CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 8 novembre 2012
734.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea (C. 2854-B ed abb., approvato, in un testo unificato, dalla Camera e modificato dal Senato).

PARERE APPROVATO

  Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
   esaminato il testo del progetto di legge C. 2854-2862-2888-3055-3866-B, approvato, in un testo unificato, dalla Camera e modificato dal Senato, recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea»,
   premesso che:
    il provvedimento fonda la propria base giuridica innanzitutto sull'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, che include i rapporti dello Stato con l'Unione europea tra le materie oggetto di legislazione esclusiva dello Stato;
    per quanto riguarda le modalità di partecipazione delle regioni alla fase ascendente e discendente della normativa europea, viene in rilievo l'articolo 117, terzo comma, in base al quale i rapporti delle regioni con l'Unione europea sono oggetto di legislazione concorrente;
    ai sensi dell'articolo 117, quinto comma, le regioni e le province autonome, nelle materie di loro competenza, sono chiamate a partecipare alle decisioni per la formazione degli atti comunitari e all'attuazione dei medesimi, nel rispetto delle norme procedurali stabilite dalle leggi statali, che disciplinano altresì le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza;
    anche in base al disposto dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il mancato rispetto della normativa comunitaria costituisce una delle fattispecie in cui il governo è autorizzato ad esercitare il potere sostitutivo nei confronti di organi delle regioni;
   rilevato che:
    l'articolo 2, comma 8, prevede la facoltà della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee di avvalersi di personale delle regioni o delle province autonome appartenente alla terza area o qualifiche equiparate, nel limite massimo di sei unità; si stabilisce inoltre che tale personale conservi lo stato giuridico e il trattamento economico dell'amministrazione di appartenenza e rimanga a carico della stessa;
    la suddetta previsione del comma 8 dell'articolo 2 incide sulla materia ordinamento e organizzazione amministrativa delle regioni, ascritta alla competenza residuale delle regioni, come chiarito anche dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 233 del 2006, nella parte in cui si evidenzia che la disciplina dei dipendenti regionali spetta alla legislazione residuale regionale con riferimento ai profili «pubblicistico-organizzativi»;
    la disposizione in questione prevede, peraltro, che il personale sia designato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, secondo criteri da definire d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri o con il Ministro per gli affari europei; Pag. 13
    all'articolo 4 si prevede l'obbligo del Governo di informare e consultare periodicamente le Camere, nell'ambito delle procedure individuate dalla legge rinforzata di cui al nuovo articolo 81, sesto comma, della Costituzione e dai rispettivi Regolamenti, in merito al coordinamento delle politiche economiche e di bilancio e al funzionamento dei meccanismi di stabilizzazione finanziaria, disposti o perseguiti attraverso atti, i progetti di atti e documenti dell'Unione europea, cooperazioni rafforzate tra Stati membri e accordi e le ipotesi di accordi intergovernativi tra Stati membri dell'Unione europea;
    vi è peraltro l'esigenza di coordinare tale ultima previsione, recata dalla lettera c) del comma 4 dell'articolo 4, con quella di cui all'articolo 5, che detta una specifica disciplina per la consultazione delle Camere su accordi in materia finanziaria o monetaria;
    all'articolo 4, comma 7, si prevede che gli obblighi di segreto professionale, i vincoli di inviolabilità degli archivi e i regimi di immunità delle persone non possono in ogni caso pregiudicare le prerogative di informazione e partecipazione del Parlamento, come riconosciute dal Protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali nell'UE, allegato al TUE e al TFUE, e dell'articolo 13 del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance (cosiddetto fiscal compact);
    l'articolo 4, comma 7, deve essere valutato attentamente dalla Commissione di merito laddove sembrerebbe consentire il superamento di obblighi di segretezza o di regimi di immunità tutelati a livello costituzionale o discendenti da obblighi internazionali o europei, alla luce, tra l'altro, di quanto stabilito dal Protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dell'Unione europea, allegato al TUE e al TFUE;
    con riguardo alla medesima disposizione di cui al comma 7 dell'articolo 4 andrebbe chiarito e, se necessario, rivisto il richiamo all'articolo 13 del cosiddetto fiscal compact, che non prevede espressamente prerogative di informazione e partecipazione in capo ai singoli Parlamenti nazionali, ma demanda a Parlamento europeo e Parlamenti nazionali l'organizzazione di una Conferenza dei presidenti delle Commissioni competenti nelle materie del medesimo trattato;
    l'articolo 9, inserito nel corso dell'esame al Senato, disciplina la partecipazione delle Camere al dialogo politico con le istituzioni dell'Unione europea, che si è già sviluppato, a partire dal 2006, pur in assenza di specifiche disposizioni nei trattati, per effetto di un'iniziativa assunta dalla Commissione europea e sostenuta dal Consiglio europeo;
    l'articolo 9 prevede quindi che, fatta salva la procedura di allerta precoce per la valutazione di sussidiarietà, le Camere possono far pervenire alle istituzioni dell'Unione europea e contestualmente al Governo «ogni documento utile alla definizione delle politiche europee», tenendo anche conto di eventuali osservazioni e proposte formulate dalle regioni e dalle province autonome e dalle assemblee e dai consigli regionali e delle province autonome;
