CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 10 marzo 2009
148.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e II)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Martedì 10 marzo 2009. - Presidenza del presidente della II Commissione Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Alfredo Mantovano.

La seduta comincia alle 14.25.

Disposizioni in materia di sicurezza pubblica.
C. 2180, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Jole SANTELLI, relatore per la I Commissione, osserva che il disegno di legge in esame C. 2180, recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica, è stato approvato dal Senato dopo un approfondito esame presso le Commissioni di merito e la discussione in Assemblea. Esso si compone di sessantasei articoli, alcuni dei quali introdotti nel corso dell'esame presso il Senato.
La relazione che mi accingo a svolgere, tuttavia, si incentrerà sugli articoli che investono principalmente la competenza della I Commissione.
In generale, osserva che il provvedimento in esame contiene una serie articolata di riforme che, ancorché eterogenee quanto ai relativi contenuti, si caratterizzano per la comune finalità volta a garantire un efficace sistema di sicurezza pubblica.
Tali riforme, infatti, interessano la legislazione antimafia, l'immigrazione, la sicurezza urbana, la tutela dei soggetti deboli e, più in generale, la sicurezza pubblica intesa come controllo del territorio.
Il disegno di legge in esame affronta una serie di questioni problematiche di assoluta delicatezza, che richiedono un serio approfondimento anche presso questo ramo del Parlamento.
Molte scelte compiute presso l'altro ramo del Parlamento rappresentano soluzioni di compromesso, raggiunte d'intesa con l'opposizione. Auspica pertanto che il dibattito presso queste Commissioni possa svolgersi al riparo da posizioni ideologiche precostituite e senza essere influenzato da polemiche di stampo giornalistico.
Del resto molti temi che hanno acceso il dibattito svoltosi presso il Senato hanno

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perso intensità in quanto diverse norme contenute nel provvedimento in oggetto sono state inserite dal governo nel decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori (C. 2232), il cui disegno di legge di conversione è attualmente all'esame della Commissione Giustizia.
Con riferimento al contenuto del disegno di legge in esame, osserva che l'articolo 4 modifica in alcune parti la legge n. 91 del 1992 in materia di cittadinanza, introducendo nuovi e più stringenti requisiti per l'ottenimento della cittadinanza italiana per matrimonio e per concessione. In proposito, osserva che sul tema del cosiddetto matrimonio di comodo si registra, all'interno della I Commissione, una sostanziale uniformità di vedute tra la maggioranza e l'opposizione in ordine all'opportunità di prevedere una disciplina più stringente.
Il comma 1 riscrive l'articolo 5 della stessa legge relativa all'ottenimento della cittadinanza italiana a seguito di matrimonio con cittadino italiano.
In base al nuovo testo dell'articolo 5, al comma 1, l'acquisto della cittadinanza a seguito di matrimonio con cittadino italiano può avvenire, alternativamente, quando, dopo il matrimonio, il coniuge straniero o apolide risieda legalmente per almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio, se il coniuge straniero o apolide sia residente all'estero.
In ogni caso è necessario che, al tempo dell'adozione del decreto del Ministro dell'interno di concessione della cittadinanza, non sia intervenuto lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi. Anche il testo attualmente vigente prevede in realtà il requisito della costanza del regime matrimoniale, senza tuttavia precisare che essa debba ricorrere al tempo dell'adozione del provvedimento.
Quanto all'acquisto della cittadinanza da parte del coniuge straniero o apolide residente in Italia, la disciplina proposta nel disegno di legge in esame è più rigorosa sotto due profili: la residenza nel territorio della Repubblica deve essere biennale, e non semestrale, come nel testo vigente; inoltre si chiarisce che detta residenza biennale deve essere successiva al matrimonio, mentre nel testo vigente tale aspetto appare rimesso alla sede interpretativa.
Rispetto poi all'acquisto della cittadinanza nel termine di tre anni successivi al matrimonio, il disegno di legge in esame precisa che detto termine triennale vale per il coniuge straniero o apolide «se residente all'estero»; tale precisazione, nel testo vigente, non compare.
Il nuovo testo dell'articolo 5, al comma 2, stabilisce che i termini innanzi illustrati sono dimezzati in presenza di figli nati «dai coniugi». In sostanza, in base alla novella, la durata minima della residenza necessaria all'acquisto della cittadinanza da parte del coniuge straniero residente in Italia raddoppia in caso di matrimonio con prole (da sei mesi ad un anno) e quadruplica in caso di matrimonio senza prole (da sei mesi a due anni); mentre la durata minima del matrimonio necessaria all'acquisto della cittadinanza da parte del coniuge straniero residente all'estero rimane immutata in caso di matrimonio senza prole (3 anni) e subisce un dimezzamento in caso di matrimonio con prole (da 3 anni a 18 mesi).
Quanto all'impatto reale della nuova disciplina sul numero delle cittadinanze jure matrimonii, la relazione tecnica del disegno di legge originario del Governo (A.S. 733) afferma che i casi di acquisto della cittadinanza si ridurrebbero dai 31.600 riscontrati a legislazione vigente ai 19.275 ipotizzabili annualmente in forza del sopravvenire della nuova disciplina, con conseguente riduzione di oneri per la finanza pubblica.
Contestualmente alla modifica dell'acquisizione della cittadinanza per matrimonio, la disposizione in esame interviene anche nella concessione della cittadinanza allo straniero, prevedendo il pagamento di una tassa di 200 euro per le istanze o

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dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza di cui all'articolo 9 della legge n. 91 del 1992, in base al nuovo comma 3 dell'articolo 5. Il gettito derivante dalla tassa è attribuito al Ministero dell'interno con un vincolo di destinazione, della metà dell'importo, finalizzato al finanziamento dei progetti del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero stesso in materia di collaborazione internazionale e di cooperazione ed assistenza ai Paesi terzi in materia di immigrazione anche attraverso la partecipazione a programmi finanziati dall'Unione europea, in base al nuovo comma 4 dell'articolo 5.
Il comma 2 aggiunge un articolo 9-bis alla legge n. 91 del 1992, prevedendo che per l'elezione, l'acquisto, il riacquisto, la rinuncia o la concessione della cittadinanza, le istanze o le dichiarazione dell'interessato devono essere comunque corredate dalla certificazione comprovante il possesso dei requisiti richiesti per legge.
L'articolo 20 è stato introdotto nel corso dell'esame al Senato. Esso attribuisce al Ministro dell'interno il compito di definire le caratteristiche tecniche degli strumenti di autodifesa che nebulizzano un principio attivo naturale a base di oleoresin capsicum (olio di peperoncino), che siano inquadrabili tra quelli di cui all'articolo 2, terzo comma, della legge n. 110 del 1975, ma che non abbiano l'attitudine a recare offesa alla persona.
La disciplina in oggetto è rimessa a un regolamento che il Ministero dell'interno è autorizzato ad emanare, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
L'articolo 21 reca disposizioni in materia di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato.
Il comma 1, lettera a), oggetto di modifica nel corso dell'esame presso il Senato, introduce nel testo unico dell'immigrazione l'articolo 10-bis recante una nuova disposizione incriminatrice, relativa all'ingresso e al soggiorno illegale nel territorio dello Stato.
Il comma 1 del nuovo articolo 10-bis qualifica la nuova fattispecie di reato come contravvenzione e prevede l'ammenda da euro 5.000 a euro 10.000. La condotta tipica è costituita dal «fare ingresso» ovvero dal «trattenersi» nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del medesimo testo unico nonché di quelle di cui all'articolo 1 della legge 28 maggio 2007, n. 68, recante la disciplina dei soggiorni di breve durata degli stranieri per visite, affari, turismo e studio. Alla contravvenzione non si applica l'articolo 162 del codice penale («Oblazione nelle contravvenzioni»), ossia la facoltà di estinguere il reato da parte del contravventore tramite il pagamento di una somma di denaro.
Per quanto riguarda la disciplina del procedimento penale per il nuovo reato, il comma 3 dell'articolo 10-bis prevede l'applicazione degli articoli 20-bis, 20-ter e 32-bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, introdotti dal successivo articolo 22. Tali disposizioni disciplinano la presentazione immediata dell'imputato a giudizio innanzi al giudice di pace - con l'autorizzazione del pubblico ministero e limitatamente ai reati procedibili d'ufficio e in caso di flagranza di reato ovvero quando la prova è evidente - e lo svolgimento del relativo giudizio.
Il comma 2 del nuovo articolo 10-bis specifica che la fattispecie contravvenzionale dell'ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato non si applica allo straniero che sia stato respinto al valico di frontiera perché privo dei requisiti richiesti per l'ingresso nel territorio dello Stato, ai sensi dell'articolo 10, comma 1.
In base al comma 4 della nuova disposizione, ai fini dell'esecuzione dell'espulsione dello straniero denunciato per il reato in esame non è richiesto il rilascio del nulla osta da parte dell'autorità giudiziaria competente all'accertamento del medesimo reato. Il questore comunica all'autorità giudiziaria competente all'accertamento del reato l'avvenuta esecuzione dell'espulsione ovvero del respingimento

