CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 9 dicembre 2008
105.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per le questioni regionali
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Martedì 9 dicembre 2008. - Presidenza del presidente Davide CAPARINI.

La seduta comincia alle 13.10.

Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione.
S. 1117 Governo.

(Parere alle Commissioni riunite 1a 5a e 6a del Senato).
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto.

Il deputato Oriano GIOVANELLI (PD) denuncia, in premessa, il propagarsi di una calunniosa campagna di stampa orchestrata al fine di screditare il sistema delle autonomie locali attraverso il persistente tentativo di svilire il ruolo svolto dalle province, nonché mediante l'accusa rivolta alle amministrazioni locali, come nel caso del comune di Firenze, di voler dilapidare risorse pubbliche attraverso politiche di spesa contrarie agli interessi dei cittadini. Evidenzia la paradossale circostanza che il Governo da una parte è impegnato nell'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione sul federalismo fiscale e dall'altra pone in serie difficoltà gli enti locali attraverso provvedimenti che comprimono l'autonomia finanziaria degli enti territoriali, quali l'abolizione dell'ICI e le ingenti riduzioni di risorse assegnate agli enti locali. Sostiene che il suo gruppo reputa necessario proseguire in tempi celeri l'attuazione del federalismo fiscale affinché sia definito quanto prima, in un quadro di certezza normativa, il complessivo sistema di relazioni economico-finanziarie dei diversi livelli del Governo del territorio. Lamenta il mancato coordinamento temporale tra l'esame del disegno di legge delega in titolo e l'esame del codice delle autonomie, considerato che la definizione dei compiti e delle funzioni degli enti locali dovrebbe precedere l'assegnazione delle risorse. Ravvisa la necessità che il federalismo fiscale sia approvato a Costituzione invariata, seppure consideri utile un ampio confronto tra i gruppi

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parlamentari al fine di individuare un percorso condiviso che persegua il completamento delle riforme costituzionali. Nel merito del provvedimento osserva che occorre salvaguardare la centralità del Parlamento non solo nell'esame del disegno di legge di delega ma anche in relazione al dibattito che si svolgerà sul contenuto dei decreti legislativi delegati. Aggiunge che alla Commissione per le questioni regionali vada riconosciuto uno specifico ruolo in ordine all'esame dei predetti decreti legislativi delegati in quanto il dialogo tra lo Stato e le autonomie territoriali su tali temi non può che avvenire in una sede parlamentare integrata dai rappresentanti delle autonomie territoriali ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 3 del 2001. Sottolinea che sarebbe opportuno ridurre a dodici mesi il termine per l'emanazione dei suddetti decreti legislativi di attuazione. Rileva che l'autonomia finanziaria degli enti territoriali risulta effettiva ed autentica nel solo caso in cui si fondi non sul sistema delle compartecipazioni ai tributi statali bensì su tributi propri, affinché si determini una reale responsabilità degli enti territoriali nella gestione delle risorse locali. Ritiene necessario per i comuni prevedere un sistema di tributi propri che sia riconducibile al patrimonio immobiliare cui collegare le competenze in materia di catasto. Aggiunge che la base dell'autonomia tributaria delle regioni non può che essere l'IRAP. In relazione al tema dei fondi di perequazione, ritiene utile mutuare il modello europeo basato sul sistema del patto di convergenza, affinché non si determini un meccanismo di perequazione che si delinei quale mera sanatoria per talune amministrazioni rispetto ad altre. Reputa opportuno infine approfondire il ruolo che potrebbero assumere le regioni nell'ambito del sistema perequativo per gli enti locali.

