CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 8 aprile 2009
164.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
COMUNICATO

TESTO AGGIORNATO AL 22 APRILE 2009

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SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 8 aprile 2009. - Presidenza del presidente Stefano STEFANI. - Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

La seduta comincia alle 8.45.

Legge comunitaria 2008.
C. 2320 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla XIV Commissione).
(Seguito esame - Relazione favorevole).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 7 aprile 2009.

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI ricorda come la legge comunitaria sia lo strumento normativo essenziale dell'impegno europeo dell'Italia ed abbia segnato un indubbio incremento nella tempistica di recepimento delle direttive comunitarie. Sottolinea che nella prima lettura presso l'altro ramo del Parlamento è stato altresì possibile inserire il recepimento di ulteriori quindici direttive, con particolare riguardo all'attuazione del principio delle pari opportunità ed alla protezione dell'ambiente. Si sofferma poi sul Capo III in materia di Gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT), precisandone la natura pubblicistica stabilita dal Consiglio di Stato e richiamando la previsione del parere conforme del Ministero

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degli affari esteri nell'iter autorizzatorio. Quanto al Capo IV, ne sottolinea il rilievo per lo sviluppo della cooperazione giudiziaria e di polizia in ambito penale, ivi inclusa la delega al Governo per l'applicazione del principio del mutuo riconoscimento delle sentenze. Rende infine noto che è imminente in Consiglio dei ministri il varo del disegno di legge comunitaria 2009.

Stefano STEFANI, presidente, avverte che sono stati presentati tre emendamenti (vedi allegato 1) al disegno di legge comunitaria e chiede al relatore ed al rappresentante del Governo di esprimere il parere di competenza.

Riccardo MIGLIORI (PdL), relatore, ritiene opportuno, prima di esprimere il parere, ritornare sul tema dei GECT la cui portata innovativa è stata ribadita dall'intervento del sottosegretario Craxi. I due emendamenti Biancofiore 40.1 e 41.1 muovono, infatti, a tale riguardo da una preoccupazione motivata per talune aree del Paese, cui peraltro aveva fatto riferimento anche nella relazione svolta ieri. Il rilievo costituzionale della sovranità nazionale rappresenta in tal senso un riferimento imprescindibile. La preoccupazione è peraltro accresciuta dallo stridente contrasto tra il depauperamento in atto delle competenze della Regione Trentino Alto-Adige e la prospettiva di sviluppare in seno all'UE la cooperazione trans regionale. A suo avviso, la questione potrebbe essere risolta dall'emendamento a sua firma 41.2 che prevede l'espressione di un parere parlamentare nell'iter di autorizzazione all'istituzione dei GECT. Tuttavia, in considerazione della fase procedurale in corso, riterrebbe preferibile che la trattazione degli emendamenti avvenisse complessivamente presso la XIV Commissione, per cui dichiara di ritirare il proprio emendamento ed invita la collega Biancofiore a fare altrettanto, riservandosi però di riprenderne i contenuti nella formulazione della proposta di relazione favorevole.

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI esprime parere conforme a quello del relatore.

Gianluca PINI (LNP), anche nella sua qualità di relatore sul provvedimento presso la XIV Commissione, si associa alle considerazioni del collega Migliori.

Michaela BIANCOFIORE (PdL) ritira gli emendamenti a propria firma, purché la questione sottostante sia recepita nella proposta di relazione, ritenendo che in questa materia è bene mantenere alto il livello della sensibilità politica ed istituzionale. Nella realtà altoatesina, infatti, il partito di maggioranza relativa è ormai decisamente orientato a percorrere una strada secessionistica, sicché la costituzione di un GECT potrebbe comportare il rischio di ripristinare i confini anteriori al trattato di pace conclusivo del primo conflitto mondiale.

Alessandro MARAN (PD) sottolinea come la questione in esame assuma rilievo costituzionale per cui sarebbe utile poter tenere conto anche delle valutazioni che saranno formulate dalla I Commissione. Facendo poi riferimento all'esperienza dell'Alpe-Adria, precisa che essa è stata ancora sperimentale e ben lontana dal configurare una vera e propria cooperazione transfrontaliera, che sarebbe invece necessaria per accelerare l'integrazione e mettere in comune le risorse. Nel condividere la scelta di incoraggiare un simile processo, ricorda però come manchino ancora taluni adempimenti internazionali ed istituzionali, ferma restando l'esigenza di una preventiva riflessione sul piano costituzionale.

