CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 17 febbraio 2009
139.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Martedì 17 febbraio 2009.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 10.20 alle 10.25.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Martedì 17 febbraio 2009. - Presidenza del vicepresidente Oriano GIOVANELLI.

La seduta comincia alle 12.20.

DL 208/08: Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell'ambiente.
C. 2206 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla VIII Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con osservazioni).

Anna Maria BERNINI BOVICELLI (PdL), relatore, dopo aver illustrato in sintesi il contenuto del provvedimento, si sofferma su alcune disposizioni in particolare, le quali presentano qualche circoscritto profilo di problematicità costituzionale.
Richiama, innanzitutto, l'articolo 7-sexies, il quale, recando misure per lo sviluppo dei mercati dell'usato, interviene su una materia, quella del commercio, che deve ritenersi spettante alla competenza legislativa residuale delle regioni ai sensi dell'articolo 117, quarto comma, della Costituzione, ed inoltre prevede l'emanazione, in tale ambito, di un regolamento ministeriale. Considerato, peraltro, che la disposizione in questione è finalizzata alla tutela dell'ambiente, che è materia di competenza legislativa esclusiva statale, e prevede, nel rispetto del principio di leale

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collaborazione tra i diversi livelli di governo, la conclusione di accordi di programma tra il Governo e le regioni, e considerato inoltre che la disciplina del regolamento ministeriale è limitata ai profili della tutela dell'ambiente e della concorrenza e fa espressamente salve le competenze delle regioni e degli enti locali in materia di commercio, ritiene che, per quanto riguarda l'articolo 7-sexies, non vi siano problemi di costituzionalità.
Per quanto riguarda invece l'articolo 8, rileva che esso prevede stanziamenti per attività di protezione civile: dispone infatti finanziamenti per fronteggiare le situazioni di emergenza derivanti dai fenomeni alluvionali verificatisi a novembre e dicembre 2008 e per la prosecuzione degli interventi conseguenti agli eventi sismici che hanno colpito le province di Parma, Reggio Emilia e Modena il 23 dicembre 2008. Sulla materia della protezione civile incidono le sentenze della Corte costituzionale n. 284 del 2006 e n. 277 del 2008, le quali, in sostanza, hanno stabilito che, anche nei casi in cui la competenza e responsabilità è attribuita allo Stato, occorre che l'esercizio dei relativi poteri avvenga con il coinvolgimento delle regioni interessate e che nella fase di attuazione e organizzazione delle attività di protezione civile siano previste adeguate forme di leale collaborazione e di concertazione.
Per quanto riguarda, infine, l'articolo 8-sexies, questo interviene sulla disciplina della tariffa del servizio idrico integrato. In particolare, il comma 1 prevede che gli oneri relativi alle attività di progettazione e di realizzazione o completamento degli impianti di depurazione, nonché quelli relativi ai connessi investimenti, come espressamente individuati e programmati dai piani d'ambito, costituiscono una componente vincolata della tariffa del servizio idrico integrato, la quale pertanto concorre alla determinazione del corrispettivo dovuto dall'utente, e che detta componente è quindi dovuta al gestore dall'utenza, anche nei casi in cui gli impianti di depurazione manchino o siano temporaneamente inattivi, a decorrere dall'avvio delle procedure di affidamento delle prestazioni di progettazione o di completamento delle opere necessarie all'attivazione del servizio di depurazione, a condizione che alle stesse si proceda nel rispetto dei tempi programmati. Il comma 2 disciplina invece le modalità di restituzione della quota di tariffa non dovuta riferita all'esercizio del servizio di depurazione, prevedendo che dall'importo da restituire siano dedotti gli oneri derivati dall'attività di progettazione, di realizzazione e di completamento avviate.
Al riguardo fa presente che la sentenza nella Corte costituzionale n. 335 del 2008, richiamata dal comma 2 citato, il quale intende darvi attuazione, ha stabilito che - considerato che la tariffa del servizio idrico integrato ha natura di corrispettivo di prestazioni contrattuali, e non di tributo - deve ritenersi irragionevole considerare dovuta la quota della tariffa relativa al servizio di depurazione anche quando manchi la controprestazione collegata, rigettando, tra l'altro, l'obiezione secondo cui la corrispettività fra la suddetta quota e il servizio di depurazione sussisterebbe comunque (anche ove non sia stata ancora eseguita la controprestazione) perché le somme pagate dagli utenti in mancanza del servizio sarebbero destinate, attraverso un apposito fondo vincolato, all'attuazione del piano d'àmbito, che comprende anche la realizzazione dei depuratori.
Alla luce di tali considerazioni, presenta una proposta di parere favorevole con due osservazioni relative agli articoli 8 e 8-sexies (vedi allegato 1).

Raffaele VOLPI (LNP) invita la relatrice a valutare la possibilità di trasformare in condizione l'osservazione di cui alla lettera a) della proposta di parere. Per quanto riguarda invece l'osservazione di cui alla lettera b), ritiene che il sistema delineato dal provvedimento sia alquanto farraginoso e ricorda che la materia dell'organizzazione del servizio idrico e della riscossione delle relative tariffe è stato devoluto alle regioni.

