CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 14 luglio 2009
201.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Martedì 14 luglio 2009. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

La seduta comincia alle 13.55.

Legge comunitaria 2009.
C. 2449 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 7 luglio 2009.

Mario PESCANTE, presidente, ricorda che, essendosi ormai concluso l'esame preliminare congiunto del disegno di legge comunitaria per il 2009 e della Relazione annuale, la Commissione avvia oggi la fase successiva di esame degli articoli e degli emendamenti ad essi riferiti, limitatamente al disegno di legge comunitaria.
Rammenta innanzitutto che sono pervenuti alla Commissione due emendamenti ed un articolo aggiuntivo, approvati rispettivamente dalle Commissioni II (Giustizia), XI (Lavoro) e XIII (Agricoltura). Ricorda che questi emendamenti potranno essere respinti dalla XIV Commissione solo per motivi di compatibilità con la normativa comunitaria o per esigenze di coordinamento generale.
Avverte che stati inoltre presentati - direttamente alla XIV Commissione - diversi

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emendamenti ed articoli aggiuntivi. Questi nuovi emendamenti, che riguardano diverse materie, sono stati trasmessi alle Commissioni di merito competenti per l'espressione del parere. Anche in questo caso, gli emendamenti sui quali le Commissioni di settore si saranno pronunciate favorevolmente potranno essere respinti dalla XIV Commissione solo per motivi di compatibilità con la normativa comunitaria o per esigenze di coordinamento generale.
Tutti gli emendamenti sinora presentati sono contenuti nel fascicolo a stampa in distribuzione (vedi allegato).
Ai fini dell'organizzazione dei lavori delle Commissioni, occorrerà prima consentire alle Commissioni di settore di esprimersi sugli emendamenti da noi trasmessi e, successivamente avviare l'esame presso di noi. L'esame degli emendamenti presso la XIV Commissione potrebbe avere inizio a partire da martedì 21 luglio prossimo.
Comunico quindi che sono da considerare inammissibili i seguenti emendamenti e articoli aggiuntivi:
l'emendamento 1.3 Formisano, che mira ad inserire la direttiva 2005/75/CE nell'allegato B. Tale direttiva non necessita tuttavia di recepimento nell'ordinamento italiano in quanto essa ha novellato la direttiva 2004/18/CE, poi attuata con il D.Lgs. 163 del 2006, recante il Codice degli appalti pubblici;
gli identici emendamenti 7.1 Negro e 7.2 Volontè che recano modifiche alla legge n. 82 del 2006 (»Disposizioni di attuazione della normativa comunitaria concernente l'Organizzazione comune di mercato del vino») introducendo una disciplina transitoria in materia di sanzioni, e non appaiono in alcun modo configurabili quali attuazione di obblighi comunitari.

Avverte inoltre che è da considerare irricevibile l'emendamento 6.2 Borghesi, in quanto riproduce un emendamento già respinto dalla XI Commissione.
Segnala infine che, in ordine all'ammissibilità, la Presidenza si riserva una ulteriore valutazione degli articoli aggiuntivi 7.06 e 7.07 Pini.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.10.

SEDE CONSULTIVA

Martedì 14 luglio 2009. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

La seduta comincia alle 14.10.

DL 78/2009: Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali.
C. 2561 Governo.

(Parere alle Commissioni V e VI).
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta dell'8 luglio 2009.

Isidoro GOTTARDO (PdL), relatore, formula una proposta di parere favorevole.

Enrico FARINONE (PD) tenuto conto dei ristretti tempi di lavoro a disposizione della Commissione, essendo imminente l'avvio di votazioni in Assemblea, riterrebbe opportuno rinviare ad una prossima seduta la discussione della proposta di parere formulata dal relatore.

Mario PESCANTE, presidente, propone di rinviare a domani il seguito dell'esame del punto all'ordine del giorno.

La Commissione concorda.

