CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 11 dicembre 2012
753.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

7-00809 Giorgio Conte: Sul trattamento economico del personale della Direzione Investigativa Antimafia.

NUOVO TESTO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La I Commissione, premesso che:
   la Direzione investigativa antimafia (DIA), istituita nell'ambito del dipartimento della pubblica sicurezza con la legge 30 dicembre 1991, n. 410, si configura come un organismo investigativo con competenza monofunzionale, composta da personale specializzato a provenienza interforze, con il compito esclusivo di assicurare lo svolgimento, in forma coordinata, delle attività di investigazione preventiva attinenti alla criminalità organizzata, nonché di effettuare indagini di polizia giudiziaria relative esclusivamente a delitti di associazione mafiosa o comunque ricollegabili all'associazione medesima;
   la DIA pur essendo stata istituita nell'ambito del dipartimento di pubblica sicurezza si colloca al di fuori delle articolazioni gerarchiche e strutturali del dipartimento medesimo: a conferma di tale configurazione appare opportuno evidenziare che la legge 1o aprile 1981, n. 121 in materia di nuovo ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza, malgrado le successive modifiche ed integrazioni non annovera all'articolo 5 – organizzazione del dipartimento della pubblica sicurezza – la Direzione investigativa antimafia tra gli uffici e le direzioni che la compongono;
   stando alla normativa vigente la configurazione della Direzione investigativa antimafia non può essere assimilata sotto il profilo sostanziale alle strutture territoriali delle forze di polizia poiché come ufficio centrale non ha competenza connessa alla specificità territoriale ma opera senza alcun vincolo territoriale, coprendo l'intero territorio nazionale ed internazionale. Sotto il profilo organizzativo ed esecutivo i centri operativi e le sezioni della Direzione investigativa antimafia rappresentano una sorta di prolungamento della struttura centrale e non una sua riproduzione territoriale con competenze limitate all'area in cui si collocano;
   la Direzione investigativa antimafia inoltre non può essere assimilata sotto il profilo formale alle strutture territoriali delle forze di polizia poiché la funzione della direzione è chiaramente tracciata dall'articolato della legge istitutiva che chiarisce la missione specifica, e ne delinea la specificità operativa;
   a sostegno della succitata specificità normativa ed operativa in capo alla direzione investigativa antimafia è possibile annoverare alcune pronunce giurisprudenziali che hanno confermato la peculiare natura monofunzionale della stessa rispetto ad altre forze dell'ordine ed uffici investigativi anche per quanto concerne il riconoscimento del trattamento economico accessorio (TEA);
   le pronunce giurisprudenziali definiscono in maniera chiara la configurazione sui generis del personale della Direzione investigativa antimafia rispetto al personale operante in altri comparti del Dipartimento di pubblica sicurezza;
   a conferma della specificità della Direzione investigativa antimafia è opportuno evidenziare che i poteri di cui è Pag. 184titolare esclusivo il direttore della Direzione investigativa antimafia rendono la configurazione strutturale della direzione ulteriormente non equiparabile ad ogni altra struttura nell'ambito delle forze di polizia;
   nella fattispecie è opportuno evidenziare che all'articolo 1 del decreto-legge 29 ottobre 1991 n. 345 convertito dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410 (legge istitutiva) il direttore della Direzione investigativa antimafia è annoverato tra i componenti del consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata, istituito presso il Ministero dell'interno e presieduto dal Ministro dell'interno quale responsabile dell'alta direzione e del coordinamento in materia di ordine e sicurezza pubblica;
   la legge 13 agosto 2010 n. 136 recante «Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia» prevede all'articolo 15 una modifica della composizione del Consiglio suindicato, con la finalità di valorizzarne le potenzialità e le capacità come strumento strategico e di impulso nell'ambito delle attività di contrasto alle organizzazione mafiose;
   tale disposizione conferma il carattere specifico della Direzione investigativa antimafia, sicuramente con equiparabile ad altra «struttura territoriale delle forze di polizia», considerando che nessuna di queste prende parte – al pari della Direzione investigativa antimafia – al Consiglio generale di cui all'articolo 1 della citata legge n. 410 del 1991;
   sul versante del riconoscimento di un trattamento economico accessorio in capo al personale della Direzione investigativa antimafia (che rappresenta una voce accessoria della retribuzione di quei personale e in quanto tale fa parte della base retributiva che concorre alla determinazione dell'importo della pensione ai sensi dell'articolo 2, comma 9, della legge 8 agosto 1995, n. 355) è opportuno evidenziare che la legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità per il 2012) ne ha previsto la decurtazione con riduzioni, pari al 64 per cento, per l'anno 2012, e 57 per cento, a decorrere dal 2013, che colpiscono in misura superiore al 20 per cento la retribuzione mensile del singolo lavoratore;
   a ciò va aggiunto il fatto che gli stessi operatori della Direzione investigativa antimafia sono già stati colpiti dalle disposizioni previste dall'articolo 9 dei decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, che prevede gli stipendi bloccati fino al 31 dicembre 2014, nessun riconoscimento stipendiale relativo al compimento dell'anzianità di servizio (cosiddetto assegno di funzione), nessun riconoscimento stipendiale per avanzamento di grado, riduzione del premio produttività e contempla ulteriori tagli sugli straordinari e sulla tredicesima;
   un auspicato rafforzamento delle potenzialità della Direzione investigativa antimafia si inserisce in maniera armonica con quanto disposto dalla risoluzione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2011 sulla criminalità organizzata nell'Unione europea nella quale viene segnalato sostegno agli «Stati membri nelle loro azioni di contrasto alla criminalità organizzata e li incoraggia a rafforzare le autorità giudiziarie e le forze dell'ordine sulla base delle migliori esperienze esistenti, anche confrontando le normative e i mezzi predisposti a sostegno delle loro attività, e a destinare a tal fine adeguate risorse umane e finanziarie». Tali principi sono stati confermati in occasione della recente audizione del Direttore della D.I.A. presso la Commissione Crim del Parlamento europeo, nel corso della quale è stata ribadita l'importanza di disporre di Strutture specializzate, facendo riferimento a modelli già esistenti e sperimentati, quali la DIA, al fine di delineare coordinate azioni di contrasto alla criminalità organizzata;
   alla luce dei suindicati aspetti, appare necessario dare completa attuazione alla legge n. 491 del 1991;
   è opportuno segnalare che le attività di contrasto alla criminalità organizzata Pag. 185condotte dalla Direzione investigativa antimafia consentono il recupero di notevoli risorse che confluiscono nel Fondo unico giustizia ai sensi dell'articolo 48 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, disciplinante il codice delle leggi, antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia,

