CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 18 giugno 2008
18.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 18 giugno 2008. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 12.35.

DL 95/08: Disposizioni urgenti per il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria.
Nuovo testo C. 1212 Governo.

(Parere alla II Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Anna Maria BERNINI BOVICELLI (PdL), relatore, introduce l'esame del nuovo testo del decreto-legge in titolo, quale risultante dall'esame degli emendamenti

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da parte della Commissione di merito. L'articolo 1 del provvedimento, novellando il comma 1 dell'articolo 245 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, che reca norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado, proroga al 31 dicembre 2009 le disposizioni relative all'impiego dei magistrati onorari. Il citato decreto legislativo n. 51 del 1998, che ha integrato e modificato il regio decreto n. 12 del 1941, ha introdotto nell'ordinamento giudiziario i giudici onorari di tribunale (GOT) e i vice procuratori onorari (VPO) quali magistrati onorari addetti, rispettivamente, al tribunale ordinario e alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario.
Il testo originario dell'articolo 245 del decreto legislativo n. 51 del 1998, già modificato, prima dal decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, e successivamente dal decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, prevedeva che i giudici onorari di tribunale e i viceprocuratori onorari continuassero ad essere adibiti al tribunale ordinario e alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario fino al riordino della magistratura onoraria ai sensi dell'articolo 106, secondo comma, della Costituzione, e comunque non oltre nove anni dalla data di efficacia dello stesso decreto legislativo n. 51 del 1998, fissata al 2 giugno 1999. Conseguentemente, tali disposizioni - in assenza del decreto-legge in esame - non sarebbero più state applicabili a decorrere dal 2 giugno 2008.
L'articolo 14 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, ha nel frattempo stabilito che i giudici onorari, i viceprocuratori onorari e i giudici onorari presso i tribunali per i minorenni - per i quali non sarebbe stata peraltro consentita un'ulteriore conferma, secondo quanto previsto dall'articolo 42-quinquies della legge sull'ordinamento giudiziario - fossero ulteriormente prorogati nell'esercizio delle rispettive funzioni fino alla riforma della magistratura onoraria e comunque non oltre la data del 31 dicembre 2009. La disposizione, però, si riferisce esclusivamente ai giudici onorari, ai viceprocuratori onorari e ai giudici onorari presso i tribunali per i minorenni il cui mandato scadeva entro il 31 dicembre 2007.
Il provvedimento in esame mira a superare tale limitazione, modificando il termine di scadenza previsto dall'articolo 245 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, nel senso di prevedere che le disposizioni dell'ordinamento giudiziario in forza delle quali possono essere addetti al tribunale ordinario e alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario magistrati onorari, si applicano fino a quando non sarà attuato il riordino complessivo del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria ai sensi dell'articolo 106 della Costituzione e comunque non oltre il 31 dicembre 2009.
Nel corso dell'esame degli emendamenti presso la II Commissione svoltosi ieri, sono stati approvati gli identici articoli aggiuntivi 1.03 del Governo e Lussana 1.04, volti ad esplicitare che la proroga nell'esercizio delle funzioni riguarda anche i giudici onorari ed i viceprocuratori onorari il cui mandato scade entro il 31 dicembre 2008. Questa modifica consente pertanto di uniformare la data di scadenza di tutti i magistrati onorari assegnati ai diversi uffici giudiziari al 31 dicembre 2009.
Quanto all'articolo 2, questo prevede che il decreto-legge in esame entri in vigore il giorno stesso della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ossia il 30 maggio 2008.
Per quanto concerne i presupposti costituzionali di necessità ed urgenza, il preambolo del decreto-legge segnala che il provvedimento si rende necessario in ragione della «straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per consentire l'esercizio di funzioni giudiziarie a magistrati onorari, in ragione delle disfunzioni che la cessazione della loro attività recherebbe agli uffici giudiziari». In assenza del decreto-legge, infatti, la possibilità di avvalersi di magistrati onorari presso il tribunale ordinario e la procura

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della Repubblica presso il tribunale ordinario sarebbe venuta meno il 2 giugno scorso.
Ricorda come, nel corso dell'esame già iniziatosi in sede referente presso la II Commissione, il relatore, Luigi Vitali, nel sottolineare l'opportunità che si possa giungere in tempi rapidi ad una riforma complessiva della magistratura onoraria, abbia evidenziato come la magistratura onoraria, in Italia, non svolga più un ruolo complementare e occasionale in rapporto all'amministrazione della giustizia, ma anzi adempia ad una funzione assolutamente fondamentale nel rispondere alla domanda di giustizia che sempre più massicciamente proviene dai cittadini. Le diverse categorie di giudici onorari esistenti, però, non solo vengono selezionate con criteri diversi tra loro, ma sono diversamente retribuite ed hanno rapporti di lavoro dalla durata non uniforme.
Il sottosegretario Giacomo Caliendo, intervenendo nel corso dell'esame preliminare nella medesima Commissione, ha, a sua volta, precisato che il decreto-legge in esame è finalizzato a uniformare la scadenza per le varie categorie di giudici onorari, ed è altresì prodromico rispetto ad una riforma organica della magistratura onoraria che il Governo intende affrontare subito dopo l'estate.
Per quanto riguarda il profilo del rispetto delle competenze legislative disciplinate dall'articolo 117 della Costituzione, osserva che esso, in quanto recante disposizioni relative all'impiego della magistratura onoraria, appare riconducibile alla materia «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale», che l'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.
In conclusione, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

Doris LO MORO (PD) esprime l'auspicio che la riforma organica della magistratura onoraria, che il Governo, secondo quanto preannunciato dal sottosegretario Caliendo nel corso dell'esame presso la Commissione di merito, si accinge ad approntare, non diventi il mezzo per incidere indirettamente sulla magistratura ordinaria, alterando le modalità di reclutamento dei giudici. Mentre è infatti condivisibile l'intervento volto a prorogare nelle loro funzioni i giudici e i viceprocuratori onorari, la cui attività è oggi di fatto essenziale per garantire l'amministrazione della giustizia in Italia, sarebbe invece del tutto inaccettabile un intervento di riforma dei criteri di selezione e reclutamento dei magistrati onorari che incidesse sulla composizione della magistratura, stante il principio costituzionale dell'assunzione per pubblico concorso.

Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 12.50.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 18 giugno 2008. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il ministro per i rapporti con il Parlamento Elio Vito.