Alessandro NACCARATO (PD) si associa al deputato Volpi, anche per quanto

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riguarda la richiesta di trasformare in condizione l'osservazione di cui alla lettera a) della proposta di parere.

Anna Maria BERNINI BOVICELLI (PdL), relatore, ritiene preferibile mantenere il rilievo di cui alla lettera a) della sua proposta di parere nella forma dell'osservazione.

Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica degli strumenti, contemplati dall'articolo 3 (2) dell'Accordo USA-UE firmato il 25 giugno 2003, in materia di estradizione e di mutua assistenza in materia penale.
C. 2014 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Alessandro NACCARATO (PD), relatore, rileva che le norme recate dal provvedimento in esame sono riconducibili alle materie «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», nonché «giurisdizione e norme processuali» e «ordinamento civile e penale», che, rispettivamente, le lettere a) e l) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione attribuiscono alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Pertanto, non rilevando motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 12.35.

SEDE CONSULTIVA

Martedì 17 febbraio 2009. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 18.25.

Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali
Nuovo testo C. 1415 Governo e abb.

(Parere alla II Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con osservazioni).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Giorgio Clelio STRACQUADANIO (PdL), relatore, illustra i contenuti del provvedimento in esame. Al riguardo osserva che l'articolo 1, comma 1, attraverso una novella all'articolo 36 del codice di procedura penale, aggiunge alle ipotesi di astensione obbligatoria del giudice il caso in cui il medesimo abbia rilasciato pubblicamente dichiarazioni relative al procedimento affidatogli. Il comma 2 modifica l'articolo 53, comma 2, del codice di procedura penale, aggiungendo ai casi di sostituzione del pubblico ministero quello in cui lo stesso pubblico ministero abbia rilasciato pubblicamente dichiarazioni relative al procedimento affidatogli e il caso in cui risulti iscritto nel registro degli indagati per il reato di illecita rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale di cui è titolare (di cui all'articolo 379-bis del codice penale). Nel caso in cui il procuratore capo dell'ufficio e il magistrato siano indagati per lo stesso reato o abbiano rilasciato dichiarazioni pubbliche in merito al procedimento pendente presso il loro ufficio, competente a procedere è il procuratore generale.
L'articolo 2, ampiamente modificato nel corso dell'esame in commissione, novella gli articoli 114 e 115 del codice di procedura penale, relativi al divieto di pubblicazione di atti di indagine, prevedendo in particolare: l'operatività del divieto di pubblicazione fino a che non siano concluse le indagini preliminari, ovvero fino al termine dell'udienza preliminare, non solo per l'atto nella sua originalità ma anche per riassunto e con riferimento al suo contenuto, oltre che per tutti gli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero o delle investigazioni difensive (articolo

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114, comma 2); il divieto della pubblicazione e della diffusione dei nominativi e dell'immagine dei magistrati relativamente ai procedimenti e processi penali loro affidati, divieto non applicabile nel caso in cui siano state autorizzate riprese audiovisive dei dibattimenti (ai sensi dell'articolo 147 delle disposizioni attuative del codice di procedura penale) o se, ai fini dell'esercizio del diritto di cronaca, la rappresentazione dell'avvenimento non possa essere separata dall'immagine del magistrato (articolo 114, comma 6-ter); il divieto di pubblicazione «in ogni caso» (quindi anche dopo la conclusione delle indagini o dell'udienza preliminare), degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui è stata ordinata la distruzione ai sensi degli articoli 269 e 271 del codice di procedura penale, nonché il divieto di pubblicazione anche parziale o per riassunto della documentazione, degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni telematiche riguardanti fatti, circostanze e persone estranee alle indagini di cui sia stata disposta l'espunzione ai sensi dell'articolo 268, comma 7-bis, introdotto dall'articolo 5 del provvedimento in esame (articolo 114, comma 7); nel caso di iscrizione nel registro degli indagati dei soggetti indicati dall'articolo 115, comma 1, per la violazione del divieto di pubblicazione, la sospensione cautelare dal servizio o dall'esercizio della professione fino a tre mesi da parte dell'organo titolare del potere disciplinare (articolo 115, comma 2).
L'articolo 3, modificato nel corso dell'esame in sede referente a seguito dell'approvazione di un emendamento del Governo integralmente sostitutivo dell'articolo 266 del codice di procedura penale, interviene sui limiti di ammissibilità delle intercettazioni. La disposizione non modifica il catalogo di reati per i quali sono consentite le intercettazioni, ma estende il medesimo regime previsto per l'ammissibilità delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche anche all'intercettazione di immagini mediante riprese televisive e all'acquisizione della documentazione del traffico delle conversazioni o comunicazioni. Il nuovo comma 2 dell'articolo 266 del codice di procedura penale inoltre limita in via generale le intercettazioni tra presenti (cosiddette intercettazioni ambientali) al caso in cui vi sia fondato motivo di ritenere che nel luogo ove sono disposte si stia svolgendo l'attività criminosa e sempre che, come nella normativa vigente, si tratti dei reati per i quali sono consentite le intercettazioni telefoniche. Le intercettazioni ambientali disposte in procedimenti relativi ai delitti di particolare allarme sociale (di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, tra i quali sono compresi i reati di mafia e di terrorismo) sono, invece, consentite anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo l'attività criminosa (articolo 267, nuovo comma 3-bis, del codice di procedura penale, introdotto dall'articolo 4).
L'articolo 4, ampiamente modificato a seguito dell'approvazione di un emendamento del Governo e di alcuni subemendamenti ad esso riferiti, reca modifiche all'articolo 267 del codice di procedura penale relativo ai presupposti e alle forme del provvedimento con cui sono disposte le intercettazioni. Per quanto riguarda la competenza ad autorizzare le operazioni di intercettazione, attualmente attribuita al giudice per le indagini preliminari, essa è demandata al tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, che decide in composizione collegiale, previa richiesta del pubblico ministero (con l'assenso scritto del Procuratore della repubblica ovvero del procuratore aggiunto o del magistrato appositamente delegati). Per quanto riguarda la forma del provvedimento, si tratta di un decreto motivato contestualmente e non successivamente modificabile o sostituibile. Per quanto riguarda, infine, i presupposti dell'autorizzazione a disporre le intercettazioni, all'attuale previsione della sussistenza dei gravi indizi di reato si sostituisce in via generale quella dei gravi indizi di colpevolezza, salvo che per i delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, per i quali il già richiamato

