CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 26 luglio 2012
691.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-07539 Piffari: Iniziative urgenti per il rispetto della normativa in materia di trattamento delle acque reflue urbane.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Per quanto indicato dagli onorevoli Piffari e Cimadoro nell'interrogazione a risposta immediata sullo stato dell'arte in ordine agli scarichi fognari dei comuni italiani al di sopra dei 15.000 abitanti e sul rispetto della normativa comunitaria in materia, si rappresenta quanto segue.
  Il 19 luglio 2012 è stata depositata la sentenza della Corte di Giustizia Europea relativa alla Causa C565/10 concernente il mancato adeguamento, nei termini previsti dalla Direttiva 91/271/CEE, dei sistemi di raccolta e trattamento delle acque reflue provenienti da agglomerati urbani con oltre 15.000 abitanti equivalenti che scaricano in aree «normali».
  Tali agglomerati avrebbero dovuto essere dotati, a far data dal 31 dicembre 2000, di un sistema di reti fognarie conforme ai requisiti comunitari e la totalità delle acque collettate avrebbe dovuto essere assoggettata ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente.
  La Corte ha dichiarato che la Repubblica Italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 3, 4, paragrafi 1 e 3, e 10 della direttiva 91/271.
  Secondo una costante giurisprudenza, l'esistenza dell'inadempimento è stata valutata in funzione della situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, segnatamente aprile 2009, e non già allo stato attuale poiché, come riportato nella Sentenza «... non possono essere presi in considerazione dalla Corte cambiamenti intervenuti successivamente».
  Pertanto, la Corte ha stabilito che 159 agglomerati, alla data indicata, aprile 2009, risultavano non conformi alla direttiva ed ha emesso sentenza di condanna ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea.
  Qualora la Commissione ritenga che lo Stato Italiano non si sia conformato alla sentenza della Corte, essa avvierà una nuova procedura ex articolo 260 del Trattato, con la prospettiva, in caso di una seconda sentenza di condanna, di sanzioni pecuniarie, le quali consistono in una somma forfettaria, calcolata su base giornaliera, ed in una penalità di mora adeguata alla gravità ed alla persistenza dell'inadempimento. In virtù del diritto di rivalsa previsto dalla legge 11/2005, gli oneri di eventuali sanzioni pecuniarie finirebbero per gravare su quegli Enti territoriali che già oggi sono chiamati a finanziare la realizzazione delle infrastrutture necessarie per l'adeguamento degli agglomerati contestati.
  In sede di replica, nel maggio 2011, la Commissione ha potuto prendere atto del miglioramento della situazione ed ha quindi convenuto circa la cessazione del contendere riguardo a molti agglomerati (49). Nondimeno, la preoccupazione rispetto alle criticità persistenti, oggetto del contenzioso, ha indotto il Ministero dell'Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare a lavorare per creare le condizioni utili ad una celere realizzazione delle infrastrutture fognarie e depurative.
  In particolare, il Ministero è impegnato in continuo confronto operativo con le Regioni coinvolte nelle procedure di infrazione comunitaria connesse alla violazione Pag. 147della Direttiva 91/271/CEE del 21 maggio 1991 – trattamento acque reflue urbane. Per accelerare l'attuazione del programma di interventi necessari per il superamento delle attuali criticità.
  Particolare attenzione è stata riservata alle Regioni ove sono presenti ben 96 dei 110 agglomerati interessati dalla procedura. Si tratta di Sicilia (62), Calabria (18), Campania (10) e Puglia (6).
  Nel dicembre 2011 il Ministero dell'ambiente, con il coinvolgimento degli Uffici competenti delle Regioni, nonché con l'Unità di Verifica degli Investimenti Pubblici (UVER) del Ministero dello Sviluppo Economico ha avviato una istruttoria finalizzata all'individuazione degli interventi, necessari al superamento del contenzioso comunitario, che non dispongono di copertura finanziaria.
  Nella seduta del 30 aprile 2012, su proposta del Ministro per la Coesione Territoriale, sono state assegnate dal CIPE, nell'ambito del cosiddetto «Piano Nazionale per il Sud» – Piano di interventi prioritari nel Mezzogiorno –, specifiche risorse finanziarie pari a euro 1.643.099.690,59 nel settore della depurazione acque reflue urbane per consentire alle Regioni del Sud l'adeguamento dei sistemi fognati e depurativi.
