CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 19 dicembre 2012
758.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

7o Rapporto sull'attuazione del Programma delle Infrastrutture strategiche.

NOTA DI SINTESI

1. Il Programma delle infrastrutture strategiche al 30 settembre 2012.

  L'analisi sullo stato di attuazione del Programma delle Infrastrutture Strategiche (PIS), aggiornata al 30 settembre 2012, prende in considerazione 1.341 lotti, tra opere, interventi, sottointerventi e ulteriori dettagli, relativi alle 390 opere al netto dei tre procedimenti interrotti, il cui costo complessivo presunto di realizzazione è pari a 374,8 miliardi di euro.
  Rispetto all'universo delle opere comprese nel PIS il valore delle 190 opere deliberate dal CIPE, ovvero con progetto preliminare o progetto definitivo e quadro finanziario approvati, è di 142,5 miliardi di euro, pari al 38 per cento del costo dell'intero Programma.
  L'analisi dei costi e delle disponibilità finanziarie, che valuta complessivamente i finanziamenti pubblici e privati disponibili, evidenzia come, rispetto all'intero Programma, le attuali disponibilità finanziarie ammontano a 155,2 miliardi di euro. Tali risorse consentono, quindi, una copertura finanziaria pari al 41 per cento del costo dell'intero Programma; il fabbisogno residuo ammonta a 219,6 miliardi (59 per cento) includendo nel calcolo eventuali fondi residui.
  Dall'analisi comparata dei diversi monitoraggi emerge sostanzialmente una stabilizzazione del perimetro oggetto di analisi negli ultimi anni.
  Rispetto al sesto Rapporto (che recava dati aggiornati ad aprile 2011), escludendo i procedimenti interrotti, il numero delle opere è aumentato di due unità, da 388 a 390 opere, mentre il costo complessivo del Programma risulta incrementato di 11,7 miliardi (+3,2 per cento). Di questi circa 3,5 miliardi sono relativi all'avanzamento progettuale delle opere, all'aggiornamento dei prezzi, nonché al reperimento di costi non disponibili in precedenza, e 8,2 miliardi riguardano nuovi interventi collegati principalmente al Piano Nazionale per il Sud, allo sviluppo degli hub portuali di Venezia e di Genova-Savona e La Spezia e al Programma di piccole e medie opere nel Mezzogiorno. In rapporto al primo monitoraggio (aprile 2004), l'incremento è stato, invece, di circa 141,4 miliardi di euro (+61 per cento), mentre il numero delle opere è passato dalle 228 del 2004 alle 390 attuali (al netto dei procedimenti interrotti). Ciò vuol dire che nei primi anni di attuazione del Programma si è registrato un incremento di costo più elevato collegato tra l'altro all'inserimento di nuove opere nel perimetro del Programma.
  La stabilizzazione del Programma sembra coincidere con la necessità di un ripensamento della programmazione e di una rimodulazione della pianificazione strategica, evidenziata peraltro anche negli ultimi documenti programmatici trasmessi dal Governo al Parlamento. In questa direzione sembra muoversi anche il disposto dell'articolo 41, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011, che ha disciplinato la definizione delle opere prioritarie nell'ambito del Programma delle infrastrutture strategiche. Il Parlamento, in più occasioni, ha evidenziato la necessità che gli allegati ai documenti di contabilità e finanza pubblica si configurino come documenti della programmazione strategica dello sviluppo infrastrutturale del Paese. Pag. 178
  L'analisi dei dati relativi all'avanzamento programmatorio e finanziario rilevato negli ultimi due monitoraggi (6o e 7o Rapporto) fa emergere una particolare attenzione per le infrastrutture da realizzare con i capitali privati, in quanto, sul totale dei circa 375 miliardi di euro del costo presunto complessivo delle infrastrutture del PIS, quelle per le quali è prevista una contribuzione privata valgono oltre 70 miliardi pari a poco meno del 20 per cento del costo dell'intero Programma.
  Nell'ambito dei finanziamenti complessivamente disponibili le risorse pubbliche ammontano a poco più di 100 miliardi pari al 65,2 per cento del totale delle disponibilità, mentre le risorse private ammontano a 53,4 miliardi corrispondente al 34,4 per cento del totale. Tale percentuale aumenta al 93 per cento nel caso di infrastrutture autostradali, che rappresentano oltre l'80 per cento in termini di costo, e scende al 51 per cento per le altre infrastrutture. Si tratta principalmente di opere autostradali da realizzare nelle regioni del Centro Nord. Tra le altre opere figurano le infrastrutture per il trasporto pubblico locale e metropolitano (le linee M5 e M4 di Milano e la linea 1 di Torino tra le altre), il tunnel del Brennero e l’Hub portuale di Taranto.
  Il partenariato pubblico e privato (PPP) si configura come un'opportunità per la realizzazione di una parte importante del PIS, soprattutto per quelle opere tariffabili come autostrade e metropolitane, ma il percorso attuativo registra ancora problematicità (difficoltà nell'allocazione dei rischi tra le parti, chiusura del finanziamento, eccetera) che ne determinano rallentamenti nell'attuazione. L'importanza del ricorso al PPP è dimostrata anche dai dati che emergono dall'analisi dell'evoluzione del mercato delle opere pubbliche in cui i risultati del 2011 segnano un tasso di crescita del 32 per cento della spesa per infrastrutture da realizzare in PPP, rispetto all'anno precedente, a fronte di un ridimensionamento generalizzato degli altri segmenti di mercato nuovi e tradizionali. Ma il dato più indicativo è che in questo ambito a registrare il tasso di crescita più alto sono gli appalti di importo superiore a 50 milioni di euro (passati da 7 miliardi del 2010 a oltre 10 nel 2011, +49 per cento), arrivati a rappresentare il 77 per cento dell'intero mercato del PPP e il 69 per cento del corrispondente mercato delle opere pubbliche (10 miliardi su 15 totali). L'importanza del PPP è dimostrata altresì dalla numerosità delle recenti modifiche in tale ambito.
