CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 30 giugno 2008
23.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e II)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Lunedì 30 giugno 2008. - Presidenza del presidente della I Commissione Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma.

La seduta comincia alle 16.30.

Sull'ordine dei lavori.

Donato BRUNO, presidente, propone di invertire l'ordine dei lavori, nel senso di svolgere dapprima la seduta in sede referente e successivamente la prevista riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite.

Le Commissioni concordano.

DL 92/08: Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica.
C. 1366 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento.

Giulia BONGIORNO (PdL), relatore per la II Commissione, illustra il provvedimento nelle parti di competenza della Commissione Giustizia.
Rileva che il disegno di legge in esame è diretto a convertire in legge il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, così come modificato al Senato. Nella parte motiva del decreto-legge, in premessa all'articolato, sono espressamente enunciate, quali ragioni che hanno indotto il Governo ad utilizzare lo strumento della decretazione d'urgenza, la «straordinaria necessità ed urgenza di

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introdurre disposizioni volte ad apprestare un quadro normativo più efficiente per contrastare fenomeni di illegalità diffusa collegati all'immigrazione illegale e alla criminalità organizzata, nonché norme dirette a tutelare la sicurezza della circolazione stradale in relazione all'incremento degli incidenti stradali e delle relative vittime.
L'ordine e la sicurezza pubblica sono definiti nella relazione di accompagnamento del disegno di legge presentato dal Governo al Senato come beni primari pregiudicati da taluni gravissimi fenomeni in continua espansione. Il decreto-legge, pertanto, si propone di offrire delle risposte immediate e non differibili seguendo due diverse vie: da un lato, come ad esempio per le misure di prevenzione, sono stati adottati piani di intervento ampi ed articolati diretti a fornire una nuova disciplina di particolari istituti, dall'altro sono state adottate misure dirette a risolvere temporaneamente alcuni problemi.
È evidente, quindi, che per risolvere in radice alcuni problemi relativi alla sicurezza servirà una riforma organica con interventi ben più complessi di quelli che possono essere affidati al decreto.
Ed è innegabile che molti di questi interventi dovranno investire il tema dell' organizzazione degli uffici giudiziari e del processo penale atteso che non vi può essere sicurezza senza giustizia.
In attesa di riforme che impongono tempi non certo brevi, il Governo ha ritenuto di approntare una serie di misure che hanno la funzione di porre un rimedio immediato ad alcune delle più evidenti falle che l'ordinamento ogni giorno mostra in termini di sicurezza.
A fronte della necessità ed urgenza di realizzare tale scopo il Governo ha ritenuto di utilizzare lo strumento del decreto-legge, da considerare prodromo rispetto a successivi interventi legislativi. In questa ottica, il Governo, pressoché contemporaneamente all'adozione del decreto in esame ha presentato al Senato un disegno di legge ordinario in cui ha previsto una serie di ulteriori interventi in materia di sicurezza. Altri interventi sono stati annunciati ed altri ancora saranno proposti al Parlamento da tutte le forze politiche. Siamo ancora all'inizio della legislatura, il cui Parlamento avrà quindi modo di approvare anche delle riforme strutturali in tema di sicurezza.
Tornando al contenuto del decreto-legge in esame, questi individua una serie di fattori che hanno determinato un profondo senso di insicurezza del Paese. Si tratta, in particolare, della spinta criminogena di una immigrazione irregolare senza controlli adeguati dei requisiti necessari per ottenere un soggiorno legale nel territorio dello Stato, dell'incremento esponenziale delle vittime di incidenti stradali cagionati dall'abuso di alcool e stupefacenti, dell'assenza di efficaci strumenti di contrasto alla criminalità locale in capo ai sindaci e delle difficoltà operative nell'aggressione dei beni mafiosi dovute all'obsolescenza della normativa di prevenzione. Il Senato ne ha aggiunti altri, come l'incertezza della pena per i reati più gravi, i cui processi si trascinano per anni nel marasma della lentezza della giustizia in Italia, o come l'inadeguatezza del controllo del territorio da parte dello Stato.
A seguito delle modifiche apportate dal Senato, il decreto si compone di 24 articoli, a fronte dei 13 del testo originario. Si tratta di norme penali sostanziali e processuali, nonché di disposizioni di sicurezza ed ordine pubblico sicurezza e di misure di prevenzione. In quanto relatrice per la Commissione Giustizia si soffermerà sulle parti rientranti nella competenza della Commissione, mentre delle restanti parti si occuperà il Presidente Donato Bruno, relatore per la I Commissione.
L'articolo 1 è composto da disposizioni dirette a modificare o sostituire disposizioni del codice penale. Alcune di queste riguardano direttamente gli stranieri che si trovano illegalmente in Italia altre sono applicabili anche ai cittadini, come le prime due lettere del comma 1, che hanno per oggetto l'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, disposta con provvedimento giurisdizionale a titolo di misura di sicurezza personale non detentiva. Le modifiche agli articoli 235 e 312 del

