CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 27 gennaio 2009
126.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

Martedì 27 gennaio 2009. - Presidenza del vicepresidente Gianluca PINI.

La seduta comincia alle 12.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2006/87/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che fissa i requisiti tecnici per le navi della navigazione interna e che abroga la direttiva 82/714/CEE del Consiglio.
Atto n. 54.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 22 gennaio 2009.

Nicola FORMICHELLA (PdL), relatore, formula una proposta di parere favorevole.

Nunziante CONSIGLIO (LNP) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore.

Antonio RAZZI (IdV) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere formulata dal relatore.

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Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2006/117/EURATOM del Consiglio, del 20 novembre 2006, relativa alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito.
Atto n. 53.

(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

Gianluca PINI, presidente, intervenendo in sostituzione del relatore, illustra i contenuti dello schema di decreto legislativo in esame, volto a recepire la direttiva 2006/117/EURATOM del Consiglio, del 20 novembre 2006, relativa alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito, in attuazione della delega contenuta nella legge 25 febbraio 2008, n. 34 (legge comunitaria 2007). Ricorda che la citata direttiva è diretta a sostituire il sistema comunitario di sorveglianza e controllo delle spedizioni transfrontaliere di rifiuti radioattivi già previsto dalla direttiva 92/3/EURATOM (che viene contestualmente abrogata), semplificandolo ed estendendolo anche alle spedizioni di combustibile nucleare esaurito, sia esso destinato allo smaltimento o al ritrattamento, allo scopo di garantire un maggiore livello di protezione della popolazione. La direttiva trova applicazione quando il Paese di origine, di destinazione o di transito è uno Stato membro e quando le quantità e la concentrazione dei materiali spediti superano i livelli previsti dalla direttiva 96/29/EURATOM, che definisce le norme fondamentali di sicurezza per la protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro il pericolo derivanti da radiazioni ionizzanti.
La nuova normativa comunitaria non pregiudica i diritti o gli obblighi derivanti dal diritto internazionale né la piena responsabilità degli Stati membri nella scelta della politica di gestione dei rifiuti nucleari e del combustibile esaurito all'interno dei rispettivi ambiti di giurisdizione. Gli Stati membri possono quindi optare per l'esportazione del combustibile esaurito destinato al ritrattamento o per lo smaltimento definitivo di tale combustibile senza ulteriori utilizzi.
La direttiva stabilisce, inoltre, specifiche prescrizioni per la tutela della salute dei lavoratori e della popolazione, assoggettando le spedizioni di rifiuti radioattivi o di combustibile esaurito fra Stati membri nonché quelle in entrata o in uscita dal territorio comunitario a un sistema comune e obbligatorio di autorizzazione preventiva, nell'ambito del quale è previsto che le autorità competenti dello Stato membro di destinazione e di transito abbiano l'obbligo di inviare l'avviso di ricevimento delle domande di autorizzazione. A tal fine, per tutte le spedizioni soggette alla direttiva è previsto l'utilizzo di un documento uniforme.
Da ultimo, va segnalato che le nuove previsioni assicurano la coerenza della disciplina vigente con le altre disposizioni comunitarie e internazionali in materia ed, in particolare, con la Convenzione congiunta sulla sicurezza della gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi stipulata a Vienna il 5 settembre 1997, alla quale la Comunità ha aderito il 2 gennaio 2006.
Il termine per il recepimento della direttiva 2006/117/EURATOM negli ordinamenti nazionali è scaduto il 25 dicembre 2008. Il termine per l'esercizio della delega scade invece, ai sensi della legge comunitaria 2007, il prossimo 23 febbraio.
Per quanto attiene all'impianto normativo nazionale, la materia è attualmente regolata dalla legge 1860/1962 e successive modificazioni, concernente l'impiego pacifico dell'energia nucleare, nonché dal decreto legislativo 230/1995 (e successive modificazioni), con il quale è stata recepita nell'ordinamento nazionale la già citata direttiva 92/3/EURATOM. Il presente schema di decreto legislativo si configura pertanto come un intervento correttivo ed integrativo delle disposizioni del predetto decreto legislativo 230/1995 in materia di

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radiazioni ionizzanti, al fine di potenziare il controllo delle spedizioni transfrontaliere di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito. Il provvedimento consta di quattro articoli e un Allegato.
L'articolo 1, oltre a modificare il titolo del decreto legislativo 230/1995 introducendovi il riferimento alla direttiva da recepire, integra le previsioni dell'articolo 32 dello stesso decreto legislativo, al fine di adeguare la procedura autorizzatoria vigente a quella prevista dalla nuova disciplina comunitaria. In particolare, come già accennato, viene esteso il meccanismo di autorizzazione in materia di spedizione, importazione ed esportazione di rifiuti radioattivi anche alle spedizioni di combustibile nucleare esaurito, in accordo con le finalità e le disposizioni della direttiva comunitaria.
Si stabilisce, inoltre, che l'autorizzazione rechi apposite prescrizioni atte ad obbligare gli operatori del settore alla restituzione al Paese di origine di particolari tipologie di rifiuti radioattivi. Si tratta, tra l'altro, dei rifiuti radioattivi derivanti da operazioni di trattamento su rifiuti radioattivi introdotti nel territorio italiano a tale scopo nonché di rifiuti radioattivi scaturenti da operazioni di ritrattamento sul combustibile nucleare esaurito anch'esso importato nel territorio italiano. Sono poi elencati i casi in cui, subordinatamente all'osservanza delle disposizioni legislative vigenti, non è possibile rifiutare l'autorizzazione relativa alla spedizione di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito, all'importazione e all'esportazione dei medesimi prodotti nonché al loro transito sul territorio italiano. L'articolo in esame modifica, altresì, l'articolo 137 del decreto legislativo 230/1995, introducendo due fattispecie penali nel caso di inottemperanza dell'obbligo di restituzione al Paese d'origine delle speciali categorie di rifiuti radioattivi sopra citate nonché di violazione delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione alla spedizione, importazione ed esportazione di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito. Al fine di recepire le definizioni contenute nella direttiva 2006/117/EURATOM, viene inserito un articolo 7-bis nel testo del decreto legislativo 230/1995, che individua come «rifiuti radioattivi» i materiali radioattivi in forma gassosa, liquida o solida per i quali non è previsto un ulteriore uso da parte dei Paesi di origine e di destinazione o di una persona fisica o giuridica la cui decisione è accettata da tali Paesi, e che sono oggetto di controlli in quanto rifiuti radioattivi da parte di un'autorità di regolamentazione, secondo le disposizioni legislative e regolamentari dei Paesi di origine e di destinazione. Si intende, invece, per «combustibile esaurito» il combustibile nucleare irraggiato e successivamente rimosso in modo definitivo dal nocciolo di un reattore; tale combustibile può essere considerato come una risorsa usabile da ritrattare, oppure essere destinato allo smaltimento definitivo, senza che siano previsti altri utilizzi, ed essere trattato al pari di rifiuti radioattivi. L'articolo 1 dello schema di decreto legislativo riscrive, infine, l'articolo 157 del decerto legislativo 230/1995, che disciplina la sorveglianza radiometrica da parte dei soggetti che, a scopo industriale o commerciale, effettuano attività di importazione, di raccolta, di deposito ovvero operazioni di fusione di rottami o di altri materiali metallici. La nuova formulazione, nell'estendere la predetta sorveglianza anche ai prodotti e ai semilavorati metallici oggetto di attività di importazione, regolamenta puntualmente le azioni da intraprendere qualora le misure radiometriche indichino la presenza di sorgenti o comunque di livelli anomali di radioattività, al fine di evitare il rischio di esposizione delle persone.
Gli articoli 2 e 3 dello schema in esame recano disposizioni volte a prevedere un regime transitorio atto a regolare il passaggio alla nuova disciplina. In particolare, l'articolo 2 disciplina il regime transitorio per i provvedimenti di autorizzazione di cui all'articolo 32 del decreto legislativo 230/1995 in modo che le nuove norme non interessino le spedizioni per le quali la domanda è stata approvata dall'Autorità competente del