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articolo 267, comma 3-bis, richiede la sussistenza di sufficienti indizi di reato. Si richiede poi, oltre che il requisito già previsto dalla normativa vigente del carattere assolutamente indispensabile dell'intercettazione ai fini della prosecuzione delle indagini, anche la necessità della sussistenza di specifiche ed inderogabili esigenze relative ai fatti per i quali si procede, fondate su elementi espressamente ed analiticamente indicati nel provvedimento, non limitati ai soli contenuti di conversazioni telefoniche intercettate nel medesimo procedimento e frutto di un'autonoma valutazione da parte del giudice. Una disciplina particolare viene introdotta dai nuovi commi 1-ter e 1-quater per i procedimenti contro ignoti, richiedendosi in particolare la richiesta della persona offesa per l'autorizzazione a disporre le intercettazioni sulle utenze o nei luoghi nella disponibilità della stessa, al solo fine di identificare l'autore del reato. È, invece, comunque consentita l'acquisizione della documentazione del traffico delle conversazioni o comunicazioni, al solo fine di identificare le persone presenti sul luogo del reato o nelle immediate vicinanze di esso.
Non muta invece la disciplina delle intercettazioni nei casi di urgenza, salvo la previsione della convalida, da parte del tribunale piuttosto che del GIP, del decreto del pubblico ministero, che dev'essere motivato contestualmente e non successivamente modificabile o sostituibile (articolo 267, comma 2 del codice di rito).
Il nuovo comma 3 dell'articolo 267 del codice di procedura penale reca invece una disciplina innovativa della durata delle operazioni di intercettazione (attualmente non superiore a 15 giorni, salva la facoltà del giudice di prorogare gli effetti del provvedimento con decreto motivato per periodi successivi di 15 giorni, qualora ne permangano i presupposti). In base al nuovo testo invece la durata delle operazioni è prevista per un periodo massimo di trenta giorni (anche non continuativo) ed è consentita una prima proroga da parte del tribunale su richiesta motivata del pubblico ministero fino a quindici giorni, anche non continuativi ed un'ulteriore proroga fino a quindici giorni, anche non continuativi, solo qualora siano emersi nuovi elementi, specificamente indicati nel provvedimento di proroga (per un periodo totale massimo quindi di sessanta giorni). Per i delitti richiamati dal successivo comma 3-bis (delitti di particolare allarme sociale di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater), la durata massima delle operazioni è aumentata a quaranta giorni, e può essere prorogata dal tribunale con decreto motivato per periodi successivi di venti giorni, qualora permangano i presupposti indicati nel comma 1, entro i termini di durata massima delle indagini preliminari. Il medesimo comma 3-bis prevede, inoltre, che nei casi di urgenza, alla proroga provvede direttamente il pubblico ministero. Per quanto riguarda le ulteriori modifiche all'articolo 267 del codice di procedura penale, segnala: l'indicazione nel decreto del pubblico ministero che dispone le intercettazioni dell'ufficiale di polizia giudiziaria responsabile del corretto adempimento delle operazioni, nel caso in cui non proceda personalmente; la possibilità per il pubblico ministero e per l'ufficiale di polizia giudiziaria di procedere alle operazioni di intercettazione nei casi di cui al comma 3-bis, facendosi coadiuvare da agenti di polizia giudiziaria; la previsione di più stringenti e puntuali adempimenti relativi alle annotazioni nel registro delle intercettazioni.
L'articolo 5 novella l'articolo 268 del codice di procedura penale relativo all'esecuzione delle operazioni di intercettazione.
La lettera a) sostituisce i commi 1, 2 e 3 dell'articolo 268 del codice di procedura penale, apportando rispetto al testo vigente significative novità relative in particolare: alla conservazione dei verbali e dei supporti delle registrazioni nell'archivio riservato disciplinato dall'articolo 269; all'ampliamento del contenuto del verbale; alla previsione dell'effettuazione delle operazioni di registrazione per mezzo degli impianti installati nei centri di intercettazione telefonica istituiti presso ogni distretto di corte di appello. In base al nuovo comma 3-ter dell'articolo 268 del