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codice penale sono finalizzate ad ampliare la portata applicativa dell'istituto. Il primo di tali articoli rientra nella parte generale del codice penale ed ha per ha per oggetto la misura di sicurezza personale dell'espulsione dello straniero dallo Stato, che la normativa vigente prevede che sia ordinata dal giudice, oltre che nei casi espressamente preveduti dalla legge, quando lo straniero sia condannato alla reclusione per un tempo non inferiore a dieci anni e che allo straniero che trasgredisce all'ordine di espulsione si applicano le sanzioni stabilite dalle leggi di sicurezza pubblica per il caso di contravvenzione all'ordine di espulsione emanato dall'autorità amministrativa. Il decreto, in primo luogo, inserisce, accanto all'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, la misura di sicurezza dell'allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea, espressamente prevista e disciplinata a titolo di pena o misura accessoria, dall'articolo 33 della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004. Inoltre, la soglia di pena oltre la quale scatta l' espulsione è notevolmente ridotta, passando da dieci anni a due anni. Continuano a essere fatti salvi gli altri «casi espressamente preveduti dalla legge». Tra questi ricordiamo le espulsioni previste come obbligatorie dall'articolo 312 del codice penale (modificato dal decreto), in conseguenza della condanna per un delitto contro la personalità dello Stato e dall'articolo 86 del testo unico sugli stupefacenti, nonché l'espulsione prevista come facoltativa dall'articolo 15 del testo unico sull'immigrazione, conseguente alla condanna per uno dei reati per cui è previsto l'arresto in flagranza. Ulteriore modifica all'articolo 235 è apportata al secondo comma relativo all'aspetto sanzionatorio della violazione dell'ordine di espulsione. Il rinvio alle «leggi di sicurezza pubblica per il caso di contravvenzione all'ordine di espulsione emanato dall'Autorità amministrativa» viene sostituito con la previsione di un delitto, punito con la reclusione da uno a quattro anni. Il Senato ha apportato ulteriori modifiche all'articolo 235. È stato specificato che l'espulsione e l'allontanamento dal territorio dello Stato sono eseguiti dal questore nel rispetto delle modalità previste per gli stranieri dall'articolo 13, comma 4, del testo unico immigrazione, e per i cittadini comunitari dall'articolo 20, comma 11, del decreto legislativo n. 30 del 2007. Ai sensi della prima disposizione l'espulsione dello straniero è eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, mentre per la seconda si prevede che, nei casi di espulsione con accompagnamento alla frontiera, il questore comunica immediatamente e, comunque, entro 48 ore al giudice di pace territorialmente competente, il provvedimento con il quale è disposto l'accompagnamento. L'esecuzione del provvedimento del questore di allontanamento dal territorio nazionale è sospesa fino alla decisione sulla convalida, che avviene in udienza camerale, con decreto motivato, entro le 48 ore successive, garantito il contraddittorio. Inoltre il Senato ha previsto che in ogni caso è obbligatorio l'arresto di colui che trasgredisce l'ordine di espulsione, anche fuori dei casi di flagranza, e si procede con rito direttissimo.
L'articolo 312 del codice penale, avente ad oggetto la specifica ipotesi di espulsione dello straniero dal territorio dello Stato conseguente alla condanna per un delitto contro la personalità dello Stato indipendentemente dall'entità della pena, è stato modificato conseguentemente rispetto alle modifiche appena descritte dell'articolo 235.
A seguito di una modifica introdotta nel decreto dal Senato, l'articolo 1 modifica l'articolo 416-bis del codice penale, in materia di associazione di tipo mafioso, prevedendo in primo luogo un inasprimento delle sanzioni per le diverse forme di partecipazione. Un'ulteriore modifica è apportata al comma ottavo dello stesso articolo 416-bis, e mira ad ampliare l'applicazione delle disposizioni che regolano la fattispecie di associazione mafiosa anche alle associazioni straniere.

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Con la finalità principale di contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina ed in particolare di potenziare gli strumenti di identificazione e accertamento delle qualità personali, il Senato è intervenuto sui delitti in materia di falsità personale, inasprendo le sanzioni vigenti ed introducendo nuove figure di reato, come quella che punisce con la reclusione da 1 a 6 anni chi, al fine di impedire la propria o altrui identificazione, altera parti del proprio o dell'altrui corpo utili per consentire l'accertamento di identità o di altre qualità personali. Il fatto è aggravato se commesso nell'esercizio di una professione sanitaria. Si tratta di una norma resa necessaria a seguito della diffusione tra gli stranieri illegali della pratica volta ad impedire, a volte in modo irreversibile, la possibilità concreta di una identificazione mediante la sottoposizione dell'interessato ai rilievi dattiloscopici.
Altra modifica apportata dal Senato ha per oggetto l'aggravante del delitto di omicidio, prevedendosi che sia punito con l'ergastolo chiunque cagiona la morte di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ovvero di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza, nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio.
Le lettere c), c-bis), d) ed e) dell'articolo 1, esulano dalla tematica dell'immigrazione clandestina introducendo alcune significative modifiche alle vigenti disposizioni concernenti uno dei fenomeni criminosi che più profondamente hanno minato, negli ultimi tempi, la sicurezza dei cittadini. Si tratta dei delitti di omicidio e lesioni colpose commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, con particolare riferimento a quelli posti in essere da soggetti postisi alla guida in stato di ebbrezza, o di alterazione conseguente ad assunzione di sostanze stupefacenti. Inoltre si interviene anche in tema di sicurezza del lavoro. Tema la cui tragica attualità è tutti ben troppo evidente per dover essere ulteriormente sottolineata. Come vedremo il tale tema è oggetto anche di altre disposizioni del decreto.
La lettera f), inserendo il numero 11-bis al primo comma dell'articolo 61 del codice penale, prevede una nuova circostanza aggravante che consiste nell'«avere il colpevole commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale». Ciò significa che per ogni reato commesso da chi si trovi in tale situazione può essere aumentata fino ad un terzo.
La lettera f-bis), inserita nel corso dell'esame in Senato, inserisce un ulteriore comma nell'articolo 62-bis del codice penale in tema di circostanze attenuanti generiche. Tale disposizione è volta ad escludere che l'assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato possa essere unica ragione di concessione delle circostanze attenuanti generiche.
L'articolo 2 è composto da un unico comma suddiviso in diciassette lettere (molte delle quali inserite durante l'esame al Senato) che introducono significative modifiche al codice di procedura penale.
Tra le diverse modifiche si segnalano quelle relative alla disciplina del giudizio direttissimo, con l'intenzione di far sì che la scelta del rito in questione divenga la regola in relazione a tutte le indagini che non richiedono attività ulteriori da parte del pubblico ministero. In particolare, si prevede, quando l'arresto in flagranza è già stato convalidato, l'obbligo (anziché la facoltà) per il pubblico ministero di procedere con il rito direttissimo, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini. Con un emendamento approvato dal Senato è stato esteso da 15 a 30 giorni dall'arresto il termine entro il quale il PM deve presentare l'imputato in udienza. Il pubblico ministero ha obbligo di scelta del rito direttissimo se sia stata resa confessione nel corso dell'interrogatorio. Modifiche dello stesso tenore sono apportate alla disciplina del giudizio immediato.
È inoltre eliminato il cosiddetto patteggiamento in appello, che prevede la possibilità di accordo tra le parti per l'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello con rideterminazione della pena e rinuncia agli altri motivi. La relazione illustrativa del provvedimento afferma che