  Quanto allo stato di avanzamento fisico delle opere comprese nel Programma si rileva, dopo un triennio di sostanziale stabilità dei dati, un modesto avanzamento delle opere con contratto, cantierate o prossime ad esserlo, e di quelle concluse: le opere con contratto o concluse oggi rappresentano oltre un terzo del totale.
  Le opere concluse riguardano poco meno di 41 miliardi di euro, pari all'11,1 per cento del totale. Rispetto al 2011 si tratta di 6,5 miliardi di euro in più, pari ad un incremento del 19,1 per cento. Le opere con contratto sono salite ad un importo di 83,6 miliardi di euro, quasi 10 in più rispetto al 2011, con un incremento del 13,5 per cento. Il valore delle opere in gara, invece, è sceso a 24,4 miliardi di euro (6,4 miliardi di euro in meno del 2011), mentre le opere che attraversano ancora la fase di progettazione sono pari al 59,4 per cento del totale e riguardano una previsione di spesa di 218 miliardi di euro (10 miliardi in più rispetto al 2011).
  Quanto alla tipologia delle opere il Programma contempla prevalentemente strade, ferrovie e metropolitane.
  Alle infrastrutture per il trasporto (strade, ferrovie, metropolitane, porti, aeroporti, interporti e il Ponte sullo Stretto), è riconducibile il 95 per cento dei costi e il 56 per cento delle opere; il restante 5 per cento dei costi riguarda altre opere inserite nel Programma.
  Rispetto al costo dell'intero Programma il 46 per cento del totale, pari a circa 171 miliardi, è rappresentato da opere stradali. Le opere ferroviarie rappresentano il 39 per cento (circa 145 miliardi) e le metropolitane il 7 per cento (circa 25 miliardi). Il Ponte sullo Stretto rappresenta il 2,3 per cento del valore dell'intero Programma Pag. 179(8,6 miliardi), mentre le opere idriche appena l'1,5 per cento (5,8 miliardi). Un altro 1,5 per cento spetta al Mo.S.E. (5,5 miliardi) e il restante 3 per cento alle altre opere.
  Emerge, tuttavia, nell'ultimo aggiornamento, una particolare attenzione nei confronti degli hub portuali, una delle priorità del nuovo quadro strategico presentato con il 10o Allegato infrastrutture. In particolare rispetto al Rapporto 2011 il costo degli hub portuali è passato da circa 3,3 miliardi di euro a 9,3 (+185 per cento) per effetto innanzitutto dell'inserimento nel PIS di due nuove opere, l’Hub Portuale di Pescara e l’Hub Portuale di Venezia (opera quest'ultima del sistema portuale del Nord Adriatico), su indicazione del 9o Allegato (aggiornamento di settembre 2011), e di 14 nuovi interventi, relativi alla «Nuova Aurelia», nell'ambito dell'opera «Hub portuale – Allacciamenti plurimodali Genova, Savona, La Spezia» (il sistema portuale del Nord Tirreno), su indicazione del 10o Allegato.
  Quanto all'impatto del Programma sul territorio il Rapporto evidenzia che la distribuzione dei costi dell'intero Programma per macroaree, a distanza di poco più di un anno dall'ultimo monitoraggio, continua a confermare una maggiore concentrazione nelle 12 regioni del Centro Nord, pari a 225 miliardi di euro contro i 147 del Mezzogiorno.
  Si tratta di valori che in termini percentuali corrispondono, rispettivamente, al 60,2 per cento e al 39,3 per cento, con uno 0,5 per cento di opere non ripartibili, a fronte di una superficie pari, rispettivamente, al 59,2 per cento e al 40,8 per cento, e ad una distribuzione della popolazione residente pari al 65 per cento e al 35 per cento in base ai dati provvisori, aggiornati al 4 giugno 2012, del 15o Censimento Generale della Popolazione e delle Abitazioni dell'Istat.
  Emerge, inoltre, una nuova attenzione per le infrastrutture volte a migliorare l'offerta trasportistica nel Mezzogiorno, riunite nel Piano Nazionale per il Sud (PNS).
  Il costo presunto complessivo delle infrastrutture del PIS, come ricostruito nel 7o monitoraggio, facenti parte del Piano Nazionale per il Sud in base alle indicazioni della delibera 62/2011 e/o classificati PNS nel 10o Allegato, risulta pari a 33,5 miliardi (9 per cento del costo dell'intero Programma).
  Rispetto alle disponibilità individuate al 30 settembre 2012, pari a circa 155 miliardi, le risorse assegnate con la delibera CIPE 62/2011 rappresentano il 2,7 per cento. In particolare, le risorse assegnate a opere del PIS con la delibera CIPE 62/2011 a valere sulle risorse del Piano Nazionale per il Sud ammontano a 4,1 miliardi su una dotazione complessiva di 7,5 miliardi (1,7 per le infrastrutture strategiche nazionali e 5,8 per le infrastrutture strategiche interregionali e regionali).
  Si tratta principalmente di opere ferroviarie inserite nel Piano di Azione Coesione e di opere stradali relative agli assi autostradali Salerno-Reggio Calabria e Jonico «Taranto-Sibari-Reggio Calabria». Tra le altre opere figurano alcuni interventi nei nodi urbani di Napoli, Palermo e Catania, in Sardegna (opere stradali e portuali), nonché alcune opere idriche in Campania, Puglia, Calabria e Sardegna.

