CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 25 marzo 2009
157.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 25 marzo 2009. - Presidenza del vicepresidente Gianluca PINI.

La seduta comincia alle 14.05.

DL 5/09: Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi.
C. 2187 Governo.

(Parere alle Commissioni riunite VI e X).
(Rinvio del seguito dell'esame).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 18 marzo 2009.

Gianluca PINI, presidente, avverte che l'esame del provvedimento avrà inizio in Assemblea il prossimo lunedì 30 marzo e che le Commissioni riunite VI e X non hanno ancora concluso l'esame degli emendamenti. Il testo, modificato dagli emendamenti approvati, sarà trasmesso alle Commissioni nel pomeriggio di oggi; la XIV Commissione potrebbe pertanto esprimersi,

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sul nuovo testo, nella giornata di domani.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

DL 11/09: Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori.
C. 2232 Governo.

(Parere alla II Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 19 marzo 2009.

Enrico FARINONE (PD) si sofferma in primo luogo sull'articolo 5 del decreto-legge in esame, che rappresenta uno degli aspetti più controversi del provvedimento. L'articolo non solo estende fino ad un massimo di 180 giorni il periodo di trattenimento dello straniero nei Centri di identificazione ed espulsione, ma prevede, al comma 2, la retroattività della nuova disposizione, stabilendo che essa si applica anche agli extracomunitari che sono già detenuti all'interno di un CIE alla data di entrata in vigore del decreto in esame.
Segnala peraltro che nella sentenza n. 105/2001 la Corte Costituzionale ha avuto occasione di pronunciarsi sulla natura giuridica del trattenimento degli stranieri presso i CPTA (ora CIE), affermando che tale trattenimento è misura incidente sulla libertà personale che non può essere adottata al di fuori delle garanzie dell'articolo 13 della Costituzione, essendo il trattenimento quanto meno da ricomprendersi in quelle «altre restrizioni della libertà personale» di cui all'articolo 13. Né si può sostenere che le garanzie di cui all'articolo 13 subiscano attenuazioni rispetto agli stranieri in vista della tutela di altri beni costituzionalmente rilevanti, rivestendo comunque il valore della libertà personale un carattere di universalità, che al pari degli altri diritti che la Costituzione proclama come inviolabili, spetta ai singoli in quanto esseri umani e non in quanto partecipi di una determinata comunità politica. Pertanto la retroattività di questa disposizione è fortemente lesiva di un diritto inviolabile costituzionalmente sancito, ed appare particolarmente preoccupante.
Inoltre, la prevista estensione della detenzione amministrativa fino a sei mesi nell'ipotesi di ritardi nella necessaria documentazione da parte dei paesi terzi contrasta direttamente col principio di ragionevolezza, stabilendo che la durata maggiore o minore della detenzione amministrativa sia determinata in parte anche dalla maggiore o minore efficienza burocratica dei diversi paesi di origine, determinando così l'irragionevole discriminazione per cui un cittadino di uno Stato terzo, proveniente da un paese maggiormente arretrato, potrebbe subire in virtù di questa sola condizione, un trattenimento pari ad un tempo superiore.
Tale previsione contrasta altresì con quanto disposto dalla stessa direttiva comunitaria 2008/115/CE, cd. Direttiva rimpatri, che dovrà essere recepita in Italia, laddove questa prevede che gli stati membri possano trattenere il cittadino di un paese terzo solo se nel caso concreto non possano essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, solo per preparare il rimpatrio e/o effettuare l'allontanamento e nei casi di rischio di fuga o mancata collaborazione od ostacolo alla preparazione del rimpatrio e dell'allontanamento. La stessa direttiva contempla l'ipotesi, a scelta degli Stati membri, di un ulteriore prolungamento del tempo di trattenimento per ritardi nella necessaria documentazione dei paesi terzi, ma solo nelle ipotesi in cui siano stati compiuti tutti gli sforzi che è lecito aspettarsi, e in presenza di una serie di garanzie che debbono sempre accompagnare il trattenimento, come quelle relative al fatto che il trattenimento deve avere durata il più breve possibile, deve essere mantenuto solo per il tempo necessario all'espletamento diligente delle modalità di

