CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 1° luglio 2008
24.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e II)
COMUNICATO
Pag. 3

SEDE REFERENTE

Martedì 1o luglio 2008. - Presidenza del presidente della II Commissione Giulia BONGIORNO. - Intervengono il sottosegretario di Stato per la Giustizia Giacomo Caliendo e il sottosegretario di Stato per l'Interno Alfredo Mantovano.

La seduta comincia alle 10.40.

DL 92/08: Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica.
C. 1366 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito esame e rinvio).

Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 30 giugno 2008.

Giulia BONGIORNO, presidente, ricorda che nella seduta di ieri sono state svolte le relazioni introduttive e che è stato sentito il Capo della polizia, Prefetto Manganelli. Oggi inizieranno gli interventi dei deputati iscritti a parlare. Al termine della seduta in sede referente si riuniranno congiuntamente gli uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni I e II. Invita ad intervenire l'onorevole Capano.

Cinzia CAPANO (PD) evidenzia come il decreto sicurezza intervenga su alcuni principi cardine dell'ordinamento e rischi di ledere la stessa struttura dello stato di diritto. Non è mai corretto intervenire su questi principi spinti dall'emergenza così rischiando di minare la sistematicità dell'ordinamento penale e giudiziario e gli stessi principi costituzionali. Indica quindi alcuni punti particolarmente critici quali quelli che tendono a separare le misure di sicurezza da qualsiasi elemento di pericolosità come con l'articolo 1, che modifica l'articolo 235 del codice penale, introducendo l'espulsione automatica per lo straniero e per il cittadino comunitario, oltre che nei casi previsti dalla legge anche quando lo straniero sia condannato alla reclusione per un tempo superiore ai due anni. La misura contraddicendo la giurisprudenza costituzionale e comunitaria rischia di essere inutilmente emanata.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 58 del 1995 ha già dichiarato l'illegittimità

Pag. 4

costituzionale dell'articolo 86 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 390 del 1990, nella parte in cui obbligava il giudice ad emettere l'ordine di espulsione: «Configurata quale misura di sicurezza - l'espulsione del condannato straniero va inquadrata nell'ambito del regolamento penale, nel quale vige il principio che tutte le misure di sicurezza personali sono ordinate, previo accertamento che colui il quale ha commesso il fatto, è persona socialmente pericolosa. Rispetto a tale principio generale dell'ordinamento penale, un ipotesi di presunzione ex lege della qualità di persona socialmente pericolosa non è costituzionalmente compatibile con l'ordinamento.»
Il nostro ordinamento prevede con l'articolo 133 del codice penale che la pericolosità sociale va desunta da una serie di elementi relativi alla gravità del reato e del danno, alle modalità dell'azione, all'intensità del dolo o al grado della colpa, alla capacità a delinquere, agli antecedenti del reato ed alla condotta contemporanea e conseguente al reato. Cioè da una serie di elementi che vanno valutati specificamente ai fini del giudizio di pericolosità. Così come impone non solo la Corte Costituzionale ma la stessa Corte di giustizia delle Comunità europee, che nella sentenza n. 441 del 2006 afferma che: «l'adozione di una normativa interna, che stabilisce alcune cause di espulsione automatica a seguito della commissione di reati applicabile per «gli stranieri» è incompatibile con il diritto comunitario. Il diritto di un cittadino comunitario di entrare e soggiornare in uno Stato membro non è incondizionato, ma può essere vietato solo nel caso in cui sussistono motivi di ordine pubblico o di sicurezza pubblica che possono essere invocati solo a seguito di una valutazione specifica. Il provvedimento di espulsione non può essere applicato in modo automatico per la sola sussistenza di condanne penali ma l'autorità competente deve verificare se il comportamento è una minaccia effettiva per la sicurezza pubblica nel momento in cui decide l'allontanamento».
Mentre tutte le aggravanti dell'articolo 11 si riferiscono a modalità di compimento dell'azione o finalità dell'azione, quella introdotta con l'articolo 11-bis è del tutto svincolata dalle caratteristiche dell'azione ed ha a riferimento una condizione del soggetto agente.
Se consideriamo la misura automatica dell'arresto per mancata osservanza dell'ordine di espulsione in collegamento a quanto disposto in ordine alla confisca sulla casa, noi rischiamo di trovarci in una situazione che piuttosto che scoraggiare fenomeni criminali li incoraggia. Questo stesso decreto potrebbe essere un elemento di forte pericolosità sociale, poiché i datori di lavoro degli immigrati non regolari, in assenza di una disciplina che incentivi l'emersione dal sommerso anche attraverso meccanismi di sanatoria, saranno obbligati a privare gli immigrati del lavoro, così come i proprietari delle loro case saranno indotti a mandarli via. La perdita del lavoro e della casa potrà indurre questi soggetti a trovare tutela e protezione nelle organizzazioni clandestine e criminali, così producendo un innalzamento della insicurezza e della pericolosità sociale ed anche un oggettivo rafforzamento delle organizzazioni criminali.
Come è noto, infatti, le organizzazione mafiosa si rafforzano quando possono sostituirsi al sistema di protezione dello Stato. Uno Stato forte e organizzato dovrebbe intervenire prime dell'ingresso degli immigrati clandestini nelle organizzazioni criminali. Tuttavia un simile intervento manca e richiederebbe un ingente investimento nelle politiche della sicurezza e dell'inclusione degli immigrati, mentre il Documento di programmazione economico-finanziaria e il recente decreto-legge 93 del 2008 sembrano andare nella direzione opposta. Tutto questo rischia di aumentare la percezione di insicurezza nel cittadino, non certo di diminuirla, soprattutto in connessione con le norme «blocca processi» di cui agli articoli 2-bis e 2-ter del provvedimento in esame. La sospensione di un processo, infatti, genera diffidenza