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Ratifica ed esecuzione dei seguenti Accordi: a) Accordo tra gli Stati membri dell'Unione europea relativo allo statuto dei militari e del personale civile distaccati, fatto a Bruxelles il 17 novembre 2003; b) Accordo tra gli Stati membri della Unione europea relativo alle richieste di indennizzo nell'ambito di un'operazione dell'UE di gestione delle crisi, firmato a Bruxelles il 28 aprile 2004.
C. 2553 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Nicola FORMICHELLA (PdL), relatore, illustra il contenuto dei due Accordi in oggetto, stipulati tra gli Stati membri dell'Unione europea, e intesi a facilitare alcuni aspetti giuridici, procedurali e logistici delle missioni umanitarie e di soccorso, di mantenimento o ristabilimento della pace, di gestione delle crisi, quali previste dall'articolo 17, comma 2 del Trattato sull'Unione europea nell'ambito della PESD (Politica europea di sicurezza e difesa). La struttura del Trattato - come ricordato nella relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge originario (A.S. 1555) - ricalca lo schema della «Convenzione tra gli Stati partecipanti al Trattato nord atlantico sullo status delle loro Forze Armate (NATO SOFA)», firmata a Londra nel 1951, del Protocollo sullo statuto dei Quartieri generali militari internazionali creati in virtù del Trattato nord-atlantico (Protocollo di Parigi) dell'agosto 1952 nonché del «Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee», firmato nell'aprile 1965, tutti ratificati dal nostro Paese.
Il primo, e più rilevante, dei due Accordi concerne lo statuto dei militari e del personale civile che si trovino in posizione di distacco presso le istituzioni dell'Unione europea, nonché lo statuto dei Quartieri generali e delle Forze eventualmente messe a disposizione dell'Unione europea per lo svolgimento dei compiti previsti in ambito PESD. Da ultimo, l'Accordo in commento riguarda parimenti lo statuto dei militari e del personale civile di ciascuno Stato membro, messi a disposizione dell'Unione europea per l'impiego negli ambiti suddetti.
La Parte I dell'Accordo contiene disposizioni comuni ai militari e al personale civile: essa si compone di un breve preambolo e di 6 articoli.
Il preambolo dell'Accordo contiene una clausola di salvaguardia dei diritti e degli obblighi delle parti contraenti l'Accordo derivanti da altri strumenti internazionali istitutivi di organi giurisdizionali, in primis lo Statuto della Corte penale internazionale.
Gli articoli 1-6, dopo una serie di definizioni, riportano l'obbligo degli Stati membri di facilitare l'ingresso, il soggiorno e la partenza a fini istituzionali del personale e delle relative persone a carico, mentre dal lato di questi ultimi vige l'obbligo del rispetto delle leggi vigenti nello Stato ospitante, astenendosi altresì da comportamenti contrari allo spirito dell'Accordo in esame. È inoltre previsto che le patenti di guida militari siano riconosciute sul territorio dello Stato ospitante, nonché la facoltà del personale di ciascuno degli Stati membri di fornire assistenza medica al personale delle Forze o dei Quartieri generali proveniente da qualsiasi altro Stato membro. Il personale militare e civile è altresì tenuto ad indossare le rispettive uniformi in base ai regolamenti vigenti nello Stato di invio, ed è altresì contemplato che i veicoli di ciascuno degli Stati membri rechino una targa distintiva della loro nazionalità.
La Parte II (articoli 7 e 8) riporta disposizioni che si applicano esclusivamente ai militari e ai civili distaccati presso le istituzioni dell'Unione europea. È in particolare previsto che tali categorie possano detenere e portare armi nelle attività di preparazione delle missioni PESD, e naturalmente quando a tali missioni partecipano. Inoltre, i militari e i civili distaccati presso le istituzioni dell'Unione europea godono dell'immunità giurisdizionale in ordine a dichiarazioni, scritti o azioni ad essi riconducibili nell'esercizio delle loro funzioni istituzionali,