Il senatore Alberto FILIPPI (LNP) esprime apprezzamento per gli interventi finora svolti, che hanno fornito utili proposte e manifestato altresì la capacità di superare le logiche di schieramento ed evidenziare gli elementi positivi contenuti nel provvedimento in esame. Reputa utili le molteplici audizioni svolte. Richiama quindi le dichiarazioni del vice-presidente del consiglio regionale del Veneto, ascoltato in audizione, secondo cui non si comprende perché in Veneto vi debbano essere meno di tremila dipendenti regionali mentre in regioni con dimensione territoriale ed entità di popolazione simile sono fino ad otto volte superiori, né per quale motivo vi siano costi storici per prestazioni diversi rispetto a quelli registrati in altre realtà locali. Rileva che l'esigenza a modernizzare e rendere competitivo il sistema delle autonomie territoriali sia condivisa da molte forze politiche e dalla gran parte dei cittadini. Segnala che la Conferenza delle regioni e delle provincie autonome ha espresso un parere positivo sui principi contenuti nel provvedimento in esame, che afferma valori quali l'equità e la trasparenza delle imposte, la responsabilità e la meritocrazia amministrativa, il divieto alla doppia imposizione fiscale, il miglioramento della spesa pubblica. Evidenzia che la crisi attuale e l'imponente debito pubblico costituiscono un motivo ulteriore per accelerare la riforma, al fine di diminuire e razionalizzare la spesa, in modo da consentire una riduzione della pressione fiscale nei diversi livelli di governo ove occorre evitare duplicazione di funzioni. Ritiene che nell'attuale situazione di crisi occorra trasformare la spesa corrente in spesa per investimenti in conto capitale. L'azienda Paese può andare avanti solo privilegiando la competitività: rileva che tanto più si afferma la competizione tra regioni tanto più si realizzerà il miglioramento dell'azienda Paese ed il modello federale. Osserva che per ottenere tale risultato il federalismo fiscale necessita della previsione di sanzioni agli enti locali non virtuosi e di premi assegnati alle amministrazioni virtuose. Reputa opportuno incrementare le sanzioni nei confronti degli amministratori, quali l'ineleggibilità estesa anche ai membri di consigli di amministrazione di aziende a partecipazione pubblica. Rileva che il federalismo fiscale costituisce uno strumento di politica

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economica capace di rendere più efficienti, trasparenti e competitive le pubbliche amministrazioni nei diversi livelli di governo, garantendo maggiore qualità di servizi con minori costi. Sottolinea che l'azienda Paese ha i conti disastrosi: fino al 1971 il debito pubblico rappresentava il 35 per cento del PIL, la spesa corrente si pagava con le entrate correnti; l'indebitamento si è poi moltiplicato per far fronte alle spese correnti dove la pubblica amministrazione in alcune regioni è divenuta un posto d'occupazione e non una creazione di servizi. Sottolinea che il rapporto assunzioni e occupati in regione Calabria sfiora il 30 per cento mentre in Lombardia è inferiore di 2 terzi; sostiene che maggiore assunzioni non si concretizzano in servizi ma in maggiore burocrazia. Rileva l'esigenza che si inverta la tendenza sviluppando la spesa per investimenti in conto capitale e diminuendo la spesa corrente, nonché riducendo l'imposizione fiscale e la burocrazia: attualmente la spesa primaria rappresenta il 44,1 per cento del PIL, l'obiettivo sarà quindi la spesa corrente qualificando la spesa rateale e razionalizzandola e responsabilizzando l'operato degli amministratori pubblici. Fa notare che tale percorso è perseguito dal Governo, tuttavia alle politiche fiscali e macroeconomiche occorre affiancare il federalismo fiscale; per il sud del Paese occorre altresì una efficace azione di bonifica da mafie e malavita, maggiori investimenti ed il blocco totale del turnover quanto ad assunzioni nella pubblica amministrazione. Tali misure, rileva, saranno conseguite con l'attuazione del federalismo fiscale.

