CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 23 ottobre 2012
724.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione
ALLEGATO

ALLEGATO 1

RELAZIONE SULLA MISSIONE SVOLTA IN TURCHIA DA UNA DELEGAZIONE DEL COMITATO SCHENGEN (16-18 maggio 2012)

  Conformemente a quanto deliberato dall'Ufficio di Presidenza del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia d'immigrazione, da mercoledì 16 a venerdì 18 maggio 2012 una delegazione del Comitato, guidata dalla Presidente Boniver e composta dall'onorevole Ivano Strizzolo e dai senatori Massimo Livi Bacci e Diana De Feo, si è recata in missione in Turchia, per incontrare i rappresentanti delle istituzioni competenti per le politiche europee e il controllo dell'immigrazione.
  Il primo giorno, giunta ad Ankara, la delegazione del Comitato ha incontrato il sottosegretario per gli Affari Europei Mehmet Haluk Ilicak.
  Il sottosegretario ha espresso gratitudine nei confronti dell'Italia per l'appoggio che il nostro Paese ha manifestato in relazione al processo di adesione della Turchia all'Unione europea, che ha espresso il suo interesse ad entrare in Europa fin dal 1959. Sottolineando che una buona parte dell'economia turca dipende dai rapporti con i Paesi dell'Unione europea, si è augurato che l'Europa esca presto dalla crisi economica in cui si trova: un crisi che ha ridotto il volume delle esportazioni dalla Turchia verso i Paesi europei dal 50 per cento del 2010 al 41 per cento del 2011, rischiando così di ripercuotersi negativamente anche sulla bilancia commerciale turca.
  Quanto alle questioni più strettamente connesse all'accordo di Schengen, è emerso fin dal principio che il nodo cruciale dei rapporti fra Turchia ed Unione europea attualmente è rappresentato dal duplice scoglio della politica europea di concessione dei visti di ingresso sul territorio dell'Unione a cittadini turchi (sempre più restrittiva) e delle contemporanee negoziazioni della stesse istituzioni di Bruxelles con la Turchia per la conclusione di accordi di riammissione relative ai migranti che varcano le frontiere clandestinamente le frontiere dell'Unione provenendo dal territorio turco.
  Su questo punto il Sottosegretario agli Affari europei ha subito chiarito la ferma posizione della Turchia, in base alla quale le due negoziazioni devono procedere parallelamente: nella fattispecie, la Turchia è disponibile alla conclusione degli accordi di riammissione (che l'Europa considera essenziali per esercitare un efficace controllo delle frontiere europee) solo a patto che l'Unione europea riveda la sua politica di concessione dei visti ai cittadini turchi, che allo stato attuale i turchi considerano del tutto immotivata, se non addirittura punitiva nei confronti del loro Paese. In particolare, l'introduzione del visto, avvenuta dopo il colpo di stato militare del 1980, contrasterebbe con un processo di segno opposto che ha visto il progressivo avvicinamento della Turchia all'Europa, sia in termini di progresso politico e civile, sia in termini economici e di flussi migratori: da Paese di emigrazione la Turchia si è infatti trasformata in Paese di immigrazione per una vasta area che va dal Caucaso al Medioriente e che rappresenta oggi il principale bacino di influenza economica e politica della Turchia stessa, senza menzionare il fatto che molti dei flussi di uscita di lavoratori turchi verso l'Europa si sono radicalmente ridotti, a causa dell'alto tasso di disoccupazione attualmente esistente nei Paesi dell'Unione.
  Sotto questo profilo, i rappresentanti delle istituzioni e delle autorità competenti per l'immigrazione che il Comitato ha Pag. 145avuto modo di incontrare nel corso della visita hanno ripetutamente manifestato la loro contrarietà a quello che viene considerato un atteggiamento di chiusura pregiudiziale dell'Unione europea – se non di vera e propria diffidenza – nei confronti della Turchia, la quale, oltre a non essere più per parte sua un Paese di origine di immigrazione clandestina, ha anche dimostrato di essere un valido partner nel controllo delle frontiere dell'Unione. La ricorrente espressione di questo malumore da parte degli interlocutori turchi (fondamentalmente da attribuire allo stallo che sta scontando il processo di adesione della Turchia, soprattutto se confrontato, ad esempio, con i negoziati intrapresi con Paesi dell'area balcanica giunti molto più tardi alla richiesta di adesione), ha trovato un appiglio concreto nel fatto che l'Unione europea sta effettivamente avviando una politica dei visti molto più favorevole nei confronti di alcuni Paesi emergenti (Russia e Brasile), trascurando il ruolo chiave della Turchia in questo ambito, nonché sottovalutando quella che i turchi hanno definito come una maggiore efficienza delle autorità turche rispetto alla stessa Grecia nel controllo dei confini. Per questi motivi, la delegazione del Comitato ha ritenuto di esprimere in più occasioni il fermo sostegno italiano ai negoziati di adesione della Turchia e la volontà delle autorità diplomatiche e consolari italiane di garantire la massima flessibilità possibile nella concessione di visti a cittadini turchi che si recano in Italia per turismo o affari e che pertanto non meritano di essere discriminati rispetto a cittadini di altri Paesi terzi.
  In particolare, il Sottosegretario ha fatto presente che il rischio di una migrazione di massa dalla Turchia verso l'Europa è da considerare infondato, mentre invece i dati statistici confermano piuttosto un'inversione di tendenza del fenomeno.
