CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 6 novembre 2008
90.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Giovedì 6 novembre 2008. - Presidenza del presidente Giuseppe PALUMBO.

La seduta comincia alle 13.30.

DL 158/08: Misure urgenti per contenere il disagio abitativo di particolari categorie sociali.
Nuovo testo C. 1813 Governo.

(Parere alla VIII Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione l'esame del provvedimento in oggetto.

Benedetto Francesco FUCCI (PdL), relatore, ricorda che la Commissione è chiamata ad esprimere alla VIII Commissione il parere di competenza sul disegno di legge di conversione del decreto legge n. 158 del 2008, nel testo risultante dagli emendamenti, volto a ridurre il disagio abitativo relativo a particolari categorie sociali di conduttori assoggettati a procedure esecutive di rilascio nei quattordici comuni capoluogo delle aree metropolitane e nei comuni ad alta tensione abitativa con esse confinanti.
A tal fine, l'articolo 1 sospende fino al 30 giugno 2009, la procedura esecutiva di sfratto limitatamente ai comuni individuati dal precedente decreto-legge 86 del 2005, e cioè i comuni capoluogo di quattordici aree metropolitane (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Palermo, Messina, Catania, Cagliari, Trieste) ed i comuni ad alta tensione abitativa con essi confinanti.
Ricorda che l'ultima sospensione - fino al 15 ottobre 2008 - dei provvedimenti di rilascio per finita locazione degli immobili adibiti ad uso abitativo era stata disposta dall'articolo 22-ter del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31. La sospensione riguardava le

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categorie sociali individuate dalla legge n. 9 del 2007, e gli immobili adibiti ad uso di abitazione situati nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni con essi confinanti con popolazione superiore a 10.000 abitanti ed nei comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE n. 87103 del 13 novembre 2003.
Segnala pertanto che l'ambito di applicazione del provvedimento in esame è circoscritto sotto il profilo territoriale, alle sole maggiori aree urbane del Paese, in quanto - secondo quanto emerge dalla relazione tecnica - la maggioranza degli sfratti sarebbe concentrata nelle città più grandi ed in quelle ad esse confinanti.
La relazione illustrativa motiva l'individuazione dell'ambito oggettivo con l'aggravamento, in tali comuni, della situazione abitativa delle famiglie a basso reddito, un numero crescente di sfratti e una ridotta offerta aggiuntiva di alloggi pubblici, dovuta ad una serie di fattori tra cui la dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, l'elevata percentuale di immobili non occupati e, da ultimo, anche i processi migratori.
Per quanto riguarda l'ambito soggettivo di applicazione, profilo questo che investe direttamente la competenza della XII Commissione, si fa presente che il blocco delle procedure esecutive di sfratto riguarda i conduttori in condizioni di particolare disagio, come individuati dall'articolo 1, comma 1, della legge 8 febbraio 2007, n. 9, e cioè coloro per i quali sussistono le seguenti condizioni: un reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27.000 euro, essere o avere nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, purché non in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza o avere, nel proprio nucleo familiare, figli fiscalmente a carico.
Nello stesso articolo 1 del decreto legge in esame, si precisa che la finalità del provvedimento di sospensione è quella di ridurre il disagio abitativo per tali categorie disagiate in attesa della realizzazione degli interventi previsti dal Piano nazionale di edilizia abitativa (cosiddetto Piano Casa) introdotto con l'articolo 11 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che dovrà favorire l'accesso ad una abitazione in locazione o in proprietà anche per le suddette categorie sociali.
La Commissione VIII, nel corso dell'esame in sede referente, ha aggiunto due commi, uno in materia di bandi per la concessione dei contributi integrativi e l'altro che prevede che la sospensione delle procedure di sfratto regolata dal presente provvedimento non comprende i provvedimenti esecutivi disposti a seguito di disdetta del contratto da parte del locatore ai sensi della normativa vigente.
L'articolo 1 prosegue disponendo che fino alla scadenza del termine del 30 giugno 2009 continueranno a trovare applicazione le disposizioni previste dall'articolo 1, commi 2, 4, 5 e 6, nonché i benefici fiscali dell'articolo 2 della stessa legge n. 9 del 2007.
In particolare i citati commi dell'articolo 1 della legge n. 9/2007 prevedono:
l'autocertificazione da parte dei conduttori della sussistenza dei requisiti soggettivi richiesti (comma 2);
la corresponsione al locatore della maggiorazione del canone del 20 per cento prevista dall'articolo 6, comma 6, della legge n. 431 del 1998 (comma 4);
la decadenza dal beneficio della sospensione dell'esecuzione per morosità del conduttore (comma 5).