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con accompagnamento alla frontiera ai sensi dell'articolo 10, comma 2, del testo unico in questione.
Sulla base del comma 5, in tali casi di esecuzione del respingimento o dell'espulsione, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere.
Se tuttavia lo straniero rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima che sia decorso il termine previsto dall'articolo 13, comma 14, trova applicazione l'articolo 345 del codice di procedura penale, relativo alla riproponibilità dell'azione penale per il medesimo fatto e nei confronti della medesima persona pur in presenza di una sentenza di non luogo a procedere, anche se non più soggetta ad impugnazione, pronunciata per mancanza di una condizione di procedibilità.
In base al comma 6, nel caso di presentazione di una domanda di protezione internazionale di cui al decreto legislativo n. 251 del 2007, il procedimento è sospeso. Viene invece pronunciata sentenza di non luogo a procedere, una volta acquisita la comunicazione del riconoscimento della protezione internazionale ovvero del rilascio del permesso di soggiorno nelle ipotesi di cui all'articolo 5, comma 6, del medesimo testo unico.
La lettera b) del comma 1 dell'articolo 21 in esame novella invece l'articolo 16, comma 1, del testo unico sull'immigrazione, estendendo al caso in cui il giudice pronunci sentenza di condanna per il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato di cui all'articolo 10-bis, salvo che non ricorrano le cause ostative indicate nell'articolo 14, comma 1, la facoltà di sostituire la pena con la misura dell'espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni. Un'altra novella alla medesima disposizione è contenuta nell'articolo 45, comma 1, lettera m), che esplicita che le cause ostative indicate nell'articolo 14, comma 1, sono quelle che impediscono l'esecuzione immediata dell'espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.
L'articolo 23, inserito nel corso dell'esame al Senato, modifica il decreto legislativo n. 490 del 1994, recante disposizioni volte a prevenire infiltrazioni mafiose nei pubblici appalti.
In particolare, il comma 1, lettera b), dell'articolo aggiunge a questo decreto legislativo un nuovo articolo 5-bis, ai sensi del quale, nell'esercizio delle funzioni di sua competenza volte a prevenire infiltrazioni mafiose, il prefetto può disporre accessi ed accertamenti nei cantieri delle imprese interessate all'esecuzione di lavori pubblici.
Il prefetto si avvale a tal fine dei gruppi interforze di cui all'articolo 5, comma 3, del decreto ministeriale 14 marzo 2003.
Il comma 2 rimette a un futuro regolamento di delegificazione la disciplina del rilascio delle comunicazioni ed informazioni riguardanti gli accessi e gli accertamenti effettuati ai sensi del precedente comma 1.
L'articolo 24, anch'esso inserito nel corso dell'esame al Senato, modifica il decreto-legge 6 giugno 1982, n. 629, provvedimento che prevede misure urgenti per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa e la possibile nomina di un Alto Commissario antimafia.
La norma in esame integra l'elenco dei soggetti presso i quali possono essere svolti da parte dell'Alto commissario accessi e accertamenti al fine di verificare se ricorrano pericoli di infiltrazione da parte della delinquenza di tipo mafioso. Con questo articolo si prevede infatti che i controlli possano essere svolti presso i numerosi soggetti individuati dal decreto cosiddetto antiriciclaggio n. 231 del 2007.
L'articolo 25 novella l'articolo 1 della legge n. 575 del 1965, che reca disposizioni contro la mafia,estendendone l'ambito di applicazione. Questo articolo prevede attualmente l'applicazione della stessa legge n. 575, in materia di misure di prevenzione, agli indiziati di appartenere ad associazioni mafiose, alla camorra o ad altre associazioni, comunque localmente denominate, che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso nonché - dopo l'intervento del recente decreto-legge n. 92 del 2008 - ai soggetti indiziati

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di uno dei gravi reati associativi previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale. Tale ambito di applicazione è esteso dall'articolo 25 in esame anche ai soggetti indiziati di trasferimento fraudolento di valori, reato di cui all'articolo 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge n. 306 del 1992.
Il comma 2 dell'articolo in esame sostituisce il titolo della citata legge n. 575 del 1965, ossia «Disposizioni contro la mafia» con il titolo: «Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere».
L'articolo 27 del disegno di legge, inserito nel corso dell'esame al Senato, modifica l'articolo 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, in materia di misure di prevenzione personali.
La nuova norma integra i divieti di possesso ed utilizzo di determinati beni previsto dall'articolo 4, comma 4, della legge n. 1423 nei confronti di persone condannate per reati non colposi e che hanno ricevuto il cosiddetto avviso orale del questore.
Questo articolo 27 prevede in particolare che il questore possa inibire a tali soggetti anche il possesso di armi a modesta capacità offensiva, riproduzioni di armi - comprese le armi-giocattolo - spray urticanti non idonei ad arrecare offesa alle persone, prodotti pirotecnici di qualsiasi tipo, nonché sostanze infiammabili e altri mezzi comunque idonei a provocare lo sprigionarsi delle fiamme.
Anche l'articolo 28 è stato aggiunto nel corso dell'esame al Senato. Esso è finalizzato ad apportare alcune modifiche alla legge n. 575 del 1965, sulle misure di prevenzione antimafia, proseguendo un percorso intrapreso dal cosiddetto decreto sicurezza n. 92 del 2008, volto al rafforzamento delle competenze delle procure distrettuali e della Direzione investigativa antimafia.
Con una prima modifica all'articolo 2, comma 2, della stessa legge n. 575 si consente al questore di applicare il divieto di possedere gli oggetti di cui all'articolo 4 della legge n. 1423 del 1956 (modificato dal precedente articolo 27, che ha integrato il catalogo dei beni di cui può essere vietato il possesso o l'utilizzo) indipendentemente dalla notificazione della proposta di applicazione della misura di prevenzione personale (lettera a).
Una seconda novella (lettera b), n. 1) precisa che la competenza all'avvio delle indagini patrimoniali nei confronti della persona rispetto a cui può essere proposta la misura di prevenzione - oltre che al questore ed al direttore della Direzione investigativa antimafia - spetta al procuratore della Repubblica presso il tribunale distrettuale. Altre modifiche contenute nella medesima lettera b) estendono alcune competenze in materia di procedimenti di prevenzione al direttore della Direzione investigativa antimafia.
Le lettere c), d) ed e) chiariscono che una serie di poteri d'impulso nell'ambito dei procedimenti di prevenzione antimafia, spettano al procuratore della Repubblica di cui all'articolo 2, comma 1, ovvero al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove dimora la persona.
L'articolo 29, inserito nel corso dell'esame al Senato, introduce modifiche all'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, relativo alla cosiddetta confisca di valori ingiustificati.
La prima modifica riguarda la riformulazione del comma 2-ter. Con riferimento alle ipotesi di cui al comma 2 (confisca applicabile ai condannati per un delitto di mafia o per contrabbando aggravato), nel caso di confisca «per equivalente», la novella elimina il riferimento al «prodotto, profitto o prezzo del reato» nella determinazione del valore delle somme, dei beni e delle altre utilità da confiscare. La disposizione sembra quindi avere portata estensiva rispetto al testo vigente.
L'articolo 29 modifica, poi, il comma 4-bis dello stesso articolo 12-sexies che attualmente prevede che anche ai casi di confisca di valori ingiustificati si applichino le disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati o confiscati previste dalla legge n. 575 del 1965.

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La novella sostituisce il generico rinvio alla legge n. 575 con la specifica elencazione delle disposizioni da applicare.
L'articolo 30, aggiunto dal Senato, modifica la disciplina dei registri dei procedimenti di prevenzione previsti dall'articolo 34 della legge n. 55 del 1990. La disposizione, in particolare, novella il comma 1 di quest'articolo 34, esplicitando che tali registri, istituiti presso le procure della Repubblica e le cancellerie dei tribunali, possono essere anche informatici.
L'articolo 35, aggiunto dal Senato, modifica la disciplina del procedimento di destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali confiscati alle organizzazioni criminali mafiose, riformulando l'articolo 2-decies della legge n. 575 del 1965.
Questa legge prevede che i beni confiscati alla mafia possano essere mantenuti al patrimonio indisponibile dello Stato per finalità di ordine pubblico, giustizia e protezione civile e anche per altri usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento delle attività istituzionali di amministrazioni pubbliche (articolo 2-undecies), mediante un apposito procedimento per la destinazione dei beni immobili e aziendali confiscati.
Il nuovo articolo 2-decies, confermando la competenza dell'Agenzia del demanio per la gestione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie, reca alcune modifiche al procedimento di destinazione, che illustra sinteticamente.
L'articolo 36, introdotto presso l'altro ramo del Parlamento, novella l'articolo 2-quinquies del decreto-legge n. 151 del 2008, che pone limiti alla concessione dei benefici di legge ai superstiti delle vittime della criminalità organizzata. Il disegno di legge interviene sulla lettera a) dell'articolo 2-quinquies per specificare che i superstiti delle vittime della criminalità possono accedere ai benefici pubblici solo se non hanno rapporti di coniugio, né rapporti di convivenza, né rapporti di parentela o affinità entro il quarto grado con soggetti cui siano state applicate misure di prevenzione o indagati per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis del codice di rito.
L'articolo 42, al comma 1, subordina l'iscrizione anagrafica e le relative richieste di variazione alla verifica, da parte dei competenti uffici comunali, delle condizioni igienico-sanitarie dell'immobile in cui il richiedente intende fissare la propria residenza.
In particolare, la disposizione introduce un nuovo comma nell'articolo 1 l'articolo 2 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, recante Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente, che prevede che in ogni Comune deve essere tenuta l'anagrafe della popolazione residente, in cui sono registrate le posizioni relative alle singole persone, alle famiglie ed alle convivenze, che hanno fissato nel comune la residenza, nonché le posizioni relative alle persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel comune il proprio domicilio. Il nuovo comma prevede che l'iscrizione e la richiesta di variazione anagrafica sono subordinate alla verifica, da parte dei competenti uffici comunali, delle condizioni igienico-sanitarie dell'immobile in cui il richiedente intende fissare la propria residenza, ai sensi delle vigenti norme sanitarie. Se tale verifica non è compiuta entro trenta giorni dalla richiesta di iscrizione, quest'ultima è effettuata con riserva di verifica, fatta salva la facoltà di successiva cancellazione in caso di verifica con esito negativo.
Il comma 2 modifica le caratteristiche dell'alloggio di cui deve dimostrare la disponibilità lo straniero che richiede il ricongiungimento familiare.
L'articolo 43 reca disposizioni in tema di attività di trasferimento di fondi secondo le modalità «money transfer», con cui si intende il trasferimento di fondi, anche all'estero, senza dover essere titolari di un conto bancario o postale, né possedere una carta di credito.
L'articolo in esame obbliga gli agenti in attività finanziaria che prestano servizi di pagamento nella forma dell'incasso e trasferimento di fondi ad acquisire e conservare per dieci anni copia del titolo di soggiorno se il soggetto che ordina l'operazione è un cittadino extracomunitario.

