CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 10 giugno 2008
14.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Martedì 10 giugno 2008. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO.

La seduta comincia alle 11.30.

D.L. 90/2008: Misure straordinarie per l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania.
C. 1145 Governo.

(Parere alla VIII Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Enrico COSTA (PdL), relatore, rileva che il decreto all'esame in sede consultiva reca misure straordinarie per fronteggiare e risolvere l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti. Alcune disposizioni, anche estremamente rilevanti, rientrano nell'ambito di competenza della Commissione Giustizia. Si tratta in, particolare dell'articolo 2, commi 5, 9 e 10, degli articoli 3 e 4, dell'articolo 15, comma 3. Su tali disposizioni si concentrerà la relazione.
Segnala che il 9 giugno scorso il Consiglio superiore della magistratura ha espresso un parere sul decreto legge in esame, analizzando le disposizioni di esso che attengono anche alla competenza della Commissione giustizia. Precisa quindi che di tale parere, del quale è stato dato ampio risalto dalla stampa, si terrà conto nel prosieguo della relazione.
Per quanto attiene alle altre norme del decreto-legge, ricorda che l'articolo 1 introduce un nuovo modello per la gestione dell'emergenza campana, che abbandona il ricorso a commissari delegati e alle relative strutture, cui subentra un apposito Sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. È quindi attribuito al Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri il coordinamento della complessiva azione di gestione dei rifiuti nella regione Campania per la durata del periodo emergenziale (prorogato fino al 31 dicembre 2009).

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All'articolo 2 si trovano le prime disposizioni di interesse della Commissione Giustizia. Tale articolo affida al Sottosegretario di Stato il compito di provvedere all'attivazione dei siti da destinare a discarica. In tale ambito, il Sottosegretario di Stato può utilizzare procedure espropriative per l'acquisizione di siti per lo stoccaggio e smaltimento dei rifiuti, nonché disporre l'acquisizione di ogni bene mobile funzionale al corretto espletamento delle attività di propria competenza. Ai siti, alle aree e agli impianti comunque connessi all'attività di gestione dei rifiuti è attribuita la qualifica di «aree di interesse strategico nazionale».
Il comma 5 individua quindi un nuovo reato nei confronti di chiunque si introduca abusivamente nelle aree di interesse strategico nazionale o ne ostacoli l'accesso autorizzato. Tale soggetto è punito con l'arresto da 3 mesi ad un anno o l'ammenda da 51 a 309 euro. Nel testo non è riportata specificamente la sanzione, bensì ci si limita a rinviare all'articolo 682 del codice penale che punisce l'ingresso arbitrario in luoghi ove l'accesso è vietato nell'interesse militare dello Stato.
Il comma 9 punisce con la reclusione fino ad un anno chiunque impedisce, ostacola o rende più difficoltosa la complessiva azione di gestione dei rifiuti. I capi, i promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da 1 a 5 anni (comma 9).
Altra norma di natura penale è il comma 10, secondo cui chi «distrugge, deteriora o rende inservibili, in tutto o in parte, componenti impiantistiche e beni strumentali connessi con la gestione dei rifiuti» è punito con reclusione da 6 mesi a 3 anni. Il delitto è perseguibile d'ufficio.
La norma di maggiore interesse della Commissione Giustizia che ha suscitato un acceso dibattito anche tra gli operatori del diritto è l'articolo 3, che definisce - in via transitoria e fino al termine dello stato emergenziale - la competenza dell'autorità giudiziaria nei procedimenti penali relativi alla gestione dei rifiuti nella regione Campania. Nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione si legge che la norma «si rende necessaria per offrire risposte adeguate anche in termini di efficienza e immediatezza nello svolgimento delle attività di indagine afferenti a reati commessi nell'ambito dell'attività di gestione dei rifiuti». La ratio della disposizione appare chiara ed è volta ad evitare la frantumazione della competenza territoriale, nonché decisioni disomogenee e legate a specifiche influenze territoriali.
Pertanto, per i procedimenti penali relativi ai reati in materia di gestione dei rifiuti e, più in generale, in materia ambientale commessi nel territorio della regione Campania, le funzioni di pubblico ministero che, secondo la lettera a) del comma 2 dell'articolo 51 del codice di procedura penale sono esercitate, nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado, dai magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale competente per territorio, sono attribuite al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli. Le funzioni di giudice per le indagini preliminari e dell'udienza preliminare sono esercitate da magistrati del tribunale di Napoli. È attribuita al tribunale in composizione collegiale la competenza sulle richieste di misure cautelari personali e reali. Nel corso delle indagini preliminari, è fatto divieto al pubblico ministero ed agli ufficiali di polizia giudiziaria di disporre il sequestro preventivo di cose pertinenti al reato o la cui libera disponibilità possa aggravarne le conseguenze. Resta invece salva l'applicabilità delle disposizioni sull'attività di coordinamento del Procuratore nazionale antimafia, quando le indagini dimostrino il coinvolgimento della criminalità organizzata. La nuova disciplina è applicabile anche ai procedimenti in corso per i quali non sia stata ancora esercitata l'azione penale. Inoltre, le misure cautelari già disposte dal pubblico ministero o convalidate dal giudice per le indagini preliminari perdono efficacia se non sono convalidate, entro 20 giorni dalla trasmissione degli atti, dal tribunale collegiale. Per ovviare alle accresciute esigenze di organico