    il comma 2 dell'articolo 9 prevede inoltre l'obbligo di «tener conto di osservazioni e proposte di regioni e province autonome», che sembra doversi intendere come un obbligo di informazione, non potendosi configurare un obbligo delle Camere di adeguarsi alle predette osservazioni e proposte;
    l'articolo 30, comma 2, definisce il contenuto della legge di delegazione europea; in tale ambito, la lettera b) prevede il conferimento di una delega legislativa per la modifica o abrogazione di disposizioni vigenti limitatamente a quanto necessario per garantire la conformità dell'ordinamento ai pareri motivati o alle sentenze di condanna della Corte di giustizia;
    andrebbe peraltro chiarita la formulazione della suddetta disposizione di cui alla lettera b) del comma 2 dell'articolo 30, in quanto sono menzionati espressamente Pag. 14soltanto i pareri motivati di cui all'articolo 258 del TFUE e le sentenze della Corte di giustizia «di condanna per inadempimento»: la disposizione sembrerebbe, pertanto, non riferirsi a fasi della procedura di infrazione successive al parere motivato, quali i ricorsi presentati dalla Commissione ai sensi del medesimo articolo 258, le sentenze che accertano l'inadempimento di uno Stato membro ma non contengono alcuna condanna (a differenza delle sentenze di cui all'articolo 260 del TFUE, che infliggono penalità allo stato membro) e alle messe in mora, ai pareri motivati e ai ricorsi di cui all'articolo 260 (promossi per inadempimento di una precedente sentenza);
    l'articolo 38 prevede che, in casi di particolare importanza politica, economica e sociale, tenuto conto anche di eventuali atti parlamentari di indirizzo, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per gli affari europei presenti alle Camere un apposito disegno di legge recante le disposizioni occorrenti per dare attuazione o assicurare l'applicazione di un atto normativo emanato dagli organi dell'Unione europea riguardante le materie di competenza legislativa statale; si stabilisce inoltre che il disegno di legge non possa contenere disposizioni di delegazione legislativa, né altre disposizioni, anche omogenee per materia, che non siano in diretta correlazione con l'attuazione o l'applicazione dell'atto normativo in recepimento, salvo che la natura o la complessità della normativa le rendano indispensabili;
    l'articolo 38 andrebbe quindi valutato tenendo conto del potere di iniziativa legislativa del Governo, riconosciuto dall'articolo 71, primo comma, della Costituzione; al contempo, sulla base dei principi generali in materia di fonti del diritto, e, in particolare, sulla successione delle leggi nel tempo, non sembrerebbe peraltro preclusa la possibilità di approvare una legge, anche di iniziativa governativa, che dia attuazione a singoli atti normativi europei in difformità a quanto previsto dall'articolo in esame,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   a) si valuti la previsione del comma 8 dell'articolo 2 che dispone che la Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per le politiche europee – possa «avvalersi di personale delle regioni o delle province autonome» considerando che la stessa incide sulla materia «ordinamento e organizzazione amministrativa delle regioni», ascritta alla competenza residuale delle regioni (sentenza della Corte Costituzionale n. 233 del 2006), tenendo peraltro conto che la disposizione in questione prevede che il personale sia designato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, secondo criteri da definire d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri o con il Ministro per gli affari europei;
   b) è opportuno coordinare la previsione di cui alla lettera c) del comma 4 dell'articolo 4, con quella di cui all'articolo 5, che detta una specifica disciplina per la consultazione delle Camere su accordi in materia finanziaria o monetaria;
   c) è opportuno che la disposizione di cui al comma 7 dell'articolo 4 sia valutata attentamente dalla Commissione di merito laddove sembrerebbe consentire il superamento di obblighi di segretezza o di regimi di immunità tutelati a livello costituzionale o discendenti da obblighi internazionali o europei, alla luce, tra l'altro, di quanto stabilito dal Protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dell'Unione europea, allegato al TUE e al TFUE;
   d) con riguardo alla medesima disposizione di cui al comma 7 dell'articolo 4, è opportuno chiarire e, se necessario, rivedere il richiamo all'articolo 13 del cosiddetto fiscal compact, che non prevede espressamente prerogative di informazione e partecipazione in capo ai singoli Parlamenti nazionali, ma demanda a Parlamento europeo e Parlamenti nazionali l'organizzazione di una Conferenza dei Pag. 15presidenti delle Commissioni competenti nelle materie del medesimo trattato;
   e) è opportuno chiarire la formulazione della disposizione di cui alla lettera b) del comma 2 dell'articolo 30, in quanto sono menzionati espressamente soltanto i pareri motivati di cui all'articolo 258 del TFUE e le sentenze della Corte di giustizia «di condanna per inadempimento», senza riferirsi a fasi della procedura di infrazione successive al parere motivato, quali i ricorsi presentati dalla Commissione ai sensi del medesimo articolo 258, le sentenze che accertano l'inadempimento di uno Stato membro ma non contengono alcuna condanna e alle messe in mora, ai pareri motivati e ai ricorsi di cui all'articolo 260, che dovrebbero invece essere ricomprese nelle suddette disposizioni;
   f) valuti la Commissione di merito l'opportunità di mantenere la previsione di cui all'articolo 38, tenendo conto che il potere di iniziativa legislativa del Governo è riconosciuto dall'articolo 71, primo comma, della Costituzione.