Pag. 5

nei confronti della giustizia e la sensazione che molti delitti rimarranno impuniti.
Ricorda come l'articolo 111 della Costituzione sia stato valutato positivamente dagli operatori della giustizia e soprattutto dall'avvocatura e sottolinea come risulti strano che oggi si sia disponibili a dimenticare e trascurare le garanzie dallo stesso offerte. Analizzando gli articoli 2-bis e 2-ter appare evidente che gli uffici giudiziari non riusciranno a concentrarsi sui processi non sospesi, anche in considerazione della norma che prevede l'obbligo di notificare ai difensori delle parti e al pubblico ministero la sospensione del processo. Norma, quest'ultima, che finirà verosimilmente per bloccare le cancellerie e creare ulteriori ritardi al servizio giustizia.
Il Presidente Bongiorno, nell'illustrare il contenuto del provvedimento, ha affermato che lo stesso rientra nel contesto di un intervento più complessivo. Auspica, pertanto, che tale intervento di carattere generale non trascuri gli aspetti di compatibilità costituzionale, con particolare riferimento all'obbligatorietà dell'azione penale, e non mettere in discussione il principio stesso della separazione dei poteri.
Conclusivamente esprime un giudizio di «pericolosità sociale» del provvedimento in esame, sottolineando l'opportunità di rinviare gli aspetti che più incidono sullo stato di diritto ad un disegno di legge che possa essere oggetto di una più articolata discussione in Parlamento.

Matteo BRIGANDÌ (LNP) con riferimento all'intervento dell'onorevole Capano, sottolinea come la eventuale «pericolosità sociale» non sia da riferire al provvedimento in esame, quanto piuttosto a pareri e giudizi di incostituzionalità impropriamente espressi nei confronti di un provvedimento ancora in corso di approvazione.
Dopo avere premesso che il suo gruppo condivide pienamente il provvedimento in esame, ritiene peraltro di dovere sottolineare taluni aspetti tecnici che potrebbero essere riconsiderati dal Governo.
Con riferimento all'articolo 1, laddove, intervenendo sigli articoli 235 e 312 del codice penale si incide in tema di misure di sicurezza personali non detentive, ricorda che tali misure richiedono una valutazione concreta circa la pericolosità sociale del soggetto, come più volte affermato dalla Corte costituzionale.
Si prevede inoltre che l'espulsione dello straniero o l'allontanamento del cittadino comunitario siano ordinati, oltre che nei casi espressamente indicati dalla legge, a seguito di condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a due anni. Rileva quindi che tale disposizione troverà applicazione soprattutto nei confronti di soggetti di età compresa fra i 18 e i 21 anni e sottolinea quindi l'opportunità di approfondire come tale modifica interagisca con l'istituto della sospensione condizionale della pena.
Sottolinea, infine, come l'aggiunta della nuova circostanza di cui al numero 11-bis all'articolo 61 del codice penale, rischi di essere vanificato nel contesto del bilanciamento delle circostanze di cui all'articolo 69 del codice medesimo.
Preannuncia quindi la presentazione di taluni emendamenti, ma anche la piena disponibilità, su richiesta del Governo, al ritiro degli stessi non intendendo il suo gruppo in alcun modo ostacolare l'iter di approvazione del provvedimento.