  Da sondaggi effettuati da istituti universitari risulta ad esempio che la percentuale degli studenti turchi che si trasferirebbero in Europa ammonta attualmente al 25 per cento, grazie al basso tasso di disoccupazione della Turchia odierna, contro il 75 per cento registrato negli anni passati. Fonti tedesche hanno dimostrato che nel 2011 27.000 cittadini turchi si sono trasferiti in Germania, mentre dalla Germania in Turchia il flusso registrato è stato di 35.000 unità.
  Sul versante degli accordi di riammissione, il Sottosegretario ha chiarito che la copertura finanziaria di questi accordi costituisce un forte onere per la Turchia, rispetto al quale i finanziamenti offerti da parte europea appaiono del tutto insufficienti. Ha ricordato che se l'Europa continua a non rispettare le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo in materia di concessione di visti ai cittadini turchi sarà difficile trovare un accordo anche sui temi della riammissione dei migranti. Peraltro, ha fatto presente che, nonostante i suoi confini non siano quelli dell'area Schengen, la Turchia intercetta molti più clandestini rispetto alla Grecia: l'Unione europea dovrebbe allora domandarsi perché continua a servirsi di un partner – la Grecia – che non è in grado di bloccare il traffico di migranti irregolari in entrata nel proprio territorio, anziché usufruire del sostegno e dell'efficace azione di contenimento che ha dimostrato di poter esercitare in questo ambito la Turchia.
  Secondo il Vicepresidente Ivano Strizzolo la Turchia ha una funzione strategica per il Medio oriente e l'area del Mediterraneo soprattutto in relazione ai Paesi protagonisti della «Primavera araba», rispetto ai quali la Turchia rappresenta un modello politico ed economico; pertanto è auspicabile e necessaria la collaborazione tra la Turchia e l'Italia e gli altri Paesi dell'Unione europea, più nell'interesse di questi ultimi che della Turchia stessa. L'Italia del resto ha sempre sostenuto l'ingresso della Turchia nel contesto europeo e l'accelerazione del processo di adesione.
  Nel suo intervento il senatore Massimo Livi Bacci ha dichiarato che l'Italia – a differenza dell'Unione europea – non è intimorita dallo divario demografico con la Turchia (la cui popolazione nel 2050 sarà Pag. 146il doppio di quella italiana), ma piuttosto preoccupata dell'aumento della migrazione irregolare di transito sul territorio turco: in vista di un suo ingresso in Europa, la Turchia dovrebbe necessariamente rafforzare le proprie frontiere con la Siria e l'Iraq, in modo sufficiente a rassicurare anche gli altri Paesi europei sulla questione del controllo dei flussi migratori.
  La senatrice Diana De Feo ha sostenuto che alla base dell'atteggiamento europeo vi sono, oltre che differenze di natura religiosa e culturale, preoccupazioni che derivano dall'importante peso anche economico che la Turchia avrà in futuro in termini di dimensioni e popolazione.
  Il sottosegretario ha replicato che la Turchia è fonte di ispirazione per i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente in virtù del proprio modello politico in cui Islam e democrazia possono pacificamente convivere: la dimostrazione è nella realizzazione delle riforme attuate, anche nel campo della giustizia e del rispetto dei diritti umani. Rappresenta, in ordine di grandezza, il secondo esercito dei Paesi aderenti alla NATO ed il primo in Europa. Nel processo di adesione della Turchia nell'Unione europea ogni ostacolo e offesa frapposte non sono solo dirette alla Turchia, ma ad ogni Paese che ad essa si ispira: per evitare un conflitto tra civiltà occorre dimostrare che al rispetto delle regole consegue un uguale trattamento.
  Per quanto concerne i traffici illeciti connessi ai flussi dell'immigrazione clandestina, anche la Turchia è seriamente preoccupata dal fenomeno, aggravato anche dal fatto che in molti i casi i migranti che arrivano in Turchia decidono di rimanervi, anziché defluire verso altri Paesi. Per rafforzare i confini turchi sono stati pianificati investimenti per 6.500 milioni di euro fino al 2018.
  In particolare, per quanto concerne il contrabbando di armi, l'immigrazione clandestina e il terrorismo, il Sottosegretario ha posto in rilievo quelle che a suo giudizio sono pesanti responsabilità del PKK, il movimento politico clandestino armato incluso nella lista delle organizzazioni terroristiche dell'UE. Ha stigmatizzato l'atteggiamento tollerante di alcuni Paesi membri dell'UE nei confronti del PKK (in Danimarca ad esempio l'organizzazione dispone addirittura di un canale televisivo tuttora attivo, nonostante sia stato riconosciuto in sedi giudiziali che si tratta di un mezzo di propaganda), rimarcando come in generale la cooperazione giudiziaria con i Paesi europei sul fronte della lotta al PKK sia insoddisfacente.
  Sulla questione siriana, il Sottosegretario ha tenuto a sottolineare che la Turchia ha cambiato il proprio iniziale atteggiamento nei confronti di Assad, divenendo capolista del blocco antisiriano, ma solo per ragioni umanitarie. La Siria resta un interlocutore importante per i turchi, anche perché rappresenta il Paese con il confine più lungo (800 chilometri), ma la Turchia non interverrà mai nel conflitto interno, se non per legittima difesa, e comunque non prima di una decisione multilaterale. Ha infine segnalato che attualmente il governo turco sta sostenendo la permanenza di circa 35.000 rifugiati siriani all'interno di campi di accoglienza considerati tra i migliori al mondo, dotati di strutture come scuole, ospedali, luoghi di culto, servizi di vario genere.