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le motivazioni dell'eliminazione di tale istituto risiedono essenzialmente nel fatto che, pur diverso, sia come funzione che come struttura processuale, dal patteggiamento di cui all'articolo 444 del codice di procedura penale il patteggiamento in appello ha, nella pratica, provocato il ridimensionamento dell'interesse a chiedere l'applicazione del patteggiamento vero e proprio già in primo grado, così vanificando le finalità deflattive per cui era stato introdotto.
La lettera m) dispone che in relazione a specifici reati, che suscitano particolare allarme sociale, è esclusa la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva, così come già oggi è previsto per i reati elencati nell'articolo 4-bis della legge sull'ordinamento penitenziario. I nuovi reati sono l'incendio boschivo, il furto aggravato, ed il furto in abitazione e con strappo e i delitti in cui ricorre la nuova aggravante della clandestinità prima richiamata.
Nel corso dell'esame al Senato sono stati approvati due articoli aggiuntivi, l'articolo 2-bis e l'articolo 2-ter, che introducono deroghe alla ordinaria disciplina del processo penale prevedendo, rispettivamente la precedenza, nei ruoli d'udienza, per la trattazione dei processi di maggior allarme sociale e la corrispondente sospensione per un anno dei processi per reati ritenuti meno gravi, purché commessi entro il 30 giugno 2002.
L'articolo 2-bis riformula l'articolo 132-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, che attualmente prevede che, nella formazione dei ruoli di udienza venga assicurata priorità assoluta alla trattazione dei procedimenti quando ricorrono ragioni di urgenza con riferimento alla scadenza dei termini di custodia cautelare. La norma riformulata elenca i reati per i quali è introdotta una corsia preferenziale nella trattazione dei relativi procedimenti penali. È stabilito che, nella formazione dei ruoli e nella trattazione dei processi, il giudice debba dare precedenza assoluta ai procedimenti per delitti puniti con ergastolo o reclusione superiore nel massimo a 10 anni, ai procedimenti per delitti gravi (individuati attraverso il rinvio ad articoli del codice di procedura penale che elencano, per diverse finalità, una serie di reati ritenuti gravi, ai procedimenti con imputati detenuti (anche per reato diverso da quello per cui si procede) ed ai procedimenti da celebrare con rito direttissimo ed immediato. È inoltre specificato (comma 2 dell'articolo 132-bis) che nella formazione dei ruoli di udienza il giudice assicura priorità assoluta alla trattazione dei procedimenti relativi a reati commessi in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Come è stato segnalato durante la discussione al Senato, un analogo criterio è già presente nell'ordinamento ai sensi del decreto legislativo n. 51 del 1998, che ha introdotto il giudice unico di primo grado.
Il secondo articolo aggiuntivo, articolo 2-ter, trae le premesse dal contenuto dell'illustrato articolo 2-bis, in quanto è diretto ad assicurare la priorità assoluta alla trattazione dei reati di cui all'articolo 132- bis appena descritto.
La nuova norma sospende per un anno i processi penali relativi a reati commessi entro il 30 giugno 2002 (in caso di pluralità di reati contestati deve farsi riferimento alla data dell'ultimo reato) quando il processo si trovi nella fase compresa tra la fissazione dell'udienza preliminare e la chiusura del dibattimento di primo grado. Come precisato nel comma 6, non sono sospesi i procedimenti relativi ai reati di grave allarme sociale come quelli di cui all'articolo 51, commi 3-bis (associazione a delinquere finalizzata alla tratta o alla riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù, associazione mafiosa e reati connessi, sequestro di persona a scopo di estorsione, riduzione in schiavitù o servitù, tratta di persone, ecc.) e 3-quater (terrorismo), e all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, quelli punibili con l'ergastolo o la reclusione superiore nel massimo a 10 anni, i delitti di criminalità organizzata, i reati commessi in violazione delle norme sugli infortuni sul lavoro, nonché i procedimenti con imputati detenuti, anche per reato diverso da quello per cui si procede.