Roberto ANTONIONE (PdL), anche ricollegandosi alle funzioni svolte di presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, ricorda la vicenda dell'Euroregione ed il ruolo svolto nella transizione dell'ex-Jugoslavia. Fa però presente che oggi la questione si pone in termini diversi, anche perché le competenze regionali inevitabilmente si intersecano indipendentemente dai confini nazionali superati peraltro dalla comune appartenenza all'UE. Una simile prospettiva, però, nulla avrebbe a che fare con il vagheggiamento di un'ulteriore

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entità statale che invece andrebbe in controtendenza rispetto all'integrazione europea. Condivide l'esigenza di un approfondimento costituzionale avanzata dal collega Maran, poiché resta da chiarire chi avrebbe la titolarità di spesa e di controllo. Nel rammentare altresì come in passato il Ministero degli affari esteri aveva dovuto frenare alcune iniziative regionali forse troppo caratterizzate, rileva come oggi il clima sia cambiato e il processo di integrazione possa essere incoraggiato, anche se resta il problema di una legislazione-quadro che garantisca il ruolo nazionale.

Gianpaolo DOZZO (LNP) invita alla cautela circa l'inserimento della clausola della sovranità nazionale nella proposta di relazione, preannunciando la contrarietà del suo gruppo. Ritiene che in tal modo il problema verrebbe non risolto, ma enfatizzato.

Riccardo MIGLIORI (PdL), relatore, ritenendo prioritario il richiamo alla funzione di garanzia rappresentata dalla previsione del parere del Ministro degli affari esteri, aderisce all'invito del collega Dozzo.

Marco ZACCHERA (PdL) chiede chiarimenti circa l'inserzione nella proposta di relazione della previsione di un parere parlamentare.

Riccardo MIGLIORI (PdL), relatore, precisa che il proposto parere parlamentare si inserirebbe nella procedura autorizzatoria dei GECT, al fine di rafforzarne la legittimazione.

Roberto ANTONIONE (PdL) insiste sulla funzione di garanzia degli interessi nazionali svolta dal Ministero degli affari esteri, non solo sul piano politico, ma anche su quello economico. Ulteriori precisazioni, a suo avviso, potrebbero indebolire la formulazione normativa.

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI ribadisce l'importanza di assicurare in capo al competente Ministero il coordinamento di tutti gli interventi di politica estera.

Michaela BIANCOFIORE (PdL), nel riservarsi di ripresentare gli emendamenti ritirati presso la XIV Commissione, si rimette al collega Migliori per la formulazione della proposta di relazione. Chiede comunque alla Commissione di farsi carico della situazione del Trentino Alto-Adige in cui risulta ormai di fatto venuto meno l'Accordo De Gasperi-Gruber.

Riccardo MIGLIORI (PdL), relatore, illustra una proposta di relazione favorevole (vedi allegato 2).

Gianpaolo DOZZO (LNP) e Alessandro MARAN (PD) preannunciano il voto favorevole dei rispettivi gruppi.

La Commissione approva la proposta di relazione come formulata dal relatore, nominato a riferire presso la XIV Commissione.

Roberto ANTONIONE (PdL), intervenendo sui lavori della Commissione, propone di approfondire il tema dell'attività internazionale degli enti locali e delle regioni nell'ottica del loro necessario coordinamento.

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI dichiara la piena disponibilità del Governo al riguardo.

Stefano STEFANI, presidente, si impegna a porre il tema in seno all'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi.

Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2007.
Doc. LXXXVII, n. 1.

(Parere alla XIV Commissione).
(Seguito esame - Parere favorevole con osservazioni).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 7 aprile 2009.

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Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI sottolinea l'importanza dell'esame parlamentare della relazione in titolo ed auspica un ruolo sempre maggiore del Parlamento nella fase ascendente del processo comunitario. Fa quindi riferimento ai temi trattati nella relazione in materia di allargamento e di politica estera, con particolare riguardo ai Balcani occidentali, al Partenariato orientale ed all'Unione mediterranea. Ribadisce infine l'impegno italiano in sede europea per il sostegno allo sviluppo e la tutela dei diritti umani.

Riccardo MIGLIORI (PdL), relatore, illustra una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato 3), rinnovando le considerazioni già svolte ieri circa l'opportunità di scindere in futuro l'esame della relazione in titolo da quello della legge comunitaria annuale.

La Commissione approva la proposta di parere come formulata dal relatore, nominato a riferire presso la XIV Commissione.