Infine il comma 6 dell'articolo 1 dispone che la sospensione non operi in danno del locatore che dimostri di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima oppure nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell'abitazione.
L'articolo 1, infine, reca la copertura finanziaria del provvedimento, disponendo

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che alle minori entrate derivanti dall'attuazione dell'articolo in esame e che vengono stimate in 2,29 milioni di euro per l'anno 2009 e in 4,54 milioni di euro per l'anno 2010, si provveda mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica.
L'articolo 1-bis, aggiunto nel corso dell'esame in sede referente, prevede che le regioni accertino l'effettivo possesso dei titoli preferenziali per l'accesso agli alloggi per l'edilizia residenziale pubblica.
L'articolo 2 reca le consuete norme relative all'entrata in vigore.
In conclusione, sottolinea un altro aspetto del provvedimento con forti risvolti sociali. Come ricordato, infatti, la proroga degli sfratti è funzionale all'avvio del cosiddetto Piano Casa, previsto dalla «manovra estiva».
Il Piano Casa ha i seguenti scopi: costituzione di fondi immobiliari destinati alla valorizzazione e all'incremento dell'offerta abitativa; incremento del patrimonio abitativo di edilizia con le risorse anche derivanti dall'alienazione di alloggi di edilizia pubblica in favore degli occupanti muniti di titolo legittimo; promozione da parte di privati di interventi anche ai sensi della parte II, titolo III, Capo III del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; agevolazioni, anche amministrative, in favore di cooperative edilizie costituite tra i soggetti destinatari degli interventi; realizzazione di programmi integrati di promozione di edilizia residenziale anche sociale.
Inoltre il Piano Casa si rivolge - oltre che ai conduttori in condizioni di particolare disagio, di cui alla legge n. 9 del 2007 che sono poi i diretti destinatari del decreto-legge in esame - anche a numerose categorie socialmente disagiate, come i nuclei familiari a basso reddito, anche monoparentali o monoreddito, le giovani coppie a basso reddito, gli anziani in condizioni sociali o economiche svantaggiate, gli studenti fuori sede, i soggetti sottoposti a procedure esecutive di rilascio e gli immigrati regolari a basso reddito, residenti da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella medesima regione.
Quello del disagio abitativo è un tema di particolare drammaticità che finora era stato affrontato, in sostanza, con una serie di proroghe omnicomprensive succedutesi negli anni che non hanno fatto altro che incancrenire la situazione. Oggi ci troviamo invece di fronte a un nuovo quadro suscettibile di un'evoluzione sul piano sociale perché la «manovra estiva» - come ricordato prima - prevede il cosiddetto Piano Casa, che è uno strumento importante, ma anche di complessa realizzazione.
Per queste ragioni, si riserva di presentare una proposta parere favorevole, da integrare con gli eventuali suggerimenti da rivolgere alla VIII Commissione che dovessero emergere nel corso del dibattito in Commissione.

Giuseppe PALUMBO, presidente, ricorda che la Commissione deve esprimere il parere di competenza nella seduta odierna, in quanto la Commissione ambiente dovrà concludere l'esame in sede referente con la votazione del mandato al relatore entro la medesima giornata di oggi.

Benedetto Francesco FUCCI (PdL), relatore, nessuno chiedendo di intervenire, formula una proposta di parere favorevole.

La Commissione approva la proposta di parere favorevole del relatore.

La seduta termina alle 13.50.

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SEDE REFERENTE

Giovedì 6 novembre 2008. - Presidenza del presidente Giuseppe PALUMBO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali Eugenia Roccella e Ferruccio Fazio.

La seduta comincia alle 13.50.

Disposizioni per garantire l'accesso alle terapie del dolore e alle cure palliative.
C. 624 Binetti, C. 1141 Livia Turco e C. 635 Polledri e Rivolta.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo, rinviato, da ultimo, nella seduta del 29 ottobre 2008.

Domenico DI VIRGILIO (PdL) ricorda di aver presentato, insieme ad altri colleghi, il progetto di legge C. 1830, recante «Disposizioni in favore dei pazienti affetti da dolore persistente o da dolore cronico a seguito di patologia neoplastica o degenerativa cronica e per la realizzazione di una rete di cure palliative». Ne chiede pertanto l'abbinamento ai provvedimenti in titolo, quando sarà assegnato all'esame della Commissione.

Paola BINETTI (PD) ricorda che si è appena concluso a Taormina il XV Congresso nazionale della società italiana di cure palliative e che dalla prossima settimana si terrà a Roma una conferenza internazionale sulle cure palliative promossa dall'associazione Antea. Riterrebbe utile, per l'approfondimento delle questioni in esame, acquisire gli atti di entrambe le iniziative che possono rappresentare un importante contributo scientifico per i lavori della Commissione. Propone altresì l'audizione del sottosegretario Roccella che ha preannunciato la presentazione di un disegno di legge sulle cure palliative entro la fine dell'anno.