La seduta comincia alle 13.05.

DL 85/08: Disposizioni urgenti per l'adeguamento delle strutture di Governo in applicazione dell'articolo 1, commi 376 e 377, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, approvato dal Senato.
C. 1250 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 17 giugno 2008.

Doris LO MORO (PD) esprime preliminarmente apprezzamento per la presenza in Commissione del ministro Vito, che ringrazia.
Per quanto concerne il provvedimento in esame, ritiene che, non essendo riscontrabile il presupposto costituzionale dell'urgenza,

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sarebbe stato preferibile utilizzare uno strumento diverso dal decreto-legge, ancorché sia consapevole del fatto che non è questa la prima volta in cui un Governo ricorre a tale strumento per disciplinare l'organizzazione delle proprie strutture.
Si sofferma quindi sulla riflessione svolta nel corso della seduta di ieri dal relatore Stracquadanio, il quale ha invitato la Commissione a riflettere sull'opportunità di modificare il terzo comma dell'articolo 95 della Costituzione al fine di consentire che il numero, le attribuzioni e l'organizzazione dei ministeri siano rimessi alla competenza di una fonte di livello inferiore a quella legislativa, ancorché con il parere dei competenti organi parlamentari. Su questa ipotesi dichiara la propria assoluta contrarietà, ritenendo necessario garantire il mantenimento del ruolo centrale del Parlamento e delle relative prerogative ad esso attribuite, cui pure lo stesso relatore ha fatto espresso riferimento: una modifica dell'articolo 95 della Costituzione nel senso prospettato dal relatore minerebbe infatti il ruolo e la posizione del Parlamento nel sistema costituzionale. Al riguardo ritiene confortante il fatto che il rappresentante del Governo, nel corso del proprio intervento svolto nella seduta di ieri, non abbia fatto in alcun modo accenno a questa eventualità.

Mario TASSONE (UdC) osserva preliminarmente come le scelte relative all'organizzazione ed alle attribuzioni dei ministeri rappresentino un problema di particolare rilevanza per assicurare una efficiente azione di governo. Ritiene infatti che la funzionalità di un Esecutivo non dipenda tanto dal complessivo numero dei ministeri, quanto piuttosto dal modo in cui vengono distribuite tra di essi le diverse competenze. In quest'ottica ritiene poco condivisibile il continuo mutamento delle attribuzioni delle competenze in materia di infrastrutture e di trasporti, che a volte sono unificate in capo ad un unico ministero, altre volte, come nella scorsa legislatura, ripartite tra due diversi dicasteri. Analoghe considerazioni svolge in ordine alle competenze in materia di marina mercantile nonché in materia di pesca e di protezione civile. A quest'ultimo riguardo, osserva come le relative competenze siano state a lungo ripartite tra il ministero dell'interno e la Presidenza del Consiglio: oggi, ancorché attribuite in misura prevalente a quest'ultima, ne residuano tuttavia alcune presso il ministero dell'interno, senza che sia in qualche modo previsto un coordinamento tra le due strutture.
Si sofferma quindi su altre questioni problematiche, recate dal provvedimento in oggetto, attinenti all'organizzazione dei ministeri. In particolare, esprime timori e perplessità sulla mancata previsione del ministero della salute.
Ritiene quindi opportuno soffermarsi sul tema relativo alla figura dei viceministri, sulla cui qualificazione e sulla cui portata si è a lungo discusso in passato: al riguardo esprime perplessità sulla scelta, operata dal Governo in carica, di non volerne nominare, almeno per il momento.
Invita inoltre la Commissione a riflettere sull'opportunità che il Governo assicuri, indipendentemente dalla definizione del proprio assetto organizzativo, il perseguimento di una politica in materia di ricerca spaziale, che ritiene di primaria importanza per gli interessi nazionali.
Conclude sottolineando come la riduzione del numero dei ministeri e dei componenti del Governo, presentata come un atto dovuto alla luce dei commi 376 e 377 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2008, rappresenti invece un fatto politico di assoluta rilevanza, che merita pertanto il massimo approfondimento.

Linda LANZILLOTTA (PD) dichiara preliminarmente di condividere le osservazioni svolte dal deputato Tassone in ordine alla opportunità di prevedere una razionale ripartizione di competenze tra i diversi ministeri. Si tratta di una questione che assume particolare rilievo con riferimento a quei ministeri, come quello della salute o quello delle politiche agricole, alimentari e forestali, le cui materie di riferimento sono state attribuite alla legislazione

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concorrente tra lo Stato e le regioni, ai sensi del terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione. Si tratta di materie per le quali allo Stato spetta solo la definizione dei principi fondamentali, risultando quindi opportuno, più che il mantenimento di apposite strutture ministeriali, la presenza di organismi di coordinamento tra i livelli statale e regionale, eventualmente allocate in capo alla Presidenza del Consiglio. Questa riflessione assume ancora maggior rilievo per quelle materie, quale ad esempio le politiche agricole, nel cui circuito decisionale si inserisce il livello comunitario e nelle quali lo Stato si trova in una posizione interstiziale tra l'Unione europea e le regioni.
Si sofferma quindi sul ruolo dei viceministri, che rappresentano oggi una figura opzionale nella struttura di governo e che comunque non possono superare un numero predefinito. Si tratta di una figura che ha subìto nel tempo una significativa evoluzione, acquistando un peso ed una rilevanza sempre crescenti, e che la legge dovrebbe disciplinare in modo compiuto, stabilendone le precise collocazioni in seno alla compagine governativa e attribuendo ad essi un ruolo incisivo.
Ritiene poi condivisibile l'osservazione del deputato Tassone in ordine all'opportunità di evitare continui cambiamenti nell'attribuzione delle stesse competenze a ministeri diversi in occasione della formazione dei nuovi Governi.
Si sofferma quindi sull'invito rivolto, nel corso della seduta di ieri, dal relatore Stracquadanio alla Commissione a riflettere sull'opportunità di modificare il terzo comma dell'articolo 95 della Costituzione al fine di consentire che il numero, le attribuzioni e l'organizzazione dei ministeri siano attribuiti alla competenza di una fonte di livello inferiore a quella legislativa, ancorché con il parere dei competenti organi parlamentari. Al riguardo si dichiara a sua volta assolutamente contraria ad estendere al resto dell'organizzazione governativa lo schema di autonomia regolamentare inopportunamente previsto per la Presidenza del Consiglio ai fini del riparto delle competenze. Si tratterebbe di una scelta inopportuna e, oltretutto, contraria alla Costituzione.
Conclude con una riflessione sul comma 16 dell'articolo 1. In proposito ritiene che, poiché nel corso della XIV legislatura era stato soppresso il ruolo unico dei dirigenti, andrebbe chiarito quale sia l'utilizzo che il Governo intende fare dei dirigenti che attualmente ricoprono incarichi dirigenziali di primo livello nelle strutture che, per effetto della riorganizzazione, vengono soppresse.