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ma le istituzioni dell'Unione vigilano per evitare un abuso di tali immunità: e infatti previsto che esse siano sospese dall'autorità competente dello Stato di origine o dalla pertinente istituzione dell'Unione, qualora siano tali da ostacolare il corso della giustizia. In caso di controversie su possibili abusi del sistema delle immunità, nell'ambito delle quali non sia possibile raggiungere una composizione mediante consultazioni, la pertinente istituzione dell'Unione europea stabilisce dettagliate modalità per la composizione del contenzioso, le quali sono adottate all'unanimità dal Consiglio dei ministri dell'Unione europea.
La Parte III dell'Accordo è la più rilevante: essa comprende gli articoli 9-18, e detta norme applicabili esclusivamente ai Quartieri generali e alle Forze, inclusi i militari e i civili in essi impiegati.
È anzitutto prevista per i Quartieri generali e le Forze impegnate nella preparazione dei compiti PESD, e per il relativo personale, l'autorizzazione a transitare e installarsi temporaneamente nel territorio di uno Stato membro, naturalmente con il consenso di quest'ultimo. I militari e civili impiegati nei Quartieri generali e nelle Forze suddetti riceveranno cure mediche e dentistiche di pronto soccorso alle stesse condizioni del personale di analoghe funzioni dello Stato ospitante. È fatta salva l'esclusiva responsabilità delle autorità dello Stato ospitante per le decisioni concernenti la localizzazione e la logistica correlate all'installazione di Quartieri generali o di Forze di altri Stati membri, ma ci si sforzerà - anche tramite successive intese bilaterali - di far corrispondere gli standard relativi agli alloggi e agli acquartieramenti del personale militare e civile a quelli vigenti nello Stato ospitante. Particolarmente rilevante è il diritto riconosciuto alle varie unità di personale militare o civile ospitate di esercitare funzioni di polizia negli ambienti e installazioni di pertinenza dei rispettivi contingenti - mentre al di fuori di tali ambiti le attività di polizia potranno essere esercitate solo previo accordo con le autorità ospitanti e solo qualora necessario per il mantenimento della disciplina tra i membri delle unità ospiti. È prevista la possibilità sia per i militari che per il personale civile di detenzione e porto di armi di servizio, purché conformemente alla normativa dello Stato di invio e con il consenso dallo Stato ospitante. I Quartieri generali e le Forze beneficiano inoltre in materia di imposte, telecomunicazioni, trasporti e tariffe, delle stesse agevolazioni accordate alle forze dello Stato ospitante. Per quanto concerne gli archivi i documenti ufficiali dei Quartieri generali essi sono inviolabili, salvo rinuncia dei Quartieri generali medesimi. In caso di ritenuto abuso dell'inviolabilità di archivi e documenti, l'autorità competente dello Stato ospitante che ha sollevato la questione viene consultata dal Consiglio dei ministri dell'Unione europea, il quale, ove non sia possibile una composizione del contenzioso, adotta all'unanimità dettagliate modalità per la risoluzione di esso. Sono poi previste disposizioni per evitare le doppie imposizioni sui redditi dei militari e del personale civile temporaneamente presenti dello Stato ospitante: a tal fine è previsto che i periodi di servizio dei militari e dei civili non siano considerati periodi di residenza ai fini fiscali. Inoltre, i militari e il personale civile sono esenti nello Stato ospitante da ogni imposta sulle retribuzioni corrisposte dallo Stato di origine e su ogni proprietà mobile collegata alla loro presenza temporanea nello Stato ospitante. In relazione ai poteri di giurisdizione penale e disciplinare, le autorità dello Stato d'origine hanno il diritto di esercitarli sui militari nonché sul personale civile inviati nello Stato ospitante, le autorità del quale ultimo, tuttavia, hanno a loro volta il diritto di esercizio della giurisdizione sui militari e sui civili ospitati, nonché sulle persone a loro carico, con riferimento a reati commessi nel territorio dello Stato ospitante e punibili in base alla legge in esso vigente. D'altra parte, sia le autorità dello Stato d'origine che le autorità dello Stato ospitante hanno il diritto di esercitare una giurisdizione esclusiva nei confronti dei militari e del personale civile inviati nello Stato ospitante medesimo, qualora siano compiuti