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rimpatrio, dev'essere riesaminato ad intervalli ragionevoli su richiesta del cittadino in questione o d'ufficio.
In ogni caso, la direttiva impone agli Stati membri solo dei limiti massimi di detenzione, lasciando facoltà discrezionale agli Stati membri su un eventuale recepimento nei singoli ordinamenti, e il recepimento discrezionale da parte del nostro ordinamento dei soli limiti massimi di detenzione, senza le necessarie e prescritte garanzie a tutela dei diritti fondamentali, appare non solo contrario al principio di ragionevolezza, bensì anche alla stessa direttiva, e quale norma interposta, alla Costituzione.
Ricorda che in occasione dell'approvazione della cd. Direttiva rimpatri gli Stati membri hanno firmato un protocollo allegato alla direttiva con il quale si impegnavano a non inasprire le normative interne sulla scorta della direttiva. A dispetto delle dichiarazioni della Lega di voler «anticipare» i contenuti della direttiva, infatti, essendo questa volta a ravvicinare le legislazioni di 27 stati membri, aveva l'obiettivo prioritario di porre un limite massimo di detenzione nei CPT per quei paesi come l'Olanda o la Danimarca che non ne prevedono alcuno allo stato attuale.
Sottolinea in conclusione come occorra sempre avere presente che oggetto delle disposizioni in esame sono esseri umani; su questo dato fondamentale intende richiamare l'attenzione dei colleghi, a fronte di misure che spesso sembrano non tenere conto della dignità e dei diritti delle persone coinvolte.

Jean Leonard TOUADI (PD) non si sofferma sugli aspetti già richiamati dal collega Farinone, che condivide. Sottolinea la valutazione critica del suo gruppo sul decreto-legge in esame, anche rispetto al metodo seguito: il Governo ha infatti legiferato sotto la spinta delle recenti notizie di cronaca ed ha quindi prodotto un provvedimento confuso, che rivolge le misure di sicurezza pubblica principalmente sui cittadini di Paesi terzi, dando l'impressione che i problemi di sicurezza siano connessi prevalentemente con i fenomeni migratori. Si affronta inoltre il tema della violenza sessuale senza occuparsi del fenomeno della violenza domestica, socialmente assai rilevante.
Rileva quindi l'opportunità che un paese come l'Italia non sottovaluti il proprio diritto-dovere di governare i fenomeni migratori, anche tenuto conto delle proprie responsabilità in quanto 'porta dell'Europa' rispetto ai flussi di cittadini di paesi terzi. Il Paese appare invece in grave difficoltà: il coinvolgimento dei partner europei nelle politiche dell'immigrazione è ancora al di sotto delle aspettative, né si può ritenere che gli accordi conclusi con altri paesi - cita, in particolare, quello con la Libia - possano portare effetti positivi. Un'azione più incisiva e concreta in questo ambito, che pure è necessaria, deve tuttavia compiersi in un quadro di assoluto rispetto e garanzia dei diritti delle persone; occorre cioè attuare politiche di contrasto al fenomeno dell'immigrazione clandestina che non ledano i principi cardine della nostra Costituzione e delle Convenzioni alle quali l'Italia ha aderito. Non sembrano porsi in questa linea né il principio di retroattività previsto dal decreto-legge con riferimento agli extracomunitari già detenuti all'interno di un CIE alla data di entrata in vigore del decreto, né le misure recate dall'articolo 6 in materia di videosorveglianza. Sottolinea in proposito che l'Italia è indietro, rispetto agli altri paesi europei, sui sistemi di difesa passiva e che occorre sul punto fare passi avanti; bisogna tuttavia garantire il diritto alla privacy e alla riservatezza dei dati e delle persone. In tal senso, relativamente alla compatibilità tra la videosorveglianza dei luoghi pubblici da parte delle pubbliche autorità e la protezione dei diritti umani, si è peraltro espressa anche la Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto, organo consultivo del Consiglio d'Europa.