2. Le opere strategiche deliberate dal CIPE al 30 settembre 2012.

  L'attività di approvazione da parte del CIPE, per quanto riguarda l'avanzamento progettuale e finanziario, è decisiva per l'avvio delle procedure di affidamento dei lavori e per la stipula dei contratti, al pari di quanto rilevato negli ultimi due monitoraggi. Tale attività è stata orientata principalmente:
   all'approvazione e/o all'assegnazione di risorse relativamente ad infrastrutture stradali da realizzare con capitali privati;
   a interventi inseriti nel Piano Nazionale per il Sud;
   ad alcuni lotti costruttivi delle tratte ferroviarie AV/AC, al collegamento internazionale Torino-Lione (sezione internazionale) e al MO.S.E.;Pag. 180
   alla riduzione e rimodulazione delle risorse assegnate a valere sul Fondo infrastrutture, di cui all'articolo 6-quinquies del decreto-legge n. 112 del 2008.

  Al 30 settembre 2012, le opere con delibera CIPE 2012 sono 190 dell'importo complessivo di 142,5 miliardi di euro pari al 38 per cento del costo dell'intero Programma. Tra il 30 aprile 2011 e il 30 settembre 2012, sono entrate a far parte del perimetro delle opere esaminate dal CIPE altre 7 opere (il raccordo autostradale SS 106 Sibari-autostrada SA-RC Firmo, il collegamento autostradale «Via del Mare: A4 Meolo – Jesolo e litorali», la SS 172 dei Trulli, il collegamento stradale A3-A16, tratto Lioni-Grottaminarda, l'interconnessione della ferrovia Torino-Ceres con il Passante ferroviario di Torino-Stazione di Rebaudengo, l'approfondimento dei fondali e la sistemazione delle banchine nel Porto di Ravenna, il programma di piccole e medie opere nel Mezzogiorno) del costo complessivo di circa 1,9 miliardi di euro. Il costo delle 186 opere esaminate dal CIPE entro il 30 aprile 2011 risulta aggiornato a 140,6 miliardi, circa 3,5 miliardi in più.
  In relazione alla distribuzione territoriale delle opere deliberate dal CIPE, nelle regioni del Centro-Nord si concentrano opere per un valore pari al 69 per cento del totale rispetto al 30 per cento del Mezzogiorno e a un 1 per cento di opere non ripartibili.
  Alla fine di settembre 2012 la percentuale del Programma oggetto di deliberazioni CIPE di interesse del Centro-Nord è pari al 43 per cento del costo totale delle infrastrutture del PIS localizzate nell'area. Nel Mezzogiorno tale percentuale scende al 29 per cento.
  Rispetto al costo totale di 142,5 miliardi le risorse disponibili ammontano a 78,3 miliardi di euro, con la conseguenza che il fabbisogno finanziario necessario alla totale copertura dei costi previsti, al netto dei fondi residui, ammonta a 65,1 miliardi di euro.
  Le risorse disponibili consentono una copertura finanziaria pari al 55 per cento del costo delle opere deliberate: per il 37 per cento sono rappresentate da finanziamenti pubblici e per il 18 per cento da finanziamenti privati.
  Su un ammontare complessivo di 78,34 miliardi di euro, 53,5 miliardi sono riconducibili a risorse pubbliche e 25,3 miliardi a risorse di soggetti privati. Ad aprile 2011 le disponibilità erano pari a 75,6 miliardi di euro.
  Dall'analisi della scomposizione delle diverse fonti di finanziamento pubblico emerge che le risorse a carico dei fondi della «Legge Obiettivo» rappresentano circa il 23 per cento delle disponibilità totali e il 34 per cento delle disponibilità pubbliche.
  Rispetto al precedente Rapporto, inoltre, si riscontra una maggiore articolazione delle fonti di finanziamento pubblico in quanto un 4 per cento (3 miliardi) delle disponibilità pubbliche è carico del nuovo Fondo per le infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo ad opere di interesse strategico istituito dall'articolo 32, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011 e un altro 1,8 per cento delle disponibilità riguarda le risorse del Piano Nazionale per il Sud.
  Attualmente le risorse assegnate a valere sul Fondo Infrastrutture istituito dall'articolo 6-quinquies del decreto-legge n. 112 del 2008 ammontano a circa 1,5 miliardi (1,9 per cento), un importo ridimensionato rispetto a quanto rilevato ad aprile 2011 (4,7 miliardi) a seguito delle riduzioni e rimodulazioni del Fondo approvate dal CIPE con delibera n. 6 del 20 gennaio 2012.
  Per gli interventi de finanziati, ma indifferibili, si è provveduto alla riassegnazione di circa 1,6 miliardi (2 per cento), a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione ai sensi dell'articolo 33, comma 3, della legge n. 183 del 2011.
  Per quanto riguarda i finanziamenti privati si evidenzia che a settembre 2012 sul totale degli investimenti privati ben l'86 per cento (era l'88 per cento ad aprile 2011) riguarda opere del Centro-Nord, contro un 13 per cento relativo al Mezzogiorno Pag. 181(l'11 per cento ad aprile 2011) e una quota inferiore all'1 per cento non ripartibile.
  Con riguardo alla ripartizione delle disponibilità sul territorio il Rapporto evidenzia che nel caso delle risorse assegnate a valere sui Fondi Legge Obiettivo, il 70 per cento (circa 12,5 miliardi) è relativo a infrastrutture da realizzare nelle regioni del Centro Nord e poco più del 26 per cento (4,7 miliardi) in quelle del Mezzogiorno. Circa il 4 per cento (750 milioni) riguarda opere non ripartibili.
  Anche nel caso delle risorse disponibili attivate attraverso il Fondo infrastrutture ferroviarie e stradali e relativo a opere di interesse strategico, alle infrastrutture strategiche del Centro-Nord compete una quota prevalente, pari al 92,2 per cento dei circa 3 miliardi complessivi assegnati a valere su questo fondo contro il 7,8 per cento del Mezzogiorno.