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L'articolo 43 stabilisce che, in mancanza del titolo, gli agenti effettuano (entro dodici ore) una apposita segnalazione all'autorità locale di pubblica sicurezza, trasmettendo i dati identificativi del soggetto. Il mancato rispetto di tale disposizione è sanzionato con la cancellazione dall'elenco degli agenti in attività finanziaria.
Il comma 2 prevede che la suddetta disciplina acquisti efficacia decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.
L'articolo 44 modifica alcune disposizioni del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, recante «Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione».
La lettera a) aggiunge all'articolo 6 - relativo alla Unità di informazione finanziaria per l'Italia (UIF), istituita presso la Banca d'Italia - il comma 7-bis, disponendo l'estensione alla Unità di informazione finanziaria e al personale addetto della limitazione di responsabilità prevista dall'articolo 24, comma 6-bis, della legge n. 262 del 2005 a favore di Banca d'Italia, CONSOB, ISVAP, COVIP, Autorità garante della concorrenza e del mercato e dei loro dipendenti. Pertanto, nell'esercizio delle proprie funzioni anche la UIF e il personale addetto risponderanno solo dei danni cagionati da atti o comportamenti posti in essere con dolo o colpa grave.
La lettera b) modifica l'articolo 48 del decreto legislativo n. 231 del 2007, eliminando l'obbligo per la UIF di comunicare al segnalante, qualora ciò non rechi pregiudizio per l'esito delle indagini, l'inoltro della segnalazione agli organi investigativi (DIA e il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza). Pertanto permane soltanto l'obbligo da parte dell'UIF di comunicare l'avvenuta archiviazione direttamente al segnalante o tramite gli ordini professionali.
La lettera c) modifica l'articolo 56, comma 1, dello stesso decreto legislativo n. 231 del 2007, estendendo la sanzione amministrativa pecuniaria (da 10.000 euro a 200.000 euro) prevista dal comma 1 anche alle violazioni delle disposizioni richiamate o adottate ai sensi dell'articolo 37, commi 7 e 8, del medesimo decreto legislativo (in materia, rispettivamente, di tenuta dell'archivio unico informatico e di modalità di registrazione di alcune categorie di intermediari finanziari).
La lettera d) sostituisce il comma 2 dell'articolo 56, dello stesso decreto legislativo n. 231 del 2007, in materia di contrasto al riciclaggio, prevedendo che la cancellazione degli intermediari finanziari (di cui all'articolo 11, comma 1, lettera m), del decreto legislativo) e degli altri soggetti esercenti attività finanziaria (di cui all'articolo 11, comma 3, lettere c) e d)) per gravi violazioni degli obblighi imposti dal decreto legislativo medesimo opererà quale che sia l'elenco in cui essi sono iscritti.
L'articolo 45, comma 1, reca numerose modifiche al testo unico sull'immigrazione, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998.
La lettera a) modifica l'articolo 4, comma 3, prevedendo che sia sufficiente una condanna non definitiva per uno dei reati ivi elencati a impedire l'ammissione in Italia e che impedisce l'ingresso dello straniero in Italia anche la condanna definitiva per determinati reati in materia di tutela del diritto di autore e per contraffazione di marchi o prodotti industriali.
La lettera b) sottopone la richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno al versamento di un contributo (tra gli 80 e i 200 euro) da fissarsi con decreto del Ministro dell'economia.
La lettera c) modifica l'articolo 5, comma 5-bis inserendo, tra gli elementi da considerare ai fini della revoca o del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari, le condanne per reati rispetto ai quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza.
La lettera d) prevede che il permesso di soggiorno sia rifiutato o revocato quando

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si accerti la violazione del divieto di cui all'articolo 29, comma 1-ter, del testo unico.
La lettera e) modifica l'articolo 5, comma 8-bis, che punisce con la reclusione da uno a sei anni la falsificazione dei documenti di ingresso e soggiorno, fissando la stessa pena anche per il mero utilizzatore di tali documenti.
La lettera f) modifica l'articolo 6, comma 2, il quale prevede che, salve determinate eccezioni, la carta ed il permesso di soggiorno devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero.
La lettera g) aumenta la pena per la mancata ottemperanza all'ordine di esibizione del passaporto o del permesso di soggiorno.
La lettera h) aggiunge un nuovo comma 2-bis all'articolo 9, ai sensi del quale il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo è subordinato al superamento di un test di conoscenza della lingua italiana, da disciplinarsi con decreto ministeriale.
La lettera i) reca una riformulazione, nel complesso più restrittiva, dei reati legati all'inottemperanza all'ordine di lasciare il territorio dello Stato di cui all'articolo 14 del testo unico.
La lettera l) istituisce, presso il Ministero dell'interno, un Fondo rimpatri per finanziare le spese di rimpatrio degli stranieri, cui è assegnato la metà del gettito del contributo per il rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno di cui alla precedente lettera b).
La lettera m) precisa, all'articolo 16 del testo unico, le condizioni per l'irrogazione da parte del giudice dell'espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della detenzione.
La lettera n) estende, all'articolo 22, agli studenti stranieri che hanno conseguito in Italia il dottorato o il master universitario la possibilità di iscriversi, per dodici mesi, all'elenco anagrafico delle persone in cerca di lavoro, oppure di chiedere la conversione del permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
La lettera o) integra l'articolo 27 sulle tipologie di lavoratori cosiddetti «fuori quota», sostituendo la richiesta di nullaosta al lavoro con una semplice comunicazione da parte del datore di lavoro per alcune categorie di lavoratori, quali dirigenti, tecnici, professori universitari e personale specializzato.
La lettera p) aggiunge un nuovo comma (1-ter) all'articolo 29, recante il divieto di ricongiungimento quando il familiare di cui si chiede il ricongiungimento è coniugato con un cittadino straniero regolarmente soggiornante nel territorio nazionale che abbia altro coniuge già presente nel territorio nazionale.
La lettera q) modifica l'articolo 29, comma 5, in materia di ricongiungimento del genitore naturale al figlio minore soggiornante in Italia, stabilendo che quest'ultimo deve essere regolarmente soggiornante in Italia con l'altro genitore. La norma attualmente richiede semplicemente che il minore debba essere regolarmente soggiornante, senza ulteriori specificazioni. Viene inoltre eliminato il riferimento al fatto che la dimostrazione del possesso, da parte del genitore, dei requisiti di disponibilità di alloggio e di reddito possa essere assolta entro un anno dall'ingresso in Italia e, quindi, debba presumibilmente essere assolta prima del ricongiungimento.
La lettera r) modifica l'articolo 29, comma 8, prevedendo che il nulla osta al ricongiungimento familiare debba essere rilasciato dalla prefettura entro centottanta giorni dalla richiesta ed eliminando la possibilità che, trascorsi centottanta giorni dalla richiesta, l'interessato possa ottenere il visto di ingresso direttamente dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, dietro esibizione della copia degli atti contrassegnata dallo sportello unico per l'immigrazione, da cui risulti la data di presentazione della domanda e della relativa documentazione.
La lettera s) modifica l'articolo 32, comma 1-bis, concernente il rilascio del permesso di soggiorno ai minori non accompagnati al compimento della maggiore età, prevedendo che questi per avere diritto