impegna il Governo

a predisporre adeguate iniziative, anche di natura normativa, che possano migliorare la funzionalità e l'operatività della DIA e tutelare la posizione dei dipendenti, dando piena attuazione alla legge 410 del 1991, nonché a valutare anche l'opportunità, e qualora le esigenze di bilancio lo consentano, di reintegrare le risorse destinate al trattamento economico accessorio riconosciuto al personale della Direzione investigativa antimafia.
(8-00215) «Giorgio Conte, Di Biagio, Granata, Menia, Bragantini, Bressa, Calderisi, Favia, Fiano, Libè, Naccarato, Stasi, Tassone, Volpi».

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ALLEGATO 2

Attuazione dell'articolo 49 della Costituzione (Testo unificato C. 244 Maurizio Turco, C. 506 Castagnetti, C. 853 Pisicchio, C. 1722 Briguglio, C. 3809 Sposetti, C. 3962 Pisicchio, C. 4194 Veltroni, C. 4950 Galli, C. 4955 Gozi, C. 4956 Casini, C. 4965 Sbrollini, C. 4973 Bersani, C. 5111 Donadi, C. 5119 Rampelli e C. 5177 Iannaccone).

EMENDAMENTI APPROVATI

  Al comma 2, lettera e), aggiungere, in fine, le parole seguenti: e le modalità per assicurare negli organi collegiali l'equilibrio di genere.
*3. 16. (Nuova formulazione) Vassallo.

  Al comma 2, lettera e), aggiungere, in fine, le parole seguenti: e le modalità per assicurare negli organi collegiali l'equilibrio di genere.
*3. 12. (Nuova formulazione) Amici, Bressa, Bordo, D'Antona, Ferrari, Fiano, Fontanelli, Giovanelli, Lo Moro, Misiani, Minniti, Naccarato, Pollastrini, Zaccaria.

  Al comma 2, lettera g) aggiungere infine le seguenti parole: , assicurando il diritto alla difesa e il rispetto del principio del contraddittorio.
3. 18. Amici, Bressa, Bordo, D'Antona, Ferrari, Fiano, Fontanelli, Giovanelli, Lo Moro, Misiani, Minniti, Naccarato, Pollastrini, Zaccaria, Vassallo.

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ALLEGATO 3

Istituzione del «Giorno della memoria dei bambini di Bullenhuser Damm» in ricordo dei venti bambini ebrei della scuola di Bullenhuser Damm, utilizzati in esperimenti medici nel campo di sterminio di Neuengamme (C. 4195 Veltroni).

TESTO BASE ADOTTATO

Celebrazione, nell'ambito del «Giorno della Memoria», istituito con la legge 20 luglio 2000, n. 211, del ricordo dei venti bambini ebrei della scuola di Bullenhuser Damm, utilizzati in esperimenti medici nel campo di sterminio di Neuengamme e di tutti i bambini vittime di guerre e di persecuzioni

Art. 1.

  1. La Repubblica italiana, nell'ambito del «Giorno della Memoria», istituito dalla legge 20 luglio 2000, n. 211, celebra il ricordo dei venti bambini ebrei della scuola di Bullenhuser Damm, uccisi per mano nazista, dopo essere stati deportati nel campo di sterminio di Auschwitz e utilizzati in esperimenti medici nel campo di sterminio di Neuengamme nel 1945.

Art. 2.

