CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 17 ottobre 2012
721.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Agricoltura (XIII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-05915 Burtone: Iniziative per il riconoscimento della denominazione di origine protetta per l'olio extravergine lucano e per l'oliva majatica di Ferrandina.

TESTO DELLA RISPOSTA

   L'interrogazione in titolo riguarda l'opportunità di riconoscere la denominazione di origine protetta (DOP) all'olio extravergine lucano e alle olive nere della majatica di Ferrandina, non solo al fine di assicurare al settore olivicolo lucano un'adeguata tutela, ma anche per salvaguardare i livelli occupazionali del settore.
  Al riguardo, vorrei anzitutto far presente che presso i competenti uffici del Ministero non vi sono domande in itinere per la registrazione delle denominazioni cui fa cenno l'interrogante.
  Il 7 novembre 2008, tuttavia, risulta presentata dall'Associazione di produttori per la tutela dell'olio extra vergine di oliva Majatica (con sede in Stigliano) un'istanza di registrazione per l'olio extravergine di oliva con denominazione «Majatica», cui abbiamo dato seguito (ad ottobre 2009) mediante un invito, diretto alla regione Basilicata e alla predetta associazione, a presentare la necessaria documentazione integrativa.
  Al riguardo, nonostante una richiesta fatta pervenire dall'associazione in parola (febbraio 2010) per ottenere una dilazione dei tempi per l'inoltro della documentazione, evidenzio che ad oggi non risulta pervenuto alcunché.
  Pertanto, considerato altresì che l'istanza di riconoscimento dell'olio extravergine lucano (peraltro, ostacolata dagli stessi produttori della Basilicata) è stata presentata al momento della vigenza della precedente normativa, si è provveduto alla relativa archiviazione in quanto non più conforme ai criteri stabiliti dalla normativa vigente.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-06630 Cenni: Orientamenti sull'operato e sulla funzionalità dell'Osservatorio per l'imprenditorialità giovanile in agricoltura (OIGA) e sui criteri di scelta del relativo presidente.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'interrogazione in titolo concerne la corrispondenza dell'operato dell'Osservatorio per imprenditorialità giovanile in agricoltura (OIGA) con le sue finalità istituzionali, nonché l'opportunità di provvedere alla revisione delle relative competenze e funzionamento.
  Il predetto Osservatorio è stato istituito dalla legge n. 441 del 1998, con l'articolo 8 (modificato, a decorrere dal 2 febbraio scorso, dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 47 del 2012) per l'esame delle problematiche relative all'imprenditorialità giovanile in agricoltura e pesca, nonché per il monitoraggio sull'attuazione della medesima legge.
  Considerate le predette finalità l'Osservatorio funge, pertanto, da «laboratorio sperimentale» per individuare forme innovative di sostegno ad un settore che, nonostante i cospicui investimenti realizzati negli ultimi venti anni attraverso le politiche comunitarie, continua ad invecchiare sempre di più.
  Infatti l'attività di tale organismo, soprattutto negli ultimi anni, è stata improntata ad assicurare complementarietà e sinergia con le politiche comunitarie, attuate dalle regioni con i programmi di sviluppo rurale (PSR).
  Peraltro, avendo gli interventi programmati dall'Osservatorio carattere innovativo e sperimentale, sono oggetto di aggiustamenti successivi in base ai riscontri attuativi ottenuti e sono destinati ad individuare possibili «nuove pratiche» da proporre a cofinanziamento dell'Unione europea nel quadro della riforma della PAC.
  In linea con gli obiettivi sopra indicati, il Ministero ha pertanto posto particolare attenzione alla valutazione d'impatto ex post sugli effetti delle linee di azione finanziate a livello nazionale (anche al fine di una eventuale riprogrammazione e riallocazione delle risorse e rifinanziamento delle misure).
  In particolare, si è proceduto, dapprima, attivando un processo informale di valutazione dei progetti di formazione e, successivamente, con il finanziamento di un'azione specifica, di ampio respiro, cui seguirà una valutazione di impatto ex post di tutte le attività intraprese dall'Osservatorio (da cui potrebbero emergere anche utili suggerimenti per un aggiornamento e una revisione delle competenze e del funzionamento dello stesso).
  Preciso, inoltre, che le competenze tecniche di questo organismo sono assicurate dalla presenza di numerosi esperti ministeriali, funzionari regionali nominati dalla Conferenza Stato-regioni, nonché dal partenariato costituito dalle maggiori organizzazioni professionali agricole del settore giovanile e dai rappresentanti degli ordini e collegi dei tecnici agricoli.
  Il presidente, invece, nominato dal Ministro pro tempore, ha esclusivamente funzioni di coordinamento che svolge a titolo gratuito. Riguardo la pubblicazione del relativo curriculum su sito INTERNET, evidenzio che in nessun caso, fin dall'istituzione dell'OIGA, si è provveduto in tal Pag. 46senso in quanto non previsto dal regolamento interno.
  Premesso quanto sopra, vorrei evidenziare che, nel nostro Paese, le politiche giovanili in agricoltura vengono attuate principalmente tramite i programmi di sviluppo rurale (le cui risorse, complessivamente destinate ai giovani imprenditori, ammontano a circa Euro i 184.000.000 l'anno), finanziati con il Fondo europeo agricolo destinato allo sviluppo rurale. Nell'ambito di tali programmi, le regioni hanno destinato una consistente parte delle risorse alla misura 112 (Insediamento di giovani agricoltori) allo scopo di fornire un aiuto ai giovani agricoltori nella fase iniziale della propria attività.
  Accanto a tale misura, molte regioni hanno altresì proposto nei rispettivi PSR cosiddetto «pacchetto giovani» (progettato nell'ambito dell'Osservatorio e attuato nella programmazione dello sviluppo rurale 2007-2013), offrendo la possibilità di ottenere finanziamenti per la misura «investimenti» e, talvolta, anche per altre misure (quali la formazione e la diversificazione dei prodotti agricoli).