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codice di procedura penale (introdotto dalla lettera b), vengono attribuiti ai procuratori generali presso la corte di appello e ai procuratori della Repubblica territorialmente competenti i poteri di gestione, vigilanza, controllo e ispezione sui centri di intercettazione e sui punti di ascolto. La lettera c) sostituisce i commi 4, 5 e 6 del citato articolo 268 del codice di procedura penale, intervenendo sul profilo della trasmissione dei verbali e delle registrazioni al pubblico ministero, nonché del deposito dei medesimi e sulle facoltà dei difensori, prevedendosi esplicitamente il divieto di rilascio di copia dei verbali, dei supporti e dei decreti.
La lettera d) inserisce i commi 6-bis e 6-ter nel citato articolo 268 del codice di procedura penale, prevedendo, tra l'altro, il divieto di stralcio delle registrazioni e dei verbali prima del deposito in segreteria. La lettera e) riscrive i commi 7 e 8 del predetto articolo 268 del codice di procedura penale, demandando al tribunale la competenza a disporre la trascrizione integrale delle registrazioni (ovvero la stampa delle informazioni) e attribuendo ai difensori la facoltà di estrarre copia delle trascrizioni e di fare eseguire la trasposizione delle registrazioni su supporto informatico. In ogni caso, è vietata la trascrizione delle parti di conversazioni riguardanti fatti, circostanze e persone estranee alle indagini, i cui nominativi o riferimenti identificativi il Tribunale dispone che siano espunti dalle trascrizioni delle conversazioni.
L'articolo 6 modifica i commi 1, 2 e 3 dell'articolo 269 del codice di procedura penale, prevedendo in particolare la conservazione dei verbali e dei supporti contenenti le registrazioni in un archivio riservato tenuto presso l'ufficio del pubblico ministero, e ridefinendo la competenza dell'autorità giudiziaria in merito alla distruzione della documentazione non necessaria per il procedimento a tutela della riservatezza.
L'articolo 7, novellando l'articolo 270 del codice di procedura penale, circoscrive l'utilizzabilità delle intercettazioni in procedimenti diversi da quello in cui sono state autorizzate al solo caso in cui risultino indispensabili per l'accertamento dei delitti di cui agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, e 407, comma 2, lettera a), e a condizione che esse non siano state dichiarate inutilizzabili nel procedimento in cui sono state disposte.
L'articolo 8, attraverso l'introduzione di un comma aggiuntivo all'articolo 271 del codice di procedura penale, prevede un nuovo caso di divieto di utilizzazione delle intercettazioni, qualora in udienza preliminare o nel dibattimento emerga una diversa qualificazione del fatto e, in relazione alla nuova fattispecie, non si rientri nelle ipotesi previste dall' articolo 266 del codice di procedura penale con riferimento all'ammissibilità delle intercettazioni.
L'articolo 9, introducendo un comma 2-quater all'articolo 292 del codice di procedura penale, prevede che l'ordinanza che autorizza una misura cautelare possa fare riferimento solo al contenuto delle intercettazioni e non riportare il loro testo integrale.
In base all'articolo 9-bis, inserito nel corso dell'esame in sede referente e volto a novellare l'articolo 293, comma 3 del codice di procedura penale, è attribuita ai difensori la facoltà di prendere visione del contenuto integrale dell'intercettazione richiamata per l'applicazione delle misure cautelari.
L'articolo 10, novellando l'articolo 329 del codice di procedura penale, interviene in materia di atti coperti dal segreto, prevedendo che il segreto copra, oltre che gli atti, anche le attività d'indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria e stabilendo che la eventuale autorizzazione alla pubblicazione di singoli atti o di parti di essi sia disposta non più dal pubblico ministero ma dal giudice delle indagini preliminari su richiesta del primo.
L'articolo 10-bis, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, introduce nel del codice di procedura penale l'articolo 329-bis, che prevede l'obbligo del segreto per i verbali, i supporti e la documentazione custodita nell'archivio riservato, non