  1. In occasione del «Giorno della Memoria», istituito dalla legge 20 luglio 2000, n. 211, possono essere organizzati, per le finalità di cui all'articolo 1, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto ai bambini ebrei deportati nei campi nazisti e ai bambini vittime di guerre e di persecuzioni, in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico e oscuro periodo della storia e affinché simili eventi non debbano mai più accadere.

Art. 3.

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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ALLEGATO 4

DL 179/2012: Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese (C. 5626 Governo, approvato dal Senato).

PARERE APPROVATO

  Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
   esaminato il testo del disegno di legge C. 5626 Governo, approvato dal Senato, recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge n. 179 del 2012: Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese»;
   considerato che il provvedimento reca una serie di interventi prevalentemente orientati sotto il profilo finalistico alla promozione dell'innovazione e allo sviluppo economico, riconducibili all'ampia nozione di «tutela della concorrenza» elaborata in questi anni dalla giurisprudenza costituzionale;
   rilevato quindi che, alla luce di questa finalità complessiva, il provvedimento può essere ricondotto, nel complesso, nell'ambito della competenza legislativa esclusiva dello Stato in tema di «tutela della concorrenza» come intesa dalla consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, che la lettera e) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato;
   ricordato infatti che nella sentenza n. 14 del 2004 la Corte Costituzionale ha rilevato che l'inclusione della tutela della concorrenza nella lettera e) dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione – insieme alle materie moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie – «evidenzia l'intendimento del legislatore costituzionale del 2001 di unificare in capo allo Stato strumenti di politica economica che attengono allo sviluppo dell'intero Paese; strumenti che, in definitiva, esprimono un carattere unitario e, interpretati gli uni per mezzo degli altri, risultano tutti finalizzati ad equilibrare il volume di risorse finanziarie inserite nel circuito economico. L'intervento statale si giustifica, dunque, per la sua rilevanza macroeconomica: solo in tale quadro è mantenuta allo Stato la facoltà di adottare sia specifiche misure di rilevante entità, sia regimi di aiuto ammessi dall'ordinamento comunitario (fra i quali gli aiuti de minimis), purché siano in ogni caso idonei, quanto ad accessibilità a tutti gli operatori ed impatto complessivo, ad incidere sull'equilibrio economico generale (nello stesso senso, le sentenze della Corte Costituzionale n. 16 e n. 272 del 2004);
   preso atto, per le parti di competenza, che all'articolo 1, comma 3, si prevede l'ampliamento delle possibili utilizzazioni della carta d'identità elettronica anche in relazione all'unificazione sul medesimo supporto della carta d'identità elettronica con la tessera sanitaria, alle modifiche ai parametri della carta d'identità elettronica e della tessera sanitaria necessarie per l'unificazione delle stesse sul medesimo supporto, nonché al rilascio gratuito del documento unificato, mediante utilizzazione, anche ai fini di produzione e rilascio, di tutte le risorse disponibili a legislazione vigente per la tessera sanitaria;
   tenuto conto che all'articolo 2, comma 1, capoverso Art. 62, si dispone Pag. 189l'istituzione, presso il Ministero dell'interno, dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), quale base di dati di interesse nazionale, ai sensi dell'articolo 60 del decreto legislativo n. 82 del 2005, che subentra all'Indice nazionale delle anagrafi (INA), con la finalità, in primo luogo, di assicurare al singolo comune la disponibilità dei dati anagrafici della popolazione residente e degli strumenti per lo svolgimento delle funzioni di competenza statale attribuite al sindaco ai sensi dell'articolo 54, comma 3, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché la disponibilità dei dati anagrafici e dei servizi per l'interoperabilità con le banche dati tenute dai comuni per lo svolgimento delle funzioni di competenza;
   preso atto che l'articolo 4, capoverso Art. 3-bis, prevede la facoltà, in capo a ogni cittadino, di indicare alla pubblica amministrazione un proprio indirizzo di posta elettronica certificata, rilasciato ai sensi dell'articolo 16-bis, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, quale suo domicilio digitale, che viene inserito nell'Anagrafe nazionale della popolazione residente-ANPR e reso disponibile a tutte le pubbliche amministrazioni e ai gestori o esercenti di pubblici servizi;
   evidenziato che l'articolo 5, comma 2, secondo periodo, prevede che l'ufficio del registro delle imprese che riceve una domanda di iscrizione da parte di un'impresa individuale che non ha «iscritto» il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, in luogo dell'irrogazione della sanzione prevista dall'articolo 2630 del codice civile, ne sospende la domanda; la sospensione dura fino all'integrazione, cioè al deposito, del dato mancante e, comunque, per quarantacinque giorni; decorso tale periodo la domanda si intende non presentata, «in attesa che essa sia integrata con l'indirizzo di posta elettronica certificata»;
   rilevata l'esigenza di una valutazione da parte delle Commissioni di merito riguardo alla formulazione del secondo periodo del suddetto comma 2 nella parte in cui si annette alla mancanza dell'indirizzo PEC, protratta per 40 giorni, da un lato un effetto di mancata presentazione della domanda, dall'altro un effetto di pendenza della domanda stessa, effetti la cui coesistenza appare meritevole di un accertamento di compatibilità;