  Il rapporto – seppure con una differenza più contenuta – si inverte se si considerano le risorse del Fondo Infrastrutture istituito dall'articolo 6-quinquies del decreto-legge n. 112 del 2008.
  Alle infrastrutture del Mezzogiorno spetta quasi il 64 per cento (971 milioni) delle attuali risorse assegnate con il predetto Fondo Infrastrutture pari a circa 1,5 miliardi. Un altro 12,5 per cento (190 milioni) spetta alle infrastrutture del Centro-Nord e il restante 23,7 per cento (361 milioni) spetta ai «non ripartibili», ovvero al Piano per l'edilizia penitenziaria (200 milioni) e al Piano straordinario stralcio di interventi urgenti sul patrimonio scolastico (161 milioni).
  Più equilibrata la ripartizione territoriale del Fondo per lo sviluppo e la coesione destinato alle opere indifferibili di cui all'articolo 33, comma 3, della legge n. 183 del 2011. Alle infrastrutture del Mezzogiorno competono 741 milioni, pari al 45 per cento di 1,6 miliardi, contro i 696 milioni del Centro-Nord, pari al 42,6 per cento del totale. L'ammontare residuo, pari a 196 milioni (12 per cento), spetta ai «Non ripartibili» rappresentati dal Piano straordinario stralcio di interventi urgenti sul patrimonio scolastico.
  Le risorse del Piano Nazionale per il Sud, pari a 1,4 miliardi, competono unicamente a infrastrutture strategiche localizzate in sette regioni del Mezzogiorno.
  Per quanto riguarda le infrastrutture destinatarie di altri finanziamenti pubblici, vale a dire altri finanziamenti statali, finanziamenti comunitari e locali, di Anas e RFI, si registra una differenza, di circa 9 punti percentuali, a favore delle infrastrutture localizzate nelle regioni meridionali. In particolare il 53,6 per cento dei 27,5 miliardi complessivi di altri fondi pubblici spetta alle infrastrutture del Mezzogiorno contro il 44,6 per cento del Centro Nord. Il restante 1,8 per cento spetta ai «non ripartibili».
  Quanto allo stato di avanzamento delle 190 opere deliberate dal CIPE, 41 risultano concluse e 52 sono in fase di realizzazione. Se si considera il costo, le opere completate o in corso di costruzione hanno un valore di oltre 71 miliardi pari a circa la metà del valore complessivo delle infrastrutture esaminate dal CIPE al 30 settembre 2012 (al 30 aprile 2011 tale percentuale era pari al 35 per cento).
  Le opere ultimate o che lo saranno entro il 31 dicembre 2012 risultano essere 41 e il loro costo è pari a circa 7 miliardi. Un anno prima erano 30 e costavano 4,5 miliardi. Il costo delle 52 opere in corso ammonta a 64,3 miliardi di euro. Erano 47 e costavano 43,75 miliardi di euro ad aprile 2011. Per altre 24 opere si è già completato l'iter di affidamento e si è in attesa di avviare i lavori. I costi previsti per la loro realizzazione risultano pari a 19,7 miliardi. Si tratta del 13 per cento delle opere e del 14 per cento del costo totale al 30 settembre 2012. Risultano ancora in fase di gara 15 opere, per un valore di 9,5 miliardi di euro, corrispondenti rispettivamente all'8 per cento del totale delle opere e al 7 per cento dei costi totali.
  Complessivamente le opere che hanno superato la fase progettuale sono 139, pari al 73 per cento del totale (erano il 67 per cento un anno prima) e rappresentano il 72 per cento del valore totale (66 per cento un anno prima). Pag. 182
  Si trovano in uno dei tre stadi progettuali 51 opere, pari al 27 per cento del totale delle opere deliberate dal CIPE. Tra queste opere resta rilevante la quota occupata dalla progettazione preliminare, con 39 opere, oltre i tre quarti delle opere in fase di progettazione (77 per cento). Complessivamente le opere in fase di progettazione valgono oltre 40 miliardi di euro pari al 28 per cento del costo complessivo delle opere con delibera CIPE. Un anno prima valevano oltre 47 miliardi (34,3 per cento).
  Questi primi risultati sottolineano un avanzamento del Programma rispetto a quanto rilevato nel 6o Rapporto, soprattutto nell'ambito delle fasi successive alla gara che portano all'avvio dei lavori.
  Per quanto riguarda il rispetto dei tempi di ultimazione, i dati dell'ultimo monitoraggio confermano la tendenza al ritardo, di almeno un anno, anche a causa delle varianti e del contenzioso.
  Le previsioni del 6o Rapporto indicavano un numero di opere ultimate pari a 30 alla fine del 2011 con un costo complessivo di 4,5 miliardi. Al 30 settembre 2012 ne risultano concluse 24 per un costo di 4,2 miliardi.
  Sulla base della documentazione ufficiale disponibile è possibile oggi stimare che alla fine del 2012 saranno ultimate altre 17 opere, per raggiungere il numero di 41, corrispondenti a un valore di circa 6,95 miliardi. Si tratta di quattro opere e 794 milioni di euro in meno rispetto a quelle il cui completamento era stato previsto per tale data nel 6o Rapporto.
  Da ultimo, una considerazione conclusiva riguarda l'elevato tasso di innovazione normativa che ha contraddistinto il contesto normativo di riferimento. Alcune recenti modifiche appaiono suscettibili di determinare un impatto positivo sulla procedura di attuazione delle opere, nonché sulla riduzione dei tempi di realizzazione anche se è ancora troppo presto per valutarne gli effetti. Al tempo stesso, appare opportuno che il consolidamento e la semplificazione del corpus normativo di riferimento avvenga in un contesto di regole organiche e stabili.

