CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 19 dicembre 2012
758.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-08685 Mancuso: Organizzazione delle strutture dei dipartimenti di prevenzione della regione Piemonte.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il Ministero della salute ritiene fondamentale che la riforma dell'articolo 7-quater del decreto legislativo 30 dicembre 2012, n. 502, introdotta dalla legge n. 189 del 2012, venga recepita in modo uniforme da tutte le regioni, in modo da assicurare un'architettura solida ed omogenea ai Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende Sanitarie Locali in tutto il territorio nazionale.
  La nuova strutturazione del Dipartimento di Prevenzione comporta un necessario rafforzamento delle strutture deputate alla prevenzione della sanità animale e della sicurezza alimentare, anche al fine di individuare in modo efficace l'autorità competente in questa materia a livello locale, così come richiesto dalla normativa comunitaria, che ha introdotto negli ultimi anni l'adempimento di sempre più numerosi obblighi di prevenzione per la tutela della salute dei cittadini membri dell'Unione Europea.
  Pertanto, la novella legislativa dispone che tutte le regioni, aderendo alla «ratio» ispiratrice della norma, prevedano l'istituzione, nell'ambito del Dipartimento di Prevenzione, delle autonome strutture organizzative previste dall'articolo 7 citato, dotate, oltre che di autonomia tecnico-funzionale ed organizzativa, anche di un «budget» e di finalità proprie, al fine di realizzare gli obiettivi di prevenzione imposti dalla normativa nazionale, regionale, comunitaria ed internazionale.
  La regione Piemonte ha inviato al Ministero della salute, nel mese di aprile 2012, il nuovo Piano Socio-Sanitario Regionale per gli anni 2012-2015, che contiene indicazioni sull'organizzazione della prevenzione regionale.
  Da una disamina del contenuto del Piano citato, non sembrano evincersi violazioni di quanto disposto dalla nuova formulazione del più volte citato articolo 7.
  L'Assessorato Tutela della Salute e Sanità, Edilizia Sanitaria, Politiche Sociali e Politiche per la Famiglia della regione Piemonte ha segnalato che è in calendario, entro l'anno, l'assunzione di un provvedimento di indirizzo per la definizione ed approvazione degli atti aziendali di organizzazione, da parte dei direttori generali delle Aziende Sanitarie Locali e delle Aziende Sanitarie Ospedaliere del Piemonte.
  I provvedimenti assunti per ragioni di urgenza amministrativa da singole Aziende Sanitarie Locali dovranno allinearsi agli orientamenti delineati dalla regione Piemonte, che saranno coerenti con il dettato normativo nazionale e con il modello organizzativo dei Dipartimenti di Prevenzione.
  In ogni caso, l'esecutività degli atti aziendali sarà subordinata ad esame e approvazione da parte delle strutture regionali competenti per materia.

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ALLEGATO 2

5-08686 Binetti: Attivazione delle disposizioni contenute nel decreto-legge n. 158 del 2012 al fine di contrastare la dipendenza da gioco.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La stessa legge 8 novembre 2012, n. 189, che ha convertito il decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, dispone, all'articolo 7, comma 9, che l'Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato (ora Agenzia delle Dogane e dei Monopoli), d'intesa con la Società degli Autori ed Editori (SIAE), la Polizia di Stato, l'Arma dei Carabinieri e il Corpo della Guardia di Finanza, pianifica, su base annuale, almeno 10.000 controlli, specificamente destinati al contrasto del gioco minorile, nei confronti degli esercizi presso i quali sono installati gli apparecchi per giochi in questione, e presso le sedi di attività di scommessa su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, collocati in prossimità di istituti scolastici primari e secondari, di strutture sanitarie e ospedaliere, di luoghi di culto.
  Alla predetta Amministrazione, per le conseguenti attività, possono essere segnalate le violazioni delle norme in materia di giochi con vincite in denaro constatate, durante le ordinarie attività di controllo effettuate dagli agenti di Polizia locale, nelle sedi sopracitate.
  La ricollocazione dei punti della rete di raccolta del gioco, rispetto alle distanze da istituti di istruzione primaria e secondaria, da strutture sanitarie e ospedaliere, da luoghi di culto, da centri socio-ricreativi e sportivi, sarà definita con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della salute, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.
  Pertanto, le previsioni disciplinate dalla normativa in esame sono subordinate all'emanazione del citato decreto interministeriale, che contempla, tra l'altro, le modalità operative dell'intervento riallocativo.
  Al momento attuale, la disposizione recata dall'articolo 7 in questione è riferita alle concessioni di raccolta di gioco pubblico, bandite successivamente alla data di entrata in vigore della stessa legge.
  Le previsioni in materia di operazioni pubblicitarie, avranno efficacia dal prossimo 1o gennaio 2013: allo stato, sono in fase di strutturazione e pianificazione i profili attinenti alla declinazione delle misure attuative.
  Da ultimo, quanto alla implementazione del gioco da remoto mediante offerte ludiche analoghe a quelle veicolate con gli apparecchi sopra richiamati, si fa presente che ogni iniziativa attinente all'offerta di gioco «on line» proposta da concessionari deve essere strutturata nel pieno rispetto dei canoni previsti dalla vigente disciplina di settore.
  In particolare, la disciplina nazionale, condivisa dalle Autorità Comunitarie, prevede misure di inibizione per l'accesso ai minori e di tutela dei giocatori, anche mediante l'attivazione di strumenti di autolimitazione.
  Inoltre, sulla base delle previsioni recate dalle nuove disposizioni normative, al fine di rendere operativi i livelli di controllo a tutela dei minorenni, sono stati posti in essere, anche in collaborazione con il Corpo della Guardia di Finanza, una serie di controlli su tutto il territorio nazionale: su circa 1.000 controlli finora eseguiti, una decina si sono conclusi con la contestazione del mancato rispetto del divieto di gioco ai minorenni.