   evidenziato come appaia inoltre meritevole di una valutazione di opportunità la previsione di regimi differenziati, quanto agli effetti della mancanza dell'indirizzo PEC, previsti da un lato dal suddetto comma 2, secondo periodo, per le domande di iscrizione di imprese individuali e, dall'altro, dal comma 6-bis dell'articolo 16 per le domande di iscrizione di imprese aventi forma societaria;
   rilevato che l'articolo 8, commi 1-3, prevede l'adozione, da parte delle aziende di trasporto pubblico locale, di sistemi di bigliettazione elettronica, anche interoperabili a livello nazionale, e di biglietti elettronici integrati nelle Città metropolitane; con decreto interministeriale, sentita la Conferenza unificata, sono adottate le regole tecniche necessario all'attuazione della normativa;
   evidenziato che le suddette disposizioni di cui all'articolo 8, commi 1-3 incidono sulla materia del trasporto pubblico locale, ascritta alla competenza residuale delle regioni, come ribadito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 222 del 2005;
   rilevato che l'articolo 11, commi da 4 a 4-octies, interviene in materia di edilizia scolastica, la quale appare riconducibile all'ambito «istruzione e governo del territorio», di competenza concorrente tra lo Stato e le regioni, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
   evidenziato, in particolare, che il comma 4-bis dell'articolo 11 prevede che con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d'intesa con Pag. 190la Conferenza unificata, sono definiti le priorità strategiche, le modalità e i termini per l'approvazione dei piani triennali di interventi di edilizia scolastica, nonché dei relativi finanziamenti, al fine di consentire il regolare svolgimento del servizio scolastico in ambienti adeguati e sicuri; ciascuna regione o provincia autonoma deve trasmettere al Ministero dell'istruzione il piano di interventi, a pena di decadenza dai finanziamenti assegnabili; i piani regionali sono soggetti all'approvazione da parte del Ministero dell'istruzione, ai fini della successiva pubblicazione sui Bollettini ufficiali delle regioni;
   sottolineato quindi come l'approvazione da parte del Ministero dell'istruzione dei suddetti piani regionali debba essere valutata alla luce delle competenze delle regioni in materia di edilizia scolastica;
   tenuto conto che l'articolo 11-bis, comma 4, del decreto-legge dispone che, con decreti dirigenziali dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, si provvede all'incremento della misura del prelievo erariale unico in materia di giochi pubblici, nonché della percentuale del compenso per le attività di gestione ovvero per quella dei punti vendita, al fine di assicurare maggiori entrate in misura non inferiore a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015 e che sono in tal modo coperti gli oneri derivanti dall'applicazione dell'articolo, che istituisce un credito d'imposta per promuovere l'offerta on line di opere dell'ingegno;
   evidenziato come la suddetta previsione di cui al comma 4 dell'articolo 11-bis vada considerata alla luce dell'articolo 23 della Costituzione, che prevede una riserva di legge in tema di imposizione di prestazioni patrimoniali, la quale è sempre stata intesa dalla giurisprudenza costituzionale come riserva di legge relativa;
   rilevato che l'articolo 14, comma 10-bis, prevede che ulteriori misure di maggior dettaglio nonché ulteriori procedure semplificate in materia di identificazione degli abbonati delle società di telefonia mobile possano essere introdotte con decreto del ministro dell'interno, da adottarsi di concerto con il ministro dello sviluppo economico;
   evidenziato, al riguardo, che la previsione di ulteriori procedure semplificate da adottarsi con fonte secondaria potrebbe configurarsi come una misura di delegificazione rispetto al regime generale previsto dal comma 7 dell'articolo 55 del codice delle comunicazioni elettroniche, che costituisce una fonte di rango legislativo, e che tuttavia non appaiono rispettati i requisiti previsti dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 per l'adozione di misure con delegificazione;
   evidenziato che l'articolo 15, comma 5-ter, reca una disposizione in tema di firma digitale, aggiungendo un periodo al comma 5 dell'articolo 35 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005 (CAD), non risultando peraltro chiaro il rapporto tra l'accertamento della conformità dei requisiti di sicurezza dei dispositivi per la firma digitale effettuato dall'Organismo di certificazione della sicurezza informatica ai sensi del vigente articolo 35, comma 5, del CAD e la valutazione di conformità effettuata dall'Agenzia per l'Italia digitale ai sensi della disposizione introdotta dall'articolo 15, comma 5-bis, nel medesimo articolo 35, comma 5, del CAD;
   preso atto che l'articolo 16, comma 10 e l'articolo 30, comma 6, demandano la loro attuazione a decreti di natura non regolamentare e che a tal proposito la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 2006, con riferimento ad un decreto ministeriale del quale si esplicitava la natura non regolamentare (articolo 3 del decreto-legge n. 279 del 2004), lo qualificava come «un atto statale dalla indefinibile natura giuridica» nonché, più recentemente, il Consiglio di Stato in adunanza plenaria, con sentenza 4 maggio 2012, n. 9, sulla natura giuridica dell'articolo 4 del decreto ministeriale in data 6 febbraio 2006, ha osservato che: «deve rilevarsi che, nonostante la crescente diffusione di quel fenomeno efficacemente Pag. 191descritto in termini di «fuga dal regolamento» (che si manifesta, talvolta anche in base ad esplicite indicazioni legislative, tramite l'adozione di atti normativi secondari che si autoqualificano in termini non regolamentari) deve, in linea di principio, escludersi che il potere normativo dei Ministri e, più in generale, del Governo possa esercitarsi medianti atti «atipici», di natura non regolamentare»;