Il deputato Mauro PILI (PdL) osserva in premessa che la riforma sarebbe dovuta partire dall'assetto istituzionale, non con l'attuale bicameralismo perfetto ma una Camera che legifera e un Senato federale che governa il rapporto Stato-Regioni, nel quadro di un sistema di tipo presidenziale, con un equilibrio funzionale ed un rapporto paritetico Stato-Regioni-Enti Locali. L'attuale sfida è culturale e politica, economica e sociale, basata su tre fondamentali principi: la responsabilità, la virtuosità, l'equità. Evidenzia che l'obiettivo della riforma non può essere ideologico ma dovrà fondarsi su un moderno approccio che introduca nei vari livelli istituzionali, da quello statale a quello degli enti locali, passando per le regioni, il principio della responsabilità: responsabilità significa equilibrato e razionale governo delle entrate e delle uscite, l'orizzonte del buon governo capace di razionalizzare e migliorare i servizi azzerando privilegi e assistenzialismo ma nel contempo salvaguardando reciproci diritti e doveri. Occorre il giusto equilibrio di un percorso che parte appunto dal principio della responsabilità: il federalismo fiscale deve essere letto come un'opportunità in grado di generare un virtuoso sistema economico finanziario nel Paese. Osserva che per consuetudine e talvolta per mal costume si è perpetuato un sistema finanziario che ha ben distinto il prelievo fiscale dalla spesa: non vi è stato quel processo di omogeneizzazione e reciproco controllo dei due momenti, anzi, l'imposizione fiscale ha continuato ad alimentare senza regole il mare magnum della spesa. Il risultato è stato emblematico, figlio di un sistema perverso e inarrestabile che ha portato all'incontrollata spesa pubblica; un centro di costo dilapidava risorse e un centro di prelievo ripianava in una sorta di sistema perverso di vasi comunicanti senza regolazione alcuna capace di produrre disavanzi e nuove imposizioni, la spesa arbitraria trasformata in un attimo «spesa storica». Sostiene che il sistema, così perpetuato, premiava i meno virtuosi; nacque quindi il Patto di Stabilità, strumento di primo soccorso, capace di incidere solo sul principio consolidato ma anacronistico della spesa storica ma senza incidere strutturalmente sul sistema. Occorre affiancare, sottolinea, al principio della responsabilità quello della «virtuosità»: efficienza, razionalità, qualità, controllo, sono tutti elementi decisivi nella sfida federalista; rileva che questa è la missione culturale che il disegno di legge deve perseguire, raccogliendo un comune sentire ma anche ribaltando l'atavica equazione che meno