  Il secondo giorno della missione (17 maggio 2012) ha avuto luogo l'incontro con il Vice Ministro degli Affari Esteri Naci Koru, il quale ha immediatamente affrontato la questione dei flussi migratori successivi alla crisi nordafricana diretti verso la Turchia: il governo turco sta predisponendo nuove misure amministrative e legislative per garantire un approccio più efficace nella gestione dell'immigrazione irregolare e nel controllo delle frontiere, anche in ragione del lunghissimo confine asiatico – marittimo e terrestre – che fa della Turchia la porta di comunicazione fra Europa ed Asia.
  Su questo punto in particolare, il Vice Ministro ha segnalato il progressivo incremento dei centri di accoglienza per immigrati irregolari, che richiede molte risorse. Ha informato che dal 2010 è in uso il passaporto biometrico, che l'80 per cento dei passaporti in uso sono stati Pag. 147rinnovati e 5 milioni di nuovi passaporti sono stati rilasciati. È anche all'esame del Parlamento un disegno di legge sullo status degli stranieri in Turchia.
  Tornando sulla questione dei visti, il Vice Ministro ha definito inconcepibile la politica che alcuni Paesi dell'Unione europea perseguono nei confronti dei cittadini turchi (artisti ed intellettuali compresi), in tempi in cui non esiste più il rischio che essi entrino clandestinamente in territorio europeo.
  Sul fronte dei rapporti con in Paesi dell'area, questione sollevata dall'Onorevole Strizzolo, il Vice Ministro ha tenuto a sottolineare il clima di buona collaborazione e gli ottimi rapporti di vicinato non solo con i Paesi caucasici (con la Georgia – oltre che con la Russia – è stato abolito l'obbligo di visto), ma anche con la Grecia e tutta l'area balcanica, legata alla Turchia da profondi legami culturali e storici da più di 400 anni. Esistono consistenti minoranze turche in tutti i Paesi balcanici (solo in Grecia vi sono 750.000 cittadini di origine turca); in Macedonia sono ancora evidenti le opere dell'Impero ottomano; in Romania la popolazione ha intensi rapporti con la Turchia.
  Sul tema dei visti è intervenuto il senatore Livi Bacci, per il quale l'accordo sui visti e quello sulle riammissioni rappresentano priorità da risolvere in tempi brevi, ma occorre trovare una ragionevole forma di compromesso perché la contemporaneità auspicata dalla Turchia non è praticabile. Il Senatore ha poi chiesto delucidazioni sulle procedure di espulsione e sulle modalità di trattenimento dei circa 50.000 immigrati irregolari fermati dalle autorità turche, chiedendo altresì conferma del reale numero di immigrati irregolari sul territorio turco (che a seconda degli studi effettuati oscillano fra i 200.000 e il milione di unità).
  Il Vice Ministro degli Affari Esteri Koru non ha fornito dati numerici precisi sul numero di immigrati clandestini presenti in Turchia, ma ha parlato di una drastica riduzione del flusso irregolare diretto in Grecia, ribadendo la ferma intenzione della Turchia di combattere il fenomeno anche per motivi di sicurezza interna.
  L'efficiente attività di controllo di sicurezza dei confini svolta dalla Guarda Costiera, continue consultazioni con le autorità greche e scambi tra le rispettive intelligence hanno ridotto del 70 per cento il fenomeno degli ingressi clandestini dalla Turchia verso la Grecia. Nel contempo è aumentato il numero dei centri di accoglienza ed è prevista l'apertura di altri centri, mentre è in corso uno sforzo per migliorare le condizioni di tali strutture di accoglienza per risolverne il problema di sovraffollamento, sempre nell'ambito di stretti rapporti i cooperazione con i Paesi confinanti.
  Il 17 maggio si è svolto l'incontro con il Presidente della Commissione Affari Interni del Parlamento Turco, Muammer Guler, che si è principalmente incentrato sul problema dell'immigrazione clandestina in transito sul territorio turco, proveniente non solo dall'Ucraina e dai paesi caucasici limitrofi ma anche dall'Africa. Poiché la Presidente del Comitato, Onorevole Boniver, ha tenuto a sottolineare che la gestione dell'immigrazione richiede il massimo rispetto dei diritti dei migranti e del loro bisogno di trovare – ove possibile – un ragionevole inserimento lavorativo, il Presidente Guler ha assicurato che la Turchia garantisce il pieno rispetto dei diritti umani nella gestione dell'immigrazione irregolare. La maggiore criticità nella lotta a tale fenomeno è comunque rappresentata dalla loro identificazione, necessaria per un eventuale rimpatrio, dato che quasi sempre mancano i documenti di identità che accertino il Paese di origine al quale poter reindirizzare i soggetti irregolari.
  In questo quadro è particolarmente importante intercettare e controllare le navi in transito nelle acque territoriali turche: negli ultimi anni numerose navi provenienti dall'India, transitando dal Canale di Suez ed attraversando il Mar Egeo dirette verso la Grecia, sono state intercettate grazie all'azione di contrasto della Guarda Costiera turca. Pag. 148
  Nel corso dell'incontro il Vicepresidente Strizzolo ha evidenziato la difficoltà dell'Italia nel far comprendere ai Paesi del centro e nord Europa l'importanza e la necessità di una politica comune di contrasto al complesso problema dell'immigrazione irregolare (anche alla luce dei recenti fatti che hanno interessato il Nord Africa e il Medio Oriente), anche ai fini dell'ordine pubblico. Ha rimarcato che se la Turchia fosse già nell'Unione europea sarebbero possibili azioni più coordinate ed incisive nel Mediterraneo. Anche per questa ragione l'Italia auspica che l'ingresso della Turchia nel contesto europeo avvenga in tempi brevi.