   evidenziato che l'articolo 20 disciplina le cosiddette «comunità intelligenti», di cui peraltro non viene data alcuna definizione nel provvedimento, mentre la relazione illustrativa presentata al Senato indica il termine «comunità intelligente» come traduzione dell'espressione inglese Smart Cities and Communities;
   tenuto conto che le disposizioni di cui all'articolo 20 appaiono riconducibili alle materie «coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale», di competenza esclusiva statale, e «sostegno all'innovazione per i settori produttivi», di competenza concorrente tra lo Stato e le regioni;
   rilevato inoltre che il contenuto del piano nazionale delle «comunità intelligenti», che il decreto-legge non definisce, e la successiva attuazione, sembrano suscettibili di incidere anche su materie di competenza concorrente o residuale regionale quali, ad esempio, governo del territorio, energia e trasporto pubblico locale, e che si stabilisce nel testo che, con decreto del Presidente del Consiglio, previa intesa con la Conferenza unificata, è adottato lo Statuto della cittadinanza intelligente, da redigere sulla base di criteri ivi indicati;
   rilevato che l'articolo 33-octies, introdotto dal Senato, reca norme in merito al superamento del dissenso espresso in sede di conferenza dei servizi da una regione o provincia autonoma in una materia di propria competenza;
   evidenziata, in proposito, l'esigenza di chiarire se il termine di 30 giorni sia riferito al raggiungimento dell'intesa – come sembrerebbe per simmetria con la disposizione sull'esito della prima riunione – o allo svolgimento delle trattative; inoltre il riferimento allo svolgimento delle trattative con le medesime modalità delle precedenti fasi sembrerebbe rendere necessaria l'indizione di una o più riunioni;
   tenuto conto che l'articolo 34, comma 16, prevede l'adozione – entro sei mesi – di un decreto interministeriale che garantisca uniformità nell'applicazione delle norme riguardanti le compensazioni ambientali;
   ricordato al riguardo che, in relazione al coinvolgimento degli enti territoriali, con la sentenza n. 165 del 2011 la Corte costituzionale ha dichiarato fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 78 del 2009, affermando che, «nei casi di attrazione in sussidiarietà di funzioni relative a materie rientranti nella competenza concorrente di Stato e Regioni, è necessario, per garantire il coinvolgimento delle Regioni interessate, il raggiungimento di un'intesa, in modo da contemperare le ragioni dell'esercizio unitario di date competenze e la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle Regioni» (ex plurimis, sentenze n. 383 del 2005 e n. 6 del 2004); la previsione dell'intesa, imposta dal principio di leale collaborazione, implica che non sia legittima una norma contenente una «drastica previsione» della decisività della volontà di una sola parte, in caso di dissenso, ma che siano necessarie «idonee procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze» (ex plurimis, sentenze n. 121 del 2010, n. 24 del 2007, n. 339 del 2005). Solo nell'ipotesi di ulteriore esito negativo di tali procedure mirate all'accordo, può essere rimessa al Governo una decisione unilaterale (sentenza n. 33 del 2011);
   segnalata quindi l'opportunità di garantire il coinvolgimento degli enti territoriali nella disposizione di cui all'articolo 34, comma 16, prevedendo, anziché un mero parere, il raggiungimento dell'intesa in sede di Conferenza unificata; Pag. 192
   preso altresì atto che i commi da 20 a 25 dell'articolo 34 recano disposizioni in tema di servizi pubblici locali (SPL), prevedendo l'affidamento degli stessi servizi in base ad un'apposita relazione dell'ente affidante (comma 20); l'adeguamento entro il 31 dicembre 2013 degli affidamenti in essere non conformi alla normativa comunitaria, nonché l'introduzione di una scadenza degli affidamenti stessi, se non stabilita, nello stesso termine (comma 21); la cessazione al il 31 dicembre 2020 degli affidamenti diretti assentiti alla data del 1o ottobre 2003 se privi di scadenza (comma 22); una riserva esclusiva di funzioni per gli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei per servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica (comma 23); l'abrogazione di disposizioni che concorrevano al precedente assetto dei SPL oggetto di declaratoria di illegittimità costituzionale (comma 24); l'esclusione dell'applicazione delle disposizioni stabilite dai commi precedenti per i settori del gas, dell'energia elettrica e delle farmacie comunali (comma 25);
   rilevato che l'articolo 34, comma 24, abroga l'articolo 53, comma 1, lettera b) del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, che aveva introdotto modifiche all'articolo 4 del decreto-legge n. 138 del 2011 che la sentenza n. 199 del 2012 ha dichiarato illegittimo ed evidenziato che, poiché la declaratoria di illegittimità ha compreso le successive modifiche dell'articolo 4, anche le disposizioni dell'articolo 53, cui si riferisce il comma 25, devono ritenersi investite dalla pronuncia di illegittimità;
   segnalata quindi la necessità, alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia, di verificare il presupposto dell'abrogazione prevista dal comma 24, che riguarda disposizione modificativa di altra già dichiarata incostituzionale con la sentenza n. 199 del 2012;