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reati punibili solo in forza di norme vigenti, rispettivamente, nel solo Stato di origine o nel solo Stato ospitante. È egualmente disciplinata l'ipotesi del concorso di entrambe le giurisdizioni: in tale eventualità le autorità dello Stato di origine avranno il diritto di priorità con riferimento a reati rivolti meramente contro la proprietà o la sicurezza dello Stato di origine, o a reati rivolti unicamente contro la persona o la proprietà di militari o civili dello Stato di origine (ovvero di persone a loro carico). La priorità giurisdizionale dello Stato di origine si applicherà anche ai reati che derivino da atti od omissioni compiuti in servizio dal personale militare civile inviato. In tutti gli altri casi il diritto di priorità giurisdizionale spetta alle autorità dello Stato ospitante. Per quanto attiene alle richieste di indennizzo di uno Stato membro verso un altro Stato membro a seguito di danni a cose o persone conseguenti all'espletamento delle attività connesse alla preparazione e allo svolgimento delle missioni PESD, si prevede la rinuncia a qualsiasi richiesta di risarcimento da parte di uno Stato membro che abbia ricevuto danni a beni di sua proprietà, se il danno è causato da un militare o un civile dell'altro Stato membro nell'esercizio delle funzioni di cui al presente Accordo o qualora il danno sia causato da un veicolo, natante o aereo utilizzato in relazione ai compiti citati. Per i danni, invece, causati ad altri beni - rispetto a quelli implicati nelle attività PESD - situati nel territorio di uno Stato membro, si ricorre a trattative tra gli Stati interessati, ma non verrà chiesto un indennizzo se l'importo del danno è inferiore una somma che il Consiglio dei ministri dell'Unione europea stabilisce all'unanimità. È inoltre prevista la rinuncia alla richiesta di qualsiasi indennizzo verso uno Stato membro nei casi in cui militare o un civile sia rimasto ferito o sia morto nell'esecuzione delle sue funzioni ufficiali. Vengono poi previste dettagliate procedure per il caso di atti o omissioni compiuti da un militare o civile nell'esecuzione delle funzioni ufficiali di cui al presente Accordo, e dai quali derivino danni a terzi. È comunque previsto che nessun militare o civile sia sottoposto a procedimenti esecutivi in base a sentenze pronunciate contro di lui nello Stato ospitante, se la controversia in sede civile è stata originata da un atto compiuto comunque nell'esecuzione delle sue funzioni istituzionali.
Per quanto poi riguarda le richieste di indennizzo fondate su atti od omissioni compiuti nello Stato ospitante dal personale militare o civile, ma non in esecuzione di funzioni ufficiali, sono anche qui previste procedure per i relativi indennizzi. L'eventuale contenzioso riguardante la liquidazione delle richieste di indennizzo che non possano risolversi mediante trattative tra gli Stati membri interessati verrà deferito all'arbitrato, ma, in mancanza di accordo sulla persona da designare, ciascuno degli Stati membri interessati potrà chiedere al Presidente della Corte di giustizia CE di scegliere una persona all'uopo qualificata.
Infine, la Parte IV (articolo 19) contiene disposizioni finali, tra le quali la previsione dell'approvazione dell'Accordo negli Stati membri secondo Le rispettive norme costituzionali, e della figura del Segretario generale del Consiglio dei ministri UE quale depositario dell'Accordo. L'applicabilità dell'Accordo è riferita al solo territorio metropolitano degli Stati membri, ciascuno dei quali, però, può notificare al depositario che esso si applica anche ad altri territori delle cui relazioni internazionali ha la responsabilità. È poi previsto che quanto disposto nella parte prima e terza dell'Accordo in esame si applichi solo qualora la medesima materia non sia disciplinata da altro accordo. Tuttavia, in caso affermativo, si possono stabilire specifiche intese tra l'Unione europea gli Stati o le Organizzazioni internazionali interessati, al fine di individuare quale accordo sia meglio applicabile per l'operazione in atto. In mancanza di tale intesa, viene comunque salvaguardato l'altro accordo. È previsto infine che l'Accordo in esame possa essere modificato per intesa scritta e unanime dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri riuniti nel Consiglio dei ministri UE.