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degli uffici giudiziari di Napoli, sono adottate misure di redistribuzione dei magistrati e di riallocazione di personale amministrativo. Per tutta la durata dell'emergenza le aree destinate a discarica e a sito di stoccaggio possono essere oggetto di sequestro preventivo qualora sussistano gravi indizi di reato o sia impossibile contenere altrimenti il pregiudizio alla salute dei cittadini.
Riservandosi di svolgere compiute osservazioni nel prosieguo dell'esame, sottolinea sin d'ora come l'articolo 3 presenti taluni profili di criticità, che riguardano l'attribuzione in via transitoria della competenza territoriale al Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli per i procedimenti penali relativi a reati riferiti alla gestione dei rifiuti ed ai reati in materia ambientale nella regione Campania, nonché l'attribuzione al tribunale in composizione collegiale la competenza sulle richieste di misure cautelari personali e reali relativamente a tali reati.
Anche su questo punto si è soffermato il Consiglio superiore della magistratura, al quale peraltro era stato trasmesso un documento sottoscritto da magistrati della procura di Napoli, nel quale si affermava che tale spostamento di competenza violerebbe gli articoli 25 (ove si prescrive che le disposizioni di cui ai predetti commi 1 e 2 dello stesso articolo 3 sono applicabili anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 90 del 2008, per i quali non sia stata ancora esercitata l'azione penale, e 102 (in merito alle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 3 che derogano temporaneamente, fino alla cessazione dello stato emergenziale, all'ordinaria disciplina sulla competenza territoriale del pubblico ministero, del giudice delle indagini preliminari e del giudice dell'udienza preliminare) della Costituzione, che sanciscono rispettivamente il principio del giudice naturale ed il divieto di istituire giudici speciali.
Pur sottolineando che i profili di costituzionalità del provvedimento rientrano anzitutto negli ambiti di competenza della Commissione Affari Costituzionali, ricorda che, sin dalla sentenza n. 56 del 1967, si è affermato un consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale che esclude, in simili ipotesi emergenziali, una lesione del principio di precostituzione del giudice naturale anche in caso di modifica, in generale, della competenza del giudice a processo in corso.
Lo stesso Consiglio superiore della magistratura nel suo parere, non sembra aver messo in discussione i profili di costituzionalità del decreto in esame, evidenziando invece l'inopportunità della scelta effettuata dal Governo sul versante del pregiudizio che ne deriverebbe all'efficienza e funzionalità degli uffici giudiziari interessati. In particolare, secondo il Consiglio superiore della magistratura l'attribuzione delle competenze al Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli (cosiddetta superprocura) comporterebbe la «dilatazione dei carichi di lavoro degli uffici napoletani», «situazioni di gravi conflittualità all'interno e fra gli uffici giudiziari», oltre che «ritardi e inefficienze per la distanza» con le sedi della «polizia giudiziaria delegate per il compimento delle attività investigative». Per questo l'organo di autogoverno della magistratura, suggerisce di dividere i compiti almeno in due procure, «con riferimento alle di corti d'appello campane, Napoli e Salerno».
Proseguendo nell'esame del provvedimento, rileva che l'articolo 4 disciplina la tutela giurisdizionale relativa alle controversie attinenti alla gestione dei rifiuti, anche qualora tale azione sia posta in essere con comportamenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati. Le suddette controversie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la quale si estende anche alle controversie relative a diritti costituzionalmente tutelati.
Gli articoli da 5 a 14 riguardano strettamente questioni anche di natura tecnica relative alla gestione di rifiuti senza che sia coinvolta la competenza della Commissione Giustizia. L'articolo 15 prevede disposizioni per assicurare la complessiva funzionalità dell'amministrazione mediante

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il potenziamento del personale di protezione civile, tra le quali (comma 3) quelle che sottraggono al pignoramento e al sequestro le risorse finanziarie destinate all'emergenza rifiuti e resi privi di effetti i pignoramenti già notificati.
I restanti articoli non attengono alla competenza della Commissione Giustizia.
Ribadendo la particolare complessità e delicatezza del provvedimento in esame, si riserva di esprimere una compiuta proposta di parere all'esito del dibattito, che avrà per oggetto il testo che sarà trasmesso dalla Commissione di merito.

Manlio CONTENTO (PdL) ritiene che sia di fondamentale importanza che la Commissione acquisisca alcuni documenti essenziali per l'esame del decreto-legge in questione. In particolare, occorre acquisire il parere del Consiglio superiore della magistratura, il documento sottoscritto dai magistrati della procura di Napoli e trasmesso al Consiglio stesso, nonché il recente documento dell'Associazione nazionale magistrati sul decreto-legge in materia di rifiuti.
Ritiene quindi che il Governo debba fornire informazioni e spiegazioni su come intenda perseguire l'obiettivo della maggiore efficienza tramite le disposizioni dell'articolo 3 del provvedimento, nonché sulla norma che consente al Ministro della giustizia di incidere sull'organizzazione dei medesimi uffici giudiziari di Napoli, anche tramite la redistribuzione del personale.
Ricorda quindi che i profili di costituzionalità del provvedimento rientrano nella piena competenza della Commissione giustizia, in quanto direttamente connessi alla disciplina del processo penale, sia sotto il profilo della giurisdizione e della competenza che sotto quello delle norme procedurali e delle garanzie. La Commissione, pertanto, non potrà non esaminare in modo approfondito anche la conformità del provvedimento alla Costituzione.