   tenuto conto che l'articolo 34, comma 47, finalizza allo svolgimento di iniziative di promozione turistica dell'Italia le somme disponibili nel fondo per la riduzione del prezzo alla pompa della benzina e del gasolio per autotrazione nelle regioni confinanti con la Repubblica di San Marino;
   evidenziato che la suddetta disposizione, rientrando nella materia del «turismo», appartiene alla competenza legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell'articolo 117, quarto comma, della Costituzione (sentenze n. 94 del 2008, n. 214 e n. 90 del 2006);
   ricordato al riguardo che, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, ha violato il principio di leale collaborazione (sentenza n. 94 del 2008) il comma 1228 della legge della legge n. 296 del 2006 laddove stabilisce che per le finalità di sviluppo del settore del turismo e per il suo posizionamento competitivo quale fattore produttivo di interesse nazionale è autorizzata una spesa straordinaria di 48 milioni di euro annui (per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009) per incrementare l'offerta turistica; la Corte ha evidenziato che, anche se l'ascrivibilità della materia «turismo» alla competenza regionale residuale non esclude di per sé la legittimità di un intervento legislativo di carattere finanziario ed aggiuntivo dello Stato giustificato dall'obiettivo di rafforzare le capacità competitive delle strutture turistiche nazionali, l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, «sentita» la Conferenza permanente Stato-regioni, recante l'individuazione dei criteri, delle procedure e delle modalità di attuazione, è insufficiente; su analoga motivazione si fonda l'incostituzionalità del comma 1227 dell'articolo 1 della medesima legge, contenente la previsione di una spesa di 10 milioni di euro annui, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, per il sostegno del settore turistico, senza prevedere alcun coinvolgimento della regione nell'adozione dei provvedimenti specifici di riparto ed erogazione degli importi in sede attuativa (sentenza n. 94 del 2008);
   tenuto altresì conto che, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, Pag. 193l'esigenza di un esercizio unitario a livello statale di determinate funzioni amministrative, abilita lo Stato a disciplinare siffatto esercizio per legge; con specifico riguardo al settore turistico, la Corte ha affermato che la necessità di un intervento unitario del legislatore statale nasce dall'esigenza di valorizzare al meglio l'attività turistica sul piano economico interno ed internazionale, attraverso misure di varia e complessa natura, e dalla necessità di ricondurre ad unità la grande varietà dell'offerta turistica del nostro Paese e di esaltare il rilievo assunto dal turismo nell'ambito dell'economia nazionale (sentenze n. 88 del 2007 e n. 214 del 2006);
   segnalata quindi l'esigenza – all'articolo 34, comma 47 – di valutare l'opportunità di prevedere un idoneo coinvolgimento delle regioni in merito alla finalizzazione delle somme indicate allo svolgimento di iniziative di promozione turistica;
   preso atto che l'articolo 34-bis, introdotto al Senato, reca norme concernenti l'elezione del Presidente nonché il funzionamento della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (Civit), modificando in particolare, al comma 1, le modalità di elezione del presidente della Civit, quale autorità nazionale anticorruzione, il quale dovrà essere nominato, con le forme e le modalità già previste ex lege, su proposta dei ministri della pubblica amministrazione, della giustizia e dell'interno, tra persone di notoria indipendenza che hanno avuto esperienza in materia di contrasto alla corruzione e persecuzione degli illeciti nella pubblica amministrazione;
   rilevato che l'articolo 34-quinquies, introdotto al Senato, istituisce il piano strategico di sviluppo del turismo in Italia stabilendo che, su proposta del ministro con delega al turismo, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il Governo adotta, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, un piano strategico di sviluppo del turismo in Italia;
   segnalata l'esigenza, in proposito, di valutare l'opportunità di garantire il coinvolgimento delle regioni non tramite un mero parere, bensì tramite la previsione del raggiungimento dell'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni;
   tenuto conto che l'articolo 34-octies, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, disciplina l'affidamento e la gestione dei servizi automobilistici sostitutivi o integrativi dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale, prevedendone l'affidamento con gara;
   rilevato, in particolare, che il comma 4 del suddetto articolo 34-octies prevede che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano organizzino, entro il 30 giugno 2013, il servizio in bacini territoriali in modo tale da risultare «ottimali» cioè tali da massimizzare l'efficienza e realizzare l'integrazione con i servizi qualificati come minimi; nel caso le regioni e le province autonome non provvedano nel termine indicato il Governo può esercitare il potere sostitutivo ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 131 del 2003;