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al permesso di soggiorno debbano risultare affidati ad una famiglia, ovvero sottoposti a tutela.
La lettera t) modifica l'articolo 35 in materia di assistenza sanitaria agli stranieri non iscritti al servizio sanitario nazionale, abrogando la disposizione secondo la quale l'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero irregolare non comporta la sua segnalazione all'autorità.
Il comma 2 specifica che non devono derivare nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato in attuazione di quanto previsto dalla lettera o) del comma 1 che ha sostituito la richiesta di nullaosta al lavoro con una semplice comunicazione da parte del datore di lavoro per alcune categorie di lavoratori (dirigenti, professori, lavoratori specializzati).
L'articolo 46, inserito nel corso dell'esame al Senato, autorizza i comuni, ai fini della tutela della sicurezza urbana, ad impiegare sistemi di videosorveglianza nei luoghi pubblici o aperti al pubblico (comma 1).
I dati raccolti mediante tali sistemi possono essere conservati sino al settimo giorno successivo alla loro rilevazione, salvo particolari esigenze di ulteriore conservazione (comma 2).
Tale periodo può essere esteso sino a un massimo di quattordici giorni quando l'autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria ne faccia specifica richiesta in relazione ad attività investigative in corso (comma 3).
In proposito faccio presente che le disposizioni di cui ai primi due commi dell'articolo in esame sono state integralmente riprodotte nei commi 7 e 8 dell'articolo 6 del decreto-legge n. 11 del 2009, il cui disegno di legge di conversione è all'esame della Commissione Giustizia, e sono pertanto attualmente in vigore.
Il comma 3 dell'articolo, sopra illustrato, non è stato invece riproposto nel decreto-legge.
L'articolo 47 novella il testo unico sull'immigrazione, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, inserendovi l'articolo 4-bis. Con esso si introduce nell'ordinamento una definizione del concetto di «integrazione», quale processo finalizzato a promuovere la convivenza fra stranieri e cittadini italiani, nel rispetto comune dei valori sanciti dalla Costituzione, e con impegno reciproco ai fini della partecipazione alla vita economica, sociale e culturale della società.
Contestualmente, l'articolo istituisce e disciplina la nuova figura dell'»accordo di integrazione». Tale accordo deve essere obbligatoriamente sottoscritto dalla persona straniera ai fini del rilascio del permesso di soggiorno, ed è articolato su crediti, conseguibili per tutto l'arco temporale di validità del titolo di soggiorno richiesto.
In particolare, i criteri e le modalità necessarie a definire la procedura di sottoscrizione dell'Accordo e la sua articolazione su crediti, sono stabiliti con un regolamento governativo entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della disposizione, su proposta del Presidente del Consiglio e del Ministro dell'interno, di concerto con il ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il ministro della salute e delle politiche sociali.
La perdita integrale dei crediti comporta la revoca del titolo di soggiorno e l'espulsione amministrativa dello straniero eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.
Non sono soggetti alla revoca del titolo di soggiorno e all'espulsione amministrativa lo straniero titolare di permesso di soggiorno per asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari, per motivi familiari, di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, di carta di soggiorno per familiare straniero di cittadino dell'Unione europea, nonché dello straniero titolare di altro permesso di soggiorno che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare.
L'articolo 48 - inserito nel corso dell'esame in Senato - interviene sulla disciplina del favoreggiamento dell'immigrazione clandestina di cui all'articolo 12 del testo unico dell'immigrazione, in particolare ridefinendo le condotte che ne integrano

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la fattispecie. Rispetto al testo vigente, tali condotte vengono a differenziarsi essenzialmente per le modalità con cui vengono effettuate, a prescindere dall'esistenza dello scopo di lucro, che è invece trasformata in autonoma aggravante.
La lettera a) sostituisce il comma 1 dell'articolo 12 ridefinendo il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina attraverso una più analitica specificazione della condotta.
Per quanto riguarda la fattispecie di reato, rispetto al testo vigente, l'articolo 48, oltre al compimento di «atti diretti a procurare illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato od in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente», contempla la condotta di chiunque promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni recate dal medesimo testo unico sull'immigrazione.
Per quanto riguarda la pena, da un lato è confermata la reclusione da 1 a 5 anni; dall'altro la pena pecuniaria viene fissata in 15.000 euro per ogni clandestino di cui si sia favorita l'immigrazione. Rispetto al testo vigente dell'articolo 12, comma 1, che prevede una multa fino a 15.000 euro a persona, viene quindi eliminata ogni valutazione discrezionale da parte del giudice.
La lettera b) sostituisce integralmente il comma 3 del predetto articolo 12. Il testo del disegno di legge in esame sanziona, come autonoma figura di reato, punita con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona, le medesime condotte previste al comma 1, poste in essere in presenza di determinate modalità, in larga parte riprese dal vigente testo del comma 3-bis.
La lettera c) dell'articolo 48 sostituisce il successivo comma 3-bis, prevedendovi delle aggravanti per il delitto di cui al comma precedente (favoreggiamento dell'immigrazione clandestina compiuto con particolari modalità).
La sanzione della reclusione da cinque a quindici anni e della multa di 15.000 euro per ogni persona dovrà essere aumentata laddove il delitto sia commesso ricorrendo due o più delle ipotesi elencate nelle lettere da a) ad e).
Ulteriori circostanze aggravanti - questa volta ad effetto speciale - sono previste dal nuovo comma 3-ter, inserito dalla lettera d). La pena della reclusione da cinque a quindici anni dovrà essere aumentata da un terzo alla metà e la multa fissata in 25.000 euro a persona se i fatti di cui al comma 1 e al comma 3 sono commessi al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale ovvero all'impiego di minori in attività illecite per favorirne lo sfruttamento (tale previsione è già contenuta nell'attuale comma 3-ter) oppure sono commessi al fine di trarne profitto, anche indiretto. Tale finalità, quindi, che nel vigente comma 3 è elemento costitutivo del reato, diviene un'autonoma aggravante.
La lettera e) sostituisce il comma 4 dell'articolo 12, prevedendo che per i delitti di cui ai commi 1 e 3 sia obbligatorio l'arresto in flagranza. Il nuovo comma 4-bis, inserito insieme al successivo comma 4-ter dalla lettera f), prevede che laddove in relazione ai reati previsti dal comma 3 sussistano gravi indizi di colpevolezza, sia applicata la custodia cautelare in carcere, a meno che non siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari.
Il disegno di legge prevede quindi anche per i delitti connessi all'immigrazione clandestina una norma analoga a quella già contemplata dal codice di procedura penale (articolo 275, comma 3) in relazione ai delitti di criminalità organizzata.
Il comma 4-ter - riprendendo quanto attualmente previsto dal comma 4 - dispone che in relazione ai delitti di cui ai commi 1 e 3 sia sempre disposta la confisca del mezzo di trasporto utilizzato per commettere il reato, anche in caso di patteggiamento.
L'articolo 50, comma 1, introduce l'obbligo per le persone senza fissa dimora,

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che chiedono l'iscrizione nel comune ove hanno stabilito il proprio domicilio, di fornire all'ufficio di anagrafe gli elementi necessari ai fini dell'accertamento dell'effettiva sussistenza del domicilio.
In particolare, la disposizione in esame modifica l'articolo 2 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, recante «Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente», che prevede l'obbligo di chiedere per sé e per le persone sulle quali si esercita la patria potestà o la tutela, la iscrizione nell'anagrafe del comune di dimora abituale e di dichiarare alla stessa i fatti determinanti mutazione di posizioni anagrafiche.
La modifica interviene sul terzo comma che dispone, ai fini del predetto obbligo di iscrizione, che la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel comune ove ha il domicilio, e in mancanza di questo, nel comune di nascita.
La disposizione specifica che la persona senza fissa dimora, al momento della richiesta di iscrizione, deve fornire all'ufficio di anagrafe gli elementi necessari per lo svolgimento degli accertamenti sulla effettiva sussistenza del domicilio.
Il comma 2, istituisce presso il Ministero dell'interno il registro nazionale delle persone senza fissa dimora.
In particolare, la disposizione aggiunge un comma al citato articolo 2 della legge n. 1228 del 1954, che dispone, senza oneri a carico del bilancio dello Stato, l'istituzione di un registro nazionale delle persone che non hanno fissa dimora, le cui modalità di funzionamento sono rimesse ad un decreto del Ministro dell'interno, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del disegno di in esame. Il registro deve inserirsi nell'ambito del sistema INA-SAIA.
L'articolo 51 modifica il regolamento anagrafico della popolazione residente, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1989, ed in particolare il disposto dell'articolo 11, comma 1, lettera c) in materia di cancellazione anagrafica dello straniero, prevedendo che per i cittadini stranieri la cancellazione dall'anagrafe della popolazione residente avvenga per irreperibilità accertata, ovvero per effetto del mancato rinnovo della dichiarazione di dimora abituale nel comune, trascorsi sei mesi - e non più un anno - dalla scadenza del permesso di soggiorno o della carta di soggiorno.
L'articolo 52 prevede che gli enti locali, previo parere del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, possono avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini non armati al fine di segnalare agli organi di polizia eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale.
Fa quindi presente che in materia è intervenuto l'articolo 6, commi da 3 a 6, del citato decreto-legge n. 11 del 2009, attualmente in vigore ed all'esame della Commissione Giustizia. Tale disposizione riconosce la facoltà di avvalersi del concorso di associazioni volontarie di cittadini non armati nel presidio del territorio, per le medesima finalità indicate dall'articolo in esame, al sindaco, previa intesa con il prefetto (comma 3). Le associazioni sono iscritte in un apposito elenco tenuto a cura del prefetto (comma 4). I sindaci si avvalgono, in via prioritaria, delle associazioni costituite tra gli appartenenti, in congedo, alle forze dell'ordine, alle forze armate e agli altri corpi dello Stato. Le associazioni diverse sono iscritte negli elenchi solo se non siano destinatarie, a nessun titolo, di risorse economiche a carico della finanza pubblica (comma 5). Gli ambiti operativi delle predette disposizioni, i requisiti per l'iscrizione e le modalità di tenuta dell'elenco, sono rimessi ad un decreto del Ministro dell'interno (comma 6).
L'articolo 53 dispone che le disposizioni relative al rimpatrio assistito possono essere estese anche ai minori cittadini dell'Unione europea non accompagnati che esercitano la prostituzione. Tale procedura deve essere applicata nell'interesse del minore e in ogni caso secondo quanto previsto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo. La norma in esame dispone altresì che le procedure di rimpatrio siano disposte nei limiti delle risorse assegnate

