CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 26 febbraio 2009
145.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per le autorizzazioni
COMUNICATO
Pag. 10

Giovedì 26 febbraio 2009. - Presidenza del presidente Pierluigi CASTAGNETTI.

La seduta comincia alle 9.20.

Esame della domanda di autorizzazione a eseguire la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del deputato Angelucci.
(doc. IV, n. 4).

(Seguito dell'esame e conclusione).

Anna Maria BERNINI BOVICELLI (PdL), relatore, rileva che dagli organi di stampa si apprende che il giudice per le indagini preliminari di Velletri, autore del provvedimento della autorizzazione alla cui esecuzione la Giunta discute, avrebbe revocato le misure cautelari nei confronti di coindagati. Questo pone un problema circa se e come proseguire l'esame.

Giuseppe CONSOLO (PdL) non crede che la Giunta possa basarsi su informali notizie di stampa e quindi ritiene che l'odierno esame debba seguitare e giungere a una proposta di merito per l'Assemblea.

Marilena SAMPERI (PD) rammenta di aver già da ieri chiesto informazioni circa eventuali sviluppi del procedimento penale presso l'autorità giudiziaria di Velletri. Crede opportuna una sospensione affinché si possa interloquire con il magistrato richiedente e ottenerne riscontri sulla persistente attualità della sua domanda di autorizzazione.

Antonio LEONE (PdL) dissente dalla collega Samperi e auspica che la Giunta pervenga rapidamente a una proposta di merito per l'Assemblea.

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, fa presente che i precedenti della Giunta sono nel senso che sopravvenuti provvedimenti giudiziari che fanno venir meno l'attualità della misura cautelare di cui si domanda l'esecuzione precludono una pronuncia della Camera nel merito.

Antonino LO PRESTI (PdL) concorda con la posizione dei colleghi Consolo e Leone.

Pierluigi MANTINI (PD), pur non intendendo sottrarsi a un eventuale giudizio critico nei confronti della richiesta in titolo, crede opportuno un approfondimento istruttorio. Concorda quindi con la deputata Samperi.

Pag. 11

Francesco Paolo SISTO (PdL) non crede che la Giunta possa assumere comportamenti che potrebbero avere un impatto sulla libera dialettica tra le parti del processo. Crede quindi che l'esame debba proseguire.

Donatella FERRANTI (PD) non vede davvero ostacoli a una sospensione per acquisire notizie certe dall'autorità giudiziaria.

Jole SANTELLI (PdL) non si opporrà alla verifica che dall'autorità giudiziaria di Velletri non sia pervenuta comunicazione alcuna alla Presidenza della Camera in ordine a ulteriori sviluppi procedimentali.

Matteo BRIGANDÌ (LNP), pur auspicando una rapida definizione della richiesta in titolo nel suo merito, trova accoglibile la posizione della deputata Santelli.

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, ribadito che difficilmente la Camera può impegnare i propri lavori su temi che abbiano perso ogni attualità processuale, sospende brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 9.55, è ripresa alle 10.

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, comunica che risulterebbe che il GIP di Velletri abbia modificato alcune delle misure cautelari nei confronti di taluni degli indagati. Non risulterebbero revoche totali. A ogni modo, il tribunale del riesame sembra essere convocato per oggi per pronunziarsi sulle impugnazioni proposte. Ascrive a queste circostanze di fatto il mancato arrivo di comunicazione alcuna alla Presidenza della Camera.