Carlo COSTANTINI (IdV) si dice convinto che il Governo debba poter definire il modello organizzativo che ritiene più adatto a garantire la propria azione nel modo più efficace possibile e dichiara di rispettare quindi le scelte del Governo in carica sul punto. Pur esprimendo comunque alcune perplessità in ordine al modo in cui sono state attribuite le competenze in materie di sviluppo economico, comunicazioni e salute, preannuncia che su di esse non presenterà emendamenti nel corso dell'esame in Commissione.
Ritiene invece opportuno svolgere una considerazione di fondo relativa all'esame di questo provvedimento. Al riguardo, fa preliminarmente presente di comprendere l'atteggiamento di soddisfazione da parte del Governo per aver ridotto sensibilmente il numero dei ministeri e dei suoi componenti, in attuazione dei commi 376 e 377 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2008. Tuttavia ritiene opportuno che lo stesso Governo faccia capire al Parlamento in termini chiari ed inequivoci se questa scelta assuma un carattere definitivo ovvero se esso non ritenga, da qui a qualche mese, di presentare al Parlamento una proposta di modifica della propria composizione. Sarebbe, questa, una soluzione assolutamente da evitare, in quanto onerosa sotto il profilo finanziario e sotto quello dell'attività parlamentare: in questo caso, invece, il Governo dovrebbe anticipare a questa sede l'esame di tale progetto.
Con riferimento al provvedimento in esame, osserva che si riscontrano alcune disposizioni che non attengono però a

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stretti profili di organizzazione dei ministeri, sui quali chiede chiarimenti al rappresentante del Governo. Si riferisce, in primo luogo, alla eliminazione del parere parlamentare sugli schemi di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di riorganizzazione delle strutture ministeriali e, inoltre, sulla portata del comma 21-bis dell'articolo 1, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato. Quest'ultimo articolo, infatti, introduce una puntuale disciplina delle modalità di organizzazione dell'ufficio della Corte dei conti distaccato presso il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), competente per il controllo di legittimità e regolarità della gestione. In proposito, si dispone che l'Ufficio sia organizzato sulla base di un regolamento adottato dal Presidente della Corte dei conti anche in deroga alle attribuzioni spettanti in materia al Consiglio di Presidenza della Corte dei conti per effetto delle disposizioni richiamate dall'articolo 10, comma 10, della legge n. 117 del 1988: teme che si tratti di una sorta di «cambiale in bianco», che attribuirebbe un carattere indefinito alla funzione di controllo esercitata da questa sezione della Corte dei conti, su cui invita il Governo a chiarire la portata.

Michele BORDO (PD) osserva preliminarmente come, in questo primo scorcio di legislatura, il Governo in carica abbia fatto uno spropositato uso della decretazione d'urgenza, che auspica possa essere attenuato.
Si rivolge quindi al ministro Vito, chiedendogli di chiarire quali siano le reali intenzioni del Governo in ordine alla eventuale modifica della propria struttura, anticipandone in tal caso la discussione in questa sede. Chiede inoltre allo stesso rappresentante del Governo di chiarire la portata del comma 19 dell'articolo 1 del provvedimento in esame, soprattutto sotto il profilo delle conseguenze di ordine finanziario.
Si sofferma poi sulla questione relativa alla mancata previsione di un ministero della salute, ritenendo poco convincente l'accorpamento delle competenze in materia sanitaria in capo allo stesso ministero competente in materia di lavoro e previdenza sociale. Parimenti poco convincente ritiene la riconduzione delle politiche in materia di droga alla competenza di un apposito sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Si tratta di una scelta che non condivide, in quanto essa appare il frutto più della volontà di attribuire questa competenza ad un sottosegretario previamente individuato che non della valutazione che tale competenza debba essere della Presidenza del Consiglio.

Il ministro Elio VITO si sofferma innanzitutto sulla eventualità di modificare il terzo comma dell'articolo 95 della Costituzione al fine di attribuire la competenza in materia di numero, attribuzioni ed organizzazioni dei ministeri ad una fonte diversa da quella legislativa. Al riguardo fa presente che il Governo ritiene che, afferendo ad una riforma della Costituzione, la questione debba essere eventualmente affrontata nell'ambito dell'esame parlamentare di un progetto di riforma costituzionale.
Per quanto riguarda la scelta di mantenere o sopprimere determinati ministeri, quale ad esempio quelli della salute o dei trasporti, osserva che, con il provvedimento in oggetto, il Governo ha ritenuto solo di ottemperare a quanto previsto dal decreto legislativo n. 300 del 1999 ed ai commi 376 e 377 della legge finanziaria per il 2008. In proposito rileva come, nel corso dell'esame di questo provvedimento presso l'altro ramo del Parlamento, era stato manifestato un orientamento pressoché unanime da parte dell'opposizione in ordine alla opportunità di non sopprimere il ministero della salute, anche in deroga al limite dei dodici ministeri previsti dai citati commi 376 e 377. In quella circostanza, tuttavia, il Governo ha ritenuto di mantenere invariato l'assetto attuale di dodici ministeri, riservandosi invece una più attenta considerazione sul numero complessivo dei sessanta componenti «a qualunque titolo» dell'Esecutivo, dovendo valutare se tale composizione