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La sospensione di un anno è obbligatoria, anche se vi è la possibilità, per l'imputato, di chiedere al Presidente del tribunale di non sospendere il processo. Il Presidente provvede sulla richiesta con ordinanza, valutate le ragioni le esigenze dell'ufficio e lo stato del processo. La sospensione opera immediatamente dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.
Durante la sospensione del processo è sospeso il corso della prescrizione, che riprende a decorrere dal giorno di cessazione della sospensione. Inoltre, in presenza dei presupposti, il giudice può procedere all'incidente probatorio (testimonianze, confronti, perizie, ecc.) quando l'assunzione di tale mezzo di prova appaia come atto urgente non rinviabile.
Al fine di non pregiudicare i diritti della parte civile nel processo penale sospeso, si prevede che questa possa trasferire l'azione in sede civile. Per tale ipotesi, è introdotta una corsia preferenziale che prevede l'abbreviazione della metà dei termini di comparizione e la precedenza della causa trasferita nell'ordine di trattazione delle cause fissato dal giudice civile.
Sempre per dare priorità ai procedimenti urgenti di cui al comma 1, un'ulteriore ipotesi di sospensione del processo penale è dettata dal comma 7 e riguarda, in tali procedimenti, la possibilità per il Presidente del tribunale di sospendere il processo quando i reati contestati siano prossimi alla prescrizione e la pena eventuale da infliggere sia «coperta» da indulto, ai sensi della legge n. 241 del 2006 (reati commessi fino al 2 maggio 2006, puniti in misura non superiore a tre anni di reclusione o non superiore a 10.000 euro per pene pecuniarie sole o congiunte a pene detentive). In questi casi la sospensione riguarda reati che non rientrano per limiti temporali, per entità della pena o per natura del reato tra quelli per i quali opera la sospensione obbligatoria.
L'ultimo comma prevede la possibilità di richiedere il patteggiamento anche quando siano decorsi i termini e fino alla dichiarazione di chiusura del dibattimento e sia già stata presentata nel procedimento analoga richiesta su cui il PM abbia espresso dissenso ovvero questa sia stata rigettata dal giudice. In tali casi, la richiesta di patteggiamento va avanzata entro tre giorni dalla notifica di sospensione o nella prima udienza utile successiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.
L'articolo 3 sottrae alla competenza del giudice di pace, le ipotesi di lesioni colpose gravi e gravissime di cui all'articolo 590, terzo comma, del codice penale, commesse con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, quando si tratta di reato commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ovvero sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.
L'articolo 4 reca delle modifiche al Codice della strada, rendendo più incisiva la disciplina vigente relativa alla guida sotto l'influenza dell'alcool o in stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti, causa quotidiana di incidenti stradali mortali.
L'articolo 5 modifica l'articolo 12 del Testo unico sull'immigrazione, prevedendo nuovi reati come quello relativo alla cessione a titolo oneroso ad uno straniero irregolarmente soggiornante, di un immobile di cui si abbia la disponibilità. Le condotte incriminate consistono nel «dare alloggio» e nel «cedere, anche in locazione» un immobile che è nella propria disponibilità, sempre a titolo oneroso. È necessario il dolo specifico, quale il «fine di trarre ingiusto profitto». La condanna con provvedimento irrevocabile, ovvero l'applicazione della pena su richiesta delle parti, comporta la confisca dell'immobile, salvo che esso appartenga a persona estranea al reato. È impresso uno specifico vincolo di destinazione ai proventi della vendita dei beni confiscati, i quali vanno impiegati in attività di contrasto dell'immigrazione clandestina.
Inoltre si abbrevia il termine a sette giorni, in luogo degli attuali quindici, per la formazione del silenzio-assenso sulla richiesta di nulla-osta all'espulsione dello straniero presentata dal questore all'autorità

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giudiziaria quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale e non si trova in stato di custodia cautelare in carcere.
Il comma 1-ter, introdotto nel corso dell'esame al Senato, ha per oggetto l'occupazione di lavoratori stranieri privi di regolare permesso di soggiorno. La modifica prevede che il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, sia punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di cinquemila euro per ogni lavoratore irregolare impiegato. In base a tale modifica - oltre che un inasprimento della pena detentiva - si determina la trasformazione del reato, da contravvenzione a delitto. In base al testo vigente infatti, la suddetta condotta è sanzionata con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda di cinquemila euro per ogni lavoratore impiegato. Ciò incide sull'elemento soggettivo in quanto il delitto, al contrario della contravvenzione, è punibile per colpa solo se vi è specifica previsione.
Gli articoli da 6 a 9 rientrano nell'ambito delle materie di competenza della I Commissione, pertanto saranno trattati dal relatore per tale Commissione.
L'articolo 10 è composto da un unico comma che interviene sulla legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro la mafia), al fine di rafforzare i poteri della procura distrettuale e della direzione investigativa antimafia e di garantire una maggiore efficacia delle misure di prevenzione. In primo luogo è esteso l'ambito di applicazione dell'articolo 1 della legge n. 575 del 1965 agli indiziati per ulteriori reati rispetto a quelli di mafia, indicati espressamente dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, tra i quali si ricordano i delitti di tratta e di riduzione in schiavitù nonché alcuni in materia di traffico di stupefacenti.
È attribuita la facoltà di proporre l'applicazione delle misure di prevenzione (anche senza preventivo avviso) non solo al procuratore nazionale antimafia, al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo di distretto ove dimora la persona ed al questore, ma anche al direttore della Direzione investigativa antimafia (DIA). Per quanto riguarda le procure distrettuali, la relazione illustrativa al disegno di legge di conversione afferma che da più parti era stata evidenziata l'incongruenza della normativa previgente in tema di attribuzioni del pubblico ministero in materia di misure di prevenzione, in quanto essa prevedeva che fosse il pubblico ministero localmente competente ad effettuare le indagini e ad intervenire nel corso del procedimento di applicazione delle suddette misure. È stato quindi ritenuto opportuno valorizzare in proposito l'esperienza delle Direzioni distrettuali antimafia.
È stato inoltre, esteso al direttore della Direzione investigativa antimafia il potere di effettuare indagini sul tenore di vita, sulle disponibilità finanziarie e sul patrimonio dei soggetti indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso e similari nei cui confronti possa essere proposta la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza con o senza divieto od obbligo di soggiorno. Al direttore della Direzione investigativa antimafia è stata estesa la facoltà di richiedere al presidente del tribunale, nei casi di particolare urgenza, il provvedimento di sequestro sui beni delle persone indiziate di reati di mafia.
Si interviene anche sulla norma che prevede che, con l'applicazione della misura di prevenzione, il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati dei quali non sia dimostrata la legittima provenienza. Il testo approvato dal Senato statuisce che il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati di cui la persona interessata dal procedimento non possa giustificare la legittima provenienza, di cui la persona stessa, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla

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propria attività economica, che risultino essere frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.
Sono conferiti ulteriori poteri al direttore della Direzione investigativa antimafia in relazione alla richiesta dei provvedimenti di sequestro e di confisca ed alla facoltà di proporre la prosecuzione o l'avvio del procedimento di prevenzione.
Infine, nel corso dell'esame presso il Senato sono stati aggiunti all'articolo 2-ter della legge n. 575 del 1965 ulteriori cinque commi relativi alla confisca dei beni, tra i quali quelli cd. fittizi.
È attribuito al direttore della Direzione investigativa antimafia il potere di richiedere al tribunale, anche dopo l'applicazione della misura di prevenzione, i provvedimenti di cui al comma 4 dell'articolo 10.
L'articolo 10-bis interviene nella materia della confisca, specificando che quando non è possibile procedere alla confisca in applicazione delle disposizioni ivi richiamate, il giudice ordina la confisca delle somme di denaro, dei beni e delle altre utilità delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore equivalente al prodotto, profitto o prezzo del reato.
L'articolo 11, così come il seguente, reca disposizioni in materia di misure di prevenzione.
Si prevede tra l'altro che quando è stata applicata una misura di prevenzione personale la riabilitazione può essere richiesta dopo 5 anni dalla cessazione della misura di prevenzione personale.
L'articolo 12 prevede che il procuratore nazionale antimafia può disporre - nell'ambito dei poteri attribuitigli dall'articolo 371-bis del codice di procedura penale e sentito il competente procuratore distrettuale - l'applicazione temporanea di magistrati della Direzione nazionale antimafia alle procure distrettuali per la trattazione di singoli procedimenti di prevenzione patrimoniale. Dei poteri di coordinamento e d'impulso il procuratore nazionale antimafia si avvale dopo aver sentito dei descritti il competente procuratore distrettuale. Si prevede inoltre, che, qualora ne faccia richiesta il procuratore distrettuale, il procuratore generale presso la Corte d'appello possa, per giustificati motivi, disporre che le funzioni di pubblico ministero per la trattazione delle misure di prevenzione siano esercitate da un magistrato designato dal procuratore della Repubblica presso il giudice competente.
L'articolo 12-ter, introdotto dal Senato, apporta delle modifiche alla disciplina del gratuito patrocinio, volte a prevedere l'esclusione dal gratuito patrocinio per i condannati con sentenza irrevocabile per alcune categorie di reati di particolare allarme sociale quali quelli di mafia, di contrabbando e di traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, limitatamente alle ipotesi aggravate.
L'articolo 12-quater, inserito nel corso dell'iter del provvedimento al Senato, concerne l'applicazione dei procedimenti speciali nell'ambito del processo minorile, escludendo che il pubblico ministero possa procedere con rito direttissimo o chiedere il giudizio immediato, quando ciò possa recare grave pregiudizio alle esigenze educative del minore.
L'articolo 13 riguarda, infine, l'entrata in vigore del decreto-legge, che decorre dal giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.

Donato BRUNO, presidente e relatore per la I Commissione, premesso che la sua relazione si concentrerà sulle disposizioni di competenza della I Commissione, ricorda innanzitutto l'articolo 6, il quale apporta modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ampliando le attribuzioni del sindaco quale ufficiale del Governo. In particolare, l'articolo 6 apporta, sostituendolo integralmente, alcune modifiche sostanziali all'articolo 54 del testo unico, che disciplina le attribuzioni del sindaco nelle funzioni di competenza statale. La principale innovazione introdotta consiste nell'ampliamento dei poteri di ordinanza del sindaco, al fine di consentirgli l'adozione di provvedimenti, sia in via ordinaria, sia con procedura

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di urgenza, qualora si renda necessario prevenire ed eliminare gravi pericoli non solo per l'incolumità pubblica, come già previsto, ma anche per la sicurezza delle aree urbane.
Come emerge dalla relazione illustrativa del provvedimento, il potenziamento degli strumenti giuridici a disposizione del sindaco per il contrasto della criminalità locale è il frutto di un bilanciamento tra le prerogative statali in tema di sicurezza pubblica e l'esigenza di valorizzare, anche in tale ambito materiale, il ruolo degli enti locali.
Nell'ottica governativa, la posizione del sindaco viene ad essere in tal modo quella di «fulcro» di una nuova sinergia tra le istituzioni nella lotta alla criminalità, in considerazione del fatto che la qualità di amministratore locale permette di conoscere più a fondo le problematiche del territorio che comportano rischi per la sicurezza.
Come ha ricordato il ministro Maroni nell'audizione svolta davanti alla I Commissione il 25 giugno scorso, si tratta di una svolta importante in quanto si prevede per la prima volta in modo istituzionale l'intervento del sindaco, come capo della comunità, al fianco delle forze di polizia per garantire un più efficace controllo del territorio.
Per quanto riguarda il dettaglio delle modifiche apportate al testo unico, in primo luogo viene data autonoma evidenza alle funzioni relative all'ordine e alla sicurezza pubblica di spettanza del sindaco in qualità di ufficiale del Governo già previste in precedenza: esse sono disciplinate in modo unitario nel comma 1 dell'articolo 54 del testo unico come riformulato. Tale innovazione formale è volta, nelle intenzioni del Governo, a conferire «maggiore rilievo e pregnanza» a dette funzioni. Il testo approvato dal Senato precisa che l'informativa al prefetto sulle iniziative del sindaco in materia di vigilanza deve essere preventiva.
Il nuovo comma 2 attribuisce al sindaco il compito di concorrere ad assicurare la cooperazione fra le forze di polizia locali e statali, in modo da consentire una maggiore partecipazione dell'amministratore locale alla tutela della sicurezza dei cittadini. Le forme di tale cooperazione istituzionale sono demandate ad apposite direttive adottate dal Ministro dell'interno, in qualità di Autorità nazionale di pubblica sicurezza.
Il comma 3 conferma le funzioni statali di competenza del sindaco, già previste dal previgente comma 1, lettera a), relativamente alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e agli adempimenti demandati al sindaco dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica.
Il comma 4 novellato amplia il potere del sindaco di emanare ordinanze contingibili e urgenti, prevedendo, quale situazione legittimante il provvedimento extra ordinem, il grave pericolo per la «sicurezza urbana», che si affianca così al grave pericolo per l'«incolumità dei cittadini», già previsto, che viene ridefinita come «incolumità pubblica».
La disposizione in questione è già stata applicata. Il 13 giugno scorso, il sindaco di Venezia ha infatti adottato un provvedimento urgente per contrastare il fenomeno del commercio «in forma itinerante» nel centro storico del Comune di Venezia.
A questo potere viene inoltre aggiunta una competenza per così dire «ordinaria» ad adottare provvedimenti con le medesime finalità. Il riferimento ai provvedimenti «anche» contingibili e urgenti, inserito durante la discussione in Assemblea al Senato, comporta infatti che tali provvedimenti possano anche non rientrare tra quelli «contingibili e urgenti», i cui presupposti e limiti sono stati definiti dalla giurisprudenza nel corso degli anni.
Tali provvedimenti - sia ordinari, sia extra ordinem - devono essere preventivamente comunicati al prefetto, in quanto la situazione che li legittima attiene alla sicurezza, tematica che - secondo la relazione - vede comunque un ruolo centrale e «strategico» dell'autorità locale di Governo, cui competono in via generale gli interventi attuativi dell'ordinanza sindacale.