Gianluca PINI, presidente e relatore, interviene in sostituzione del relatore, onorevole Castiello. Osserva in primo luogo, con riferimento alle osservazioni

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dell'onorevole Farinone, come sia chiaro a tutti che le disposizioni in esame hanno ad oggetto esseri umani, tanto è vero che vengono in gran parte ricalcate le misure recate dalla direttiva 208/115/CE; anche l'estensione a 180 giorni del trattenimento dello straniero cittadino di paesi terzi nei Centri di identificazione ed espulsione è pienamente conforme alla lettera della direttiva. Circa l'applicazione del principio di retroattività, osserva come non via sia in questo caso, non trattandosi di materia penale, alcun contrasto con l'ordinamento comunitario o costituzionale. Con riguardo poi al tema della violenza domestica, sollevato dall'onorevole Touadi, ammette di non comprendere l'obiezione formulata, poiché il decreto-legge in esame non opera alcuna distinzione tra chi compie violenza in un parco e chi la compie tra le mura domestiche. Soffermandosi infine sulla presunta inefficacia delle misure di contrasto al fenomeno dell'immigrazione clandestina sinora adottate dal Governo, deve sottolineare che, sulla base dei dati forniti dal Ministero dell'Interno, risulta che negli ultimi 21 giorni il numero di clandestini in provenienza dalla Libia sarebbe diminuito del 90 per cento, registrandosi quindi un risultato particolarmente confortante.
Formula, in conclusione, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1), segnalando che, tra le premesse, è richiamata l'esigenza che l'utilizzo dei sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico da parte dei comuni, per la tutela della sicurezza urbana, avvenga secondo modalità che garantiscano il rispetto dei requisiti fissati dall'articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali - con particolare riferimento alla tutela della privacy, del diritto alla vita privata e della libertà di movimento - nonché dei principi contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

Jean Leonard TOUADI (PD) benché la materia non investa direttamente le competenze della XIV Commissione, desidera precisare che i pattugliamenti congiunti sulle coste italiane e libiche sono ben lungi dall'aver raggiunto la soluzione ottimale dichiarata da Governo.
Per i motivi precedentemente esposti, preannuncia quindi il voto contrario del gruppo del PD sulla proposta di parere formulata dal relatore.

Nunziante CONSIGLIO (LNP) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore.

Nicola FORMICHELLA (PdL) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore, rilevando come il Governo stia facendo di tutto per rispondere alle esigenze dei cittadini italiani.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere formulata dal relatore.

La seduta termina alle 14.35.

ATTI COMUNITARI

Mercoledì 25 marzo 2009. - Presidenza del vicepresidente Gianluca PINI.

La seduta comincia alle 14.35.

Piano d'azione per la diffusione di sistemi di trasporto intelligenti in Europa.
COM(2008)886 def.

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il quadro generale per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti nel settore del trasporto stradale e nelle interfacce con altri modi di trasporto.
COM(2008)887 def.

(Parere alla IX Commissione).
(Seguito dell'esame congiunto, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e conclusione - Parere favorevole con osservazioni).

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La Commissione prosegue l'esame congiunto dei provvedimenti in oggetto, rinviato nella seduta del 19 marzo 2009.

Nicola FORMICHELLA (PdL), relatore, formula una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato 2).

Enrico FARINONE (PD) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore.

Gianluca PINI, presidente, preannuncia il voto favorevole del gruppo della Lega sulla proposta di parere formulata dal relatore.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere formulata dal relatore.

La seduta termina alle 14.50.

ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 25 marzo 2009. - Presidenza del vicepresidente Gianluca PINI.

La seduta comincia alle 14.50.

Schema di decreto legislativo recante disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (CE) n. 423/2007 del Consiglio, del 19 aprile 2007, concernente misure restrittive nei confronti dell'Iran.
Atto n. 63.

(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

Nicola FORMICHELLA (PdL), relatore, ricorda che la legge 25 febbraio 2008, n. 34 (Legge comunitaria 2007) ha delegato il Governo ad adottare, nel rispetto di specifici principi e criteri direttivi, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni dirette a dare attuazione al regolamento (CE) n. 423/2007 del Consiglio, del 19 aprile 2007, ed, in particolare, a disciplinare le transazioni e le forniture di assistenza tecnica e/o finanziaria di servizi di intermediazione o di investimento, pertinenti a beni e tecnologie di duplice uso, nei confronti dell'IRAN, e a determinare le sanzioni penali e amministrative per le violazioni delle disposizioni in materia.
A seguito della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU n. 1737 (2006), del 23 dicembre 2006, che ha imposto all'Iran di cessare le attività di arricchimento dell'uranio prevedendo a tal fine l'applicazione di misure restrittive da parte degli Stati membri delle Nazioni Unite, è intervenuta la posizione comune 2007/140/PESC del Consiglio dell'Unione europea. Quest'ultima ha prescritto restrizioni all'esportazione e all'importazione di beni e tecnologie utilizzabili per l'arricchimento, il ritrattamento, la produzione dell'acqua pesante o lo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari, nonché il divieto di prestazione di servizi e investimenti legati ai beni e alle tecnologie a duplice uso e di acquisto dei medesimi dall'Iran, approntando altresì misure di congelamento dei fondi e delle risorse economiche di persone, entità e organismi che partecipano, sono direttamente associati o danno il loro sostegno alle attività riconducibili al programma nucleare dell'Iran.
La posizione comune 2007/140/PESC ha subito nel tempo numerose modifiche volte sostanzialmente ad adeguarne i meccanismi all'inasprimento delle posizioni nei confronti dell'Iran derivante dalle successive risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (nn. 1747 (2007) e 1803 (2008)).
In relazione all'apparato normativo messo in campo dalla posizione comune 2007/140/PESC e successive modifiche, il regolamento (CE) n. 423/2007 - anch'esso più volte modificato in conseguenza dell'evoluzione dell'apparato sanzionatorio internazionale contro l'Iran - ha introdotto disposizioni volte a disciplinare le transazioni connesse con i beni e le tecnologie a duplice uso (ossia i prodotti e le

