CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 8 luglio 2008
29.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per il regolamento
COMUNICATO
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Martedì 8 luglio 2008. - Presidenza del Presidente Gianfranco FINI.

La seduta comincia alle 13.10.

Comunicazioni del Presidente.

Gianfranco FINI, Presidente, ricorda che nella riunione del 7 luglio della Conferenza dei Capigruppo è stata avanzata la richiesta di convocazione della Giunta in ordine alla possibilità di escludere il contingentamento, nell'ambito del primo calendario d'iscrizione, per il disegno di legge n. 1442, recante disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato, ai sensi dell'articolo 24, comma 12, del Regolamento. A norma di tale articolo l'esclusione del contingentamento per i progetti di legge ordinaria (nell'ambito del primo calendario d'iscrizione e salva verifica dell'unanimità dei consensi dei Capigruppo) può discendere dalla verifica della sussistenza di due soli presupposti:
che il progetto di legge verta prevalentemente su una delle materie indicate al comma 1 dell'articolo 49 e dunque il voto finale possa essere effettuato, se richiesto, mediante scrutinio segreto (articolo 24, comma 12, prima parte);
oppure che l'esclusione sia disposta dal Presidente della Camera su richiesta di un Gruppo per progetti di legge riguardanti questioni di eccezionale rilevanza politica, sociale o economica riferite ai diritti previsti dalla prima parte della Costituzione (articolo 24, comma 12, seconda parte).

Poiché dunque il Regolamento collega direttamente la valutazione della possibilità di applicare il contingentamento dei tempi a quella sulla sottoponibilità del provvedimento al voto segreto, e poiché l'articolo 49, comma 1-sexies, prevede che, in caso di dubbio sull'oggetto della deliberazione per la quale sia stato richiesto lo scrutinio segreto, decide il Presidente, sentita, qualora lo ritenga necessario, la Giunta per il Regolamento, ha acceduto alla richiesta avanzata in tal senso dai rappresentanti dei tre Gruppi di opposizione.
Richiama il contenuto del disegno di legge, che prevede, in particolare, la sospensione dei processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualità di Presidente della Repubblica, Presidente del Senato, Presidente della Camera e di Presidente del Consiglio dei ministri, dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione. La sospensione si applica anche ai processi penali per fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione ed anche ai processi in corso. L'imputato può rinunciare in ogni momento alla sospensione. Quest'ultima opera per l'intera durata della carica o della funzione e non è reiterabile, salvo il caso di nuova nomina nel corso

