CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 12 marzo 2009
150.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Giovedì 12 marzo 2009. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali.
Emendamenti C. 1415-A Governo e abb.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

La seduta comincia alle 9.20.

Isabella BERTOLINI, presidente, sostituendo il relatore, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 2 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

La seduta termina alle 9.25.

SEDE REFERENTE

Giovedì 12 marzo 2009. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 16.05.

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Modifiche all'articolo 1 del decreto-legge 3 gennaio 2006, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 2006, n. 22, in materia di ammissione al voto domiciliare di elettori affetti da infermità che ne rendano impossibile l'allontanamento dall'abitazione.
Testo base C. 907 Bernardini e C. 1643 Galletti.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 26 febbraio 2009.

Donato BRUNO, presidente, comunica che non è ancora pervenuto il parere della V Commissione. Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Distacco di comuni dalla regione Marche e loro aggregazione alla regione Emilia-Romagna.
Testo base C. 63 Pizzolante e C. 177 Pini.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato da ultimo, nella seduta del 26 febbraio 2009.

Donato BRUNO, presidente, comunica che il presidente della V Commissione ha trasmesso una lettera con la quale rende noto che la Commissione da lui presieduta ha richiesto al Governo, ai fini dell'espressione del prescritto parere, un'apposita relazione tecnica. Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Norme in materia di cittadinanza.
C. 103 Angeli, C. 104 Angeli, C. 457 Bressa, C. 566 De Corato, C. 718 Fedi, C. 995 Ricardo Antonio Merlo, C. 1048 Santelli, C. 1592 Cota, C. 2006 Paroli e C. 2035 Sbai.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 26 febbraio 2009.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.10.

SEDE CONSULTIVA

Giovedì 12 marzo 2009. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 16.10.

Delega al Governo in materia di federalismo fiscale.
C. 2105 Governo, approvato dal Senato ed abb.

(Parere alle Commissioni riunite V e VI).
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta dell'11 marzo 2009.

Anna Maria BERNINI BOVICELLI (PdL) osserva preliminarmente che il provvedimento in esame rappresenta lo sviluppo di un percorso evolutivo del complessivo sistema dei rapporti tra lo Stato e le autonomie territoriali, avviato con le riforme Bassanini degli anni novanta e successivamente proseguito con la riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione del 2001. Quest'ultima riforma, in particolare, ha segnato il passaggio ad un sistema basato su un regionalismo spinto o, se si preferisce, ad un federalismo timido: a fronte di quello che è stato un significativo trasferimento di competenze legislative alla potestà delle regioni, doveva necessariamente seguire l'attuazione della autonomia finanziaria delle regioni stesse. E gli obiettivi del provvedimento in esame vanno proprio in questa direzione, sollecitati al riguardo anche dalla giurisprudenza costituzionale seguita alle riforme del 2001, che ha evidenziato la patologia del nostro sistema costituzionale, tuttora ancorato ad un criterio di finanza derivata, incompatibile con quelle riforme.

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Un obiettivo di fondo del provvedimento in esame è rappresentato dalla deflazione dell'apparato burocratico del Paese, e dei costi che da esso derivano, nella prospettiva di una sostanziale riduzione della spesa pubblica. Si tratta di un obiettivo che può essere raggiunto attraverso una tendenziale allocazione decentrata dei centri di raccolta delle imposizioni fiscali, a sua volta bilanciata dalla tendenziale allocazione decentrata dei centri di spesa. Con questo innovativo meccanismo si realizza il principio della responsabilizzazione degli amministratori locali, che dovranno perciò rispondere alle popolazioni di riferimento dell'uso delle risorse pubbliche.
Si tratta di un meccanismo che richiede ulteriori perfezionamenti, in quanto un sistema che si fonda sui principi del federalismo fiscale deve al contempo ridurre il peso dell'apparato burocratico centrale a vantaggio degli enti territoriali, titolari di competenze più impegnative, dotando questi ultimi delle risorse finanziarie necessarie.
Si sofferma quindi sul contenuto del provvedimento in esame, sottolineando in primo luogo l'ambiguità della formula perequativa da esso prevista nei confronti delle regioni. A proprio avviso andrebbe precisato se il fondo perequativo per le regioni ha un carattere verticale, con lo Stato titolare del compito di distribuzione delle relative risorse, ovvero con carattere orizzontale, che si sviluppa cioè all'interno delle singole regioni.
Si sofferma quindi sull'articolo 15, che reca i principi e i criteri direttivi a cui il legislatore delegato dovrà confermarsi nella predisposizione degli appositi decreti attuativi dell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione. Il tema in questione è quello della fiscalità di vantaggio: se da un lato dichiara di condividere l'obiettivo di aiutare le zone territoriali svantaggiate, dall'altro osserva che i provvedimenti volti a perseguirlo potrebbero essere impropriamente interpretati in sede comunitaria come aiuti di Stato, in violazione del principio della libera concorrenza.
Conclude ribadendo il proprio orientamento favorevole sul provvedimento in esame, che tanto più potrà perseguire il condivisibile obiettivo della responsabilizzazione delle autonomie territoriali, quanto più esso sarà attuato in modo pieno e rispondente alle sue finalità.