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ALLEGATO 2

5-05243 Bellanova: Sulle condizioni dei lavoratori accampati nella Masseria Boncuri a Nardò (Lecce).
5-07576 Bellanova: Sullo sfruttamento del lavoro dei braccianti immigrati, con particolare riguardo alla situazione delle campagne salentine.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Signor Presidente, onorevoli Deputati,
   con le interrogazioni iscritte all'ordine del giorno, l'onorevole Teresa Bellanova, in riferimento alle condizioni di numerosi immigrati impiegati nelle campagne salentine e ospitati presso la Masseria Boncuri, chiede iniziative per garantire un adeguato sistema di accoglienza e di integrazione dei lavoratori immigrati nel rispetto dei diritti fondamentali.
  Occorre premettere che, in riferimento alle problematiche relative all'accoglienza dei migranti sul territorio, è compito dei comuni provvedere, in collaborazione con regioni e province, alla predisposizione di strutture alloggiative volte ad ospitare stranieri regolarmente soggiornanti per motivi diversi dal turismo, temporaneamente impossibilitati a provvedere alle proprie esigenze di alloggio e di sussistenza.
  L'Amministrazione Comunale di Nardò, al fine di ospitare i lavoratori immigrati temporaneamente impiegati nelle campagne per la raccolta delle angurie, negli anni scorsi, con l'ausilio finanziario di provincia e regione, ha avviato presso la Masseria Boncuri, di sua proprietà, un'attività di supporto e di accoglienza.
  Nell'estate del 2011, presso la stessa struttura sono stati ospitati in condizioni igieniche e di sicurezza precarie oltre 400 immigrati, la maggior parte dei quali stazionava in quella località senza poter lavorare a causa della crisi del comparto.
  Inoltre a seguito di indagini giudiziarie, è emerso che proprio all'interno della struttura si sono verificati numerosi episodi di violenza e di degrado integranti reati anche gravi.
  A seguito di tali fatti, la prefettura di Lecce ha attivato un tavolo di confronto con tutti gli organi competenti, di concerto con le organizzazioni datoriali e sindacali dell'agricoltura, finalizzato ad esaminare le criticità emerse e porre le basi per assicurare un corretto impiego della manodopera stagionale.
  Al riguardo, il 30 maggio scorso è stato sottoscritto un protocollo con tali associazioni concernente le procedure relative all'avviamento al lavoro della manodopera impiegata nelle fasi di raccolta delle produzioni ortofrutticole del Nord-Ovest della provincia di Lecce.
  Nel contempo, la problematica del caporalato e del lavoro nero nel settore agricolo è stata sottoposta all'attenzione, il 18 giugno scorso, del Comitato Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica e della Conferenza Provinciale Permanente.
  Nella riunione del Comitato, sono state affrontate, tra l'altro, le problematiche di ordine e sicurezza pubblica che lo spostamento ciclico di centinaia di lavoratori stagionali extracomunitari comporta, soprattutto in caso di contrazione della richiesta di manodopera, mentre nel corso della Conferenza Provinciale Permanente, sono stati esaminati i meccanismi da attivare al fine di prevenire e contrastare il fenomeno del caporalato nelle aree rurali.Pag. 17
  Nella stessa sede, in riferimento alla possibile riapertura della masseria «Boncuri», il sindaco di Nardò ha comunicato che l'accoglienza dei lavoratori extracomunitari sarebbe stata subordinata all'iscrizione degli stessi in apposite liste di prenotazione e che, inoltre, sarebbe stato allestito all'interno della struttura un punto informativo sulle modalità di impiego dei lavoratori.