   ricordato che la materia del «trasporto pubblico locale» rientra nell'ambito delle competenze residuali delle regioni di cui al quarto comma dell'articolo 117 della Costituzione e che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 222 del 2005, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale parziale dell'articolo 4, comma 157, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, che prevede la costituzione di «un apposito fondo presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti» per il «generico fine» di assicurare il conseguimento di «risultati di maggiore efficienza e produttività dei servizi di trasporto pubblico locale»; la disposizione prevedeva altresì che la ripartizione del fondi avvenisse tramite «decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281» e su quest'ultimo punto è intervenuta la pronuncia caducatoria, Pag. 194che ha sostituito la consultazione della Conferenza con la necessità che il decreto sia adottato «previa intesa» con la Conferenza stessa;
   segnalato peraltro che la materia dei trasporti presenta connessioni, sotto vari profili, con discipline che appaiono riconducibili a materie attribuite alla legislazione esclusiva dello Stato, tra le quali si ricordano in particolare quella della «tutela della concorrenza», per quanto attiene alle modalità di gestione e di affidamento del trasporto pubblico locale;
   evidenziato pertanto che il comma 4 dell'articolo 34-octies, relativo all'organizzazione dello svolgimento dei servizi automobilistici in bacini territoriali ottimali, e il comma 7 – che individua le finalità cui le regioni devono destinare le eventuali economie di gara ottenute dal trasporto pubblico regionale e locale automobilistico – devono essere valutati alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia di trasporto pubblico locale;
   preso atto che l'articolo 34-duodecies, introdotto dal Senato, proroga di cinque anni – dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2020 – la scadenza delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative;
   ricordato che, secondo la giurisprudenza costituzionale, la disciplina relativa al rilascio delle concessioni su beni demaniali marittimi investe diversi ambiti materiali, attribuiti alla competenza sia statale che regionale, atteso che particolare rilevanza, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento di tali concessioni, assumono i principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento, previsti dalla normativa comunitaria e nazionale (sentenza della Corte Costituzionale n. 213 del 2011);
   ricordato che la Corte Costituzionale è intervenuta diverse volte dichiarando l'illegittimità costituzionale di disposizioni regionali che prevedevano il rinnovo automatico ex lege delle concessioni demaniali marittime non solo in quanto invasive della competenza statale in materia di tutela della concorrenza ma anche per violazione dell'articolo 117, primo comma, che individua come limite alla potestà legislativa sia statale che regionale il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario; secondo la Corte, infatti, l'automatismo derivante dal rinnovo ex lege della concessione, impedendo l'accesso al mercato di altri potenziali operatori economici, determina una disparità di trattamento in contrasto i principi europei infatti in tema di diritto di stabilimento e di tutela della concorrenza (sentenze della Corte Costituzionale n. 213 del 2011, n. 340 del 210, n. 180 del 2010);
   ricordato inoltre che la Commissione europea, nell'ambito della procedura di infrazione n. 2008/4908, ha rilevato l'incompatibilità con l'ordinamento europeo del meccanismo di rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime previsto dalla normativa nazionale italiana;
   ricordato inoltre che, con la sentenza n. 1 del 2008, in materia di concessioni di derivazioni idroelettriche, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di una disposizione della legge finanziaria 2006 (articolo 1, comma 485, legge n. 266 del 2005), che prevedeva che le grandi concessioni di derivazioni idroelettriche, in corso alla data di entrata in vigore della legge, fossero prorogate di dieci anni rispetto alle date di scadenza, e sospendeva, di conseguenza, le relative gare; la Corte ha in proposito rilevato che la richiamata disposizione, da un lato, contrastava con i principi comunitari, contraddicendo apertamente il fine (la tutela della concorrenza), che pur affermava di voler perseguire, dall'altro, poneva una norma di dettaglio in una materia nella materia di competenza concorrente (nel caso di specie, «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»);
   evidenziata quindi la necessità di valutare l'articolo 34-duodecies alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia e del fatto che la Commissione europea, nell'ambito della procedura di infrazione Pag. 195n. 2008/4908, ha rilevato l'incompatibilità con l'ordinamento europeo del meccanismo di rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime previsto dalla normativa nazionale italiana;
   rilevato che diverse disposizioni modificano norme di rango secondario, tra cui in particolare: l'articolo 11, comma 3, che novella l'articolo 8 del regolamento di delegificazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica, 20 marzo 2009 n. 81; l'articolo 14, comma 5, che modifica l'articolo 66 del regolamento di esecuzione ed attuazione del codice della strada di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992; l'articolo 14, commi da 8 a 10, che modifica in più punti il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 8 luglio 2003; l'articolo 24-ter, che modifica in più punti il regolamento di delegificazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 marzo 2001, n.144; l'articolo 33-bis, che novella l'articolo 357 del decreto del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice dei contratti pubblici di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207; l'articolo 34, comma 26, che novella il «decreto ministeriale 31 dicembre 1983», senza specificare che si intende riferire – tra i tre decreti ministeriali emanati in tale data – al decreto del Ministro dell'interno recante individuazione delle categorie dei servizi pubblici locali a domanda individuale; l'articolo 34-septies, comma 1, che novella il regolamento di delegificazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 dicembre 1999, n. 588;