  Per 72 agglomerati dei citati 96, la Delibera CIPE n. 60/2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'11 luglio 2012, prevede specifica copertura finanziaria per i 121 interventi che, dagli Uffici competenti delle Regioni, sono stati valutati come necessari e risolutivi del contenzioso comunitario.
  Tale programma di investimento pluriennale sarà attuato attraverso lo strumento di specifici Accordi di Programma Quadro nell'ambito dei quali saranno, fra l'altro, individuati i soggetti attuatori, gli indicatori di risultato e i cronoprogrammi di attuazione.
  Alla luce di quanto sopra esposto ed al fine di fornire alla Commissione nei tempi dovuti i riscontri ai rilievi mossi con la sentenza del 19 luglio 2012, la Direzione Generale competente per materia del Ministero, con nota del 23 luglio 2012, ha richiesto alle Amministrazioni interessate, ciascuna per gli agglomerati di competenza, la trasmissione di una documentazione necessaria ad attestare il superamento delle criticità contestate ovvero una puntuale descrizione delle iniziative assunte e degli interventi programmati per la risoluzione delle stesse (cronoprogramma, stato avanzamento lavori, copertura finanziaria, eccetera).

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ALLEGATO 2

5-07540 Lanzarin: Sull'inquinamento del sito dello stabilimento Ex Recuperi nel territorio del Comune di San Benigno (TO).

TESTO DELLA RISPOSTA

  In risposta all'interrogazione presentata dagli onorevoli Lanzarin e Togni, relativa all'inquinamento prodotto dallo stabilimento Ecorecuperi a San Benigno (Torino), sulla scorta delle informazioni acquisite dagli Enti territoriali competenti in materia, si rappresenta quanto segue.
  Il sito in oggetto, appartenuto alla Società Ecorecuperi, e si estende per circa 19.400 mq nel Comune di San Benigno Canavese in provincia di Torino, dove la società era autorizzata ad operare come centro di stoccaggio di rifiuti speciali assimilabili agli urbani (RSAU).
  Il 10 novembre 1994 un incendio, protrattosi per diversi giorni, ha causato ingenti danni sia alla struttura che ai prodotti ivi presenti. A seguito di tale evento ed al successivo fallimento della Società, si è determinata la cessazione dell'attività con il conseguente abbandono di rifiuti sia all'interno che all'esterno del capannone, parzialmente demolito nelle opere di spegnimento.
  Con ordinanza n. 5/96 del 25 marzo 2006 il Comune ordinava al curatore fallimentare della ditta Ecorecuperi di provvedere, entro e non oltre 90 giorni dal ricevimento del provvedimento, alla rimozione di tutti i residui e di tutti i rifiuti prodotti dall'incendio scoppiato nello stabilimento, a propria cura e spese.
  Essendo rimasta inadempiuta la suddetta ordinanza, in quanto in data 19 aprile 1996 il curatore fallimentare ha comunicato la non disponibilità dei fondi necessari per bonificare l'area, il Comune di San Benigno ha attivato le procedure d'ufficio previste dalla allora vigente normativa in materia, articolo 17 del decreto legislativo 22/97, confermata dalle norme attualmente vigenti, articolo 244 del decreto legislativo 152/06 e s.m.i., secondo la quale se «il responsabile non è individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito, né altro soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall'Amministrazione competente in conformità a quanto disposto dall'articolo 250». L'Ente comunale, infatti, ha ottenuto l'inserimento della procedura di bonifica del sito in oggetto nell'ambito del Piano Regionale delle Bonifiche delle aree inquinate, da ultimo approvato con legge della Regione Piemonte 7 aprile 2000 n. 42.
  Pertanto, con Determinazione n. 139 del 1998 la Regione Piemonte ha approvato il progetto degli interventi presso il sito e la concessione di un finanziamento al Comune di San Benigno per l'ammontare di un miliardo e 200 milioni di lire, determinato sulla base di un proprio sopralluogo, avvenuto in data 8 ottobre 1997, e della relazione peritale predisposta nell'ambito del procedimento fallimentare n. 83/96 avviato dal Tribunale Ordinario di Torino – Sezione Fallimenti, a carico della ditta Ecorecuperi.