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tecnologie che possono avere un'utilizzazione sia civile che militare, nonché i beni che possono essere utilizzati sia a fini non esplosivi che per la fabbricazione di armi nucleari), nonché le forniture di assistenza tecnica e/o finanziaria, di servizi di intermediazione o di investimento relativi a beni e tecnologie di duplice uso nei confronti dell'Iran.
Più nel dettaglio, il regolamento (CE) n. 423/2007 vieta di vendere, fornire, trasferire o esportare, direttamente o indirettamente, a qualunque persona fisica o giuridica in Iran o per un uso in Iran, alcune tipologie di beni e d tecnologie. Si tratta, tra l'altro, dei beni e delle tecnologie contenuti negli elenchi del gruppo dei fornitori nucleari e del regime di non proliferazione nel settore missilistico, dei beni e delle tecnologie che potrebbero contribuire alle attività dell'Iran connesse con l'arricchimento, il ritrattamento o l'acqua pesante o lo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari definiti dal Comitato per le sanzioni o dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (elencati all'allegato I), nonché di altri beni e tecnologie (individuati nell'allegato I-bis) che parimenti potrebbero essere collegati ad attività potenzialmente utilizzabili per lo sviluppo di sistemi di armamento nucleari, o che comunque abbiano destato l'allarme dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica. Il regolamento vieta altresì di partecipare, consapevolmente e deliberatamente, ad attività aventi l'obiettivo o il risultato di eludere i descritti divieti.
È ugualmente vietato acquistare, importare o trasportare dall'Iran beni e tecnologie inclusi negli elenchi di cui ai citati allegati I e I-bis, a prescindere dalla loro origine.
È inoltre fatto divieto di fornire assistenza tecnica o servizi di intermediazione pertinenti ai beni e alle tecnologie inclusi nell'elenco comune delle attrezzature militari dell'Unione europea, ovvero elencati negli allegati I e I-bis, a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità o organismo in Iran o per un uso in Iran. Analogamente, è proibito fornire investimenti a imprese che partecipano in Iran alla produzione dei beni e delle tecnologie menzionate e prestare finanziamenti o assistenza finanziaria connessi ai medesimi beni e tecnologie, in particolare sovvenzioni, prestiti e assicurazione dei crediti all'esportazione, per la vendita, la fornitura, il trasferimento o l'esportazione di detti beni, o per la fornitura della relativa assistenza tecnica a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità o organismo in Iran o per un uso in Iran. Da ultimo, è vietato partecipare, consapevolmente e deliberatamente, ad attività aventi l'obiettivo o il risultato di eludere i predetti divieti.
Quanto al regime sanzionatorio, il regolamento comunitario dispone il congelamento dei fondi e delle risorse economiche posseduti, detenuti o controllati dalle persone, entità e organismi elencati nell'allegato IV (individuati dal Consiglio di sicurezza o dal Comitato per le sanzioni) o nell'allegato V, che reca l'elenco dei soggetti ritenuti responsabili di dare sostegno ad attività nucleari sensibili in termini di proliferazione o di supportare lo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari dell'Iran, ovvero di essere sotto il controllo di soggetti sostenitori delle attività di proliferazione dell'Iran.
Infine, il Regolamento comunitario prevede che siano gli Stati membri a stabilire ulteriori norme sulle sanzioni applicabili alle violazioni delle descritte disposizioni, assicurando che le misure sanzionatorie siano oggettive, proporzionate e dissuasive e che vengano tempestivamente notificate alla Commissione europea.
Il regolamento, nella misura in cui si riferisce agli stessi prodotti e tecnologie, deroga alla normativa comunitaria vigente sulle importazioni ed esportazioni da e verso paesi terzi ed, in particolare, al regolamento (CE) n. 1334/2000 del Consiglio, del 22 giugno 2000 (a cui è stata data attuazione in Italia con il decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 96), che istituisce un regime comunitario di controllo delle esportazioni di prodotti e tecnologie a duplice uso. Il controllo delle esportazioni di tali beni e tecnologie a livello europeo intende garantire il rispetto degli impegni internazionali dell'Unione europea e dei