Pierluigi MANTINI (PD) evidenzia l'incongruità dell'articolo 4, comma 2, del provvedimento, laddove prevede che misure cautelari adottate dal giudice ordinario cessino di avere effetto ove non riconfermate dal un giudice amministrativo il quale, tra l'altro, agisce non d'ufficio ma su ricorso.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che la documentazione richiesta dall'onorevole Contento è già a disposizione della Commissione e che la sua richiesta di maggiori informazioni sarà rappresentata al Governo.
Ricorda che il parere deve essere espresso entro domani, considerato che il provvedimento è inserito nel calendario dell'Assemblea a partire da lunedì 16 giugno prossimo.
Entro la giornata di oggi la Commissione Ambiente esaminerà gli emendamenti presentati e, quindi, trasmetterà alle Commissioni competenti il testo risultante dagli emendamenti approvati. Su questo testo la Commissione Giustizia esprimerà il parere.
In considerazione dell'imminenza delle votazioni in Assemblea, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 11.50.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 10 giugno 2008. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO.

La seduta comincia alle 14.20

D.L. 95/2008: Disposizioni urgenti per il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria.
C. 1212 Governo.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che il provvedimento in esame è iscritto nel calendario dell'Assemblea a partire da lunedì 23 giugno prossimo. Al fine di rispettare la programmazione dei lavori

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dell'Assemblea la Commissione concluderà nella giornata di domani l'esame preliminare per fissare poi il termine della presentazione degli emendamenti alle ore 10 di martedì 17 giugno prossimo.

Luigi VITALI (PdL), relatore, rileva che il provvedimento in esame rappresenta l'ultima tappa di un percorso avviatosi nel 1998 con l'istituzione del giudice unico di primo grado in relazione al riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria. L'articolo 245 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, recante l'istituzione del giudice unico di primo grado, stabiliva - nella sua formulazione originaria - che le disposizioni dell'ordinamento giudiziario, in forza delle quali possono essere addetti al tribunale ordinario e alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario magistrati onorari, si applicano fino a quando non sarà attuato il complessivo riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria a norma dell'articolo 106, secondo comma, della Costituzione, e comunque non oltre cinque anni dalla data di efficacia della riforma istitutiva del giudice unico di primo grado. Questa riforma non è stata ancora varata.
Attraverso una serie di interventi normativi, l'originario termine di cinque anni è stato successivamente ridefinito in sette anni e quindi in nove anni. Considerato che il decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, ha acquistato efficacia a decorrere dal 2 giugno 1999, la possibilità di avvalersi di magistrati onorari presso il tribunale ordinario e la procura della Repubblica presso il tribunale ordinario sarebbe dovuta venir meno alla data del 2 giugno 2008.
In questa vicenda è intervenuto da ultimo l'articolo 14 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (cosiddetto «decreto-legge milleproroghe»), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, secondo cui i giudici onorari, i vice procuratori onorari e i giudici onorari presso i tribunali per i minorenni, il cui mandato scadeva entro il 31 dicembre 2007 e per i quali non era consentita un'ulteriore conferma secondo quanto previsto dall'articolo 42-quinquies dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto n. 12 del 1941, sono stati ulteriormente prorogati nell'esercizio delle rispettive funzioni fino alla riforma della magistratura onoraria e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2009.
Il decreto-legge in esame non determina rispetto al 31 dicembre 2009 una nuova proroga, essendo piuttosto diretto ad eliminare il conflitto esistente tra la disposizione contenuta nell'articolo 245 del decreto legislativo n. 51 del 1998 che pone il 2 giugno 2008 come termine ultimo per adibire i magistrati onorari all'esercizio di funzioni giurisdizionali, e quella contenuta nell'articolo 14 del «milleproroghe», che ha disposto la proroga dei magistrati onorari in scadenza alla data del 31 dicembre 2007 fino alla riforma organica della magistratura onoraria e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2009. Il decreto-legge in esame, quindi, modifica il termine finale indicato nell'articolo 245 del decreto legislativo n. 51 del 1998 facendolo coincidere con la data del 31 dicembre 2009.
Potremmo pertanto considerare tale provvedimento come un atto di natura quasi ricognitiva e formale, non andando ad incidere sostanzialmente sul termine della proroga previsto dall'articolo 14 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, che continua a rimanere la riforma organica della magistratura onoraria e, comunque, il 31 dicembre 2009.
L'esame parlamentare del decreto-legge in questione potrà essere occasione per la presentazione di un ordine del giorno diretto ad impegnare il Governo a presentare in tempi rapidi un disegno di legge di riforma della magistratura onoraria, non essendo più ammissibile rimanere in un limbo di precarietà che fa male non soltanto ai giudici onorari che quotidianamente amministrano la giustizia, consentendole di non collassare, ma alla giustizia stessa e, quindi, ai cittadini che ad essa si rivolgono, senza ottenere risposte in tempi