  Con propria deliberazione di Giunta, il Comune ha provveduto ad affidare a un tecnico specializzato lo studio inerente lo smaltimento dei rifiuti stoccati presso lo stabilimento e, successivamente (delibere n. 27 del 23 febbraio 1998) ha approvato il progetto generale definitivo inerente lo smaltimento dei rifiuti stoccati presso l'ex stabilimento Ecorecuperi, per un importo complessivo di lire quattro miliardi e 700 Pag. 149milioni, nonché lo stralcio del primo lotto, immediatamente finanziabile dalla Regione Piemonte per lire un miliardo e 200 milioni, che consentiva di eseguire alcune prime opere di bonifica sul sito e di far stoccare i rifiuti contenenti particelle di amianto presso delle discariche autorizzate.
  Successivamente, infatti, la Regione Piemonte, con determinazione dirigenziale n. 139 dell'8 giugno 1998, ha provveduto ad erogare una prima anticipazione del 10 per cento del finanziamento, al fine di predisporre l'intervento di bonifica.
  A seguito dell'asta fallimentare del 13 novembre 1998, esperita dal Tribunale di Torino l'area in oggetto è stata aggiudicata alla Ditta Servizi Industriali, la quale ha manifestato la propria disponibilità a concertare l'esecuzione in proprio dell'intervento di bonifica. Conseguentemente il Comune con delibera di Giunte (n. 262 del 21 dicembre 1998), ha revocato in via di autotutela il bando di gara per l'affidamento del servizio di bonifica dell'area dell'ex stabilimento.
  Erano infatti venute meno le ragioni dell'intervento pubblico di bonifica che presupponeva, ai sensi dell’ex articolo 17 del decreto legislativo n. 22/1997, l'inadempimento del privato proprietario. Ciò determinava che tutti gli Enti preposti alla vigilanza «ecologica» (Regione Piemonte, Provincia di Torino, A.S.L. e Comune) provvedessero a verificare costantemente che la Ditta proprietaria del sito procedesse a bonificare l'area, secondo i disposti del progetto precedentemente predisposto ed approvato dalla Regione Piemonte (determinazione regionale n. 139 dell'8 giugno 1998).
  In seguito alla procedura fallimentare, nel 1999, la Società Green Piemonte S.r.l. è entrata in possesso dell'area e ne è tuttora proprietaria. La Società acquistò la suddetta area con l'intenzione di realizzare un nuovo impianto per la gestione dei rifiuti, ma non ottenne mai le autorizzazioni necessarie a tale scopo.
  Così come comunicato dal Comune di San Benigno Canavese, risultano dal 2004 non essere ancora stati trattati nel merito diversi ricorsi giurisdizionali amministrativi promossi dalla società Green Piemonte s.r.l. al TAR Piemonte – Sez. Torino. L'area, infatti, è attualmente in disuso e regolarmente presidiata dal proprietario stesso.
  In particolare dalla documentazione agli atti della Provincia e, sulla base delle risultanze dei sopralluoghi effettuati da parte degli Enti di controllo e del contenuto delle relazioni periodiche di aggiornamento della situazione ambientale, trasmesse dalla Società Green Piemonte S.r.l., risulta che la proprietaria provvede alla:
   Sorveglianza attiva del sito, attraverso ispezioni periodiche programmate;
   Manutenzione ordinaria delle aree verdi;
   Manutenzione straordinaria delle strutture, dei capannoni, delle recinzioni e dei servizi di convogliamento delle acque meteoriche;
   Risistemazione preventiva dei teli di protezione a copertura dei rifiuti ancora giacenti presso il sito;
   Caratterizzazione chimico-fisica dello stato della falda sottostante lo stabilimento, con il prelievo di campioni di acque sotterranee presso tre pozzi di monitoraggio.

  La Provincia di Torino ha riferito che non emergono informazioni atte a supportare la presenza di rischi per la salute pubblica, con particolare riferimento alla dispersione di rifiuti ed a significativi fenomeni di contaminazione delle acque sotterranee e superficiali riconducibili all'area medesima.