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Paese di origine o alla stessa trasmessa prima dell'entrata in vigore del provvedimento in esame. L'articolo 3 prevede il differimento di dodici mesi dell'entrata in vigore della disciplina della sorveglianza radiometrica su materiali o prodotti semilavorati metallici di cui al testo riformulato dell'articolo 157 del decreto legislativo 230/1995. Tale differimento è finalizzato a consentire agli operatori del settore l'adeguamento alle nuove disposizioni.
Infine, l'articolo 4 sancisce, conformemente alla norma di delega, l'invarianza degli oneri per la finanza pubblica.
L'Allegato, che sostituisce l'Allegato II del decreto legislativo 230/1995, è costituito da dieci paragrafi e un'appendice e reca norme in materia di spedizioni, importazioni ed esportazioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito. Tale Allegato, che riproduce nella sostanza quanto disposto dall'articolo 1 della direttiva 2006/117/EURATOM e dagli articoli da 6 a 17 della stessa direttiva, consente di recepire gran parte delle novità introdotte in ambito comunitario, con particolare riferimento alla previsione di un meccanismo di silenzio-assenso da parte degli Stati membri di destinazione o di transito nell'ambito delle procedure finalizzate all'autorizzazione della spedizione. Più nel dettaglio, il citato Allegato, oltre ad elencare le spedizioni esenti dalla predetta autorizzazione, reca una puntuale disciplina in materia di invio e di ricevimento di rifiuti radioattivi e di combustibile esaurito da e verso gli Stati membri, di transito per spedizioni tra Stati membri dell'Unione europea, di importazione ed esportazione di rifiuti radioattivi e di combustibile esaurito da e verso l'Unione europea nonché di transito degli stessi prodotti per spedizioni destinate a Paesi extraeuropei o da questi provenienti (per le quali l'Italia è il cosiddetto primo Stato membro di transito). Da ultimo, l'Allegato definisce la documentazione di accompagnamento delle spedizioni, i criteri per il rilascio delle autorizzazioni e le modalità di presentazione delle domande di autorizzazione, che devono essere compilate utilizzando il documento uniforme per la sorveglianza e il controllo delle spedizioni di residui radioattivi e di combustibile esaurito, conformemente al modello riportato in appendice e alla decisione della Commissione europea del 5 marzo 2008.
Per quanto concerne gli atti all'esame delle istituzioni europee, l'8 settembre 2008 la Commissione ha presentato la sesta relazione sulla situazione della gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito nell'Unione europea (COM(2008)542) intesa ad offrire una panoramica della situazione attuale della gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito nell'Unione europea e a proporre, altresì, azioni a livello comunitario e nazionale al fine di procedere verso la creazione di impianti per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito.
Il 16 dicembre 2008 il Consiglio ha poi approvato una risoluzione sulla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, che ha sancito, tra l'altro, il principio secondo il quale ciascuno Stato membro è responsabile della propria politica di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, ferma restando l'attuazione da parte degli Stati di un piano nazionale di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi.
Il 13 novembre 2008 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa ad un aggiornamento del programma indicativo per il settore nucleare nel contesto del secondo riesame strategico della politica energetica (COM(2008)776) che aggiorna le informazioni contenute nel programma indicativo per il settore nucleare del 2007. La Commissione, nel quadro della lotta ai cambiamenti climatici prevista dal piano d'azione globale in materia di energia per il periodo 2007-2009, approvato dal Consiglio europeo del marzo 2007, ribadisce l'importanza dell'energia nucleare al fine di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti energetici dell'Europa e di ridurre le emissioni di CO2

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e la necessità di mantenere la sicurezza e la protezione nucleare al centro del processo decisionale, assicurando che lo sviluppo di questa fonte di energia risponda ai requisiti più rigorosi in materia di sicurezza.
Il 26 novembre 2008, infine, la Commissione ha presentato una proposta di direttiva del Consiglio (EURATOM) relativa alla predisposizione di un quadro comunitario per la sicurezza nucleare (COM(2008)790) intesa a definire gli obblighi fondamentali e i principi generali per gli impianti nucleari che tutti gli Stati membri sono tenuti ad applicare, sulla base di principi e prescrizioni disciplinati a livello dell'Unione europea.
Per quanto concerne le procedure di contenzioso, si segnala che il 28 giugno 2006 la Commissione ha deciso di deferire l'Italia alla Corte di giustizia delle Comunità europee in relazione al mancato adempimento di quanto prescritto nel parere motivato inviato all'Italia il 5 luglio 2005. In particolare, la Commissione ha contestato la mancata attuazione degli obblighi imposti dalla direttiva 96/29/EURATOM, che stabilisce le norme di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti, e dalla direttiva 89/618/EURATOM, concernente l'informazione della popolazione sui provvedimenti di protezione sanitaria applicabili e sul comportamento da adottare in caso di emergenza radioattiva.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.10.

ATTI COMUNITARI

Martedì 27 gennaio 2009. - Presidenza del vicepresidente Gianluca PINI, indi del vicepresidente Enrico FARINONE.

La seduta comincia alle 12.10.

Programma legislativo e di lavoro della Commissione europea per il 2009 e programma di 18 mesi del Consiglio dell'Unione europea presentato dalle Presidenze francese, ceca e svedese.
(COM(2008)712 def. - 11249/08).

(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio)

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Isidoro GOTTARDO (PdL), relatore, ricorda che la Commissione Politiche dell'Unione europea avvia oggi l'esame del programma legislativo e di lavoro della Commissione europea per il 2009 e del programma di diciotto mesi dell'Unione europea, presentato dalle Presidenze francese, ceca e svedese sui quali si sono già pronunciate tutte le altre Commissioni oltre al Comitato per la legislazione, per i profili di rispettiva competenza.
Sottolinea, in via preliminare, che l'esame degli strumenti di programmazione legislativa dell'UE è un passaggio di estrema importanza per il Parlamento, che non va sottovalutato. Si tratta, infatti, dell'unica procedura parlamentare - unitamente a quella prevista per l'esame della relazione del Governo sulla partecipazione italiana all'UE - che consente a tutti gli organi parlamentari di esprimersi in modo organico sulle priorità politiche generali e le proposte di azione specifiche dell'Unione europea in tutti i suoi settori di attività. Ma l'ulteriore e peculiare valore aggiunto dell'esame degli strumenti di programmazione è quello di promuovere l'intervento parlamentare in un fase precoce del ciclo decisionale dell'UE, che precede la predisposizione stessa delle proposte legislative e degli strumenti di strategia e programmazione dell'UE. Questa fase esalta le peculiarietà e l'efficacia dell'intervento parlamentare: in primo luogo, consente, in coerenza con il ruolo proprio dei parlamenti, la definizione di grandi scelte, obiettivi ed interventi di natura politica; in secondo, luogo, l'incidenza degli indirizzi parlamentari è molto forte, non essendosi

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ancora cristallizzati nelle proposte legislative le scelte regolative della Commissione europea e non essendosi di solito definite in modo netto le posizioni delle altre istituzioni e degli Stati membri. Per queste ragioni la Camera, oltre ad essere una delle prime assemblee ad avviare l'esame dei programmi, ha proposto in più occasioni, in diverse sedi di cooperazione interparlamentare, di rendere «istituzionale» l'esame del programma legislativo della Commissione da parte dei Parlamenti nazionali, anche mediante una discussione simultanea nelle varie assemblee. Tale proposta - che ha ricevuto sinora un'applicazione solo parziale - andrebbe rilanciata nelle forme opportune. L'intervento precoce dei parlamenti nazionali è non soltanto una condizione imprescindibile per la tutela degli interessi del Paese ma può contribuire all'avanzamento del processo di integrazione europea, riavvicinando l'Unione europea ai cittadini e accentuando il grado di legittimazione democratica dell'azione europea. Una discussione articolata e approfondita in Parlamento delle priorità politiche dell'UE è infatti uno strumento di estrema utilità non solo per definire gli indirizzi dell'azione del Governo nell'anno di riferimento ma anche per promuovere un dibattito nel Paese sui principali sviluppi dell'UE. Alla luce della crisi di fiducia che ha caratterizzato il rapporto tra opinione pubblica europea e Unione europea - culminata nell'esito negativo dei referendum sul trattato costituzionale prima e su quello di Lisbona poi - una piena conoscenza valutazione degli obiettivi e delle azioni previste dalle istituzioni rimuoverebbe molti fattori di criticità.
Per un verso, le istituzioni stesse acquisirebbero un feed back in merito alla condivisione dei parlamenti nazionali e dei cittadini sulle proprie linee di azione; per altro verso, i cittadini comprenderebbero meglio il valore aggiunto che l'Unione europea può assicurare di fronte a problemi globali.
Ciò a maggior ragione nella fase attuale, caratterizzata da una crisi economica e finanziaria di portata globale a fronte della quale l'azione dei singoli Stati membri è evidentemente insufficiente e i cittadini percepiscono che soltanto una risposta europea può garantire un recupero di fiducia e un rilancio dello sviluppo e dell'occupazione. La stessa Commissione nel suo programma riconosce l'urgenza e l'importanza della comunicazione sui «risultati tangibili» dell'UE e sui temi che riguardano la vita quotidiana dei cittadini.
In sintesi, l'esame degli strumenti di programmazione legislativa avviato oggi deve conseguentemente muoversi in tre direzioni:
definire indirizzi precisi per l'azione del Governo a livello europeo nel 2009, con riferimento alle principali priorità e politiche dell'UE;
comunicare direttamente alle istituzioni dell'UE, e segnatamente alla Commissione europea, nell'ambito del dialogo politico avviato nel settembre 2006, la posizione della Camera sulle indicazioni contenute nei programmi, sia con riferimento al merito delle iniziative prospettate che ad eventuali profili di sussidiarietà;
consolidare il dialogo con le regioni e gli enti locali, al fine di tenere meglio conto dell'impatto delle iniziative europee su tutti i livelli di governo e di promuovere dal basso la definizione di ulteriori priorità;
avviare un ampio dialogo con i cittadini e le associazioni nel Paese, sulle principali linee di sviluppo dell'UE e su questioni o aspetti più specifici di interesse nazionale, concorrendo a promuovere le priorità di comunicazione indicate nello stesso programma legislativo della Commissione.