Giuseppe PALUMBO, presidente, fa presente di avere inviato una lettera, a nome dei componenti della XII Commissione, per rappresentare al presidente della Società italiana di cure palliative (SICP), Giovanni Zaninetta, il disappunto della Commissione per non essere stata informata né invitata a partecipare al congresso di Taormina. Aggiunge che il presidente Zaninetta ha tempestivamente risposto che un difetto di comunicazione ha impedito la presenza di una delegazione parlamentare al congresso, manifestando la massima disponibilità ad ogni collaborazione che sia ritenuta utile all'approfondimento dei provvedimenti in materia di cure palliative e terapia del dolore in corso di esame presso la Commissione.

Umberto SCAPAGNINI (PdL), relatore, esprime apprezzamento per la lettera inviata dal presidente al professor Zaninetta, auspicando una tempestiva audizione della Società italiana di cure palliative.

Livia TURCO (PD), intervenendo nel merito, osserva che le proposte di legge in esame hanno un impianto convergente. Con riferimento alla propria proposta di legge C. 1141, sottolinea in particolare l'importanza dell'articolo 3 recante disposizioni in materia di farmaci per il trattamento del dolore severo e in materia di semplificazione nella tenuta dei registri degli stupefacenti. Rileva che in Italia vi sono ogni anno circa 250 mila malati in fase terminale, 160 mila dei quali affetti da patologie oncologiche; tuttavia, calcolando le fasi terminali conseguenti ad altre malattie e le cronicità che richiedono interventi lenitivi del dolore, le persone interessate a questo tipo di trattamenti superano il milione. Ricorda altresì che l'Italia si colloca agli ultimi posti per la prescrizione dei farmaci contro il dolore tra i paesi industrializzati: quasi la metà dei pazienti con dolore riceve un trattamento analgesico insufficiente o inadeguato, sebbene il dolore possa essere controllato efficacemente, spesso con farmaci di costo non elevato e senza utilizzare vie invasive in oltre il 70 per cento dei casi.

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Ritiene opportuno approfondire le disposizioni relative alla semplificazione delle procedure per la prescrizione dei farmaci antidolore prevedendo la possibilità di consegna a domicilio. Sarebbe opportuno inoltre consentire l'aggiornamento delle tabelle tenendo conto dell'evidenza scientifica, senza dover ricorrere di volta in volta allo strumento legislativo.
Esprime, infine, rammarico per le dichiarazioni rese dal deputato Polledri nella seduta del 29 ottobre scorso secondo cui, nella precedente legislatura, furono trascurate le problematiche inerenti alle cure palliative e alla terapia del dolore rispetto a temi quali il testamento biologico. Ciò, peraltro, non corrisponde al vero in quanto il precedente Governo ha adottato il decreto 22 febbraio 2007, n. 43, per la definizione degli standard delle strutture tipo hospice; ha elaborato le linee guida per le cure palliative pediatriche; ha previsto un incremento delle risorse per gli hospic e per le persone in stato vegetativo permanente ed ha presentato, infine, un provvedimento volto alla semplificazione delle prescrizioni dei farmaci antidolore, che non è stato possibile approvare per la fine anticipata della legislatura.

Domenico DI VIRGILIO (PdL) lamenta la carenza di informazione diffusa nel Paese in merito alle materie oggetto dei provvedimenti in esame. Riterrebbe pertanto opportuno che la Commissione ponesse all'attenzione dei media il dibattito in corso sui provvedimenti in titolo. Per quanto riguarda la prescrizione di terapie antidolorifiche non ci si dovrebbe soffermare solo sui malati terminali, in quanto vi sono numerosi pazienti soggetti a fasi prolungate di dolore per i quali è necessario individuare terapie analgesiche efficaci. Pur riconoscendo infine la validità del decreto ministeriale n. 43 del 2007, ritiene che sia necessario procedere rapidamente, ma non frettolosamente, ad una ulteriore semplificazione dell'accesso alle terapie del dolore e alle cure palliative.

Alessandra MUSSOLINI (PdL) osserva che l'accesso alle terapie del dolore interessa un elevato numero di pazienti non necessariamente oncologici. Rileva che molte donne, a seguito di un parto cesareo, non sono sottoposte ad adeguate terapie antidolorifiche postoperatorie. Sottolinea altresì che è necessario distinguere tra l'assunzione di principi attivi e terapia del dolore. Giudica inopportuna, in questa fase di esame, la proposta del deputato Di Virgilio di un maggiore coinvolgimento dei media, ritenendo preferibile acquisire documentazione scientifica e procedere ad audizioni al fine di elaborare un buon testo volto a garantire l'accesso alle cure palliative e alle terapie del dolore e scevro da impostazioni ideologiche.