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-06970 Faenzi: Sulla contraffazione e sull'etichettatura obbligatoria di origine dei prodotti alimentari, con particolare riferimento all'olio di oliva.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La necessità rappresentata dall'interrogante di pervenire ad un'etichettatura obbligatoria che identifichi la provenienza d'origine dell'olio d'oliva, a tutela del nostro prodotto, non può che essere condivisibile. Infatti, noi tutti siamo a conoscenza delle gravi conseguenze che la contraffazione agroalimentare arreca non solo, all'economia del nostro Paese, ma anche ai consumatori, talora ingannati da quell’italian sounding che, evocando in etichetta nomi tipicamente italiani, induce a ritenere come nostrano un prodotto che tale non è.
  Tuttavia, occorre ricordare che l'obbligo dell'indicazione dell'origine degli oli d'oliva è già in vigore sull'intero territorio comunitario a decorrere dal 1o luglio 2009.
  Peraltro, la salvaguardia dell'olio di oliva italiano appare ancora più pressante e necessaria se consideriamo che, per soddisfare il fabbisogno interno, abbiamo bisogno di importare circa il 50 per cento del prodotto richiesto.
  Uno strumento che contribuisce a garantire, nell'immediato, la sicurezza e l'informazione è rappresentato dall'attività svolta dagli organi di controllo del Dicastero da me rappresentato, implementata, a seguito dei fenomeni fraudolenti riscontrati con la globalizzazione dei mercati, per difendere i nostri prodotti, sia dentro che fuori i confini nazionali.
  Al riguardo, evidenzio che l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, costantemente impegnato a garantire il rispetto dell'e regole nelle diverse fasi della filiera produttiva e a tutelare i consumatori dall'eventuale commercializzazione di alimenti contraffatti o falsamente etichettati come italiani, ha prestato particolare attenzione in questi ultimi anni alle produzioni di qualità più rappresentative del Made in Italy, tra cui l'olio d'oliva.
  A tal fine, è stata intrapresa una collaborazione con l'Agenzia delle dogane e le Capitanerie di porto ed istituito il Comitato tecnico per il coordinamento delle attività di controllo del settore agroalimentare per migliorare l'azione di contrasto alle frodi ed assicurare un coordinamento fra le diverse strutture di controllo operanti nel comparto agroalimentare.
  Mi preme inoltre evidenziare che, per migliorare il sistema di tracciabilità delle olive utilizzate nella produzione degli oli vergini, nonché di tutte le tipologie degli oli vergini commercializzati sul territorio nazionale, stiamo esaminando una modifica del decreto 10 novembre 2009 per estendere l'obbligo della tracciabilità sul portale SIAN anche ad altre categorie di olio vergine prodotte e movimentate nel territorio nazionale (olio lampante e oli a DOP/IGP), oggi escluse, ed ampliare la categoria dei soggetti obbligati alla tenuta del registro telematico.
  Con l'occasione, faccio presente che è in discussione al Senato il disegno di legge comunitaria 2011, che all'articolo 8 prevede un aggiornamento delle sanzioni di cui al decreto legislativo 30 settembre 2005, n. 225 (recante «Disposizioni sanzionatorie in applicazione del regolamento (CE) n. 1019/2002 relativo alla commercializzazione dell'olio d'oliva»), adeguandole Pag. 48alle nuove prescrizioni di cui al citato decreto ministeriale 10 novembre 2009.
  Riguardo alle iniziative da intraprendere, alcune delle quali già attivate, altre in itinere (ma con buona probabilità di essere rese operative nel breve periodo) evidenzio che, a livello nazionale, l'attività dell'amministrazione si sviluppa in un'azione programmatica dettata dalle esigenze che gli operatori della filiera manifestano e/o rappresentano alle singole autorità deputate alla gestione delle tematiche di cui trattasi. Pertanto, in sinergia con il mondo produttivo, intendiamo tutelare gli interessi generali della «azienda Italia» attraverso interventi mirati a sostegno della produzione delle eccellenze che caratterizzano la nostra agricoltura.