A questo scopo propone anche lo svolgimento di alcune audizioni, come sempre avvenuto in occasione dell'esame del programma legislativo nelle passate legislature. In particolare, ritiene che sarebbe poco utile ed opportuno, data la prossima conclusione della legislatura europea, lo

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svolgimento della consueta audizione degli europarlamentari italiani, che potrebbe sicuramente essere svolta in altro contesto, una volta ricostituito il Parlamento europeo. Proporrebbe invece di svolgere audizioni informali delle parti sociali (Confindustria e sindacati), nonché di rappresentanti delle regioni e degli enti locali. Appare altresì auspicabile la presenza del Governo in Commissione, soprattutto nella fase conclusiva dell'esame.
Alla luce di questi obiettivi, intende soffermarsi - piuttosto che sul contenuto dei programmi - sulle principali priorità e sulle eventuali lacune dei documenti in esame, avvalendosi delle relazioni delle Commissioni di settore che offrono alla nostra attenzione numerosi e significativi spunti di riflessione. Dei due documenti oggi in esame soprattutto il programma legislativo e di lavoro della Commissione europea per il 2009 presenta aspetti di significativo interesse sia con riguardo all'impostazione generale sia per alcune indicazioni di merito.
Con riferimento al metodo, il programma si concentra su un numero limitato di obiettivi politici prioritari, evitando una elencazione generica di obiettivi eterogenei a volte operata dalla Commissione negli anni passati. La scelta della Commissione europea - sicuramente pragmatica e condivisibile - risponde essenzialmente a due esigenze. In primo luogo, il programma assume un arco temporale circoscritto per tenere conto dell'imminente conclusione della legislatura europea e del rinnovo della Commissione che sarà operato in novembre. In secondo luogo, il documento, pur contemplando interventi nei vari settori di attività dell'UE, mira soprattutto a fornire risposte immediate per affrontare la crisi economica e finanziaria internazionale nonché la crisi istituzionale che l'UE sta attraversando. Questi due nodi critici sono sottesi alle grandi priorità enunciate dal programma: crescita e occupazione, mutamento climatico, un'Europa vicina ai cittadini, l'Europa come partner mondiale, cui si accompagnano gli impegni a legiferare meglio, attraverso la semplificazione e il miglioramento del quadro normativo, e comunicare sull'Europa, alla luce appunto della ratifica non completata del Trattato di Lisbona. È dunque anzitutto con riferimento alla crisi istituzionale e a quella economica che va misurata l'adeguatezza del programma e vanno definiti indirizzi per il 2009.
Con riguardo ad entrambi gli aspetti sopra richiamati crede che sia necessario ribadire con forza, nella relazione che sarà predisposta per l'Aula e nella risoluzione che sarà poi discussa, il pieno sostegno della Camera al completamento della ratifica del Trattato di Lisbona: per l'Italia non è in dubbio l'entrata in vigore del Trattato ma soltanto la data effettiva, che comunque non potrà essere lontana. Gli eventi recenti, e in particolare la crisi finanziaria internazionale evidenziano come soltanto un'azione comune a livello europeo possa fornire una risposta rapida ed efficace mutamenti economici e sociali in corso su scala globale. Alla base della posizione critica o negativa di molte opinioni pubbliche nazionali verso l'UE sembra porsi, infatti, un paradosso: per un verso, i forti mutamenti economici e sociali su scala globale - e da ultimo la crisi finanziaria - rendono chiaramente insufficienti i soli interventi a livello nazionale e postulano quindi un'azione efficace su scala europea che sinora è mancata; per altro verso, l'azione dell'UE viene percepita come eccessivamente pervasiva su aspetti dettagliati o secondari e quindi, quale fattore di blocco piuttosto che di promozione della crescita, dello sviluppo e dell'occupazione in Europa. In altri termini, le opinioni pubbliche percepiscono poca Europa laddove ce ne sarebbe più bisogno e troppa Europa laddove, invece, l'azione a livello nazionale, regionale o locale, sarebbe più adeguata. Questo paradosso non è altro che il frutto del mancato adeguamento della struttura istituzionale, dei principi, degli strumenti e procedure di azione dell'UE a fronte, da un lato, della crescita del numero degli Stati membri, e, dall'altro, del nuovo scenario europeo e mondiale. Adeguamento che sarebbe invece assicurato, come sottolineato

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anche nella relazione della I Commissione, dall'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, che sembra costituire un compromesso avanzato tra diverse istanze, necessario per consentire una prosecuzione equilibrata del processo di integrazione europea. Il Trattato di Lisbona è dunque la priorità per eccellenza, se l'Europa vuole realizzare gli obiettivi stessi identificate nei programmi sia della Commissione che del Consiglio e vuole quindi riavvicinarsi ai cittadini.
In ordine alla questione della crisi economica, osserva che il nucleo essenziale dei due programmi in esame consiste nella identificazione di risposte coordinate a livello europeo alla crisi finanziaria ed economica internazionale. Tuttavia, il programma della Commissione, essendo stato presentato a novembre, presenta un elenco più puntuale e concentrato di priorità e iniziative; il programma dei 18 mesi delle Presidenze francese, ceca e svedese, essendo stato elaborato prima dell'aggravarsi della crisi finanziaria, presenta invece un ventaglio più generico di iniziative e priorità: realizzare progressi nell'attuazione della strategia dell'UE per il completamento del mercato interno nel settore dei servizi finanziari per il 2005-2010; avviare una discussione sui possibili prossimi passi concernenti la politica europea in materia di servizi finanziari dopo il 2010; migliorare ulteriormente il quadro di stabilità finanziaria dell'UE, compresi dispositivi efficienti di gestione delle crisi. La Presidenza ceca, dal canto suo, ha presentato agli inizi di gennaio le proprie priorità con cui impegna a proseguire gli sforzi già avviati dalla Presidenza francese in tre settori: il risanamento dei mercati finanziari e una migliore regolazione dei medesimi, la gestione del rallentamento della crescita economica e la preparazione dell'UE alle discussioni internazionali su una nuova architettura finanziaria mondiale anche in vista del prossimo vertice del G20 che si svolgerà ad aprile a Londra. Il programma della Commissione europea presenta quindi un maggiore interesse e puntualità in quanto individua quale contributo specifico che può essere offerto dall'Unione europea ai fini di un intervento rapido e mirato nella sua capacità di promuovere il coordinamento delle iniziative assunte dai diversi Stati membri e dalla stessa UE nonché di favorire «un approccio europeo comune in sede di elaborazione di una risposta internazionale alla crisi economica». L'impostazione prospettata nel programma ha peraltro già trovato in buona parte traduzione nel Piano europeo per la ripresa economica, presentato dalla Commissione europea il 26 novembre scorso ed approvato dal Consiglio europeo dell'11 e del 12 dicembre 2008. Il piano costituisce la cornice rispetto alla quale dovrebbero essere definiti nei prossimi mesi gli interventi di politica economica e finanziaria dell'UE. Sulla scorta della relazione della Commissione Bilancio, occorre osservare che se il piano prevede alcuni importanti interventi, in particolare a sostegno delle PMI e dell'occupazione - non si può tuttavia nascondere che esso evidenzia il disallineamento tra il ruolo che l'UE potrebbe giocare per sostenere la crescita e l'occupazione, a fronte di dinamiche globali, e l'assenza di adeguate risorse finanziarie e strumenti giuridici. Per un verso, l'UE tenta di assicurare un coordinamento e uno stimolo degli interventi europei e nazionali in materia, coordinamento che peraltro si esercita essenzialmente attraverso i consueti strumenti «deboli» e privi di carattere giuridicamente vincolante. Per altro verso, il contributo finanziario diretto del bilancio UE è modesto (30 miliardi di euro, circa 0,3 per cento del PIL dell'UE) ed inadeguato rispetto alle ambizioni dell'UE. Si tratta peraltro, non di risorse aggiuntive ma soltanto di anticipazioni al 2009-2010 di stanziamenti già previsti per gli anni successivi dalle prospettive finanziarie. L'Europa si trova quindi di fronte ad un ulteriore paradosso: da un lato, è chiamata a fronteggiare nuovi problemi ed emergenze che richiedono, in ragione delle loro dimensioni e rilevanza globali, un intervento a livello europeo; dall'altro,

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non dispone delle risorse finanziarie che sarebbero necessarie, almeno per la parte che può attribuirsi alla competenza sovranazionale, ad adottare misure adeguate all'assolvimento di questi compiti. Indubbiamente, il piano prevede un consistente aumento dei finanziamenti della BEI non solo alle PMI ma anche per ulteriori investimenti, in particolare in relazione alle energie rinnovabili, a sostegno del settore automobilistico, nonché per la creazione di un fondo europeo per l'energia, i cambiamenti climatici e le infrastrutture (»fondo Margherita»). Occorre a questo riguardo che il Governo garantisca che il sistema produttivo italiano benefici di una congrua percentuale di tali prestiti, quanto meno non inferiore alla quota del capitale BEI sottoscritta dal nostro Paese. Ricordo infatti che attualmente l'Italia, al pari di Francia, Germania e Regno Unito, detiene una quota del 16,17 per cento del capitale BEI (pari a 164,8 miliardi euro) a fronte del 9,7 per cento della Spagna e del 4,48 di Belgio e Olanda. Ma occorre incrementare a regime il volume del bilancio dell'UE: in senso stretto risorse aggiuntive a breve, medio e a lungo termine. A breve termine, si potrebbero, a suo avviso, stanziare risorse aggiuntive nel bilancio UE, utilizzando il margine esistente tra il massimale delle prospettive finanziarie e quello delle risorse proprie: il massimale delle spese previsto dal quadro finanziario in stanziamenti di impegno è pari all'0,97 nel 2009 e all'1 per cento del RNL nel 2010, a fronte di un tetto massimo delle risorse proprie pari all'1,24 per cento del RNL (sempre in stanziamenti di pagamento); pertanto il margine massimo disponibile per un eventuale revisione del quadro finanziario è pari allo 0,27 per cento nel 2009 e allo 0,24 per cento nel 2010. A medio e lungo termine va considerata anzitutto l'importanza della riforma del bilancio dell'UE: il programma della Commissione europea preannuncia per il 2009 la presentazione di proposte sul versante sia delle entrate che delle spese.
L'esame del programma legislativo 2009 è dunque l'occasione per riavviare un dibattito parlamentare sui temi connessi alla riforma del bilancio dell'UE, definendo indirizzi per il Governo in vista del negoziato a livello europeo, sulla base di alcuni punti fermi:
occorre ridefinire con chiarezza e trasparenza il legame tra priorità politiche e spesa dell'UE e, per altro verso, riaffermare il principio di solidarietà e parità tra gli Stati membri. In quest'ottica, la spesa pubblica dell'UE deve concentrasi su obiettivi ad alto valore aggiunto europeo, che non si sarebbero potuti ottenere a livello nazionale: la competitività, l'innovazione, la conoscenza, la solidarietà e soprattutto, la regolazione dei flussi migratori e la gestione del fenomeno dell'immigrazione clandestina;
l'intervento finanziario dell'UE deve essere più efficace e riconoscibile per i cittadini, superando l'opacità dell'attuale sistema di finanziamento e di spesa. Questo obiettivo potrebbe essere conseguito privilegiando l'attribuzione di risorse significative a progetti e «prodotti» europei ad altissimo valore aggiunto, quali centri di eccellenza nel campo della sanità, della ricerca o a progetti nel settore delle infrastrutture, in grado di dimostrare concretamente i vantaggi della spesa europea;
gli stanziamenti del bilancio UE dovrebbero produrre un «effetto leva» per incrementare il volume delle risorse complessivamente stanziate mediante l'utilizzo di altri strumenti già a disposizione ovvero attivabili con uno sforzo di innovazione, quali gli interventi a carico della BEI e gli aiuti nazionali. Il cofinanziamento può produrre, infatti, un effetto virtuoso in termini di responsabilizzazione degli Stati membri e di più efficiente utilizzo delle risorse a disposizione. In questa logica si muove la proposta, a suo tempo avanzata dal Governo italiano, di estendere lo strumento del cofinanziamento anche a settori cui attualmente esso non si applica, quali in