La seduta termina alle 9.35.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 8 aprile 2009. - Presidenza del presidente Stefano STEFANI. - Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

La seduta comincia alle 9.35.

Ratifica ed esecuzione del protocollo relativo ai residuati bellici esplosivi (Protocollo V), annesso alla Convenzione di Ginevra del 10 ottobre 1980 sulla proibizione o la limitazione dell'uso di alcune armi convenzionali che possono essere considerate dannose o aventi effetti indiscriminati, fatto a Ginevra il 28 novembre 2003, con allegato.
C. 1076 Sarubbi.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Franco NARDUCCI (PD), relatore, osserva che il Protocollo in esame, concernente gli ordigni inesplosi (Protocollo V alla CCW), è stato adottato il 28 novembre 2003 nella riunione degli Stati parte della Convenzione di Ginevra del 1980 ed è il primo strumento che affronta il problema degli ordigni inesplosi e abbandonati. Dalla sua adozione, 55 Stati hanno ratificato il Protocollo V, che è entrato in vigore il 12 novembre 2006. Il Protocollo muove dunque da una volontà politica precisa: l'assunzione della responsabilità da parte degli Stati per migliorare la protezione della popolazione civile riducendo il potenziale di pericolo costituito dai residui bellici non esplosi, durante il conflitto e dopo la sua cessazione.
Ricorda che nel corso della 61a Sessione ordinaria l'Assemblea Generale dell'ONU ha dedicato ampio spazio alle questioni afferenti il disarmo, adottando diverse delibere su proposta della I Commissione. In particolare, il 6 dicembre 2006 le Nazioni Unite hanno votato, con 161 voti favorevoli nessun contrario e 17 astensioni, la risoluzione 61/84 riguardante l'applicazione della Convenzione sulla proibizione dell'uso, dello stoccaggio, della produzione e del trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione. In tale risoluzione si esortavano gli Stati firmatari della Convenzione a ratificarla senza ritardi rinnovando altresì l'appello a migliorare e promuovere la cura delle vittime delle mine, nonché favorire la loro riabilitazione e la reintegrazione socioeconomica. Poi con la risoluzione 61/100 l'Assemblea ha richiamato tutti gli Stati ad aderire alla Convenzione sulle armi che provocano sofferenze inutili o dagli effetti indiscriminati e ai relativi Protocolli affinché si potesse raggiungere una partecipazione ampia a livello planetario. Importante sembra anche il vincolo (emendamento all'articolo I) che estende l'applicazione della Convenzione e dei Protocolli ai conflitti armati che non presentano carattere internazionale.
Sul tema dei residuati bellici esplosivi e in generale delle mine antipersona, richiama anche gli autorevoli appelli del Segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon e di Papa Benedetto XVI, oltre al