Linda LANZILLOTTA (PD), premesso che, a suo avviso, la riforma del titolo V della parte II della Costituzione ha rappresentato una scelta storica e coraggiosa verso un assetto di maggiore eguaglianza, basato sul riconoscimento del ruolo delle autonomie territoriali - una scelta peraltro condivisa da tutte le forze politiche, ancorché poi, per ragioni politiche estranee al dibattito, il testo fosse stato approvato dalla sola maggioranza dell'epoca - osserva che l'attuazione della riforma è però stata negli anni successivi parziale e incompleta. A fronte del forte potenziamento delle competenze legislative delle regioni in ossequio al nuovo articolo 117 della Costituzione, è mancata infatti l'attuazione di quello che era, a suo parere, il vero nucleo della riforma, vale a dire il nuovo assetto delle funzioni amministrative stabilito dall'articolo 118, il quale tendeva a garantire, ad un costo pari o inferiore a quello precedente, un'amministrazione pubblica più snella ed efficiente, a tal fine stabilendo il principio per cui le funzioni amministrative sono attribuite in via primaria ai comuni, salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, si renda necessario conferirle ai livelli di governo superiori, compreso lo Stato, e sono finanziate da entrate reperite tendenzialmente sul territorio; ragione per la quale era previsto, come conseguenza, il principio dell'autonomia finanziaria degli enti territoriali e della conseguente responsabilizzazione fiscale degli organi di governo locale. Poiché a tutt'oggi manca l'attuazione dell'articolo 118 della Costituzione, vale a dire la riorganizzazione del sistema delle competenza amministrative - e la Carta delle autonomie, che il Governo ha preannunciato, incontra forti resistenze e non è ancora stata presentata al Parlamento - il nuovo assetto fiscale federalista

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seguiterà a finanziare un sistema amministrativo inefficiente e costoso, cristallizzandolo.
Rileva poi che il nuovo sistema fiscale di tipo federalista delineato dal provvedimento in esame fonda le entrate degli enti locali principalmente sulla compartecipazione al gettito di tributi erariali, il che è tutt'altro che responsabilizzante nei confronti degli organi degli enti locali, atteso che non sono loro ma lo Stato ad assumersi la responsabilità politica di stabilire il tributo.
Quanto al procedimento per la formazione dei decreti delegati, rileva che, nel momento in cui si procede ad una riforma così complessa e delicata per l'intero Paese, si dovrebbe garantire allo Stato un ruolo forte e centrale nella definizione della riforma stessa; invece, nonostante la riforma intervenga per la gran parte su materie riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, l'articolo 2 prevede che sugli schemi dei decreti delegati il Governo debba acquisire l'intesa della Conferenza unificata e soltanto il parere, non vincolante, del Parlamento.
Osserva, ancora, che il testo in esame è criticabile in quanto non prevede che le disposizioni relative al sistema di perequazione si applichino per intero anche alle regioni a statuto speciale, sebbene la riforma del titolo V della parte II della Costituzione abbia stabilito il principio generale secondo cui le risorse devono essere commisurate alle funzioni attribuite, con la conseguenza che non è accettabile che alcune regioni, siano pure quelle a statuto speciale, possano tenere per sé l'intero gettito prodotto sul territorio anche quando questo sia superiore al necessario.
Un altro punto critico, sotto il profilo della costituzionalità del provvedimento, è rappresentato, a suo parere, dalla previsione dell'articolo 7 secondo cui le regioni possono, con propria legge, «disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni, nel rispetto della normativa comunitaria»: si tratta infatti di una previsione in contrasto con l'articolo 53 della Costituzione e con il principio della progressività dell'imposizione.
Aggiunge che nessuna perequazione può funzionare se non si prevede la razionalizzazione del sistema di amministrazione degli enti locali, per esempio imponendo l'esercizio associato delle funzioni amministrative da parte dei comuni piccoli. Non per nulla il testo non prevede che il sistema della perequazione entri immediatamente a regime, bensì che la sua applicazione sia preceduta da una fase transitoria basata sul finanziamento commisurato alla spesa storica, la quale è causa di fortissime tensioni sui territori.
Osserva poi che l'articolo 119, quarto comma, della Costituzione stabilisce che le risorse attribuite agli enti territoriali devono consentire loro di «finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite»: non è quindi chiaro come si possa dedurre che il finanziamento integrale debba valere solo per le funzioni fondamentali degli enti locali e per l'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni.
Ancora, rileva che il nuovo titolo V ha previsto, all'articolo 114, un sistema a rete, e non a piramide, alla luce del quale appare discutibile prevedere, come fa il testo in esame, un rapporto gerarchico tra le regioni e gli enti locali nella gestione del fondo perequativo: il testo prevede infatti che le risorse del fondo siano trasferite alle regioni perché queste le assegnino agli enti locali, ma l'esperienza insegna che questo sistema è fonte di forti tensioni tra enti locali e regioni, soprattutto là dove vi siano maggioranze di segno diverso, senza contare che molte regioni, soprattutto del centro-sud, hanno spesso trattenuto per sé le risorse che avrebbero invece dovuto distribuire agli enti locali, il che non è soltanto ingiusto in sé, ma, lasciando gli enti locali senza finanziamenti, rischia di estendere loro il dissesto economico delle regioni e di mettere quindi a repentaglio l'equilibrio finanziario di interi territori.
In conclusione, ritiene che il parere da esprimere alle Commissioni di merito