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della stessa legislatura. Il provvedimento disciplina altresì, per la parte civile, gli effetti del trasferimento dell'azione in sede civile; stabilisce che la sospensione non impedisce al giudice di provvedere all'assunzione delle prove non rinviabili; dispone la sospensione del corso della prescrizione.
Nella citata riunione della Conferenza dei Capigruppo è stato chiesto anzitutto di considerare segretabile il disegno di legge - e dunque non contingentabile nel primo calendario - in quanto esso sarebbe da considerare «legge ordinaria relativa agli organi costituzionali dello Stato» nonché da ricomprendere fra le votazioni che incidono sui diritti di difesa e di agire in giudizio di cui all'articolo 24 della Costituzione.
Rileva preliminarmente che il Regolamento consente lo scrutinio segreto solo sulle questioni strettamente attinenti ai casi previsti dall'articolo 49, comma 1, di cui dunque - anche sulla base della costante prassi applicativa - non è possibile un'interpretazione estensiva. La questione della segretabilità del provvedimento in esame va dunque rigorosamente esaminata alla luce del dettato regolamentare e della prassi.
Sul punto, come la Presidenza ha avuto modo di ricordare già nella riunione di ieri della Conferenza dei Capigruppo, vi è un precedente specifico della XIV legislatura in cui fu esplicitamente esclusa dalla Presidenza (nella seduta del 17 giugno 2003) la possibilità di riconoscere il voto segreto su un articolo, contenuto in altro progetto di legge (quello relativo all'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione, di cui alla proposta di legge n. 185-B), avente ad oggetto identica materia. In tale occasione, sono stati specificati gli argomenti alla base della decisione adottata:
anzitutto, conformemente ai precedenti (vedi in particolare la seduta del 25 febbraio 2002 e la Giunta per il Regolamento del 7 marzo 2002), è stato escluso che la norma rientrasse nella categoria delle «leggi ordinarie relative agli organi costituzionali dello Stato». Al riguardo è stato precisato che l'articolo 49, comma 1, quanto agli organi costituzionali non monocratici (nel caso di specie si trattava del Parlamento, del Governo e della Corte costituzionale), fa ad essi riferimento considerandoli nel loro complesso. Nel caso in questione, il provvedimento riguardava, invece, unicamente le prerogative delle rispettive cariche di vertice. La Presidenza, nell'occasione, ricordò quanto chiarito nella Giunta per il Regolamento del 7 marzo 2002, ossia che per leggi ordinarie relative agli organi costituzionali dello Stato e delle regioni devono intendersi esclusivamente i complessi normativi che riguardano la posizione dell'organo medesimo nell'ordinamento o ne regolano l'esercizio di poteri costituzionali, non rientrando in tale categoria i provvedimenti che non riguardano le caratteristiche strutturali e funzionali degli organi di Governo, bensì la posizione soggettiva dei titolari delle relative cariche di vertice (seduta del 25 febbraio 2002).
Inoltre, la disposizione è stata ritenuta non direttamente incidente sul diritto di agire in giudizio e sul diritto di difesa di cui all'articolo 24 della Costituzione, con riferimento ai principi generali della legislazione. Si è rilevato, infatti, che la disposizione, così come configurata dal Senato, determinava, sotto il profilo processuale, una situazione temporanea (limitata alla durata del mandato istituzionale dei soggetti interessati) di non sottoponibilità al processo penale, ovvero di sospensione dei processi penali in corso; e che, come tale, essa non incideva di per sé sui diritti sopra richiamati, che rimanevano inalterati, atteso che, venuta meno la sospensione stessa, il processo avrebbe ripreso il suo corso.
Nella stessa occasione, per quanto riguardava la parte relativa alla sospensione del decorso dei termini di prescrizione, conformemente ai precedenti, la Presidenza ne escluse la segretabilità, atteso che essa non rientra in alcuna delle ipotesi richiamate dall'articolo 49, comma 1, del Regolamento, non attenendo la prescrizione alla pena agli elementi costitutivi del reato (come definiti nella seduta

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della Giunta per il regolamento del 7 del marzo 2002). Il voto segreto fu inoltre escluso su un emendamento che prevedeva, in caso di sospensione del processo penale, che non si applicasse la norma relativa alla sospensione del processo civile fino alla definizione di quello penale, qualora l'azione sia proposta in sede civile dopo la costituzione di parte civile nel processo penale. Ciò in quanto l'emendamento si riferiva ad una fattispecie già prevista dal codice, limitandosi ad introdurre un'ulteriore ipotesi di esclusione della sospensione del processo civile.

