CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 28 novembre 2012
746.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-07022 Rubinato: Deroghe per l'accesso dei contributori volontari al trattamento pensionistico.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'On. Rubinato – con il presente atto parlamentare – richiama l'attenzione sulle problematiche dei lavoratori che hanno fatto richiesta di prosecuzione volontaria della contribuzione e che chiedono di poter accedere al trattamento pensionistico con i requisiti vigenti prima dell'entrata in vigore del cosiddetto decreto Salva Italia.
  Occorre ancora una volta ricordare che il legislatore, nell'ambito della recente riforma pensionistica, ha inteso salvaguardare alcune categorie di lavoratori in presenza di precisi requisiti previsti – nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica – dall'articolo 24, comma 14, del decreto-legge cosiddetto Salva Italia, così come integrato dalla legge di conversione del decreto-legge di proroga termini.
  In particolare la lettera d) del citato articolo 24 include nella platea dei soggetti cosiddetti salvaguardati i lavoratori che, antecedentemente alla data del 4 dicembre 2011, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione, demandando ad un apposito decreto ministeriale la definizione delle modalità di attuazione. Tale decreto, come è noto, è stato adottato in data 1o giugno 2012 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 24 luglio scorso.
  Si precisa che tale decreto ministeriale ha individuato, in coerenza con quanto stabilito dalla norma primaria di riferimento, in 65.000 soggetti il contingente numerico dei lavoratori destinatari della citata salvaguardia, nel rispetto delle risorse finanziarie complessivamente programmate ai sensi dell'articolo 24, comma 15, del decreto-legge n. 201 del 2011 e provvedendo a ripartire il predetto contingente tra tutte le categorie di salvaguardati previste dalla legge.
  Peraltro, come chiarito dal ministro Fornero, nel gruppo di lavoro istituito presso il Ministero che rappresento per la redazione del suddetto decreto attuativo è emersa la difficoltà di quantificare il numero dei soggetti rientranti nelle diverse categorie e, di conseguenza, è stato deciso di fissare alcuni criteri generali di selezione, nel rispetto dei principi di equità e sostenibilità finanziaria.
  Nella definizione di tale percorso, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha ritenuto prioritario dare una risposta concreta ai soggetti con maggiore rischio di trovarsi senza reddito e senza pensione, in particolare privilegiando, all'interno della categoria dei prosecutori volontari, coloro che sono più prossimi al pensionamento, rinviando ad un successivo atto normativo un intervento più generale.
  Il decreto-legge n. 95 del 6 luglio scorso – cosiddetto decreto sulla spending review – ha successivamente ampliato tale platea rispetto sia alle disposizioni del decreto cosiddetto Salva Italia sia rispetto a quelle contenute nel decreto ministeriale citato.
  In particolare, con riferimento ai soggetti ammessi alla prosecuzione volontaria ai sensi della lettera d) del citato articolo 24, detto decreto estende la deroga ai soggetti che perfezionano i requisiti anagrafici e contributivi utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico, secondo la disciplina vigente alla data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, nel periodo compreso Pag. 152fra il ventiquattresimo e il trentaseiesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge.
  Con tale ultimo decreto è stato, infatti, ampliato di altre 55 mila unità complessive il numero dei soggetti ammessi alla salvaguardia; fra questi 7400 appartengono alla categoria dei cosiddetti prosecutori volontari.
  Ricordo che con tale decreto sono state allocate risorse che ammontano complessivamente a circa 4 miliardi di euro.
  Ad ogni modo ritengo importante sottolineare che la soluzione della problematica che interessa i cosiddetti prosecutori volontari è fra le priorità del Governo, il quale com’è noto ha recentemente varato un ulteriore ampliamento della platea dei soggetti c.d. salvaguardati.
  Si rappresenta, infatti, che nel disegno di legge recante le «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013)» – approvato da questo ramo del Parlamento ed attualmente all'esame del Senato – è stato previsto lo stanziamento di ulteriori risorse economiche, dirette ad incrementare il numero dei beneficiari della salvaguardia in esame, nonché l'istituzione di un fondo al fine di finanziare interventi in favore dei lavoratori di cui agli articoli 24, commi 14 e 15, del decreto-legge n. 201 del 2011, e 6, comma 2-ter, del decreto-legge n. 216 del 2011.
  In particolare è prevista l'estensione della salvaguardia ai lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione entro il 4 dicembre 2011, con almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011 ancorché abbiano svolto, successivamente alla medesima data del 4 dicembre 2011, qualsiasi attività, non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato dopo l'autorizzazione alla prosecuzione volontaria, a condizione che:
   1) abbiano conseguito successivamente alla data del 4 dicembre 2011 un reddito annuo lordo complessivo riferito a tali attività non superiore a euro 7.500;
   2) perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il trentaseiesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011.