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L'altro accordo, sottoscritto dagli Stati membri dell'Unione europea, riguarda le richieste di indennizzo per danni ricevuti a cose o persone nell'ambito di un'operazione PESD quale contemplata dal citato articolo 17, comma 2 del Trattato sull'Unione europea, consta di un breve Preambolo e di 9 articoli. Nel Preambolo si prende atto che l'Accordo in precedenza illustrato, noto come SOFA UE, si applica in linea generale solo nel territorio metropolitano degli Stati membri, e conseguentemente le disposizioni dell'articolo 18 del SOFA UE, che concerne le richieste di indennizzo, non possono applicarsi qualora i danni o le perdite patiti si siano verificati nel territorio di paesi terzi in cui si conduce un'operazione PESD, ovvero in alto mare. Sulla base di ciò - e considerato anche che sarà necessario concludere specifici accordi con i Paesi terzi ospitanti le operazioni PESD per consentire a tali Paesi o a loro cittadini di presentare eventuali richieste di indennizzo - si è convenuto di stipulare tra gli Stati membri della UE l'Accordo in esame, il cui articolo 1 contiene le consuete definizioni.
L'articolo 2 riguarda l'applicabilità dell'Accordo in esame, per la quale occorrono due condizioni, ossia che i danni o le perdite si siano verificati nel quadro della preparazione e dell'esecuzione dei compiti PESD di cui all'articolo 17, comma 2 del TUE, e che essi si siano verificati al di fuori dei territori di applicazione del SOFA UE.
In base all'articolo 3, poi, vige la rinuncia a qualsiasi richiesta di indennizzo nei confronti di un altro Stato membro per perdite o ferimento di appartenenti al proprio personale militare o civile, a meno che non vi sia stata grave negligenza o comportamento doloso.
All'articolo 4 si prevede - come nell'Accordo in precedenza illustrato - la rinuncia a qualsiasi richiesta di risarcimento da parte di uno Stato membro che abbia ricevuto danni a beni di sua proprietà, se il danno è causato da un militare o un civile dell'altro Stato membro nell'esercizio delle funzioni di cui al presente Accordo; e anche se il danno è causato da un veicolo, natante o aereo utilizzato in relazione ai compiti citati. Anche qui, tuttavia, la rinuncia è subordinata all'assenza di negligenza grave o dolo.
Per le richieste di indennizzo diverse da quelle oggetto di rinuncia ai sensi degli articoli 3 e 4 precedenti, ma sempre legate ad attività istituzionali in ambito PESD, giusta l'articolo 5 si ricorre a trattative tra gli Stati membri interessati, purché l'indennizzo non sia inferiore a 10.000 euro - nel qual caso non si fa luogo alla richiesta di risarcimento.
All'articolo 6 si stabilisce che le disposizioni degli articoli 4 e 5 precedenti non autorizzano uno Stato membro a rifiutare il pagamento di un indennizzo per danni a beni forniti da una parte diversa dai contraenti dell'Accordo in esame - si tratta evidentemente di soggetti quali aziende di noleggio, di leasing, eccetera.
L'eventuale contenzioso (articolo 7) riguardante la liquidazione delle richieste di indennizzo che non possono risolversi mediante trattative tra gli Stati membri interessati verrà anche in questo caso - come nel precedente Accordo - deferito all'arbitrato, e, in mancanza di accordo sulla persona da designare, ciascuno degli Stati membri interessati potrà chiedere al Presidente della Corte di giustizia CE di scegliere una persona particolarmente qualificata.
Quanto al disegno di legge di autorizzazione alla ratifica dei due Accordi all'esame della Camera, esso si compone di quattro articoli, i primi due dei quali riportano rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione. L'articolo 4 prevede come sempre l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
L'articolo 3, invece, detta norme relative all'esercizio della giurisdizione in correlazione all'esecutività nell'ordinamento nazionale italiano dei due accordi in esame. In base alla relazione introduttiva al disegno di legge di autorizzazione alla ratifica, entrambi gli Accordi non comportano oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.

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Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di sicurezza stradale.
Testo unificato C. 44 Zeller e Brugger e abb.