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decenti. La magistratura onoraria, nel nostro Paese, non ha più un ruolo complementare e occasionale in rapporto all'amministrazione della giustizia, ma anzi svolge una funzione assolutamente fondamentale nel rispondere alla domanda di giustizia che sempre più massicciamente proviene dai cittadini. A fronte di ciò oggi ci troviamo di fronte a diverse categorie di giudici onorari; con altrettanto diversi criteri di selezione; con diverse retribuzioni e con diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati all'assoluta precarietà che molte volte non corrisponde alla qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità.
La magistratura onoraria, se opportunamente inquadrata, potrebbe essere il volano di un nuovo andamento dell'amministrazione della giustizia. Essa potrebbe costituire l'anello che avvicina la giustizia ai cittadini assicurando la celerità del servizio, in attuazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo. Quante volte si pensa di trasferire ai giudici onorari importanti e delicate competenze che la magistratura ordinaria, oramai al collasso, non è in grado di gestire? Queste operazioni sono auspicabili, ma presuppongono che alla base vi sia una riforma e la stabilizzazione della magistratura onoraria. Occorre una stabilizzazione che comporti nuove modalità di accesso e di retribuzione nonché una normativa di natura anche previdenziale.
Il Governo ha comunque il dovere di risolvere la questione della magistratura onoraria, optando tra la scelta di conferirle stabilità, quale organo complementare rispetto alla magistratura togata, e quella di considerarla come organo le cui funzioni vengono esercitate in via occasionale e temporanea. È certamente auspicabile la prima opzione, ma ciò che non può più essere consentito è la stato di incertezza in cui dal 1998 si trovano i magistrati onorari.
Ritiene quindi assolutamente necessario un intervento immediato in materia di giudici onorari, non solo nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 106, secondo comma, della Costituzione, ma anche per ragioni di opportunità e di giustizia sostanziale. Non si può non tenere conto che i giudici onorari, seppure nati per sopperire ad esigenze di carattere temporaneo, sono ormai diventati una colonna portante e indispensabile, della quale la giustizia italiana non potrebbe più fare a meno. Eppure costoro si trovano da molto tempo in una situazione di ingiustificabile precarietà. Tale situazione deve cessare quanto prima, possibilmente per effetto di un intervento organico che riordini l'intera materia della magistratura onoraria.

Manlio CONTENTO (PdL) chiede al relatore di meglio precisare quali siano l'esatta portata e la funzione dell'intervento normativo.

Luigi VITALI (PdL), relatore, ribadisce che il provvedimento si limita a rimuovere il conflitto esistente tra la disposizione contenuta nell'articolo 245 del decreto legislativo n. 51 del 1998 e quella contenuta nell'articolo 14 del cosiddetto decreto legge «milleproroghe».

Giulia BONGIORNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di violenza sessuale.
C. 611 Caparini, C. 666 Lussana, C. 817 Angela Napoli e C. 924 Pollastrini.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che alle proposte all'ordine del giorno è stata abbinata la proposta di legge n. 688 Prestigiacomo, recante nuove disposizioni in materia di contrasto dei reati di violenza sessuale.

Carolina LUSSANA (LNP), relatore, rileva che le proposte di legge in esame sono dirette a modificare la disciplina dei reati di violenza sessuale per quanto quella

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presentata dall'onorevole Pollastrini preveda interventi anche su altre materie.
Più in particolare, le proposte presentate dagli onorevoli Caparini, Angela Napoli e Prestigiacomo sono dirette ad apportare delle modifiche alla disciplina dei reati di violenza sessuale che si limitano ciascuna ad un aspetto particolare, mentre le altre due proposte di legge hanno una portata applicativa più ampia fino ad estendersi, come la proposta dell'onorevole Pollastrini, a tematiche ulteriori rispetto a quella della violenza sessuale.
La proposta di legge n. 611 dell'onorevole Caparini si limita ad innalzare a 16 anni l'età del consenso per i rapporti sessuali attualmente fissata a 14 anni. Ricorda, infatti, che la fattispecie degli atti sessuali con minorenne è disciplinata dall'articolo 609-quater, che sancisce la soglia del compimento del quattordicesimo anno di età (portata a sedici anni in caso di particolari rapporti tra il minore e l'altro soggetto) per delimitare il confine penale tra lecito ed illecito nel compimento degli atti sessuali consensuali con i minorenni. L'esigenza di innalzare da quattordici a sedici anni l'età del consenso sessuale risiederebbe nell'immaturità, anche sessuale, del minore di sedici anni e, quindi, nella mancanza per tali minori di una «libertà sessuale» come diritto di scelta e di libera esplicazione delle proprie qualità e facoltà sessuali. Solo con il raggiungimento dei sedici anni il minore è in grado di scegliere con la dovuta consapevolezza se compiere o meno un atto sessuale. Prima di tale età vi è comunque violenza sessuale.
La proposta di legge n. 817 presentata dall'onorevole Angela Napoli interviene sul regime delle aggravanti applicabili ai reati di violenza sessuale. In particolare, si propone di ricondurre la violenza sessuale perpetrata con abuso delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa dalla violenza sessuale nell'ambito delle aggravanti speciali del reato di violenza sessuale, mediante il suo inserimento nell'articolo 609-ter del codice penale, e sottoporre pertanto la fattispecie criminosa alla pena della reclusione da sei a dodici anni. L'esigenza di arrecare tale modifica al regime delle aggravanti è emersa a seguito di un fatto di cronaca che ha visto applicare la sola fattispecie base del reato di violenza sessuale ad un caso di violenza perpetrato a danno di una donna incinta. La normativa vigente, infatti, riconduce espressamente l'abuso «delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto» nell'ambito della struttura del reato base di violenza sessuale di cui all'articolo 609-bis del codice penale. Tale ipotesi viene portata dalla proposta in esame nell'articolo 609-ter, che disciplina le aggravanti del reato di violenza sessuale.
La proposta di legge n. 688 presentata dall'onorevole Prestigiacomo interviene su due aspetti particolari, quali la limitazione dell'applicazione del «patteggiamento allargato», escludendone l'applicazione per coloro che hanno commesso il delitto di «corruzione di minorenne», ed il gratuito patrocinio, estendendone l'applicazione alle vittime dei reati sessuali a prescindere da ogni valutazione di carattere economico. La proposta ha, quindi, due obiettivi: il primo è quello di intensificare le misure repressive attualmente previste nei confronti dei colpevoli di un reato tanto infamante quanto la corruzione di minorenne, escludendo per il reo la possibilità di ricorre a sconti di pena; il secondo consiste nel rafforzare la presenza e il sostegno delle istituzioni in favore delle vittime dei reati sessuali, contribuendo al riequilibrio della parità delle parti nel processo accusatorio attraverso una indifferenziata applicazione il gratuito patrocinio.
Le altre proposte di legge hanno un impatto più ampio sulla complessiva disciplina dei reati di violenza sessuale fino, come nel caso della proposta di legge n. 666, della quale è prima firmataria, a delineare un nuovo inquadramento sistematico della categoria dei reati in esame.
Pertanto, prima di passare all'illustrazione di tali proposte ritiene opportuno soffermarsi sulle ragioni che spingono verso una modifica della riforma sui reati sessuali varata nel 1996.