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In base al testo previgente, il ruolo del prefetto era limitato alla cooperazione nei casi in cui il sindaco richiedesse l'uso della forza pubblica ai fini dell'esecuzione delle ordinanze adottate. Nel nuovo testo, il sindaco informa dei provvedimenti adottati il prefetto, il quale può predisporre gli strumenti ritenuti necessari per la loro attuazione.
Rimane invece confermata la previsione secondo cui i provvedimenti del sindaco devono essere adottati con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento.
La determinazione dell'ambito di applicazione delle relative disposizioni è infatti rimessa dal comma 4-bis ad un decreto del ministro dell'interno, al quale spetterà anche apprestare una definizione normativa - oggi assente nell'ordinamento - alla locuzione «sicurezza urbana»; definizione indispensabile proprio al fine di circoscrivere i poteri del sindaco in materia.
Il comma 5 del testo novellato introduce una forma di coordinamento fra amministratori locali, che viene attivata dal prefetto quando i provvedimenti dei sindaci in tema di sicurezza appaiono suscettibili di incidere anche sulla ordinata convivenza nei comuni contigui o limitrofi. In tali evenienze, il prefetto convoca una conferenza cui partecipano, necessariamente, i sindaci interessati e il presidente della provincia; eventualmente, anche altri soggetti pubblici o privati legati all'ambito territoriale di applicazione del provvedimento.
Il comma 5-bis attribuisce ai sindaci anche una nuova funzione «collaborativa» in tema di contrasto dell'immigrazione irregolare: gli amministratori locali sono chiamati a segnalare alle competenti autorità - giudiziaria o di pubblica sicurezza - la condizione irregolare dello straniero o del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea, per la eventuale adozione di provvedimenti di espulsione o di allontanamento dal territorio dello Stato.
La disposizione si ricollega al ruolo maggiore che viene assegnato alla polizia municipale nell'attività di pubblica sicurezza dagli articoli 7 e 8 del provvedimento. In particolare, il comma 1 dell'articolo da ultimo citato, in connessione con la disposizione illustrata, consente l'accesso del personale della polizia municipale con qualifica di agente di pubblica sicurezza alle informazioni concernenti i permessi di soggiorno contenute nella banca dati per l'attività operativa e investigativa delle Forze di Polizia.
I commi 6, 7, 8, 9 e 10 - già commi 3, 4, 5, 6 e 7 del previgente articolo 54 - sono stati riscritti senza modifiche ad eccezione di quelle conseguenti al rinnovato assetto sistematico. Nel nuovo testo del comma 6, inoltre, viene aggiunto il riferimento ai «motivi di sicurezza urbana» tra i presupposti che legittimano il sindaco a modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché quelli degli uffici pubblici.
Dal nuovo testo dell'articolo 54 sono state espunte le norme, contenute nel previgente comma 8, che in precedenza consentivano la nomina di un commissario ad acta da parte del prefetto, nei casi di inerzia del sindaco nell'espletamento dei servizi di competenza statale. La relazione illustrativa afferma che la soppressione di tali previsioni è in sintonia col mutato quadro costituzionale di riferimento, a seguito della riforma del Titolo V, che ha delineato un nuovo assetto dei rapporti tra Stato e autonomie locali.
Conseguentemente è stato eliminato il successivo comma 9 che poneva a carico dell'ente interessato le spese per il commissario.
Peraltro, i commi 11 e 12 del testo novellato recano nuovi, significativi poteri in capo all'amministrazione dell'interno.
Al prefetto viene attribuito il potere di surrogare con propri provvedimenti, in caso di inerzia, l'amministratore locale nelle funzioni relative all'ordine pubblico, alla sicurezza pubblica, alla polizia giudiziaria, all'incolumità pubblica e alla sicurezza urbana (anche con ordinanze urgenti) e negli adempimenti in ordine allo