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forte dettato dell'articolo 11 della nostra Costituzione. Con l'approvazione della risoluzione per lo sminamento del Kurdistan nel 1992, rivendica che il Parlamento italiano è stato il primo al mondo a dotarsi di uno strumento contro le mine che ha portato il nostro Paese ad essere un modello anche per altri Paesi europei.
Sottolinea quindi che il provvedimento in esame si inserisce in questa scia che fa del nostro Paese paladino dei diritti umani. La ratifica del Protocollo V alla Convenzione di Ginevra del 1980 da parte dell'Italia assume particolare rilievo per una serie di ragioni. In primo luogo è significativo richiamare che per la maggior parte dei Paesi dell'Unione Europea questo strumento è già in vigore: 19 Paesi su 27 lo hanno ratificato e tra questi rientrano sia quelli di vecchia adesione (Francia e Germania, ma anche l'Austria e i Paesi Bassi), sia quelli di nuova adesione come la Slovenia, la Slovacchia, la Repubblica Ceca, l'Estonia, la Romania e la Bulgaria. Inoltre, su un piano più sostanziale, il Protocollo costituisce un importante apporto al diritto umanitario in quanto è finalizzato alla protezione delle popolazioni civili coinvolte nei conflitti armati, e in particolare alla riduzione delle vittime nella fase di ricostruzione successiva ai conflitti. In questa prospettiva tale strumento costituisce un importante passo avanti nel senso di una maggiore assunzione di responsabilità da parte degli Stati circa le conseguenze dell'uso di determinati armamenti che possono causare danni alle persone e all'ambiente anche a distanza di molti anni dalla fine dei conflitti armati. Anche se il Protocollo V non è in grado di risolvere tutti i problemi legati ai residui bellici esplosivi, esso rappresenta un riconoscimento importante della responsabilità degli stati per la riduzione dei pericoli per la popolazione civile.
Rileva inoltre che il protocollo induce a riflettere, su un piano più generale, sulla «sostenibilità dei conflitti armati» e sui costi in termini umani e ambientali che essi comportano. Pur lamentando il basso grado di incisività delle sue disposizioni, è importante la sua ratifica, giacché solo una effettiva cooperazione tra gli Stati, anche nella fase post-conflittuale, e tenuto conto del necessario aiuto che gli Stati più avanzati debbono fornire a quelli con minori mezzi anche tecnologici (di prevenzione dei danni e di ricostruzione civile e sociale), può consentire alla Comunità internazionale di procedere più rapidamente verso obiettivi di pace, al fine di costruire un diritto per la pace e la prosperità di tutti i popoli. Unitamente alla Convenzione sulla proibizione delle mine antipersona, il Protocollo ERW in esame rappresenta un importante passo in avanti per affrontare il problema delle vittime dei post-conflitti. Come per gli altri Protocolli alla Convenzione, il fondamento giuridico del Protocollo V è rappresentato proprio dalla Convenzione del 1980, che stabilisce le regole generali ad esso applicabili.
Rammenta quindi che la Convenzione sul divieto o la limitazione dell'impiego di talune armi classiche, con i tre Protocolli allegati, è stata adottata il 10 ottobre 1980 a Ginevra, sotto gli auspici delle Nazioni Unite. La Convenzione è entrata in vigore a livello internazionale il 2 dicembre 1983. Attualmente sono Parti della Convenzione 109 Stati, tra cui l'Italia, che ha provveduto alla ratifica con legge 14 dicembre 1994, n. 715. Osserva che il Protocollo V in esame, si compone di 11 articoli, preceduti da un Preambolo, e da un allegato tecnico che contiene raccomandazioni riguardanti le misure preventive da adottare e le procedure ottimali da applicare. Illustra pertanto l'articolato.
L'articolo 1 contiene prescrizioni generali e definisce il campo d'applicazione del Protocollo. Il Protocollo (comma 2) si applica ai residuati bellici esplosivi che si trovano sul territorio degli Stati partecipanti, comprese le loro acque interne. Il comma 3 contiene la precisazione secondo la quale, in base ai paragrafi 1-6 della Convenzione nella versione modificata il 21 dicembre 2001, il Protocollo si applica anche alle situazioni risultanti da conflitti non internazionali. Il comma 4 opera una distinzione tra i residuati bellici esplosivi abbandonati successivamente