Federico PALOMBA (IdV) preannuncia che il suo intervento, pur con un tono pacato, darà giudizi netti e dissonanti nei confronti del provvedimento in esame. Mentre infatti, la parte del provvedimento che sostanzialmente recepisce soluzioni elaborate dal Governo in carica nella scorsa legislatura appare essere in linea generale condivisibile, sono del tutto infondate le disposizioni aggiunte nel corso dell'esame al Senato e, in particolare, gli articoli 2-bis e 2-ter sui criteri di fissazione dei ruoli e sulla sospensione dei processi. Tali articoli recano disposizioni processuali inaccettabili ed irrimediabilmente viziate da incostituzionalità.
In primo luogo, registra per tali articoli la carenza assoluta dei requisiti di necessità

Pag. 6

ed urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione per il ricorso alla decretazione d'urgenza. Inoltre, nel merito, le disposizioni appaiono del tutto irragionevoli ed incoerenti con il restante contenuto del provvedimento in esame.
Sottolinea come il Presidente della Repubblica abbia già effettuato un primo vaglio di costituzionalità del decreto-legge in esame in occasione dell'adozione del decreto-legge, il quale non conteneva ancora gli articoli 2-bis e 2-ter. La circostanza che essi siano stati inseriti in un secondo momento rappresenta una forte anomalia nei rapporti tra organi costituzionali, in quanto di fatto il Governo si è arrogato il diritto di introdurre disposizioni ultronee e non sottoposte al predetto vaglio preventivo di costituzionalità. Di tale vizio, che finisce per inquinare l'intero provvedimento, certamente il Presidente della Repubblica ne terrà conto in sede di promulgazione del provvedimento.
In relazione alle polemiche sorte intorno al parere che il Consiglio Superiore della Magistratura esprimerà sul decreto, sottolinea come il tale organo di rilevanza costituzionale debba essere rispettato da tutti i poteri dello Stato quando esercita una propria prerogativa riconosciuta dalla legge e in particolare dall'articolo 10 della legge n. 195 del 1958.
Nel merito, l'articolo 2-bis viola il principio di obbligatorietà dell'azione penale, che deve essere esercitata solo dal potere giurisdizionale, mentre il Governo non può arrogarsi il potere di indicare quali giudizi siano da celebrare e quali da sospendere. La norma introduce impropriamente dei criteri predeterminati che incidono sulla possibilità o meno di celebrare i processi e questo rappresenta un vulnus all'indipendenza della magistratura dagli altri poteri dello Stato. Ben altra cosa era la previsione dell'articolo 227 della legge n. 51 del 1998, che sostanzialmente conferiva mandato agli organi giurisdizionali di attuare la riforma del giudice unico anche tramite la razionalizzazione dei ruoli di udienza, senza invadere la sfera di indipendenza dei giudici.
L'articolo 2-ter pone problemi ancora più delicati che ne determinano la sua grave incostituzionalità. In particolare, non è dato comprendere quale ragionevolezza possa essere attribuita alla previsione della data del 30 giugno 2002 quale spartiacque per la sospensione dei processi. E chiaro che non vi è alcuna ragionevolezza in tale previsione, ma un preciso e ben noto obiettivo politico della maggioranza. Altrettanto deve dirsi per la identificazione del segmento del procedimento processuale che va dalla fissazione dell'udienza preliminare alla chiusura del dibattimento di primo grado. È del tutto evidente che l'obiettivo della norma sia diverso da quello generale dell'accelerazione dei processi. Inoltre, è ben noto agli operatori del diritto che la sospensione dei processi avverrà solo nominalmente per un anno, e che i processi in questione saranno sospesi per molti anni.
Criticabile è anche il fatto che i commi 7 e 8 del medesimo articolo, attribuiscano al presidente del tribunale, che dovrebbe svolgere funzioni prevalentemente amministrative e organizzative, un potere ampiamente discrezionale di sospensione dei processi, per di più basato su criteri generici e labili, senza la previsione di un rimedio giurisdizionale contro la decisione assunta dal presidente del tribunale.
Conclusivamente, esprime a nome del suo gruppo una radicale contrarietà nei confronti degli articolo 2-bis e 2-ter. Auspica che tali disposizioni possano essere stralciate dal provvedimento in esame e confluire in un apposito disegno di legge, sul quale possa svolgersi un adeguato dibattito parlamentare.