  Nei giorni successivi, tuttavia, il comune non ha avviato le necessarie attività propedeutiche all'apertura del centro, anzi, sulla stampa è stata annunciata l'intenzione di non voler ripetere l'esperienza.
  La decisione è stata contrastata dalle organizzazioni sindacali, impegnate in una campagna di sensibilizzazione a difesa dei lavoratori stagionali in agricoltura, che hanno denunciato altresì un clima di intimidazione da parte di non meglio individuati immigrati nei confronti di esponenti sindacali.
  Tale ultima circostanza è stata oggetto di esame nel corso di una riunione del Comitato provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica, immediatamente convocato l'11 luglio scorso, con la partecipazione del Procuratore della Repubblica, del sindaco del comune, del Direttore dell'Ufficio del Lavoro, e dei rappresentanti sindacali.
  All'esito della riunione sono stati disposti servizi di vigilanza in occasione della attività nelle campagne delle organizzazioni sindacali, che non hanno segnalato ulteriori episodi di minacce.
  Sempre nella stessa sede, il sindaco di Nardò ha confermato la decisione di non aprire la masseria «Boncuri» manifestando invece l'interesse dell'amministrazione comunale ad intraprendere iniziative del tipo «albergo diffuso», per l'accoglienza dei lavoratori effettivamente presenti sul territorio, ed impegnandosi nel contempo ad adottare le misure di accoglienza anche di carattere igienico-sanitario, presso le strutture occupate dai lavoratori, con l'ausilio di un’équipe di medici della locale ASL incaricata di effettuare i necessari screening sanitari.
  Voglio precisare che, sulla base di quanto pianificato in sede di riunioni tecniche di coordinamento delle Forze dell'Ordine, all'intensa attività di vigilanza del territorio di Nardò e delle altre zone interessate dalla presenza di lavoratori extracomunitari stagionali hanno partecipato, oltre alle Forze dell'Ordine, anche tutti gli Organi preposti ai controlli.
  La Direzione Territoriale del Lavoro, in risposta alla segnalazione da parte di esponenti sindacali circa l'impiego abusivo di lavoratori in orari notturni, ha fatto conoscere che dai numerosi sopralluoghi e controlli effettuati non sono emerse attività lavorative nei campi, né movimenti di persone e mezzi che potessero far pensare alla predisposizione di qualsiasi attività notturna.
  Nei predetti controlli sono stati identificati 41 lavoratori extracomunitari, tutti in possesso di regolare permesso di soggiorno e della ricevuta attestante l'iscrizione nelle apposite liste di prenotazione presso il Centro per l'Impiego, nonché 80 lavoratori di nazionalità italiana. È stato altresì accertato l'impiego irregolare di 2 lavoratori, con conseguente adozione di un provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale nei confronti della società cooperativa interessata.
  L'attività di vigilanza e di controllo del territorio non ha evidenziato in occasione della campagna di raccolta di quest'anno, situazioni di particolare criticità o di irregolarità.
  In ordine alle problematiche segnalate dall'Onorevole interrogante voglio, infine, ricordare che il 9 agosto scorso è entrato in vigore il decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109 che, in attuazione di una direttiva comunitaria, ha introdotto una disposizione che prevede, nelle ipotesi di particolare sfruttamento lavorativo, il rilascio da parte del Questore, su proposta o con il parere favorevole del procuratore della Repubblica, di un permesso di soggiorno per motivi umanitari allo straniero che abbia presentato denuncia e cooperi nel procedimento penale instaurato nei confronti del datore di lavoro.

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ALLEGATO 3

5-06950 Codurelli: Sulla rimozione del sindaco in caso di indagini per reati contro la pubblica amministrazione.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Onorevole Presidente, Onorevoli Deputati,
   con l'interrogazione iscritta all'ordine del giorno l'Onorevole Codurelli e l'Onorevole Braga, in relazione alle indagini della Procura della Repubblica di Como nei confronti della signora Giovanna Arrigoni, sindaco di Magreglio, chiedono al Governo di assumere iniziative normative che consentano la rimozione degli Amministratori locali quando vengono avviati nei loro confronti procedimenti penali per reati contro la pubblica amministrazione.
  All'inizio deI 2011, il sindaco e il segretario comunale del comune di Barni (in provincia di Como), nel riscontrare gravi irregolarità contabili relative alla gestione dell'ente, hanno interessato la Guardia di Finanza e la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Como, per l'accertamento di eventuali responsabilità di carattere penale nei confronti del titolare del servizio finanziario, signora Giovanna Arrigoni.