Anna Maria BERNINI BOVICELLI (PdL), relatore, passando al merito, espone che non è opportuno, né richiesto dalle attribuzioni di questa Giunta, che non è un giudice d'appello o delle libertà, valutare nel profondo il merito della vicenda oggetto dell'indagine della magistratura, che procederà autonomamente, ma solo riscontrare la ricorrenza dei presupposti sottesi all'irrogazione della misura coercitiva, attraverso una disamina degli elementi probatori e giustificativi addotti dall'Autorità giudiziaria. Il compito della Giunta è stato in passato ed è, sulle singole fattispecie, ancor più precisamente quello di verificare l'eventuale sussistenza di un fumus persecutionis nella domanda pervenuta dalla magistratura, intendendosi per tale il sospetto che la misura restrittiva richiesta a carico del parlamentare sia mossa da intenti persecutori. Il criterio del fumus è stato nella prassi della Giunta evoluto ed esteso sino ad assumere una connotazione in senso oggettivo, non necessariamente identificando una volontà persecutoria ad personam da parte dell'ufficio procedente, quanto piuttosto attraverso la constatazione di vizi procedurali dell'iter che conduce ad avanzare la richiesta, o di carenze nella motivazione dell'atto, per cui l'ingiustizia dell'atto stesso può essere ricavata in via oggettiva. In ordine alla sussistenza per il caso de quo di un fumus persecutionis in senso oggettivo, il magistrato non pare in grado di raggiungere un sufficiente livello di motivazione quanto alla pregnanza di un quadro accusatorio a tratti fragile e frammentario, fondato su elementi prevalentemente deduttivi, che non possono costituire il presupposto per l'autorizzazione all'esecuzione di una misura cautelare nel rispetto dei requisiti tassativamente prescritti dall'articolo 274 del codice di procedura penale, con particolare riferimento al pericolo di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato. Non è chiaro quale sia il rischio attuale di inquinamento di un quadro probatorio-indiziario prevalentemente documentale costituito da materiale contabile, fatturazioni, tabulati di intercettazioni telefoniche e sommarie informazioni testimoniali, già da tempo disponibile, acquisito agli atti ed ampiamente attinto dai magistrati inquirenti. A tal segno, gli elementi di accusa consistono principalmente in una lunga serie di intercettazioni telefoniche, cui non sono mai seguiti atti investigativi di concreto riscontro di condotte di rilievo penale. Spesso

Pag. 12

l'onorevole Angelucci è intercettato al telefono con figli e collaboratori, senza che da ciò si possa evincere una reale trama probatoria. Aggiunge che le esigenze cautelari appaiono prima facie argomentate in maniera apodittica, essendo il pericolo di reiterazione motivato sulla base di una supposta attitudine dell'indagato, in quanto proprietario della clinica di cui si tratta - sia pur privo all'interno della stessa di qualsiasi incarico operativo, gestionale od esecutivo - a commettere reati contro la pubblica amministrazione in una logica di continuativa e sistematica distorsione delle modalità erogative delle prestazioni sanitarie in convenzione. Mancano quindi, circa i gravi indizi di colpevolezza, elementi consistenti tali da far emergere dalla documentazione trasmessa una sua attività di intermediazione diretta sui fatti contestati, che vada oltre una generica attività di lobbying politico istituzionale che tutti gli imprenditori esercitano, direttamente o tramite associazioni di categoria. Nel capitolo relativo alle esigenze cautelari (pag. 823), la logica di verosimiglianza è spinta agli estremi, ove si afferma, senza motivazioni ulteriori, che la pericolosità sociale dell'onorevole Angelucci si desumerebbe in ragione di elementi sintomatici « (...) di una personalità che si caratterizza per l'uso di qualsivoglia mezzo, per la strumentalizzazione di qualunque circostanza e situazione pur di salvaguardare i propri interessi, ciò che denota una particolare insensibilità etica (...)». Ravvisa un altro elemento di fragilità argomentativa nel carattere ancora apodittico di alcune affermazioni del magistrato, quali il reiterato riferimento a generici poteri di influenza connessi allo status di figura pubblica, la conoscenza di personalità in grado di condizionare dinamiche politico istituzionali, l'utilizzo di strumenti mediatici indotti dalla proprietà di un gruppo editoriale. È in questo senso condivisibile quanto affermato dallo stesso onorevole Angelucci nelle sue note illustrative: non risulta credibile che un azionista di gruppo editoriale (che pure porta il suo nome) che ricomprende testate quali Libero ed il Riformista, gestite da cooperative di giornalisti e da apparati tecnici sulla cui qualità professionale non è dato dubitare, e diretti da figure autorevoli quali il dott. Feltri ed il già senatore dott. Polito, abbia imposto a tutti costoro condizionamenti e pratiche disinformanti. Peraltro, il GIP in più passaggi pone alla base delle sue richieste cautelari il fatto che l'onorevole Angelucci sia un personaggio influente, una figura proprietaria, un parlamentare. Per quanto quindi di competenza di questa Giunta, le pare particolarmente opinabile e prospetticamente pregiudizievole il rilievo per cui la rete di relazioni e di interlocuzioni che un deputato naturalmente intrattiene sul territorio possa per sé costituire elemento di rilevante verosimiglianza per la configurazione di una condotta illecita. Questa teoria prova davvero troppo: il fatto che un deputato intrattenga relazioni personali e od o professionali - in questo caso qualificate dagli inquirenti come «altolocate» -, stabilendo rapporti con figure incaricate di scelte politico amministrative a livello nazionale e locale, dovrebbe per ciò sottoporre, sulla base di questa qualità, una buona porzione di parlamentari ad un giudizio di pericolosità sociale. Sarebbe assai pernicioso, oltre che profondamente errato ed in contrasto con le attribuzioni costituzionalmente riconosciute ai parlamentari, ricollegare un pericolo di inquinamento prove o di reiterazione di reato ad un mero status, comunque configurato, quasi a tratteggiare una responsabilità oggettiva da «eminenza». Di difficile comprensione è poi il criterio cronologico utilizzato dagli inquirenti, che descrivono asseriti illeciti verificatisi in un arco temporale che va dal 2003 al 2007; ciò contribuisce a togliere credibilità all'impianto del provvedimento cautelare. In conclusione, il quadro probatorio proposto è lo si ribadisce, limitato e frammentario, ed gli elementi investigativi risultano del tutto insufficienti a giustificare l'adozione del provvedimento restrittivo richiesto. Ricorda che nell'arco di tutta la storia costituzionale repubblicana, i precedenti di questa Giunta hanno visto concedere, a fronte di numerose anche recenti reiezioni,