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ALLEGATO 2

5-08365 Vico: Sulle vicende occupazionali relative ai dipendenti della società Teleperformance.
5-08372 Damiano: Sulle vicende occupazionali relative ai dipendenti della società Teleperformance.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con i presenti atti parlamentari – ai quali si risponde congiuntamente – si richiama l'attenzione sulle vicende occupazionali della In & Out S.p.A. a socio unico, operante in Italia con il marchio Teleperformance, nelle sedi di Roma, Taranto e Fiumicino.
  La società, operante nell'offerta di servizi di customer care alle imprese, ha denunciato esuberi strutturali sin dal 2010, facendo ricorso al contratto di solidarietà di cui all'articolo 5, comma 5, della legge n. 236 del 1993, per il periodo dal 5 luglio 2010 per 12 mesi e, per il periodo successivo, alla CIG in deroga nelle diverse unità produttive.
  Occorre inoltre far presente con decreto interministeriale del 31 luglio 2012 è stata autorizzata, per il periodo dal 1o gennaio 2012 al 31 dicembre 2012, la concessione e la proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale in favore di un numero massimo di 2.065 unità lavorative, così suddivise:
   sede di Roma: 390 unità lavorative per il periodo dal 1o gennaio 2012 al 30 giugno 2012;
   sede di Taranto: 1675 unità lavorative sospese a rotazione per il periodo dal 1o gennaio 2012 al 31 dicembre 2012.

  Con riferimento all'unità produttiva di Roma, con comunicazione del 10 aprile 2012 è stata, inoltre, attivata la procedura di licenziamento collettivo per riduzione di personale per complessivi 377 dipendenti. Al fine di non procedere a tale licenziamento, con verbale di accordo sottoscritto lo scorso 21 giugno presso la Regione Lazio, è stata attivata la CIG in deroga per un ulteriore periodo di sei mesi (dal 1o luglio al 31 dicembre 2012) nei confronti di 374 unità (in quanto in corso di procedura sono intervenute n. 3 dimissioni).
  Per quanto concerne l'unità produttiva di Fiumicino, lo scorso 17 ottobre, presso la Regione Lazio è stato siglato con le organizzazioni sindacali un accordo di CIGS in deroga nei confronti di un numero massimo di 150 lavoratori a rotazione, per posizioni equivalenti e fungibili, fino al 31 dicembre 2012.
  Con comunicazione dello scorso 23 ottobre, la società ha avviato le procedure di licenziamento collettivo per complessivi 785 lavoratori, di cui n. 164 nella sede di Fiumicino (Roma), ivi compresi 40 unità con contratto di apprendistato, e n. 621 per la sede di Taranto.
  In tale documento la società ha evidenziato le criticità che hanno determinato una notevole riduzione delle commesse e la conseguente necessità di attivare la procedura di licenziamento collettivo:
   1) la concorrenza di operatori che si avvalgono di rapporti contrattuali diversi dalla subordinazione, con conseguenti vantaggi in relazione al costo del lavoro;
   2) la progressiva crescita del costo del lavoro;Pag. 154
   3) la scarsa remuneratività di alcune commesse;
   4) il disequilibrio degli orari di lavoro settimanali superiori alle 20 ore rispetto alla distribuzione dei volumi di traffico telefonico.