Giorgio Clelio STRACQUADANIO (PdL) ricorda come non più di otto mesi fa, dopo l'omicidio della signora Reggiani, l'allora sindaco di Roma, Walter Veltroni, avesse espressamente chiesto al Governo Prodi di intervenire con decisione e con un provvedimento d'urgenza sul tema della sicurezza affinché episodi come quello non avessero a ripetersi. Fu quindi adottato un decreto-legge, il quale, però, alla fine, a causa dei contrasti interni alla maggioranza,

Pag. 7

non fu convertito in legge e decadde, come pure un altro successivo sulla stessa materia. Le divisioni interne all'allora maggioranza e la mancata risposta alla richiesta di sicurezza che veniva dal Paese contribuirono a determinare la sconfitta del centrosinistra alle elezioni. Oggi, dopo soli otto mesi da allora, Veltroni, nel frattempo divenuto il leader del Partito democratico, sembra aver del tutto dimenticato le sue posizioni di allora: infatti, sebbene il provvedimento in esame, che il Governo ha non solo opportunamente ma doverosamente adottato, riprenda in larga parte misure elaborate dallo stesso ministro Amato nella passata legislatura, Veltroni e il Partito democratico lo criticano, dimostrando di non aver consapevolezza del fatto che il tema della sicurezza è oggi imposto come prioritario alla classe politica, e con la massima forza, dall'elettorato.
Rispondendo poi alle obiezioni fin qui sollevate dai gruppi di opposizione nel corso del dibattito, sottolinea innanzitutto come la situazione della sicurezza in Italia legittimi pienamente il ricorso allo strumento del decreto-legge, come il provvedimento in esame sia stato scritto in qualche modo «sotto dettatura» del corpo elettorale e come il Governo sarebbe stato inadempiente, considerato che il tema della sicurezza è stato centrale in tutta la campagna elettorale, se non avesse posto al primo punto del suo ordine del giorno la questione della sicurezza.
Con riferimento, poi, a quanto sostenuto dal deputato Palomba, ritiene che sia lesivo della dignità del Parlamento, oltreché del tutto infondato dal punto di vista costituzionale, affermare che la norma che sospende i processi penali non sarebbe stata inserita dal Governo fin dall'inizio nel testo, bensì soltanto al Senato, al fine di eludere in questo modo il vaglio di costituzionalità del Presidente della Repubblica, il quale non avrebbe emanato il provvedimento se la norma in questione vi fosse stata contenuta fin dall'inizio: sostenerlo equivale a dire che il Parlamento non può emendare un provvedimento senza ledere una prerogativa del Presidente della Repubblica; senza contare che non è stato il Governo, bensì il Senato, a voler introdurre quella norma nel provvedimento. Si tratta, a suo avviso, di una tesi che nasce dalla cultura del sospetto e da una visione distorta dei rapporti tra Parlamento, Governo e Capo dello Stato.
Considerazioni analoghe svolge in relazione alle posizioni assunte dal Consiglio superiore della magistratura, ricordando come la legge preveda che l'organo di autogoverno della magistratura possa esprimere pareri su progetti di legge solo se lo chiede il ministro della giustizia e comunque solo con riferimento all'impatto di tali progetti sull'amministrazione della giustizia. Il Consiglio superiore della magistratura non può, quindi, arrogarsi una funzione di valutazione preventiva della costituzionalità delle norme, essendo questa una funzione che la Costituzione non attribuisce neppure alla stessa Corte costituzionale, bensì solo alle Camere.
Riguardo poi alla tesi del deputato Palomba secondo cui l'articolo 2-ter, che sospende i processi penali relativi a fatti commessi prima del 30 giungo 2002, sarebbe incostituzionale perché contrastante col principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, ricorda come tale principio sia però di fatto inattuabile, essendo praticamente impossibile per la magistratura istruire tutte le notizie di reato e perseguire tutti i reati allo stesso modo.
Ricordato come, di fatto, siano gli stessi pubblici ministeri, oggi, a decidere quali reati perseguire e quali tralasciare, rileva che è questa prassi ad essere incostituzionale, atteso che la Costituzione italiana non ha configurato la magistratura come un organo politico, a differenza di altri ordinamenti che prevedono l'elettività dei giudici. Stante quindi la sostanziale discrezionalità dell'azione penale, è da preferirsi che sia il Parlamento, ossia l'organo elettivo e rappresentativo della volontà popolare, a stabilire quali debbano essere le priorità nell'esercizio dell'azione penale. Diversamente, del resto, accade che, per voler perseguire tutti i reati, si finisce col non perseguirne in realtà nessuno: è quel che è successo in Italia, dove, come ha

Pag. 8

affermato il Capo della polizia, prefetto Manganelli, nell'audizione informale svolta davanti alle Commissioni riunite ieri, si è di fatto oramai instaurata la «certezza dell'incertezza della pena».