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I dati statistici evidenziano come il fenomeno della violenza sessuale sia ben più esteso di quanto risulterebbe dal numero delle denunce. Troppo spesso le stesse vittime non denunciano le violenze nei loro confronti. Da parte di tutte le forze politiche vi è la consapevolezza della gravità del fenomeno. Proprio per questa ragione finora la questione della tutela giuridica della donna contro gli atti di violenza sessuale è stata affrontata in Parlamento e nel Paese in maniera trasversale, tanto da arrivare anche a miglioramenti sotto il profilo culturale. Tuttavia emerge ancora un disagio familiare, che determina una sempre maggiore estensione del fenomeno della violenza contro le donne. Occorre pertanto portare a compimento un processo culturale che sancisca l'assoluta inviolabilità del corpo della donna.
In primo luogo, anche in considerazione dell'aumento degli episodi di violenza commessi in danno di vittime indifese, è necessario dare un segnale di forza e d'intransigenza verso chi si rende colpevole di reati tanto infamanti. Questi reati, oltre che a provocare seri danni all'incolumità individuale, incidono anche sull'integrità psicologica della vittima rischiando di provocare un danno permanente alla sua vita. Come è riportato nella relazione di accompagnamento alla proposta di legge n. 666, «sembra giusto e doveroso parlare di una vera e propria «morte psicologica» della vittima, che difficilmente riuscirà a tornare alla sua vita normale dopo aver subìto violenza». Per tale ragione si potrebbe valutare l'opportunità di effettuare una scelta sistematica di fondo inserendo i delitti di violenza sessuali tra quelli contro la vita e l'incolumità individuale anziché tra quelli concernenti i delitti contro la libertà individuale, al pari dell'omicidio e delle lesioni personali.
Oltre a scelte sistematiche occorre anche incidere sulle pene oggi previste, innalzandole in nome di una finalità retributiva della pena troppo spesso dimenticata e nella convinzione che siano necessarie punizioni severe nei confronti di chi si rende colpevole di reati tanto infamanti. L'innalzamento della pena deve essere accompagnato dalla certezza che la medesima sia eseguita oltre che dall'applicazione della stessa in tempi rapidi. Per quanto attiene all'inasprimento delle pene, la proposta n. 666 all'articolo 3, introducendo l'articolo 586-bis del codice penale, disciplina il reato di violenza sessuale attualmente previsto dall'articolo 609-bis, con l'aumento nel minimo e nel massimo della pena irrogata e la previsione di una maggiore discrezionalità del giudice nella concessione delle attenuanti, nonché con l'aumento della pena fino alla metà in caso di recidiva. L'articolo 4, introducendo l'articolo 586-ter del codice penale, modifica parzialmente la disciplina delle circostanze aggravanti di questo reato prevedendo un aumento delle pene di base e delle pene minime per casi di particolare gravità (lesioni gravi o gravissime). L'articolo 10, introducendo l'articolo 586-novies del codice penale, inasprisce le pene della violenza sessuale di gruppo, oggi prevista dall'articolo 609-octies, fino alla previsione dell'ergastolo nel caso di morte della vittima.
La proposta di legge n. 924 presentata dall'onorevole Pollastrini ha un impatto minore sull'attuale regime sanzionatorio in quanto, secondo i proponenti, l'attuale assetto normativo prevede già ora pene consistenti, per cui non si è ritenuto di prevedere ulteriori specifici aggravamenti. Comunque, anche tale proposta incide su alcune sanzioni previste dalla legislazione vigente operando sulla descrizione delle aggravanti previste dall'articolo 609-ter del codice penale, sottolineando la gravità del fatto commesso da chi abbia con la vittima un rapporto privilegiato anche e soprattutto di tipo familiare. La proposta di legge in esame incide anche sui meccanismi di computo della pena relativa ai reati di violenza sessuale, escludendo il bilanciamento tra circostanze attenuanti e circostanze aggravanti, con l'effetto di comportare un inasprimento delle sanzioni applicabili.