  In particolare, ha evidenziato che dai monitoraggi periodici della qualità delle acque sotterranee, effettuati dalla Società Green Piemonte S.r.l., emergono lievi superamenti delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione previsti per le acque sotterranee per alcuni metalli quali manganese, Pag. 150nichel e tracce di piombo. Tali superamenti, che non compaiono con continuità, non desterebbero particolari preoccupazioni per rischi per la salute pubblica, sia per la natura delle sostanze, sia per le ridotte concentrazioni, sia perché alcuni parametri, quali ad esempio il nichel ed il manganese, potrebbero essere attribuibili a inquinamento connesso a valori di fondo naturale.
  Resta inteso che, allo stato attuale delle cose, il Ministero dell'ambiente manterrà una costante osservazione sulla vicenda a tutela della salute e dell'ambiente.

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ALLEGATO 3

5-07541 Di Biagio: Su un programma di bonifica dell'area a nord di Napoli e a sud di Caserta.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito ai quesiti posti dagli onorevoli Di Biagio e Paglia nell'interrogazione a risposta immediata sulla criticità connesse allo smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, si rappresenta quanto segue.
  È ben noto che la regione Campania risulta particolarmente compromessa da un punto di vista ambientale. Nella stessa regione, infatti, sono state individuate ben sei aree, classificate come siti di bonifica di interesse nazionale, nella fattispecie:
   «Napoli Orientale», con problematiche ambientali connesse alla ex Raffineria Mobil;
   «Napoli Bagnoli-Coroglio», con problematiche ambientali connesse all'acciaieria dismessa e allo stabilimento Eternit;
   «Litorale Vesuviano», con problematiche ambientali connesse alla presenza di discariche, abbandoni di rifiuti e di piccole-medie attività industriali;
   «Pianura», con problematiche ambientali connesse alla presenza di una discarica;
   «Bacino Idrografico del Fiume Sarno», con problematiche ambientali connesse alla presenza di concerie, di industrie conserviere, cartarie e grafiche;
   «Litorale Domitio Flegreo e Agro Aversano», con problematiche ambientali connesse alla presenza di discariche e aree interessate da attività produttive dismesse, all'abbandono di rifiuti, allo spandimento non autorizzato di fanghi e rifiuti speciali tossico-nocivi.

  Nei criteri di scelta dei suddetti siti il legislatore si è riferito alla quantità e pericolosità degli inquinanti presenti ed al loro impatto sull'ambiente circostante, con particolare attenzione al rischio sanitario e ambientale nonché al pregiudizio per i beni culturali e paesaggistici.
  Le aree segnalate dagli interroganti sono comprese all'interno del sito d'interesse nazionale «Litorale Domitio Flegreo e Agro Aversano» che, istituito con Legge 426/1998 e provvisoriamente perimetrato con decreto ministeriale 10 gennaio 2000, è il più grande per superficie e presenta le maggiori criticità ambientali. Dopo successivi aggiornamenti della perimetrazione, il sito oggi è costituito da 77 comuni, ha una superficie di 1.570.000 m2 (157.000 ettari) ed oltre 1.300.000 abitanti.
  La procedura operativa ed amministrativa per la bonifica di cui all'articolo 242 del decreto legislativo 152/2006 per siti di interesse nazionale è attribuita alla competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministero dello sviluppo economico, avvalendosi anche del supporto dell'ISPRA, delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, delle regioni interessate e dell'ISS. Pertanto, da quando l'area è stata inserita tra i siti di interesse nazionale, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha proceduto e procede alla conduzione del complesso e articolato procedimento amministrativo di bonifica, ai sensi della normativa vigente, che prevede il ricorso all'istituto della Conferenza di Servizi che, per sua natura, poiché destinata a costituire un raccordo tra amministrazioni diverse, è caratterizzata Pag. 152dalla contestuale partecipazione delle amministrazioni portatrici degli interessi coinvolti e per la stessa il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è amministrazione procedente.
  Il procedimento amministrativo di bonifica, come sopra evidenziato, risulta tuttavia interessato anche dal coinvolgimento di altre Amministrazioni, nonché Autorità Giudiziarie. In particolare per la presenza in quei territori di due fenomeni caratteristici: lo sversamento di ingenti quantità di rifiuti tossici e nocivi, spesso interrati, avvenuti a partire dalla fine degli anni ’80 e i continui roghi di rifiuti che, ai territori a cavallo tra Caserta e Napoli, hanno fatto conquistare l'appellativo di «terra dei fuochi».