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spesa significa minor servizio e minor qualità. Precisa che non si tratta semplicemente di spostare il centro di costo o di spesa, bensì di rendere più efficiente il cuore pulsante dello Stato, delle Regioni, dei comuni, ovvero il servizio al cittadino; la finalità del processo riformatore è rendere più efficiente il servizio al cittadino. Evidenzia che occorre misurare la virtuosità con la qualità del servizio: il parametro della riforma non può limitarsi al solo aspetto finanziario contabile, occorre contemperare qualità e costo. Ricorda che il processo innovatore deve essere funzionale al cittadino e non alle istituzioni, occorre rendere protagonista il primo attore della società, il cittadino, con una riforma capace di sviluppare una sussidiarietà verticale e orizzontale, con un potere che si avvicina sempre di più al territorio. E la virtuosità della riforma nasce anche da quello spirito positivamente emulativo che occorre far scattare tra i diversi livelli istituzionali. Rileva che il terzo pilastro della riforma è l'equità, intesa come l'obiettivo a ripartire le risorse sul territorio nazionale riconoscendo come principio quello equo dei costi standard ma nel contempo registrando lo status quo per poter determinare il gap di partenza e il piano di riallineamento tra le varie realtà. Punti cruciali della riforma sono i costi standard ed il piano di riallineamento. Ove si pensasse ad una algebrica definizione dei costi standard senza definire il piano di riallineamento rischierebbe di far naufragare il virtuoso processo federalista. Evidenzia che il dogma della riforma consiste nell'abbandonare la spesa storica per affrontare la definizione puntuale degli standard sia sul piano qualitativo che quantitativo. Sostiene che occorre attuare un progetto federalista che sappia pianificare l'uscita del sistema dalle secche economiche ed istituzionali, con una rotta certa e ben definita, sicura. Due sono le questioni rilevanti che il Governo ha il compito di tradurre in atti conseguenti: la definizione degli standard e la individuazione del riparto finanziario. La definizione degli standard non può prescindere dalla fotografia reale del paese, prima di tutto sul piano infrastrutturale; se sussiste in una determinata area un gap infrastrutturale che incide sul sistema complessivo dell'economia e delle pubbliche amministrazioni appare evidente che tale elemento debba essere valutato e parametrato in virtù delle ripercussioni sulla spesa: per tale motivo va affiancato al costo standard delle prestazioni erogate il piano di riallineamento che va definito con obiettivi, tempi e risorse certe. Osserva che se vi fosse una parte del paese destinata a trainarne un'altra si finirebbe per rallentare tutto il processo: pertanto occorre un piano di riallineamento che costituisca la visione strategica del federalismo, protesa all'unità economica e sociale del Paese. La sfida del Governo, dunque, si fonda sugli obiettivi di medio e lungo termine; flessibilità e gradualità costituiscono allora il metodo fondante della riforma. Se due sono i capisaldi della spesa futura, il costo standard e il costo del piano di riallineamento, appare evidente che i due elementi sono destinati ad incidere temporalmente e virtuosamente sulle entrate; appare indispensabile costruire con attenzione e lungimiranza il disegno di perequazione. Rileva che non serve un federalismo solidale, ma un federalismo che disegni autonomia e nel contempo riequilibrio del paese: un riequilibrio al quale tutti devono poter concorrere non nell'interesse dell'area interessata ma in quello dell'intero Paese. Non si tratta di un riequilibrio limitato al solo aspetto finanziario, ma alla «governance»: si tratta di semplificare le procedure, di ridurre gli adempimenti, di tradurre le entrate in spese utili al sistema dei servizi e delle opportunità. L'articolazione fiscale deve essere chiara e non sovrapponibile sui diversi livelli istituzionali, individuata con parametri certi. Fatti salvi i parametri nazionali che dovranno concorrere alla garanzia del fondo perequativo necessario per la copertura dei costi standard delle prestazioni e per il piano di riallineamento dovrà essere attuata l'autonomia impositiva che consenta alle regioni e ai comuni di gestire con lungimiranza l'imposizione fiscale. Sottolinea che l'introduzione di un diverso

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sistema fiscale territoriale da introdurre e sostenere costituisce di per sé uno dei motori del federalismo fiscale ma va anche rilevato che l'Unione Europea tende ad omogeneizzare l'imposizione fiscale sull'intero territorio comunitario: questo aspetto merita la trattazione diretta dello Stato con l'Unione Europea, un confronto non episodico ma organico, per rendere compatibile ed omogeneo, seppur articolato territorialmente, l'approccio al federalismo. Afferma la necessità di un approccio complessivo di compatibilità europea del sistema federale perché vi è l'esigenza di far fronte alla giusta rivendicazione delle regioni a statuto ordinario tesa a meglio focalizzare le politiche fiscali con il fine di valorizzare peculiarità e specificità particolari. Sottolinea che vi sono ragioni profonde che ancor oggi caratterizzano le specialità di alcune regioni italiane, ma ve ne sono alcune che rivestono carattere strutturale e permanente che devono obbligatoriamente essere assunte dallo Stato e dall'Unione europea come prioritarie. Rileva che la questione insulare non può e non deve essere considerata alla pari delle altre perequazioni ma un fattore aggiuntivo, in quanto permanente e misurabile, e nel caso di alcune prestazioni standard ritiene evidente che si dovrà tener conto di un riconoscimento fiscale ed economico aggiuntivo e permanente conseguente proprio allo status insulare. Ritiene infine che la Commissione per le questioni regionali debba svolgere un ruolo incisivo nell'esame complessivo della riforma federale.