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suoi Stati membri in materia di non proliferazione delle armi di distruzione di massa e di disseminazione delle armi convenzionali.
Lo schema di decreto legislativo in esame, volto a dare attuazione alla delega contenuta nell'articolo 26 della legge comunitaria 2007 (il cui termine di scadenza è fissato al 20 maggio 2009), si compone di quattro articoli.
L'articolo 1, nel circoscrivere il campo di applicazione del provvedimento alla definizione della disciplina sanzionatoria conseguente alle violazioni delle disposizioni contenute nel regolamento (CE) n. 423/2007, individua nel Ministero dello sviluppo economico l'autorità incaricata dell'applicazione del regolamento medesimo relativamente ai beni e alle tecnologie a duplice uso. Il predetto dicastero è investito di tale competenza in quanto Autorità nazionale deputata - in base al decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 96 - all'esecuzione delle attività connesse al regime comunitario di controllo delle esportazioni di prodotti e tecnologie a duplice uso. Il Ministero dello sviluppo economico, in tale qualità, è chiamato a emettere i provvedimenti di autorizzazione, diniego, revoca, modifica o sospensione delle operazioni interessate, avvalendosi del parere, obbligatorio ma non vincolante, del Comitato consultivo di cui all'articolo 11 del citato decreto legislativo n. 96 del 2003.
L'articolo 2 reca la disciplina sanzionatoria per le violazioni degli specifici obblighi previsti dal regolamento (CE) n. 423/2007, introducendo essenzialmente pene detentive. In particolare, si prevede la pena della reclusione da tre a otto anni, per la vendita, fornitura, o esportazione, a qualunque persona fisica o giuridica in Iran o per un uso in Iran, di beni e tecnologie contenuti negli elenchi del gruppo dei fornitori nucleari e del regime di non proliferazione nel settore missilistico, o che potrebbero contribuire alle attività dell'Iran connesse con l'arricchimento, il ritrattamento, l'acqua pesante o lo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari. Analoga pena è stabilita per l'acquisto, importazione o trasporto dall'Iran dei beni e delle tecnologie sopra indicate, indipendentemente dalla loro origine. Sono parimenti sanzionate la prestazione - a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità o organismo in Iran o per un uso in Iran - dell'assistenza tecnica connessa alla fornitura di beni e tecnologie inclusi nell'elenco comune delle attrezzature militari dell'Unione europea nonché la prestazione agli stessi soggetti di assistenza tecnica o servizi di intermediazione connessi ai beni e alle tecnologie elencati negli allegati I e I-bis del regolamento. La reclusione da tre a otto anni si applica, altresì, alla fornitura e agli investimenti a imprese che partecipano in Iran alla fabbricazione dei beni e delle tecnologie inclusi nell'elenco comune delle attrezzature militari dell'Unione europea o negli allegati I e I-bis del regolamento, nonché alle forniture, ai finanziamenti o all'assistenza finanziaria connessi ai medesimi beni e tecnologie, in particolare sovvenzioni, prestiti e assicurazione dei crediti all'esportazione, per la vendita, la fornitura, il trasferimento o l'esportazione di tali beni, o per la fornitura della relativa assistenza tecnica a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità o organismo in Iran o per un uso in Iran. Costituisce reato anche la partecipazione consapevole e deliberata ad attività aventi l'obiettivo di eludere i menzionati divieti. La pena è, invece, da due a sei anni di reclusione per la vendita, fornitura, trasferimento o esportazione, diretta o indiretta, senza (o in difformità con la) preventiva autorizzazione dello Stato membro esportatore, a qualunque persona fisica o giuridica, entità o organismo in Iran o per un uso in Iran, di beni e tecnologie elencati nell'allegato II, originari o meno della Comunità. Si tratta, in sostanza, di beni e tecnologie che potrebbero contribuire ad attività connesse con l'arricchimento, il ritrattamento o l'acqua pesante o lo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari o all'esercizio di attività in relazione alle quali l'AIEA ha espresso preoccupazione. Risultano egualmente sanzionati l'assistenza tecnica o i servizi di intermediazione pertinenti ai beni e alle