Vittoria D'INCECCO (PD) raccomanda lo svolgimento di specifici corsi di formazione per medici e specializzandi, posto che l'obiettivo è la limitazione dell'uso di farmaci oppiacei, a meno che non si tratti di stati di dolore acuto, a favore di antinfiammatori non steroidei.

Giuseppe PALUMBO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e altre disposizioni in materia di governo delle attività cliniche.
C. 799 Angela Napoli e C. 1552 Di Virgilio e Palumbo.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Domenico DI VIRGILIO (PdL), relatore, osserva che con l'espressione «governo delle attività cliniche» si intende più comunemente un programma di gestione e di miglioramento della qualità e dell'efficienza di un'attività medica, generalmente operata a livello di dipartimento di un'azienda sanitaria locale od ospedaliera. Le proposte di legge A.C. 799 e A.C. 1552, sono dirette a stabilire alcuni principi in materia di governo

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delle attività cliniche, dettando, tra l'altro, alcune modifiche al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421). Vengono pertanto introdotti alcuni principi fondamentali in materia di Servizio Sanitario Nazionale, volti a migliorare la funzionalità delle aziende sanitarie attraverso un potenziamento del ruolo del medico nelle scelte strategiche e gestionali delle Aziende sanitarie regionali nonché attraverso la previsione di una maggiore trasparenza ed equità nel sistema di valutazione e selezione delle risorse umane. Infatti, la tutela della salute e le professioni rientrano tra le materie riconducibili alla competenza legislativa concorrente, di cui all'articolo 117, comma 3, della Costituzione, nelle quali è compito dello Stato dettare i principi fondamentali mentre spetta alle regioni l'adozione della normativa di dettaglio.
La proposta di legge A.C. 1552 (Di Virgilio, Palumbo), nei suoi 8 articoli, è diretta ad introdurre principi fondamentali e disposizioni in tema di governo delle attività cliniche, espressione con la quale, come evidenziato nella relazione illustrativa, si fa riferimento ad un programma di gestione e di miglioramento della qualità e dell'efficienza, generalmente operata a livello di dipartimento di un azienda sanitaria locale od ospedaliera. Nella citata relazione viene anche sottolineato che il conferimento del governo clinico al collegio di direzione dell'azienda sanitaria, locale od ospedaliera, presenta il vantaggio di riportare la decisione in capo ai medici, riducendo l'atteggiamento economicistico oggi lamentato in sanità e determinato dalla circostanza che il potere decisionale viene affidato soltanto agli amministratori.
L'articolo 1, ricognitivo dei principi fondamentali in materia di governo delle attività cliniche, prevede, al comma 1, che il governo citato sia assicurato dalle regioni mediante i servizi delle competenti aziende sanitarie locali od ospedaliere, conformemente ai principi stabiliti dal comma 2 dell'articolo in esame nonché a quelli individuati ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) e successive modificazioni (confronta supra, articolo 1 della pdl A.C. 799).
Il comma 2, dopo aver definito il governo delle attività cliniche come programmazione, organizzazione, sviluppo e valutazione delle attività tecnico-sanitarie stabilisce che esso sia assicurato mediante il diretto coinvolgimento del collegio di direzione dell'azienda, di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal successivo articolo 2 della proposta in esame. Vengono quindi individuati i compiti del collegio di direzione, al quale spetta di promuovere lo sviluppo della funzione di governo delle attività cliniche ed adottare, di conseguenza, programmi di miglioramento continuo della qualità e dell'efficienza delle prestazioni allo scopo di realizzare il coordinamento delle attività e responsabilità attribuite ai direttori di dipartimento; in relazione a questi aspetti spetta ad esso l'espressione di pareri di natura obbligatoria al direttore generale - la formulazione di questo comma è analoga a quella di cui alla lettera a) del comma 1 della pdl A.C. 799.
L'articolo 2 introduce alcune modifiche agli articoli 3 e 17 del citato decreto legislativo n. 502/1992, concernenti, rispettivamente, l'organizzazione delle unità sanitarie locali e il collegio di direzione.
Più in particolare, il comma 1, alla lettera a), attraverso una modifica al primo periodo del comma 1-quater del citato articolo 3, inserisce il collegio di direzione tra gli organi dell'azienda (confronta supra, articolo 2 della pdl A.C. 799).
Inoltre, attraverso una limitata modifica della formulazione del quinto periodo del medesimo comma 1-quater viene stabilito che il direttore generale si avvale del collegio di direzione per le attività indicate dall'articolo 17, come modificato dai successivi commi 2 e 3 dell'articolo in esame.
Come già ricordato, i commi 2 e 3 modificano l'articolo 17 del decreto legislativo