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particolare all'agricoltura, che è l'unica tra le grandi componenti della spesa europea ad esserne esclusa;
in coerenza con queste linee, andrebbe operata anche la revisione del sistema di risorse proprie e andrebbe riconsiderata con attenzione la proposta - già avanzata a più riprese dal Ministro Tremonti - di emettere titoli di debito europei per il finanziamento di progetti ad alto valore aggiunto in alcuni settori di interesse comune (ad esempio, infrastrutture, energia, innovazione, ricerca, difesa). In questa fase critica, l'UE può e deve osare di più, anche ricorrendo all'indebitamento: rispetto alle altre grandi economie, ed in particolare agli Stati Uniti: il settore privato è meno indebitato e non esistono, pertanto, ostacoli economici e finanziari insormontabili al ricorso all'emissione di debito.

Il programma della Commissione ha prospettato inoltre importanti misure in materia di sostegno alla crescita e all'occupazione - una delle priorità generali per il 2009 - che sono state già adottate sia attraverso il piano europeo di ripresa economica sia con altri provvedimenti della Commissione europea. Condivisibile e significativa per l'Italia è la centralità nel piano di ripresa degli interventi in favore delle piccole e medie imprese, prospettando il ricorso a diversi strumenti:
un accesso più agevole al credito, soprattutto avvalendosi di 30 miliardi di euro specificamente stanziati dalla BEI per prestiti alle PMI;
la riduzione e la semplificazione degli oneri amministrativi per le PMI, al fine di conseguire il più generale obiettivo di riduzione del 25 per cento entro il 2012;
l'introduzione di regole più flessibili per la concessione di aiuti di Stato alle PMI.

Occorre in questo contesto che il Paese si adoperi sia sul versante europeo sia su quello nazionale affinché il sistema produttivo si avvalga pienamente di tutte le opportunità previste del piano. A livello europeo, va assicurata una piena applicazione delle misure già adottate a favore delle PMI e una rapida adozione degli ulteriori strumenti non ancora posti in essere, anche mediante l'attuazione delle misure previste nell'Atto sulle piccole imprese, presentato dalla Commissione europea nel giugno 2008, che include alcune proposte legislative ispirate al principio «Pensare anzitutto in piccolo».
Un aspetto di particolare delicatezza è posto dai nuovi orientamenti adottati a livello europeo sui criteri di applicazione della disciplina sugli aiuti di Stato. A questo riguardo è necessario, per un verso, che il nostro Paese si avvalga pienamente dei margini di flessibilità già introdotti da alcune recenti comunicazione della Commissione europea; per altro, verso, sarebbe opportuno, come segnalato dalla X Commissione, che il Governo si adoperasse per ottenere l'attenuazione dei vincoli posti soprattutto a carico delle piccole e medie imprese, che costituiscono l'ossatura dell'economia italiana, per definire apposite strategie che facilitino l'accesso al credito, misure che potrebbero avere un impatto decisivo e positivo in relazione all'aumento della competitività del sistema-Paese.
Per quanto concerne le misure di carattere fiscale, il piano di ripresa economica prevede il ricorso alla leva fiscale per realizzare gli obiettivi di rilancio della crescita e sostegno all'occupazione, mediante riduzioni temporanee o a regime dell'aliquota IVA, per incentivare i consumi. Come osservato dalla Commissione Finanze nella sua relazione, va pienamente sostenuto il ricorso ad aliquote IVA ridotte per il sostegno allo sviluppo ed occorre al tempo stesso rilanciare la più generale riforma del sistema delle aliquote ridotte, superando l'attuale regime, caratterizzato dalla disorganicità delle numerose deroghe concesse in materia ai vari Stati membri. Più in generale, il rilancio la competitività dell'economia europea, impone scelte di politica fiscale più coraggiose, nella direzione di un coordinamento minimo dei sistemi fiscali nazionali. Occorre, infatti, che evitare che, in una fase

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di crisi globale, la concorrenza fiscale tra gli stati membri possa degenerare in comportamenti dannosi o con effetti negativi sulla competitività complessiva dell'economia europea e sulle politiche di bilancio. In quest'ottica andrebbe rilanciato il dibattito sulle proposte della Commissione europea volte all'introduzione di una base consolidata comune per l'imposizione sulle società; andrebbe altresì considerata attentamente l'ipotesi di introdurre soglie minime comuni per l'imposizione sul reddito di impresa, in modo da ridurre la concorrenza fiscale dannosa.
Sia il programma della Commissione che quello delle tre presidenze prospettano misure specifiche volte a migliorare ulteriormente il quadro di stabilità finanziaria dell'UE e rafforzare la vigilanza sui mercati finanziari europei e mondiali. Come rilevato dalla Commissione Finanze, occorre che l'impegno in tal senso sia innanzitutto orientato a preservare la stabilità del sistema finanziario, sostenendo le istituzioni finanziarie, evitando i fallimenti ed assicurando la protezione dei depositi dei risparmiatori. In questo contesto, va segnalata al Governo l'opportunità di sostenere, nelle competenti sedi decisionali dell'Unione europea, gli interventi per migliorare la regolamentazione nel settore dei servizi finanziari previsti nel programma legislativo della Commissione:
da un lato, va promossa la rapida approvazione delle proposte legislative volte a fare fronte alla crisi finanziaria, riguardanti i requisiti patrimoniali delle banche, la solvibilità delle compagnie d'assicurazione e degli organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari, la protezione dei depositi dei risparmiatori, la disciplina delle agenzie di valutazione del credito, la vigilanza finanziaria e le norme contabili;
dall'altro, va seguita e stimolata l'elaborazione di ulteriori misure relative all'adeguatezza della normativa applicabile a tutti gli operatori finanziari, ai principali investitori attivi nei mercati dei capitali, nonché ai mercati degli strumenti derivati.

In secondo luogo, alla luce della crisi finanziaria occorre, in particolare, interrogarsi sull'adeguatezza, a fronte di un mercato finanziario sempre più integrato, di un sistema di vigilanza europeo frammentato in oltre 40 regolatori nazionali, verificando a breve termine le possibilità di migliorare l'attuale modello di coordinamento e convergenza tra le autorità di vigilanza, previsto dal modello Lamfalussy. A lungo termine, non si possono escludere iniziative più ambiziose, volte alla concentrazione a livello europeo di alcune funzioni di vigilanza e regolamentazione, sulla scorta delle raccomandazioni espresse dal gruppo di esperti ad alto livello sulla vigilanza finanziaria nell'Unione europea costituito dalla Commissione europea. La XIV Commissione ha dato sicuramente segno di grande attenzione al riguardo, avviando l'esame, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, delle specifiche proposte della Commissione europea in materia.
I programmi in esame ripropongono con forza due questioni cruciali per il rilancio di crescita, occupazione e competitività in Europa: il rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche, mediante il ciclo di governance triennale della Strategia di Lisbona, e la definizione di una Strategia rinnovata dopo la scadenza di quella attuale nel 2010. A questo scopo entrambi i programmi preannunciano iniziative ed obiettivi specifici. Alla luce della crisi economica e finanziaria e del tentativo dell'UE di fornire una risposta coordinata è essenziale definire una rinnovata strategia per la crescita e l'occupazione successiva al 2010, come sottolineato dal Comitato delle regioni nella sua risoluzione sul programma legislativo della Commissione. Per non ripetere gli errori e conoscere nuovamente la disillusione che hanno accompagnato la difficile attuazione della strategia di Lisbona occorre muoversi in due direzioni. Anzitutto, andrà definito un nucleo ristretto di obiettivi, concentrati sugli obiettivi comuni realmente prioritari, stabilendo anche con puntualità le risorse finanziarie, europee e nazionali, destinate alla realizzazione degli interventi necessari. È evidente, sotto questo