  Le organizzazioni sindacali hanno contestato il ricorso alla procedura di licenziamento, attivando iniziative di mobilitazione che hanno avuto importante risonanza.
  In particolare, le organizzazioni sindacali hanno evidenziato che l'esubero denunciato non è conseguenza di una effettiva mancanza di commesse, bensì del sistema di aggiudicazione degli appalti che vede penalizzate le aziende che maggiormente hanno fatto ricorso al contratto di assunzione a tempo subordinato ed indeterminato con conseguenti maggiori oneri riferiti al costo del lavoro.
  Le organizzazioni sindacali, inoltre, hanno segnalato che nel dicembre 2011, avevano avviato con le controparti datoriali una piattaforma rivendicativa volta all'inserimento nel CCNL di una clausola sociale che consentisse la tutela occupazionale dei lavoratori anche nei cambi di gestione riferiti alle principali commesse.
  Da informative assunte in sede sindacale, le difficoltà maggiori riscontrate per una positiva definizione della vertenza, sarebbero state riferite all'impossibilità dell'utilizzo, nel caso di applicazione di clausola sociale, dei benefici contributivi rivenienti dall'applicazione della legge 407 del 1990, atteso che la gran parte dei lavoratori in forza è vincolata con orario settimanale superiore alle 20 ore settimanali. Tale circostanza determinerebbe un maggior costo del lavoro e quindi l'impossibilità di garantire il mantenimento dei livelli occupazionali nei cambi di gestione.
  La vicenda occupazionale assume carattere particolarmente rilevante tenuto conto del gran numero dei lavoratori coinvolti e della circostanza che la «IN & OUT» presso la provincia di Taranto costituisce la seconda realtà occupazionale dopo l'ILVA.
  Il competente Ufficio del Ministero che rappresento è in attesa di conoscere dall'Azienda l'esito della fase di consultazione in sede sindacale, in vista dell'eventuale attivazione, in caso di mancato raggiungimento di accordo, della fase amministrativa della procedura, al fine della prosecuzione del confronto tra le Parti.
  In conclusione, nell'assicurare la massima attenzione del Governo che ha seguito e continua a seguire in modo fattivo la situazione rappresentata dagli onorevoli interroganti, sono comunque in condizione di garantire la più ampia disponibilità ad aprire un tavolo di confronto con tutte le parti coinvolte al fine di individuare le soluzioni più idonee per i lavoratori dell'azienda in parola, attivando – nei limiti di legge – tutti gli ulteriori strumenti volti ad attenuare la grave crisi occupazionale.

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ALLEGATO 3

5-08442 Mancuso: Obblighi contributivi dei medici veterinari «borsisti» verso la Gestione separata INPS.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'onorevole Mancuso – con il presente atto parlamentare – chiede di sapere se il Governo intenda assumere iniziative per escludere i medici veterinari, titolari di un assegno di borsa di studio o di ricerca, dagli obblighi contributivi nei confronti della gestione separata INPS.
   In proposito, occorre ricordare, in via generale, che l'assoggettamento alla gestione separata INPS – di cui all'articolo 2, comma 26 e seguenti, della legge n. 335 del 1995 e s.m.i. – delle borse concesse per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca è espressamente previsto dall'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge n. 315 del 1998.
   L'obbligo contributivo disposto dalla predetta disposizione normativa non produce l'effetto di equiparare le borse di studio alle collaborazioni coordinate e continuative ovvero a generiche attività professionali prive di albo, quali in effetti non sono, ma inserisce i relativi titolari tra i soggetti per i quali è obbligatoria l'iscrizione alla Gestione separata. Ciò si evince dalla letterale formulazione della norma, rivolta a tutti i fruitori di una delle predette borse di studio, a nulla rilevando l'eventuale concomitante iscrizione ad uno specifico albo professionale.
   A tale proposito, il Ministero che rappresento, con nota del 23 febbraio 1999, ha precisato – con particolare riferimento al conflitto previdenziale sorto con l'Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei medici (ENPAM) – che gli assegnatari di borse di studio per dottorato di ricerca – seppure già assicurati per diversi redditi professionali presso altri Enti di previdenza – sono tenuti a versare la relativa contribuzione previdenziale alla Gestione separata INPS.
   Pertanto, la concomitante tutela previdenziale in essere a favore dei predetti soggetti presso altre forme di previdenza obbligatorie rileva solo ai fini della diversa misura della contribuzione da versare alla gestione separata INPS, così come disposto dall'articolo 59, comma 16, della legge n. 449 del 1997.
   Occorre inoltre precisare che il trattamento previdenziale riservato alle borse di studio per la frequenza di corsi di dottorato di ricerca è comune a quello riservato agli assegni di ricerca, ai sensi dell'articolo 22, comma 6, della legge n. 240 del 2010.
   Riguardo poi all'interpello n. 35 del 2010 del Ministero del lavoro – richiamato nel presente atto parlamentare – faccio presente che esso non risulta idoneo a dirimere la questione in esame, poiché ribadisce – con specifico riferimento alla categoria degli architetti – l'insussistenza dell'obbligo assicurativo presso la gestione separata INPS solo nei confronti di coloro che per la stessa attività debbano versare alla propria Cassa professionale di appartenenza.
   Tale ipotesi, infatti, non ricorre nel caso di specie in quanto la borsa di studio derivante dall'attività di ricerca costituisce per legge imponibile contributivo nell'ambito della gestione separata e va quindi esclusa dal calcolo dell'imponibile ai fini ENPAV (Ente nazionale previdenza ed assistenza veterinari).
   Il medesimo interpello chiarisce, poi, che l'obbligo assicurativo di iscrizione alla Pag. 156Gestione separata INPS riguarda, tra l'altro, tutte le categorie di liberi professionisti per i quali non è stata prevista una specifica cassa previdenziale o, anche se prevista, l'attività professionale non risulta iscrivibile.
   Non appare idoneo neanche l'articolo 18, comma 12, del decreto-legge n. 98 del 2011 (convertito in legge n. 111 del 2011), cui fa riferimento l'Onorevole interrogante, in quanto lo stesso introduce una norma di interpretazione autentica che si limita a ribadire l'obbligo di versamento alla Gestione separata per coloro che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero che svolgono attività non soggette al versamento contributivo agli enti previdenziali di diritto privato.
   Tale interpretazione non appare del tutto pertinente con la questione prospettata in quanto non riferibile alle specifiche disposizioni di legge sopra richiamate, la cui applicabilità andrebbe esclusa attraverso una espressa previsione in tal senso.
   Conclusivamente, un accoglimento delle istanze sottese al presente atto parlamentare non può prescindere da un intervento legislativo di riforma delle disposizioni vigenti che escluda espressamente i medici veterinari iscritti al proprio albo professionale (o, in generale, i professionisti iscritti ad albi professionali, per la cui categoria sia prevista una cassa previdenziale di appartenenza), e che svolgono attività di ricerca, dall'obbligo contributivo alla gestione separata INPS.
  Occorre tuttavia considerare che tale intervento comporterebbe evidenti conseguenze finanziarie – in termini di minori introiti – nei confronti della gestione previdenziale pubblica, con conseguente necessità di rintracciare adeguate fonti di copertura.

