CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 24 aprile 2012
644.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Documento di economia e finanza 2012. (Doc. LVII, n. 5 e Allegati).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

  La Commissione VII (Cultura, scienza e istruzione);
   esaminato, per le parti di propria competenza, il Documento di economia e finanza 2012 (Doc. LVII, n. 5 e Allegati);
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1) siano aumentati gli obiettivi nazionali di riduzione degli abbandoni scolastici di almeno 2-3 punti, obiettivi ragionevolmente perseguibili tenuto conto delle azioni già programmate nell'ambito del Piano di Azione di Coesione, con particolare riferimento alle quattro regioni (Campania, Calabria, Sicilia, Puglia) ove è maggiore la concentrazione della dispersione scolastica;
   2) siano migliorati gli obiettivi nazionali circa l'aumento dei giovani laureati prevedendo un maggiore avvicinamento all'obiettivo del 40 per cento nel 2020 stabilito dalla Strategia Europea;
   3) siano potenziati gli investimenti per la ricerca e lo sviluppo nella direzione dell'obiettivo europeo del 3 per cento del PIL.

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ALLEGATO 2

Documento di economia e finanza 2012. (Doc. LVII, n. 5 e Allegati).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL DEPUTATO ZAZZERA

  La VII Commissione della Camera,
    esaminato il Documento di economia e finanza 2012. Doc. LVII, n. 5.
   rilevato che:
    secondo il giudizio del Fondo monetario internazionale (FMI) racchiuso nei documenti del Word outlook e del Fiscal monitor illustrati a Washington, le misure di risanamento adottate dall'Italia non bastano a pareggiare il bilancio entro il 2013 perché deficit e debito pubblico crescono mentre ciò che manca è la crescita;
    infatti, a causa dell'aumento del debito e nonostante le misure di austerità adottate, il pareggio di bilancio verrà rinviato al 2017. In particolare, il deficit sarà quest'anno del 2,4 per cento, ben oltre il previsto 1,6 per cento e il debito pubblico arriverà a toccare il 123,4 del PIL, rispetto al 120,1 del 2011, confermandosi il più alto dell'eurozona dopo quello della Grecia;
    l'Italia è il fanalino di coda dell'Eurozona che a sua volta resta il maggior freno alla crescita globale. Infatti, per il FMI il PIL globale nel 2012 crescerà del 3,5 per cento e quello degli Stati Uniti del 2,1 per cento mentre l'Eurozona si indebolirà dello 0,3 per cento soprattutto a causa dell'arretramento dell'Italia dell'1,9 per cento e della Spagna dell'1,8 per cento;
    ad avvalorare lo scenario di incertezza per l'Italia ci sono le previsioni di una ripresa assai precaria nel prossimo anno;
    nel quarto trimestre del 2013 il Pil crescerà dello 0,7 per cento, difficile in tale prospettiva una riduzione della disoccupazione che nel 2012 sarà del 9,5 per cento arrivando al 9,7 nel 2013 raggiungendo così il dato peggiore nell'eurozona subito dopo la Spagna;
    poiché la sovrapposizione fra recessione e indebitamento porta ad una spirale negativa sui conti pubblici, ciò che affiora dai documenti del FMI è la necessità da parte del governo italiano di un decisivo taglio della spesa pubblica di dimensioni tali da scongiurare la ripetizione della crisi greca;
    gli indicatori economici congiunturali riportati dal bollettino economico di Bankitalia appena pubblicato segnalano la prosecuzione della fase di debolezza della domanda interna: il PIL italiano ha frenato dello 0,7 per cento nell'ultimo trimestre del 2011 e probabilmente chiuderà il primo trimestre del 2012 con un risultato analogo;
    secondo la Banca d'Italia ciò che pesa maggiormente in questa fase di incertezza è la disoccupazione, soprattutto tra i giovani: quasi 18 su 100 non hanno lavoro. La situazione delle famiglie non lascia sperare bene: il reddito a loro disposizione si è contratto di mezzo punto percentuale nel 2011, così che a fare i conti dal 2008 – anno di inizio della crisi – la loro capacità di spesa è crollata del 5 per cento. Di conseguenza si restringono i consumi con ripercussioni facili da immaginare per chi produce o commercia. Pag. 158Diminuisce di pari passo anche la propensione al risparmio. In tale quadro urge far ripartire il credito alle famiglie e alle imprese poiché l'economia reale ne ha un bisogno impellente per poter sostenere una crescita praticamente azzerata;