Il precedente richiamato appare assolutamente univoco e ad esso la Presidenza ritiene di doversi attenere. Esso riguarda infatti la stessa materia oggi all'esame della Camera, al di là ovviamente di alcune differenze nelle soluzioni normative proposte.
Sottolinea come la Presidenza sappia bene che, dopo l'approvazione della legge n. 140 del 2003 (sopra richiamata), è intervenuta una sentenza della Corte costituzionale (n. 24/2004), la quale ha dichiarato incostituzionale la norma in questione in quanto lesiva, tra l'altro, del diritto di difesa e del diritto ad agire in giudizio di cui all'articolo 24 della Costituzione, in ragione della previsione di un automatismo generalizzato della sospensione - oggi peraltro venuto meno, nel testo del disegno di legge, con la previsione della rinunciabilità - nonché del sacrificio del diritto della parte civile (per profili attinenti alla sospensione del processo civile, anch'essa venuta meno nel testo proposto). Richiamare tuttavia i principi affermati in tale sentenza ai fini della decisione sull'ammissibilità del voto segreto comporterebbe necessariamente l'esigenza di valutare in quale misura il disegno di legge presentato dal Governo superi le censure di costituzionalità rilevate a suo tempo dalla Corte. Ma ciò non compete evidentemente alla Presidenza della Camera - né alla Giunta in questa sede - cui spetta invece una valutazione del testo ad un fine meramente procedurale. A questo proposito richiama la diversità sostanziale fra il giudizio di costituzionalità delle leggi - che spetta in via esclusiva alla Corte e che attiene alla conformità di una disposizione legislativa alle norme costituzionali - e la valutazione circa la segretabilità o meno di alcune disposizioni in quanto incidenti, dal punto di vista della materia trattata, e nei termini specificati dalla Giunta per il Regolamento il 7 marzo 2002, sulle norme costituzionali richiamate dall'articolo 49 del Regolamento. Tale diversità è stata espressamente ribadita dalla Presidenza in una precedente occasione allorché ha chiarito che la valutazione sull'ammissibilità dello scrutinio segreto «è volta unicamente a verificare la sussistenza dei presupposti che consentono di procedere a votazioni segrete, così come previsti dal Regolamento ed interpretati alla luce dei precedenti e della prassi applicativa. Esula, invece, dalla competenza della Presidenza la valutazione circa la compatibilità delle disposizioni oggetto della richiesta di voto segreto con norme e principi costituzionali» (seduta del 18 giugno 2003). La decisione su questo punto pare quindi univoca.
Vi è poi la richiesta di riconoscimento dell'eccezionale rilevanza del disegno di legge n. 1442, ai sensi dell'ultima parte del comma 12 dell'articolo 24 del Regolamento. Questo prevede che il Presidente della Camera disponga l'esclusione del contingentamento, su richiesta di un Gruppo, per progetti di legge riguardanti questioni di eccezionale rilevanza politica, sociale o economica riferite ai diritti previsti dalla prima parte della Costituzione (si tratta degli articoli da 13 a 54). Alla luce di quanto esposto nella citata riunione della Conferenza dei Capigruppo, la richiesta avanzata risulta motivata con riferimento ai diritti di difesa e ad agire in giudizio (di cui all'articolo 24 della Costituzione).
Osserva che di questa disposizione è stata sempre data, dal momento della sua introduzione nel Regolamento (nel 1998), un'interpretazione assolutamente restrittiva, tanto che, ad oggi, non è mai stata riconosciuta l'eccezionale rilevanza per nessuno dei progetti di legge per i quali la