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n. 502 del 1992, disciplinante il collegio di direzione. Più in particolare, il comma 2, inserendo un periodo al comma 1 del citato articolo 17, attribuisce al collegio di direzione la competenza ad esprimere al direttore generale un parere obbligatorio sugli atti riguardanti le materie ad esso spettanti, con conseguente obbligo del direttore generale di motivare le decisioni adottate in contrasto con il citato parere.
Il comma 3 sostituisce il comma 2 dell'articolo 17, attribuendo alla regione il compito di formulare atti di indirizzo sul funzionamento e sull'attività del Collegio di direzione. Viene poi stabilito che al direttore sanitario spetti la presidenza del Collegio, e che quest'ultimo abbia una componente di diritto, (costituita dal direttore amministrativo, dal direttore di presidio e da tutti i direttori di dipartimento), e una componente elettiva (costituita da tre direttori di unità operativa complessa che non siano anche direttori di dipartimento e da due dirigenti di primo livello, da un rappresentante del settore infermieristico, uno del settore tecnico-sanitario e uno dei medici convenzionati), prevedendo anche che i componenti elettivi siano designati dalle rispettive assemblee appositamente convocate.
Va ricordato che, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 502/1992,in ogni azienda è costituito il Collegio di direzione, di cui il direttore generale si avvale per il governo delle attività cliniche, la programmazione e valutazione delle attività tecnico-sanitarie e di quelle ad alta integrazione sanitaria, nonché per l'elaborazione del programma di attività dell'azienda, l'organizzazione dei servizi, anche in attuazione del modello dipartimentale, e dell'utilizzazione delle risorse umane e lo sviluppo dei servizi.
Il Collegio di direzione concorre alla formulazione dei programmi di formazione, delle soluzioni organizzative per l'attuazione dell'attività libero-professionale intra-muraria e alla valutazione dei risultati conseguiti rispetto agli obbiettivi clinici.
Viene rimessa alla Regione la disciplina dell'attività e della composizione del Collegio di direzione, ferma restando la previsione della partecipazione del direttore sanitario ed amministrativo, di direttori di distretto, di dipartimento e di presidio. Viene inoltre previsto che fino all'entrata in vigore della disciplina regionale sull'attività e la composizione del Collegio di direzione esso opera nella composizione e secondo le modalità stabilite da ciascuna azienda sanitaria (fermo restando la presenza dei membri di diritto).
L'articolo 3, sostituendo il comma 2 dell'articolo 15-ter del decreto legislativo n. 502/1992, introduce una nuova disciplina per l'attribuzione dell'incarico di direzione di struttura complessa.
Va ricordato che i dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa esercitano, oltre alle funzioni inerenti alle loro specifiche competenze professionali, anche le funzioni di direzione e organizzazione della struttura (articolo 15 dlgs n. 502/1992). Hanno facoltà di emanare direttive a tutto il personale, di adottare ogni provvedimento necessario per il corretto espletamento del servizio, compresi gli interventi con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative.
Ai sensi del citato comma 2 dell'articolo 15-ter, l'attribuzione dell'incarico è effettuata dal Direttore generale, previo avviso da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, avvalendosi di una rosa di candidati selezionati da un'apposita commissione, nominata dal Direttore generale e presieduta dal direttore del Dipartimento. L'incarico dura da cinque a sette anni, con facoltà di rinnovo per lo stesso periodo o per un periodo più breve. Il dirigente è responsabile dell'efficace ed efficiente gestione delle risorse attribuite. A questo scopo i risultati della sua attività sono sottoposti a verifica annuale ad opera del nucleo di valutazione, nonché a verifica finale al termine dell'incarico ad opera di un collegio tecnico nominato dal direttore generale e presieduto dal direttore del dipartimento.
L'accesso agli incarichi di direzione di struttura complessa, fatta salva la specifica