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ALLEGATO 3

5-08687 Lenzi: Diritto al risarcimento di persone soggette a trasfusione con sangue infetto e dei loro familiari.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In via preliminare, ritengo doveroso segnalare che la tematica sollevata con l'atto ispettivo in esame, riveste per il Ministero della salute una significativa rilevanza.
  Si ritiene infatti, quanto mai necessario avviare una ulteriore iniziativa, finalizzata a risolvere le criticità ancora aperte, con l'auspicio che anche il Parlamento, nell'ambito delle funzioni istituzionali proprie, cooperi a tale intento.
  Ciò premesso, sembra appena il caso di ricordare che la legge n. 222, del 2007, ha previsto uno stanziamento di 150 milioni di euro per l'anno finanziario 2007 per transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o affetti da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali, danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie che abbiano instaurato azioni di risarcimento danni ancora pendenti.
  Inoltre, la legge n. 244 del 2007, ha autorizzato la spesa di 180 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008, per la stipula delle transazioni di cui alla legge n. 222 del 2007, sopra citata.
  Le sopra citate norme hanno anche previsto che con decreto ministeriale fossero individuati i criteri in base ai quali definire, nell'ambito di un piano pluriennale, le transazioni. Detti criteri sono stati fissati con regolamento adottato con il decreto ministeriale 28 aprile 2009, n. 132. Il medesimo regolamento ha stabilito tra l'altro che, per la definizione dei moduli transattivi, secondo un piano pluriennale di rateizzazione degli importi da erogare, si provveda con un decreto di natura non regolamentare del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Avvocatura Generale dello Stato.
  In via amministrativa è stata avviata ed è tutt'ora in corso, la procedura transattiva, con la verifica delle istanze pervenute.
  Nel merito del quesito, l'iniziativa di cui sopra riferivo, dovrebbe pertanto garantire nell'ambito delle risorse finanziarie sopra indicate, e nel rispetto dei principi dell'ordinamento vigente, il giusto ristoro per i soggetti danneggiati o per gli eredi, che potrebbero non rientrare nella procedura transattiva già avviata, di cui sopra.
  Da ultimo, fatto salvo quanto sopra riferito, ritengo opportuno ricordare che ai soggetti danneggiati o agli eredi, che ritengono di poter essere pregiudicati dalla procedura transattiva in questione, resta comunque ferma la facoltà di non aderire all'atto transattivo e procedere fino all'ultimo grado di giudizio, e in tal caso di uniformarsi alla sentenza definitiva, che ovviamente può valutare favorevolmente o sfavorevolmente il singolo caso.

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ALLEGATO 4

7-01075 Binetti: Iniziative volte a rimuovere le discriminazioni e a favorire la piena integrazione delle persone con epilessia.