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consenta effettivamente di assicurare un'efficiente azione di governo, soprattutto con riferimento all'espletamento delle numerose ed articolate attività parlamentari.
Dichiara inoltre di voler tenere in considerazione l'osservazione svolta dal deputato Lanzillotta sulla opportunità di prevedere un efficace coordinamento, a livello ministeriale, tra lo Stato e le regioni, relativamente alle materie oggetto di competenza legislativa concorrente.
Si sofferma quindi sulla questione dei viceministri. Al riguardo fa presente che il Governo ha soprasseduto alla loro nomina nell'ottica di una ridefinizione, in termini complessivi, della relativa disciplina.
Si rivolge quindi al deputato Costantini, che aveva espresso perplessità sulle funzioni attribuite all'Ufficio della Corte dei conti distaccato presso il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), competente per il controllo di legittimità e regolarità della gestione. Al riguardo fa presente che il comma 21-bis dell'articolo 1 del provvedimento in esame si limita a consentire a quella struttura di dotarsi di un proprio regolamento, assicurando che il Governo resterà rigorosamente estraneo alle attività svolte da quella sezione.
Si sofferma quindi sulla richiesta, formulata dal deputato Lanzillotta, in ordine alla utilizzazione che sarà fatta dei dirigenti che attualmente ricoprono uffici dirigenziali di primo livello nelle strutture soppresse. In proposito fa presente che il comma 16 dell'articolo 1 del provvedimento in oggetto è una norma virtuosa che non comporta spese aggiuntive in quanto i dirigenti in questione saranno comunque allocati presso altre strutture ministeriali di pari livello.
Conclude soffermandosi alla scelta di attribuire, in capo ad un apposito Sottosegretario presso la Presidenza del Consiglio, le competenze in materia di politiche sulla droga. Al riguardo osserva che quella di mantenere tali competenze in capo alla Presidenza del Consiglio risponde esclusivamente a ragioni di funzionalità nello svolgimento delle medesime.

Sesa AMICI (PD), dopo aver ringraziato il ministro Vito per i chiarimenti resi, intende soffermarsi su alcune questioni che ritiene di significativa importanza. Si tratta, in primo luogo, della scelta di sopprimere il ministero della salute, che invece presenta profili di importanza strategica, soprattutto alla luce della considerazione che la materia «tutela della salute» è attribuita, dal terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione, alla competenza legislativa concorrente tra lo Stato e le regioni.
Svolge quindi un'ulteriore riflessione, di carattere più generale, sulla complessiva portata del provvedimento, che attua i commi 376 e 377 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2008. Al riguardo osserva che queste disposizioni rientravano in un pacchetto di più ampia portata, volto a contenere i cosiddetti costi della politica. Quelle disposizioni, però, oltre a prevedere espressamente il numero dei dicasteri, recavano una indiretta ma chiara indicazione della distribuzione delle relative competenze, nello spirito di quanto previsto dal decreto legislativo n. 300 del 1999. Il Governo, però, se da un lato ha attuato la disposizione relativa al numero dei dicasteri, dimostra di non avere definito un adeguato assetto nella ripartizione delle competenze.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.

ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 18 giugno 2008. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Alfredo Mantovano.

La seduta comincia alle 14.

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Schema di decreto legislativo recante modifiche e integrazioni al decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 5, attuativo della direttiva 2003/86/CE, in materia di ricongiungimento familiare.
Atto n. 3.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 17 giugno 2008.

Donato BRUNO, presidente, comunica che, in data 17 giugno 2008, è pervenuta, da parte del prescritto numero di componenti della Commissione, la richiesta, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 3, del Regolamento, di acquisire il parere del Comitato per la legislazione sullo schema di decreto legislativo in esame. Avverte quindi di avere provveduto a trasmettere lo schema di decreto legislativo in oggetto al Presidente del Comitato per la legislazione, ai fini dell'espressione del parere.

Sandro GOZI (PD), preso atto che l'orientamento del Governo è nel senso di compiere una scelta restrittiva in materia di immigrazione, si tratta, a suo avviso, di vedere se il provvedimento in esame sia funzionale al raggiungimento degli obiettivi e se sia compatibile con l'ordinamento costituzionale, comunitario e internazionale.
Sotto il primo profilo, ritiene che il provvedimento sia inefficace. Esso infatti comporta in sostanza il ripristino della disciplina prevista dalla legge Bossi-Fini, la quale si era però dimostrata, alla prova dei fatti, inadeguata agli scopi per i quali era stata concepita.
Sotto il secondo profilo, ricorda che la direttiva comunitaria in materia di ricongiungimenti familiari è finalizzata non ad agevolare l'ingresso dei cittadini extracomunitari sul territorio degli Stati membri, bensì a facilitarne l'integrazione nella società di accoglienza. L'unità familiare è infatti un importante veicolo di integrazione, in quanto contrasta la condizione di isolamento e disagio affettivo nella quale verrebbe altrimenti a trovarsi lo straniero immigrato. È ovvio che il ricongiungimento debba avvenire nel rispetto del quadro giuridico fondamentale dell'Unione europea e degli Stati membri e, per questa ragione, la direttiva espressamente esclude il ricongiungimento a più coniugi in caso di matrimoni poligamici.
Ciò premesso, esprime dubbi e perplessità in relazione ad alcuni punti dello schema di decreto in esame che si discostano dal dettato della direttiva. In particolare, con riferimento all'età minima del coniuge di cui si chiede il ricongiungimento, premesso che la direttiva in effetti consente di limitare tale età al fine di evitare matrimoni forzosi con minori, osserva che occorre però nel contempo aver cura di non discriminare il cittadino straniero rispetto a quello italiano: ricorda che l'ordinamento italiano consente il matrimonio, sia pure in presenza di speciali condizioni, anche al minore di almeno sedici anni. Sarebbe quindi opportuno uniformare a sedici anni l'età minima richiesta per il coniuge straniero ai fini del ricongiungimento.
Con riferimento poi ai requisiti per il ricongiungimento dei figli maggiorenni, esprime l'avviso che lo schema di decreto in esame sia eccessivamente restrittivo. In particolare, è dubbio che sia realmente possibile dimostrare l'esistenza di «ragioni oggettive» che rendono impossibile provvedere alle proprie esigenze; né si vede perché questa impossibilità debba dipendere solo da invalidità totale, considerato che anche l'invalidità parziale può, in certi casi, rendere non autonomi. A suo avviso, è quindi da preferirsi il testo vigente, che in sostanza rimette all'autorità amministrativa di valutare lo stato di salute dei figli maggiorenni al fine di accertare se siano in grado di provvedere a sé.
Parimenti discutibile reputa la scelta di limitare la possibilità di ricongiungimento dei genitori ai soli genitori senza altri figli ovvero a quelli con più di sessantacinque anni qualora gli altri figli non possano provvedere loro per documentati e gravi motivi di salute. È infatti evidente che la realtà sociale dei Paesi di immigrazione è tale che difficilmente il genitore dell'immigrato