Pag. 13

solo in quattro casi l'autorizzazione all'esecuzione di misure coercitive ex articolo 68, secondo comma, della Costituzione in connessione con gravi fatti di sangue ed in concomitanza con riscontri probatori assolutamente solidi. La linea seguita a questo proposito dalla Giunta è stata costante, e totalmente indifferente all'appartenenza politica dei deputati interessati; peraltro, anche il comune denominatore emerso allo stato dalla discussione ad opera di una porzione maggioritaria dei componenti, è che manchino reali esigenze cautelari a supporto di una misura custodiale. Opportuno è ancora una volta evidenziare, soprattutto in tempi di montante disagio antipolitico, che la carenza degli indizi e delle esigenze cautelari non rileva per attivare un privilegio di casta, in favore di un parlamentare, ma per la constatazione che nessun cittadino dovrebbe essere privato della libertà personale a fronte di elementi probatori ed argomentativi così labili. Propone pertanto che la Giunta deliberi nel senso del diniego dell'autorizzazione all'esecuzione della misura coercitiva degli arresti domiciliari.

Aniello FORMISANO (IdV) voterà contro la proposta della relatrice, in omaggio alla posizione coerente del suo gruppo, soprattutto alla luce del fatto che non vi è alcun attentato alle proporzioni numeriche del plenum della Camera.

Pierluigi MANTINI (PD), osservando che l'interpretazione appena data dal collega Formisano si risolverebbe in una tacita abrogazione dell'articolo 68 della Costituzione, la ritiene anche politicamente inaccettabile. Rifacendosi a quanto osservato nella seduta del 5 febbraio 2009, si dichiara favorevole alla proposta della relatrice.