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tecnologie elencate nell'allegato II, gli investimenti in imprese che partecipano in Iran alla fabbricazione di tali beni e i finanziamenti o l'assistenza finanziaria pertinenti ai medesimi beni e tecnologie. Le stesse sanzioni (da due a sei anni di reclusione) sono comminate anche per alcune particolari tipologie di transazioni, senza (o in difformità con la) autorizzazione delle autorità competenti degli Stati membri, nonché per la partecipazione, consapevole e deliberata, ad attività aventi l'obiettivo o il risultato di eludere, direttamente o indirettamente, le misure di congelamento di fondi posseduti, detenuti o controllati da persone e organismi individuati dal regolamento o per la violazione del divieto di mettere a disposizione risorse economiche in favore degli stessi soggetti. Alle pene detentive, nel caso di violazione dell'articolo 7, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 423/2007, ossia del divieto di partecipare ad attività aventi per obiettivo o per risultato di eludere, direttamente o indirettamente, le misure di congelamento di fondi e risorse economiche, possono affiancarsi le sanzioni amministrative pecuniarie previste dall'articolo 13 del decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109, recante misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l'attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, in attuazione della direttiva 2005/60/CE. In ogni caso, per quanto non diversamente disposto dal provvedimento in esame, si fa salva l'applicazione delle sanzioni previste dalla legislazione vigente.
L'articolo 3 stabilisce un obbligo di comunicazione da parte del giudice procedente al Ministero dello sviluppo economico per i reati contemplati dall'articolo 2. Per le violazioni dei divieti di cui al citato articolo 7, paragrafo 4, del regolamento, va data notizia del procedimento in corso anche al Ministero dell'economia e delle finanze nonché, in relazione agli obblighi internazionali assunti dall'Italia nella strategia di contrasto al finanziamento del terrorismo, al Comitato di sicurezza finanziaria di cui al decreto legislativo n. 109 del 2007. Con riferimento a quest'ultimo organismo, si ricorda che, nella seduta del 18 marzo scorso, la XIV Commissione ha espresso il parere di competenza su uno schema di decreto legislativo (Atto n. 62), volto a modificare il decreto legislativo n. 109 del 2007, proprio in relazione ad alcuni profili concernenti il funzionamento del Comitato di sicurezza finanziaria.
L'articolo 4, infine, prevede che dall'attuazione del decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le Amministrazioni interessate provvedono all'attuazione dei compiti derivanti dalle nuove disposizioni con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Gianluca PINI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2006/93/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, sulla disciplina dell'utilizzazione di aerei subsonici civili a reazione.
Atto n. 64.

(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

Nunziante CONSIGLIO (LNP), relatore, evidenzia che, in attuazione della delega contenuta nella legge 25 febbraio 2008, n. 34 (Legge comunitaria 2007), lo schema di decreto legislativo in esame reca norme volte a recepire la direttiva 2006/93/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, sulla disciplina dell'utilizzazione di aerei subsonici civili a reazione.
La direttiva 2006/93/CE, entrata in vigore il 16 gennaio 2007, è diretta a codificare, per ragioni di chiarezza e razionalità, la normativa introdotta dalla direttiva 92/14/CEE del Consiglio, del 2 marzo 1992, sulla limitazione dell'utilizzazione