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non ha altri figli o ha più di sessantacinque anni, senza contare che gli altri figli possono non essere in grado di provvedere ai genitori per ragioni diverse da quelle di salute, ma ugualmente giustificate.
Per quanto riguarda poi la previsione del ricorso all'esame del DNA per l'accertamento dei rapporti di parentela nei casi in cui questi non possano essere documentati adeguatamente, rileva che la direttiva comunitaria di riferimento non prevede nulla al riguardo. Si domanda pertanto se il decreto legislativo di attuazione della direttiva stessa sia lo strumento giuridico più appropriato per introdurre una misura di questo tipo. Osserva inoltre che il ricorso all'esame del DNA sembrerebbe configurarsi nei termini di un prelievo coattivo, il che sarebbe contrario agli orientamenti internazionali sul punto, senza contare che appare vessatorio porre a carico degli interessati le spese dell'esame. Non è inoltre chiaro in che modo debba essere garantita la riservatezza dei dati sensibili in questo modo acquisiti. Fa presente, al riguardo, che il Garante per la protezione dei dati personali, nel suo parere sullo schema di decreto in esame, ha segnalato l'imprescindibile necessità che gli organi e uffici concretamente preposti al trattamento dei dati in applicazione dell'emanando decreto assicurino che il trattamento dei dati genetici avvenga con modalità, in concreto, rigorosamente rispettose della qualità e della sicurezza dei dati, nonché dell'obbligo di una conservazione solo temporanea, e che venga prestata elevata attenzione alla liceità del trattamento dei dati nei casi in cui l'organo competente si avvalga, per esso, della collaborazione di soggetti esterni. Raccomanda pertanto una riflessione sul punto.

Karl ZELLER (Misto-Min.ling.), premesso di condividere il provvedimento in esame, che tenta di contrastare la prassi di abuso dell'istituto del ricongiungimento familiare favorita dall'attuale disciplina, richiama l'attenzione della relatrice e del rappresentante del Governo sull'opportunità di modificare anche il comma 3 dell'articolo 29 del decreto legislativo n. 286 del 1998, il quale individua i requisiti economici per la richiesta di ricongiungimento. Fa infatti notare che, mentre per quanto riguarda l'alloggio è previsto che questo sia idoneo in quanto soddisfa i parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, nulla di simile è previsto per il reddito, sebbene sia di tutta evidenza che non può essere fissato un livello di reddito minimo uguale su tutto il territorio nazionale, dal momento che la diversità delle realtà locali comporta che un medesimo reddito possa essere sufficiente ad assicurare una esistenza dignitosa in una regione e non in un'altra. Invita altresì il Governo a valutare se non sia il caso di modificare anche la disciplina di cui al comma 8 dell'articolo 29 citato, considerato che il meccanismo di silenzio-assenso ivi previsto rischia di trasformarsi in un mezzo di abuso, dal momento che la mole di richieste di ricongiungimento spesso non consente alle amministrazioni competenti di rispondere entro i novanta giorni previsti dal comma citato.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante modificazioni ed integrazioni al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, attuativo della direttiva 2005/85/CE, in materia di riconoscimento dello status di rifugiato.
Atto n. 4.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 17 giugno 2008.

Donato BRUNO, presidente, comunica che, in data 17 giugno 2008, è pervenuta, da parte del prescritto numero di componenti della Commissione, la richiesta, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 3, del

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Regolamento, di acquisire il parere del Comitato per la legislazione sullo schema di decreto legislativo in esame. Avverte quindi di avere provveduto a trasmettere lo schema di decreto legislativo in oggetto al Presidente del Comitato per la legislazione, ai fini dell'espressione del parere.

Roberto ZACCARIA (PD) chiarisce di aver promosso l'iniziativa della richiesta del parere del Comitato per la legislazione sugli schemi di decreto legislativo all'esame della Commissione al fine di stimolare il pronunciamento dell'organo su una delicata questione di ordine costituzionale attinente all'articolo 76. Ricordato infatti che i decreti legislativi che le Camere stanno esaminando sono stati predisposti dal Governo in carica in esercizio di una delega deliberata dalla maggioranza di centrosinistra nella precedente legislatura, rileva la necessità di una riflessione sulla legittimità costituzionale di una tale operazione, tanto più quando, come nel caso di specie, la nuova maggioranza esercita non la delega primaria bensì quella correttiva e integrativa, intervenendo quindi sui decreti legislativi già adottati dal precedente Governo, e non limitandosi a correggerli in alcuni punti specifici alla luce dell'esperienza maturata, come vorrebbe l'istituto della delega integrativa e correttiva, bensì stravolgendoli completamente e piegandoli ad un indirizzo politico che, se anche in sé legittimo, non è tuttavia quello inscritto nella delega, con la conseguenza che il decreto delegato non corrisponde ai criteri direttivi della delega. Riconosce che la maggioranza di centrosinistra ha fatto lo stesso nella XV legislatura, esercitando secondo il proprio orientamento la delega in materia ambientale disposta dal Governo Berlusconi nella XIV legislatura, ma ritiene che si sia trattato di un errore, sotto il profilo costituzionale, che come tale non deve essere ripetuto e consolidato: si tratta infatti di un mezzo rapido ma probabilmente incostituzionale di modificare l'ordinamento. Esprime quindi l'auspicio che la Corte costituzionale si pronunci sulla questione quanto prima.
Passando quindi al merito del provvedimento in titolo, ricorda preliminarmente che la protezione di coloro che nei Paesi di origine sono perseguitati costituisce, stante l'articolo 10 della Costituzione, un obbligo costituzionale della Repubblica e un diritto dei soggetti interessati. Per tale ragione, ritiene si possa ravvisare un profilo di incostituzionalità, per violazione appunto del principio sancito dall'articolo 10 citato, nella previsione dello schema di decreto legislativo in esame in base alla quale il prefetto competente per territorio può sostanzialmente limitare la libertà di circolazione del richiedente asilo fintantoché la sua richiesta di protezione non sia stata decisa. Tale previsione è inoltre, a suo parere, in contrasto con l'articolo 11 della direttiva di riferimento, in base alla quale gli Stati membri possono pretendere dai richiedenti asilo soltanto di essere informati del loro luogo di residenza o di domicilio, per il resto dovendosi intendere che essi possono circolare liberamente sul territorio nazionale.
Forti perplessità nutre altresì in relazione alla previsione in base alla quale è possibile il trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione dello straniero che abbia presentato la domanda di protezione dopo essere stato destinatario di un provvedimento di respingimento alla frontiera. Tale previsione appare infatti contraria alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, la quale prevede, all'articolo 31, che gli Stati contraenti non predispongano sanzioni penali, a causa della loro entrata o del loro soggiorno illegali, contro i rifugiati che giungono direttamente da un territorio in cui la loro vita o la loro libertà erano minacciate nel senso dell'articolo 1 della Convenzione stessa, purché si presentino senza indugio alle autorità e giustifichino con motivi validi la loro entrata o il loro soggiorno irregolari. Fa inoltre presente che coloro che chiedono protezione internazionale in buona fede provengono per definizione da Paesi nei quali sono perseguitati e dai quali devono fuggire: a queste persone non può quindi chiedersi il pieno rispetto delle regole per l'ingresso sul territorio dello