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acquisiti al procedimento; la medesima disposizione prevede inoltre che i documenti che contengono dati inerenti a intercettazioni illecitamente formati o acquisiti e i documenti redatti attraverso la raccolta illecita di informazioni, se non acquisiti al procedimento, siano sempre coperti dal segreto e, se acquisiti al procedimento come corpo del reato, siano invece coperti dal segreto fino alla chiusura delle indagini preliminari.
L'articolo 11 integra la disciplina dell'articolo 380 del codice di procedura penale prevedendo l'arresto obbligatorio in flagranza anche per il delitto di associazione per delinquere finalizzata a commettere particolari ipotesi di furti aggravati, furto in abitazione e furto con strappo.
L'articolo 12, nel testo emendato, contiene alcune modifiche agli articoli 89, 129 e 147 delle disposizioni di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale. Tra le novità più significative, si segnalano: la designazione di un funzionario responsabile del servizio di intercettazioni nonché della tenuta del registro e dell'archivio riservato; l'individuazione delle autorità ecclesiastiche quali destinatarie delle informazioni sull'avvio dell'azione penale verso ecclesiastici o religiosi del culto cattolico; a seguito dell'approvazione di un emendamento del Governo, l'esclusione della possibilità di autorizzare riprese audiovisive del dibattimento senza il consenso delle parti anche qualora sussista un interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza del dibattimento.
L'articolo 12-bis, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, interviene sull'articolo 103 del codice di procedura penale, estendendo il divieto di intercettazione relativo a comunicazioni dei difensori e degli altri soggetti indicati anche al caso di intercettazione eseguita su utenze diverse da quelle in uso al difensore o agli altri soggetti incaricati.
L'articolo 13, anch'esso modificato nel corso dell'esame in commissione, interviene sul codice penale. Esso in particolare: attraverso una novella all'articolo 617 del codice penale, punisce con la reclusione da uno a tre anni la pubblicazione di intercettazioni di cui è stata ordinata la distruzione o riguardanti fatti, circostanze e persone estranee alle indagini di cui sia stata disposta l'espunzione (in violazione dell'articolo 114, comma 7 del codice di procedura penale, su cui supra); interviene sulla fattispecie di cui all'articolo 379-bis del codice penale in tema di rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale, aumentando tra l'altro la pena prevista; amplia la portata applicativa della fattispecie di violazione di domicilio; introduce il nuova reato di accesso abusivo ad atti del procedimento penale; inasprisce la sanzione per il reato di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale, prevedendo anche un'aggravante se la pubblicazione riguarda intercettazioni e sanzionando con la medesima pena la violazione del divieto di cui all'articolo 114, comma 6-ter del codice di procedura penale, relativo alla pubblicazione dei nominativi e dell'immagine dei magistrati; introduce il reato di omesso controllo per impedire l'indebita cognizione di intercettazioni, punito con l'ammenda, da parte dei procuratori generali e dei procuratori della repubblica cui sono attribuiti poteri di vigilanza e controllo, nonché del funzionario responsabile del servizio di intercettazione.
L'articolo 14 estende al reato di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale l'applicazione della disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, di cui al decreto legislativo n. 231 del 2001.
L'articolo 15 novella l'articolo 8 della legge sulla stampa (legge n. 47 del 1948), in tema in particolare di diritto di rettifica.
L'articolo 15-bis, inserito nel corso dell'esame in sede referente, prevede una relazione annuale da parte di ciascun procuratore della Repubblica al Ministro della giustizia sulle spese di gestione e di amministrazione per le intercettazioni effettuate nell'anno precedente, relazione da trasmettere successivamente alla Corte dei conti.

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L'articolo 16 abroga l'articolo 13 del decreto-legge n. 152 del 1991, recante una disciplina speciale per le intercettazioni in relazione a delitti di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono.
L'articolo 16-bis, inserito nel corso dell'esame in sede referente, demanda ad un decreto del Ministro della giustizia, sentito il CSM, la definizione annuale di un tetto massimo di spesa per il servizio riguardante le operazioni di intercettazione per ciascun distretto di Corte di Appello.
L'articolo 17 novella il cosiddetto Codice della privacy, intervendo in particolare sul profilo dei poteri sanzionatori del Garante in presenza di violazioni del codice di deontologia e delle misure adottabili a tutela dell'interessato.
L'articolo 18, infine, reca la disciplina transitoria, escludendo in particolare l'applicazione delle nuove disposizioni rispetto ai procedimenti penali pendenti alla data di entrata in vigore del provvedimento.
Per quanto concerne il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite dalla Costituzione, osserva che il provvedimento interviene essenzialmente sulla disciplina processual-penalistica delle intercettazioni, riconducibile alla materia «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale», che la lettera l), del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.