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stato civile, alla materia elettorale, alla leva militare e alla statistica (comma 11).
Viene inoltre previsto in via generale il potere del Ministro di adottare atti d'indirizzo per l'esercizio di tutte le funzioni previste in capo al sindaco dall'articolo 54 del testo unico come novellato (comma 12). Secondo quanto emerso durante il dibattito presso le competenti Commissioni del Senato, tali poteri dell'amministrazione dell'interno sono volti a bilanciare le nuove attribuzioni dei sindaci, nell'ottica della leale collaborazione e dell'equilibrio fra le prerogative dei diversi livelli di governo.
Peraltro, mentre il potere ministeriale «di indirizzo» non era contemplato dal testo previgente, quello prefettizio «di surroga» interviene in luogo di alcuni strumenti già previsti: nomina di commissario; adozione in prima persona da parte del prefetto di ordinanze urgenti. Analogamente a quanto previsto per gli strumenti precedentemente a disposizione del prefetto, i quali potevano essere utilizzati solo in caso di inerzia dell'amministratore locale, la surroga diretta qui introdotta non può prescindere da tale condotta omissiva.
Il ministro Maroni, nella già ricordata audizione del 25 giugno scorso, ha manifestato un orientamento favorevole a trasferire ai sindaci anche alcune competenze che oggi sono proprie della polizia, ad esempio quelle in materia di rilascio dei passaporti e dei permessi di soggiorno, collegando comunque la riflessione sul punto al disegno di legge che il Governo ha presentato al Senato come parte del pacchetto sicurezza (S. 733).
Il ministro ha inoltre annunciato che sta lavorando ad un disegno di legge per la revisione delle funzioni e dell'ordinamento dei corpi di polizia municipale, questo sulla base di una proposta presentata dall'ANCI, dall'UPI e dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e dei lavori svolti su questa materia nelle passate legislature.
L'articolo 6-bis, inserito durante la discussione in Assemblea al Senato, reca una novella all'articolo 16 della legge n. 689 del 1981, introducendo una deroga alla disciplina generale del pagamento in misura ridotta delle sanzioni amministrative, con riferimento alle violazioni dei regolamenti e delle ordinanze comunali e provinciali.
In via generale l'articolo 16 della legge n. 689 del 1981 prevede che in caso di violazione di una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, il trasgressore possa procedere al pagamento della sanzione in una misura ridotta, pari a un terzo del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, ovvero - qualora il calcolo sia più favorevole e sia previsto un minimo della sanzione edittale - pari al doppio di tale ultimo importo, oltre alle spese del procedimento. Il pagamento in misura ridotta deve essere effettuato entro un termine di sessanta giorni che decorre dalla contestazione immediata o, in assenza della contestazione, dalla notificazione degli estremi della violazione.
In particolare, la disposizione in esame - sostituendo una norma sostanzialmente priva di efficacia giuridica a seguito delle abrogazioni succedutesi nel tempo - prevede che per le violazioni ai regolamenti e alle ordinanze provinciali e comunali le rispettive Giunte possano - entro i limiti minimi e massimi previsti per la sanzione amministrativa - prevedere che il pagamento in misura ridotta sia effettuato in un importo inferiore o superiore a quello risultante dall'applicazione dalla regola generale di cui al primo comma dell'articolo 16.
L'articolo 7 è da porre in relazione con il potenziamento del ruolo degli amministratori locali nella lotta alla criminalità, in una prospettiva di sinergia con il livello di governo centrale.
Il comma 1, attribuisce una nuova funzione ai piani coordinati di controllo del territorio previsti dalla legge n. 128 del 2001, ai fini della collaborazione della polizia locale alla sicurezza pubblica: viene demandata ai suddetti piani la «determinazione dei rapporti di reciproca collaborazione» fra polizia locale - municipale e provinciale - e Polizia dello Stato. La portata innovativa della disposizione

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sembra consistere nella partecipazione automatica della polizia locale ai piani, in precedenza da attivarsi previa richiesta del sindaco.
Inoltre, viene estesa anche ai comuni diversi dai maggiori centri urbani la possibilità di realizzare detti piani coordinati.
Il comma 2 dispone in ordine alle modalità di raccordo operativo tra la polizia municipale, la polizia provinciale e la Polizia dello Stato. La definizione di tali modalità è demandata ad un decreto del Ministro dell'interno di concerto con gli altri ministri interessati (giustizia, economia, difesa) da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto.
L'articolo 7-bis, introdotto al Senato, reca disposizioni riguardanti la possibilità di fare ricorso alle Forze armate per lo svolgimento di compiti di sorveglianza e vigilanza del territorio.
In particolare, il comma 1 del citato articolo stabilisce che, in relazione a specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, al fine di assicurare un maggior controllo del territorio in talune zone del Paese, è consentito impiegare personale militare delle forze armate utilizzando preferibilmente i Carabinieri impegnati in compiti militari o, comunque, volontari specificamente addestrati per i compiti da svolgere.
A tal fine il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, adotta uno specifico piano per l'utilizzo di tale personale da parte dei prefetti delle province in cui si sono verificate le specifiche ed eccezionali esigenze sopra citate. Il personale militare è posto a disposizione dei prefetti ai sensi dell'articolo 13 della legge 1o aprile 1981, n. 121, per servizi di vigilanza a luoghi e obiettivi sensibili.
Il citato piano, riguardante un contingente massimo di 3.000 unità ed avente una durata massima di sei mesi, rinnovabile per una sola volta, è adottato sentito il Comitato nazionale per l'ordine e per la sicurezza pubblica, cui è chiamato a partecipare il Capo di Stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri.
Ai sensi del comma 2 dell'articolo in esame il Ministro dell'interno riferisce alle Camere in merito al citato piano d'impiego.
Il comma 3 dell'articolo 8, delinea le funzioni dei militari impiegati nelle operazioni descritte all'articolo precedente, specificando, al riguardo, che essi agiscono con le funzioni di agenti di pubblica sicurezza.
Nello specifico, i citati militari possono procedere alla identificazione e alla immediata perquisizione sul posto di persone e mezzi di trasporto al fine di prevenire o impedire comportamenti che possono mettere in pericolo l'incolumità di persone o la sicurezza dei luoghi o delle infrastrutture vigilati, ovvero nel caso in cui sia necessario accertare l'eventuale possesso di armi, esplosivi e strumenti di effrazione, da parte di persone il cui atteggiamento o la cui presenza, in relazione a specifiche e concrete circostanze di luogo e di tempo non appaiono giustificabili.
Sono espressamente escluse tutte le funzioni spettanti alla polizia giudiziaria.
Là dove, infatti si rendano necessari atti di polizia giudiziaria, i militari delle Forze armate impegnati nelle operazioni di vigilanza e controllo sono tenuti ad accompagnare le persone sottoposte ad identificazione presso i più vicini uffici o comandi della Polizia di Stato o dell'Arma dei carabinieri.
I commi 4 e 5 recano, da ultimo, la copertura finanziaria della misura.
Il ministro Maroni, nell'audizione del 25 giugno scorso, sottolineava come l'utilizzo dei militari per compiti di sorveglianza e pattugliamento risponde anche all'esigenza di rafforzare, per la stagione estiva, la presenza delle forze dell'ordine nelle zone turistiche, da Trieste fino a tutta la riviera romagnola. Al riguardo il ministro ha infatti ricordato che l'anno passato sono state impiegate nel periodo estivo circa 3.200 unità di personale per rafforzare il controllo sul territorio. Quest'anno, a causa dei tagli di finanziamento per il Ministero dell'interno disposti dalla legge finanziaria per il 2008, questa forza è stata dimezzata. Il ministro ha quindi