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richiesta sia stata avanzata. Ciò proprio per il carattere eccezionale di tale previsione, che si desume anche dalle conseguenze procedurali che discendono dalla sua applicazione e che sono suscettibili di ripercuotersi significativamente sull'efficacia degli stessi strumenti della programmazione dei lavori: in particolare, su tali progetti di legge non è possibile procedere al contingentamento delle fasi successive alla discussione generale nell'ambito del primo calendario (articolo 24, comma 12, ultimo periodo), non è ammessa la deliberazione d'urgenza (articolo 69) e non è possibile procedere all'inversione dell'ordine delle votazioni, e cioè a votazioni riassuntive e per principi (articolo 85-bis, comma 4). Tale carattere eccezionale è stato riconosciuto, del resto, anche in sede di lavori preparatori (relazione di accompagnamento al doc. II, n. 26 degli onn. Guerra e Tassone), in cui, con riferimento al nuovo sistema della programmazione e all'esclusione del contingentamento nel primo calendario per tali tipologie di provvedimenti, i relatori ne hanno sottolineato il carattere di strumento di «salvaguardia del "diritto di resistenza" nei confronti di tentativi di violazione dei diritti di libertà e delle regole istituzionali, eventualmente operati dalla maggioranza». Tutto ciò ha sempre indotto la Presidenza della Camera ad un'interpretazione estremamente rigorosa della norma, pur in presenza di richieste aventi ad oggetto progetti di legge di indiscutibile complessità e rilievo politico: richiama in proposito i precedenti della XIII (proposta di legge n. 5535 e abbinate - Rimborso spese elettorali; disegno di legge 6483 - par condicio; proposta di legge n. 5808 - modifica del testo unico sull'immigrazione), della XIV (disegno di legge 1137 - riforma del diritto societario; disegno di legge n. 1707 - conflitto di interessi; proposta di legge n. 3102 - legittimo sospetto) e della XV legislatura (proposta di legge n. 1318 - conflitto di interessi). Tutti questi precedenti confermano l'interpretazione estremamente restrittiva della norma. Ricorda, a questo riguardo, che, nella seduta del 3 marzo 1999 (previa riunione della Giunta del giorno precedente), il Presidente della Camera precisò che, ai fini del riconoscimento dell'eccezionale rilevanza politica, sociale o economica in relazione ai diritti previsti dalla prima parte della Costituzione, occorre che il progetto di legge incida direttamente sulla disciplina di tali diritti ovvero, quanto meno, sulle condizioni sostanziali per il loro esercizio, nell'uno e nell'altro caso con modalità che si configurino come del tutto inedite ovvero appaiano assolutamente divergenti rispetto alla regolamentazione vigente. Precisò altresì che, atteso il carattere eccezionale della norma regolamentare, è richiesta la sussistenza «di una diretta incidenza sulla disciplina del diritto medesimo ovvero sulle condizioni sostanziali per il suo esercizio, non risultando a questo fine sufficiente una generica attinenza al contenuto di esso». Su questo punto - ossia sul rapporto fra il disegno di legge n. 1442 e la norma costituzionale richiamata - valgono a più forte ragione le considerazioni già esposte con riferimento al diniego del voto segreto, in quanto il disegno di legge, alla luce delle disposizioni in esso contenute, non appare rientrare nelle ipotesi sopra indicate. Non ritiene quindi, alla luce del complesso delle considerazioni svolte, di potersi discostare dai precedenti e dalla prassi consolidata, che inducono la Presidenza, anche con riferimento a questa richiesta, a confermare la sua decisione circa il contingentamento dei tempi.

Marina SERENI ringrazia preliminarmente la Presidenza per aver accolto la richiesta di convocazione della Giunta per il Regolamento, organo chiamato a svolgere una funzione di supporto alla stessa Presidenza della Camera nell'assolvimento del suo ruolo di garanzia del Parlamento.
Passando poi allo specifico della questione oggi all'esame, su cui auspica comunque un ripensamento da parte della Presidenza, non ritiene, innanzitutto, che la decisione di considerare il provvedimento noto come «lodo Alfano» vertente prevalentemente su materia non assoggettabile allo scrutinio segreto e quindi sottoposto