Roberto ZACCARIA (PD) osserva preliminarmente che l'esame del provvedimento sotto il profilo della sua costituzionalità deve muovere da una attenta valutazione su come siano bilanciati al suo interno i valori costituzionali che vengono in rilievo. Si riferisce all'interesse ad una buona amministrazione della giustizia, alla tutela della riservatezza e alla tutela dell'informazione. Sotto quest'ultimo profilo rilevano due articoli della Costituzione: si tratta dell'articolo 15, che disciplina la comunicazione intersoggettiva, e dell'articolo 21, che disciplina il diritto ad informare - o diritto di cronaca - di cui sono titolari in primo luogo i giornalisti, ed il diritto all'informazione, di cui è titolare l'intera collettività.
L'articolo 101 della Costituzione stabilisce che la giustizia è amministrata in nome del popolo. Se il giudice è il soggetto responsabile della formazione del fascicolo processuale, e dunque del suo contenuto, il processo penale si deve svolgere, quantomeno nella fase delle indagini preliminari, protetto da un'area di segretezza che però non deve essere estesa in modo eccessivo, per non pregiudicare il diritto ad informare e quello all'informazione. Per un verso, quindi, deve essere tutelato il diritto alla «privacy» delle persone, per l'altro verso si deve assicurare la tutela dell'informazione e, sotto un ultimo profilo, deve comunque assicurarsi il buon andamento della giustizia. Se dunque è giusto proteggere la segretezza delle indagini, appare incomprensibile il motivo per cui questa protezione debba protrarsi anche nei casi in cui non sussiste più il segreto. In questo modo infatti viene a comprimersi il diritto di cronaca e si crea un inaccettabile sbilanciamento dei valori costituzionali in gioco. Il testo del provvedimento, perseguendo la finalità di coprire di segretezza il contenuto delle intercettazioni, produce effetti paradossali, fino ad impedire la stessa divulgazione anche di una semplice notizia di reato.
Si sofferma quindi sulla norma che prevede una sanzione a carico dell'editore la cui testata abbia pubblicato intercettazioni coperte da segreto. Al riguardo fa presente che si tratta di una norma volta a costruire una ipotesi di responsabilità oggettiva, utile soprattutto nei casi in cui non sia chiaro a chi debba imputarsi la divulgazione originaria della notizia. Si tratta di una previsione non condivisibile sia perché pregiudica il diritto di cronaca, sia perché tende ad attribuire all'editore una responsabilità a questi in alcun modo imputabile, essendo estraneo alle attività di redazione.
Si sofferma, infine, sulla norma che prevede la pubblicazione delle rettifiche dei soggetti danneggiati. Al riguardo esprime la propria contrarietà in quanto tali rettifiche non possono essere commentate:

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in questo modo si realizza un'ulteriore lesione della Costituzione, pregiudicando il diritto alla libertà di espressione previsto dall'articolo 21 della Carta costituzionale.

Jole SANTELLI (PdL) rileva che dei tre interessi costituzionalmente protetti ricordati dal deputato Zaccaria, quello alla buona amministrazione della giustizia, quello all'informazione e quello alla tutela della riservatezza del cittadino, quest'ultimo è oggi spesso sacrificato, mentre l'interesse all'informazione prevale sugli altri. La Costituzione non prevede, naturalmente, disposizioni a protezione del cittadino dall'invadenza dei media, trattandosi di un problema che sessant'anni fa non si avvertiva in questa misura; prevede però ampie garanzie a tutela dei diritti della persona. Oggi accade che cittadini indagati ma non ancora condannati o addirittura neppure indagati ma semplicemente collegati ad indagati possano essere brutalmente gettati in pasto alla platea mediatica per fatti che, per di più, possono essere estranei a quelli oggetto di indagine o di potenziale azione penale. L'intercettazione telefonica è uno strumento senza dubbio importante in alcune indagini, ma il suo uso deve essere limitato rigorosamente ai soli casi in cui sia indispensabile, in modo da proteggere il cittadino da certi processi mediatici che puntano soltanto a provocare sensazionalismo nell'opinione pubblica. Occorre, in altre parole, stabilire limiti all'uso dello strumento per evitare che il suo abuso susciti infine rigetto e lo renda inservibile.

Donato BRUNO, presidente, premesso di capire che il tema è delicato e accende il dibattito, ricorda che la Commissione Affari costituzionali è chiamata soltanto ad esprimere il parere di costituzionalità sul testo in esame, non spettandole invece di entrare nel merito delle scelte adottate dalla Commissione Giustizia, fermo restando che ciascuno potrà poi intervenire sul merito, e presentare emendamenti, quando il testo sarà all'esame dell'Assemblea.

Mario TASSONE (UdC) osserva che quella in esame è una materia nella quale interferiscono e si sovrappongono diversi temi. C'è da una parte l'esigenza del buon funzionamento della giustizia, che deve andare nella direzione dell'affermazione dei diritti violati, e dall'altra l'esigenza della tutela della riservatezza. È difficile, a suo avviso, stendere una gerarchia dei valori da tutelare, optando per la giustizia oppure per il diritto del cittadino. La storia insegna che in nome della giustizia sono stati commessi abusi e perpetrate violazioni di diritti fondamentali. Le intercettazioni sono diventate sovrastrutturali rispetto alle indagini. Il problema è quello di una compostezza che spesso è mancata. Spesso le intercettazioni sono state il mezzo per far uscire i processi dai tribunali. Ne sono derivati anche sconvolgimenti sociali: la gente non chiede più giustizia, ma giustizia sommaria. In definitiva, serve oggi un riequilibrio di poteri rispetto allo strapotere che alcuni centri di interesse hanno mostrato di avere; ed occorre insieme evitare abusi e mercanteggiamenti.