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Stato. Occorrerà piuttosto accoglierle sempre, in prima battuta, presumendo la fondatezza, fino al completamento dell'istruttoria, della loro richiesta. Occorre in altre parole un affidamento nei loro confronti, con riserva di verificare successivamente la sussistenza del diritto alla protezione. Diversamente si corre il rischio di negare di fatto la protezione, contro il dettato della Costituzione, anche a coloro che ne hanno diritto e bisogno.
Infine, fa presente che, essendo quello alla protezione internazionale un diritto, la sua tutela non può che essere garantita da un sindacato giurisdizionale. Il decreto legislativo n. 25 del 2008, approvato dal Governo Prodi nella precedente legislatura, ha previsto un doppio grado di giudizio, amministrativo in primo grado e giurisdizionale in secondo grado, sancendo nel contempo il principio della sospensione, nelle more del ricorso, dell'efficacia del provvedimento impugnato, che del resto rappresenta un principio di garanzia fondamentale. Con lo schema di decreto in esame viene invece previsto che la presentazione del ricorso non sospenda l'efficacia del provvedimento, con la conseguenza che permane in capo al richiedente asilo l'obbligo di lasciare il territorio nazionale e che questi sia comunque soggetto ad espulsione. Tale disposizione, la quale risulta di fatto dalla stratificazione delle modifiche apportate prima dal centrosinistra ed ora dal centrodestra alla disciplina della legge Bossi-Fini, risulta in definitiva ancor meno garantistica di quella originariamente prevista dalla stessa legge Bossi-Fini.

Pierguido VANALLI (LNP) esprime un generale apprezzamento per lo schema di decreto in esame, che, a suo avviso, va incontro alle richieste dei cittadini italiani, i quali vogliono che l'accesso degli stranieri al territorio nazionale sia attentamente controllato e limitato ai casi di stretta necessità.
Fa presente al deputato Zaccaria che non tutte le richieste di protezione internazionale avanzate vengono respinte; alcune, quelle che risultano fondate, vengono accolte.
Quanto alla limitazione della libertà di circolazione dei richiedenti protezione, fa presente che sussiste l'esigenza di poterli rintracciare onde evitare che, nelle more della decisione, possano far perdere le proprie tracce e darsi alla clandestinità.
Da ultimo, segnala che l'articolo 1, comma 1, lettera a), dello schema prevede che in casi di emergenza sia il ministro dell'interno a nominare i rappresentanti degli «enti locali» nelle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, laddove il decreto legislativo n. 25 del 2008 - nella parte dell'articolo 4, comma 3, non modificata - parla di nomina dei rappresentanti degli «enti territoriali»: premesso che il richiamo all'ente territoriale appare più corretto, invita comunque il Governo ad uniformare il testo dal punto di vista terminologico.

Carlo COSTANTINI (IdV), premesso di essere favorevole in linea di principio ad un orientamento più restrittivo e di condividere la previsione secondo cui il prefetto può limitare la libertà di circolazione dei richiedenti asilo nelle more della decisione sulla domanda di protezione, ritiene però necessario un chiarimento da parte del Governo in ordine alla compatibilità di tale previsione con la normativa comunitaria, considerato che la direttiva non sembra in effetti consentire allo Stato tale limitazione di libertà.
Si associa inoltre al deputato Zaccaria nell'esprimere perplessità sull'esercizio della delega legislativa da parte di una maggioranza politica difforme da quella che ha disposto la delega e stabilito i relativi principi e criteri direttivi, ritenendo in effetti discutibile che una maggioranza si serva di una delega prevista da un'altra maggioranza per fini politici opposti.
Per quanto riguarda invece la questione posta dal deputato Zaccaria in relazione alla sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato, comprende le sue

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preoccupazioni ma ritiene anche necessario impedire che la legge offra pretesti a coloro che vogliono servirsene per restare in Italia senza avere i requisiti. Valuta infine favorevolmente la previsione del trattenimento in un centro di identificazione ed espulsione per gli stranieri che abbiano inoltrato domanda dopo essere stati destinatari di un provvedimento di espulsione per gravi comportamenti o siano stati respinti alla frontiera per non avere titolo all'ingresso regolare sul territorio.

Mario TASSONE (UdC) rileva come la discussione sulla materia risenta della mancanza di una normativa generale sui rifugiati nonché della mancanza di un supporto europeo e di una politica internazionale in materia di protezione internazionale. A suo avviso, servirebbe infatti un elenco dei Paesi a rischio di operare persecuzioni sui propri cittadini. Nella convinzione che una adeguata soluzione alle questioni emerse nel corso del dibattito non possa essere trovata in assenza di un tale elenco, raccomanda di evitare di concentrarsi su aspetti eccessivamente tecnicistici, per non complicare ulteriormente una materia che di per sé è già complessa.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante ulteriori modifiche e integrazioni al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, attuativo della direttiva 2004/38/CE, in materia di libera circolazione dei cittadini comunitari e dei loro familiari.
Atto n. 5.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Donato BRUNO, presidente, comunica che, in data 17 giugno 2008, è pervenuta, da parte del prescritto numero di componenti della Commissione, la richiesta, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 3, del Regolamento, di acquisire il parere del Comitato per la legislazione sullo schema di decreto legislativo in esame. Avverte quindi di avere provveduto a trasmettere lo schema di decreto legislativo in oggetto al Presidente del Comitato per la legislazione, ai fini dell'espressione del parere.