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al contingentamento dei tempi fin dal primo calendario di iscrizione, presenti quel carattere di univocità richiamato dal Presidente. In particolare le disposizioni in esso contenute, a suo avviso, incidono sul diritto di difesa di cui all'articolo 24 della Costituzione, come peraltro attestato dalla stessa relazione di accompagnamento al disegno di legge che si riferisce espressamente ad un «equo contemperamento dei valori sottesi agli articoli 24 e 51 della Costituzione». Del resto la sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2004 con la quale è stato dichiarato incostituzionale l'articolo 1 della legge n. 140 del 2003, noto come «lodo Schifani», individuava uno dei punti cardine a fondamento della declaratoria di incostituzionalità negli effetti delle disposizioni scrutinate sulla ragionevole durata dei processi, contemplata espressamente come valore costituzionale dal nuovo articolo 111 e richiamava la propria giurisprudenza che, ancor prima della modifica costituzionale all'articolo 111, aveva riconosciuto come una stasi del processo per un tempo indefinito e indeterminabile vulneri il diritto di azione e di difesa e come la possibilità di reiterate sospensioni leda il bene costituzionale dell'efficienza del processo. Nel disegno di legge in esame, la non reiterabilità della sospensione, prevista dalla lettera della norma, finisce per essere invece possibile nei fatti.
Quanto poi al riconoscimento dei requisiti previsti dal secondo periodo dell'articolo 24, comma 12, del Regolamento, e cioè che il provvedimento riguardi questioni di eccezionale rilevanza politica, sociale o economica riferite ai diritti previsti dalla prima parte della Costituzione, non dubita che nel caso di specie tali requisiti possano ritenersi sussistenti; il suddetto carattere del provvedimento è infatti testimoniato dalla straordinaria urgenza che ne connota la procedura d'esame adottata; il disegno di legge è stato presentato, infatti, il 2 luglio, assegnato il 3 e, secondo quanto stabilito dal Presidente della Camera a seguito della Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri, se ne prevede la conclusione dell'esame da parte della Camera addirittura per la giornata di giovedì 10: ossia, pur nel dissenso esplicito dell'opposizione, dopo soli 7 giorni dall'assegnazione!
È consapevole che in passato si sono già registrati, per alcuni provvedimenti, tempi di esame particolarmente ristretti, ma si trattava di casi assistiti da un generale consenso; anche il procedimento legislativo relativo alle leggi più controverse della XIV legislatura, cosiddette «leggi vergogna» (si riferisce alle cosiddette leggi Cirami ed ex-Cirielli, al provvedimento sul falso in bilancio e al «lodo Schifani») ha avuto comunque una durata maggiore di quella che si sta concretizzando sul disegno di legge n. 1442. Tale circostanza rende evidente quindi il carattere di assoluta eccezionalità del provvedimento stesso, carattere che connota, non solo la procedura, ma anche il merito. Esso, infatti, dispone - come riconosciuto da un recente appello sottoscritto da cento costituzionalisti di chiara fama - misure assolutamente straordinarie anche nel panorama del diritto comparato, dal momento che l'immunità temporanea per reati comuni è prevista solo nelle Costituzioni greca, portoghese, israeliana e francese con riferimento però al solo Presidente della Repubblica, mentre analoga immunità non è prevista per il Presidente del Consiglio e per i Ministri in alcun ordinamento di democrazia parlamentare analogo al nostro, tantomeno nell'ordinamento spagnolo più volte evocato, ma sempre inesattamente.
Sottolinea come il riconoscimento della presenza o meno dei requisiti riguardanti l'eccezionale rilevanza di un provvedimento non presenti caratteri di automaticità, ma costituisca il frutto di una valutazione rimessa alla Presidenza della Camera; ribadisce come, a suo avviso, ci si trovi di fronte ad un provvedimento con queste caratteristiche valutate proprio alla stregua dei criteri enunciati dalla Presidenza della Camera nella seduta dell'Assemblea del 3 marzo 1999 e, nello specifico, con riferimento agli articoli 3, 24 e 51 Cost. Quanto poi alla circostanza che la norma in questione non è mai stata applicata,

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essa non significa certo che non possa trovare in nessun caso applicazione quando se ne riconoscano i presupposti.
A fondamento delle decisioni adottate nel caso in esame sono stati richiamati una serie di precedenti riguardanti diversi aspetti della procedura che si sta seguendo, ma non ritiene che vi sia mai stato alcun caso che presentasse contemporaneamente tutte le anomalie procedurali che si stanno invece verificando ora e che sono chiaramente evidenziate dalla repentina e consistente modifica della programmazione dei lavori dell'Assemblea che è stata disposta, negando così alla sua parte politica la stessa possibilità di una discussione sul merito.
Conclusivamente auspica che siano pienamente assolte le funzioni di garanzia del Parlamento che risiedono nella Presidenza della Camera, chiamata ad operare a garanzia sia del diritto della maggioranza a decidere, ma anche a tutela delle prerogative dell'opposizione e che, conseguentemente, siano determinate modalità di discussione del disegno di legge in questione che non immettano nel circuito parlamentare elementi di tensione comunque nocivi per il buon funzionamento delle istituzioni.