Il senatore Antonio FOSSON (UDC-SVP-Aut), nel ritenere necessario procedere in tempi brevi all'attuazione della riforma sul federalismo fiscale, pone l'attenzione sulle previsioni dell'articolo 20 del provvedimento, in cui si riconosce la salvaguardia degli statuti delle regioni speciali e che costituisce un utile base per un approfondimento del rapporto che intercorre tra regioni a statuto ordinario e regioni a statuto speciale. Considera un cardine della riforma il passaggio dalla spesa storica ai costi standard; evidenzia che tale profilo consentirebbe di rilevare che le spese sostenute dalle regioni a statuto speciale sono effettivamente connesse ai maggiori oneri cui l'amministrazione di tali regioni determina. Ritiene necessario che sia predisposto un sistema adeguato di verifiche dei parametri che verranno adottati nella definizione dei predetti costi standard. Sostiene che il passaggio al federalismo fiscale rappresenti un cambiamento radicale, anche di tipo culturale, ed esige pertanto un dibattito ed un esame particolarmente approfonditi in una sede istituzionale quale può essere la Commissione parlamentare per le questioni regionali in composizione integrata dai rappresentanti delle autonomie territoriali. Fa notare che il mutato quadro istituzionale comporterebbe l'esigenza che sia potenziato il ruolo delle amministrazioni regionali anche nella proiezione internazionale ed al riguardo rileva l'opportunità che la regione autonoma della Valle d'Aosta disponga di un proprio rappresentante presso l'Unione europea.

Davide CAPARINI, presidente e relatore, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia.
S. 1195 Governo, approvato dalla Camera.

(Parere alla 10a Commissione del Senato).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Il senatore Salvatore PISCITELLI (PdL), relatore, riferisce sul provvedimento in esame, approvato dalla Camera. In ordine agli specifici profili di competenza della Commissione, segnala che l'articolo 1 modifica l'articolo 6-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella legge 6 agosto 2008, n. 133: tale disposizione dettava un'unica disciplina per distretti produttivi e reti di imprese, mentre la norma in esame introduce una delega al

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Governo per la configurazione giuridica delle reti di impresa e riformula le disposizioni su distretti produttivi e reti di imprese. Osserva che il comma 1 dell'articolo 6-bis.1 richiama le finalità di promozione dello sviluppo dei distretti produttivi, come individuati con leggi regionali, attraverso azioni di rete che ne rafforzino le misure organizzative, l'integrazione per filiera, lo scambio e la diffusione delle migliori tecnologie, lo sviluppo di servizi di sostegno e forme di collaborazione tra realtà produttive anche appartenenti a regioni diverse. La norma richiama la previa intesa con la Conferenza Stato-regioni e la previa acquisizione dell'avviso delle regioni interessate ai fini dell'adozione del decreto ministeriale a cui l'articolo 1, comma 366, della legge n. 266 del 2005. Evidenzia che l'articolo 2 reca disposizioni in materia di riforma degli interventi di reindustrializzazione, agevolazioni a favore della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione e altre forme di incentivi, mentre l'articolo 3 contempla disposizioni in materia di riordino del sistema degli incentivi, agevolazioni a favore di ricerca, sviluppo e innovazione e altre forme di incentivi: il Governo, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, determina le priorità, le opere e gli investimenti strategici di interesse nazionale, compresi quelli relativi al fabbisogno energetico, da realizzare urgentemente per la crescita unitaria del sistema produttivo nazionale. Sottolinea che l'individuazione delle priorità, delle opere e degli investimenti strategici di interesse nazionale viene compiuta attraverso un piano, predisposto dal Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con i Ministri competenti e le regioni o province autonome interessate e previa intesa della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, inserito nel documento di programmazione economico-finanziaria e sottoposto all'approvazione del CIPE. Fa notare che il Governo è delegato ad adottare, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni per il riordino della disciplina della programmazione negoziata e degli incentivi per lo sviluppo del territorio, degli interventi di reindustrializzazione di aree di crisi, degli incentivi per la ricerca, sviluppo e innovazione; il comma 3 definisce il procedimento per l'emanazione dei decreti legislativi di attuazione della delega: i relativi schemi sono adottati sentita la Conferenza Stato-regioni. Si sofferma quindi sull'articolo 6, recante due deleghe al Governo volte, la prima, a prefigurare un generale riordino normativo, la seconda, a riordinare gli enti operanti nel settore dell'internazionalizzazione: tra i principi e criteri direttivi per l'attuazione della prima delega si segnala il coordinamento delle misure di competenza dello Stato con quelle delle regioni e degli altri soggetti operanti nel settore dell'internazionalizzazione. Evidenzia che l'articolo 12 demanda alle autorità dei settori dell'energia elettrica e del gas, nonché a quella delle comunicazioni, di predisporre le disposizioni regolamentari necessarie per la trasparenza delle offerte proposte dai gestori dei predetti servizi. Segnala che il terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione rimette alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni le materie «ordinamento della comunicazione» e «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». Illustra quindi l'articolo 14, che delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi di riassetto normativo recanti i criteri per la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione elettrica nucleare; i sistemi di stoccaggio dei rifiuti radioattivi e del materiale nucleare; la definizione delle misure compensative minime da corrispondere alle popolazioni interessate: i decreti legislativi sono adottati previa acquisizione del parere della Conferenza unificata. In ordine all'articolo 16, precisa che il comma 1 dispone che per lo svoglimento dei servizi specialistici in campo energetico le amministrazioni pubbliche possono rivolgersi al Gestore dei Servizi Elettrici Spa e alle sue controllate; il comma 8 prevede che il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il