   ricordato, in particolare, che il paragrafo 3, lettera e), della lettera circolare dei Presidenti delle Camere sulle regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi, del 20 aprile 2001, dispone che «non si ricorre all'atto legislativo per apportare modifiche frammentarie ad atti non aventi forza di legge, al fine di evitare che questi ultimi presentino un diverso grado di “resistenza” ad interventi modificativi successivi»;
   evidenziato infine che l'articolo 1, comma 2, del disegno di legge di conversione fa salvi gli effetti che si sono prodotti ed i rapporti giuridici sorti sulla base delle norme del decreto-legge 2 novembre 2012, n. 187, recante misure urgenti per la ridefinizione dei rapporti contrattuali con la società Stretto di Messina s.p.a. ed in materia di trasporto pubblico locale, non convertite in legge;
   ricordato, in proposito, che il contenuto del suddetto decreto-legge n. 187 del 2012 è confluito nel decreto-legge in esame e che il relativo procedimento di conversione è formalmente ancora in corso presso il Senato;
   richiamato, al riguardo, l'articolo 77, terzo comma, della Costituzione, che prevede che le Camere possono regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1) è necessario valutare la previsione di cui al comma 4 dell'articolo 11-bis alla luce dell'articolo 23 della Costituzione, che prevede una riserva di legge in tema di imposizione di prestazioni patrimoniali, che è sempre stata intesa dalla giurisprudenza costituzionale in materia come riserva di legge relativa;
   2) all'articolo 34, comma 16, è necessario assicurare adeguate forme di coinvolgimento degli enti territoriali prevedendo, anziché un mero parere, il raggiungimento dell'intesa in sede di Conferenza unificata;
   3) all'articolo 34, si segnala la necessità, alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia, di verificare il presupposto dell'abrogazione prevista dal comma 24, che riguarda disposizione modificativa di altra già dichiarata incostituzionale con la sentenza n. 199 del 2012;Pag. 196
   4) il comma 4 dell'articolo 34-octies, relativo all'organizzazione dello svolgimento dei servizi automobilistici in bacini territoriali ottimali, e il comma 7 del medesimo articolo – che individua le finalità cui le regioni devono destinare le eventuali economie di gara ottenute dal trasporto pubblico regionale e locale automobilistico – siano valutati dalle Commissioni di merito alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia di trasporto pubblico locale (sentenza della Corte Costituzionale n. 222 del 2005);
   5) è necessario valutare l'articolo 34-duodecies alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia e del fatto che la Commissione europea, nell'ambito della procedura di infrazione n. 2008/4908, ha rilevato l'incompatibilità con l'ordinamento europeo del meccanismo di rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime previsto dalla normativa nazionale italiana;
  e con le seguenti osservazioni:
   a) è opportuno rivedere le disposizioni legislative richiamate in premessa che modificano norme di rango secondario;
   b) all'articolo 11, commi da 4 a 4-octies, l'approvazione da parte del Ministero dell'istruzione dei piani regionali sia valutata alla luce delle competenze delle regioni in materia di edilizia scolastica;
   c) all'articolo 15, comma 5-ter, che reca una disposizione in tema di firma digitale, aggiungendo un periodo al comma 5 dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 82 del 2005 (CAD), è opportuno chiarire il rapporto tra l'accertamento della conformità dei requisiti di sicurezza dei dispositivi per la firma digitale effettuato dall'Organismo di certificazione della sicurezza informatica ai sensi del vigente articolo 35, comma 5, del CAD e la valutazione di conformità effettuata dall'Agenzia per l'Italia digitale ai sensi della disposizione introdotta dall'articolo 15, comma 5-bis, nel medesimo articolo 35, comma 5, del CAD;
   d) è opportuno, all'articolo 16, comma 10 e all'articolo 30, comma 6, riformulare le previsioni che demandano la loro attuazione a «decreti di natura non regolamentare», alla luce di quanto evidenziato, come richiamato in premessa, dalla Corte Costituzionale e dal Consiglio di Stato riguardo ad «un atto statale dalla indefinibile natura giuridica»;
   e) all'articolo 33-octies, introdotto dal Senato, vi è l'esigenza di chiarire se il termine di trenta giorni sia riferito al raggiungimento dell'intesa – come sembrerebbe per simmetria con la disposizione sull'esito della prima riunione – o allo svolgimento delle trattative;
   f) all'articolo 34, comma 47, sia valutata l'opportunità di prevedere un idoneo coinvolgimento delle regioni in merito alla finalizzazione delle somme indicate allo svolgimento di iniziative di promozione turistica.

Pag. 197

ALLEGATO 5

Autorizzazione di spesa per la bonifica dei poligoni militari di tiro (C. 5534-duodecies Governo).

PARERE APPROVATO

  Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
   esaminato il disegno di legge C. 5534-duodecies, recante «Autorizzazione di spesa per la bonifica dei poligoni militari di tiro»;
   considerato che le disposizioni da esso recate sono riconducibili alle materie «difesa e Forze armate» e «tutela dell'ambiente» che le lettere d) e s) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione attribuiscono alla competenza legislativa esclusiva dello Stato;
   rilevato che non sussistono motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE