stato, per quanto attiene ai ritrovamenti di beni ascrivibili al patrimonio culturale sottomarino localizzato nella zona di protezione ecologica o sulla piattaforma continentale sono disciplinate rispettivamente dagli articoli 5 e 6 che regolano altresì le modalità di intervento su entrambe le categorie di beni, che devono essere approntate a livello nazionale e internazionale. Al Ministero degli affari esteri è attribuito l'obbligo di notificare al Direttore generale dell'UNESCO e agli Stati parte interessati le dichiarazioni rese ai sensi dell'articolo 9 della Convenzione. I ritrovamenti nell'area internazionale dei fondi marini e nel relativo sottosuolo, o l'impegno a procedere ad interventi su tale patrimonio, devono essere denunciati al Ministero degli affari esteri. Il Ministero trasmetterà poi tale denuncia al Ministero per i beni e le attività culturali, nonché al Ministero della difesa se il bene in questione è una nave di Stato o da guerra (articolo 6, comma 1, che a sua volta richiama l'articolo 11, paragrafo 1 della Convenzione). L'articolo 7 prescrive la notifica da parte del Ministero degli affari esteri al Direttore generale dell'UNESCO del patrimonio culturale subacqueo confiscato in quanto recuperato in modo non conforme alla Convenzione, così come prescritto dall'articolo 18 della Convenzione

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medesima. Le spese per l'attuazione del provvedimento, secondo quanto previsto dall'articolo 11, sono quantificate in 13.455 euro annui a decorrere dal 2009 per ciascuno dei bienni successivi cui si provvederà mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio 2009-2011 nell'ambito dei programma fondi di riserva e speciali della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. La Relazione tecnica allegata al disegno di legge in esame riconduce l'onere dell'attuazione del provvedimento alla partecipazione alla Conferenza degli Stati Parte che si riunirà almeno una volta ogni due anni a Parigi, sede dell'UNESCO ed alla riunione degli esperti del Consiglio tecnico, nell'ipotesi che questo si riunisca in concomitanza con la conferenza delle Parti.
Alla luce di quanto osservato, preannuncia, anche a nome del relatore per la VII Commissione, la presentazione di proposte emendative nel prosieguo dell'esame, riferite agli articoli 4, 5, 6 e 10 del disegno di legge, che procede ad illustrare sommariamente. In particolare, per quanto riguarda le proposte emendative da riferire all'articolo 4, esso dovranno consentire di adottare l'espressione «miglia marine» in luogo di «miglia nautiche», in quanto l'unità di misura è identificata con questo nome, fra l'altro, nella legge 7 aprile 1930, n. 538, che ne disposto l'adozione della Convenzione, e nelle norme che disciplinano l'estensione del mare territoriale; si dovrà poi provvedere per successivo coordinamento a uniformare tale dizione anche nella rubrica dell'articolo 3.
In merito all'articolo 5, segnala che le proposte dovranno prevedere il destinatario della domanda di autorizzazione è il Ministero per i beni culturali, e che spetta all'Autorità marittima ricevere le domande presentate per il successivo inoltro all'amministrazione competente. Occorre inoltre incidere sui commi 1 e 5 dello stesso articolo 5 per precisare che la denunzia, nel caso di nave in navigazione, può essere trasmessa anche senza la presentazione di un atto in forma scritta; ciò appare necessario in ragione della brevità del termine stabilito di tre giorni. Conseguentemente occorre uniformare l'articolo 6 uniformando a tre mesi il termine previsto.
Infine, rileva l'opportunità procedere ad una modifica dell'articolo 10 per sanare l'apparente discrasia fra il comma 1, che comprende nella fattispecie penalmente sanzionata la denunzia tardiva, e il comma 2, il quale sembrerebbe voler sanzionare penalmente soltanto l'omessa denunzia, senza peraltro precisare le conseguenze della denunzia tardiva. Occorre infatti distinguere opportunamente le due condotte (omessa e tardiva denunzia) da cui l'ordinamento fa solitamente discendere conseguenze diverse sul piano sanzionatorio.

Il sottosegretario Alfredo MANTICA sottolinea che la Convenzione in titolo è finalizzata a scongiurare il rischio di saccheggio del patrimonio culturale subacqueo. L'Italia ha peraltro preso parte attivamente al negoziato finalizzato alla sigla della Convenzione, che ha incontrato la contrarietà di Paesi importanti come ad esempio gli Stati Uniti. Auspica quindi un celere percorso di ratifica in considerazione dell'esigenza di tutelare in particolare il patrimonio culturale presente nelle acque del Mar Mediterraneo e alla luce delle iniziative già assunte dall'Italia a livello di rapporti bilaterali, come nel caso della Croazia. Condivide, infine, la portata delle proposte emendative anticipate dal relatore per la III Commissione, onorevole Biancofiore, preannunciando il parere favorevole del Governo.

Michaela BIANCOFIORE (PdL), relatore per la III Commissione, si associa agli auspici per un sollecito iter di esame del provvedimento, anche in vista della Conferenza delle Parti prevista per il prossimo dicembre, come già ricordato dal presidente Stefani.

Il sottosegretario Alfredo MANTICA fa presente al riguardo la possibile candidatura dell'Italia ad un seggio all'interno del Consiglio consultativo scientifico e tecnico, previsto all'articolo 23 della Convenzione.

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Franco NARDUCCI (PD), in previsione della presentazione di emendamenti da parte dei relatori, esprime l'auspicio per la disponibilità di tempi congrui alla valutazione delle proposte presentate.

Stefano STEFANI, presidente per la III Commissione, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che è concluso l'esame preliminare del provvedimento. D'intesa con la collega Presidente Aprea, propone di fissare ad oggi, alle ore 20, il termine per la presentazione degli emendamenti e di procedere alla convocazione delle Commissioni domani, per poi trasmettere immediatamente il testo risultante alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri.

Le Commissioni convengono.

Stefano STEFANI, presidente per la III Commissione, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.55.