  In ambito comunitario e internazionale, invece, vorrei ricordare non solo le disposizioni comunitarie adottate in materia di tracciabilità, promozione e sostegno alle produzioni di alto valore «qualitativo», ma anche il difficile negoziato in cui è impegnata la delegazione italiana riguardo alla PAC post 2013, in modo particolare in merito alla disposizione che estende la dichiarazione d'origine a tutte le produzioni commercializzate sul territorio dell'Unione europea (proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli – OCM unica – articolo 59, paragrafo 2, lettera j).
  Peraltro il nostro Paese, oltre ad essere presente nei vari consessi internazionali (ove abbiamo ottenuto ottimi risultati, soprattutto in quest'ultimo periodo, come nella questione degli alchil esteri), ha sostenuto la Commissione europea nella fase di elaborazione, prima, e di adozione poi, del regolamento (CE) n. 1019/2002 codificato, da ultimo, dal regolamento di esecuzione (UE) n. 29 del 13 gennaio 2012, relativo alle norme di commercializzazione dell'olio d'oliva.
  Inoltre, al fine di impedire ogni forma di inganno frode e contraffazione a danno dell'olio d'oliva italiano, il Ministero è attualmente impegnato in sede europea su talune proposte di modifica al predetto regolamento (UE) n. 29/2012 e al regolamento (CEE) n.  2568/91.
  Tali proposte di modifica, recepite nell’Action Plan proposto dal Commissario Çiolos, riguardano misure per migliorare il controllo della qualità degli oli e la leggibilità delle etichette a tutela dei consumatori.
  In particolare, sono previste modifiche per la presentazione delle informazioni in etichetta, rendendole immediatamente visibili al consumatore, situandole nello stesso campo visivo dell'etichetta principale e apponendole con dimensioni minime tali da poter essere facilmente leggibili.
  Inoltre, con le modifiche al regolamento (UE) n. 29/2012, si vuole introdurre per il consumo presso hotel, ristoranti e catering (HORECA) l'uso di confezioni di olio munite di sistemi di apertura che non ne consentano la riutilizzazione successivamente all'esaurimento del contenuto; in tal modo, si evita la cosiddetta pratica fraudolenta del «rabbocco», con la quale si utilizza la stessa bottiglia con oli di ignota provenienza.
  Le modifiche al regolamento (CEE) n. 2568/91 riguardano invece una serie di misure volte a migliorare e potenziare il sistema dei controlli, che dovranno essere realizzati in maniera selettiva e con frequenza appropriata, in modo da garantire la corrispondenza dell'olio di oliva in commercio alla categoria dichiarata.
  In merito al disegno di legge recante «Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini», all'esame della Commissione agricoltura del Senato, vorrei precisare che la mia amministrazione, condividendone le finalità, nel corso dell'audizione tenutasi il 5 giugno scorso ha formulato specifiche osservazioni di natura tecnica sul testo in esame.
  Assicuro l'onorevole interrogante che intendiamo proseguire l'azione intrapresa onde fornire un efficace contributo alla definizione di regole a tutela delle eccellenze produttive italiane.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-06984 Catanoso: Per il ritiro del provvedimento sul divieto di catture accessorie di tonno rosso.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito all'interrogazione in titolo, vorrei, anzitutto, evidenziare che il decreto direttoriale n. 13718 del 23 maggio scorso, concernente il divieto per i pescatori professionali di effettuare catture accessorie (by-catch) di tonno rosso, non contrasta con la normativa comunitaria vigente al momento della sua emanazione, né con le modifiche ad essa apportate nello scorso mese di giugno, non avendo esse previsto alcuna rettifica in merito alla cattura accessoria.
  Peraltro, il decreto in questione, che reca misure più restrittive rispetto a quelle contenute nel regolamento n. 302 del 2009, riguarda esclusivamente la campagna di pesca per l'anno 2012, già chiusa per l'esaurimento della quota di cattura assegnata al nostro Paese.

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ALLEGATO 5

Risoluzioni n. 7-00974 Bellotti, 7-00982 Delfino, 7-00983 Callegari e 7-00994 Bellotti: Misure per far fronte all'elevata contaminazione da aflatossine nella produzione di mais.

NUOVA FORMULAZIONE DELLA PROPOSTA DI TESTO UNIFICATO PRESENTATA DAL PRESIDENTE

  La XIII Commissione,
   premesso che:
    le aflatossine sono micotossine prodotte da funghi principalmente appartenenti al genere Aspergillus e in particolare da A. flavus e A. parasiticus;
    queste tossine costituiscono un pericolo reale, essendo l'aflatossina B1 l'epatocancerogeno più potente che si conosca; se gli animali vengono alimentati con mangimi che le contengono, un loro metabolita, l'aflatossina M1, viene trasferito al latte;
    lo sviluppo di tali funghi tossigeni, ampiamente diffusi in natura, avviene nei nostri ambienti cerealicoli in campo quando le condizioni climatiche di gran caldo, umidità relativa elevata e stress idrico ne favoriscono la diffusione e la crescita;
    è stato dimostrato che significative infezioni da Aspergillus spp. nel mais e il relativo accumulo di aflatossine nelle cariossidi, sono legate a prolungato stress della pianta causato da carenza idrica ma, specialmente, da temperature particolarmente elevate. Tali condizioni si sono riscontrate nell'estate del 2012 per una durata eccezionale di 80-90 giorni in molti areali;
    come atteso, la conseguenza di tali condizioni favorevoli allo sviluppo delle infezioni da Aspergillus spp. è che i primi dati relativi alla raccolta in corso confermano una presenza di aflatossine nella granella di mais, quantomeno nel raccolto delle aree climaticamente più difficili e colpite dall'andamento meteorologico ricordato;
    le operazioni di pulizia e selezione fisica sul «semilavorato essiccato grezzo», consentono di ridurre la contaminazione e recuperare quote importanti del prodotto all'utilizzo;
    qualora i primi dati venissero confermati, emergerebbe una situazione di preoccupazione per la commercializzazione e il possibile impiego della granella nel settore feed (zootecnico-mangimistico) e food (alimentare e industriale);
    va fatto un doveroso e approfondito monitoraggio durante la fase di raccolta del prodotto;
    è necessario predisporre e adottare una serie di interventi operativi per individuare le partite più contaminate a tutela della salute umana sicuramente e prima di tutto, ma anche misure economiche a tutela delle imprese agricole e stoccatrici coinvolte;
    si evidenzia la urgente necessità di:
     a) riservare fin da subito all'alimentazione umana e ai mangimi per vacche da latte le scorte del mais dello scorso anno che sono «pulite» per aflatossine;
     b) adottare un insieme organico di misure di prevenzione, per evitare di rincorrere le emergenze, assumendo adeguate Pag. 51misure di monitoraggio, informazione ed eventuale formazione degli operatori di filiera;
     c) mettere a punto protocolli di produzione e lavorazione che consentano di contenere il rischio aflatossine nel mais, considerando fattori critici quali ad esempio: valutazione dell'eventuale suscettibilità varietale; verifica delle pratiche agronomiche e delle possibilità di contrasto delle infezioni da Aspergillus, individuazione di indicatori sistematici volti a fornire un'informazione predittiva sull'eventuale sviluppo di muffe tossigene, effettuazione di controlli pre-raccolta e pre-essicazione per selezionare eventualmente il prodotto in lotti a contaminazione diversificata, progettazione e collaudo di linee di lavorazione con selezionatori optomeccanici di grani alterati, sviluppare test diagnostici rapidi da utilizzare in situ per valutare quali/quantitativamente la concentrazione di aflatossine nel prodotto;