Luca VOLONTÈ ritiene essenziale che l'oggetto della discussione che si svolge in questa sede si mantenga nei confini propri, senza farvi confluire - ed invita i colleghi a farlo - valutazioni politiche e di merito, condivisibili o meno, e senza che si metta in alcun modo in gioco il ruolo della Presidenza in funzione di garanzia. Non è quindi in discussione, in questa sede, la richiesta del Governo di discutere il provvedimento e la conseguente modifica della programmazione, così come non si può discutere del merito delle misure disposte dall'intervento legislativo in questione.
Passando quindi al nocciolo della questione, non si può che condividere la ricostruzione offerta dalla Presidenza e le conclusioni cui è pervenuta circa la possibilità di disporre il contingentamento del disegno di legge n. 1442, conclusioni fondate sul medesimo ordine di argomentazioni che sostenne le decisioni della Presidenza della Camera nel 2003 e che, a sua volta, rinviava a precedenti decisioni incontrovertibili della Presidenza. Non ritiene quindi che ci siano presupposti per modificare la linea tracciata dalle precedenti decisioni presidenziali, assunte anche nella XIII legislatura, e che conducono la Presidenza a confermare il giudizio circa la non applicabilità del voto segreto e l'assoggettamento al contingentamento dei tempi, senza che essa debba risultare condizionata da considerazioni di segno eminentemente politico.

David FAVIA ringrazia la Presidenza per la dettagliata analisi che ha inteso offrire ai membri della Giunta che, se, per alcuni versi, appare certamente condivisibile, in altri punti invece non può trovare approvazione. Certamente apprezzabile è la puntualità con la quale la Presidenza ha individuato i diversi presupposti che l'articolo 24, comma 12, primo e secondo periodo, del Regolamento prevede ai fini dell'esclusione del contingentamento di un provvedimento nel primo calendario di iscrizione. Il dissenso si appunta invece sull'assunzione di un criterio interpretativo di tipo restrittivo comune alle due fattispecie contemplate dalla norma; se, infatti, un'interpretazione restrittiva appare ammissibile con riferimento al primo periodo della disposizione regolamentare, che rinvia ai casi in cui è ammesso lo scrutinio segreto ai sensi dell'articolo 49 del Regolamento e che, a sua volta, richiama specifiche disposizioni costituzionali, configurandosi, inoltre, espressamente come norma di stretta interpretazione, alle medesime conclusioni non si può pervenire, a suo avviso, con riferimento al secondo periodo dell'articolo 24, comma 12, riguardante i progetti di legge di eccezionale rilevanza. E non vi è dubbio che il disegno di legge riguardante la sospensione dei processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato si configura come un provvedimento di eccezionale rilevanza, attesa l'eco vastissima che esso ha suscitato negli organi di comunicazione, l'ampiezza e la complessità

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del dibattito in corso di svolgimento, nonché la radicalità, la «violenza» delle procedure parlamentari adottate per il suo esame, a cominciare dalle stesse modalità con le quali è stato previsto il suo esame nel calendario dei lavori dell'Assemblea. E non vi è quindi alcun dubbio che il disegno di legge incida significativamente sull'articolo 24 della Costituzione, dal momento che condiziona i diritti della parte civile, costringendola a trasferire il processo nella sede civile (pena la mancata tutela). Peraltro espressamente la relazione di accompagnamento al disegno di legge riconosce l'incidenza della normativa sulla disposizione costituzionale in questione. Reputa pertanto il provvedimento assolutamente riconducibile alle fattispecie previste dall'articolo 24, comma 12, del Regolamento.
Quanto al precedente del 2003 citato dalla Presidenza, non può ignorarsi che esso si riferisce a norma successivamente dichiarata incostituzionale dalla Corte, che, nella sentenza n. 24, fa desumere, a suo avviso, come una misura come quella prevista dal cosiddetto lodo Schifani non possa essere che contenuta in una legge costituzionale ed indica, inoltre, espressamente che disposizioni siffatte incidono sull'articolo 24 della Costituzione.
Giudica, inoltre, inopportuno che la Presidenza, nell'esercizio di una facoltà attribuitagli dal Regolamento, in assenza della maggioranza speciale prescritta per l'approvazione del calendario in seno alla Conferenza dei capigruppo, abbia disposto il contingentamento dei tempi di esame di un provvedimento che reca disposizioni che riguardano anche la stessa carica di Presidente della Camera. In ogni caso ritiene che una misura di garanzia minima sarebbe costituita dal fatto di assicurare che i tempi di esame in Commissione del cosiddetto lodo Alfano non siano inferiori a quelli che furono previsti per l'esame del cosiddetto lodo Schifani.
Richiama infine l'attenzione sul pericolo di compressione dei diritti e delle prerogative parlamentari ravvisabile nel caso in questione e che si viene a determinare in relazione alle esigenze manifestate del Governo. Certamente la democraticità di un confronto parlamentare sul provvedimento ne guadagnerebbe ove si prevedessero tempi più estesi, democraticità che invece certamente ne soffrirebbe qualora si mantenessero quelli vistosamente ridotti che sono attualmente previsti.