Oriano GIOVANELLI (PD) ricorda come i sindaci, soprattutto dopo l'introduzione dell'elezione diretta, abbiano sempre svolto un ruolo importante in materia di sicurezza, adottando tra l'altro iniziative essenziali, come quella per il riordino del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica e per l'istituzione del Forum italiano per la sicurezza urbana; il quale ultimo ha, a sua volta, elaborato una proposta di legge per il coordinamento in materia di sicurezza pubblica e la realizzazione di politiche integrate per la sicurezza, che nella scorsa legislatura è stata presentata alla Camera dal deputato Incostante e al Senato dal senatore Barbolini.
Ciò premesso, ritiene che le novità introdotte dal provvedimento in esame in materia di poteri dei sindaci non siano in alcun modo di portata tale che si possa sostenere, come ha fatto il presidente Bruno nella sua relazione introduttiva, che il sindaco diventi ora il «fulcro» di una nuova politica della sicurezza urbana. Infatti il provvedimento, pur contenendo talune disposizioni frutto del lavoro svolto dal ministro Amato insieme con l'ANCI nella passata legislatura, recepisce però soltanto alcuni frammenti delle proposte fatte dai sindaci, e non quelle più significative ed efficaci: ad esempio, nel sottolineare l'importanza di tutte le iniziative per il rafforzamento del coordinamento tra polizia statale e polizia locale, rileva che non c'è però traccia nel testo della reciprocità di accesso alle centrali operative, della quale il Forum italiano per la sicurezza aveva fatto richiesta. Il provvedimento, inoltre, trascura completamente il ruolo del sindaco nelle politiche di integrazione e protezione sociale: ruolo che avrebbe dovuto essere rafforzato anch'esso in vista di una efficace politica dell'immigrazione.
Ricorda poi che servirebbero investimenti contro il degrado urbano delle città e politiche dell'abitazione. È infatti giusto reprimere, come fa l'articolo 5, lo sfruttamento della condizione di bisogno in cui versano gli stranieri irregolari, ma occorre anche tenere conto del fatto che gli stranieri irregolari cui i privati non danno più alloggio si riversano sulle strade, diventando un problema di ordine pubblico che finisce col gravare sui sindaci.
Per quanto riguarda poi il potere di ordinanza, premesso che non si tratta, a suo modo di vedere, di un potere sostanziale, dal momento che le ordinanze devono essere preventivamente sottoposte al prefetto, ritiene in ogni caso riduttivo limitare i poteri del sindaco a quelli di ordinanza.
Conclude sottolineando come il provvedimento manchi in definitiva di una strategia globale di collaborazione tra lo Stato e gli enti locali in materia di sicurezza.

Enrico COSTA (PdL) ricorda come il Capo della polizia, prefetto Manganelli, nell'audizione informale svolta ieri davanti alle Commissioni riunite I e II, abbia segnalato numerose criticità dell'ordinamento vigente ed evidenziato alcuni problemi concreti. È emerso dall'audizione un quadro sconfortante. La criminalità comune risulta negli ultimi anni composta per la gran parte da clandestini, che, peraltro, non entrano in Italia irregolarmente, bensì regolarmente, salvo poi trattenersi irregolarmente oltre il limite consentito. Il prefetto Manganelli ha ricordato come circa il 30 per cento dei reati comuni sono commessi da clandestini: si tratta di un dato medio, dal momento che per alcune determinate fattispecie la percentuale è molto più alta e può arrivare al 70 per cento. Il Capo della polizia ha anche ricordato che oltre la metà della popolazione carceraria è composta da stranieri irregolari. Tale popolazione è inoltre soggetta ad un ricambio estremamente rapido. Gli stranieri restano infatti in carcere dai 3 ai 4 giorni, appena il tempo di giungere fino all'udienza di convalida. A