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ALLEGATO 2

Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani (C. 3465-4290-B Governo, approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato).

NUOVO TESTO ADOTTATO COME TESTO BASE

Art. 1.
(Disposizioni in materia di Giornata nazionale degli alberi).

  1. La Repubblica riconosce il 21 novembre quale «Giornata nazionale degli alberi» al fine di perseguire, attraverso la valorizzazione dell'ambiente e del patrimonio arboreo e boschivo, l'attuazione del protocollo di Kyoto, ratificato ai sensi della legge 1o giugno 2002, n. 120, e le politiche di riduzione delle emissioni, la prevenzione del dissesto idrogeologico e la protezione del suolo, il miglioramento della qualità dell'aria, la valorizzazione delle tradizioni legate all'albero nella cultura italiana e la vivibilità degli insediamenti urbani.
  2. Nella Giornata di cui al comma 1, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare realizza nelle scuole di ogni ordine e grado, nelle università e negli istituti di istruzione superiore, di concerto con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, iniziative per promuovere la conoscenza dell'ecosistema boschivo, il rispetto delle specie arboree ai fini dell'equilibrio tra comunità umana e ambiente naturale, l'educazione civica ed ambientale sulla legislazione vigente, nonché per stimolare un comportamento quotidiano sostenibile al fine della conservazione delle biodiversità, avvalendosi delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Nell'ambito di tali iniziative, ogni anno la Giornata di cui al comma 1 è intitolata ad uno specifico tema di rilevante valore etico, culturale e sociale. In occasione della celebrazione della Giornata le istituzioni scolastiche curano, in collaborazione con i comuni e le regioni e con il Corpo forestale dello Stato, la messa a dimora in aree pubbliche, individuate d'intesa con ciascun comune, di piantine di specie autoctone, anche messe a disposizione dai vivai forestali regionali, preferibilmente di provenienza locale, con particolare riferimento alle varietà tradizionali dell'ambiente italiano, con modalità definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  3. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'articolo 104 del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, è abrogato.

Art. 2.
(Modifiche alla legge 29 gennaio 1992, n. 113).

  1. Al fine di assicurare l'effettivo rispetto dell'obbligo, per il comune di residenza, di porre a dimora un albero per ogni neonato, alla legge 29 gennaio 1992, Pag. 184n. 113, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 1, comma 1, dopo le parole: «i comuni» sono inserite le seguenti: «con popolazione superiore a 15.000 abitanti», le parole: «entro dodici mesi» sono sostituite dalle seguenti: «entro sei mesi», dopo le parole: «neonato residente» sono inserite le seguenti: «e di ciascun minore adottato» e sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Il termine si applica tenendo conto del periodo migliore per la piantumazione. La messa a dimora può essere differita in caso di avversità stagionali o per gravi ragioni di ordine tecnico. Alle piantumazioni di cui alla presente legge non si applicano le disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, salvo che il sito su cui si realizza l'intervento sia sottoposto a vincolo monumentale»;
   b) all'articolo 1, il comma 2 è sostituito dal seguente:
  «2. Entro il termine di cui al comma 1, l'ufficio anagrafico comunale fornisce informazioni dettagliate circa la tipologia dell'albero e il luogo dove l'albero è stato piantato alla persona che ha richiesto la registrazione anagrafica. Il comune stabilisce una procedura di messa a dimora di alberi quale contributo al miglioramento urbano i cui oneri siano posti a carico di cittadini, imprese od associazioni per finalità celebrative o commemorative»;
   c) dopo l'articolo 3 è inserito il seguente:
  «Art. 3-bis. – 1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ciascun comune provvede a censire e classificare gli alberi piantati, nell'ambito del rispettivo territorio, in aree urbane di proprietà pubblica.
  2. Due mesi prima della scadenza naturale del mandato, il sindaco rende noto il bilancio arboreo del comune, indicando il rapporto fra il numero degli alberi piantati in aree urbane di proprietà pubblica rispettivamente al principio e al termine del mandato stesso, dando conto dello stato di consistenza e manutenzione delle aree verdi urbane di propria competenza. Nei casi di cui agli articoli 52 e 53 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e in ogni ulteriore ipotesi di cessazione anticipata del mandato del sindaco, l'autorità subentrata provvede alla pubblicazione delle informazioni di cui al presente comma».

  2. Le attività previste dalle disposizioni di cui al presente articolo sono svolte nell'ambito delle risorse allo scopo già disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 3.
(Monitoraggio sull'attuazione della legge 29 gennaio 1992, n. 113).