NUOVA FORMULAZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La XII Commissione,
   premesso che:
    è interesse diffuso e condiviso, oltre che obiettivo lungamente atteso dalle persone affette da epilessia e dalle loro famiglie, il potenziamento delle norme riguardanti il riconoscimento della guarigione delle persone affette da epilessia, per poter garantire un pieno riconoscimento dei loro diritti sul piano dell'integrazione sociale. Questa risoluzione intende dare testimonianza del forte interesse per vedere risolte definitivamente alcune questioni che da troppo tempo attendono risposta;
    il termine epilessia deriva dal greco «epilepsis», che significa attacco (il verbo è epilambanein «essere sopraffatti, essere colti di sorpresa») e sta ad indicare una modalità di reazione del sistema nervoso centrale a stimoli diversi. L'epilessia è quindi una sindrome neurologica con crisi improvvise. Le crisi epilettiche sono provocate da un'iperattività delle cellule nervose cerebrali evidenziabile con l'elettroencefalogramma, seguita da un periodo più o meno lungo di completa inattività. In questi casi si verifica un'eccessiva attività funzionale del sistema nervoso per cui, alcuni neuroni della corteccia cerebrale, incominciano ad attivarsi ad un ritmo molto superiore al normale, producendo una scarica. Fin dal 1965, con un decreto dell'allora Ministero della sanità venne riconosciuta come malattia sociale. Ancora oggi preconcetti e pregiudizi che circondano la malattia creano disagio nelle persone che ne sono affette e le spingono a non parlare del loro status, nel timore di essere mal compresi e discriminati;
    l'epilessia colpisce fra lo 0,6 e l'1 per cento della popolazione (si stima che in Italia siano fra 350.00 e 500.00 le persone affette da epilessia) e può manifestarsi ad ogni età ed in forme assai diverse; data la sua varietà, si parla genericamente di epilessie ed è quindi importante, nel classificarle, tenere conto della loro causa e distinguere quelle sintomatiche, che si manifestano nel corso di altri stati morbosi, dall'epilessia idiopatica, di cui non si conosce l'origine. In un buon numero di casi non si riesce a trovare la causa dell'epilessia che viene pertanto definita cripto genica;
    la recente relazione sullo stato sanitario nel paese 2010-2011 afferma che in Italia le persone affette da epilessia sono circa 500.000, di cui circa 125.000 presentano forme resistenti alla terapia farmacologica. L'incidenza annuale di epilessia in Italia è di 33,1 nuovi casi per 100.000 abitanti, per un totale di 29.500-32.500 nuovi casi per anno. Occorre ricordare che l'epilessia è una malattia neurologica che si esprime in forme molto diverse. Fra le sindromi epilettiche si distinguono epilessie generalizzate e localizzate, sintomatiche (dovute a malformazioni, traumi, tumori ed altre cause) e idiopatiche (causate da un difetto genetico). Tale diversità si riflette nelle prognosi relative alle diverse patologie: la maggior parte delle epilessie sono compatibili con una vita assolutamente normale; mentre alcune forme presentano invece una maggior gravità. L'incidenza dell'epilessia, con le crisi che la Pag. 212caratterizzano, è più alta nel primo anno di vita del bambino e si riduce successivamente;
    viene abitualmente curata con terapia farmacologica e in alcuni casi con una chirurgia specifica. La terapia farmacologica prevede l'utilizzo di farmaci antiepilettici (FAE), per impedire l'insorgere delle crisi. I farmaci tradizionali, utilizzati fin dalla anni ’80, quando vengono prescritti in modo appropriato, consentono al 55 per cento dei pazienti di nuova diagnosi di ottenere il controllo completo delle crisi immediatamente dopo l'inizio del trattamento, mentre un ulteriore 10-20 per cento raggiunge la remissione dopo una o più variazioni nel dosaggio dei farmaci o dopo aver cambiato il tipo di farmaco. Soltanto il 30-40 per cento dei pazienti risulta resistente al trattamento farmacologico con i FAE tradizionali. L'utilizzo dei FAE è condizionato oltre che dall'efficacia anche dalla tollerabilità. A partire dagli armi ’90 sono stati sviluppati e messi in commercio nuovi FAE, il cui impiego è risultato più tollerato e la cui efficacia risulta più incisive;
    nonostante l'adeguatezza del trattamento farmacologico, circa il 20-30 per cento dei pazienti risulta resistente ai farmaci a disposizione. Un'importante quota di questi pazienti (circa il 15-20 per cento) può giovarsi di un intervento neurochirurgico. La chirurgia dell'epilessia ha lo scopo di migliorare un'epilessia non trattabile con i farmaci, abolendone o riducendo significativamente le crisi ed è attuabile soltanto nelle forme con crisi focali. Attualmente, in Italia vengono operati circa 200-250 pazienti per anno, mentre i possibili candidati si aggirano attorno a 7000-8000. La chirurgia dell'epilessia deve essere effettuata in centri di alta qualificazione, richiede la stretta collaborazione di un gruppo di specialisti con competenze diverse e deve possedere condizioni tecniche appropriate, che rispondano a standard di qualità necessari per essere accreditati. I pazienti farmacoresistenti che non possono effettuare la chirurgia resettiva tradizionale (circa il 30-40 per cento) possono essere sottoposti all'impianto di stimolazione vagale (VNS), una ulteriore opzione terapeutica attraverso la quale, con un meccanismo di stimolazione del nervo vago, si determina una diminuzione della frequenza delle scariche elettriche al cervello consentendo un miglioramento ed anche la scomparsa delle crisi epilettiche;