Pag. 9

questo punto interviene il patteggiamento o la sospensione condizionale della pena e vengono quindi scarcerati. In sostanza, lo Stato non è in grado di garantire una vera e definitiva risposta alla richiesta di giustizia. Si tratta di criticità che il decreto-legge affronta là dove introduce norme volte a potenziare il ricorso ai riti celeri di giudizio. Ancora, il prefetto Manganelli ha sottolineato il problema della mancanza di effettività delle espulsioni, ricordando come l'espulsione dello straniero irregolare avvenga per lo più, a causa di difficoltà pratiche di varia natura, non mediante accompagnamento coattivo alla frontiera, bensì mediante consegna dell'ordine scritto ad abbandonare il Paese: ordine che viene, naturalmente, disatteso. Il Capo della polizia ha poi ricordato i problemi collegati all'identificazione degli stranieri irregolari, che costituisce il presupposto sia per la condanna sia per l'espulsione, e la pratica del ricorso, da parte di soggetti arrestati o condannati più volte, a numerosi alias. Opportunamente, quindi, il decreto in esame prevede sanzioni per coloro che alterano parti del proprio corpo per rendersi non identificabili, e il riferimento è innanzitutto alle creste papillari; al riguardo ricorda come di una proposta di legge di analogo contenuto, d'iniziativa del presidente Violante (C. 1936), le Commissioni riunite avessero nella passata legislatura iniziato l'esame.
Parimenti condivisibile reputa l'inasprimento delle sanzioni previste in caso di omicidio colposo per chi guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacenti. Si tratta, anche in questo caso, di un reato sempre più diffuso e che provoca un forte allarme sociale.
Quanto all'articolo 2-bis, che reca la contestata norma per la sospensione dei processi penali per reati commessi fino al 30 giugno 2002, raccomanda la lettura della circolare diramata dal procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino, Maddalena, nel gennaio del 2007, la quale affronta problemi ben noti a tutti ma di rado così precisamente riconosciuti e descritti. In sostanza, la circolare stabilisce un vero e proprio ordine di priorità dei reati da perseguire, individuando quelli da perseguire in tempi brevi, quelli da perseguire in tempi successivi e quelli che è opportuno archiviare. Considerato che su una tale circolare il Consiglio superiore della magistratura non ha avuto nulla da eccepire, non si vede come un analogo programma di priorità giudiziarie possa suscitare dubbi di costituzionalità quando adottato dal legislatore.

Donatella FERRANTI (PD) sottolinea preliminarmente che non è metodologicamente condivisibile la scelta di adottare con decreto-legge disposizioni che incidono sensibilmente sul sistema del diritto penale sostanziale e processuale, atteso che il dibattito parlamentare viene ridotto ai minimi termini e non vi è quasi mai la concreta possibilità di valutare l'impatto sul sistema delle norme che si introducono.
Evidenzia come il provvedimento in esame nasca da esigenze condivisibili e faccia proprie soluzioni normative elaborate nel corso della precedente legislatura. Ne consegue che molte parti del provvedimento appaiono in linea generale condivisibili e, in particolare: l'articolo 2, comma 1, lettere a) e a-bis) che estendono i casi in cui si procede alla distruzione delle cose sottoposte a sequestro nel corso del procedimento penale; l'articolo 2, comma 1, lettera b-bis), introdotta al Senato (in seguito ad approvazione di un emendamento presentato dal gruppo del Partito Democratico) che prevede l'arresto obbligatorio in flagranza per i delitti di falsità personale. Condivisibile è altresì l'ampliamento del ricorso a strumenti acceleratori quale il giudizio direttissimo e il giudizio immediato, anche se occorrerebbe un più approfondito dibattito per comprendere come meglio modulare i predetti istituti processuali. Anche il divieto di patteggiamento in appello deve essere valutato favorevolmente e così anche gli interventi di cui agli articoli da 10 a 12, volti a rafforzare i poteri della procura distrettuale e della direzione nazionale