(Parere alla IX Commissione).
(Esame emendamenti al testo unificato e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Maurizio DEL TENNO (PdL), relatore, si sofferma in primo luogo sull'emendamento 1.3 all'articolo 1, approvato in linea di principio dalla IX Commissione. La proposta emendativa inserisce due nuovi commi dopo il comma 1 dell'articolo 1: il comma 1-bis novella l'articolo 62 del Codice della strada, relativo ai limiti di massa dei veicoli, stabilendo che per i veicoli ad alimentazione a metano, elettrica e ibrida tali limiti sono ridotti, in relazione allo spazio occupato dai suddetti sistemi di alimentazione. Il comma 1-ter rinvia a un decreto del Ministro dei trasporti per la definizione delle verifiche tecniche di omologazione dei veicoli di cui sopra. Lo scopo del suddetto emendamento è quello di promuovere la diffusione di veicoli commerciali più ecologici (alimentati cioè a gas o a trazione elettrica) senza però penalizzarne la portata utile rispetto ai veicoli convenzionali.
Tuttavia le disposizioni relative alla riduzione dei limiti di massa dei veicoli andrebbero valutate alla luce della normativa comunitaria sull'omologazione tecnica dei veicoli che, a partire dal 1970, ha subito numerose modifiche. La direttiva 70/156/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, ha dato una prima attuazione al mercato unico nel settore automobilistico istituendo la procedura di omologazione CE. A questa prima direttiva sono seguite diverse direttive, talune «particolari» relative alla procedura di omologazione CE ed altre modificative della direttiva 70/156/CE. Da ultimo, con la direttiva 2007/46/CE, che ha abrogato la direttiva 70/156/CE, è stato istituito un quadro per l'omologazione di tutti i veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli. Pertanto l'obbligo di omologazione CE, già vigente per i veicoli a motore delle categorie M1 ed L) è stato esteso a tutte le altre categorie di veicoli. L'omologazione può essere concessa solo se il veicolo rispetta tutte le pertinenti prescrizioni tecniche, contenute in circa 60 regolamenti e direttive particolari in materia di sicurezza per la circolazione stradale e protezione dell'ambiente. La direttiva prevede una entrata in vigore delle disposizioni differita in un arco di tempo tra il 2009 ed il 2014 in relazione alla categoria del veicolo. La direttiva 2007/46/CE è stata recepita nell'ordinamento nazionale con il Decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti del 28/4/2008. Per i veicoli di categoria N1 (autocarri con massa complessiva non eccedente le 3,5 tonnellate) ed N2 (autocarri con massa compresa tra 3,5 e 12 tonnellate) l'obbligo di omologazione europea decorre, inderogabilmente, dal 29 ottobre 2010. Per quanto concerne in particolare la normativa comunitaria relativa alla prescrizioni tecniche della massa e delle dimensioni dei veicoli, essa è contenuta nella direttiva 92/21/CEE, successivamente modificata dalla direttiva 95/48/CE, per i veicoli a motore della categoria M1 (veicoli destinati al trasporto di persone, aventi al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente), recepita nell'ordinamento nazionale con diversi decreti del Ministro dei trasporti. Alle masse ed alle dimensioni dei veicoli a motore delle categorie M2, M3 e N e dei rimorchi della categoria O quali definiti negli Allegati della direttiva 70/156/CEE, si applicano invece le disposizioni della direttiva 97/27/CE, come modificata dalla direttiva 2003/19/CE. In base a tale norma non è possibile escludere dal calcolo delle masse dei veicoli il peso dei serbatoi del gas per autotrazione o quello delle batterie

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nel caso di veicoli elettrici. La direttiva 97/27/CE è stata recepita nell'ordinamento con il decreto del ministro dei trasporti del 14 novembre 1997, mentre la direttiva 2003/19/CE è stata recepita con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti del 12 settembre 2003.
Alla luce della normativa sopra descritta, l'argomento meriterebbe ulteriori approfondimenti e valutazioni. In particolare, si segnala che:
le disposizioni recate dall'emendamento in esame risulterebbero di difficile implementazione a livello di decretazione amministrativa. Infatti, sarebbe necessario re-introdurre una norma di omologazione nazionale, a poco più di 12 mesi dall'entrata in vigore obbligatoria di un regime di omologazione europea armonizzata, per ciò che concerne le masse dei veicoli e la loro classificazione;
le disposizioni eventualmente introdotte con l'emendamento potrebbero restare in vigore soltanto temporaneamente, fino alla data del 29 ottobre 2010, quando scatterà l'obbligo inderogabile dell'omologazione europea;
le norme tecniche di implementazione, che devono essere obbligatoriamente notificate alla Commissione europea, potrebbero essere oggetto di obiezioni, sia per la mancata applicazione delle prescrizioni tecniche contenute nella citata direttiva 97/27/CE, sia sulla conseguente disapplicazione di altre importanti prescrizioni quali l'obbligo di installazione del limitatore di velocità (previsto per veicoli di massa massima superiore a 3.5 tonnellate), del tachigrafo digitale e la necessità di patente di guida di categoria C.