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chiarito che l'intenzione del Governo è quella di utilizzare il contingente militare, circa 1.500 unità, per il presidio dei siti sensibili e di liberare così personale da utilizzare per rafforzare, almeno nella misura dello scorso anno, il contingente delle forze dell'ordine nella campagna estiva.
Quanto all'articolo 8, questo - in collegamento col rafforzamento del potere dei sindaci - amplia la possibilità di accesso del personale della polizia municipale ai dati presenti nella banca dati interforze del Centro elaborazione dati (CED) del Ministero dell'interno. Si tratta della banca dati che fornisce il supporto informatico per l'attività operativa e investigativa delle Forze di Polizia.
In particolare, l'articolo 8 interviene sull'articolo 16-quater del decreto-legge n. 8 del 1993, in materia di disposizioni relative ai servizi di polizia stradale della polizia municipale. La nuova formulazione dell'articolo 16-quater amplia la possibilità di accesso del personale della polizia municipale ai dati presenti nella banca dati interforze del CED - Centro elaborazione dati del Ministero dell'interno, vale a dire la banca dati che fornisce il supporto informatico per l'attività operativa e investigativa delle Forze di Polizia.
Prima dell'entrata in vigore del provvedimento in esame, il personale di polizia municipale - se addetto ai servizi di polizia stradale e in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza - poteva accedere, presso il CED, allo schedario dei veicoli rubati. A seguito delle modifiche introdotte dal decreto, lo stesso personale può accedere anche allo schedario dei documenti d'identità rubati o smarriti. Inoltre, viene data facoltà al personale della polizia municipale, previa apposita abilitazione, di svolgere un ruolo attivo, immettendo nel CED i dati raccolti autonomamente.
Il testo emendato dal Senato introduce un'ulteriore innovazione al comma 1, disponendo che il personale della polizia municipale in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza, possa accedere alle informazioni contenute nel CED e concernenti i permessi di soggiorno rilasciati e rinnovati.
La disposizione in commento sembra doversi leggere in correlazione con l'attribuzione al sindaco, da parte del precedente articolo 6 del potere di segnalare alle competenti autorità le condizioni di irregolarità dello straniero, ai fini dell'espulsione o dell'allontanamento dal territorio nazionale.
Il successivo comma 1-bis dell'articolo 8 in commento dispone infine che per l'accesso ai dati e alle informazioni indicati nel comma 1 siano previsti i collegamenti anche a mezzo della rete informativa telematica dell'ANCI. Tali collegamenti sono effettuati con le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'ANCI.
L'articolo 8-bis, introdotto durante l'esame al Senato, dispone a sua volta che anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria del Corpo delle capitanerie di porto abbiano facoltà di accedere ai dati e informazioni del CED relativi alle funzioni loro attribuite, nonché di inserire i dati autonomamente acquisiti.
L'accesso ai dati e alle informazioni, nonché l'inserimento dei dati autonomamente acquisiti, è consentito per finalità di sicurezza portuale e dei trasporti marittimi.
Il comma 2 dispone che i dati e le informazioni in materia di sicurezza portuale e dei trasporti marittimi correlati alle funzioni svolte dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria, appartenenti al Corpo delle Capitanerie di porto, siano individuati tramite decreto del ministro dell'interno, di concerto con il ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
Il comma 3 dell'articolo stabilisce infine che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, siano apportate le necessarie modifiche correttive al regolamento sulle procedure di raccolta, accesso, comunicazione, correzione, cancellazione, ed integrazione dei dati e delle informazioni, registrati negli archivi magnetici del centro elaborazione dati di cui

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all'articolo 8 della legge 1o aprile 1981, n. 121, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 378 del 1982.
L'articolo 9 modifica la denominazione dei centri di permanenza temporanea o centri di permanenza temporanea e assistenza: in tutti gli ambiti normativi - legislativi e regolamentari - in cui le predette locuzioni compaiano, esse sono sostituite da quella di «centro di identificazione ed espulsione».
Lo scopo di questo cambio di denominazione, come chiarito dal sottosegretario Mantovano nel corso della discussione al Senato, è quello di tenere distinte tali strutture dai centri di prima accoglienza, dai centri di accoglienza richiedenti asilo e da altre strutture similari.
Il disegno di legge del Governo (S. 733) collegato al provvedimento in esame ed anch'esso facente parte del «pacchetto sicurezza» approvato dal Consiglio dei ministri il 21 maggio scorso contiene una disposizione sui centri di permanenza temporanea e assistenza. Questa prevede l'estensione del termine di trattenimento fino ad un massimo di 18 mesi, anticipando di fatto il contenuto di una proposta di direttiva comunitaria approvata di recente dal Parlamento europeo.
Ricorda infine che, secondo quanto convenuto nella riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite di giovedì 26 giugno scorso, svolte oggi le relazioni introduttive, la discussione sul provvedimento inizierà domani. Dopo aver inoltre ricordato che alle 18 le Commissioni audiranno, sul provvedimento in titolo, il Capo della polizia, prefetto Manganelli, rinvia il seguito dell'esame alla seduta di domani.

La seduta termina alle 17.20.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Lunedì 30 giugno 2008.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 17.30 alle 17.45.

AUDIZIONI INFORMALI

Lunedì 30 giugno 2008.

Audizione del Capo della Polizia, Prefetto Antonio Manganelli, in relazione al disegno di legge C. 1366 Governo, approvato dal Senato, «DL 92/08: Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica».

L'audizione informale è stata svolta dalle 18.10 alle 20.20.