Gaetano PECORELLA (PdL), premesso che, a causa della ristrettezza dei tempi di esame, non ha potuto approfondire la conoscenza del testo quanto avrebbe voluto, rileva che i valori costituzionali che vengono in gioco sono diversi: il diritto alla riservatezza, il diritto di informazione e di cronaca, il diritto alla difesa e altri. A suo avviso, tuttavia, il valore principale tra quelli chiamati in causa è quello della corretta e buona amministrazione della giustizia. Occorre pertanto chiedersi se il testo in esame incida su tale valore. A suo parere, il testo vi incide, nei modi che dirà. Innanzitutto, infatti, la limitazione della possibilità di procedere ad intercettazioni nei soli casi in cui sussistano gravi indizi di colpevolezza - e non più, quindi, semplicemente di reato - impedisce l'utilizzo dello strumento in tutti quei casi in cui sussistono già i gravi indizi di reato ma non ancora i gravi indizi di colpevolezza. Basti pensare all'eventualità, tutt'altro che remota o infrequente, che si sappia con

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certezza che l'autore di un reato è all'interno di un determinato gruppo di persone o è uso frequentare una certa cerchia o un certo luogo, ma non se ne conosca l'identità: in tali casi non sarà più possibile procedere a intercettazioni finalizzate a consentire l'identificazione del reo.
Rileva poi che è previsto che, nel caso di processo contro ignoti, l'intercettazione della persona offesa sia possibile solo con il consenso di quest'ultima: ciò rischia tuttavia di essere controproducente rispetto agli interessi della giustizia e della stessa persona offesa, in quanto potrà accadere che questa, per timore di ritorsioni, non acconsenta a collaborare con l'autorità inquirente; senza contare che si danno processi contro ignoti senza persona offesa.
Quanto alla previsione secondo cui l'autorizzazione alle intercettazioni deve essere concessa dal tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito opera il giudice e che, a tal fine, devono essere trasmessi tutti gli atti, osserva che essa costituisce forse una garanzia aggiuntiva, ma rischia certamente di provocare ritardi in indagini che esigono viceversa grande celerità: non bisogna, infatti, dimenticare che in alcune regioni esiste una sola Corte d'appello e che il fascicolo degli atti di indagine è spesso molto voluminoso.
Esprime perplessità, poi, in ordine alla previsione in base alla quale le intercettazioni ambientali possono essere disposte nei soli casi in cui siano in corso eventi criminosi, osservando che, in tal modo, diventa impossibile servirsi di questo strumento per acquisire informazioni su fatti criminosi già compiuti.
Richiama infine l'attenzione sulla disposizione che consente la sostituzione del magistrato nel caso in cui questi risulti iscritto nel registro degli indagati per l'ipotesi di reato di rivelazione indebita di notizie segrete concernenti un procedimento penale: tale disposizione rischia infatti di ledere il principio del giudice naturale precostituito per legge, in quanto offre all'indagato la possibilità di far sostituire un giudice sgradito semplicemente denunciandolo per il suddetto reato.
In conclusione, nel dirsi d'accordo sulla necessità di ricondurre l'utilizzo dello strumento dell'intercettazione nell'alveo della ragionevolezza e dell'uso corretto e di impedirne gli abusi, esprime l'auspicio che non si finisca con il cadere nell'eccesso opposto di ostacolare il corso della giustizia e la condanna dei colpevoli. È infatti vero che esistono altri mezzi di prova, ma l'intercettazione costituisce un mezzo importante, al quale non è possibile rinunciare.

Doris LO MORO (PD), premesso di condividere molte delle considerazioni già svolte dai diversi deputati intervenuti, evidenzia la necessità di individuare il corretto bilanciamento tra le garanzie costituzionali a tutela dell'interesse del singolo alla riservatezza e quelle a tutela dell'interesse della collettività alla giustizia. Sotto questo riguardo, il testo in esame opera un diverso bilanciamento rispetto alla disciplina vigente: in sintesi, da un sistema che consente le intercettazioni in presenza di gravi indizi di reato e con tempi estesi si passa ad un sistema che le consente in presenza di gravi indizi di colpevolezza e con tempi ristretti. Nel bilanciamento tra le tutele del singolo e quelle della collettività si propende, quindi, ora, decisamente ed eccessivamente, a favore delle tutele del singolo, comprimendo moltissimo l'effettiva possibilità dell'azione penale e mettendo a rischio il buon funzionamento dell'amministrazione della giustizia.
Ricordato, poi, che la Costituzione pone l'accusa e la difesa su un piano di parità nel processo, osserva che questo principio rischia di essere sacrificato: da una parte, infatti, si pongono, per ragioni non chiare, alcuni limiti di accesso agli atti che incidono sul diritto alla difesa, e dall'altra si impongono al pubblico ministero obblighi di silenzio cui non è soggetto, invece, l'avvocato difensore. Ciò comporta uno sbilanciamento tra le posizioni delle due parti in contrasto col principio di parità dell'accusa e della difesa.
In conclusione, nel dirsi consapevole dell'esigenza di tutelare anche la riservatezza

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del cittadino indagato o collegato ad un indagato per ragioni che possono essere estranee ai fatti oggetto di indagine, fa notare che, tuttavia, vi sono casi in cui la pubblicazione del contenuto di una intercettazione finisce col costituire di fatto un vantaggio e una garanzia per l'indagato, in quanto lo sottrae all'azione di poteri forti e illegali.