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profilo, che il successo dell'azione post 2010 dell'UE per la crescita è strettamente legato alla riforma del bilancio dell'UE. In secondo luogo, va migliorata e rafforzata la governance economica dell'UE. Ciò presuppone che le linee direttrici integrate per la crescita e l'occupazione e i programmi di riforma nazionali e comunitario non si traducano in un lungo elenco di raccomandazioni e obiettivi, spesso destinati a rimanere un «libro dei sogni». C'è un'unica via per attribuire un reale effetto di coordinamento e di stimolo a questi strumenti, strutturalmente «deboli» in quanto adottati con atti privi di effetto vincolante: coinvolgere pienamente i parlamenti nazionali nonché gli enti locali, anche attraverso il Comitato delle regioni, nella loro predisposizione. In questo modo si assicurerebbe, secondo un modello bottom up, un reale collegamento tra i grandi obiettivi di politica economica e dell'occupazione, stabiliti a livello europeo, e i soggetti che detengono, con le decisioni di finanza pubblica, gli strumenti per darvi effettiva attuazione nei rispettivi ordinamenti. Occorrerà pertanto che la Camera segua con estrema attenzione la definizione della Strategia di Lisbona dopo il 2010, partecipando più attivamente e sistematicamente alla predisposizione degli strumenti di coordinamento e programmazione previsti. È essenziale, in tale ottica, che il Governo dimostri maggiore collaborazione, assicurando la consultazione degli organi parlamentari competenti in tutte le fasi cruciali.
Le questioni connesse all'occupazione e al mercato del lavoro sono al centro del programma della Commissione europea e sono tenute in forte considerazione anche nel programma del Consiglio. Ciò anzitutto nel quadro delle più generali misure volte al rilancio della crescita, in gran parte tradottesi nel piano di ripresa economica, nonché nelle iniziative, sopra richiamate, volte alla definizione di una Strategia per la crescita e l'occupazione post-2010. In secondo luogo, i programmi prospettano ulteriori e più specifici obiettivi. In particolare, il programma delle presidenze evidenzia il ruolo della strategia europea per l'occupazione e del processo di apprendimento reciproco a livello dell'UE, nonché delle altre politiche e misure che contribuiscono ad aumentare l'occupazione. Tra gli «obiettivi-chiave» individuati nel programma del Consiglio, è poi indicata la parità di genere, intesa come fattore determinante per la crescita e l'occupazione; particolare attenzione è rivolta alla realizzazione della pari indipendenza economica per le donne e gli uomini, mediante provvedimenti volti ad affrontare il differenziale retributivo di genere, il lavoro a tempo parziale e le pari opportunità in materia di imprenditorialità, nonché a quelli intesi a migliorare la riconciliazione fra lavoro, vita familiare e vita privata, sia per le donne che per gli uomini. Per la piena realizzazione dei condivisibili obiettivi dei due programmi, appare opportuno, seguendo e raccomandazioni dalla Commissione Lavoro nella sua relazione, agire sia a livello nazionale, con misure adeguate ad attuare e sviluppare i richiamati principi e norme europee, sia nelle sedi decisionali dell'UE. In particolare sotto questo secondo profilo, appare necessario:
segnalare l'opportunità di adottare più idonee misure per la mobilità transfrontaliera dei giovani, assecondando anche le politiche comunitarie per l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, che mirano a coniugare appieno scuola e formazione permanente;
consolidare e sviluppare ulteriormente politiche attive mirate all'inclusione delle persone con disabilità nel mondo del lavoro;
valutare il rafforzamento del ruolo e le competenze dei comitati aziendali europei, nell'ambito di un più complessivo ampliamento a livello europeo dell'orizzonte di riferimento delle politiche sociali.

In materia di politica estera, il programma della Commissione si prefigge obiettivi in sé sicuramente condivisibili: continuazione del processo di allargamento, sviluppo della dimensione dell'Unione per il Mediterraneo, fattivo partenariato

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con il nuovo governo degli Stati Uniti, completamento dell'agenda di Doha per lo sviluppo e gli impegni assunti per l'attuazione degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite, consolidando le relazioni con i paesi in via di sviluppo. Condivisibili appaiono altresì le priorità delle tre presidenze: impegno per la soluzione della questione nucleare nel rapporto con l'Iran; incremento dell'impegno nella dimensione multilaterale per la riforma delle istituzioni finanziarie internazionali; impegno per la tutela dei diritti umani e per l'attenzione alla coerenza e all'efficacia degli aiuti nel quadro delle politiche di sviluppo; rafforzamento delle relazioni esterne dell'UE, con particolare attenzione ai Paesi interessati dalla politica europea di vicinato (PEV); l'auspicio che la speciale considerazione verso la cosiddetta «dimensione orientale», essenziale nell'ottica del rapporto con la Russia, non rallenti il processo che ha portato alla istituzione dell'Unione per il Mediterraneo. A fronte di queste priorità, richiamando anche la relazione della Commissione Esteri, ritiene che vadano posti in rilievo tre punti:
l'assoluta priorità per l'UE e soprattutto per il nostro Paese, anche in considerazione della recente evoluzione della crisi mediorientale, dello sviluppo del processo di Barcellona, in relazione all'Unione per il mediterraneo e al partenariato orientale. Solo un quadro di relazioni ambizioso ed efficace con i paesi del mediterraneo può assicurare all'UE e all'Italia in particolare il conseguimento di obiettivi soddisfacenti in materia di migrazioni, lotta alla criminalità e al terrorismo, sicurezza energetica, cambiamento climatico, stabilità politica e sviluppo economico. Un importante contributo all'attuazione dell'Unione per il Mediterraneo potrebbe essere assicurato dagli enti locali e regionali, anche mediante la creazione di un'Assemblea regionale e locale euromediterranea (ARLEM), sede permanente di rappresentanza degli enti locali e regionali che potrebbe essere riconosciuta come organo consultivo dell'Unione per il Mediterraneo. In questo senso va richiamato il lavoro svolto dal Comitato delle regioni in un apposito parere espresso su richiesta della Presidenza francese del Consiglio;
occorre nella stessa ottica che l'UE proceda in modo convinto nel processo di integrazione europea dei Paesi dei Balcani occidentali, rimuovendo gli ostacoli che si frappongono ad una applicazione dell'Accordo di Stabilizzazione e di Associazione tra l'Unione europea e la Serbia e all'avvio del processo di ratifica da parte dei 27 Stati membri dell'Unione;
il successo dell'azione esterna dell'Unione europea e una sua piena assunzione di ruolo nello scenario internazionale sono in ogni caso strettamente condizionati al positivo esito del percorso di ratifica del Trattato di Lisbona, che reca, come è noto, importantissime innovazioni istituzionali in materia di politica estera.

La Commissione e le tre Presidenze del Consiglio attribuiscono un notevole rilievo al proseguimento degli sforzi per realizzare effettivamente uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia, prospettando misure in materia di politica comune in materia di immigrazione, di gestione integrata delle frontiere, di lotta al terrorismo e alla criminalità, con particolare riferimento ai delitti informatici e al rischio di attentati terroristici con armi chimiche, biologiche, nucleari e radiologiche. Questi profili, come rilevato anche nelle relazioni della Commissione Affari costituzionali e della Commissione Giustizia, assumono un'importanza crescente in quanto attengono a problemi gravi e urgenti di carattere globale che contribuiranno, come le sfide economiche, a misurare la capacità delle istituzioni europee di aggiornare strumenti e regole per fornire risposte adeguate che gli Stati membri non possono apprestare da soli. Si tratta quindi di aspetti decisivi per lo sviluppo del processo di integrazione europea al di là dell'ambito strettamente economico, che assumono una peculiare importanza per l'Italia che, per la sua storia e per la sua collocazione geografica, e più esposta ai fenomeni migratori e potrebbe risultare

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più vulnerabile anche ai rischi di nuove forme di criminalità o all'azione di gruppi terroristici. Per questo motivo è auspicabile, come sottolineato dalla I Commissione, che il nostro Paese concorra con il massimo impegno alla stesura delle iniziative, specie di rango legislativo, che la Commissione intende predisporre. In questo contesto, è fondamentale, come sottolineato anche nelle relazioni della I e della II Commissione, che il nostro Paese assicuri il pieno e coerente sostegno a:
le misure dirette a porre in essere un approccio comune e condiviso in materia di migrazione, favorendo al massimo le sinergie tra i diversi paesi e i diversi apparati competenti, attraverso la creazione di un Sistema europeo di controllo delle frontiere diretto a conciliare l'obiettivo di limitare i flussi di immigrati illegali che entrano clandestinamente nell'UE con quello di ridurre il tasso di mortalità degli immigrati illegali. In proposito, va segnalata l'importanza dell'obiettivo di una gestione integrata delle frontiere attraverso il rafforzamento della cooperazione operativa e l'introduzione di un nuovo meccanismo di valutazione di Schengen; del rafforzamento della cooperazione di FRONTEX con EUROPOL, attraverso un costante scambio di informazioni; della verifica della fattibilità di un sistema europeo di guardie di frontiera; il potenziamento dei mezzi a disposizione del registro CRATE e la creazione di squadre di intervento rapido (RABIT);
il pacchetto criminalità organizzata diretto, tra le altre cose, a rafforzare il contrasto agli abusi sessuali, l'assistenza delle vittime di reati oltre che la lotta alla criminalità informatica;
le misure volte a migliorare la qualità e l'efficacia dell'attività delle amministrazioni della giustizia mediante: il riconoscimento reciproco e l'esecuzione delle decisioni in materia civile, commerciale e, ove possibile, penale, allo scopo di pervenire alla graduale soppressione dell'exequatur; la creazione di un sistema completo ed armonizzato che permetta di decidere in merito alla competenza dei giudici; l'istituzione del sistema europeo di informazione e di interconnessione dei casellari giudiziari; la realizzazione della strategia in materia di giustizia elettronica, anche per agevolare il ricorso alle videoconferenze; il rafforzamento della cooperazione, sul piano operativo, delle forze di polizia, con particolare riguardo alle iniziative comuni per la formazione e l'addestramento delle stesse, oltre che per l'aggiornamento del regime giuridico di Europol.