  La predetta è stata sospesa dal servizio in via cautelare, previo avvio di un procedimento disciplinare.
  I fatti, segnalati dal comune di Barni anche alla Corte dei conti, hanno concorso alla dichiarazione di dissesto finanziario dell'ente, assunta mediante delibera di Consiglio del 15 marzo 2011.
  Ai fini delle necessarie misure per il riequilibrio finanziario del comune è stato successivamente nominato, come previsto dal Testo Unico degli Enti Locali, l'Organo Straordinario di Liquidazione, con il compito di procedere alla rilevazione delle passività ed all'acquisizione delle risorse necessarie per il pagamento delle posizioni debitorie.
  Scaduto il periodo di sospensione dal servizio, la signora Arrigoni, ha lasciato il servizio presso il comune di Barni per pensionamento, rimanendo tuttavia in carica quale sindaco del comune di Magreglio.
  La Procura della Repubblica, in relazione al procedimento penale attivato nei confronti della stessa, ha richiesto il rinvio a giudizio dell'indagata.
  In merito alla specifica richiesta degli onorevoli interroganti, appare utile richiamare brevemente il quadro normativo di riferimento.
  L'articolo 58 del Testo unico degli enti locali prevede che non possono ricoprire la carica di sindaco coloro che hanno riportato condanna definitiva per alcuni delitti tassativamente elencati, nonché coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a 6 mesi per uno o più delitti commessi con abuso di poteri o con violazione dei doveri inerenti una funzione pubblica o ad un pubblico servizio.
  Inoltre l'articolo 59 prevede la sospensione di diritto dalla carica, per un periodo massimo di 18 mesi, per gli amministratori locali che abbiano riportato condanna non definitiva per taluni reati previsti dal codice penale.
  In ogni caso gli Amministratori locali decadono di diritto dalla carica ricoperta dalla data di passaggio in giudicato della sentenza di condanna.Pag. 19
  Pertanto, solo nel momento in cui la sentenza diviene definitiva si determina per l'Amministratore la causa ostativa per la permanenza in carica, cui consegue automaticamente la decadenza.
  Tale ipotesi non si è concretizzata nel caso di specie, posto che il predetto procedimento penale è ancora in corso e non si è ancora pervenuti alla pronuncia di una sentenza di condanna a suo carico.
  Per quanto attiene alle iniziative legislative invocate dagli onorevoli interroganti, ricordo che è stato appena approvato dal Parlamento il disegno di legge cosiddetto «anticorruzione» che prevede la delega al Governo ad adottare un decreto legislativo recante un testo unico in materia di incandidabilità alla carica di membro del Parlamento Europeo, di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e di componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, di presidente e di componente dei consigli e delle giunte delle unioni dei comuni, di consigliere di amministrazione e di presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del Testo unico degli enti locali.
  Per quanto riguarda i sindaci, la delega conferita dal Parlamento prevede una ricognizione della normativa esistente, con la possibilità di introdurre ulteriori ipotesi di incandidabilità, determinate da sentenze definitive di condanna, solo per delitti di grave allarme sociale.

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ALLEGATO 4

5-07285 Picierno: Sull'incendio di alcuni beni confiscati alla mafia a Pignataro Maggiore (Caserta).

TESTO DELLA RISPOSTA

  Signor Presidente, onorevoli Deputati,
   con l'interrogazione all'ordine del giorno, l'onorevole Picierno, pone all'attenzione del Ministero dell'interno il tema della sicurezza delle persone che lavorano sui beni confiscati alla mafia, con particolare riferimento all'incendio avvenuto a Pignataro Maggiore, in provincia di Caserta, in uno dei terreni sottratti alla criminalità e affidato all'Associazione «Libera».
  Al riguardo voglio subito premettere che, proprio in relazione ai recenti episodi di danneggiamento di beni confiscati alla criminalità organizzata e affidati in gestione ad associazioni senza fine di lucro, il Ministero dell'interno ha provveduto ad allertare le Prefetture e le Questure affinché intensifichino le attività di monitoraggio, prevenzione e contrasto del fenomeno e rafforzino le misure di vigilanza a protezione di tali obiettivi.
  Quanto all'episodio riportato nell'interrogazione, il responsabile tecnico di «Le Terre di Don Peppe Diana», cooperativa che gestisce i terreni confiscati alla famiglia Nuvoletta in Pignataro Maggiore, denunciava, il 2 luglio scorso, alla Stazione Carabinieri del luogo un incendio avvenuto in località «Arianova Torre dell'Ortello».
  Dagli accertamenti svolti, è risultato che il giorno precedente, i Vigili del Fuoco di Caserta erano intervenuti presso la citata località ed avevano spento le fiamme.