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dovrebbe segnalare tutte queste criticità rilevanti sotto il profilo della costituzionalità.

Maria Piera PASTORE (LNP) osserva preliminarmente che il provvedimento in esame costituisce la continuazione di un percorso avviato da tempo nel nostro ordinamento costituzionale, stimolato anche dalla giurisprudenza costituzionale, che ha affermato l'esigenza di attuare quanto previsto dall'articolo 119 della Costituzione. E il provvedimento in esame va in questa direzione: con esso si attua pienamente il dettato costituzionale e si attribuisce una nuova conformazione al complessivo sistema finanziario del Paese e alla dinamica che in esso si sviluppa tra lo Stato e le autonomie territoriali.
Tra gli obiettivi di fondo di questo provvedimento c'è quello di prevedere una sostanziale autonomia territoriale di entrata e di spesa, superando formule antiche quali quelle del riferimento alla spesa storica e al principio della finanza derivata. Si individuano invece nuovi modelli, incentivando e premiando le amministrazioni virtuose, rendendo responsabili sotto il profilo finanziario gli enti locali, che altrimenti saranno tenuti a pagare le conseguenze della loro cattiva amministrazione.
L'articolo 53 della Costituzione stabilisce che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva e che il sistema tributario è informato a criteri di progressività. Si tratta di principi alla base del provvedimento in esame, che è volto a combattere l'evasione fiscale nel rispetto del principio di eguaglianza.
Con questo provvedimento, in sostanza, si intende venire incontro alle esigenze di tutta la cittadinanza italiana. A quelle dei cittadini del nord, che ritengono di contribuire oltre le reali necessità, ma anche a quelle dei cittadini del zone meridionali, che si ritengono pregiudicati nella fruizione dei servizi pubblici, che giudicano scadenti e che invece dovrebbero essere erogati in modo omogeneo in tutto il paese.
L'approvazione di questo provvedimento contribuirà a cambiare il complessivo sistema di rapporti tra lo Stato e le autonomie territoriali e, con esso, il loro rapporto con la cittadinanza. Ritiene condivisibile l'osservazione secondo cui sarebbe di grande aiuto la presenza di una Carta delle autonomie locali, in grado di disciplinare compiutamente le funzioni degli enti locali. Questa è però una questione complessa, di cui si discute da molto tempo senza che nessun Governo sia finora riuscito a conseguire risultati concreti.

Donato BRUNO (PdL), presidente e relatore, fa presente, che non essendovi altri iscritti a parlare, è conclusa la discussione di carattere generale sul provvedimento in oggetto. Comunica quindi che le Commissioni riunite V e VI concluderanno nel corso della odierna giornata l'esame degli emendamenti. Rinvia pertanto il seguito dell'esame alla seduta che sarà convocata per domani, alle ore 10, nel corso della quale presenterà una proposta di parere relativa al testo del provvedimento come risultante dall'esame degli emendamenti, che sarà votata dalla Commissione nella medesima seduta.

La seduta termina alle 17.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Giovedì 12 marzo 2009.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 17.10 alle 17.25.