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annualmente al Fondo nazionale per le politiche migratorie di cui all'articolo 45 del testo unico sull'immigrazione.
L'articolo 55, introdotto presso l'altro ramo del Parlamento, interviene sul testo unico sugli stupefacenti, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, per prolungare fino a tre anni (in luogo dell'attuale anno) il termine di possibile sospensione della patente di guida o di ogni altro titolo di abilitazione alla guida in caso di illecita detenzione di stupefacenti (comma 1), nonché per prolungare fino a quattro anni (in luogo degli attuali due) la durata massima della misura di sicurezza del divieto di guidare veicoli a motore in caso di illecita detenzione di stupefacenti ritenuta pericolosa per la sicurezza pubblica (comma 2).
Il comma 1 novella l'articolo 75, comma 1, del testo unico in questione, che individua le sanzioni amministrative per l'illecita detenzione di stupefacenti. Esso riscrive la lettera a) del comma 1 dello stesso articolo 75 per prevedere che, oltre alla sanzione amministrativa della sospensione della patente, debba essere disposta anche la sospensione del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori. Esso prevede inoltre che la suddetta sospensione, nonché il divieto di conseguire tali titoli, ha una durata fino a tre anni (in luogo dell'attuale un anno).
Il comma 2 dell'articolo 55 interviene invece sull'articolo 75-bis, comma 1, del testo unico che, in relazione all'illecita detenzione di stupefacenti, prevede in circostanze particolari l'applicazione di misure di sicurezza.
L'articolo 56 apporta modifiche alla disciplina relativa ai requisiti morali per il rilascio e la revoca dei titoli abilitativi alla guida (articolo 120 del codice della strada) e introduce inoltre il divieto di guidare autoveicoli con potenza specifica superiore alla misura indicata, per i primi tre anni dal rilascio della patente di guida, nei confronti delle persone sottoposte alla sanzione amministrativa del divieto di conseguire la patente, per la commissione di illeciti amministrativi connessi con il possesso di sostanze stupefacenti o psicotrope.
L'articolo 57 modifica la disciplina del Fondo contro l'incidentalità notturna, prevede l'aggravante della guida notturna per i reati di guida sotto l'influenza di alcool e di guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, aumenta negli stessi casi le sanzioni amministrative previste per una serie di altri illeciti, prevedendo inoltre che l'incremento della sanzione amministrativa sia destinato, attraverso riassegnazione, al Fondo contro l'incidentalità notturna.
L'articolo 60 concerne il delicato problema del controllo dei contenuti immessi sulla rete Internet. La disposizione, ai commi 1-4, mira alla repressione delle diverse forme di istigazione a delinquere o di apologia di reato in via telematica mediante l'uso della rete internet. Si introduce in capo al Ministro dell'interno il potere di emanare un decreto che, allo scopo di interrompere l'attività illecita, impone agli «Internet access providers» (ossia i fornitori di connettività alla rete Internet) l'obbligo di utilizzare appositi strumenti di filtraggio, le cui caratteristiche tecniche debbano essere definite da un decreto interministeriale da adottare entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del disegno di legge.
Il decreto può essere emanato a condizione che si proceda per il reato di istigazione a delinquere o a disobbedire alla leggi o per apologia di reato, nonché se sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet.
Infine, il comma 5 della disposizione in esame novella il n. 1) del quarto comma dell'articolo 266 del codice penale sostanzialmente precisando che il delitto di «istigazione di militari a disobbedire alle leggi» è considerato commesso «pubblicamente» anche quando - oltre che a mezzo della stampa o altro mezzo di propaganda - sia commesso «in via telematica sulla rete internet».

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L'articolo 61 reca disposizioni in merito ai programmi innovativi in ambito urbano «Contratti di quartiere II» e al programma di edilizia residenziale destinato a dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, per il quale viene prevista la riapertura di alcuni termini relativi agli accordi di programma ed alle convenzioni urbanistiche.
Il comma 1 dispone, pertanto, che il rifinanziamento del programma innovativo in ambito urbano denominato «Contratti di quartiere II», previsto dall'articolo 21-bis del decreto legge n. 159 del 2007, con le risorse originariamente previste da alcuni programmi straordinari di edilizia residenziale a favore dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, si applichi a decorrere dal 1o gennaio 2010.
Il comma 2 dispone la riapertura - a decorrere dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame e fino al 31 dicembre 2009 - del termine previsto dall'articolo 4, comma 150, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) per la ratifica degli accordi di programma (di cui dall'articolo 34 del testo unico di cui decreto legislativo n. 267 del 2000) per la rilocalizzazione in altra regione del programma di edilizia residenziale destinata a dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata.
Il comma 3 prevede la riapertura - a decorrere dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame fino al 31 dicembre 2009 - dei termini previsti dall'articolo 11, comma 2 per la ratifica degli accordi di programma e dall'articolo 12, comma 2 per la sottoscrizione delle convenzioni urbanistiche dalla legge n. 136 del 1999 per la realizzazione del programma straordinario di edilizia residenziale per i dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata.
Il comma 4 reca una norma di carattere transitorio prevedendo che le disposizioni di cui all'articolo 11, comma 1, della legge n. 136 del 1999, continuano ad applicarsi fino al 31 dicembre 2009 a tutti i procedimenti pendenti dinanzi al giudice amministrativo alla data di entrata in vigore del presente disegno di legge.
L'articolo 62, sostituendo integralmente l'articolo 143 del Testo unico sugli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, modifica la normativa in materia di scioglimento dei consigli comunali e provinciali in conseguenza di fenomeni di infiltrazioni e di condizionamenti di tipo mafioso o similare attualmente vigente.
Nella XV legislatura la Commissione Affari costituzionali della Camera ha esaminato alcune proposte di legge in materia di scioglimento degli enti locali per infiltrazioni mafiose (A.C. 1134 e abbinate), elaborando un testo recante una complessiva riforma della disciplina vigente in materia, dettata dagli articoli da 143 a 146 dello stesso testo unico; il testo, come risultante dall'esame degli emendamenti, era stato trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione del prescritto parere, ma la conclusione anticipata della legislatura ha impedito la prosecuzione dell'iter.
L'articolo 62 in esame riprende sostanzialmente il testo dell'articolo 143 del testo unico, nella formulazione proposta dalla Commissione Affari costituzionali nella scorsa legislatura, introducendo in particolare l'incandidabilità temporanea dei responsabili dello scioglimento e alcune misure sanzionatorie nei confronti dei dirigenti e dei dipendenti dell'ente locale, allo scopo di contrastare il manifestarsi di fenomeni di collegamento di questi ultimi con la criminalità mafiosa.
L'articolo 66 reca la quantificazione degli oneri recati dal provvedimento e la relativa copertura finanziaria.

Francesco Paolo SISTO (PdL), relatore per la II Commissione, rileva che il provvedimento in esame è dotato di coerenza sistematica e realizza una riforma utile delineando un microsistema interattivo ed efficace. L'intervento normativo deve considerarsi nel suo complesso condivisibile.
L'articolo 1 apporta principalmente delle modifiche al codice penale.