  1. Presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è istituito un Comitato per lo sviluppo del verde pubblico. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono definite la composizione e le modalità di funzionamento del Comitato.
  2. Il Comitato provvede a:
   a) effettuare azioni di monitoraggio sull'attuazione delle disposizioni della legge 29 gennaio 1992, n. 113, e di tutte le vigenti disposizioni di legge con finalità di incremento del verde pubblico e privato;
   b) promuovere l'attività degli enti locali interessati al fine di individuare i percorsi progettuali e le opere necessarie a garantire l'attuazione delle disposizioni di cui alla lettera a);
   c) proporre un piano nazionale che, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, fissi criteri e linee guida per la realizzazione di aree verdi permanenti intorno alle maggiori conurbazioni e di filari alberati lungo le strade, Pag. 185per consentire un adeguamento dell'edilizia e delle infrastrutture pubbliche e scolastiche che garantisca la riqualificazione degli edifici, in coerenza con quanto previsto dagli articoli 5 e 6 della presente legge, anche attraverso il rinverdimento delle pareti e dei lastrici solari, la creazione di giardini e orti e il miglioramento degli spazi;
   d) verificare le azioni poste in essere dagli enti locali a garanzia della sicurezza delle alberate stradali e dei singoli alberi posti a dimora in giardini e aree pubbliche e promuovere tali attività per migliorare la tutela dei cittadini;
   e) predisporre una relazione, da trasmettere alle Camere entro il 30 maggio di ogni anno, recante i risultati del monitoraggio e la prospettazione degli interventi necessari a garantire la piena attuazione della normativa di settore;
   f) monitorare l'attuazione delle azioni poste in essere dalle istituzioni scolastiche nella Giornata nazionale degli alberi di cui all'articolo 1, comma 1;
   g) promuovere gli interventi volti a favorire i giardini storici.

  3. All'attuazione del presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse umane e strumentali vigenti e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Ai componenti del Comitato di cui al comma 1 non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati.

Art. 4.
(Misure per la salvaguardia e la gestione delle dotazioni territoriali di standard previste nell'ambito degli strumenti urbanistici attuativi dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444).

  1. Il Comitato per lo sviluppo del verde pubblico di cui all'articolo 3 della presente legge, d'intesa con le regioni e i comuni, presenta, in allegato alla relazione di cui al medesimo articolo 3, comma 2, lettera e), un rapporto annuale sull'applicazione nei comuni italiani delle disposizioni di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, relative agli strumenti urbanistici generali e attuativi, e in particolare ai nuovi piani regolatori generali e relativi piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate, ai nuovi regolamenti edilizi con annesso programma di fabbricazione e relative lottizzazioni convenzionate e alle revisioni degli strumenti urbanistici esistenti.
  2. I comuni che risultino inadempienti rispetto alle norme di cui al decreto ministeriale n. 1444 del 1968 e, in particolare, sulle quantità minime di spazi pubblici riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi da osservare in rapporto agli insediamenti residenziali e produttivi, approvano le necessarie varianti urbanistiche per il verde e i servizi entro il 31 dicembre di ogni anno.
  3. Le maggiori entrate derivanti dai contributi per il rilascio dei permessi di costruire e dalle sanzioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono destinate alla realizzazione di opere pubbliche di urbanizzazione, di recupero urbanistico e di manutenzione del patrimonio comunale in misura non inferiore al 50 per cento del totale annuo.
  4. Le aree riservate al verde pubblico urbano e gli immobili di origine rurale, riservati alle attività collettive sociali e culturali di quartiere, con esclusione degli immobili ad uso scolastico e sportivo, ceduti al comune nell'ambito delle convenzioni e delle norme previste negli strumenti urbanistici attuativi, comunque denominati, possono essere concessi in gestione, per quanto concerne la manutenzione, con diritto di prelazione ai cittadini residenti nei comprensori oggetto delle suddette convenzioni e su cui insistono i suddetti beni o aree, mediante procedura di evidenza pubblica, in forma ristretta, senza pubblicazione del bando di gara.
  5. Ai fini della partecipazione alle procedure di evidenza pubblica di cui al Pag. 186comma 4, i cittadini residenti costituiscono un consorzio del comprensorio che raggiunga almeno il 66 per cento della proprietà della lottizzazione.
  6. Le regioni e i comuni possono prevedere incentivi alla gestione diretta delle aree e degli immobili di cui al comma 4 da parte dei cittadini costituiti in consorzi anche mediante riduzione dei tributi propri.

Art. 5.
(Modifica alla legge 27 dicembre 1997, n. 449).

  1. All'articolo 43, comma 2, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, dopo il primo periodo, sono inseriti i seguenti: «Si considerano iniziative di cui al comma 1, nel rispetto dei requisiti di cui al primo periodo del presente comma, anche quelle finalizzate a favorire l'assorbimento delle emissioni di anidride carbonica (CO2) dall'atmosfera tramite l'incremento e la valorizzazione del patrimonio arboreo delle aree urbane, nonché eventualmente anche quelle dei comuni finalizzate alla creazione e alla manutenzione di una rete di aree naturali ricadenti nel loro territorio, anche nel rispetto delle disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357. Nei casi di cui al secondo periodo, il comune può inserire il nome, la ditta, il logo o il marchio dello sponsor all'interno dei documenti recanti comunicazioni istituzionali. La tipologia e le caratteristiche di tali documenti sono definite, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'interno, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni. Fermi restando quanto previsto dalla normativa generale in materia di sponsorizzazioni nonché i vincoli per la tutela dei parchi e giardini storici e le altre misure di tutela delle aree verdi urbane, lo sfruttamento di aree verdi pubbliche da parte dello sponsor ai fini pubblicitari o commerciali, anche se concesso in esclusiva, deve aver luogo con modalità tali da non compromettere, in ogni caso, la possibilità di ordinaria fruizione delle stesse da parte del pubblico».