    si può affermare che gran parte delle sindromi epilettiche, in particolare quelle idiopatiche, possono essere controllate con cure adeguate fino alla completa remissione; chi ne è affetto può condurre una normale vita scolastica, lavorativa e sociale. In Italia i servizi sanitari che si rivolgono ai pazienti con epilessia sono strutturati in modo vario e diversificato nelle diverse regioni e prevedono la presenza di neurologi dell'adulto o dell'età evolutiva. I centri per l'epilessia dedicati presentano una adeguata organizzazione e strutturazione con la cooperazione di medici con competenze epilettologiche specifiche e di altri professionisti (psicologi, tecnici di neurofisiopatologia, infermieri professionali, assistenti sociali). Nelle linee Guida per la Diagnosi e il trattamento dell'epilessia si sottolinea inoltre l'importanza della creazione di una rete regionale o interregionale per le epilessie, per garantire il conseguimento di obiettivi assistenziali comuni da sottoporre a verifica continua;
    in definitiva, per quanto riguarda la prognosi, ossia l'evoluzione delle epilessie, si può dire che ci sono epilessie che hanno una prognosi eccellente, il 20-30 per cento, come ad esempio le epilessie idiopatiche dell'infanzia che possono guarire anche in assenza di terapia. Esistono poi delle epilessie con una prognosi buona, come la maggioranza delle epilessie, che possono avere non solo una completa remissione ma per le quali si può anche programmare la sospensione della terapia quando si sia arrivati alla guarigione. Ci sono però anche epilessie a prognosi incerta e a prognosi sfavorevole, in cui effettivamente la probabilità di arrivare ad una remissione delle crisi, allo stato attuale, Pag. 213non è ancora ipotizzabile. Ognuno di questi pazienti ha bisogno diversi a cui occorre dare risposte adeguate;
    le persone affette da epilessia sono spesso costrette ad affrontare i problemi correlati non solo alla malattia, ma anche ai pregiudizi e alla disinformazione collegati alla patologia, che vale la pena ricordare presenta molte varianti accomunate dalla stessa connotazione neurologica, ma distinte per prognosi e per approccio terapeutico. I persistenti preconcetti culturali e la mancanza di un'adeguata conoscenza della malattia, «costituiscono la base concreta della condizione discriminante» delle persone affette da epilessia, una malattia sociale, come qualificata dal decreto del Ministero della sanità 5 novembre 1965, per la quale viene riconosciuta l'importanza, dell'informazione e dell'educazione sanitaria, nonché della predisposizione di adeguati programmi;
    la piena integrazione sociale delle persone affette da epilessia richiede, quindi, un intervento di natura culturale, che passa attraverso un'informazione corretta che non può rimanere circoscritta agli esperti del settore ma, dopo aver offerto ai genitori dei bambini epilettici un opportuno piano di educazione medica, deve raggiungere capillarmente insegnanti, animatori sociali, responsabili del personale e comunque la maggior parte possibile della opinione pubblica;
    servono non solo azioni concrete per migliorare le terapie, ma anche interventi puntuali per favorire l'integrazione delle persone affette da epilessia. A tutti deve apparire chiaro che di epilessia si guarisce: almeno nel 60 per cento dei casi, e questa percentuale può crescere con il miglioramento delle conoscenze scientifiche. Riconosciuto superamento della condizione patologica deve contribuire a rimuovere le limitazioni e le discriminazioni generate non solo dalla patologia, ma anche dal pregiudizio che circonda la patologia stessa. Tutto ciò è funzionale ad un pieno riconoscimento dei loro diritti di cittadinanza;
    nel 2011 con un'ampissima convergenza di consensi il Parlamento europeo ha approvato una dichiarazione in cui si invitavano la Commissione e il Consiglio a:
     incoraggiare la ricerca e l'innovazione nel settore della prevenzione e della diagnosi precoce e il trattamento di epilessia;
     porre l'epilessia quale priorità in quanto malattia grave che impone un onere significativo in tutta Europa;
     adottare iniziative per incoraggiare gli Stati membri a garantire pari qualità di vita, anche in materia di istruzione, occupazione, trasporti e sanità pubblica, per le persone con epilessia, per esempio stimolando lo scambio di buone pratiche;
     favorire efficaci valutazioni dell'impatto sanitario su tutte le principali politiche europee e nazionali, sollecitando gli Stati membri ad introdurre una normativa adeguata per proteggere i diritti di tutte le persone con epilessia;
     atti parlamentari depositati in questo ramo del Parlamento evidenziano l'interesse generale del tutto scevro da pregiudizi e la piena collaborazione con le principali associazioni scientifiche che si occupano di epilessia quali la LICE (Lega italiana contro l'epilessia) e la SINP (Società italiana di neurologia pediatrica) e con le Associazioni di persone affette da epilessia, l'AICE (Associazione italiana contro l'epilessia) e la FIE (Federazione italiana epilessie), alla quale fanno riferimento molte altre associazioni che si occupano di persone con epilessia sul territorio nazionale. Si tratta di uno dei punti più alti della collaborazione tra il mondo della politica e il mondo scientifico, tra le istituzioni impegnate nella tutela dei diritti dei malati e le associazioni delle persone direttamente interessate ai problemi in questione,