Passando quindi all'esame dell'emendamento 12.7 all'articolo 12, questo reca alcune modifiche all'articolo 12 e, conseguentemente, all'articolo 21 del testo all'esame che modifica la disciplina dettata dagli artt. 174, 176, 178 e 179 C.d.S. in materia di autotrasporto, con riferimento alla durata della guida, ai periodi di riposo e ai registri di servizio degli autoveicoli adibiti al trasporto, al fine di dare attuazione a quanto dettato dal Regolamento (CE) n.561/2006 anche in ordine al regime sanzionatorio.
Risulta riformulato dall'articolo 21 del nuovo testo anche l'articolo 178 C.d.S., che riguarda i documenti di viaggio dei trasporti professionali effettuati con veicoli non muniti di cronotachigrafo, ai quali si applicano le disposizioni dell'Accordo europeo relativo alle prestazioni lavorative degli equipaggi dei veicoli addetti ai trasporti internazionali su strada, concluso a Ginevra il 1o luglio 1970 (AETR). L'articolo 178 estende ai suddetti veicoli la disciplina in materia di durata della guida, tenuta dei documenti e relative sanzioni prevista per gli altri veicoli adibiti al trasporto professionale. Le modifiche proposte dall'emendamento 12.7 sono finalizzate ad evitare che le sanzioni per le violazioni dei limiti massimi stabiliti su base settimanale si cumulino alle sanzioni per le violazioni dei limiti massimi stabiliti su base giornaliera. Di conseguenza, a fini di coordinamento, sono modificate anche le disposizioni dell'articolo 12 concernenti la sottrazione di punti relativa alle predette violazioni.
Al riguardo, osserva che le disposizioni sono compatibili con quanto stabilito dall'articolo 19 del Regolamento 561/2006, che dà agli Stati membri la facoltà di stabilire le sanzioni applicabili in caso di infrazione e adottare i provvedimenti necessari a garantirne l'applicazione. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate, dissuasive e non discriminatorie.
Il regolamento (CE) n. 561/2006, entrato in vigore l'11 aprile 2007, ha aggiornato le norme sui tempi di guida e di riposo degli operatori addetti al trasporto su strada. La nuova disciplina si applica al trasporto su strada: di merci, effettuato da veicoli di massa superiore a 3,5 tonnellate; di passeggeri effettuato da veicoli atti a trasportare più di 9 persone compreso il conducente e destinati a tale finalità, salvo deroghe (ad esempio, per i trasporti passeggeri in servizio di linea con percorsi non superiori a 50 km, per i veicoli delle Forze dell'ordine, di emergenza o ad uso