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disciplina di cui al citato comma 2 dell'articolo 15-ter, è regolato dalle norme del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484 (Regolamento recante la determinazione dei requisiti per l'accesso alla direzione sanitaria aziendale e dei requisiti e dei criteri per l'accesso al secondo livello dirigenziale per il personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale), e dall'articolo 28, comma 1, del D.Lgs. n. 29/1993 che, per l'accesso al ruolo di dirigente, richiede il superamento di un concorso per esami.
Ai sensi del nuovo comma 2 dell'articolo 15-ter, l'attribuzione dell'incarico di direzione di struttura complessa viene effettuata dal direttore generale esclusivamente previo avviso da pubblicare in Gazzetta Ufficiale. A tale scopo il direttore generale nomina una commissione di cui è specificamente disciplinata la composizione (direttore sanitario e due dirigenti di struttura complessa della disciplina cui si riferisce l'incarico, individuati attraverso pubblico sorteggio tra una platea di dirigenti espressamente definita), presieduta dal dirigente più anziano di ruolo. La commissione formula un giudizio motivato su ciascun candidato, tenendo conto dei titoli scientifici e professionali e dei crediti formativi acquisiti nel triennio precedente al bando e presenta al direttore generale una terna dei migliori candidati (composta dal vincitore e da due idonei) con l'indicazione dei punteggi conseguiti da ciascuno. Il direttore generale assegna poi l'incarico sulla base della graduatoria formata dalla commissione, che rimane valida per un anno. Nelle commissioni delle aziende ospedaliere integrate con l'università uno dei componenti è scelto, mediante pubblico sorteggio, tra i professori universitari ordinari della disciplina operanti nelle università presenti nella regione. Viene confermata la durata degli incarichi da cinque a sette anni con facoltà di rinnovo per lo stesso periodo o per un periodo più breve.
L'articolo 4, sostituendo il comma 1 dell'articolo 15 (Disciplina della dirigenza medica e delle professioni sanitarie) del Dlgs n. 502/1992, e inserendo un nuovo comma 1-bis, prevede alcune modifiche sull'articolazione della dirigenza sanitaria.
La disciplina della dirigenza del ruolo sanitario è stata radicalmente trasformata dal D.Lgs 19.6.1999, n. 229 (Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della L. 30 novembre 1998, n. 419), che ha sostituito l'articolazione in due livelli prevista dalla originaria formulazione dell'articolo 15 del D.Lgs. n. 502/1992. Scompaiono, perciò, il 1o livello (ex assistenti e aiuti) con funzioni di supporto, di collaborazione e di corresponsabilità, ed il 2o livello (ex primari) con funzioni di direzione e organizzazione della struttura. La nuova disciplina dell'articolo 15 prevede che la dirigenza sanitaria sia collocata in un unico ruolo, distinto per profili professionali, ed in un unico livello, articolato in relazione alle diverse responsabilità professionali e gestionali. In sede di contrattazione collettiva nazionale sono previsti criteri generali per la graduazione delle funzioni dirigenziali, nonché per l'assegnazione, valutazione e verifica degli incarichi dirigenziali e per l'attribuzione del relativo trattamento economico.
Sostanzialmente le modifiche introdotte al comma 1 dell'articolo 15 reintroducono l'articolazione in due livelli della dirigenza sanitaria, in relazione alla diverse responsabilità professionali e gestionali. Inoltre, il nuovo comma 1-bis stabilisce che al primo livello siano inquadrati i direttori di struttura complessa (cfr. supra) ed al secondo livello siano inquadrati gli altri dirigenti sanitari.
Alla dirigenza sanitaria si applicano le disposizioni del D.Lgs. n. 29/1993 - confluito nel T.U. pubblico impiego, D.Lgs. n. 165/2001 - che ha operato la privatizzazione del pubblico impiego. Il dirigente sanitario di prima assunzione svolge funzioni di collaborazione e corresponsabilità nella gestione dei programmi di attività assegnatigli dal dirigente responsabile di struttura, con autonomia tecnico-professionale (articolo 15, commi 3 e 4). L'incarico è attribuito dal direttore generale compatibilmente con le risorse finanziarie e nei limiti del numero degli incarichi

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disponibili, con durata non inferiore a tre anni e non superiore a sette con facoltà di rinnovo. Il dirigente è responsabile del risultato programmato, anche se per raggiungerlo è necessario un impegno orario superiore a quello contrattualmente definito. È sottoposto a verifica triennale con riferimento alle attività professionali svolte, ai risultati raggiunti e alla partecipazione, con esito positivo, ai programmi di formazione continua. L'esito positivo delle verifiche costituisce condizione per la conferma dell'incarico o per il conferimento di altro incarico professionale o gestionale, anche di maggior rilievo.
L'articolo 5 sviluppa il sistema di gestione del rischio e a tale fine prevede l'istituzione:
presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali di un Osservatorio del contenzioso e dell'errore medico, la cui composizione è demandata ad un decreto ministeriale (comma 1);
presso ogni azienda sanitaria, da parte di ogni regione e provincia autonoma, di un'unità di rischio multidisciplinare, - coordinata da un medico legale o igienista - con il compito di fornire pareri vincolanti al direttore generale in merito alla definizione delle regole aziendali per migliorare la qualità delle prestazioni sanitarie (comma 2); le finalità avute di mira sono quelle di garantire la sicurezza dei sistemi assistenziali, creare un rapporto corretto e sereno tra medico e paziente, tutelare la sicurezza di quest'ultimo e, in generale, migliorare l'efficacia ed efficienza del servizio sanitario e contenere i costi legati al rischio clinico;
del Fondo assicurativo nazionale per la copertura finanziaria dei cosiddetti rischi sanitari impossibili, aggiornati ogni ventiquattro mesi dall'Osservatorio di cui al comma 1 in un apposito registro (comma 3).