  Queste avevano interessato alcune sterpaglie al margine della strada, senza arrecare alcun danno alle coltivazioni.
  Il giorno successivo, i Vigili del Fuoco effettuavano un altro intervento, in presenza di militari dei Carabinieri e di personale della Polizia di Stato, per spegnere alcuni focolai divampati verosimilmente da residui della precedente combustione che, a causa del particolare clima, si stavano propagando sui terreni coltivati.
  Dalle indagini svolte dall'Arma dei Carabinieri, non sono emersi elementi tali da ricondurre l'incendio ad azioni ritorsive nei confronti dei soggetti che operano sui beni confiscati alla criminalità organizzata, né a fattori di origine dolosa.
  Dell'episodio sono state comunque informate sia la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, sia la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.
  In attesa dell'esito delle indagini, voglio ancora assicurare che le Forze dell'Ordine continueranno a monitorare la situazione e vigilare, con mirati servizi, sulla tutela di questi beni e delle persone che li gestiscono, garantendo – anche con il coinvolgimento di tutte le Istituzioni e degli Enti Locali – che la loro utilizzazione per fini sociali non venga mai compromessa da azioni di disturbo o intimidatorie della malavita organizzata.

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ALLEGATO 5

5-08174 Bonavitacola: Sulle incompatibilità dei presidenti di provincia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Signor Presidente, onorevoli Deputati,
   con l'interrogazione all'ordine del giorno, l'onorevole Bonavitacola ed altri pongono all'attenzione del Governo la questione relativa all'adozione – da parte di alcuni Consigli provinciali, ed in particolare di quelli di Napoli e di Salerno – dei procedimenti per la dichiarazione di incompatibilità dei Presidenti delle Province, titolari anche di cariche parlamentari.
  Al riguardo, ricordo che nei confronti dei presidenti delle province di Napoli e di Salerno, attualmente anche Deputati, i rispettivi consigli provinciali hanno contestato la sussistenza dell'ipotesi di incompatibilità per cumulo delle due cariche rivestite, dichiarandoli decaduti, con conseguente affidamento delle funzioni ai vicepresidenti.
  In merito al cumulo di cariche, l'articolo 7, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 dispone l'ineleggibilità alla carica di Deputato dei presidenti delle province e dei sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti. Tale ineleggibilità è richiamata, sotto il profilo degli effetti in ambito comunale e provinciale, dall'articolo 62 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
  Con l'articolo 13, comma 3, del decreto-legge n. 138 del 2011, invece, è stata introdotta una nuova ipotesi di incompatibilità tra le cariche di Deputato e Senatore e qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi popolazione superiore a 5.000 abitanti.
  La nuova disposizione potrà essere applicata solo a decorrere dalla data di indizione delle elezioni relative alla prima legislatura successiva all'entrata in vigore della legge.
  Con specifico riguardo al cumulo delle due cariche rivestite dai citati presidenti di provincia, la Giunta per le elezioni della Camera – alla quale è attribuita la competenza esclusiva in materia di cause di ineleggibilità e di incompatibilità delle cariche dei parlamentari – ha escluso l'applicabilità in via analogica della pronuncia della Corte Costituzionale del 17 ottobre 2011, n. 277, in quanto riferita ai sindaci.
  Tale sentenza, come è noto, ha ritenuto sussistente il divieto di cumulo anche quando la carica di Amministratore locale – nella fattispecie il sindaco di un comune – sopravvenga a quella di parlamentare e non solo nell'ipotesi inversa, in ossequio al principio di reciprocità di posizioni identiche.
  La sussistenza di una causa d'ineleggibilità preclude all'interessato la possibilità di assunzione della carica, con comminatoria di decadenza dell'eletto, ove l'elezione sia avvenuta. Nelle ipotesi di incompatibilità, invece, è prevista la facoltà dell'interessato di optare per una delle due cariche.
  In questo quadro normativo – non essendo peraltro previsto il controllo sugli atti degli Enti locali – non sussistono i presupposti di un intervento dell'Amministrazione dell'Interno sul contestato iter procedurale adottato dai Consigli provinciali di Napoli e di Salerno. Avverso le delibere con le quali è stata dichiarata la decadenza sono comunque esperibili i rimedi consentiti innanzi all'Autorità giudiziaria.

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ALLEGATO 6

5-06031 Messina: Sulla protezione dei testimoni di giustizia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Signor Presidente, onorevoli Deputati,
  con l'interrogazione all'ordine del giorno, l'onorevole Messina pone all'attenzione del Governo il problema dei «testimoni di giustizia» e chiede, in particolare, se si intendono adottare provvedimenti per garantirne un adeguato reinserimento socio-lavorativo.