Souad SBAI (PdL), relatore, ricorda che lo schema di decreto legislativo sul quale la Commissione è chiamata ad esprimere il parere al Governo reca ulteriori modifiche e integrazioni al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, attuativo della direttiva 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.
In particolare le modifiche prevedono che, ai fini di un soggiorno protratto oltre i tre mesi, il cittadino dell'Unione europea debba dimostrare la liceità della provenienza delle risorse economiche necessarie al suo sostentamento; che possa, di sua iniziativa e previo pagamento di un contributo, iscriversi al Servizio sanitario nazionale e che debba richiedere l'iscrizione anagrafica entro 10 giorni dal decorso dei 3 mesi dall'ingresso. È previsto che la mancata richiesta di iscrizione anagrafica costituisca motivo imperativo di pubblica sicurezza ai fini dell'allontanamento dal territorio italiano. I familiari non comunitari del cittadino dell'Unione sono a loro volta tenuti, nello stesso termine di dieci giorni dal decorso dei 3 mesi dall'ingresso, a richiedere la carta di soggiorno; in caso di inadempimento dell'obbligo, è prevista la stessa sanzione dell'allontanamento.
È poi previsto che il cittadino dell'Unione europea sia sottoposto alla rilevazione dei dati dattiloscopici nei medesimi casi previsti per i cittadini italiani, ad esempio ai fini del rilascio della carta di identità elettronica.
Inoltre, viene ampliato il numero di ipotesi per le quali può essere disposto l'allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza. Vengono infatti considerati tali - oltre alla mancata richiesta dell'iscrizione anagrafica o della carta di

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soggiorno, di cui si è detto - anche la commissione di reati contro la moralità pubblica ed il buon costume o di reati per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza. Nel caso di condanna per reati gravi, è prevista inoltre la sospensione del decorso del termine di cinque anni previsto dalla legge per l'acquisizione del diritto al soggiorno permanente.
Sono aumentate le sanzioni penali previste in caso di violazione del divieto di reingresso. Ed è previsto che, se insorgono ostacoli tecnici all'esecuzione dell'allontanamento, il cittadino comunitario o il suo familiare possano essere trattenuti, per un massimo di 15 giorni, in un centro di identificazione ed espulsione.
È infine previsto che l'istanza di sospensione del provvedimento di allontanamento, ove presentata, debba essere decisa dal giudice competente entro 60 giorni dalla presentazione. Decorso tale termine, viene meno l'efficacia sospensiva dell'istanza e il provvedimento viene quindi comunque eseguito.
Per quanto riguarda la compatibilità dello schema in esame con la normativa comunitaria, ed in particolare con la direttiva della quale il decreto legislativo n. 30 del 2007 costituisce attuazione, rileva che per talune disposizioni dello schema appare opportuno un chiarimento da parte del Governo, ai fini della verifica della conformità dello schema stesso alla direttiva in questione.
Il primo punto bisognoso di approfondimento è all'articolo 1, comma 1, lettera f), dello schema, in base al quale il decorso dei cinque anni necessari per l'acquisizione del diritto al soggiorno permanente è sospeso nel caso in cui l'interessato abbia subito una condanna per delitti per i quali la legge prevede l'arresto obbligatorio in flagranza. Il chiarimento si rende necessario in quanto l'articolo 16 della direttiva 2004/38/CE, nel disciplinare il diritto al soggiorno permanente, non prevede espressamente ipotesi di sospensione o di interruzione del termine di cinque anni, ad eccezione che nel caso di assenza dallo Stato membro ospitante che superi i limiti di durata indicati dal medesimo articolo 16.
Un secondo punto per il quale occorre un chiarimento è l'articolo 1, comma 1, lettera g), dove si individua come nuova fattispecie di motivi imperativi di pubblica sicurezza, che giustifica quindi l'allontanamento immediato del cittadino dell'Unione, la mancata richiesta dell'iscrizione anagrafica o della carta di soggiorno. La direttiva 2004/38/CE, infatti, all'articolo 8, paragrafi 1 e 2 - nel dare agli Stati membri ospitanti facoltà di richiedere ai cittadini dell'Unione, per soggiorni di durata superiore a tre mesi, l'iscrizione presso le autorità competenti - dispone che «l'inadempimento dell'obbligo di iscrizione rende l'interessato passibile di sanzioni proporzionate e non discriminatorie». All'articolo 9, paragrafo 3, la direttiva dispone poi analogamente che l'inadempimento, da parte dei familiari non aventi la cittadinanza dell'Unione, dell'obbligo di richiedere la carta di soggiorno rende l'interessato passibile di sanzioni proporzionate e non discriminatorie. Infine, all'articolo 27, la direttiva - dopo aver premesso che «gli Stati membri possono limitare la libertà di circolazione di un cittadino dell'Unione o di un suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica» - precisa che i provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza devono rispettare il principio di proporzionalità e devono essere adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale del destinatario, specificando che tale comportamento deve rappresentare una «minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società» e che «giustificazioni estranee al caso individuale o attinenti a ragioni di prevenzione generale non sono prese in considerazione». Tali criteri sono peraltro quasi testualmente ripresi, nel decreto legislativo 30/2007, dall'articolo 20, comma 4, che lo schema in esame non modifica.