Oltre a realizzare un quadro normativo tendenzialmente uniforme, occorre altresì rafforzare le occasioni e le sedi di collaborazione di organi e strutture qualificate, con particolare riguardo a quelle competenti in materia di contrasto alla criminalità, terrorismo, immigrazione clandestina e controllo alle frontiere; a tal fine un importante contributo potrà essere fornito dalla istituzione di un Ufficio europeo di sostegno in materia di diritto d'asilo chiamato a fornire assistenza pratica agli Stati membri nelle decisioni relative alle richieste di asilo nonché dal consolidamento di partenariati con i paesi terzi in materia di migrazione.
I programmi della Commissione e del Consiglio richiamano, direttamente o indirettamente, la politica di coesione sotto tre profili specifici: 1) il contributo decisivo che i fondi strutturali possono fornire all'attuazione del piano per la ripresa dell'economia europea; 2) lo sviluppo della dimensione territoriale della coesione: la Commissione europea ha presentato un libro verde su cui è aperta una consultazione; 3) le prospettive della politica di coesione nell'ambito della riforma del bilancio dell'UE.
Si tratta sicuramente di tre obiettivi importanti, tuttavia, come ha giustamente sottolineato il Comitato delle regioni nella sua risoluzione sul programma della Commissione, l'importanza della politica di coesione non si riflette pienamente e in termini generali nelle priorità della Commissione e delle Presidenze. In questo

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contesto, si devono comunque svolgere, a suo avviso, tre importanti considerazioni:
1) la politica di coesione, proprio alla luce della crisi economica e degli interventi previsti nel piano di ripresa economica utilizzando i fondi strutturali, rimane uno strumento fondamentale ed imprescindibile per finanziare misure di rilancio della competitività e dell'occupazione. Non si può pertanto concordare con chi ritiene che la politica di coesione e i fondi strutturali debbano svolgere in futuro solo una funzione secondaria, ancillare e limitata a pochi interventi nei soli nuovi Stati membri;
2) il processo di programmazione e gli interventi operativi nell'ambito della politica di coesione - che coinvolgono direttamente tutti i livelli di governo - si sono dimostrati essenziali per la diffusione di metodi, regole e prassi di buona governance in tutti gli Stati membri e a tutti i livelli di Governo. È un aspetto che non può essere trascurato nella valutazione dei risultati sinora conseguiti e nel dibattito sul futuro della politica di coesione, anche alla luce dell'espresso riconoscimento nel Trattato di Lisbona, della dimensione territoriale della coesione;
3) il futuro della coesione nella programmazione finanziaria post 2013 è dunque un tema cruciale per il processo di integrazione europea e soprattutto per l'Italia.

Alla luce di queste considerazioni, è per un verso, è essenziale che il Paese promuova nelle competenti sedi europee e a livello nazionale il ricorso più ampio agli stanziamenti dei fondi strutturali previsti dal piano di ripresa economica per il sostegno alle piccole imprese e all'occupazione. Il Governo si è mosso già nella giusta direzione ottenendo l'utilizzo degli stanziamenti del FSE per gli ammortizzatori sociali. Per altro verso, occorre definire tempestivamente proposte pragmatiche ma ambiziose per la riforma della politica di coesione che assicurino risorse finanziare adeguate per il nostro Paese, in particolare per le regioni dell'attuale obiettivo convergenza.
Crede che l'Italia non possa perdere questo strumento fondamentale per il sostegno allo sviluppo economico, soprattutto per l'effetto leva che esso sicura rispetto ai finanziamenti pubblici e privati.
Nel programma legislativo la Commissione annuncia, tra le iniziative prioritarie, la presentazione di una raccomandazione sui partenariati relativi all'attuazione del mercato interno, intesa ad individuare «buone pratiche» e raccomandare iniziative che la Commissione e gli Stati membri dovranno adottare nell'ambito dei vari compiti di competenza relativi alla trasposizione, all'applicazione e all'attuazione delle norme relative al mercato unico. È importante rilevare come le iniziative e le «buone pratiche» oggetto delle raccomandazioni verranno elaborate, in stretta collaborazione con gli Stati membri, nel quadro di un processo «dal basso verso l'alto». Il programma della Presidenza ceca pone l'accento sulla necessità avviare un dibattito sull'ulteriore liberalizzazione del settore dei servizi, anche organizzando una conferenza in materia di libertà di circolazione dei servizi nel mese di febbraio. In particolare, la Presidenza ceca intende porre l'accento sulla necessità di trasporre in tempo, correttamente e in modo coerente la direttiva sui servizi nonché sull'urgenza di individuare le barriere alla libera circolazione dei servizi e sull'opportunità di abolire le misure transitorie applicate alla libertà di circolazione dei lavoratori. Si tratta di questioni di particolare delicatezza perché attengono alla scelta dei modelli fondamentali per il futuro sviluppo dell'integrazione economica dell'UE. Su queste questioni sarà pertanto opportuno un pieno coinvolgimento delle Camere, in stretto raccordo con il Governo, a partire dalla definizione di criteri e principi direttivi specifici per il recepimento della direttiva servizi nel disegno di legge comunitaria 2008, attualmente all'esame del Senato in prima lettura.
Le tre Presidenze, nel programma operativo, sottolineano la necessità di norme

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chiare ed univoche in materia di appalti pubblici e intendono, in particolare, esaminare il ruolo positivo che gli appalti pubblici potrebbero svolgere nei settori della politica relativa alle PMI, dell'innovazione e dell'ambiente (»appalti verdi») ed intendono favorire l'avanzamento dei lavori relativi agli appalti pubblici per via elettronica (e-procurement). Gli obiettivi delle tre presidenze appaiono pienamente condivisibili in quanto pienamente coerenti con l'obiettivo prioritario di utilizzare tutti gli strumenti normativi per sostenere la ripresa e lo sviluppo economico, a partire dalle piccole e medie imprese e l'innovazione. Appare pertanto opportuno segnalare l'esigenza che il Governo sostenga tali iniziative nelle competenti sedi decisionali dell'UE.
La Commissione europea considera prioritario garantire la sicurezza, la sostenibilità e la competitività dell'energia europea sulla base del piano d'azione dell'UE per la sicurezza e la solidarietà nel settore energetico con la comunicazione relativa al secondo riesame strategico della politica energetica dell'Unione europea. Questi obiettivi sono ribaditi anche nel programma dei diciotto mesi del Consiglio e precisati e aggiornati nelle priorità presentate dalla Presidenza ceca all'inizio di gennaio. La Presidenza considera in particolare prioritari tre obiettivi, pienamente condivisibili: 1) migliorare la sicurezza energetica dell'Europa, attraverso una maggiore diversificazione dei paesi fornitori, un ampliamento della gamma delle risorse energetiche utilizzate, con specifico riguardo alle energie rinnovabili; 2) realizzare un mercato interno dell'energia effettivamente unificato che consenta di attivare meccanismi di solidarietà in situazioni di crisi di approvvigionamento energetico; 3) proseguire gli sforzi per ridurre, a livello globale ed europeo, l'intensità energetica dell'economia e l'impatto dell'economia stessa sull'ambiente.
Con riguardo a ciascuna di queste priorità, la Presidenza ceca prospetta una serie di interventi concreti da attuare o avviare nel corso dell'anno. La Camera - in modo quanto mai opportuno - ha già avviato una specifica riflessione con riguardo a questi tre aspetti; nello scorso dicembre sono state definite chiare indicazioni a sostegno della posizione del Governo sul pacchetto clima energia in vista del Consiglio europeo che ha raggiunto poi un apprezzabile compromesso; stiamo esaminando nella nostra Commissione le proposte legislative per il mercato interno dell'elettricità e del gas (c.d. «terzo pacchetto sul mercato interno dell'energia»). Prendendo spunto proprio dall'attività svolta dalla XIV Commissione, è a suo avviso fondamentale che il Governo provveda a sostenere:
tutte le iniziative della Commissione e della presidenza di turno, idonee a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento e l'efficienza energetica, non soltanto con riferimento alla definizione di un quadro tendenzialmente stabile nel medio e lungo termine dei rapporti con i maggiori fornitori, ma anche attraverso l'adozione di misure concrete per promuovere la ricerca sulle tecnologie innovative, ivi inclusa l'opzione relativa all'energia nucleare, per favorire la differenziazione delle fonti, ed incentivare i risparmi energetici con l'adozione di tecnologie a minor impatto inquinante e a minor consumo;
la rapida approvazione del pacchetto volto alla creazione del mercato unico dell'energia, in particolare promuovendo la creazione di un'autorità europea di regolazione prospettata dalla Commissione europea;
una rapida approvazione del pacchetto di proposte in materia di efficienza energetica, presentato dalla Commissione europea nello scorso mese di ottobre.