     d) ricercare misure, nell'ambito del rapporto con le istituzioni dell'Unione europea, per affrontare le possibili situazioni legate ad eventi naturali eccezionali che comportino conseguenze economiche negative per produttori e stoccatori, incolpevolmente danneggiati;
     e) creare, con criteri armonizzati, un database nazionale per raccogliere in modo sistematico i dati nazionali provenienti sia dalle attività di controllo ufficiale sia da quelle di autocontrollo aziendale al fine di poter disporre di una attendibile massa critica da fornire in tempi rapidi alle istituzioni dell'Unione europea e a quelle internazionali;
   considerato che:
    la coltivazione dei cereali riveste in Italia un ruolo di primario interesse in quanto fornisce la materia prima alle industrie mangimistiche e all'industria di trasformazione per la produzione della pasta e dei prodotti da forno; è di tutta evidenza che la tutela della produzione nazionale dalla contaminazione e diffusione di metaboliti tossici come appunto le micotossine – di cui l'aflatossina rappresenta una tipologia – è strettamente connessa alla tutela della sicurezza alimentare e della salute umana, in primo luogo dei bambini e dei soggetti più deboli;
    il Governo ha accolto lo scorso 26 settembre una risoluzione della Commissione Agricoltura del Senato in cui sono stati presi impegni importanti per tutelare la filiera agroalimentare del grano duro dall'impatto delle micotossine; sarebbe meglio affrontare la questione delle micotossine in maniera generale, ossia prendendo in considerazione tutti i prodotti già individuati come «a rischio» dal regolamento (CE) n. 1881/2006;
    come già detto le micotossine sono metaboliti tossici di vari ceppi fungini e sono cancerogeni, teratogeni (provocano malformazioni), mitogeni (divisione anomala della cellula eucariote) e deprimono il sistema immunitario; la contaminazione delle matrici alimentari avviene già sul campo (tricoteceni, fumosine, zearalenone) per seguire gli alimenti fino ai siti di stoccaggio (ocratossina A e aflatossine);
    non è superfluo rilevare come una diversa regolamentazione sul tenore di micotossine tollerabili abbia avuto importanti riflessi sugli scambi commerciali e sulla collocabilità stessa delle derrate; infatti, mentre la maggior parte dei Paesi ha un limite inferiore a 1000 ppb, l'Europa ha fissato, con il citato regolamento (CE) n. 1881/2006, un limite quasi doppio pari a 1750 ppb; inoltre ci sono limiti massimi differenti per ogni singola tossina e destinazione d'uso della materia prima (food e feed) e lungo la filiera (cioè dal chicco alla pasta);
    la dieta mediterranea è basata sul consumo di prodotti a base di cereali per i quali, a differenza dei consumatori europei, gli italiani consumano una quantità superiore alla media europea; nel sud Italia tale consumo è ancora più alto;
    i limiti attuali sono tarati sull'europeo medio, che consuma 5-7 chilogrammi Pag. 52di pasta l'anno, mentre in Italia tale consumo è pari a 27 chilogrammi; in particolare sono esposti i bambini di età superiore ai tre anni che vengono classificati come adulti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1999, che stabilisce regole di sicurezza ben definite e produzioni dedicate e tutelate solo per i bambini fino a tre anni;
    il rapporto tra mercato e micotossine determina serie conseguenze sulla vita economica di migliaia di aziende italiane e può costituire una chiave di lettura con cui interpretare il legame tra sicurezza alimentare e difesa del reddito degli anelli più deboli della filiera, ossia agricoltori e consumatori;
    l'attuale legislazione, sia per quel che attiene alle borse merci dei cereali sia per quel che attiene all'etichettatura obbligatoria, non tiene conto dei differenti livelli di micotossine e non sfrutta quindi il potenziale competitivo delle produzioni nazionali e non incentiva la produzione italiana di qualità,