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Gli interventi di natura penale non debbono limitarsi all'inasprimento delle sanzioni.
L'articolo 10 della proposta di legge n. 666, ad esempio modifica la fattispecie del reato di violenza di gruppo eliminando dalla normativa la definizione delle fattispecie di violenza sessuale di gruppo, attualmente qualificata come «partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all'articolo 609-bis» nonché la diminuzione di pena oggi prevista per i semplici partecipanti, che ha rappresentato troppo spesso una efficace via di fuga per coloro che si sono trincerati dietro di essa, adducendo di essersi limitati ad assistere allo stupro perpetrato da altri.
La proposta di legge n. 924 all'articolo 8 contiene modifiche al codice penale aventi ad oggetto il delitto di violenza sessuale. Il comma 2 interviene sull'articolo 609-bis del codice penale relativo al delitto di violenza sessuale per sostituirne il comma 3. La riformulazione proposta conferma la previsione attuale in forza della quale è prevista la diminuzione della pena in misura non eccedente i due terzi per i casi di minore gravità; precisa però che ai fini della concedibilità dell'attenuante il giudice deve valutare l'intensità del dolo; la materialità del fatto; le modalità della condotta criminosa; il danno arrecato alla parte offesa; le condizioni psicofisiche della vittima.
I commi da 3 a 5 intervengono sull'articolo 609-ter, relativo alle circostanze aggravanti del delitto di violenza sessuale. Il comma 3 specifica che la circostanza aggravante del delitto di violenza sessuale ricorre non solo se i fatti sono commessi con l'uso di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti, ma anche quando si tratta di sostanze comunque idonee a ridurre la capacità di determinarsi della persona offesa. Il comma 4 elimina dall'aggravante di cui al n. 5) - violenza sessuale commessa nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni 16 della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore - il riferimento agli anni 16. Il comma 5 aggiunge tre ulteriori circostanze aggravanti. In particolare, inserendo il n. 5-bis, si prevede che il delitto di violenza sessuale sia aggravato quando la violenza è commessa in danno del coniuge, del convivente o anche della persona che - a prescindere dalla convivenza - sia legata da una stabile relazione affettiva con l'autore del reato; il n. 5-ter prevede l'aggravio di pena quando il reato sia commesso in danno di minorenne e il colpevole sia persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di convivenza; il n. 5-quater prevede il reato aggravato quando il fatto sia commesso in danno di una donna in stato di gravidanza. Sul punto vi è coincidenza con la proposta di legge presentata dall'onorevole Angela Napoli.
Il comma 6 interviene sull'articolo 609-quater (Atti sessuali con minorenne) e - analogamente a quanto disposto dal comma 2 in relazione al delitto di violenza sessuale - sostituisce il comma 4 prevedendo la diminuzione della pena in misura non eccedente i due terzi per i casi di minore gravità e precisando che, ai fini della concedibilità dell'attenuante, il giudice deve valutare l'intensità del dolo, la materialità del fatto, le modalità della condotta criminosa, il danno arrecato alla parte offesa e le condizioni psicofisiche della vittima.
Oltre ad interventi di diritto penale sostanziale sono previsti anche misure di natura processuale. Si potrebbe tenere conto dell'esigenza di estendere l'obbligatorietà dell'arresto in flagranza a tutti i reati sessuali, anziché alle sole ipotesi di violenza aggravata o di gruppo, così come prevede la proposta n. 666 all'articolo 11. In ragione dell'esigenza di celebrare nel più breve tempo possibile i relativi processi, si potrebbe prevedere l'applicazione del rito direttissimo per i reati sessuali, come previsto dal medesimo articolo 11. Deve essere ben chiaro come tale rito non rivesta carattere premiale e sia azionabile unilateralmente e unicamente dal pubblico ministero. Esso, come il giudizio immediato, salta l'udienza preliminare, con economia