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In primo luogo, si interviene sull'articolo 61 del codice penale, in tema di circostanze aggravanti comuni, modificando la circostanza aggravante comune della minorata difesa prevista al numero 5. Con la finalità di ampliare gli strumenti di tutela per gli anziani, viene precisato che l'ipotesi di «minorata difesa» può configurarsi anche nel caso in cui l'autore del reato abbia profittato dell'età avanzata della persona che ha subito il danno. In tal modo si è inteso precisare in via normativa quanto già riconosciuto in giurisprudenza.
Il Senato ha poi inteso circoscrivere l'aggravante di clandestinità, ovvero la circostanza che il colpevole abbia commesso il reato mentre si trovava illegalmente sul territorio nazionale, ai soli extracomunitari e agli apolidi. Tale precisazione è da ricondurre alla ratio dell'aggravante che si colloca nel contrasto alla criminalità connessa all'immigrazione clandestina da parte di soggetti extracomunitari
Sempre il Senato ha reintrodotto, con talune modifiche rispetto al testo previgente, il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, punendolo con la reclusione fino a 3 anni, ed ha modificato il reato di ritrattazione comprendendovi anche il favoreggiamento personale (articolo 378 del codice penale) limitatamente alle ipotesi di estorsione (articolo 629 del codice penale). La norma mira evidentemente ad escludere la responsabilità penale delle vittime delle estorsioni in caso di ripensamento. Si tratta quindi di uno strumento utile per combattere l'estorsione.
In tema di associazione per delinquere è integrata l'ipotesi aggravata prevista dal sesto comma per determinati reati inserendovi l'ipotesi di delitto di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina compiuto con particolari modalità.
Il comma 8 è identico al già vigente articolo 1, comma 1, lett. a), del decreto-legge n. 11 del 2009 (attualmente in corso di conversione), in tema di circostanze aggravanti dell'omicidio.
L'articolo 2, introdotto dal Senato, apporta modifiche ad alcune disposizioni del codice di procedura penale relative al procuratore nazionale antimafia. Il comma 1 interviene sull'articolo 117 codice penale, in tema di richiesta di copie di atti da parte del pubblico ministero per aggiungere la possibilità per il procuratore nazionale antimafia di accedere ai registri per le annotazioni relative ai procedimenti di prevenzione, istituiti presso le segreterie delle procure della Repubblica e presso le cancellerie dei tribunali. Il comma 2 novella l'articolo 371-bis del codice penale, relativo alle attività di coordinamento del procuratore nazionale antimafia, specificando che la sua competenza riguarda esclusivamente i procedimenti avviati a seguito della proposta avanzata dai procuratori distrettuali e dunque non tutti i procedimenti antimafia, escludendo ad esempio quelli in cui la proposta di adozione della misura di prevenzione sia venuta dal questore o dal direttore della Direzione investigativa antimafia ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 575 del 1965.
L'articolo 3 mira ad ampliare la tutela penale prevista dall'ordinamento a favore dei disabili, intervenendo sulla circostanza aggravante prevista dall'articolo 36, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, estendendone l'ambito di applicazione a tutti gli altri delitti non colposi contro il patrimonio. La ratio è la medesima della modifica dell'articolo 61 del codice penale: rafforzare la tutela delle persone che sono più esposte ad episodi di criminalità in ragione della loro ridotta capacità di difendersi. È inoltre sostituito il riferimento alla «persona handicappata» con «persona portatrice di minorazione fisica, psichica o sensoriale».
L'articolo 5 interviene sulla disciplina del riconoscimento dello status di rifugiato, modificando le procedure per il ricorso giurisdizionale avverso le decisioni relative alle domande di riconoscimento (articolo 35 del decreto legislativo n. 25 del 2008).
L'articolo 6, introdotto preso l'altro ramo del Parlamento, modifica l'articolo 116 del codice civile al fine di prevedere che lo straniero che vuole contrarre matrimonio in Italia debba esibire - oltre al nulla osta dell'autorità competente nel

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proprio paese - un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano.
Gli articoli da 7 a 10 del disegno di legge introducono disposizioni contro la cosiddetta illegalità diffusa piuttosto che contro la criminalità diffusa, ovvero contro fattispecie che, pur considerate minori, secondo la relazione del Governo al disegno di legge «incidono notevolmente non tanto sulla vivibilità dei centri urbani, quanto su quelle condizioni minime di cura del territorio dalle quali partire per reimpostare politiche attive di risanamento e di promozione della legalità».
In particolare, gli articoli 7 e 8 mirano alla repressione del fenomeno dei cd. writers o graffitari ovvero gli autori di murales e scritte su muri di edifici pubblici e privati, su autobus, treni ed, in generale, su beni mobili ed immobili altrui. Anche se nel nostro sistema penale non esiste un reato specifico in materia, l'illecito è attualmente punibile a titolo di danneggiamento oppure di deturpamento e imbrattamento di cose altrui. Si prevedono particolari aggravanti a seconda dell'oggetto che viene danneggiato. Inoltre, per il danneggiamento aggravato si prevede che la concessione della sospensione condizionale della pena sia subordinata all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna. Si introduce anche un nuovo illecito amministrativo consistente nella vendita a minori di bombolette spray contenenti vernici non biodegradabili (sanzione amministrativa fino a 1.000 euro).
In tema con i precedenti articoli sono gli articoli 9 e 10 che fanno riferimento alla nozione di insozzamento che forse andrebbe rivista.
L'articolo 9, introdotto nel corso dell'esame al Senato, prevede che le sanzioni amministrative pecuniarie dettate da regolamenti ed ordinanze comunali per chiunque insozzi le pubbliche vie non possano essere inferiori a 500 euro. L'articolo 10, anch'esso introdotto dal Senato, completa l'intervento del precedente articolo 8 relativo al decoro delle pubbliche vie modificando il Codice della strada (disegno legislativo n. 285 del 1992) con l'introduzione di un nuovo illecito amministrativo consistente nello «insozzare» le strade pubbliche gettando rifiuti od altri oggetti dai veicoli sia in sosta che in movimento. L'illecito è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 1.000 euro.
L'articolo 11 del disegno di legge modifica il regime delle circostanze aggravanti applicabili nel caso di concorso nel reato, con l'intento di aggravare la pena applicabile al correo maggiorenne. Secondo la relazione di accompagnamento dell'originario disegno di legge del Governo, infatti, solo un'azione decisa nei confronti dei correi maggiorenni potrebbe realizzare quella deterrenza aggiuntiva che occorre per bloccare il fenomeno prima che l'effetto emulazione e l'evoluzione delle condotte violente che si vanno diffondendo in età scolare rendano il fenomeno inarrestabile, costringendo a scelte punitive forti nei confronti dei delinquenti minorenni.
L'articolo 12 prevede e disciplina nuovi poteri dei sindaci e dei prefetti in materia di occupazione abusiva del suolo pubblico, prevedendo che possono ordinare l'immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti.
L'articolo 13 del disegno di legge introduce nell'ordinamento il delitto di impiego di minori nell'accattonaggio (articolo 600-octies del codice penale) sanzionato con la reclusione fino a tre anni, salvo che il fatto costituisca più grave reato. Si ricorda che attualmente vige nel nostro ordinamento una omonima contravvenzione, prevista dall'articolo 671 del codice penale. Il nuovo reato consiste nell'avvalersi per mendicare di una persona minore degli anni quattordici o, comunque, non imputabile, ovvero nel permettere che tale persona, ove sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, mendichi,

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ovvero permettere che altri se ne avvalgano per mendicare. Il delitto sembrerebbe avere un ambito di applicazione più ampio dell'attuale contravvenzione, in quanto la prima delle condotte che lo integrano - l'avvalersi per mendicare di una persona minore degli anni quattordici o, comunque, non imputabile - prescinderebbe dal fatto che tale persona sia sottoposta all'autorità del soggetto attivo o affidata alla sua custodia o vigilanza. Tale elemento permane invece con riferimento alle altre due condotte (il permettere che tale persona mendichi ovvero che altri se ne avvalga per mendicare).
La lettera b) introduce nel codice penale l'articolo 602-bis, che dispone l'applicazione di una pena accessoria (rispettivamente, perdita della potestà del genitore o interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente all'amministrazione di sostegno, alla tutela e alla cura) nel caso in cui i reati di cui agli artt. 600 codice penale (Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù), 601 del codice penale (Tratta di persone) e 602 del codice penale (Acquisto e alienazione di schiavi) siano commessi dal genitore o dal tutore.
L'articolo 14, introdotto nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, mira ad offrire una maggiore tutela ai minori attraverso la previsione di una aggravante comune se il fatto è stato commesso in danno di minori all'interno o nelle immediate vicinanze di scuole e di aggravanti specifiche quando determinati reati siano posti in essere presso quei luoghi.
Gli articoli 15 e 16 intervengono su alcuni delitti contro il patrimonio che destano forte allarme sociale, quali la violazione di domicilio, il furto e la rapina. Per il primo si fissa un minimo edittale a sei mesi e l'arresto facoltativo in flagranza. Per il secondo si prevede in casi particolari aggravati l'arresto obbligatorio in flagranza nonché si prevedono due nuove circostanze aggravanti se il fatto è commesso all'interno di mezzi di pubblico trasporto o nei confronti di persona che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti a prelievo di denaro. Si tratta di fattispecie che generano un forte allarme sociale. Il comma 2, introduce all'articolo 628 del codice penale tre nuove circostanze aggravanti del delitto di rapina, se il fatto è commesso nei luoghi di cui all'articolo 624-bis del codice penale (ossia edifici o altri luoghi destinati in tutto o in parte a privata dimora o pertinenze di essa); all'interno di mezzi di pubblico trasporto; nei confronti di persona che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro. La pena è della reclusione da quattro anni e sei mesi a venti anni e della multa da euro 1.032 a euro 3.098.
L'articolo 17, inserito nel corso dell'esame in Senato, introduce una nuova circostanza aggravante del delitto di truffa, di cui all'articolo 640 del codice penale, se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all'articolo 61, primo comma, numero 5) Si tratta della circostanza aggravante comune della cosiddetta minorata difesa, ossia «l'avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa». Come sopra illustrato l'articolo 1 del disegno di legge in esame prevede una riformulazione di tale circostanza, che fa riferimento anche al caso in cui l'autore del reato abbia profittato dell'età avanzata della persona che ha subito il danno.
Anche l'articolo 18 è stato inserito nel corso dell'esame in Senato. In primo luogo è modificato l'articolo 605 del codice penale in materia di sequestro di persona. È disposto un significativo inasprimento della pena se il fatto è commesso in danno di un minore, prevedendo in particolare la reclusione da tre a dodici anni (in luogo della reclusione da sei mesi a otto anni prevista per la fattispecie ordinaria). La pena è ulteriormente aumentata (reclusione da tre a quindici anni) se il fatto commesso in danno di un ascendente, discendente o coniuge ovvero da pubblico ufficiale con abuso dei poteri inerenti le