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ALLEGATO 4

5-08452 Barani: Sulle norme relative al trattamento pensionistico del personale del SSN in soprannumero.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'onorevole Barani – con il presente atto parlamentare – richiama l'attenzione sull'ambito di applicazione delle disposizioni in materia di riduzione delle dotazioni organiche introdotte dall'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012.
  In proposito faccio presente che la questione in esame non rientra nelle dirette competenze del Ministero che rappresento in quanto attiene in via principale alla disciplina dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni nonché all'autonomia organizzativa degli enti territoriali, con particolare riferimento al personale del settore sanitario.
  Nel premettere che i competenti uffici del Ministero della salute non hanno fornito elementi utili alla risposta, faccio presente che il Dipartimento della Funzione pubblica, anch'esso interpellato sulla questione, ha rilevato come l'articolo 2, comma 1, del citato decreto-legge n. 95 del 2012 individua le amministrazioni destinatarie delle misure di riduzione delle dotazioni organiche nonché, al successivo comma 11, le procedure e le misure da applicare al personale eventualmente risultante in soprannumero.
  Il primo comma del citato articolo 2 fa riferimento, in particolare, alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, alle agenzie, agli enti pubblici non economici, agli enti di ricerca, nonché agli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001.
  Nelle suddette disposizioni, pertanto, non si rinvengono riferimenti agli enti del settore sanitario nazionale, ai quali – allo stato – non risulta possibile applicare le apposite misure rivolte ad eventuali contingenti di personale in soprannumero.
  Alla luce di tali elementi appare evidente che, pur tenendo nella massima considerazione le esigenze evidenziate dall'onorevole interrogante, una soluzione che vada nella direzione da lui auspicata (volta appunto ad estendere anche al personale del settore sanitario la disciplina introdotta dal citato articolo 2 del decreto-legge n. 95 del 2012), richiederebbe un apposito intervento normativo che andrebbe rimesso – per i molteplici profili di competenza – alla collegiale valutazione del Governo e alle Regioni.