  L'incontro successivo si è svolto con il Presidente della Commissione Affari Esteri Volkan Bokzir, il quale ha preliminarmente rimarcato come le recenti modifiche del Codice Penale turco abbiano inasprito le pene per l'ingresso illegale nel territorio turco. Fornendo un ampio quadro degli attuali flussi migratori che interessano il territorio turco, conseguentemente minacciando anche le frontiere di Schengen, il Presidente Bokzir ha parlato di 870.00 migranti fino al 2011 (in media 50.00 all'anno), soffermandosi sugli enormi profitti che questo traffico rappresenta per la criminalità organizzata e le organizzazioni terroristiche (fra cui naturalmente il PKK).
  Sottolineando come i suoi predecessori che la maggiore difficoltà di gestione dell'immigrazione irregolare consiste nel fatto che molti migranti distruggono i propri documenti di identità per impedire la loro identificazione (e conseguente espulsione verso il Paese di origine) Bokzir si è particolarmente soffermato sulla questione dei costi relativi alla gestione degli immigrati irregolari in caso di conclusione degli accordi di riammissione con l'Unione europea.
  A questo proposito, chiarendo che i costi da prevedere (circa 7 miliardi di dollari, secondo i turchi) riguardano non solo il trattenimento e l'accoglienza a tempo indeterminato di un numero crescente di migranti clandestini, ma anche il controllo materiale dei confini e l'addestramento delle forze dell'ordine, il Presidente Bokzir ha fatto presente che per la Turchia è essenziale che si trovi un accordo per un'equa condivisione di questi oneri (burden sharing), versante sul quale le proposte dell'Unione europea appaiono del tutto inadeguate. Per illustrare la disparità finanziaria, il Presidente Bokzir ha affermato che in base ad un accordo di riammissione con la Grecia la Turchia riceve 70 euro per ogni clandestino rimpatriato, mentre la Turchia nell'ambito di un analogo accordo con il Pakistan paga a questo Paese ben 1000 dollari per ogni migrante riammesso. È altresì necessario quindi, secondo i turchi, concludere preliminarmente adeguati accordi di riammissione fra la Turchia stessa e i Paesi confinanti, sui quali l'UE potrebbe opportunamente esercitare la propria influenza politica in tal senso.
   Sul punto, il Presidente Bokzir, pur riconoscendo che la negoziazione con l'Unione europea sul fronte dell'accordo di riammissione sta portando i suoi frutti, pervenendo ad un testo condiviso, ha esplicitamente subordinato la firma di questo stesso accordo da parte turca ad una precisa svolta nella politica dei visti dell'area Schengen nei confronti dei cittadini turchi, nonché ad un'accelerazione del processo di adesione della Turchia all'Unione europea.
  Questo processo agli occhi degli interlocutori turchi che il Comitato ha avuto modo di incontrare appare infatti pretestuosamente rallentato, se non bloccato, dalle continue richieste rivolte dall'UE alla sola Turchia, volte a soddisfare sempre nuovi requisiti per l'adesione, requisiti che invece – secondo i turchi – la stessa UE non ha il coraggio o l'intenzione di chiedere ad altri Paesi aspiranti all'adesione. Paesi che per dimensioni e peso strategico o economico non possono competere con la Turchia, ma che evidentemente, secondo i turchi, godono di un trattamento di favore motivato dalla sola contiguità geografica o – peggio – da una presunta maggiore omogeneità storica o religiosa.Pag. 149
  Inoltre, ha proseguito Bokzir, con lo sblocco della questione dei visti non sarebbe da escludere, a suo giudizio, un'inversione di tendenza del flusso migratorio non più dalla Turchia all'Europa, ma nella direzione inversa, a causa del crescente tasso di disoccupazione dei Paesi europei.
  Infine, ha avuto luogo l'incontro della delegazione del Comitato con il Ministro degli interni Idris Naim Sahin, reduce dal vertice intergovernativo italo-turco di Roma, nel corso del quale è stato concluso un significativo Accordo di cooperazione contro la criminalità, come il Ministro stesso ha tenuto a sottolineare. In questa sede è stato altresì evidenziato il ruolo crescente della Turchia nella lotta contro l'immigrazione clandestina, in collaborazione con l'Unione europea e la NATO, nonché il rilevante numero di centri di accoglienza per i migranti costruiti dalle autorità turche (più di 40 su tutto il territorio turco). Il Ministro ha poi sottolineato la difficoltà di controllare un confine terrestre di circa 2.700 km (di cui 400 con l'area Schengen), cui si aggiungono altri 2.500 km di confini marittimi, riaffermando la necessità di garantire prioritariamente la sicurezza dei confini in un quadro di gestione integrata con l'Unione europea, cioè compatibile fin d'ora con l’acquis europeo.