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Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di intesa con la Conferenza unificata Stato-Regioni, predisponga un piano straordinario per l'efficienza ed il risparmio energetico e lo trasmetta alla Commissione europea; il comma 9 modifica i criteri di erogazione del Fondo per lo sviluppo delle isole minori, stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita l'Associazione nazionale comuni isole minori (ANCIM) e la Conferenza unificata; il comma 12 consente ai comuni di destinare aree appartenenti al proprio patrimonio disponibile alla realizzazione degli impianti per l'erogazione in «conto energia» e dei servizi di «scambio sul posto» dell'energia elettrica prodotta, da cedere a privati cittadini che intendono accedere agli incentivi in conto energia e sottoscrivere contratti di scambio energetico con il gestore della rete, allo scopo di promuovere l'utilizzo di fonti rinnovabili per la produzione di energia ed incentivare la costruzione di impianti fotovoltaici. Riferisce quindi sull'articolo 22, che prevede la possibilità per il Ministero della Difesa di utilizzare le infrastrutture militari ed i beni demaniali militari per l'istallazione di impianti energetici e dispone che per l'utilizzo dei siti militari possono essere stipulati accordi con imprese, sentita la regione interessata. Segnala che l'articolo 117 della Costituzione include il governo del territorio tra le materie di legislazione concorrente, spettando allo Stato di fissare i principi ed alle regioni quella di sviluppare la legislazione di dettaglio.
Formula quindi una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato).

Il deputato Mario PEPE (PD), in relazione alle previsioni sui distretti industriali, fa notare l'esigenza che siano precisate le procedure di concessione dei benefici ad opera del CIPE. Sottolinea l'esigenza di un maggiore approfondimento sul tema dell'energia nucleare, con particolare riferimento alla realizzazione dei rigassificatori e degli impianti di produzione di energia nucleare, per i quali ritiene indispensabile raggiungere un ampio consenso con le regioni interessate in ordine alla localizzazione dei relativi siti. Evidenzia quindi l'esigenza che si determini un ampio coinvolgimento delle amministrazioni regionali in ordine alla definizione dei nuovi accordi di programmazione, soprattutto in relazione al necessario coordinamento delle misure del Governo di sostegno all'industria con i piani di sviluppo regionale.

Davide CAPARINI, presidente e relatore, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.30.