impegna il Governo:

   ad adottare, d'intesa con le regioni, in considerazione della straordinarietà delle condizioni climatiche registratesi nell'anno in corso, che potrebbe comportare danni non solo sul prodotto cerealicolo nazionale, ma anche sull'intera filiera agroalimentare, le iniziative necessarie al fine di prevedere, nei casi in cui le analisi evidenzino partite con presenza di aflatossine superiori ai limiti stabiliti dalla vigente normativa comunitaria, l'effettuazione di trattamenti fisici di cernita, per ottenere la decontaminazione delle partite, in modo da rendere possibile la conseguente immissione in commercio senza pericoli per la salute pubblica e salvaguardando la qualità del latte e degli altri prodotti alimentari derivati;
   a consolidare il sistema dei controlli e della comunicazione dei dati rilevati in corso di campagna di raccolta al fine di monitorare la situazione e la sua evoluzione con l'obiettivo di scongiurare pericoli per la salute e contemporaneamente salvaguardare il corretto svolgimento della campagna di raccolta e di conferimento;
   ad effettuare, sul mais importato da Paesi dell'Unione europea e al di fuori dell'Unione europea, controlli atti a garantire la presenza di livelli di aflatossine conformi a quanto previsto attualmente dalla normativa europea e nazionale;
   a ricercare comunque misure, nell'ambito del rapporto con le istituzioni dell'Unione europea, per affrontare le possibili situazioni legate ad eventi naturali eccezionali che comportino conseguenze economiche negative per produttori e stoccatori, incolpevolmente danneggiati e più in generale per la salubrità degli alimenti posti al consumo;
   a ricercare, nell'ambito del rapporto con le istituzioni dell'Unione europea, misure per affrontare le possibili situazioni economiche a rischio di produttori e stoccatori incolpevolmente danneggiati dall'evento naturale eccezionale, anche al fine di evitare tentativi di elusione dei controlli con conseguente rischio di contaminazione delle filiere sensibili;
   a operare al fine di scoraggiare fenomeni speculativi sui prezzi esaltando in modo artificioso la portata dei fenomeni riconosciuti;
   ad operare in sede comunitaria per una corretta classificazione legale dell'età dei bambini estendendo le tutele sanitarie ai fini dei prodotti alimentari destinati alla loro alimentazione, in quanto il decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1999, che recepisce una direttiva comunitaria, configura come soglia anagrafica massima per tali tipologie di prodotto l'età di tre anni anziché, come opportuno, l'età di quattordici anni;
   ad adottare tutte quelle iniziative – sia in ambito nazionale che in ambito comunitario – volte ad armonizzare le normative in materia di micotossine presenti negli alimenti con quelle dei Paesi Pag. 53extraeuropei più virtuosi, nella prospettiva di tutelare adeguatamente – anche alla luce del principio di precauzione – la sicurezza dei consumatori tenendo conto anche dei livelli medi di consumo di prodotti a base di grano duro ravvisabili in Italia, superiori a quelli di altri Paesi europei, con conseguente maggiore esposizione ai rischi sul piano della salute;
   ad emanare le opportune disposizioni legislative per introdurre l'obbligo di indicare in etichetta il valore delle micotossine contenute nei prodotti alimentari indicati dall'allegato del regolamento (CE) n. 1881/2006 in materia di contaminanti dei prodotti alimentari, attivando la procedura prevista dall'articolo 45 del regolamento (CE) n. 1169/2011.