  Il Ministro in particolare ha fornito alcuni dati sull'afflusso di immigrati clandestini sul territorio turco, specificando che negli ultimi 12 anni sono stati fermati sul suolo turco circa 850.000 clandestini, dei quali 33.000 nel 2010 e 41.000 nel 2011. Le autorità di pubblica sicurezza turche si concentrano maggiormente sull'attività di contrasto e cattura dei trafficanti, piuttosto che sui respingimenti: negli ultimi quindici anni sono state perciò arrestate 11.000 persone coinvolte nei traffici di persone connessi all'immigrazione clandestina, contemporaneamente sono state sensibilmente inasprite le sanzioni a carico dei trafficanti, motivo per cui attualmente la Turchia non rappresenta più una base operativa per il traffico di immigrati clandestini come in passato. Il Ministro ha altresì contestato le stime relative al numero di immigrati irregolari presenti sul territorio turco riferite dal senatore Livi Bacci (tra i cinque e i dieci milioni), affermando che il numero complessivo di queste persone non supera i 150.000 (di 1 o 2 immigrati irregolari al massimo per ogni 1.000 abitanti). Ha inoltre precisato che il maggior numero di immigrati irregolari sul suolo turco si concentra nelle aree metropolitane, dove il controllo sociale è normalmente più alto: a Istanbul ad esempio sarebbero presenti non più di 70.000 immigrati irregolari. A domanda del senatore Livi Bacci, ha poi risposto che l'abolizione dei visti d'ingresso in Turchia con i Paesi limitrofi non ha aggravato la presenza di immigrati irregolari, ma al contrario ha consentito un più corretto monitoraggio del fenomeno. In particolare, ha chiarito che le autorità turche non hanno registrato significativi flussi da e per la Siria negli ultimi otto mesi.
  Il 18 maggio, in conclusione della missione, la delegazione parlamentare si è recata a visitare la frontiera con la Grecia, in località Edirne, attraverso la quale transitano circa 65.000 autovetture l'anno. Si tratta di una piccola dogana per la quale non passano mezzi pesanti. La frontiera terrestre misura 13 chilometri, mentre quella naturale, delineata dal fiume Evros misura 190 chilometri. Attraverso questo punto del confine transita ogni anno l'80 per cento del traffico di migranti irregolari diretto verso l'area Schengen (25.000 persone nel 2011).
  Sulla questione della costruzione da parte della Grecia di una frontiera artificiale con la Turchia (un muro di 12 chilometri per 3 metri di altezza), gli interlocutori si sono dichiarati contrari perché convinti, da un lato, dell'incisività della sorveglianza messa in atto dalle forze di polizia turche e, dall'altro, dell'inefficacia di tale tipo di misura per fermare il traffico di esseri umani. Ai fini dei controlli vengono utilizzati pattugliamenti organizzati da cinque posti di Polizia e telecamere sensibili termiche. Gli immigrati fermati lungo questa frontiera rappresentano un decimo rispetto a quelli Pag. 150intercettati nelle altre postazioni della frontiera greca. Secondo le autorità greche gli irregolari transitano per lo più attraverso Edirne.
  Nell'incontro con il Governatore di Edirne, è emerso quindi che i Paesi di maggiore provenienza dei migranti irregolari sono la Palestina, la Birmania, l'Afghanistan e la Somalia. Anche il Governatore, come gli altri interlocutori si è detto certo che l'adesione della Bulgaria all'area Schengen comporterà un aumento del flusso di clandestini in transito per la Turchia.
  Infine la delegazione ha brevemente visitato il centro di accoglienza situato nel Governatorato di Edirne, costruito con fondi turchi, che ha una capienza di 656 posti, dei quali attualmente sono occupati solo 400.

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ALLEGATO 2

RELAZIONE SULLA MISSIONE SVOLTA A BUCAREST DA UNA DELEGAZIONE DEL COMITATO SCHENGEN (10-11 ottobre 2012)

  Il 10 e 11 ottobre 2012 una delegazione del Comitato Schengen guidata dalla Presidente Margherita Boniver e composta dei deputati Ivano Strizzolo, Teresio Delfino e Vincenzo Taddei, si è recata in missione a Bucarest, in Romania, per svolgere incontri con le autorità locali di livello parlamentare e governativo, con lo scopo di approfondire i temi di competenza del Comitato e di reciproco interesse bilaterale, in vista del previsto ingresso della Romania nell'area Schengen. 
  Nel corso della visita, che si è incentrata su una fitta agenda di incontri al massimo livello istituzionale, la delegazione del Comitato ha potuto incontrare in ordine di tempo il Ministro dell'Interno e dell'Amministrazione Pubblica, Mircea Dusa; il capo del Dipartimento Schengen, Affari europei e Relazioni internazionali, Marian Tutilescu; il Presidente della Romania, Traian Basescu; il Presidente della Camera dei deputati, Valeriu Zgonea; il Vice Presidente del Senato, Petru Filip; i Presidenti ed i membri della Commissione per la Politica estera del Senato e della Camera dei deputati e della Commissione Difesa, Ordine pubblico e Sicurezza nazionale del Senato e della Camera dei deputati; il Primo Ministro, Victor Ponta; il Segretario della Commissione Romeni all'estero, Senatore Viorel Badea; il Vice Ministro degli Affari esteri con delega agli Affari europei, Luminita Odobescu; il Ministro della Giustizia, Mona Pivniceru.
  Nell'incontro con il Ministro dell'Interno Mircea Dusa, cui è intervenuto anche il capo del Dipartimento Schengen, Affari europei e Relazioni internazionali, Tutilescu, sono stati preliminarmente sottolineati gli sforzi compiuti dalla Romania per ottemperare a tutti i requisiti – non solo tecnici – necessari per l'ingresso nell'area Schengen, inclusa la costruzione di infrastrutture e la conclusione di Accordi di riammissione con la Serbia e la Bosnia-Erzegovina, In questo frangente è stato chiarito che i richiedenti asilo in Romania (tra cui molti Serbi, anche se questi ultimi sono per lo più senza titolo a richiedere l'asilo) sonno stati nel 2011 circa 800, in prevalenza provenienti da Afghanistan, Iraq e Palestina.