Pag. 10

antimafia, anche introducendo misure che garantiscano una maggiore efficacia delle misure di prevenzione.
Esprime invece forti perplessità su quegli interventi che manifestano la tendenza del Governo e della maggioranza ad inasprire le pene, ridurre gli ambiti di valutazione del giudice nonché ridurre i benefici per i soggetti sottoposti a pene detentive, perché dovrebbe essere ormai evidente che non è questo il modo per risolvere i problemi della sicurezza e della giustizia. Cita, a titolo esemplificativo, l'articolo 2, comma 1, lettera m), che dispone che in relazione a specifici reati è esclusa la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva.
Evidenzia quindi le criticità dell'articolo 1, laddove, intervenendo sugli articoli 235 e 312 del codice penale, configura dei provvedimenti di espulsione e allontanamento che sostanzialmente prescindono dall'accertamento in concreto della pericolosità sociale del soggetto. D'altra parte, come si può desumere dalle affermazioni del capo della polizia, rese nel corso dell'audizione di ieri, le modifiche previste non garantiscono affatto l'effettività dei provvedimenti in questione e quindi non risolvono il problema della sicurezza con riferimento al fenomeno dell'immigrazione clandestina.
Neanche la nuova aggravante di cui al n. 11-bis) dell'articolo 61 del codice penale, stabilendo un aggravamento di pena connesso ad una presunzione di pericolosità sociale, contribuisce in alcun modo a risolvere il problema che il provvedimento in esame si propone di risolvere. Sotto il profilo dell'effettività, desta perplessità anche la formulazione dell'articolo 5, laddove sanziona la condotta di chi, al fine di trarre un ingiusto profitto, dà alloggio ad uno straniero, privo di titolo di soggiorno, in un immobile di cui ha la disponibilità, ovvero lo cede allo stesso, anche in locazione. Sarebbe infatti opportuno riformulare la disposizione nel senso di sanzionare, più specificamente, la condotta di chi sfrutta o comunque favorisce la presenza illegale di stranieri sul territorio tramite l'attività di cessione di alloggi, anche in locazione.
Gli articoli 2-bis e 2-ter appaiono completamente fuori tema e si pongono in una posizione di insanabile incoerenza con l'intero provvedimento. Del tutto irragionevole è la previsione della sospensione di taluni processi relativi a fatti commessi fino ad una certa data, il 30 giugno 2002, per dare la precedenza ad altri processi, relativi a fatti di particolare allarme sociale, poiché tale previsione, così come formulata, deroga arbitrariamente il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale.
Sottolinea, in particolare, come risulti contraddittorio che fra i procedimenti per i quali si prevede la predetta corsia preferenziale, non siano menzionati quelli relativi al delitti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera m) del provvedimento in esame, per i quali, proprio in considerazione del particolare allarme sociale, è esclusa la sospensione dell'esecuzione della pena.
Preannuncia, in conclusione, che vi saranno altri interventi di deputati appartenenti al gruppo del Partito Democratico che evidenzieranno le numerose criticità del provvedimento.

Pino PISICCHIO (IdV) nell'associarsi alle osservazioni precedentemente svolte dagli onorevoli Palomba e Ferranti, ritiene opportuno intervenire per regolare il fenomeno migratorio, come d'altra parte ha fatto il precedente Governo, con disposizioni in parte recuperate dal provvedimento in esame. In Italia si è raggiunto il numero di circa 3 milioni di immigrati, che ci pone agli stessi livelli di Francia e Gran Bretagna. La scienza sociologica, di fronte ad un flusso migratorio di tali dimensioni, insegna come ci si debba seriamente preoccupare dello sviluppo di fenomeni di xenofobia.
Occorre quindi intervenire, ma le modalità dell'intervento appaiono sotto molti profili criticabili. Configurare lo status di clandestino come aggravante comune desta forti perplessità. Inoltre, l'attuale complessità delle procedure di espulsione e

Pag. 11

allontanamento, sulle quali non si interviene in modo appropriato, fa presagire il protrarsi dell'inefficacia delle procedure medesime. Non si risolve il problema, dunque. Non sembrano sufficientemente approfonditi i rapporti tra immigrazione e lavoro nero, né il tema della necessaria omogeneizzazione della normativa interna con quella comunitaria.
Il punto di maggiore criticità è rappresentato dagli articoli 2-bis e 2-ter, che appaiono completamente estranei al contesto del provvedimento e che presentano inquietanti profili di incostituzionalità con riferimento agli articoli 3, 111 e 112 della Costituzione.
Il termine del 30 giugno 2002, previsto dall'articolo 2-bis è un dato oggettivo e, come tale, risulta oggettivamente arbitrario ed inquietante, a prescindere da qualunque pregiudizio ideologico o atteggiamento giustizialista, poiché appare evidente che la norma in questione non ha una finalità di carattere generale, ma assume i connotati di uno specifico beneficio.
Sarebbe utile per tutti, dato che siamo solo all'inizio della legislatura, un gesto di ripresa del dialogo istituzionale, che potrà essere anche aspro e serrato, ma comunque rispettoso delle regole del gioco.