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degli aerei disciplinati dall'Allegato 16 della Convenzione sull'aviazione civile internazionale, volume 1, parte II, capitolo 2, seconda edizione (1988), che ha subito nel tempo diverse e sostanziali modificazioni.
La nuova disciplina ha la finalità di introdurre regole comuni in materia di riduzione del rumore prodotto dagli aerei, tenendo conto dei fattori ambientali, delle possibilità tecniche e delle conseguenze economiche, garantendo che in tutta la Comunità prevalga un approccio armonizzato, anche in relazione all'impulso dato alla liberalizzazione progressiva del traffico aereo europeo. Il campo di applicazione della direttiva 2006/93/CE è circoscritto all'utilizzazione degli aerei subsonici civili a reazione e fa riferimento agli aerei la cui massa massima al decollo è uguale o superiore a 34.000 chilogrammi o il cui allestimento interno massimo certificato corrisponde a più di diciannove posti passeggeri, esclusi i sedili riservati all'equipaggio.
Le nuove norme fanno obbligo agli Stati membri di provvedere affinché tutti gli aerei subsonici civili a reazione che operano negli aeroporti situati sul loro territorio siano conformi alle norme specificate nell'allegato 16 della citata Convenzione sull'aviazione civile internazionale, consentendo tuttavia deroghe per gli aerei di interesse storico, nel rispetto di talune cautele, nonché il rilascio di specifiche autorizzazioni temporanee. Gli Stati membri sono chiamati quindi a definire le sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate per il recepimento della direttiva, assicurando che le sanzioni stesse siano effettive, proporzionate e dissuasive. La direttiva non fissa un termine per l'adeguamento degli ordinamenti nazionali. Quanto all'esercizio della delega da parte del Governo, ai sensi dell'articolo 1, commi 1 e 3, della legge comunitaria 2007, il termine per l'adozione del decreto legislativo viene in scadenza il 20 maggio 2009.
Lo schema di decreto legislativo in esame consta di 9 articoli.
L'articolo 1 definisce l'ambito di applicazione del provvedimento, riproponendo sostanzialmente le previsioni contenute nell'articolo 1 della direttiva 2006/93/CE.
L'articolo 2 conferisce all'Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.), quale unica autorità di regolazione tecnica, certificazione, vigilanza e controllo nel settore dell'aviazione civile ex articolo 687, comma 1, del Codice della navigazione, la responsabilità per l'applicazione delle nuove disposizioni e delle sanzioni amministrative di cui al successivo articolo 5.
L'articolo 3 vieta l'impiego degli aerei subsonici civili a reazione qualora non conformi ai requisiti di cui all'Allegato 16 della Convenzione sull'aviazione civile internazionale siglata a Chicago nel 1944. In proposito, evidenzia che la competenza su tale materia è attribuita principalmente all'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (International Civil Aviation Organization, ICAO), organismo la cui istituzione risale proprio alla Convenzione di Chicago. L'ICAO costituisce un'agenzia autonoma delle Nazioni Unite incaricata di sviluppare i principi e le tecniche della navigazione aerea internazionale, delle rotte e degli aeroporti e di promuovere la progettazione e lo sviluppo del trasporto aereo internazionale rendendolo più sicuro ed ordinato. Il Consiglio dell'ICAO adotta standard e raccomandazioni riguardanti la navigazione aerea e l'aviazione civile, definendo, altresì, i protocolli per le indagini sugli incidenti aerei ai quali si attengono le autorità per la sicurezza del trasporto dei paesi firmatari della Convenzione sull'aviazione civile internazionale.
L'articolo 3 prescrive, altresì, la redazione in lingua inglese dei certificati acustici, rilasciati dall'Autorità dell'aviazione civile dello Stato d'immatricolazione, di cui debbono esser muniti i velivoli subsonici, ammettendo comunque anche una traduzione, purché convalidata in via ufficiale, al fine di consentire un adeguato controllo da parte dell'E.N.A.C.
L'articolo 4 autorizza l'E.N.A.C. a concedere deroghe adeguatamente motivate al divieto di impiego degli aerei subsonici civili a reazione non conformi ai richiamati requisiti per i velivoli di interesse