Giuseppe CALDERISI giudica assolutamente ineccepibile l'intervento introduttivo della Presidenza, condividendo quindi la valutazione di inapplicabilità al caso in questione sia del primo che del secondo periodo del comma 12 dell'articolo 24. Non vi sono, infatti, i presupposti per il riconoscimento del voto segreto e conseguentemente può essere disposto il contingentamento dei tempi di esame del provvedimento. Condividendo quanto espresso dall'on. Volontè, ritiene che debbano rimanere estranee alla discussione in corso davanti alla Giunta valutazioni attinenti al merito del provvedimento ovvero alla sua programmazione nel calendario dei lavori dell'Assemblea. A parte alcune inesattezze emerse nel corso del dibattito (il provvedimento non prevede un'immunità, ma una sospensione temporanea dei processi penali), desidera richiamare l'attenzione sul fatto che il provvedimento ha accolto tutti i rilievi formulati dalla Corte con riferimento all'articolo 1 della legge n. 140 del 2003 e che avevano condotto alla sua declaratoria di incostituzionalità. Pertanto il nuovo intervento legislativo, in quanto immune dai difetti che ne avevano inficiato la prima versione, risulta a maggior ragione assoggettabile al contingentamento.
Rivolge infine un appello ai colleghi dei Gruppi di opposizione a valutare in che modo si possano riprendere le fila di un dialogo sulle riforme costituzionali e regolamentari, che giudica particolarmente importante per ridefinire l'architettura istituzionale del Paese. Proprio con riferimento alle riforme regolamentari, ricorda che il suo Gruppo ha presentato una complessa proposta di riforma regolamentare, in corso di stampa, che disciplina espressamente il cosiddetto Statuto dell'opposizione.

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Analogamente auspica la ripresa del dialogo anche per quanto riguarda la definizione, anche con un intervento di ordine costituzionale, dei rapporti tra magistratura e politica, che costituiscono da tempo un nodo cruciale del dibattito politico.

Antonio LEONE condivide la pragmaticità mostrata dal collega Volontè nel suo intervento, che si è correttamente attenuto alla questione strettamente procedurale. Osserva infatti che, diversamente, alcuni colleghi hanno sconfinato nel merito del contenuto del disegno di legge, anche fraintendendolo: peraltro, se si vuole restare sul piano del merito, occorre poi essere coerenti e trarne correttamente le conseguenze sul piano regolamentare. In particolare, si riferisce alle considerazioni svolte dal collega Favia in ordine alla questione della asserita ridotta tutela della parte civile: ebbene, non vi è nel disegno di legge alcuna norma che imponga alla parte civile il trasferimento dell'azione dal processo penale alla sede civile, dal momento che il comma 6 si limita a disporre che, in caso di sospensione del processo penale, non si applica la sospensione del processo civile di cui al comma 3 dell'articolo 75 del codice di procedura penale. Peraltro è previsto che la parte civile abbia una facoltà di trasferire l'azione in sede civile, e non certo un obbligo!

Dopo che David FAVIA ha contestato che in realtà il provvedimento impone alla parte civile un onere di attivare l'azione civile, sottostando diversamente alla sospensione inesorabile del processo penale, Gianfranco FINI, Presidente, richiama i colleghi a non entrare, in questa sede, nel merito delle disposizioni contenute nel disegno di legge.