Il programma della Commissione europea per il 2009 definisce come priorità assoluta l'adozione integrale del pacchetto di misure inteso a raggiungere gli obiettivi strategici dell'UE in materia di cambiamenti climatici ed energia, presentato dalla Commissione nel gennaio 2008. Tale priorità trova conferma anche nel programma

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dei 18 mesi delle tre Presidenze e della Presidenza ceca.
Come già ricordato il Consiglio europeo dell'11 e 12 dicembre 2008, accogliendo anche le richieste del Governo italiano che erano state sostenute anche dalla Camera, ha raggiunto un accordo di compromesso sul pacchetto di proposte relative ad energia e cambiamenti climatici, in vista della loro possibile approvazione in prima lettura da parte del Consiglio e del Parlamento europeo, nell'ambito della procedura di codecisione, entro la fine del 2008. Il programma della Commissione inserisce fra le priorità la riflessione sull'evoluzione della strategia per lo sviluppo sostenibile e sulle modalità più efficaci per dare risposte alle sette sfide principali individuate: cambiamenti climatici e energia pulita, trasporti sostenibili, consumo e produzione sostenibili, conservazione e gestione delle risorse naturali, salute pubblica, inclusione sociale, demografia e migrazione.
Fra le iniziative prioritarie del programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2009 figura l'adozione di una comunicazione sul futuro dei trasporti che mira promuovere un ampio dibattito sugli scenari relativi al settore dei trasporti nei prossimi 20-40 anni. La Commissione preannuncia inoltre la presentazione di un libro verde inteso a rafforzare la sostenibilità ambientale della rete transeuropea di trasporto (TEN-T) e di una proposta di rifusione della decisione n. 1692/96/CE relativa agli orientamenti comunitari per lo sviluppo della rete transeuropea di trasporto. Si tratta di iniziative di particolare importanza, soprattutto alla luce del ruolo determinante che può essere svolto dalla realizzazione delle opere relative alla rete transeuropea di trasporto (TEN-T) al fine di assicurare una effettiva coesione economica e sociale nell'UE e di superare il deficit infrastrutturale che si registra nel nostro Paese. Gli investimenti nel settore delle infrastrutture destinate ai trasporti e nel settore delle reti di comunicazione elettronica potrebbero esplicare una rilevante funzione di stimolo dell'economia rispetto alla situazione di crisi in atto. Occorrerà pertanto che il Governo segua, in stretto raccordo con il Parlamento, le richiamate iniziative preannunciate dal programma della Commissione in materia e promuova, in particolare, lo stanziamento di risorse finanziarie aggiuntive per la realizzazione delle opere relative alla rete transeuropea di trasporto (TEN-T), favorendo anche il ricorso per tali finalità alle disponibilità che potranno essere attivate attraverso prestiti della Banca europea per gli investimenti (BEI). Come segnalato dalla Commissione Trasporti, appare altresì opportuno impegnare il Governo, alla luce del rilievo essenziale delle reti a banda larga per il trasferimento delle informazioni e per l'incremento delle potenzialità di crescita delle economie dei singoli Stati membri e dell'UE nel suo complesso, a promuovere, iniziative utili a favorire la realizzazione e lo sviluppo nei singoli Stati membri delle reti a banda larga, con particolare riferimento ai territori nei quali si presentano in misura marcata situazioni di divario digitale (digital divide).
In coerenza con l'impostazione generale richiamata in premessa, il programma della Commissione e quello del Consiglio attribuiscono un rilievo alla ricerca nonché ad istruzione, formazione e cultura nella promozione della competitività dell'economia europea e quindi nel rilancio dello sviluppo e dell'occupazione. In particolare, il programma dei diciotto mesi del Consiglio sottolinea, per un verso, il ruolo cruciale sotto tale profilo della ricerca e dell'innovazione, impegnandosi a rafforzare lo spazio europeo della ricerca, assicurandone la gestione efficace nonché promuovendo programmi di ricerca comuni e forme di cooperazione internazionale. Per altro verso, le tre presidenze riconoscono che un'istruzione di qualità è la base per la creazione di posti di lavoro qualitativamente migliori e la sostenibilità della crescita e intendono porre ulteriormente in risalto l'importanza del contributo dei settori culturale e creativo alla crescita e all'occupazione nonché allo sviluppo sostenibile, nell'ottica della attuazione della quinta libertà (libera circolazione delle conoscenze). Dal canto suo, la

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Commissione europea preannuncia la presentazione di una comunicazione sul dialogo università-imprese, che proporrà orientamenti e strutture per migliorare e intensificare la cooperazione e ridurre le barriere tra università e imprese, migliorare la pertinenza dei programmi di studio, promuovere lo spirito imprenditoriale presso le Università e gli studenti, migliorare la mobilità e sviluppare e rafforzare il ruolo delle università nell'educazione permanente. Con riguardo a queste indicazioni dei due programmi, credo che, concordando con le osservazioni della Commissione Cultura, si possa invitare il Governo a segnalare nelle competenti sedi europee:
l'esigenza che la comunicazione sul dialogo università-imprese precisi adeguatamente le modalità e le misure attraverso le quali migliorare e intensificare la cooperazione tra i due settori, prevedendo forme di scambi di esperienze dirette attraverso progetti ad hoc e forme di partenariato, anche con riferimento all'area euromediterranea;
la necessità di definire, per valorizzare ulteriormente il contributo dei settori culturale e creativo alla crescita e all'occupazione nonché allo sviluppo sostenibile, una vera e propria strategia per la gestione del settore culturale europeo nel suo complesso e per il raggiungimento dei tre obiettivi della strategia culturale dell'UE: il dialogo interculturale, la promozione della cultura quale catalizzatore della creatività nel quadro della strategia di Lisbona; la promozione della cultura quale elemento essenziale delle relazioni internazionali dell'UE;
l'opportunità di potenziare le iniziative di comunicazione e di informazione relative alle misure dell'UE nei settori della ricerca, istruzione e formazione, cultura, multilinguismo, nonché di incentivare ulteriormente il multilinguismo;
l'esigenza di incentivare lo sviluppo e l'attuazione della formazione continua lungo tutto il corso della vita (long life learning), quale presupposto indispensabile per favorire la mobilità degli studenti, dei lavoratori e dei docenti.

Nel programma delle tre Presidenze si considera prioritario dare seguito al Libro bianco sullo sport - su cui la XIV Commissione ha avviato l'esame ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento - e al piano d'azione «Pierre de Coubertin». Nel definire le priorità della Camera in materia occorre, anche alla luce della discussione già sviluppata in altre occasioni nella nostra commissione, tenere conto di tre importanti elementi:
il Consiglio europeo dell'11 e 12 dicembre 2008 ha approvato una dichiarazione sullo sport in cui, tra l'altro: sottolinea la necessità di tenere conto delle caratteristiche specifiche dello sport, anche al di là della sua dimensione economica; accoglie con favore lo sviluppo di un dialogo costruttivo nel quadro del primo Forum europeo dello sport; invita a rafforzare tale dialogo con il Comitato olimpico internazionale e con i rappresentanti del mondo sportivo, in particolare sulla questione della «doppia formazione» sportiva ed educativa dei giovani;
in occasione della riunione informale dei ministri per lo sport dell'Unione europea, svoltasi a Biarritz il 27-28 novembre 2008, è stata adottata una dichiarazione che, preso atto della posizione comune del movimento olimpico e sportivo europeo ed internazionale sulla specificità e l'autonomia dello sport, ribadisce il sostegno ai principi di sussidiarietà, autonomia ed autoregolamentazione dello sport. A tal fine la dichiarazione invita la Commissione europea a fornire elaborati orientamenti giuridici più chiari sull'applicazione del diritto comunitario alle organizzazioni sportive; reca raccomandazioni specifiche per il riconoscimento dell'attività delle strutture di formazione sportiva, considerando, in particolare, che la partecipazione di un numero minimo di giocatori provenienti da tali strutture nelle squadre dei club impegnati in competizioni europee potrebbe rafforzare la formazione

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dei giovani giocatori; auspica il proseguimento delle discussioni sulle iniziative delle federazioni internazionali volte a sviluppare, nel rispetto del diritto comunitario, la presenza nelle squadre dei club professionistici di ogni Paese di sportivi selezionabili nelle rispettive squadre nazionali, al fine di rafforzare il radicamento nazionale e regionale degli stessi club professionistici;
il Trattato di Lisbona introduce una base giuridica espressa per lo sport (articolo 165 del Trattato sul funzionamento dell'UE - TFUE), stabilendo in particolare, che «l'UE contribuirà alla promozione dei profili europei dello sport, tenendo conto delle sue specificità, delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale ed educativa».

Occorre dare seguito, nelle forme appropriate, a questi indirizzi in modo da affermare - già a trattati vigenti e soprattutto dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona - l'esigenza che l'UE nell'applicazione delle sue politiche nonché nell'interpretazione dei principi generali e delle differenti disposizioni del trattato aventi rilievo per lo sport, riconosco effettivamente la specificità delle attività e delle regole sportive nonché l'autonomia delle associazioni sportive.
Con riferimento alla politica agricola comune i programmi della Commissione e del Consiglio, oltre ad indicare alcune priorità specifiche fanno cenno al completamento della valutazione sullo stato di saluto della PAC. A questo riguardo, è opportuno seguire con attenzione la riflessione avviata dalla Presidenza francese con le conclusioni sul futuro della PAC presentate il 28 novembre 2008 al Consiglio dei ministri dell'UE. La Presidenza francese ha infatti individuato alcuni indirizzi di fondo che appaiono in larga parte condivisibili:
collocare la futura PAC in una visione più ampia, in cui rientrino lo sviluppo sostenibile, la competitività e gli equilibri alimentari mondiali;
prendere pertanto in debitamente in considerazione le sfide crescenti connesse con i cambiamenti climatici, la sicurezza sanitaria e alimentare e l'economia;
integrare nella politica agricola l'innovazione, la ricerca e lo sviluppo con maggior efficacia;
garantire ai consumatori la salubrità dei prodotti promuovendo sicurezza alimentare, benessere degli animali e ambiente sia all'interno che all'esterno dell'Unione;
procedere ad un'ulteriore semplificazione degli oneri normativi che gravano sia sugli agricoltori che sulle amministrazioni nazionali nell'attuazione della PAC.