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sue funzioni, se si tratta di minore di quattordici anni o se il minore sequestrato è condotto o trattenuto all'estero.
È poi prevista una nuova fattispecie di reato, rubricata «Sottrazione e trattenimento di minore all'estero».
L'articolo 19, inserito nel corso dell'esame in Senato, al comma 1, modifica la disciplina delle circostanze aggravanti per il reato di porto illegale di armi o parti di esse, munizioni, esplosivi, aggressivi chimici e congegni micidiali.
L'articolo 22 introduce una serie di modifiche al decreto legislativo 274 del 2000 relativo alla competenza penale del giudice di pace, in particolare coordinandone il testo con l'avvenuta introduzione dell'articolo 10-bis nel T.U. immigrazione (v. articolo 21).Come prima novità, il giudice di pace attrae alla sua competenza i procedimenti relativi all'ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, ovvero il nuovo reato contravvenzionale introdotto nel decreto legislativo 286 del 1998 dal citato articolo 10-bis.
La seconda novità consiste nell'introduzione di un nuovo modello di procedimento davanti al medesimo giudice di pace (in due versioni: ordinaria e abbreviata). In materia di sanzioni applicabili dal giudice di pace, si prevede che il giudice di pace, nelle ipotesi previste dalla legge, applichi a titolo di sanzione sostitutiva la misura dell'espulsione di cui all'articolo 16 del T.U. sull'immigrazione. La norma va letta in relazione alle novelle introdotte dall'articolo 21, comma 1, lett. b), e dall'articolo 45, comma 1, lett. m) del disegno di legge in esame al richiamato articolo 16. In base al testo novellato, viene estesa alla sentenza di condanna per il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato (di cui al nuovo articolo 10-bis del T.U.) la facoltà di sostituire la pena con la misura dell'espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni, qualora non ricorrano le cause ostative indicate nell'articolo 14, comma 1, del medesimo testo unico che impediscono l'esecuzione immediata dell'espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.
L'articolo 24, inserito nel corso dell'esame al Senato, modifica il decreto-legge 6 giugno 1982, n. 629, che prevede misure urgenti per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa e la possibile nomina di un Alto Commissario antimafia. La norma in esame integra - alla luce degli sviluppi della normativa antiriciclaggio - l'elenco dei soggetti presso i quali possono essere svolti da parte dell'Alto commissario accessi e accertamenti al fine di verificare se ricorrano pericoli di infiltrazione da parte della delinquenza di tipo mafioso. Si prevede, in particolare, che i controlli possano essere svolti presso i numerosi soggetti individuati dal decreto cosiddetto antiriciclaggio n. 231 del 2007 (ad esempio: gli intermediari finanziari e gli altri soggetti esercenti attività finanziaria, i professionisti, i revisori contabili, gli operatori che svolgono attività di recupero crediti conto terzi).
L'articolo 26 contiene delle modifiche alle disposizioni del codice di procedura penale in tema di misure cautelari personali, che sono già vigenti essendo inserite nel decreto legge n. 11 in materia di sicurezza.
L'articolo 31 detta una nuova e molto più dettagliata formulazione dell'articolo 104 delle norme di attuazione del codice di procedura penale relativo al sequestro preventivo (lettera a) e introduce nelle stesse norme un nuovo articolo 104-bis (lettera b). Fermo restando l'obbligo di trasmissione del provvedimento che dispone la misura sia all'organo che deve provvedere all'esecuzione sia (se si è nella fase delle indagini preliminari) al P.M. richiedente, il riformulato articolo 104 (ora rubricato «Esecuzione del sequestro preventivo») stabilisce specifiche differenti modalità di esecuzione del sequestro preventivo in relazione alla natura del bene stesso.
L'articolo 32, inserito nel corso dell'esame presso il Senato, interviene sulla conservazione e amministrazione dei beni sequestrati. Tra l'altro si modica la legge n. 575 del 1965 in materia di mafia prevedendo che la nomina dell'amministratore dei beni sequestrati e confiscati da

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parte del tribunale debba avvenire unicamente nell'ambito dei professionisti iscritti all'Albo degli amministratori giudiziari, la cui istituzione è prevista proprio da tale articolo.
L'articolo 33, introdotto nel corso dell'esame al Senato, modifica la disciplina della legge n. 575 del 1965 concernente la custodia dei beni mobili registrati sequestrati nel corso dei procedimenti di prevenzione antimafia.
Viene aggiunto, a tal fine, all'articolo 2-undecies della legge n. 575 un nuovo comma 3-bis che prevede, in caso di esplicita richiesta e previo parere favorevole dell'amministratore giudiziario (se nominato), che l'autorità giudiziaria affidi in custodia giudiziale agli organi di polizia - che possono usarli anche per esigenze di polizia giudiziaria - i beni mobili registrati, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati alle organizzazioni criminali. Gli stessi beni possono essere affidati anche ad altri organi dello Stato o enti pubblici non economici che li usino per finalità di giustizia, protezione civile o tutela dell'ambiente.
L'articolo 34, anch'esso inserito durante l'esame al Senato, modifica l'articolo 38 del cd. Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 163 del 2006). In particolare, amplia la platea dei soggetti che, a causa della mancanza di determinati requisiti di ordine morale, sono esclusi dalla partecipazione a gare di appalto, forniture e servizi, da affidamento di concessioni, da subappalti e dalla possibilità di stipula dei relativi contratti.
L'articolo 37, introdotto dal Senato, apporta modifiche all'articolo 4 della legge n. 512 del 1999, istitutiva del fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime della mafia.
L'articolo 38 prevede che quando si procede per un delitto consumato o tentato con finalità di terrorismo anche internazionale e sussistono concreti e specifici elementi che consentano di ritenere che l'attività di organizzazioni, di associazioni, movimenti o gruppi favorisca la commissione dei medesimi reati, può essere disposta cautelativamente dal giudice la sospensione di ogni attività associativa.
L'articolo 39, inserito nel corso dell'esame al Senato, modifica l'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, che disciplina il regime carcerario speciale per soggetti detenuti per reati di particolare allarme sociale. Si tratta di una norma di estrema rilevanza sotto il profilo della lotta alla criminalità organizzata in quanto rende ancora più rigoroso il regime carcerario dei capi delle associazioni mafiose al fine di recidere i loro legami con le associazioni durante il periodo del carcere. Si è intervenuto sui presupposti di applicazione oltre che a coloro che sono detenuti o internati per taluno dei delitti di cui all'articolo 4-bis, primo comma, primo periodo, dell'ordinamento penitenziario, anche a coloro che sono detenuti o internati comunque per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione di tipo mafioso. È una precisazione necessaria per evitare dubbi interpretativi in relazione agli omicidi commessi con tali modalità.
Sempre per evitare dubbi interpretativi i specifica che in caso di unificazione di pene concorrenti o di concorrenza di più titoli di custodia cautelare, il regime carcerario speciale può essere disposto anche quando sia stata espiata la parte di pena o di misura cautelare relativa ai delitti indicati nel suddetto articolo 4-bis.
Si interviene anche sul provvedimento di applicazione attribuendo al Ministro dell'interno il potere di richiedere al Ministro della giustizia l'emissione del provvedimento che dispone il regime carcerario speciale nonché innalzando a 4 anni (attualmente la durata è non inferiore ad 1 anno e non superiore a 2) il periodo di durata. Si prevede poi che la proroga può essere biennale (oggi è annuale) e può essere disposta solo quando risulta che la capacità di mantenere collegamenti con l'associazione criminale, terroristica o eversiva non è venuta meno, tenuto conto anche del profilo criminale e dalla posizione rivestita dal soggetto in seno all'associazione, della perdurante operatività