Art. 6.
(Promozione di iniziative locali per lo sviluppo degli spazi verdi urbani).

  1. Ai fini di cui alla presente legge, le regioni, le province e i comuni, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze e delle risorse disponibili, promuovono l'incremento degli spazi verdi urbani, di «cinture verdi» intorno alle conurbazioni per delimitare gli spazi urbani, adottando misure per la formazione del personale e l'elaborazione di capitolati finalizzati alla migliore utilizzazione e manutenzione delle aree, e adottano misure volte a favorire il risparmio e l'efficienza energetica, l'assorbimento delle polveri sottili e a ridurre l'effetto «isola di calore estiva», favorendo al contempo una regolare raccolta delle acque piovane, con particolare riferimento:
   a) alle nuove edificazioni, tramite la riduzione dell'impatto edilizio e il rinverdimento dell'area oggetto di nuova edificazione o di una significativa ristrutturazione edilizia;
   b) agli edifici esistenti, tramite l'incremento, la conservazione e la tutela del patrimonio arboreo esistente nelle aree scoperte di pertinenza di tali edifici;
   c) alle coperture a verde, di cui all'articolo 2, comma 5, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 aprile 2009, n. 59, quali strutture dell'involucro edilizio atte a produrre risparmio energetico, al fine di favorire, per quanto possibile, la trasformazione dei lastrici solari in giardini pensili;
   d) al rinverdimento delle pareti degli edifici, sia tramite il rinverdimento verticale Pag. 187che tramite tecniche di verde pensile verticale;
   e) alla previsione e alla realizzazione di grandi aree verdi pubbliche nell'ambito della pianificazione urbanistica, con particolare riferimento alle zone a maggior densità edilizia;
   f) alla previsione di capitolati per le opere a verde che prevedano l'obbligo delle necessarie infrastrutture di servizio di irrigazione e drenaggio e specifiche schede tecniche sulle essenze vegetali;
   g) alla creazione di percorsi formativi per il personale addetto alla manutenzione del verde, anche in collaborazione con le università, e alla sensibilizzazione della cittadinanza alla cultura del verde attraverso i canali di comunicazione e di informazione.

  2. Ai fini del risparmio del suolo e della salvaguardia delle aree comunali non urbanizzate, i comuni possono:
   a) prevedere particolari misure di vantaggio volte a favorire il riuso e la riorganizzazione degli insediamenti residenziali e produttivi esistenti, rispetto alla concessione di aree non urbanizzate ai fini dei suddetti insediamenti;
   b) prevedere opportuni strumenti e interventi per la conservazione e il ripristino del paesaggio rurale o forestale non urbanizzato di competenza dell'amministrazione comunale.

  3. Le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al comma 2 sono definite d'intesa con la Conferenza unificata.
  4. I comuni e le province, in base a sistemi di contabilità ambientale, da definire previe intese con le regioni, danno annualmente conto, nei rispettivi siti internet, del contenimento o della riduzione delle aree urbanizzate e dell'acquisizione e sistemazione delle aree destinate a verde pubblico dalla strumentazione urbanistica vigente.

Art. 7.
(Disposizioni per la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale).

  1. Agli effetti della presente legge e di ogni altra normativa in vigore nel territorio della Repubblica, per «albero monumentale» si intendono:
   a) l'albero ad alto fusto isolato o facente parte di formazioni boschive naturali o artificiali ovunque ubicate ovvero l'albero secolare tipico, che possono essere considerati come rari esempi di maestosità e longevità, per età o dimensioni, o di particolare pregio naturalistico, per rarità botanica e peculiarità della specie, ovvero che recano un preciso riferimento ad eventi o memorie rilevanti dal punto di vista storico, culturale, documentario o delle tradizioni locali;
   b) i filarie e le alberate di particolare pregio paesaggistico, monumentale, storico e culturale, ivi compresi quelli inseriti nei centri urbani;
   c) gli alberi ad alto fusto inseriti in particolari complessi architettonici di importanza storica e culturale, quali ad esempio ville, monasteri, chiese, orti botanici e residenze storiche private.

  2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali ed il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sono stabiliti i princìpi e i criteri direttivi per il censimento degli alberi monumentali ad opera dei comuni e per la redazione ed il periodico aggiornamento da parte delle regioni e dei comuni degli elenchi di cui al comma 3, ed è istituito l'elenco degli alberi monumentali d'Italia alla cui gestione provvede il Pag. 188Corpo forestale dello Stato. Dell'avvenuto inserimento di un albero nell'elenco è data pubblicità mediante l'albo pretorio, con la specificazione della località nella quale esso sorge, affinché chiunque vi abbia interesse possa ricorrere avverso l'inserimento. L'elenco degli alberi monumentali d'Italia è aggiornato periodicamente ed è messo a disposizione, tramite sito internet, delle amministrazioni pubbliche e della collettività.
  3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni recepiscono la definizione di albero monumentale di cui al comma 1, effettuano la raccolta dei dati risultanti dal censimento operato dai comuni e, sulla base degli elenchi comunali, redigono gli elenchi regionali e li trasmettono al Corpo forestale dello Stato. L'inottemperanza o la persistente inerzia delle regioni comporta, previa diffida ad adempiere entro un determinato termine, l'attivazione dei poteri sostitutivi da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
  4. Salvo che il fatto costituisca reato, per l'abbattimento o il danneggiamento di alberi monumentali si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 5.000 a euro 100.000. Sono fatti salvi gli abbattimenti, le modifiche della chioma e dell'apparato radicale effettuati per casi motivati e improcrastinabili, dietro specifica autorizzazione comunale, previo parere obbligatorio e vincolante del Corpo forestale dello Stato.
  5. Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2013 e di 1 milione di euro per l'anno 2014. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

Art. 8.
(Clausola di salvaguardia).