Va ricordato inoltre che nell'ambito della gestione del rischio clinico, l'allora Ministero della salute ha promosso diverse iniziative, tra le quali si segnalano:
l'istituzione del Centro di riferimento nazionale sulla sicurezza dei pazienti,
le attività di monitoraggio e analisi degli eventi avversi;
l'adozione di raccomandazioni finalizzate ad accrescere la consapevolezza del potenziale pericolo di alcuni eventi e ad indicare le azioni da intraprendere per ridurre gli errori;
il coinvolgimento dei cittadini, pazienti ed utenti volto alla realizzazione di un sistema integrato per la gestione del rischio clinico;
l'approfondimento degli aspetti medico-legali ed assicurativi.

Il Sistema nazionale di riferimento per la sicurezza dei pazienti, istituito con decreto del Ministro della salute in via sperimentale per un periodo di due anni, costituisce il canale attraverso il quale gli operatori sanitari possono ottenere le informazioni relative ai diversi aspetti legati alla sicurezza dei pazienti e ad eventi evitabili di rilevanza strategica o emergenti. Tale struttura, che garantisce anche l'attività di Osservatorio per la sicurezza dei pazienti, opera, sulla base di programmi annuali approvati dal Ministro della salute, attraverso un Comitato di indirizzo paritetico e un Comitato operativo.
Il monitoraggio degli eventi avversi (cd. eventi sentinella), già attuato negli Stati uniti, Australia ed Inghilterra, concerne gli eventi di particolare gravità, indicativi di un serio malfunzionamento del sistema, che causano morte o gravi danni al paziente e che determinano una perdita di fiducia dei cittadini nei confronti del servizio sanitario. Il Ministero della Salute ha elaborato, con il supporto tecnico del Gruppo di lavoro per la valutazione degli approcci metodologici in tema di rischio clinico, in via sperimentale, un protocollo per il monitoraggio, con l'obiettivo di fornire alle regioni e alle aziende sanitarie una modalità univoca di sorveglianza e gestione degli «eventi sentinella» sul territorio nazionale.

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Le Raccomandazioni agli operatori sono dirette alla realizzazione di un sistema di allerta per le condizioni cliniche ad elevato rischio di errore, con l'obiettivo di mettere in guardia gli operatori sanitari riguardo alcune procedure potenzialmente pericolose, fornire strumenti efficaci per ridurre i rischi, promuovere l'assunzione di responsabilità da parte degli operatori.
Importante nell'ambito della riduzione dei rischi, è il coinvolgimento degli utenti (stakeholders), ossia dei portatori di interesse per la promozione della sicurezza, che riguarda i pazienti, i familiari, le organizzazioni di rappresentanza dei cittadini, le associazioni di volontariato, gli enti locali, il personale e i dirigenti delle aziende sanitarie, i sindacati e le assicurazioni.
L'articolo 6 prescrive l'assicurazione obbligatoria delle strutture sanitarie ospedaliere pubbliche e private per la responsabilità civile nei confronti degli assistiti. Infatti, la stipula dell'assicurazione viene configurata quale condizione per l'esercizio dell'attività (comma 1). Vengono poi definite alcune caratteristiche necessarie del contratto. In particolare viene stabilito che i massimali previsti debbano esser idonei a garantire la copertura assicurativa della responsabilità civile di tutti gli operatori sanitari e di tutte le prestazioni sanitarie erogate, anche quelle relative all'attività libero-professionale intramuraria, e che la polizza non debba prevedere in nessun caso il diritto di rivalsa nei confronti degli operatori sanitari dipendenti (comma 2). È concessa altresì la facoltà di stipulare contratti assicurativi integrativi, per la tutela di determinati rischi (comma 3).
L'articolo 7 dispone in merito al limite di età per il collocamento a riposo - o per la cessazione dalle ordinarie attività assistenziali - dei dirigenti medici e sanitari e dei professori universitari di ruolo.
In particolare il comma 1, riproducendo sostanzialmente il comma 1 dell'articolo 15-nonies del decreto legislativo n. 502/1992, dispone che il sessantacinquesimo anno di età è il limite massimo di età per il collocamento a riposo dei dirigenti medici e sanitari del Servizio sanitario nazionale, compresi i direttori di struttura complessa, fatta salva la previsione (cfr. supra, articolo 4 della pdl A.C. 1552) di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni.
Viene tuttavia introdotta la facoltà del dirigente di permanere, a domanda, in servizio fino al compimento del settantesimo anno di età. Il Collegio di direzione dell'azienda può disporre a tali fini un preventivo esame di idoneità con riferimento alla specifica funzione svolta (comma 1). I professori universitari di ruolo cessano dalle ordinarie attività assistenziali con il collocamento a riposo o fuori ruolo, fatto salvo quanto previsto dalla legge 4 novembre 2005, n. 230.
L'articolo 1, comma 17, della legge n. 230/2005 prevede che per i professori ordinari e associati nominati secondo le disposizioni previste il limite massimo di età per il collocamento a riposo è determinato al termine dell'anno accademico nel quale si è compiuto il settantesimo anno di età, ivi compreso il biennio di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni, ed è abolito il collocamento fuori ruolo per limiti di età. Il comma 18 prevede altresì che i professori di materie cliniche in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge mantengono le proprie funzioni assistenziali e primariali, inscindibili da quelle di insegnamento e ricerca e ad esse complementari, fino al termine dell'anno accademico nel quale si è compiuto il settantesimo anno di età, ferma restando l'applicazione dell'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni.
Nel periodo in cui sono collocati fuori ruolo i professori universitari possono svolgere a richiesta attività clinica quali consulenti a titolo gratuito (comma 2).
Va ricordato che attualmente l'articolo 15-nonies del decreto legislativo n. 502 del 1992 dispone che il limite massimo di età per il collocamento a riposo dei dirigenti medici del Servizio sanitario nazionale, ivi compresi i responsabili di struttura complessa,