   Il Direttore Tutilescu in particolare ha fatto presente che la difficoltà nell'assorbimento dei Fondi europei di coesione manifestata dalla Romania è spesso dipesa, oltre che per l'inesperienza delle autorità rumene competenti, dalle scadenze talora molto brevi di utilizzo degli stessi Fondi, che perciò non sono stati adeguatamente sfruttati (questo è vero soprattutto per la costruzione di aeroporti, come invece si sperava che fosse). Sono invece stati acquisiti gli strumenti e le strutture tecnologicamente più avanzate per l'ammodernamento dei sistemi di sorveglianza delle frontiere, inclusi macchinari molto sofisticati in grado di rivelare il passaggio di persone sul confine terrestre.
  Il Ministro Dusa ha assicurato che la cooperazione di polizia con i Paesi circostanti per il controllo delle frontiere è particolarmente intensa: il modello di cooperazione trilaterale promosso dalla Romania nei confronti di Grecia e Turchia sembra aver portato dei buoni risultati finora, in termini di controllo dei flussi e soprattutto di lotta alle reti internazionali della criminalità organizzata e del traffico di persone. Il Ministro ha perciò posto l'accento sul ruolo essenziale svolto dalla cooperazione giudiziaria e di polizia a livello regionale, soffermandosi particolarmente sul recente sviluppo di un rapporto Pag. 152privilegiato fra Romania e Turchia, Paese da cui proviene il maggior numero di migranti che entrano in Unione europea attraverso il territorio greco.
  La Romania ha anche previsto un pacchetto di misure compensative, consistenti in un rafforzamento delle forze di polizia sui confini interni (particolarmente con la Bulgaria), nel momento in cui venissero meno i controlli di polizia a seguito dell'ingresso nello spazio Schengen (e sarà comunque opportuno non abbassare la guardia sul quel tratto di territorio), o nel caso di eventi eccezionali che comportino ingenti flussi migratori. Rimane in ogni caso un fondamentale interesse nazionale rumeno quello di mettere in sicurezza i propri confini terrestri, marittimi e fluviali.
  Il Ministro Dusa ha infine espresso la contrarietà all'ipotesi – ventilata in sede europea – di consentire alla Romania un ingresso in due tempi nell'area Schengen, riguardante cioè separatamente le frontiere marittime e quelle terrestri.
  Nell'incontro con il Primo Ministro Victor Ponta ci si è anzitutto soffermati sul principale ostacolo politico che si frappone all'ingresso della Romania nell'area Schengen, rappresentato dall'opposizione della Germania e dei Paesi Bassi, e soprattutto sull'indebito (secondo i rumeni) collegamento, operato dalle autorità europee, fra l'ingresso della Romania in Schengen e il soddisfacimento di condizioni eminentemente politiche, rappresentate dal Meccanismo di cooperazione e verifica con il quale la Commissione europea monitora periodicamente lo stato di avanzamento delle riforme nei Paesi di recente adesione. Si tratta infatti di un monitoraggio politico, che di fatto esula dalle regole concordate in precedenza per l'ingresso del Paese nell'area Schengen (consistenti nel soddisfacimento di requisiti meramente tecnici), e che invece costituisce un corpo di consistenti condizioni politiche aggiuntive. La Romania – come è emerso ripetutamente anche nel corso dei colloqui successivi – respinge decisamente questo mutamento di linea dell'Unione europea, interpretandolo come una mancanza di fiducia, se non addirittura come una forma di discriminazione nei confronti dei rumeni, che ne ricavano anzitutto ingenti danni economici.
  Il Primo Ministro ha fatto presente che la Romania ha investito ben due miliardi di euro (di cui uno proveniente da fondi europei) nella costruzione delle infrastrutture e per l'acquisizione dei macchinari necessari alla soddisfazione dei requisiti tecnici per il controllo delle frontiere: un ulteriore ritardo del suo ingresso nello spazio Schengen a questo punto non è più frutto di una valutazione tecnica, ma è una decisione chiaramente politica, che si auspica possa essere presa il prima possibile in sede europea.
  La delegazione del Comitato è stata poi ricevuta dal Presidente della Repubblica, Traian Basescu, protagonista nella scorsa estate un scontro istituzionale che lo ha posto in conflitto con il Primo Ministro e il partito di riferimento dell'attuale governo. A seguito delle gravi forzature costituzionali che sono derivate da questo scontro per opera di entrambe le parti è scaturita da parte della Commissione europea la richiesta di adempiere ad una specifica agenda di avanzamento delle riforme istituzionali, che si è concretata in una lettera del Presidente Barroso contenente undici specifiche condizioni politiche da soddisfare (concernenti principalmente il rispetto della separazione dei poteri, la garanzia dell'indipendenza della magistratura, un maggiore efficacia nella lotta alla corruzione).
  Il Presidente Basescu si è detto consapevole delle preoccupazioni che il grave conflitto istituzionale rumeno ha destato in sede europea e ha affermato la necessità di fugare questo tipo di timori attraverso un rapido ritorno alla normalità costituzionale (già realizzatosi peraltro) e un forte recupero di credibilità, volto a rassicurare i partner europei sulla effettiva rispondenza della Romania all’acquis europeo. Anche Basescu tuttavia ha stigmatizzato la decisione europea di trasformare i requisiti tecnici di ingresso della Romania nello spazio Schengen in condizioni aggiuntive di natura politica da soddisfare Pag. 153per il futuro immediato, condizioni del tutto estranee al testo del Trattato di adesione all'Unione europea firmato dalla Romania e che pertanto sono interpretate dai rumeni alla stregua di vere e proprie «sanzioni» nei confronti del loro Paese.