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medico). Il regolamento reca in particolare disposizioni in materia di tempi di guida e di riposo.
Con riguardo, infine all'articolo aggiuntivo 39.01, viene inserito nel testo all'esame l'articolo 39-bis che, al comma 1, introduce nel corpus della legge n. 298/1074 l'articolo 46-bis in materia di sanzioni ai trasporti di cabotaggio stradale - ovvero la prestazione di servizi di trasporto nazionale da parte di un'impresa stabilita in un altro Stato - effettuati in violazione della normativa comunitaria. Viene in particolare proposto un inasprimento della sanzione amministrativa da 5.000 a 15.000 euro, oltre alla sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo, per i veicoli immatricolati all'estero che, nello svolgimento di attività di cabotaggio stradale, violino la normativa comunitaria e la disciplina nazionale di esecuzione. Con il comma 2 viene stabilito che - per i vettori stranieri che non compilano, o non compilano correttamente, ovvero non portano a bordo del veicolo i documenti equipollenti di trasporto - si applichi l'articolo 207 del codice della strada, che dispone specifiche modalità di pagamento immediato delle sanzioni irrogate a veicoli immatricolati all'estero.
La proposta emendativa di cui al comma 1 appare conforme alla disciplina comunitaria stabilita dal Regolamento (CEE) n. 3118/1993, successivamente modificato dal Regolamento (CE) n. 484/2002, che ha fissato le condizioni per l'ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci su strada per conto terzi in uno Stato membro. Il cabotaggio stradale può essere eseguito esclusivamente dalle imprese stabilite nei Paesi comunitari o dell'Accordo sullo Spazio Economico Europeo del 2 maggio 1992, titolari di licenza comunitaria o di licenza SEE, la cui copia certificata conforme deve essere presente a bordo del veicolo, unitamente all'attestato del conducente nei casi previsti. Il regolamento comunitario prevede che il cabotaggio stradale di merci possa essere eseguito solo a titolo temporaneo: a tale riguardo la Commissione ha pubblicato nel 2005 una «Comunicazione interpretativa» (2005/C 21/02), nella quale propone che il carattere temporaneo di un cabotaggio deve essere valutato tenendo conto della durata, della frequenza, della continuità e della periodicità della prestazione del servizio. Possono, ovviamente, eseguirsi trasporti di cabotaggio nei casi previsti dall'allegato 1 della Prima Direttiva del Consiglio del 23 luglio 1962, recante norme comuni in materia di trasporti internazionali. In materia di violazioni alle norme sul cabotaggio, l'articolo 8 del regolamento n. 3118/1993 prevede che le autorità dello Stato ospitante possano applicare sanzioni contro il vettore non residente che abbia commesso infrazioni. Le sanzioni possono consistere in un avvertimento o, in caso di infrazioni gravi o ripetute, in un divieto temporaneo ad effettuare cabotaggio sul territorio dello Stato. Le infrazioni constatate devono essere comunicate alle autorità dello Stato di stabilimento del vettore che - a loro volta - possono valutare l'opportunità di applicare un'ulteriore sanzione.
Segnala che nell'aprile scorso il Parlamento europeo ha esaminato un nuovo regolamento sul cabotaggio stradale. L'iter di approvazione definitiva del regolamento è tuttora in corso.
Nell'ordinamento nazionale l'attività di cabotaggio a titolo temporaneo sul territorio nazionale è ora regolamentata dal Decreto del Ministro dei trasporti del 3 aprile 2009, che ha sostituito il precedente decreto del marzo 2005. Le imprese titolari di licenza comunitaria o di licenza SEE possono effettuare attività di cabotaggio stradale sul territorio italiano, ai sensi del Regolamento CEE n. 3118/93, con lo stesso veicolo, oppure in caso di veicoli combinati con lo stesso veicolo a motore, fino a due trasporti di cabotaggio successivi ad un trasporto internazionale da un altro Stato membro o da un Paese terzo all'Italia, dopo aver consegnato, in territorio italiano, le merci trasportate nel corso del trasporto internazionale. A bordo del veicolo che effettua il cabotaggio deve essere conservata, unitamente alla

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copia conforme della licenza comunitaria, la documentazione che provi chiaramente il trasporto internazionale nel corso del quale si è raggiunto il territorio italiano. In caso di violazioni, si applicano le disposizioni previste dagli artt. 26 e 46 della legge n. 298/1974, che stabiliscono sanzioni pecuniarie a partire da 2.065 euro, unitamente al fermo del veicolo per un periodo di tre mesi o, in caso di reiterazione del fatto, la confisca del mezzo a carico di coloro che svolgono cabotaggio senza essere ammessi ad effettuarlo. Viene invece applicata la sanzione dell'avvertimento (annotata da parte degli organi di polizia stradale) al vettore che, nell'esecuzione del cabotaggio, commette un'irregolare tenuta del libretto relativamente ad altre informazioni che l'impresa è tenuta ad indicare.

Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.30.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

ATTI COMUNITARI

Libro verde «Verso una migliore integrazione della rete transeuropea di trasporto al servizio della politica comune dei trasporti».
COM(2009)44 def.