  Voglio premettere, innanzitutto, che la figura del «testimone di giustizia» è stata introdotta nel nostro ordinamento giuridico dalla legge 13 febbraio 2001, n. 45, che prevede le condizioni e i presupposti di ammissibilità, nonché le misure di assistenza economica connesse al riconoscimento di tale qualità.
  Più nel dettaglio, tali ultime misure consistono in una adeguata sistemazione alloggiativa, individuata, di norma, con l'assenso del testimone di giustizia; la corresponsione di un assegno mensile di mantenimento, determinato in relazione al numero delle persone protette; il sostegno di spese per esigenze sanitarie, quando non sia possibile, per motivi di sicurezza, avvalersi delle strutture pubbliche; la garanzia di una assistenza legale all'interessato quale persona offesa dal reato e costituita parte civile nel procedimento in cui rende la testimonianza; la cosiddetta «capitalizzazione» del costo dell'assistenza, attuata mediante l'erogazione di una somma di denaro pari all'assegno di mantenimento fino ad un massimo di 10 anni (120 mensilità), in presenza di un concreto progetto di reinserimento lavorativo; la corresponsione di una somma a titolo di mancato guadagno, derivante dall'eventuale cessazione dell'attività lavorativa del testimone e dei familiari nella località di provenienza, sempre che essi non abbiano ricevuto, allo stesso titolo, un risarcimento dagli uffici del Commissariato antiracket e antiusura; il ricorso a mutui agevolati volti al reinserimento nella vita economica e sociale.
  Si tratta di numerose misure previste espressamente dalla normativa o individuate dalla Commissione centrale di cui all'articolo 10 della legge n. 82 del 1991 e dal Servizio Centrale di Protezione in relazione alle esigenze dei testimoni di giustizia.
  Dall'approvazione della legge 13 febbraio 2001, n. 45, si è molto lavorato sul terreno del reinserimento socio-lavorativo del testimone, nella consapevolezza che esso non può prescindere, così come prescrive la legge, dal tenore di vita e dal tipo di attività che ha preceduto l'ingresso nel programma di protezione.
  Il discorso è relativamente più agevole quando il testimone, in precedenza, aveva svolto un lavoro autonomo, mentre presenta aspetti più problematici nelle ipotesi in cui l'attività antecedente alla deposizione era alle dipendenze dei privati. Ma anche da questo punto di vista si è lavorato per reinserire chi aveva questa condizione pregressa.
  La trattazione dei singoli casi riguardanti i testimoni è avvenuta e avviene col coinvolgimento attivo degli stessi interessati.
  Sui testimoni il Governo gioca una partita difficile: quella della credibilità delle istituzioni nella lotta alla criminalità. La garanzia di un adeguato futuro ai testimoni e alle loro famiglie è in grado di incoraggiare altri a non avere alcuna remora nel riferire quanto è a propria Pag. 23conoscenza alle forze dell'ordine e all'autorità giudiziaria. Obiettivo primario, peraltro, è consentire il più possibile, se ovviamente il testimone lo desidera o lo chiede, la permanenza nel luogo di origine attraverso adeguate misure delle quali, in ogni caso, va sempre verificata la possibilità.
  Vengo ora alla vicenda specifica sollevata nel documento parlamentare del testimone di giustizia Luigi Coppola.
  Egli è stato ammesso, nel mese di marzo 2002, alle misure di protezione di cui alla legge n. 82 del 1991, unitamente ai familiari, in relazione alle dichiarazioni rese agli organi inquirenti su un clan di Boscoreale, responsabile di reati di usura ed estorsione perpetrati ai suoi danni; conseguentemente, è stato trasferito in una località «protetta», accettata da lui e dai familiari.
  Nel dicembre del 2005, a compimento del percorso collaborativo, è stata disposta in favore del Coppola la «capitalizzazione» nella misura massima prevista dalla legge, in accoglimento dell'espressa richiesta avanzata dall'interessato e sulla base dei pareri favorevoli della competente Direzione Distrettuale Antimafia e della Direzione Nazionale Antimafia, con conseguente cessazione del programma di protezione.
  Il Coppola ha accettato la misura, ma immediatamente dopo ha rappresentato l'esigenza di far rientro a Pompei, sua località di origine, per realizzare il proprio reinserimento lavorativo; all'epoca (era il 2007), la Commissione ritenne di accogliere la relativa richiesta, disponendo l'ammissione del testimone e dei familiari alle speciali misure previste dalla legge n. 82 del 1991, da attuarsi nella località di origine.
  Sul punto, voglio sottolineare, che si è trattato di un'eccezione rispetto ai principi generali, dal momento che sussiste un logico principio di alternatività tra le misure disposte in località protetta e quelle attuate in località di origine: le prime, infatti, tendono ad assicurare il reinserimento del testimone in un diverso contesto ambientale, mentre le misure speciali tendono a consentire al soggetto di continuare a svolgere le sue attività nel luogo di origine.