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del sodalizio criminale, della sopravvenienza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate, degli esiti del trattamento penitenziario e del tenore di vita dei familiari del sottoposto (attualmente, il provvedimento è prorogabile purché non risulti che la capacità del detenuto di mantenere contatti sia venuta meno). In ogni caso, la disposizione precisa che il mero decorso del tempo non costituisce, di per sé, elemento sufficiente per escludere la capacità di mantenere i collegamenti con l'associazione o dimostrare il venir meno dell'operatività della stessa. È abrogato il comma 2-ter, che dispone che il decreto deve essere revocato, anche d'ufficio, dal Ministro della giustizia ove, prima della scadenza, vengano meno le condizioni che hanno determinato l'adozione o la proroga. Il comma 2-ter specifica inoltre che la revoca può essere chiesta dall'interessato o dal suo difensore; in tal caso, decorsi trenta giorni dall'istanza, essa si intende non accolta; il provvedimento che non accoglie l'istanza è impugnabile davanti al tribunale di sorveglianza (comma 2-quinquies) ed, eventualmente, in Cassazione (comma 2-sexies).
Sono state modificate anche le norme sul contenuto delle restrizioni. Si prevede che i detenuti sottoposti al regime carcerario speciale debbano essere ristretti all'interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, collocati preferibilmente in aree insulari, ovvero comunque all'interno di sezioni speciali e logisticamente separate dal resto dell'istituto e custoditi da reparti specializzati della polizia penitenziaria. È eliminata ogni discrezionalità nell'applicazione delle condizioni detentive speciali di cui al comma 2-quater (che dovranno dunque sempre essere tutte applicate). I colloqui sono ridotti a uno al mese (oggi ne sono possibili due) e devono essere sempre sottoposti a controllo auditivo, a registrazione e a videoregistrazione. Il colloquio telefonico mensile può essere autorizzato solo nei confronti di coloro che non effettuano colloqui. Con i difensori potrà effettuarsi, fino ad un massimo di tre volte alla settimana, una telefonata o un colloquio della stessa durata di quelli previsti con i familiari. La permanenza all'aperto non potrà svolgersi in gruppi superiori a 4 persone (attualmente sono possibili gruppi fino a 5 persone) e non potrà protrarsi per più di 2 ore al giorno (contro le attuali 4); si precisa inoltre che devono essere adottate tutte le necessarie misure di sicurezza anche attraverso accorgimenti di natura logistica sui locali di detenzione, volte a garantire che sia assicurata la assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità, scambiare oggetti e cuocere cibi.
Vi sono novità anche per la procedura di impugnazione dei decreti ministeriali.
La competenza a decidere i reclami avverso il provvedimento è concentrata nel tribunale di sorveglianza di Roma per evitare orientamenti giurisprudenziali eterogenei da parte dei diversi tribunali (attualmente è competente a decidere il tribunale di sorveglianza che ha giurisdizione sull'istituto al quale il detenuto o l'internato è assegnato) e il termine entro il quale presentare il reclamo viene aumentato dagli attuali dieci a venti giorni. In base al nuovo comma 2-sexies, poiché il provvedimento assume un contenuto predeterminato per legge, il vaglio del tribunale in sede di reclamo dovrà concentrarsi sulla sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento (mentre ora è prevista anche una valutazione della congruità del contenuto del provvedimento rispetto alle esigenze di cui al comma 2). All'udienza, le funzioni di pubblico ministero possono essere altresì svolte da un rappresentante dell'ufficio del procuratore della Repubblica di cui al comma 2-bis o del Procuratore Nazionale Antimafia. Il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del tribunale per violazione di legge, può essere proposto - oltre che dal procuratore generale presso la corte d'appello, dal detenuto, dall'internato o dal difensore - dal Procuratore Nazionale Antimafia e dal procuratore di cui al comma 2-bis. Si prevede poi che per la partecipazione del detenuto o dell'internato all'udienza si applicano le disposizioni di cui all'articolo 146-bis delle norme di attuazione del codice

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di procedura penale in materia di partecipazione al dibattimento a distanza.
L'articolo 40, inserito nel corso dell'esame in Senato, introduce nel codice penale la nuova fattispecie delittuosa di agevolazione ai detenuti e internati sottoposti a particolari restrizioni delle regole di trattamento e degli istituti previsti dall'ordinamento penitenziario di cui al nuovo articolo 391-bis del codice penale La nuova fattispecie punisce con la reclusione da 1 a 4 anni chi consente a un detenuto sottoposto al regime carcerario speciale di cui all'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975 (modificato dal precedente articolo 39) di comunicare con altri in elusione delle prescrizioni all'uopo imposte. Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio ovvero da un soggetto che esercita la professione forense si applica la pena della reclusione da 2 a 5 anni.
L'articolo 41 riproduce disposizioni contenute nel decreto-legge n. 11 del 2009, vigente ed in corso di conversione, che intervengono in relazione a delitti di violenza sessuale.
L'articolo 49, inserito nel corso dell'esame in Senato, inserisce il riferimento alle fattispecie di reato in tema di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina in presenza di determinate modalità, previste dal comma 3 dell'articolo 12 del testo unico dell'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 (come riformulato dall'articolo 48 del provvedimento in esame) all'interno dell'articolo 407, comma 2, lett. a), n. 7-bis) del codice di rito, relativo ai termini di durata massima delle indagini preliminari. In conseguenza di tale novella, le indagini preliminari per i delitti di cui al comma 3 dell'articolo 12 del testo unico dell'immigrazione, possono durare fino a due anni. Inoltre, in virtù del rinvio contenuto nell'articolo 303 del codice penale, in tema di durata massima della custodia cautelare, all'articolo 407, comma 2, lett. a) del codice di procedura penale, dal combinato disposto delle due disposizioni deriva anche un prolungamento della durata massima della custodia cautelare.
L'articolo 54 reca modifiche al codice della strada, in materia di revisione della patente di guida al fine di dare maggiore rilevanza all'esigenza della persistenza dei requisiti fisici e psichici prescritti o dell'idoneità tecnica. Si interviene anche sulla la disciplina della guida sotto l'influenza dell'alcool o di sostanze stupefacenti inasprendo le sanzioni.
Sono introdotte nuove destinazioni per le somme derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni previste dal codice.
Sono previste anche nuove destinazioni per i veicoli sequestrati o confiscati, tra cui agli organi di polizia che ne facciano richiesta.
Si dispone poi che, qualora la patente venga revocata per guida in stato di ebbrezza o alterazione in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche o sostanze stupefacenti, non sia possibile ottenere una patente nuova prima che siano trascorsi cinque anni dall'accertamento del fatto.
Sono inoltre modificate inoltre le norme sul ritiro, sospensione o revoca del certificato di idoneità alla guida.
Sono introdotte nuove norme sul procedimento di applicazione della sanzione accessorie della confisca amministrativa e del fermo del veicolo in presenza di un illecito penale.
L'articolo 58 novella l'articolo 600-sexies del codice penale, in tema di circostanze aggravanti e attenuanti dei reati pedopornografici, di riduzione in schiavitù e legati alla tratta di persone, al fine di inserirvi una nuova circostanza attenuante.
In particolare, attraverso l'inserimento di un ulteriore comma, dopo il quarto, il disegno di legge stabilisce che per i delitti di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, tratta di persone, acquisto e alienazione di schiavi e associazione per delinquere finalizzata a commettere uno dei predetti delitti, le pene sono diminuite fino alla metà per colui che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata

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a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente le autorità nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, per l'individuazione e la cattura di uno o più autori dei reati ovvero per la sottrazione di risorse rilevanti alla consumazione dei delitti.
L'articolo 59 inserisce nel decreto legislativo n. 231 del 2001, in materia di responsabilità amministrativa degli enti, un nuovo articolo 24-ter, che prevede sanzioni pecuniarie e interdittive a carico dell'ente in relazione alla commissione di delitti di criminalità organizzata.
L'articolo 63 destina parte dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni previste dal codice della strada all'assistenza e previdenza del personale della Polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato, proporzionalmente all'entità dell'ammontare delle violazioni accertate da tali Corpi.
L'articolo 64, interviene sulla disciplina delle aggravanti contenuta nell'articolo 585 del codice penale. Il disegno di legge novella l'articolo 585 del codice penale sotto due diversi aspetti: in primo luogo, stabilisce che le aggravanti ivi previste devono essere applicate anche al delitto di mutilazioni genitali femminili, di cui all'articolo 583-bis del codice penale; in secondo luogo, inserisce un'ulteriore aggravante - che comporta un aumento di pena dalla metà ai due terzi - se il fatto è commesso da persona travisata o da più persone riunite.
L'articolo 65 del disegno di legge opera una rivalutazione dell'entità delle pene pecuniarie previste dal codice penale e dalla legge n. 689 del 1981, sul sistema sanzionatorio amministrativo. Conferisce inoltre una delega al governo per l'adeguamento complessivo di tutte le multe, ammende e sanzioni amministrative.
In particolare, i commi da 1 a 3 novellano gli articoli 24, 26 e 135 del codice penale, rispettivamente in tema di multe, ammende e ragguaglio tra pena detentiva e pena pecuniaria, per innalzare (sostanzialmente decuplicare) le somme ivi previste.
Analogamente, i commi 4 e 5, intervenendo sulla legge n. 689 del 1981, aumentano i limiti edittali della sanzione amministrativa (previsti dall'articolo 10 della legge) ed i relativi possibili aumenti (articolo 114).
I commi 6 e 7 dell'articolo 65 contengono una delega al Governo per la rivalutazione, nel rispetto dei minimi e massimi individuati dai commi precedenti, dell'ammontare delle sanzioni penali pecuniarie (multa e ammenda) e delle sanzioni amministrative pecuniarie frutto di depenalizzazioni.
La rivalutazione dovrà essere operata entro 180 giorni dall'entrata in vigore del provvedimento in esame e nel rispetto dei principi e criteri direttivi indicati dal comma 6. Tali principi e criteri direttivi dividono le pene pecuniarie in categorie basate sulla data di entrata in vigore della disposizione che le prevede; per ciascuna categoria, il legislatore stabilisce che la rivalutazione debba essere effettuata moltiplicando tali cifre originarie per un coefficiente da scegliere entro un minimo e un massimo dato, anche tenendo conto degli indici ISTAT di aumento dei prezzi al consumo.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che sono pervenute alle Presidenze delle Commissioni richieste di audizioni che saranno esaminate la prossima settimana in riunione congiunta degli uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni. Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.45.