  Si ricorda che la regione Campania nel 2005 si è dotata del Piano Regionale di Bonifica delle Aree Inquinate (PRB), ad oggi in corso di aggiornamento e adeguamento legislativo, la cui proposta è stata approvata con DGR n. 403 del 4 agosto 2011. Il Piano individua la programmazione degli interventi da sottoporre a bonifica per i siti di competenza pubblica, ovvero a quelli per i quali sono già state avviate le procedure in danno.
  L'esecuzione degli interventi per i siti pubblici e/o di competenza pubblica inseriti in anagrafe sarà effettuata sulla base dell'ordine di priorità definito con l'applicazione di modelli di valutazione comparata del rischio e sulla base delle disponibilità finanziarie. Inoltre, relativamente alla programmazione in essere nel settore delle bonifiche, si segnala che è in corso di attuazione l'Accordo di Programma denominato Programma Strategico per le Compensazioni Ambientali nella regione Campania, sottoscritto il 18 luglio 2008, per il quale gli interventi afferenti al settore delle bonifiche, considerati prioritari dall'Accordo, sono affidati per l'esecuzione alla Sogesid S.p.A., società in house del Ministero dell'ambiente, che procede alla progettazione, alla messa in gara e al monitoraggio.
  I territori ricompresi nei comuni di Nola, Acerra e Marigliano ivi compresi i Regi Lagni, interessati nel tempo da sversamenti abusivi di rifiuti di vario genere, sono stati oggetto di alcuni interventi di messa in sicurezza mediante asporto di rifiuti realizzati dall'ex Commissario Delegato all'Emergenza Bonifiche.
  Le attività realizzate e in parte finanziate rappresentano sicuramente un avvio importante per la caratterizzazione e la messa in sicurezza emergenziale del territorio e sull'ipotesi di istituzione di una task force, auspicata dagli interroganti, si rappresenta che sono al vaglio del Ministero alcuni provvedimenti per impegnare ulteriori risorse e per prevedere un maggiore coinvolgimento del Comando Carabinieri per la Tutela dell'Ambiente per la specifica competenza in materia di vigilanza, prevenzione e repressione delle violazioni compiute in danno dell'ambiente nonché per le numerose indagini di polizia giudiziaria ambientale già condotte e in fase di svolgimento.

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ALLEGATO 4

5-07542 Mariani: Iniziative per fronteggiare l'emergenza idrica in Toscana.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento alle problematiche ambientali segnalate dagli Interroganti ed anche sulla scorta delle informazioni acquisite dall'Autorità di Bacino del Fiume Arno e dalla regione Toscana, si rappresenta quanto segue.
  Il problema della siccità e della scarsità idrica è da anni all'attenzione della Commissione Europea nell'ambito delle attività della cosiddetta «Strategia Comune di Attuazione» della Direttiva Quadro Acque 2000/60/CE; ciò ha condotto nel 2007 all'emanazione di un primo atto di indirizzo rivolto agli stati membri con la Comunicazione sulla scarsità idrica e siccità nell'Unione Europea COM(2007)414 final, recepita poi dall'Italia.
  Tra le misure considerate nella comunicazione è stato previsto un approfondimento delle conoscenze ed una sistematizzazione nella raccolta dei dati necessari alla realizzazione di un osservatorio a livello comunitario, da connettere ad analoghi sistemi a livello nazionale ed a livello di Bacino idrografico e/o Regione (in Italia, si segnalano ad esempio quelli della regione Emilia-Romagna e Sardegna).
  In sintesi, l'approccio raccomandato dalla Commissione Europea consiste nell'evitare la gestione emergenziale degli eventi di siccità inserendo, all'interno dell'ordinaria pianificazione della gestione delle risorse idriche ai vari livelli, le azioni e le misure individuate per fronteggiare il problema (quali simulazioni preventive degli scenari di crisi, modifica di disciplinari di concessione, limitazioni temporanee per gli usi dell'acqua, eccetera) ed effettuando un costante monitoraggio dello stato della risorsa idrica attraverso gli strumenti (indicatori, indici, eccetera) a disposizione degli Osservatori preposti.