Francesco Paolo SISTO (PdL) ricollegandosi proprio a quanto sostenuto dal deputato Mantini nella predetta seduta, osserva che nella giurisprudenza penale della Corte di cassazione la figura dell'amministratore di fatto e del socio di fatto sono ricercate con assiduità al fine di apprestare una tutela penale dei creditori e del mercato molto rigorosa, proprio per evitare che le responsabilità da posizione individuate nella legislazione in capo agli esponenti aziendali siano facilmente eluse. Quando però si vuole sostenere che le posizioni societarie apicali sono rivestite in via di fatto e da questo si vogliono trarre conclusioni nel contesto delle esigenze cautelari, allora il ragionamento deve essere molto prudente. Non crede che in questo caso l'autorità giudiziaria abbia individuato condotte tali da mettere a fuoco l'esercizio di fatto di un potere aziendale che giustifichi gli arresti domiciliari. Voterà a favore della proposta della relatrice.

Lorenzo RIA (PD) annunzia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta della relatrice, sottolineando che dai fatti è trascorso un significativo lasso di tempo e che in definitiva si imputa all'Angelucci una posizione di mera preminenza che gli avrebbe consentito di delinquere.

Antonio LEONE (PdL) riprendendo gli spunti dei deputati Mantini e Ria, afferma che ormai la magistratura tende a forgiare la figura dell'»imputato di qualità», colui cioè che per il solo fatto di avere un prestigio sociale e di essere investito di pubbliche funzioni è capace di delinquere ed è socialmente pericoloso. Questa tendenza è ormai evidente se si guarda la serie di domande di arresto esaminata dalla Giunta. Voterà a favore della proposta della relatrice.

Domenico ZINZI (UdC) osserva che la revoca degli arresti domiciliari agli altri imputati minimizza l'oggetto della deliberazione. Non si individuano dagli atti concrete responsabilità di Angelucci né le esigenze cautelari. È quindi favorevole alla proposta della relatrice.

Matteo BRIGANDÌ (LNP), ricordando che il deputato Angelucci è stato destinatario di iniziative giudiziarie plurime, risoltesi in non nulla di fatto, ritiene evidente

Pag. 14

la sussistenza del fumus persecutionis. Trova peraltro sconcertante la sincerità dell'esponente dell'Italia dei Valori, le cui posizioni sono come al solito appiattite sulla magistratura.

Maurizio TURCO (PD) concederà che forse il deputato Angelucci, come molti altri cittadini in Italia, è una vittima: ma non della persecuzione della magistratura di Velletri, bensì della giustizia così come congegnata in Italia. I radicali italiani sono pronti da sempre a discutere del tema. Purtroppo, tuttavia, non solo non è questa la sede per affrontare il tema della giustizia nel suo complesso, ma le carte a disposizione della Giunta fanno capire che non v'è alcun fumus persecutionis. Il deputato Angelucci è stato contradditorio nelle risposte rese nell'audizione di ieri e - contrariamente a quanto sostenuto dai colleghi Mantini e Sisto - è profondamente e quotidianamente impegnato nella gestione delle sue imprese. Voterà contro la proposta della relatrice e preannunzia la presentazione di una relazione di minoranza.

Marilena SAMPERI (PD) voterà a favore della proposta della relatrice ma tiene a precisare che non condivide le motivazioni addotte dai colleghi che l'hanno preceduta e in particolare non ravvisa fumus persecutionis nell'inchiesta a carico dell'Angelucci. Trova forzato che si voglia usare l'odierno diniego come strumento di lotta politica e ricorda che la Giunta deve decidere caso per caso.

Donatella FERRANTI (PD) puntualizza che il suo voto favorevole alla proposta della relatrice non significa la condivisione di un pregiudizio nei confronti dell'autorità giudiziaria.

Lorenzo RIA (PD) concorda con la deputata Ferranti che il voto favorevole sulla proposta di negare l'autorizzazione alle misure cautelari è sorretto da motivazioni in parte diverse da quelle della collega relatrice.

La Giunta, a maggioranza, approva la proposta della relatrice, dandole il mandato di predisporre la relazione per l'Assemblea, nel senso che l'autorizzazione richiesta sia negata.