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è stabilito al compimento del sessantacinquesimo anno di età, fatta salva l'applicazione dell'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503.
Il personale medico universitario, cessa dallo svolgimento delle ordinarie attività assistenziali, nonché dalla direzione delle strutture assistenziali, al raggiungimento del limite massimo di età di sessantasette anni. Le disposizioni di cui sopra si applicano anche nei confronti del personale a rapporto convenzionale (medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta).
Ricorda che la Corte costituzionale, con sentenza 7-16 marzo 2001, n. 71, ha dichiarato l'illegittimità delle disposizioni di cui sopra nella parte in cui è prevista la cessazione del personale medico universitario di cui all'articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, dallo svolgimento delle ordinarie attività assistenziali, nonché dalla, direzione delle strutture assistenziali, al raggiungimento dei limiti massimi di età ivi indicati, in assenza della stipula dei protocolli d'intesa tra università e regioni previsti dalla stessa norma ai fini della disciplina delle modalità e dei limiti per l'utilizzazione del suddetto personale universitario per specifiche attività assistenziali strettamente connesse all'attività didattica e di ricerca.
L'articolo 8 reca la copertura finanziaria del provvedimento stabilendo che l'onere da esso derivante è pari a 30 milioni di euro annui a decorrere dal 2008 e che ad esso si provveda mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del fondo speciale diparte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della solidarietà sociale.
Si riserva di integrare la relazione in una prossima seduta al fine di soffermarsi più approfonditamente sulla proposta di legge C. 799.

Livia TURCO (PD) fa presente che risulta assegnata alla Commissione la proposta di legge C. 977, di cui è prima firmataria, vertente in parte nella medesima materia. Chiede pertanto che ne venga disposto l'abbinamento ai provvedimenti all'ordine del giorno.

Giuseppe PALUMBO, presidente, osserva che la complessa proposta di legge presentata dall'onorevole Livia Turco investe una materia molto più ampia di quella trattata dai due progetti in esame e che pertanto potrebbe essere oggetto di una proposta di stralcio all'Assemblea, così da separare la parte vertente sulla materia del governo delle attività cliniche, da abbinare alle proposte C. 799 e 1552, dalla parte concernente materia diversa.

Paola BINETTI (PD) ritiene che i progetti di legge in esame possano rappresentare una risposta positiva e propositiva alle questioni che verranno affrontate dalla costituenda Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali.

Luisa BOSSA (PD) ritiene che il relatore avrebbe dovuto illustrare anche l'altra proposta all'ordine del giorno e lo invita ad una compiuta illustrazione della proposta di legge C. 977 d'iniziativa dell'onorevole Livia Turco allorquando la stessa verrà abbinata.

Domenico DI VIRGILIO (PdL), relatore, intervenendo sull'ordine dei lavori, assicura che non appena altre proposte di legge dovessero essere abbinate sarà sua cura provvedere prontamente all'integrazione della sua relazione illustrativa.

Livia TURCO (PD), intervenendo per una precisazione di carattere generale, intende far rilevare alla presidenza che i gruppi di opposizione, in una logica di collaborazione su temi di grande importanza per il settore sanitario, potrebbero essere maggiormente coinvolti nell'esame

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di proposte di legge, eventualmente anche in qualità di relatori.

Domenico DI VIRGILIO (PdL), relatore, si augura che l'intervento della collega Turco non abbia voluto mettere in discussione la sua nomina a relatore sui provvedimenti in esame.

Lucio BARANI (PdL), intervenendo sull'ordine dei lavori, auspica che il sottosegretario Fazio fornisca quanto prima informazioni sulle iniziative legislative in materia di intramoenia che, come si apprende da notizie di stampa, il Governo intenderebbe adottare.

Giuseppe PALUMBO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.45.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

ATTI COMUNITARI

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera.
COM (2008) 414 def.