  Per quanto riguarda più nello specifico la situazione di siccità della regione Toscana, fin dallo scorso autunno-inverno è emerso con chiarezza che la perdurante assenza di precipitazioni avrebbe portato ad una situazione critica per lo stato quantitativo delle risorse idriche.
  Confermando questa tendenza, la situazione che si sta concretizzando attualmente è quella di una delle peggiori siccità degli ultimi 100 anni.
  Al fine di mitigare la situazione di crisi che si è venuta a manifestare, sono state da tempo intraprese alcuni azioni da parte dell'Autorità di Bacino del fiume Arno e della regione Toscana.
  Infatti, l'Autorità di Bacino ha svolto un'attività di «cabina di regia» – senza interruzione da un anno – attraverso la Commissione di Tutela delle Acque, che rappresenta la misura permanente con cui si fa fronte a questa grave situazione. L'attività si concretizza attraverso un'azione di raccolta e analisi dati, di coordinamento dei diversi Soggetti interessati, nonché di elaborazione di scenari previsionali delle riserve idriche.
  I risultati sono un'azione di regolazione esercitata in tempo reale, sfruttando in particolare la possibilità di coordinare gli scarichi delle due principali riserve idriche del bacino (l'invaso di Bilancino e il sistema delle dighe di Levane-La Penna), bilanciando le opposte necessità di mantenimento del deflusso minimo vitale e di Pag. 154ottimizzazione dell'uso delle risorse stoccate, in modo da preservarle il più a lungo possibile.
  In particolare, presso la «cabina di regia» dell'Autorità sono state presentate alcune simulazioni sulla prevedibile capacità di mantenimento di livelli di portata in Arno compatibili con i prelievi idropotabili più significativi e con la sopravvivenza della vita nel fiume.
  Ipotizzando l'attuale volume come dato di partenza per la gestione del periodo estivo, ed effettuando una gestione degli scarichi come l'anno scorso (2011), si sarebbe giunti ad un volume di appena 20 milioni di metri cubi alla data del 30 novembre – con probabilità estremamente basse di riempire nuovamente l'invaso nel prossimo autunno-inverno. La scelta concordata dai Soggetti territorialmente preposti al Tavolo dell'Autorità di Bacino è stata quella di adottare uno scenario di scarichi più conservativo (accettando cioè livelli e portate inferiori in Sieve ed Arno, ma continuando ad assicurare la piena funzionalità dei principali impianti di potabilizzazione), che dovrebbe consentire di preservare circa 28 milioni di metri cubi di acqua.
  Gli scenari verranno progressivamente aggiornati ed eventualmente modificati nel corso dei prossimi mesi, in funzioni delle condizioni che si verificheranno.
  D'altro canto, anche la regione Toscana sta prendendo provvedimenti, per porre un argine alla situazione di criticità suindicata. Infatti, con Decreto del Presidente della Giunta Regionale Toscana n. 87 del 4 aprile 2012:
   1) è stato dichiarato per tutto il territorio regionale, lo stato di emergenza regionale per condizioni di siccità ai sensi dell'articolo 11 comma 2 lettera a) L.R. 67/2003;
   2) si sono impegnate le strutture regionali a predisporre un piano regionale per l'emergenza idrica, che individui:
    a. la mappa delle situazioni di crisi in essere e di quelle «attese»;
    b. il programma degli interventi per il recupero delle perdite in rete;
    c. le ulteriori misure e interventi distinti in immediatamente attivabili, di breve e di medio periodo, da individuare tenuto conto dei diversi usi della risorsa idrica e in ragione degli scenari evolutivi possibili per le attuali fonti di approvvigionamento;
    d. i costi, i tempi e le procedure di attuazione dei diversi interventi;
    e. i soggetti responsabili e quelli coinvolti.

  Con Decreto Regionale n. 142 del 9 luglio 2012 è stato approvato il Piano Straordinario per l'emergenza idrica ed idropotabile, con i quale:
   a) sono stati individuati gli interventi da realizzare con urgenza nel corso del 2012 per ridurre il rischio di carenza di risorse idriche, aventi integrale copertura finanziaria da parte dei gestori del servizio idrico integrato; interventi euro 27,8 milioni di euro;
   b) sono stati individuati gli ulteriori interventi da realizzare nelle annualità 2013-2014, evidenziando quelli aventi già da ora integrale copertura finanziaria (interventi per 44,1 milioni di euro) rispetto a quelli aventi invece parziale copertura finanziari (41,3 milioni di euro).