Antonio LEONE sottolinea l'univocità dei precedenti richiamati dalla Presidenza; non condivide in alcun modo i giudizi espressi sulla particolare rilevanza del provvedimento, richiamandone invece il contenuto alquanto limitato (tra l'altro consistente di un solo articolo). Semmai eccezionali risultano essere i toni ed i giudizi espressi su di esso, peraltro a suo avviso riferiti ad altra norma contenuta in altro decreto. Osserva poi, in via generale, che - se si intendono fare raffronti con altre circostanze che hanno visto porsi il problema del contingentamento e del voto segreto - occorre studiare i precedenti avendo riguardo non già ai tempi teorici a disposizione delle Commissioni dal momento dell'assegnazione dei provvedimenti, ma a quelli effettivamente utilizzati. Nel caso di specie, non può, in conclusione, che condividere metodo e merito delle scelte procedurali della Presidenza.

Linda LANZILLOTTA, associandosi alle considerazioni svolte dall'on. Sereni sui tempi previsti per l'esame del provvedimento di cui si discute, rimarca il pericolo di compressione dell'esercizio delle prerogative parlamentari che può profilarsi nelle circostanze che si stanno verificando. Il Presidente della Camera è in effetti tenuto, accanto al ruolo del Governo, a garantire al contempo i diritti dei parlamentari. In particolare segnala come la ristrettezza dei tempi a disposizione del Parlamento pregiudichi la possibilità di approfondire quegli aspetti di legittimità costituzionale posti dalla sentenza n. 24 del 2004 della Corte costituzionale; la valutazione dei profili di legittimità costituzionale, lungi dal poter essere effettuata dalla Giunta per il Regolamento o dalla Presidenza della Camera, come richiamato nello stesso intervento del Presidente, spetta, per espressa disposizione regolamentare, alla Commissione affari costituzionali, la cui competenza è assorbita in questo caso dall'assegnazione in sede referente. Un provvedimento che, secondo la giurisprudenza costituzionale, fa emergere aspetti di costituzionalità così delicati richiederebbe dunque dei tempi di esame parlamentare adeguati a consentirne il dovuto approfondimento, non effettuabile in altra sede parlamentare, e che, in sua assenza, finirebbero, in ultima istanza, per essere scaricati sul Presidente della

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Repubblica in sede di promulgazione della legge.
Quanto, infine, all'appello al dialogo rivolto dall'on. Calderisi, ricorda di essere stata un'aperta sostenitrice di tale dialogo, ma per poterlo intessere occorre precostituirne l'humus e le condizioni fondamentali, a cominciare da un essenziale grado di rispetto reciproco.

Roberto COTA apprezza anch'egli - sul piano tecnico-regolamentare - l'impostazione seguita dalla Presidenza nella ricostruzione della disciplina normativa e dei precedenti, condividendone l'interpretazione fornita.

Gianfranco FINI, Presidente, ringrazia i colleghi intervenuti per la qualità e la forma del dibattito, che peraltro, pur riguardando una questione procedurale, ha mostrato una forte impronta di merito. Anche per questo la linea più corretta appare quella di attenersi ai precedenti ed alla prassi applicativa del Regolamento, confermando l'orientamento già illustrato nell'intervento introduttivo. Sottolinea come la Presidenza non possa spingersi oltre nei profili di merito del provvedimento, poiché in tal modo essa entrerebbe in un ambito di valutazioni che le è precluso e che la porterebbe ad interferire con la sfera di attribuzioni proprie di altri organi costituzionali (la Corte costituzionale, la Presidenza della Repubblica).
All'on. Favia desidera inoltre ricordare come nella prassi delle ultime quattro legislature le decisioni sul calendario dei lavori - salvo rarissime eccezioni - siano state assunte, a norma di Regolamento ed in mancanza del consenso della maggioranza qualificata stabilita dall'articolo 24, dal Presidente della Camera.
Quanto comunque all'esigenza prospettata di procedere ad un'ulteriore valutazione dei tempi per l'esame del provvedimento previsti dal calendario modificato ieri, comunica la convocazione della Conferenza dei presidenti di gruppo per le ore 18.30 per procedere ad una verifica.

La seduta termina alle 14.10.