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all'entrata in vigore del Protocollo per la Parte sul cui territorio si trovano (apparsi quindi in seguito a nuovi conflitti armati) e quelli che invece preesistevano all'entrata in vigore del Protocollo (a cui sono espressamente dedicate le norme dell'articolo 7). L'articolo 2 contiene le definizioni di alcuni termini utilizzati nel Protocollo per facilitarne l'interpretazione. In base all'articolo 3ciascuna Parte contraente, così come ciascuna Parte coinvolta in un conflitto armato, si assume la responsabilità di tutti i residuati bellici esplosivi che si trovano su un territorio che esso controlla. Una Parte che non controlli più il territorio sul quale ha impiegato munizioni esplosive divenute residuati bellici esplosivi deve, dopo la cessazione delle ostilità attive, fornire l'assistenza volta alla individuazione di questi e alla loro eliminazione. Tuttavia, questo obbligo deve essere adempiuto solo «nel limite del possibile». La bonifica dai residuati bellici può avvenire anche attraverso l'intervento di organizzazioni terze, quali ad esempio le Nazioni Unite. L'articolo 4 contiene disposizioni dettagliate sulla comunicazione delle informazioni, che possono essere fornite sul piano bilaterale o attraverso terzi designati concordemente. In base all' articolo 5, le Parti sono obbligate a prendere tutte le precauzioni possibili sul territorio interessato che essi controllano per proteggere la popolazione civile, i singoli civili e i beni di carattere civile contro i rischi inerenti ai residuati bellici esplosivi. Le procedure ottimali da mettere in atto riguardo le precauzioni possibili sono contenute nella seconda parte dell'allegato tecnico. L'articolo 6 contiene disposizioni relative alla protezione dagli effetti dei residuati bellici esplosivi dei membri delle organizzazioni e delle missioni umanitarie che operano nella zona controllata dallo Stato contraente con il consenso di quest'ultimo. Su richiesta di un'organizzazione o di una missione umanitaria, la Parte interessata deve fornire, nella misura del possibile, informazioni sull'ubicazione di tutti i residuati bellici esplosivi. L'articolo 7concerne i residuati bellici esplosivi preesistenti all'entrata in vigore del Protocollo per lo Stato contraente. Ciascuna Parte contraente può chiedere a Stati non contraenti o ad organizzazioni internazionali competenti di ricevere da essi assistenza per risolvere i problemi posti dall'esistenza sul proprio territorio di residuati bellici esplosivi. Ciascuno Stato partecipante che può farlo fornisce assistenza per risolvere tali problemi, secondo i bisogni e le possibilità. L'articolo 8invita gli Stati contraenti che possono farlo a fornire assistenza per la demarcazione e la bonifica, l'eliminazione o la distruzione dei residuati bellici esplosivi. Tale assistenza può essere fornita per il tramite di organismi delle Nazioni Unite, il Comitato Internazionale della Croce Rossa, le Società nazionali della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa e anche organizzazioni non governative o a livello bilaterale. L'articolo 9sulle misure preventive generali, invita gli Stati contraenti a prendere misure per minimizzare il rischio di comparsa di residuati bellici esplosivi. La terza parte dell'allegato tecnico, cui l'articolo fa rinvio, contiene un elenco di tali misure, da adottarsi preventivamente. L'articolo 10 prevede la collaborazione delle Parti per l'applicazione del Protocollo e la convocazione di una Conferenza delle Alte Parti qualora almeno 18 di esse ne faccia richiesta. I costi di tali conferenze sono coperti dai partecipanti in base alla scala dei contributi stabilita dall'ONU. In base all'articolo 11 le Parti chiedono alle proprie forze armate e ad altre autorità di istruire il personale conformemente alle disposizioni del Protocollo. Le eventuali controversie circa l'interpretazione o l'applicazione del Protocollo saranno risolte in via amichevole bilateralmente, o mediante l'intervento del Segretario generale dell'ONU - depositario della Convenzione e dei suoi Protocolli - o attraverso le procedure internazionali idonee.
Illustra quindi la proposta di legge di autorizzazione alla ratifica, che consta di quattro articoli. L'articolo 1 reca l'autorizzazione alla ratifica Protocollo V della

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Convenzione del 1980; l'articolo 2 l'ordine di esecuzione e l'articolo 4 l'entrata in vigore della legge, fissata per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. L'articolo 3, sulla copertura finanziaria del provvedimento, autorizza la spesa di 50.000 euro per il 2008 con corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto nel bilancio triennale 2008-2010 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
Ricorda conclusivamente che l'iniziativa legislativa in tale materia non è riservata al Governo: circa l'ammissibilità di progetti di legge recanti autorizzazione alla ratifica ed esecuzione di trattati internazionali, in presenza dei necessari presupposti di fatto, si è infatti pronunciata positivamente la Presidenza della Camera, dopo avere acquisito il parere della Giunta per il regolamento, nella seduta del 5 maggio 1999.

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI dichiara che il Governo sta ultimando la procedura finalizzata alla presentazione di un disegno di legge di autorizzazione alla ratifica del protocollo in oggetto.

Stefano STEFANI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 9.45.

INDAGINE CONOSCITIVA

Mercoledì 8 aprile 2009. - Presidenza del presidente Stefano STEFANI.

La seduta comincia alle 15.20.

Indagine conoscitiva sulle violazioni dei diritti umani nel mondo.
Audizione di rappresentanti di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani nella Federazione russa.
(Svolgimento e conclusione).

Stefano STEFANI, presidente, propone che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione. Introduce, quindi, l'audizione.

Giuliano PRANDINI, Coordinatore nazionale per la Federazione russa della Sezione italiana di Amnesty International, svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

Intervengono, quindi, per porre quesiti e formulare osservazioni i deputati Matteo MECACCI (PD), Margherita BONIVER (PdL), Paolo CORSINI (PD) e Fabio PORTA (PD).

Giuliano PRANDINI, Coordinatore nazionale per la Federazione russa della Sezione italiana di Amnesty International, e Daniela CARBONI, Direttrice dell'Ufficio Campagne e Ricerca della Sezione italiana di Amnesty international, rispondono ai quesiti posti e forniscono ulteriori precisazioni.

Stefano STEFANI, presidente, ringrazia gli intervenuti e dichiara quindi conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.

N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.