David FAVIA (IdV) si dichiara perplesso per la limitazione della possibilità di ricorso allo strumento dell'intercettazione solamente ad alcune categorie di reato, osservando che l'intercettazione è un mezzo di prova come altri e che sarebbe irragionevole, ad esempio, escludere la possibilità del ricorso alla testimonianza o alla confessione per alcuni reati. Parimenti si dichiara perplesso per l'introduzione, in relazione all'uso dell'intercettazione, di ristretti limiti di tempo che non sono previsti per altri mezzi di prova. Ritiene poi incomprensibile prevedere come presupposto l'esistenza di gravi indizi di colpevolezza, vale a dire di quegli indizi che consentono l'adozione di misure di custodia cautelare nei confronti dell'indagato. Giudica poi speciosa la previsione di una relazione sulla spesa per intercettazioni, che gli sembra finalizzata, più che a permettere il controllo sull'uso dello strumento, a suscitare una repulsione pubblica verso di esso. Ancora, ritiene sbagliata la previsione per la quale nei processi contro ignoti occorre l'autorizzazione della persona offesa. Considera, poi, assurdo il sistema, oltremodo farraginoso, dell'autorizzazione all'intercettazione disposta dal tribunale del capoluogo di distretto in composizione collegiale. Reputa, infine, incomprensibile la ragione per la quale si siano previste speciali tutele per i ministri del culto cattolico e non per quelli di altre confessioni.

Giorgio Clelio STRACQUADANIO (PdL), relatore, chiarisce che la sua relazione introduttiva è stata volutamente asciutta e scevra da valutazioni in considerazione del fatto che, su una materia delicata come quella oggetto del provvedimento in esame, è forte la tentazione di entrare nel merito dimenticando che il compito della Commissione in questo momento è quello di pronunciarsi sui soli profili di costituzionalità del testo. Si dice quindi consapevole che sono in gioco diversi interessi costituzionalmente protetti, ma osserva che tali interessi sono tutti tutelati dal testo in esame, ancorché secondo un bilanciamento diverso rispetto a quello attuale. L'esperienza ha infatti mostrato la necessità di rafforzare i presidi a tutela del singolo, che nell'attuale sistema processuale penale sono assicurati solo sulla carta ma poi di fatto non mettono l'imputato al riparo da inammissibili invasioni della sua sfera privata. Ricorda inoltre la fortissima sproporzione che esiste nel numero delle intercettazioni disposte ogni anno tra l'Italia e altri Paesi di democrazia avanzata come gli Stati uniti d'America o la Francia. Quanto al diritto di cronaca, ritiene che porre alcuni limiti a tale diritto non possa che giovare al giornalismo italiano rendendolo più responsabile e attento alle questioni sostanziali. Quanto invece al diritto di informazione, fa notare che, una volta superata l'esigenza della segretezza, si vieta la diffusione dei soli atti che devono essere distrutti in quanto non conferenti con il processo. In conclusione, ritiene che il provvedimento si limiti a proporre un diverso bilanciamento dei valori costituzionali in gioco, che si può non condividere nel merito ma che non presenta profili dubbi dal punto di vista costituzionale.

Donato BRUNO, presidente, premesso di concordare con il relatore sul fatto che il testo in esame si limita a proporre un diverso bilanciamento degli interessi costituzionali in gioco, che può non essere condiviso nel merito, ma che non pone problemi di costituzionalità, sottopone al relatore stesso la possibilità di inserire nella proposta di parere due osservazioni, volte a stimolare una riflessione della Commissione di merito sulla opportunità di subordinare l'ipotesi di sostituzione del magistrato prevista dall'articolo 1, comma

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2, lettera a), ad una valutazione in merito alla rilevanza, serietà e gravità dei fatti a lui contestati, nonché di consentire in ogni caso il rilascio delle copie dei verbali, dei supporti e dei decreti ai difensori delle parti.

Giorgio Clelio STRACQUADANIO (PdL), relatore, concorda con il presidente che suggerire alla Commissione di merito una riflessione su tali due punti possa costituire un contributo della Commissione affari costituzionali al miglioramento del testo. Presenta quindi una proposta di parere favorevole con due osservazioni (vedi allegato 3).

Sesa AMICI (PD), premesso che le osservazioni inserite nella proposta di parere raccolgono alcune preoccupazioni condivise dalla sua parte politica, sottolinea che questo non è tuttavia sufficiente a far sì che il suo gruppo possa votare a favore della proposta di parere. Preannuncia pertanto il voto contrario del suo gruppo.

Mario TASSONE (UdC) dichiara che il suo gruppo si asterrà dalla votazione sulla proposta di parere del relatore.

David FAVIA (IdV) dichiara il voto contrario del suo gruppo sulla proposta di parere del relatore.

Giuseppe CALDERISI (PdL) e Luciano DUSSIN (LNP) dichiarano il voto favorevole dei rispettivi gruppi sulla proposta di parere del relatore.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 19.55.