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di tempo e di attività processuali, e affluisce direttamente innanzi al giudice dibattimentale. In presenza dei reati di violenza sessuale, la scelta di questo rito rappresenta un valido ausilio per le vittime, evitando loro il trauma di dover rivivere a distanza di tanto tempo drammatiche esperienze, ed è inoltre utile sotto il profilo della difesa sociale per evitare che i colpevoli possano nuocere ulteriormente.
Certezza della pena giusta significa anche escludere la possibilità di accedere al patteggiamento nonché ridurre sensibilmente la possibilità di applicare i benefici penitenziari a chi si sia macchiato di un reato tanto infamante quanto la violenza sessuale. La pena deve essere scontata in tutta la sua interezza: non possono essere ammesse scappatoie come lo sono spesso anche i benefici penitenziari. In questa ottica sempre l'articolo 11 prevede l'esclusione della possibilità di chiedere il patteggiamento (sul punto si ricorda anche la proposta presentata dall'onorevole Prestigiacomo) e l'inapplicabilità dei benefìci previsti dall'ordinamento penitenziario, allo scopo di far scontare interamente le pene inflitte con sentenza definitiva per tali reati senza possibilità di usufruire di benefìci quali l'affidamento in prova al servizio sociale, la semilibertà o la liberazione anticipata.
Con finalità preventiva potrebbe essere considerata l'opportunità di prevedere che i soggetti resisi responsabili dei reati di violenza sessuale possano essere sottoposti al trattamento del blocco androgenico totale, con la somministrazione di farmaci adeguati, previa valutazione del giudice che tenga conto della personalità e della pericolosità sociale del reo oppure dei suoi rapporti con la vittima del reato. Naturalmente il trattamento del blocco androgenico totale, da qualificare come misura di sicurezza, dovrebbe essere inserito in un programma di recupero psicoterapeutico, svolto a cura dell'amministrazione penitenziaria con l'ausilio di centri convenzionati, pubblici e privati, che dispongano di professionisti specializzati in psicoterapia e in psichiatria. In tal senso si muovono gli articoli 13 e 14 della proposta di legge n. 666. Lo Stato deve fare in modo che al termine dell'esecuzione della pena non sia rimesso in circolazione un violentatore. A parte il discorso sul trattamento del blocco androgenico totale, per evitare il rischio che ciò possa accadere occorrono interventi sul detenuto di natura psicologica da parte di esperti. Interventi che potrebbero proseguire anche dopo l'esecuzione della pena detentiva. Rileva quindi che potrebbe essere opportuno esaminare la legislazione dei Paesi europei che prevedono la misura del blocco androgenico, al fine di trovare la soluzione normativa più adeguata.
Anche la proposta di legge n. 924 contiene norme processuali, che coinvolgono anche reati diversi da quelli di violenza sessuale.
Come si è già accennato, infatti, la proposta n. 924 presentata dall'onorevole Pollastrini, che riprende in parte il disegno di legge n. 2169 presentato nella scorsa legislatura sempre dall'onorevole Pollastrini in veste di Ministro per le pari opportunità, ha una portata che va ben oltre quella della violenza sessuale. A tale proposito, ricordo che quando nella legislatura passata il disegno di legge del Governo venne abbinato alle proposte di legge in materia di violenza sessuale già in corso d'esame presso la Commissione Giustizia ci fu un rallentamento nell'approvazione di un testo di riforma della disciplina dei reati sessuali, sul quale vi era un accordo trasversale in Commissione. Nel dibattito parlamentare furono inserite dal Governo delle nuove tematiche intorno alle quali non vi era la medesima condivisione che invece aveva fino allora caratterizzato l'esame delle proposte di legge vertenti esclusivamente nella materia della violenza sessuale.
Oggetto della proposta di legge n. 924 non è tanto la violenza sessuale, quanto piuttosto la violenza a danno di soggetti deboli, tra i quali, secondo una visione alquanto discutibile, rientrerebbero anche le donne. Piuttosto che la violenza sessuale, oggetto di tale proposta di legge è la cosiddetta violenza di genere, dovendosi

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con tale espressione intendere, come si legge nella relazione di accompagnamento, «tutte le forme di coartazione della libertà, di sopraffazione e di dominio sulla vita e sul corpo femminile, di sopruso o di riduzione dell'autonomia e delle libertà personali, anche in relazione all'orientamento sessuale, in contesti che sottendono modelli culturali, espliciti o impliciti, portatori di rapporti asimmetrici tra i generi e le generazioni».
La proposta di legge si propone tre livelli integrati di intervento che opererebbero in tutti i casi di violenza. Si tratta, in particolare, di misure di sensibilizzazione e prevenzione contro la violenza in famiglia, di genere e contro le discriminazioni; del riconoscimento di diritti alle vittime di violenza; della tutela penale delle vittime di violenza, ampliamento della tutela processuale, sia penale che civile.
Nello specifico, nel capo I sono contenute le norme concernenti le campagne di informazione e di sensibilizzazione sul problema della violenza di genere, gli interventi programmati sul sistema educativo, sul sistema sanitario e sul sistema comunicativo. Il capo II comprende una sorta di carta dei diritti delle persone e delle famiglie vittime di fenomeni di violenza. Nel capo III, intitolato «Delitti contro la persona e la famiglia», si concentrano tutte le norme che, come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento in esame, «innovando il codice penale, il codice di procedura penale, alcune leggi speciali e l'ordinamento penitenziario, rappresentano l'immediata realizzazione della tutela contro forme di violenza e prevaricazione finora trascurate, sottovalutate, dimenticate».
Suscita forti perplessità la scelta di effettuare un intervento omnicomprensivo in cui inserire come una parte del tutto una materia tanto delicata e peculiare, quale quella della violenza sessuale. Sia ben chiaro che non si intende in alcun caso affermare che le varie forme di violenza diversa da quella sessuale, che sono oggetto della proposta in esame, non possano essere esaminate dal Parlamento. Ciò che non è condivisibile è il metodo utilizzato. Considerato che si tratta di casi di violenza eterogenei occorrono interventi normativi autonomi che consentano ciascuno di affrontare le diverse e peculiari tematiche in cui gli specifici fenomeni vanno ad inserirsi. In questo momento ci stiamo occupando di violenza sessuale e non di tutte quelle forme di violenza che vengono fatte rientrare nella categoria della «violenza di genere». Le violenze diverse da quella sessuale potranno essere affrontate in un altro momento. Nella scorsa legislatura si è fatto un errore nel cercare di assimilare ogni forma di violenza in vista di un intervento unitario. Si credeva di poter agganciare ad un treno in corsa che stava andando speditamente, quale era l'iter delle proposte in tema di violenza sessuale, dei vagoni che nulla avevano a che vedere con il percorso che quel treno stava percorrendo. Il risultato è stato il deragliamento del treno. In questa legislatura non deve essere commesso lo stesso errore. Temi come le molestie insistenti, la violenza in famiglia, l'uguaglianza tra uomini e donne nonché l'omofobia, trattati nella proposta di legge dell'onorevole Pollastrini, sono temi estremamente rilevanti, ma non sono l'oggetto dell'intervento normativo che in questo momento si sta cercando di portare a compimento. Si tratta di temi importanti ma tra di loro così diversi, che devono essere affrontati separatamente, così come si sta facendo per le molestie insistenti.
Ad esempio, gli articoli della proposta che prevedono un approccio al tema della violenza non limitato al solo aspetto sanzionatorio, ma esteso anche a profili socio-assistenziali sono condivisibili, ma - in questa circostanza - dovrebbero essere limitati al tema della violenza sessuale. Non si tratta di vittime di «serie A» e di «vittime di serie B», ma si tratta di dare una risposta immediata e senza ulteriori drammatici ritardi per porre rimedio al fenomeno sempre più dilagante della violenza sessuale.
In relazione alle misure di informazione, sensibilizzazione e prevenzione della violenza alle donne si prevede: l'obbligo, per le pubbliche autorità, di promuovere