  Il Presidente si è poi diffuso sulla situazione economica del Paese, all'origine anche delle tensioni politiche dell'estate: l'adozione di misure anticrisi estremamente impopolari (dai tagli alla spesa pubblica all'introduzione di nuove tasse) ha scatenato una forte reazione popolare, che ha messo in crisi la maggioranza di governo e innescato una sensibile instabilità politica. Gli alti tassi di interesse seguiti alla crisi del 2008 hanno determinato un ridotto ricorso al mercato, da cui è scaturita la necessità di ulteriori tagli al bilancio dello Stato, per i quali i partiti del momento hanno pagato un alto prezzo politico. Pur in presenza di un sensibile calo degli investimenti esteri, il processo di modernizzazione del Paese tuttavia è proseguito, con misure di liberalizzazione del mercato del lavoro (maggiore flessibilità in entrata nel mercato del lavoro), con una riduzione del livello di welfare (giudicato troppo alto dal Presidente Basescu). La crescita del PIL nel 2012 si è attestata all'1 per cento, il debito pubblico ha raggiunto il livello del 30 per cento in rapporto al PIL e l'inflazione è intorno al 3 per cento.
  L'incontro con il Presidente della Camera dei deputati rumena Valeriu Stefan Zgonea ha ancora una volta sottolineato gli enormi sforzi compiuti dalla Romania per adeguarsi ai requisiti tecnici di accesso all'area Schengen, rispetto ai quali un ulteriore decisione di ritardarne l'ingresso è percepita come una forma di sanzione ingiustificata. L'Unione europea rappresenta per il mondo un modello sociale ed economico da emulare, ma proprio per questo le regole per entrare a farne parte devono essere uguali per tutti e rispettate nello stesso modo: un dossier eminentemente tecnico come quello di adesione all'area Schengen non deve diventare uno strumento di pressione politica nei confronti della Romania, che ha compiuto e sta ultimando importanti progressi in campo economico, di consolidamento fiscale, di lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata.
  Il Vice Presidente del Senato Petru Filip si è invece soffermato nei colloqui con la delegazione sul problema dell'immagine e della credibilità della Romania in Unione europea, che a suo giudizio risulta particolarmente danneggiata da isolati episodi di criminalità commessi da alcuni cittadini rumeni, nonché dalla presenza di consistenti insediamenti di rom in molti Paesi membri dell'UE. Di fronte al timore che in conseguenza di ciò possa diffondersi in Europa un atteggiamento ingiustificatamente ostile o addirittura discriminatorio nei confronti dei cittadini rumeni, la Presidente Boniver ha rassicurato il Vice Presidente Filip sul fatto che in Italia alcune manifestazioni di ostilità presenti sul web nei confronti dei cittadini rumeni sono attribuibili ad una ristretta minoranza di persone, mentre il pessimismo che si diffonde sul futuro dell'Europa in alcuni Paesi membri dipende largamente dalla crisi economica e dalla percezione del pericolo rappresentato da alcune ridottissime frange di immigrazione islamica non sufficientemente integrata, problema che ovviamente non riguarda la Romania.
  La delegazione del Comitato ha quindi incontrato alcuni membri e i rispettivi presidenti delle Commissioni esteri e difesa della Camera e del Senato rumeni, in un ampio colloquio che ha avuto principalmente ad oggetto la qualità eccezionale delle relazioni italo-rumena e lo stato di avanzamento del dossier Schengen, ulteriormente rallentato dai recenti sommovimenti politici rumeni.
  In particolare il Presidente della Commissione esteri del Senato Mircea Geoana ha parlato di una strategia politica nazionale rumena di integrazione delle minoranze rom, che costituiscono oggettivamente anche un problema di visibilità all'estero della Romania; dell'obiettivo nazionale di potenziare la lotta alle reti della criminalità organizzata, in considerazione della posizione geografica che fa della Romania un crocevia fra traffici criminali Pag. 154da est verso ovest e viceversa; della necessità che l'Unione europea sia fondata anche sul principio della solidarietà, fra Sud e Nord, fra vecchi e nuovi membri.
  Il presidente della Commissione difesa del Senato (ed ex Ministro dell'Interno) Cristian David si è invece soffermato sul ruolo svolto dalla numerosa comunità rumena presente in Italia, fattore di importante sviluppo economico che non può essere messo in ombra da isolati episodi di criminalità; nonché sulle prospettive di accesso all'eurozona, attualmente previsto per il 2015, ma obiettivamente ancora piuttosto lontano da raggiungere, soprattutto in ragione dell'ancora limitato livello di competitività dell'economia rumena.
  La delegazione del Comitato ha poi chiesto ai propri interlocutori di esprimere un'opinione in merito al ruolo e al futuro di Frontex: tutti si sono trovati d'accordo nella necessità di potenziare l'Agenzia sia sotto il profilo tecnico e delle risorse, sia sul versante istituzionale, rimarcando l'opportunità di una reale interoperabilità delle forze di polizia di tutti i Paesi UE sui confini dell'Unione, in modo che il carico del controllo delle frontiere non ricada unicamente sui governi dei Paesi membri periferici.
  Nell'incontro con il Ministro degli esteri con delega agli Affari europei Luminita Odobescu si è ritornati sulla questione dell'opposizione politica di alcuni Paesi membri dell'UE (segnatamente della Germania e dei Paesi Bassi) all'ingresso della Romania nello spazio Schengen e del sopravvenuto collegamento fra il soddisfacimento dei requisiti tecnici di adesione e l'esito dei Report della Commissione europea in base al Meccanismo di cooperazione e verifica. L'applicazione di questo Meccanismo infatti, a giudizio della parte rumena, non dovrebbe influire sulla tempistica di abolizione dei controlli alle frontiere già prevista per la Romania e ripetutamente spostata in avanti proprio in ragione del prolungarsi di queste verifiche di natura eminentemente politica.