  1. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

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ALLEGATO 3

Modifica all'articolo 184 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e altre disposizioni contro l'inquinamento ambientale e i danni alla salute derivanti dalla dispersione dei mozziconi dei prodotti da fumo nel suolo e nelle acque (C. 3344 e C. 4761 Di Cagno Abbrescia).

NUOVO TESTO ADOTTATO COME TESTO BASE

Disposizioni contro l'inquinamento ambientale e i danni alla salute derivanti dalla dispersione dei mozziconi dei prodotti da fumo nel suolo e nelle acque.

Art. 1.
(Previsione dell'obbligo di raccolta dei mozziconi di prodotti da fumo).

  1. Su tutto il territorio nazionale deve essere assicurata la raccolta dei mozziconi dei prodotti da fumo; A tale fine, entro il 31 dicembre 2013, i Comuni provvedono a installare nelle strade, nei parchi e nei luoghi di alta aggregazione sociale ben riconoscibili raccoglitori dei mozziconi dei prodotti. I mozziconi dei prodotti da fumo raccolti ai sensi del presente comma sono gestiti applicando le migliori tecniche disponibili quali definite all'articolo 5, comma 1, lettera l-ter) del decreto legislativo 24 aprile 2006 n 152.
  2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge sono adottate apposite linee guida atte ad assicurare l'adeguatezza e l'uniformità delle modalità della raccolta dei mozziconi dei prodotti da fumo su tutto il territorio nazionale.

Art. 2.
(Informazioni agli utilizzatori finali).

  1. Entro il 31 dicembre 2013 le confezioni di prodotti da fumo sono immesse sul mercato solo se contrassegnate in modo visibile, leggibile e indelebile con un simbolo, determinato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, che indica il divieto di disperdere nell'ambiente i mozziconi dei prodotti da fumo e l'obbligo di gettare tali rifiuti solo nei contenitori a tal fine dedicati, nonché l'esistenza delle sanzioni connesse.
  2. I produttori e gli importatori di prodotti da fumo, in collaborazione con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, attuano campagne di informazione per diffondere presso gli utilizzatori finali la consapevolezza riguardo a:
   a) gli effetti nocivi sull'ambiente e sulla salute umana derivanti dalle sostanze chimiche presenti nei mozziconi dei prodotti da fumo;
   b) l'obbligo di non disperdere nell'ambiente i mozziconi dei prodotti da fumo;
   c) i sistemi di raccolta dei mozziconi dei prodotti da fumo;
   d) il significato del simbolo di cui al comma 1.

  3. I rivenditori dei prodotti da fumo espongono in evidenza e con caratteri ben leggibili, in prossimità dei banchi di vendita e dei distributori automatici, un avviso al pubblico riportante l'obbligo di non Pag. 190disperdere nell'ambiente i mozziconi di prodotti da fumo. L'avviso informa, altresì, sugli effetti nocivi sull'ambiente e sulla salute umana derivanti dalle sostanze chimiche presenti nei mozziconi dei prodotti da fumo, nonché sul significato del simbolo apposto, ai sensi del comma 1, sulle confezioni dei prodotti da fumo.

Art. 3.
(Diffusione di filtri biodegradabili).

  Per ridurre l'impatto sull'ambiente e sulla salute umana derivante dalla dispersione su strada e in mare dei mozziconi da sigaretta, i produttori e gli importatori di prodotti da fumo, in collaborazione con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e con il Ministero della Salute, attuano un programma sperimentale a livello nazionale per la sostituzione, in misura non inferiore al 30 per cento ed entro il 31 dicembre 2016, degli attuali filtri con filtri biodegradabili e privi di sostanze dannose per la salute umana e per l'ambiente.

Art. 4.
(Fondo per l'installazione dei raccoglitori dei mozziconi dei prodotti da fumo).

  1. Presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è istituito un fondo finalizzato a fornire contributi ai comuni per l'installazione dei raccoglitori dei mozziconi dei prodotti da fumo di cui all'articolo 2.
  2. La dotazione del fondo di cui al comma 1 è stabilita in 2 milioni di euro per l'anno 2013 e in 5 milioni di euro per gli anni successivi al 2013.
  3. Per la copertura degli oneri derivanti dall'istituzione del fondo, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, è applicato un prelievo speciale sui tabacchi lavorati di cui all'articolo 39-bis del decreto legislativo 26 ottobre 1995 n. 504 e successive modificazioni, il cui importo è determinato in misura tale da assicurare entrate corrispondenti alle predette somme.

Art. 5.
(Sanzioni).

  1. Chiunque disperde nel suolo o nelle acque mozziconi dei prodotti da fumo è punito con la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da 100 a 500 euro.
  2. I comuni possono stabilire sanzioni fino a 10 volte superiori di quelle di cui al comma 1 per la dispersione di mozziconi di prodotti da fumo in aree specificamente individuate nelle quali risulti particolarmente elevato il rischio di incendi.
  3. Le maggiori entrate derivanti dalle sanzioni previste dal comma 1 del presente articolo sono destinate ai comuni per sostenere l'installazione dei contenitori di cui all'articolo 1.