impegna il Governo:

   a promuovere il riconoscimento della piena cittadinanza delle persone con epilessia e la rimozione delle cause che ne Pag. 214generano discriminazione, tra i principi di universalità, indivisibilità ed interdipendenza dei diritti, sanciti dalla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (13 dicembre 2006) ratificata con la legge 3 marzo 2009, n. 18;
   ad adottare ogni possibile iniziativa volta a fare decadere tutte le limitazioni e le discriminazioni legate alla precedente condizione di malattia e alla persona, ivi comprese anche le dichiarazioni, ora obbligatorie, riferite alla precedente condizione;
   ad assicurare che la cura della persona con epilessia, in età evolutiva, adulta o anziana, avvenga su progetto individuale ed offra, in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, almeno per quanto riguarda i livelli essenziali, sia per l'aspetto sanitario sia sociale, personale medico altamente specializzato – in neurologia e discipline affini quali la neuro psichiatria infantile e la neuro pediatria – e percorsi d'inclusione scolastica, lavorativa e comunque sociale che evitino possibili forme di discriminazione;
   ad assumere iniziative normative urgenti che garantiscano ai bambini affetti da epilessia di essere seguiti sotto il profilo terapeutico da personale medico altamente specializzato proprio sul piano della neuro pediatria e di poter trovare nel contesto scolastico tutti gli aiuti didattici di cui hanno bisogno, senza che questo crei possibili forme di discriminazione;
   a garantire che i soggetti che presentano farmaco-resistenza, circa il 30 per cento delle quasi 500.000 persone con epilessia in Italia, possano avere accesso a terapie adeguate anche sotto il profilo chirurgico e possano contare sulla necessaria assistenza medica senza incorrere in inutili e faticose trafile burocratiche;
   ad assumere ogni iniziativa di competenza volta a promuovere, attraverso investimenti urgenti in questo campo, corsi post universitari di neurologia come pure di neuro-pediatria e discipline affini, sempre più qualificati e atti a garantire che la ricerca scientifica in questo campo possa proseguire con la consapevolezza che questa patologia ha conquistato oggi oltre il 50 per cento di remissione completa in tempi brevi e questo margine si potrebbe dilatare se fosse possibile attivare una più intensa e concreta ricerca in campo farmacologico, e non solo;
   ad assumere iniziative per lo studio delle epilessie, grazie anche ad una collaborazione ampia ed articolata con le scuole di specializzazione di neurologia e di neuro-pediatria, affinché sostengano l'acquisizione di competenze specifiche nel campo della epilettologia e della gestione del paziente affetto da epilessia;
   a promuovere una normativa quadro sulla epilessia che offra risposte integrate a tutti i bisogni delle persone affette da epilessia, grazie anche alla collaborazione di un Comitato nazionale permanente, a cui possano partecipare i rappresentanti delle persone con epilessia e i professionisti impegnati nei servizi alla loro cura, dando così piena cittadinanza a chi vive questa patologia, riconosciuta come «malattia sociale» con decreto ministeriale n. 249 del 1965.
(7-01075)
«Binetti, Bocciardo, Livia Turco, Mosella, Farina Coscioni, Nunzio Francesco Testa, De Poli, Patarino, Barani, Castellani, Porcu, Roccella, Ciccioli, Oliveri, Pedoto, Laura Molteni, Fabi, Mancuso, Miotto, D'Incecco, Murer».