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storico, prescrivendo che ne sia data notizia alle competenti Autorità per l'aviazione civile degli Stati membri e alla Commissione europea. Oltre che in tali ipotesi, l'E.N.A.C. può autorizzare l'uso temporaneo di aerei altrimenti interdetti alla navigazione aerea presso gli aeroporti nazionali qualora il loro utilizzo sia così straordinario da rendere ingiustificato un eventuale rifiuto di deroga ovvero quando gli aerei effettuino voli cd. «tecnici», ossia voli non commerciali per modifiche, riparazioni o manutenzione.
Le citate deroghe sono efficaci in Italia anche quando concesse da Autorità competenti di altri Stati membri in ordine a velivoli ivi immatricolati. Tale previsione, come evidenziato anche dalla relazione illustrativa, intende attuare il principio comunitario del mutuo riconoscimento scaturente dalla giurisprudenza della Corte di giustizia delle comunità europee (cfr., tra le altre, la sentenza Cassis de Dijon n. 120/78 del 20 febbraio 1979), in virtù del quale ogni Stato della Comunità accetta i prodotti legalmente fabbricati o commercializzati negli altri Stati membri, anche se tali prodotti sono realizzati nel rispetto di requisiti tecnici o qualitativi diversi da quelli imposti ai prodotti nazionali. Gli Stati membri possono derogare a tale principio solo in relazione ad esigenze imperative attinenti all'efficacia dei controlli fiscali, alla tutela della salute pubblica o dei consumatori. In presenza di disparità delle legislazioni nazionali, questo principio implica, dunque, il riconoscimento di regole tecniche, prescrizioni e certificati richiesti dagli altri Stati membri, purché garantiscano un equivalente livello di tutela.
L'articolo 5 irroga una sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 a 150.000 euro per l'impiego di aerei a reazione non conformi alle prescrizioni di cui all'articolo 3. La previsione dei citati limiti minimi e massimi dell'impianto sanzionatorio dovrebbe consentire di tener conto, in sede di irrogazione, dei diversi elementi oggettivi e soggettivi dell'illecito, quali la gravità della violazione, la personalità e le condizioni economiche del trasgressore nonché l'opera da questo svolta per eliminare o attenuare le conseguenze dell'infrazione.
L'articolo 6 dispone che i suddetti importi siano aggiornati, a partire dal 1o gennaio 2011, mediante applicazione dell'incremento pari all'indice nazionale dei prezzi al consumo per la collettività secondo i dati ISTAT del biennio precedente. Si prevede, inoltre, che con un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottarsi entro il 1o dicembre di ciascun biennio, siano aggiornati i limiti delle sanzioni pecuniarie, con applicazione dal 1o gennaio dell'anno successivo.
L'articolo 7 istituisce, presso il Ministero delle infrastrutture e trasporti, un Fondo speciale per la prevenzione degli effetti derivanti dall'impiego di aerei subsonici, da finanziare con le eventuali entrate derivanti dall'irrogazione delle predette sanzioni. La definizione delle modalità di destinazione al Fondo e d'impiego di tali entrate viene rimessa ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche al fine di tener conto delle previsioni contenute nell'articolo 2 della legge comunitaria 2007, ove si stabilisce che le somme derivanti dalle sanzioni di nuova istituzione, definite con i provvedimenti attuativi della stessa legge comunitaria, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, alle amministrazioni competenti all'irrogazione.
L'articolo 8 reca l'abrogazione di alcuni decreti di recepimento di direttive a loro volta soppresse dalla direttiva 2006/93/CE.
L'articolo 9 contiene, infine, la clausola di invarianza degli oneri finanziari. Il provvedimento non comporta, infatti, oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, anche in considerazione del fatto che le funzioni attribuite all'E.N.A.C. rientrano tra quelle già previste dal decreto legislativo n. 250 del 1997, che ha istituito l'Ente nazionale per l'aviazione civile. Spetta, infine, al medesimo ente trasmettere, entro il 30 settembre di ogni anno,

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una relazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in ordine all'attuazione delle nuove norme e alle eventuali sanzioni irrogate.
Per quanto concerne gli atti all'esame delle istituzioni dell'Unione europea sulla materia oggetto dello schema di decreto legislativo, la Commissione si è riservata di procedere, entro l'anno in corso, alla revisione della legislazione esistente in materia di rumore ambientale e di rumore provocato dagli aerei. In particolare, per ciò che riguarda la direttiva 2002/30/CE relativa al contenimento del rumore negli aeroporti, la Commissione ha annunciato di voler valutare modifiche volte a limitare l'uso di aeromobili più vecchi e rumorosi non conformi al capitolo 3 della Convenzione sull'aviazione civile internazionale. La riduzione dell'impatto ambientale del trasporto aereo, sia atmosferico sia acustico, figura peraltro tra gli obiettivi della proposta di regolamento relativa alla creazione del cosiddetto «cielo unico europeo» (COM(2008)388) presentata dalla Commissione europea il 25 giugno 2008.

Gianluca PINI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.55.