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Un terzo punto sul quale occorre un chiarimento riguarda l'articolo 1, comma 1, lettera m), ai sensi del quale l'effetto sospensivo del provvedimento di allontanamento prodotto dalla presentazione dell'istanza di sospensione viene meno se l'istanza non viene decisa entro 60 giorni dalla presentazione. Al riguardo va considerato che l'articolo 31, paragrafo 2, della direttiva n. 2004/38/CE prevede che l'effettivo allontanamento dal territorio del cittadino europeo non possa avere luogo fino all'adozione di una decisione sulla sua istanza di sospensione, salvo in tre casi: quando il provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale; quando le persone interessate abbiano precedentemente fruito di una revisione; o quando il provvedimento sia fondato su motivi imperativi di pubblica sicurezza. Peraltro il comma 4 dell'articolo 22 del decreto legislativo 30/2007 già prevede che l'efficacia dell'allontanamento non sia sospesa quando il provvedimento si basi su una precedente decisione giudiziale ovvero sia fondato su motivi di sicurezza dello Stato o su motivi imperativi di pubblica sicurezza.
Per quanto riguarda invece il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, non riscontra problemi, dal momento che il contenuto del provvedimento risulta riferibile a diverse materie rientranti nell'ambito della competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione. In particolare, con riferimento ai diversi aspetti del provvedimento, assumono rilievo le seguenti materie: «rapporti dello Stato con l'Unione europea»; «immigrazione»; «ordine pubblico e sicurezza»; «anagrafi»; «giurisdizione e norme processuali; ordinamento penale; giustizia amministrativa».
Per quanto riguarda, poi, la conformità del provvedimento alla norma di delega, osserva che la modalità di copertura del provvedimento appare difforme da quella prevista nella legge di delega. L'articolo 2, comma 1, lett. d), della legge 62/2005 prevede infatti che le eventuali spese necessarie per dare attuazione alle direttive comunitarie vanno poste a carico del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, per un ammontare complessivo non superiore a 50 milioni di euro.
Per quanto riguarda, infine, la formulazione del testo, rileva che l'articolo 1, comma 1, lettera h), prevede il trattenimento in un «centro di permanenza temporanea e assistenza», mentre l'articolo 9 del decreto-legge 92/2008 (cosiddetto «decreto sicurezza») - attualmente in corso di esame presso l'altro ramo del Parlamento - ha previsto in via generale la sostituzione delle espressioni «centro di permanenza temporanea» e «centro di permanenza temporanea ed assistenza» con la nuova definizione di «centro di identificazione ed espulsione».

Il sottosegretario Alfredo MANTOVANO, premesso che il Governo si riserva di approfondire le questioni poste dalla relatrice in vista di una puntuale risposta, si limita in questa fase a rilevare come, dei tre decreti legislativi che compongono il cosiddetto «pacchetto sicurezza», quello ora in esame sia il più delicato in quanto la normativa in materia di libera circolazione dei cittadini comunitari e dei loro familiari deve conformarsi ad una direttiva comunitaria del 2004, concepita e predisposta in un contesto del tutto diverso dall'attuale, vale a dire quando l'Unione europea aveva confini più ristretti. L'allargamento dell'Unione rende oggi necessaria la revisione della direttiva ed il Governo italiano sta appunto adottando le opportune iniziative in tal senso. Nel frattempo il Governo ha inteso rivedere in senso restrittivo la disciplina in materia utilizzando i margini di flessibilità consentiti dalla direttiva comunitaria attualmente vigente. L'esigenza infatti è quella di far fronte ad un problema di pubblica sicurezza piuttosto evidente, e per risolvere il quale lo stesso Governo Prodi era intervenuto con due successivi decreti-legge, entrambi, per varie ragioni, non convertiti. Il Governo Berlusconi ha inteso prendere spunto dal lavoro svolto dal Governo e dal Parlamento in quell'occasione

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per dare una concreta risposta all'emergenza relativa alla sicurezza e per contrastare non coloro che vengono in Italia per ragioni legittime, ma coloro che vi vengono per vivere in clandestinità, ai margini della società legale, e per commettere reati. Era inoltre intendimento del Governo uniformare la disciplina relativa alla libera circolazione dei cittadini comunitari rispetto a quella relativa ai cittadini non comunitari, che rischiava per alcuni versi di essere più favorevole.
Conclude assicurando che il Governo terrà nel dovuto conto il dibattito parlamentare, riservandosi di decidere al termine sulle eventuali proposte che emergeranno.

La seduta termina alle 14.55.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 18 giugno 2008.

La seduta comincia alle 14.55.

DL 90/08: Misure straordinarie per l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania.
Nuovo testo C. 1145-A Governo.

(Parere alla VIII Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con osservazioni).

Isabella BERTOLINI, presidente, avverte che il Comitato è chiamato ad esprimere il proprio parere sul nuovo testo del provvedimento in oggetto, come risultante dall'esame degli emendamenti svoltosi presso la Commissione ambiente, dopo che è stato deliberato il rinvio dello stesso provvedimento in Commissione.

Maria Elena STASI (PdL), relatore, illustra brevemente le modifiche apportate al provvedimento in esame da parte della Commissione ambiente. Dopo aver richiamato il parere espresso dalla I Commissione lo scorso 11 giugno, fa presente che, con riferimento ai contenuti del provvedimento, assumono rilevanza anche le materie «difesa e forze armate» e «ordine pubblico e sicurezza», che le lettere d) ed h) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione attribuiscono alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Formula quindi una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato 2).

Doris LO MORO (PD) esprime preliminarmente la propria contrarietà sulla tecnica legislativa utilizzata per la disciplina della materia in esame da parte del Governo. Rileva infatti che sono stati sovrapposti due distinti decreti-legge a distanza di pochi giorni tra loro, cosa che ha creato problemi interpretativi in relazione alla produzione ed alla salvaguardia degli effetti prodottisi, derivanti dall'accavallamento temporale dei due provvedimenti in questione.
Si sofferma quindi sul nuovo testo elaborato dalla VIII Commissione, che presenta aspetti condivisibili, quale ad esempio la soppressione della disciplina relativa alla istituzione dell'Istituto di ricerca per la protezione ambientale (IRPA), e aspetti su cui invece esprime la propria contrarietà. Si riferisce in particolare all'attribuzione della qualifica di agenti di pubblica sicurezza ai militari impegnati nello svolgimento dei compiti previsti nel provvedimento in esame. Al riguardo osserva che, se pure è vero che il secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione prevede l'attribuzione alla competenza legislativa esclusiva dello Stato delle materie «ordine pubblico e sicurezza» e «difesa e forze armate», è altrettanto vero che il Costituente non ha inteso certo creare una impropria commistione tra le stesse, come invece si riscontra dall'esame provvedimento in oggetto. Soprattutto alla luce di quest'ultima considerazione, che rafforza l'orientamento contrario sulla proposta di parere del relatore, preannuncia su di essa il voto contrario da parte del proprio gruppo.

Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 15.05.

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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 18 giugno 2008.

La seduta comincia alle 17.55.

DL 90/08: Misure straordinarie per l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania.
Emendamenti C. 1145-A/R Governo.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Maria Elena STASI (PdL), relatore, formula una proposta di parere (vedi allegato 3) contrario sull'emendamento Bratti 11.40, sul quale la Commissione si era già espressa in senso contrario nel parere sugli emendamenti in Assemblea da essa reso ieri, e parere di nulla osta sui restanti emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1, nonché sugli emendamenti 2.200, 3.200, 7.200 e 18.200 della Commissione.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 18.