  Il Coppola è stato più volte sentito dalla Commissione, anche al fine di prendere in considerazione l'ipotesi di un trasferimento in altra località, in relazione alle assente difficoltà ambientali, comunicate dall'interessato.
  Nel giugno 2007 il predetto organismo – proprio al fine di consentire al testimone di effettuare un investimento lavorativo in altra località – gli ha elargito un contributo straordinario; in realtà il Coppola è rimasto sempre a Pompei, senza dare alcun seguito alle indicazioni della Commissione.
  In relazione alla scadenza delle misure speciali di protezione, è stata avviata l'istruttoria per la verifica dei presupposti per un'eventuale prosecuzione.
  La Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, la Direzione Nazionale Antimafia e il Prefetto di Napoli (quale Autorità preposta all'attuazione delle misure di protezione) hanno valutato concordemente la non sussistenza delle condizioni per la protrazione delle misure, risultando esauriti gli impegni giudiziari del Coppola e non ravvisandosi particolari indicatori di rischio a suo carico; tali valutazioni hanno condotto, quindi, la Commissione ad adottare, nel gennaio 2010, il conseguente provvedimento con il quale non sono state prorogate le misure di protezione. La legittimità dell'attività dell'Amministrazione è stata riconosciuta dal giudice amministrativo, adito dall'interessato, sia in primo sia in secondo grado.
  Dalla dettagliata ricostruzione dei fatti emerge che il Coppola, durante il programma di protezione effettuato dapprima in località protetta e poi – su sua richiesta – nella località di origine, ha beneficiato di tutte le misure previste dalla legge sui testimoni di giustizia, ottenendo (oltre le misure di assistenza «ordinarie») la «capitalizzazione» nella misura massima e, successivamente, un ulteriore contributo straordinario, finalizzato a permettergli il reinserimento lavorativo anche in un diverso contesto ambientale.Pag. 24
  Voglio, inoltre, precisare che, all'esito dell'audizione dell'interessato tenuta il 5 agosto 2010, la Commissione ha corrisposto in suo favore un ulteriore contributo straordinario, finalizzato all'affitto di un'abitazione per il periodo di un anno; tale contributo, di fatto, si è tradotto nel pagamento, per un identico periodo, della struttura ricettiva ove il testimone aveva scelto di rimanere, avendo rifiutato ogni soluzione abitativa – prospettata con l'ausilio degli organi preposti dalla sua tutela – non ritenendola confacente alle sue esigenze.
  Per il profilo attinente alla scorta, preciso che si tratta di misure di tutela che competono direttamente all'Autorità provinciale di pubblica sicurezza.
  Posso, quindi, assicurare che la Commissione centrale ha sempre riservato massima attenzione e sensibilità nei confronti del Coppola, peraltro più volte sentito, da ultimo il 25 gennaio scorso, allorquando si è limitato a rappresentare difficoltà, di natura ambientale e imprenditoriale, peraltro già ampiamente note, senza addurre nuovi fatti o elementi tali da giustificare ulteriori interventi.
  La Commissione, quindi, non ha potuto fare altro che confermare le precedenti determinazioni, segnalando la posizione del testimone di giustizia e dei congiunti alle competenti Autorità di pubblica sicurezza, ai fini dell'adozione delle ordinarie misure di protezione ritenute adeguate al livello di rischio, nonché ai fini delle eventuali iniziative per le attività di supporto e sostegno presso gli enti pubblici competenti.
  La Commissione è consapevole, al di là del caso in esame, delle oggettive difficoltà che alcuni testimoni di giustizia incontrano nella fase di reinserimento sociale, e ciò a fronte di un'azione amministrativa che si dimostra sempre puntuale e rispettosa dei contenuti della legge sui testimoni di giustizia.
  Voglio, infine, ricordare che anche il prefetto di Napoli ha più volte ricevuto il testimone al fine di individuare possibili soluzioni ai problemi economici ed alloggiativi e, tramite l'osservatorio antiracket ed antiusura di quella città, ha ottenuto una dilazione dei pagamenti dovuti dal signor Coppola agli istituti di credito.
  Lo stesso prefetto, inoltre, ha interessato il sindaco del comune di Pompei, che ha incontrato il testimone lo scorso 19 aprile.
  Anche il Vescovo di Pompei è intervenuto in favore del signor Coppola, proponendogli un alloggio di piccole dimensioni che, tuttavia, l'interessato non ha preso in considerazione perché, a suo dire, impossibilitato economicamente ad eseguire i lavori di ristrutturazione.