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ALLEGATO 6

Disposizioni in materia di agricoltura sociale (C. 3905 Nastri, C. 4088 Jannone, C. 4503 Di Giuseppe, C. 5099 Delfino e C. 5306 Fiorio).

TESTO UNIFICATO ELABORATO DAL COMITATO RISTRETTO ADOTTATO COME TESTO BASE

Disposizioni in materia di agricoltura sociale

Art. 1.
(Finalità).

  1. La presente legge promuove l'agricoltura sociale, nel rispetto dei principi previsti dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e nell'ambito delle competenze regionali, quale aspetto della multifunzionalità delle attività agricole finalizzato allo sviluppo di interventi e di servizi sociali, socio-sanitari, educativi e di inserimento socio-lavorativo, allo scopo di facilitare l'accesso adeguato e uniforme alle prestazioni essenziali da garantire alle persone, alle famiglie e alle comunità locali in tutto il territorio nazionale e in particolare nelle zone rurali o svantaggiate.

Art. 2.
(Definizioni).

  1. Ai fini della presente legge per agricoltura sociale si intendono le attività esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile che, in forma singola o associata con i soggetti di cui all'articolo 1, comma 5, della legge 8 novembre 2000, n. 328, integrano in modo sostanziale e qualificante l'attività agricola con una delle seguenti ulteriori attività:
   a) inserimento socio-lavorativo di soggetti svantaggiati, molto svantaggiati e disabili, definiti ai sensi dell'articolo 2, numeri 18), 19) e 20), del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, anche attraverso fornitura di servizi e di prestazioni;
   b) fornitura di prestazioni e di servizi sociali, socio-sanitari, riabilitativi, terapeutici, formativi ed educativi per famiglie, anziani, categorie deboli e soggetti di cui alla lettera a).

  2. Le attività di cui alla lettera b) del comma 1 sono, in ogni caso, realizzate in cooperazione con i servizi socio-sanitari e con gli enti pubblici competenti per territorio.

Art. 3.
(Accreditamento degli operatori).

  1. Al fine di favorire l'integrazione delle attività di agricoltura sociale nella programmazione della rete locale degli interventi e dei servizi di cui all'articolo 2, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adeguano, qualora necessario, le proprie disposizioni in materia al fine di consentire l'accreditamento degli operatori dell'agricoltura sociale presso gli enti preposti alla gestione dei servizi e delle prestazioni di cui al medesimo articolo 2. Il monitoraggio e la valutazione dei servizi e delle prestazioni avvengono secondo le disposizioni Pag. 55previste dal soggetto accreditante competente per l'attività, in coerenza con le linee guida definite ai sensi dell'articolo 7. Le imprese accreditate sulla base del possesso di requisiti minimi sono iscritte in un elenco ufficiale costituito a livello regionale.
  2. Se le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano non provvedono a quanto disposto dal comma 1, il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, definisce con proprio decreto i requisiti di cui al citato comma 1.

Art. 4.
(Disposizioni in materia di organizzazioni di produttori).

  1. Gli operatori dell'agricoltura sociale possono costituire organizzazioni di produttori (OP), di cui al decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, per prodotti e per servizi dell'agricoltura sociale. Le OP di agricoltura sociale, ai fini del rispetto dei requisiti minimi per il riconoscimento delle OP stabiliti dal decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali n. 85/TRAV del 12 febbraio 2007, pubblicato, per comunicato, nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 23 febbraio 2007, sono costituite da almeno tre imprese, senza limiti di carattere regionale, e con un volume minimo di produzione commercializzata e di servizi erogati pari a 90.000 euro.

Art. 5.
(Locali per l'esercizio delle attività di agricoltura sociale).