  Per tutti gli interventi sono stati quantificati i fabbisogni finanziari, indicate le coperture finanziare e definito il crono programma di attuazione. Alcuni di questi interventi sono già conclusi, altri sono in corso di esecuzione.
  Per tutti gli interventi è stato predisposto e, già funzionante, un sistema di monitoraggio tramite web per monitorare il rispetto delle scadenze.
  Contestualmente, attraverso la partecipazione delle Province e la collaborazione delle Amministrazioni comunali, ed utilizzando lo strumento delle ordinanze, si è attivato il doveroso controllo degli usi impropri delle risorse idriche. Allo stato attuale, ad esempio, pressoché tutti i comuni della provincia di Firenze, compreso il comune Firenze hanno adottato ordinanze Pag. 155di divieto e limitazione in tal senso. Per tali ordinanze il riferimento principale è dichiarazione dello stato di emergenza per crisi di approvvigionamento idrico nel territorio della Toscana, richiesta dalla Regione il 6 aprile scorso, e decretata dal Presidente del Consiglio dei ministri in data 11 aprile 2012.
  Per quanto concerne il Ministero dell'ambiente, occorre evidenziare come, nel Comitato Istituzionale del 18 luglio 2012, sia stato adottato definitivamente, e quindi approntato per la successiva approvazione con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il Piano Stralcio per il Bilancio Idrico di Bacino. Si tratta di uno strumento fondamentale per pianificare gli usi della risorsa idrica negli anni a venire, definendo con chiarezza e rigore scientifico i deflussi minimi vitali dei principali corsi d'acqua del bacino dell'Arno. Nel Piano, le cui misure di salvaguardia sono state nello stesso Comitato Istituzionale prorogate fino all'approvazione del Piano stesso, sono contenute fondamentali norme di attuazione, che consentiranno di programmare per il futuro le condizioni di utilizzo delle risorse idriche, nel rispetto dei vincoli ambientali e delle priorità degli usi. Con tale Piano, la regione Toscana e in particolare il bacino dell'Arno, disporranno di uno strumento all'avanguardia per gestire situazioni di crisi.
  A livello nazionale, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai fini della realizzazione del Piano irriguo nazionale, ha attivato investimenti, sull'intero territorio nazionale, per circa 1.000 milioni di euro tra il 2007 e il 2010 (Piano irriguo nazionale approvato dalla delibera Cipe n. 74 del 2005) e per altri 585 milioni di euro impegnati per il finanziamento delle opere approvate dalla delibera Cipe n. 69 e 92 del 2010 (Programma di completamento e Nuovo Piano irriguo del sud).
  Nuovi investimenti per il recupero dell'efficienza delle reti e per la costruzione di invasi sia interaziendali sia di maggiori dimensioni, potrebbero trovare capienza a carico dei fondi comunitari, nel quadro della nuova Politica comunitaria 2014-2020, in corso di discussione, subordinati al conseguimento di importanti benefici sia in termini di risparmio quantitativo sia in termini di miglioramento qualitativo dello stato delle acque.
  Tuttavia, ai fini di dotare il paese di adeguati strumenti per fronteggiare i crescenti problemi di siccità e di scarsità idrica, è essenziale predisporre una strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici fondata sulla effettiva operosità dei distretti previsti dalla direttiva quadro acque 200/60/CE.
  Disporre di risultati scientifici attendibili è un fattore di fondamentale importanza per l'elaborazione della predetta strategia.
  Il primo passo per l'elaborazione di questa strategia sarà la predisposizione di un rapporto sulle conoscenze scientifiche riguardo ai cambiamenti climatici, impatti e adattamento settoriale nel territorio nazionale che si prevede di poter predisporre entro i primi mesi del prossimo anno.
  Il passo successivo dovrà essere l'individuazione, da parte di ciascun distretto, degli interventi non solo infrastrutturali ma anche di applicazione delle più avanzate tecnologia di misura e tele gestione, per realizzare le cosiddette «smart water grids», ovvero reti che consentono la più efficiente ed efficace gestione delle acque disponibili.