Luciano DUSSIN (LNP) ritiene anzitutto condivisibili le motivazioni di straordinaria necessità e urgenza che il Governo ha posto a fondamento dell'emanazione del decreto-legge n. 92 del 2008, di cui è in corso di esame il disegno di legge di conversione. Al riguardo osserva che la necessità di contrastare i fenomeni dell'illegalità diffusa collegati all'immigrazione clandestina ed alla criminalità organizzata rappresenta una esigenza avvertita a tutti i livelli a causa del diffuso disagio sociale che ne deriva. A conferma di questa situazione cita i dati contenuti nel rapporto sulla criminalità in Italia predisposto dal Ministero dell'interno, che ha evidenziato l'altissima percentuale di reati commessi dagli immigrati irregolari. Per questa ragione il proprio gruppo sarà sempre favorevole a qualunque iniziativa che sia volta a contenere il fenomeno dell'immigrazione clandestina.
Si sofferma quindi sul provvedimento in esame, esprimendo in primo luogo apprezzamento per la disciplina in materia di espulsioni, che ritiene essere configurata in termini tali da rendere effettivamente utilizzabile questo strumento. Non si tratta di prevedere misure repressive nei confronti degli stranieri, ai quali va comunque riconosciuto l'esercizio pieno dei diritti fondamentali, purché coniugato con il necessario rispetto dei doveri previsti dall'ordinamento giuridico. Si riferisce, in particolare, al diritto al ricongiungimento familiare e a quello dello status di rifugiato, la cui disciplina modificativa è attualmente in corso di esame presso la I Commissione che deve esprimere il proprio parere su tre schemi di decreto legislativo, che integrano il «pacchetto sicurezza» predisposto dal Governo. Si tratta di una serie di provvedimenti che sono volti ad impedire forme di immigrazione indiscriminata che consentano di entrare nel nostro paese anche a persone sprovviste di ogni tipo di reddito che, da un lato, sono in evidente condizione di delinquere per far fronte alle necessità quotidiane e, dall'altro, incidono pesantemente sul sistema sociale. Questa situazione è tanto più aggravata quando si registra una disciplina troppo permissiva sui ricongiungimenti familiari.
In particolare ritiene necessario stabilire con assoluta certezza l'identità degli stranieri presenti sul territorio nazionale per evitare forme di abuso e di strumentalizzazione dell'identità personale, soprattutto da parte dei minori.
Esprime quindi il proprio giudizio positivo sulle norme che consentono alla magistratura un più ampio ricorso allo strumento della confisca, come pure sulle misure dirette a tutelare la sicurezza della circolazione stradale, nonché su quelle volte a prevedere che, nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi, il giudice assegni precedenza assoluta ai procedimenti relativi ai delitti di maggiore allarme sociale.

Pag. 12

Giulia BONGIORNO, presidente, rileva che fino a questo momento sono intervenuti nove deputati dei trentuno iscritti a parlare. Considerato che l'esame preliminare proseguirà nella seduta di oggi fino alle ore 15, domani mercoledì 2 luglio dalle ore 14.30 fino all'inizio della seduta pomeridiana con votazioni dell'Assemblea nonché giovedì 3 luglio al termine dell'audizione del Capo di Stato maggiore della difesa, convocata alle ore 14, ritiene, d'intesa con il Presidente della I Commissione, onorevole Donato Bruno, che sia opportuno sospendere la seduta per procedere alla riunione congiunta degli Uffici di Presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite I e II, al fine di stabilire le modalità del prosieguo dell'esame preliminare in maniera tale da poter consentire di intervenire a tutti i ventidue deputati che risultano ancora iscritti a parlare. Invita i rappresentanti dei gruppi ad indicare i deputati che interverranno alla ripresa dei lavori dopo la riunione congiunta degli uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi. Sospende pertanto la seduta.

La seduta, sospesa alle 13.15, riprende alle 13.25.

Giulia BONGIORNO, presidente, all'esito della riunione congiunta degli uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, rileva che nessun altro deputato tra quelli iscritti a parlare interverrà nella seduta odierna. Rinvia pertanto il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.30.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Martedì 1o luglio 2008.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 13.20 alle 13.25.