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campagne di informazione e di sensibilizzazione; il coordinamento tra i servizi sociali e le Forze dell'ordine e la magistratura; la formazione specifica in ambito scolastico e sanitario; il divieto dei messaggi pubblicitari offensivi e discriminatori in relazione al genere; il monitoraggio statistico costante del fenomeno della violenza in famiglia e di genere, funzionale alla progettazione di nuove politiche di contrasto.
Vi sono poi gli interventi nella materia penale. Si è già detto della parte relativa alla violenza sessuale. Si modifica inoltre la fattispecie del delitto di maltrattamenti in famiglia, si prevedono nuove fattispecie penali, quali gli atti persecutori e le forme di discriminazione fondate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere.
Nella materia processuale, si legge nella relazione che «le innovazioni elaborate mirano a rendere più veloce e più efficace il processo e ad assicurare alla vittima, con particolare riferimento ai delitti di violenza sessuale, protezione e sostegno più intensi, congrui alla gravità dell'offesa subita e alle sue conseguenze traumatiche». Tra l'altro si incide sulle norme relative all'utilizzo dell'incidente probatorio per l'assunzione della testimonianza della persona offesa nei procedimenti per i delitti di maltrattamenti, violenza e abuso sessuale, prostituzione e pornografia minorile, tratta degli esseri umani ed atti persecutori, estendendone la possibilità anche qualora si tratti di persona minore ultrasedicenne ovvero maggiorenne, trattandosi di delitti portatori di conseguenze psicologicamente distruttive anche nei confronti dei soggetti adulti o quasi adulti. Si prevede la possibilità per i soggetti istituzionalmente preposti all'assistenza alle vittime, sia nel caso di violenza sessuale o commessi nell'ambito familiare che in quello di tratta degli esseri umani, di intervenire nel processo. Nell'ambito dei delitti commessi in danno di persone disabili si estende la possibilità della costituzione in giudizio anche alle associazioni e agli enti legittimati ad agire nei giudizi civili nei casi di discriminazione nei confronti delle persone disabili.
Si prevede, poi, che il Governo provveda con apposite norme a garantire, alle persone vittime di maltrattamenti, di violenza e di atti persecutori, il diritto alla riduzione e alla riorganizzazione dell'orario di lavoro, alla mobilità geografica e alla sospensione dell'attività lavorativa con conservazione del posto di lavoro. Inoltre è modificato l'articolo 18 del testo unico cosiddetto «sull'immigrazione» con la previsione della possibilità di rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari a tutte le donne extracomunitarie vittime di maltrattamenti (violenze o sfruttamento) in famiglia o di violenze sessuali in ambito domestico, allorquando ricorra un pericolo di vita per sé o per i propri familiari, come conseguenza della scelta di sottrarsi alla violenza o allo sfruttamento. Il permesso, se la vittima lo richiede e se sussistono comprovate esigenze, può essere rilasciato anche ai figli minori; le norme vigenti sull'immigrazione, infatti, non offrono adeguate tutele alle centinaia di donne e di ragazze di seconda generazione che trovino la forza di denunciare un parente violento. È sin troppo evidente che si tratta di un tema che deve essere affrontato in un ambito diverso a quello in cui ci troviamo. L'immigrazione implica considerazioni proprie che meritano di essere approfondite in un contesto che abbia il fenomeno dell'immigrazione come tema principale.
Prima di concludere la relazione, ricorda che il gruppo della Lega Nord ha chiesto ufficialmente, in vista della Conferenza dei Presidenti di Gruppo che predisporrà il programma dei lavori dell'Assemblea fino alla pausa estiva, che la proposta di legge n. 666 sia inserita nel programma dei lavori di luglio. Considerato che la violenza sessuale rappresenta un tema di interesse trasversale che non può sottostare a logiche di contrapposizioni politiche, auspica che ci sarà da parte di tutti i gruppi e del Governo un concorso di forze affinchè la Commissione elabori prima della pausa estiva un testo che possa essere un efficace strumento di lotta alla piaga della violenza sessuale,

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fenomeno - è sempre bene ribadirlo - ben più grave di quello che risulta dalle mere denunce.

Angela NAPOLI (PdL) rileva che la sua proposta di legge n. 804, recante norme per la tutela della persona che lavora contro le molestie sessuali, è stata assegnata in sede referente alla Commissione Lavoro pubblico e privato. Ritiene invece che tale proposta, in considerazione del suo contenuto, debba essere assegnata alla Commissione Giustizia e abbinata alle proposte di legge in esame. Chiede quindi alla presidenza di provvedere affinché la suddetta proposta di legge n. 804 possa essere abbinata.

Giulia BONGIORNO, presidente, ricorda all'onorevole Angela Napoli che per abbinare la proposta di legge n. 804 sarebbe necessario preliminarmente sollevare un conflitto di competenza, al fine di ottenere l'assegnazione di tale proposta alla Commissione Giustizia. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.50.