  1. Per l'esercizio delle attività di agricoltura sociale individuate dall'articolo 2, comma 1, lettere a) e b), possono essere utilizzati i locali o parte di essi esistenti nel fondo agricolo.
  2. I locali di cui al comma 1 sono assimilabili, ad ogni effetto di legge, ai fabbricati rurali strumentali all'attività degli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile.
  3. Le regioni disciplinano anche gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente ad uso dell'imprenditore agricolo ai fini dell'esercizio di attività di agricoltura sociale, nel rispetto delle specifiche caratteristiche tipologiche e architettoniche, nonché delle caratteristiche paesaggistico-ambientali dei luoghi.

Art. 6.
(Interventi di sostegno).

  1. Le istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche e ospedaliere possono prevedere, nelle gare concernenti i relativi servizi di fornitura, criteri di priorità per l'inserimento di prodotti agroalimentari provenienti da operatori dell'agricoltura sociale.
  2. In conformità alle disposizioni in materia di mercati agricoli di vendita diretta, di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 20 novembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 301 del 29 dicembre 2007, i comuni definiscono modalità idonee di presenza e di valorizzazione dei prodotti provenienti dall'agricoltura sociale, previa richiesta degli operatori del settore.
  3. Gli enti pubblici territoriali e non territoriali prevedono criteri di priorità nei procedimenti di assegnazione di terreni demaniali, soggetti al regime dei beni demaniali o a vincolo di uso civico, per favorire l'insediamento e lo sviluppo delle attività di agricoltura sociale.
  4. All'articolo 48, comma 3, lettera c), del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, dopo le parole: «della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni» sono inserite le seguenti: «, e agli operatori dell'agricoltura sociale accreditati ai sensi delle disposizioni regionali vigenti».

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Art. 7.
(Istituzione dell'Osservatorio sull'agricoltura sociale).

  1. Presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, l'Osservatorio sull'agricoltura sociale, di seguito denominato «Osservatorio», al quale sono attribuiti i seguenti compiti:
   a) definizione di linee guida per l'attività delle istituzioni pubbliche in materia di agricoltura sociale, con particolare riferimento a criteri omogenei per l'accreditamento delle imprese e per il monitoraggio e la valutazione delle attività di agricoltura sociale, alla semplificazione delle procedure amministrative, alla proposizione di strumenti di assistenza tecnica, di formazione e di sostegno alle imprese, alla definizione di percorsi formativi riconosciuti, all'inquadramento di modelli efficaci, alla messa a punto di contratti tipo tra imprese e pubblica amministrazione,
   b) monitoraggio ed elaborazione delle informazioni sulla presenza e sullo sviluppo delle attività di agricoltura sociale nel territorio nazionale, anche al fine di facilitare la diffusione delle buone pratiche;
   c) raccolta e valutazione coordinata delle ricerche concernenti l'efficacia delle pratiche di agricoltura sociale e loro inserimento nella rete dei servizi territoriali;
   d) proposizione di iniziative finalizzate al coordinamento e alla migliore integrazione dell'agricoltura sociale nelle politiche di coesione e di sviluppo rurale;
   e) proposizione di azioni di comunicazione e di animazione territoriale finalizzate al supporto delle iniziative delle regioni e degli enti locali.

  2. L'Osservatorio è composto da:
   a) quattro rappresentanti delle amministrazioni dello Stato, nominati rispettivamente dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dal Ministro della salute;
   b) due rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, nominati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
   c) due rappresentanti delle organizzazioni professionali e di rappresentanza del settore agricolo designati dalle organizzazioni medesime e nominati dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali;
   d) due rappresentanti di organizzazioni del terzo settore, nominati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e individuati nell'ambito degli operatori già attivi nel territorio nel settore dell'agricoltura sociale.

  3. L'Osservatorio può avvalersi, per l'espletamento dei compiti ad esso attribuiti, del supporto di esperti qualificati nel settore dell'agricoltura sociale.
  4. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali provvede, con proprio decreto, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, all'insediamento dell'Osservatorio e alla definizione delle relative modalità di organizzazione e di funzionamento. I componenti all'Osservatorio non hanno diritto alla corresponsione di alcuna indennità o compenso né rimborso spese.