ESAME DI DOMANDE DI DELIBERAZIONE IN MATERIA D'INSINDACABILITÀ

Domanda di deliberazione in materia d'insindacabilità avanzata dal deputato Luca Volontè, nell'ambito di un procedimento penale pendente presso l'autorità giudiziaria di Roma (proc. n. 4951/08 RGNR).
(Esame e rinvio).

Pierluigi MANTINI, relatore, illustra che il procedimento trae origine da una querela sporta da Emma Bonino relativamente ad alcune dichiarazioni rilasciate da Luca Volonté all'agenzia giornalistica 9 colonne il 9 gennaio 2008. Il tenore delle dichiarazioni è a disposizione dei componenti la Giunta nel fascicolo di seduta ed è relativo alla cosiddetta «pillola del giorno dopo», la RU486. Il deputato Volonté usa espressioni forti del tipo «diserbante chimico per bambini», «pillola killer», «kill-pill» e altre. Fin qui si tratterebbe soltanto di vivace critica politica, ma a un certo punto egli sostiene che «Se qualcuno al ministero, magari stimolato dai lauti interessi della Exelgin, pensasse a tale scellerato patto può toglierselo dalla testa. Sulla pillola che uccide le donne e i bambini non ci può essere nessuna mediazione. Exelgin-Bonino-Cossutta hanno interesse a occultare i pericoli per la salute e mortalità femminile». Ricorda anzitutto che, come risulta agli atti, Luca Volonté ha firmato numerose interpellanze e interrogazioni sulla concreta applicazione della legge n. 194 del 1978 e in generale sul tema dell'aborto e delle tecniche mediche relative alla fecondazione. Si tratta di una battaglia politica condotta con gli strumenti tipici del mandato parlamentare. Crede quindi che, in linea di massima, si possa proporre all'Assemblea l'insindacabilità. Gli resta una modesta riserva sulla

Pag. 15

parte nella quale il collega Volontè sembra evocare non meglio precisati interessi della querelante, la senatrice Bonino, in ordine al non pieno svelamento delle conseguenze sanitarie dell'uso della pillola abortiva. Peraltro, in una lettera inviata al Presidente Castagnetti del 24 febbraio 2009, copia della quale è in distribuzione, l'onorevole Volontè ha precisato che mai ha inteso riferirsi a interessi diversi da quelli politico-ideali.

Maurizio TURCO (PD) è contrario alla posizione del relatore, giacché Emma Bonino viene chiaramente accusata di avere interessi economico-pecuniari nella diffusione del farmaco.

Francesco Paolo SISTO (PdL), rispetto alle parole «Exelgin-Bonino-Cossutta hanno interesse a occultare i pericoli per la salute e mortalità femminile», osserva che non necessariamente i tre soggetti citati abbiano lo stesso tipo di interesse: può darsi che effettivamente egli intendesse dire che l'impresa Exelgin avesse un interesse economico ma che invece la senatrice Bonino ne nutrisse uno politico.

Fabio GAVA (PdL) non crede ci si possa nascondere che la dizione «lauti interessi» evochi interessi di tipo economico. Non di meno voterà per l'insindacabilità in ragione del chiaro nesso con l'attività parlamentare.

Domenico ZINZI (UdC) si pronuncia anch'egli per l'insindacabilità, giacché se in questo caso ci si orientasse diversamente si rinuncerebbe alla libertà d'espressione.

Maurizio TURCO (PD) osserva che in nessuna interrogazione del collega Volontè si parla di interessi lauti della Exelgin o di altri.

Pierluigi MANTINI (PD) osserva che il concetto dei «lauti interessi» è in una frase diversa da quella in cui si colloca il nome di Emma Bonino.

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, preso atto dei contenuti del dibattito, crede che la Giunta possa farsi promotrice di un tentativo di conciliazione, così come accaduto in analoghe occasioni. Se tale tentativo non avrà un esito positivo, la Giunta riprenderà in esame la questione.
(Così rimane stabilito).

La seduta termina alle 11.