  Il Ministro ha fatto presente che, in vista dell'obiettivo temporale di marzo 2013, che il governo rumeno si è posto per entrare a far parte dello spazio Schengen (e che si auspica possa essere la data definitiva), è stato deciso di adottare alcune misure supplementari (cosiddette flanking measures), per confermare la volontà della Romania di ottemperare a tutti i requisiti dell’acquis di Schengen. Sono stati così ricevuti esperti provenienti da vari Paesi membri dell'Unione europea (tra cui i Paesi Bassi), per consentire loro di verificare sul posto il grado di preparazione raggiunto dal sistema rumeno di controllo delle frontiere (in particolare negli aeroporti e al confine con la Serbia). Anche le verifiche aggiuntive di questi esperti hanno dato esito positivo. Contemporaneamente è stata rafforzata la cooperazione di polizia e giudiziaria con Grecia, Bulgaria e Turchia, nella consapevolezza che il punto debole da potenziare non è il confine con la Bulgaria sul Danubio, ma quello che corre fra Grecia e Turchia.
  I rapporti con la Bulgaria confermano, secondo le dichiarazioni del Ministro, il comune intento di Romania e Bulgaria di entrare contemporaneamente nello spazio Schengen, rigettando ogni ipotesi di ingresso separato di uno dei due Paesi. Per quanto invece riguarda un futuro accesso all'eurozona, i principali indicatori macroeconomici della Romania confermano che il Paese si sta preparando all'adesione: il governo prevede di farcela per il 2015, pur nella consapevolezza che occorre ancora fare molti passi sulla via della completa integrazione economica. Da parte italiana si è sottolineata anche in questo frangente la necessità che si proceda ad una profonda e completa integrazione economica europea nell'interesse del futuro della stessa Unione europea, che solo così potrà fare fronte alla concorrenza dell'economia globale.
  Da ultimo la delegazione del Comitato ha incontrato il Ministro della Giustizia, Mona Pivniceru, la quale ha fornito un ampio ed esaustivo quadro del complesso processo di transizione che la Romania sta sperimentando nel passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento giuridico, richiesto dal Trattato di adesione all'Unione europea. In particolare, è in atto nel sistema giuridico Pag. 155rumeno una colossale operazione di revisione dei quattro codici (penale, civile, di procedura penale e civile), che implica una rifondazione completa dei rapporti giuridici nella società rumena per adeguarli all’acquis europeo. Questa grande opera di trasformazione sta richiedendo un enorme dispendio di energie e risorse, lungo un arco temporale molto ampio, che deve tenere conto delle difficoltà connesse all'esame e alla revisione delle cause e dei processi in corso, della grande volatilità di molte norme giuridiche emanate dopo la rivoluzione (con grave danno alla credibilità internazionale del Paese), del pesante sovraccarico di lavoro che pesa su ogni giudice, considerata anche la (preesistente) notevole lunghezza dei processi. Si tratta di uno straordinario sforzo di adeguamento, di cui occorre rendere merito alla Romania, che richiede un tempo commisurato alla difficoltà di riconvertire le cause pendenti e di condurre le necessarie campagne informative per aiutare la popolazione in questo senso.
  Il Ministro si è poi soffermato sullo stato di avanzamento degli adempimenti richiesti alla Romania nel quadro del Meccanismo di cooperazione e di verifica, per quanto concerne non soltanto la revisione dei quattro codici, ma anche l'efficienza dell'intera macchina giudiziaria, l'inasprimento delle misure contro la corruzione, la garanzia di indipendenza dei giudici, la situazione delle carceri. Ha contestualmente auspicato che la severità con cui la Commissione europea ha attivato il Meccanismo di cooperazione e verifica nei confronti della Romania sia analoga a quella applicata per tutti i Paesi membri, consentendo altresì alla Romania di giungere quanto prima ad una definitiva normalizzazione dell'attività giudiziaria a tutti i livelli come presupposto di progresso giuridico e sociale.
  Nel corso dei diversi incontri la delegazione italiana ha sempre fermamente espresso l'incondizionato sostegno italiano alla posizione della Romania per quanto riguarda un suo rapido ingresso nello spazio Schengen: sostegno, che – come ha ripetutamente sottolineato la Presidente Boniver – è tanto più solido in quanto è condiviso da tutte le forze politiche italiane.
  Gli altri componenti della delegazione hanno più volte posto l'accento sul prezioso apporto che la Romania all'interno di Schengen può fornire non solo alla messa in sicurezza dei confini dell'Unione, ma anche alla stabilizzazione democratica dell'area balcanica e alla lotta alle reti della criminalità organizzata che transitano per il suo territorio (On. Strizzolo). In particolare, il processo ineludibile che condurrà la Romania all'interno dell'area Schengen accrescerà il peso politico ed economico dell'Unione europea, accelerando il passaggio verso quelli che dovrebbero diventare gli Stati Uniti d'Europa (On. Delfino). Semplificando ed abbattendo i costi degli scambi commerciali interni, si rafforzerà sensibilmente anche la fiducia reciproca fra gli Stati membri dell'Unione, contribuendo così a fare dell'Europa un soggetto politico ed economico più adeguato ad affrontare la competizione globale e la concorrenza dei mercati emergenti (On. Taddei).
  La Presidente ha altresì auspicato che al convinto sostegno politico italiano alla posizione rumena possano corrispondere più intensi legami economici e commerciali fra i due Paesi, anche considerato il grande numero di imprese italiane da tempo stabilmente insediate in Romania.