In coerenza con questo approccio globale, appaiono pienamente condivisibili anche le osservazioni formulate dalla Commissione Agricoltura nel suo parere: l'esigenza che la valutazione del futuro demografico dell'Europa che la Commissione europea presenterà al Consiglio europeo di primavera presti particolare attenzione all'impatto che le dinamiche demografiche hanno sulle zone rurali, nella consapevolezza che le tendenze in corso hanno pesanti effetti negativi sul mantenimento di un adeguato equilibrio ambientale nei territori dell'Unione e quindi sulla stessa possibilità di condurre in modo efficace le azioni di contrasto al mutamento climatico; la necessità di un'analisi delle conseguenze che la crisi economica mondiale comporta per i mercati agricoli e per il settore rurale, analisi da raccordare con il processo di riforma del bilancio dell'Unione europea; l'esigenza di definire tempestivamente un piano di misure adeguate per salvaguardare il settore rurale dal declino e mantenere così l'indipendenza alimentare dell'Unione europea, potenziando le sinergie fra la politica di sviluppo rurale e le altre politiche dell'Unione, in particolare la politica di coesione; la necessità di portare a conclusione i negoziati commerciali bilaterali in corso al fine di completare il programma di Doha per lo sviluppo, fornendo nuovi

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sbocchi commerciali per le imprese dell'Unione europea.
In conclusione, osserva che l'esame del programma legislativo, come già sottolineato in premessa e confermato dagli elementi sopra richiamati, è un passaggio fondamentale per rafforzare il ruolo del parlamento nella fase di formazione delle decisioni e politiche dell'UE. Al tempo stesso, esso può costituire l'occasione per una riflessione sull'esigenza che la Camera, per un verso, si avvalga pienamente degli strumenti legislativi e regolamentari esistenti e/o li ammoderni per tenere conto dell'evoluzione dell'assetto istituzionale interno e d europeo; per altro verso, i tempi sembrano oramai maturi per avviare una riflessione sull'adeguamento delle regole esistenti alla luce delle innovazioni prospettate dal trattato di Lisbona.
Sotto il primo profilo, si registrano sicuramente risultati incoraggianti. Il ruolo di stimolo svolto dalla XIV Commissione e, al suo interno dal Comitato per l'esame dei progetti di atti dell'UE, ha determinato un incremento impressionante dell'attività di fase ascendente della Camera: è sufficiente consultare i dati statistici in materia. Anche il dialogo politico con la Commissione europea fa registrare risultati significativi, essendosi consolidata la prassi di trasmettere direttamente alla Commissione europea, in esito all'esame ex articolo 127 del regolamento della Camera, gli atti di indirizzo approvati dalla Commissioni di merito e il parere della XIV Commissione. Restano tuttavia ancora da migliorare i tempi di avvio e di conclusione dell'esame dei progetti di atti comunitari, che vanno adeguati al ciclo decisionale dell'UE. Anzitutto, è urgente l'introduzione di una sessione comunitaria di fase ascendente da svolgersi ogni anno tra gennaio e febbraio, ai fini della definizione di indirizzi al Governo sia su aspetti di carattere generale sia su questioni specifiche. A tal fine si potrebbe abbinare l'esame del programma legislativo della Commissione e degli altri strumenti di programmazione dell'UE con quello della relazione annuale sulla partecipazione italiana all'UE. Andrebbe poi attentamente esaminata la possibilità di ridefinire le competenze della XIV Commissione e delle Commissioni di merito sulla fase ascendente; alla luce dell'esperienza recente e della sua specializzazione, può esaminare esprimere in modo più tempestivo la posizione della Camera sulle iniziative dell'UE, tenendo conto non solo delle esigenze specifiche di ciascun settore ma dell'ordinamento e delle politiche dell'UE nel loro complesso. Andrebbero inoltre stabiliti con chiarezza i presupposti per l'effettiva attivazione della riserva di esame parlamentare introdotta dalla legge n. 11 del 2005 e applicata sinora solo in via occasionale.
Sotto il secondo profilo, va evidenziato anzitutto che l'attuazione delle disposizioni relative al ruolo dei parlamenti nazionali deve costituire una priorità assoluta per le Camere. Si riferisce anzitutto alla procedura di allerta precoce per il controllo di sussidiarietà, disciplinata dall'apposito protocollo, prerogativa importante ai fini del corretto esercizio delle competenze dell'UE, che occorrerà tuttavia esercitare con cautela e misura. Nell'ambito di tale procedura andrà assicurata la consultazione dei consigli e delle assemblee legislative regionali italiane nell'ambito dell'esame di sussidiarietà, come previsto espressamente dall'articolo 6 del relativo Protocollo. Ciò non risponderà soltanto all'impostazione stessa del trattato di Lisbona e i principi del nuovo Titolo V della parte seconda della Costituzione, ma rafforzerà il ruolo del Parlamento nazionale quale cerniera tra il livello di governo sovranazionale e i livelli di governo regionale e locale. Nella stessa ottica la Camera, anche alla luce dell'intesa recentemente raggiunta tra il Presidente Fini e il Presidente Van den Brande, potrà avvalersi dei contributi e delle osservazioni che il Comitato delle regioni potrà fornire ai parlamenti nazionali in merito alla conformità di proposte legislative con il principio di sussidiarietà. Non vanno tuttavia dimenticate le altre importanti prerogative previste dal Trattato, in particolare in materia di valutazione sulle politiche dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, di

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attivazione della clausola di flessibilità, di veto in materia di diritto di famiglia, nonché l'introduzione di una espressa base giuridica per la trasmissione dei documenti della Commissione ai parlamenti nazionali, già avviata di fatto dal settembre 2006. Quest'ultima innovazione, consolidando l'instaurazione di un rapporto diretto con la Commissione europea, renderà necessario valutare l'introduzione nel regolamento di procedure che consentano agli organi parlamentari di adottare atti o osservazioni specificamente e direttamente indirizzati alla Commissione stessa. L'attuazione di queste nuove prerogative presuppone la modifica del regolamento della Camera. Si potrebbe tuttavia valutare l'ipotesi di avviare, eventualmente mediante una pronuncia della Giunta del regolamento, un'applicazione sperimentale di alcune delle innovazioni del Trattato di Lisbona.

Sandro GOZI (PD) ringrazia il relatore per il lavoro svolto, giudicandolo ampio ed esauriente. Afferma preliminarmente la necessità di fare una valutazione sul metodo e gli obbiettivi dell'esame dei programmi comunitari da parte della XIV Commissione. Ritiene che tale esame debba concludersi con un documento che abbia particolare rilievo politico ed individui i punti essenziali utili a stabilire un confronto con il Governo italiano e le istituzioni comunitarie, evitando di formulare una «lista della spesa» priva di reale impatto. Manifesta da subito l'intenzione del suo gruppo di collaborare attivamente all'individuazione di tali nodi politici.
In ordine alle audizioni, ritiene che la Commissione debba valutare l'opportunità di ascoltare anche rappresentanti delle presidenze di turno dell'Unione europea, nonché funzionari della Commissione europea competenti per le singole materie. Potrebbe essere valutata anche l'opportunità di audire esponenti delle forze dell'ordine, della magistratura e delle strutture che si occupano in sede ONU della tutela dei diritti umani, in ordine alle tematiche connesse allo spazio europeo di sicurezza libertà e giustizia, ai fini di individuare politiche coordinate ed equilibrate. I tempi per le audizioni dovrebbero comunque essere ristretti per evitare che un esame troppo lungo dei programmi comunitari si traduca in una perdita di efficacia delle posizioni espresse dal Parlamento italiano.
Come metodo di lavoro suggerisce di verificare - soprattutto in relazione ad alcune questioni di particolare rilevanza quali i cambiamenti climatici, la governance del sistema bancario, o le strategie di comunicazione all'opinione pubblica europea - da un lato se le istituzioni europee abbiano usato tutte le potenzialità concesse dai Trattati - cosa di cui dubita - e, dall'altro, se invece in alcuni casi non sia stato pienamente rispettato il principio di sussidiarietà.
Si sofferma quindi sulla difficile comunicazione delle tematiche europee all'opinione pubblica; auspica a tal fine la possibilità, anche al di là dell'esame degli atti in titolo, di avviare una riflessione sul tema, anche stabilendo un confronto con i media, teso a favorire un rapporto migliore tra i cittadini e istituzioni europee.
Concorda infine con il relatore sull'opportunità di collegare l'esame dei programmi comunitari ad una riflessione sull'adeguatezza dei regolamenti parlamentari e della legge n. 11 del 2005, al fine di consentire al Parlamento un dialogo più operativo e tempestivo con le istituzioni comunitarie. Richiama in proposito il lavoro svolto dal Comitato per l'esame dei progetti di atti normativi comunitari e dell'Unione europea, sede nella quale è peraltro possibile approfondire alcune delle questioni oggi richiamate.

Isidoro GOTTARDO (PdL), relatore, concorda con il collega Gozi in ordine all'importanza di concludere l'esame in Commissione con la formulazione di un messaggio politico generale e condiviso che - come ha accennato nella relazione - può essere riassunto nella formula «più Europa e più sussidiarietà», messaggio che si traduce nella necessità dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, in una coerente e seria applicazione, come anche

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nell'importanza di affrontare la questione della comunicazione all'opinione pubblica delle tematiche europee. In ordine alle audizioni da svolgere auspica che, in sede di Ufficio di presidenza della Commissione, si possa predisporre quanto prima un programma organico di incontri, da svolgere in tempi ravvicinati e compatibili con la calendarizzazione degli atti in esame in Assemblea.

Enrico FARINONE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.20.