    in controtendenza rispetto ai dati forniti dal FMI, il governo Monti, con il suo primo Documento di economia e finanza (DEF), si dimostra più ottimista sostenendo che la contrazione dell'economia italiana sarà dell'1,2 per cento quest'anno (contro l'1,9 per cento valutato dal FMI) in peggioramento di 0,8 punti rispetto alle ultime stime di dicembre. Inoltre le stime del Governo sull'impatto della recessione sono leggermente migliori rispetto alle indicazioni arrivate dalla Commissione europea (-1,3 per cento) e anche rispetto al valore più alto della «forbice» di banca d'Italia, che fissava un calo del PIL in termini reali dell'1,5 per cento;
    secondo il DEF, per effetto delle manovre correttive varate nel corso del 2011, il miglioramento del deficit proseguirà, toccando quest'anno l'1,7 per cento del PIL per arrivare al «quasi pareggio» nel 2013 quando, con un prodotto in ripresa di mezzo punto, dovrebbe attestarsi attorno al –0,5 per cento. Il pareggio di bilancio è previsto solo tra il 2014 e il 2015;
    a un giorno di distanza dall'approvazione definitiva da parte del Senato del ddl costituzionale sul pareggio di bilancio, il DEF annuncia un peggioramento sostanzioso del debito pubblico che quest'anno sarà ancora in forte salita (+3,9 per cento) per attestarsi a quota 123,4 per cento sul PIL. Ed è proprio sull'aggregato del debito pubblico che arriva la notizia più negativa del DEF, infatti il 2012 anziché essere l'anno dell'inversione di tendenza, registra un ulteriore dato negativo. A spiegare questa rilevante differenza, secondo il governo sono sostanzialmente tre fattori: i sostegni ai Paesi dell'area euro, l'andamento previsto dal fabbisogno e il diverso quadro economico. Il rapporto debito/PIL torna a scendere nel 2013 (121,6 per cento) mantenendosi tuttavia su una soglia di oltre 5 punti superiore alle vecchie previsioni proprio per effetto degli interventi di salvataggio adottati in Europa;
  l'effetto più intenso della crisi sull'economia reale è previsto per il mercato del lavoro, infatti, secondo il governo quest'anno l'occupazione misurata in unità standard, si ridurrà dello 0,6 per cento con un tasso di disoccupazione atteso al 9,3 per cento. L'inversione di tendenza non arriverà prima del prossimo anno ma, nel frattempo, il costo del lavoro per unità di prodotto, indicatore chiave per la misura della produttività, risulterà ancora in crescita dell'1,7 per cento. In crescita anche i prezzi al consumo, con un indice armonizzato al 3 per cento nella media d'anno, in aumento rispetto al 2011;
    ma la vera debolezza dell'economia italiana si misura con l'elevatissimo livello della pressione fiscale e con la continua crescita della spesa pubblica. Infatti, la pressione fiscale, dopo il picco toccato l'anno scorso (42,5 per cento del PIL) è prevista in ulteriore crescita al 45,1 per cento. Un vero record negativo che supera anche il 43,7 per cento toccato nel 1997 con l'introduzione dell'Eurotassa. Ma l'innalzamento della pressione fiscale non si ferma fino al 2014 quando toccherà il 45,3 per cento del PIL;
    per quanto riguarda la spesa pubblica, si deve registrare un continuo aumento, nonostante il concentrarsi proprio quest'anno della coda dei tagli lineari disposti nella prima parte della legislatura in corso. In rapporto al PIL, la spesa totale delle amministrazioni crescerà quest'anno di 0,4 punti toccando quota 50,4 per cento, mentre dal 2013 è prevista un'inversione di 0,8 punti destinata a stabilizzarsi nel biennio successivo, con un calo al 49,1 per cento nel 2014 e al 48,7 per cento nel 2015, anno in cui comincerà a produrre effetti la riforma delle pensioni varata con il decreto-legge 102 del 2011 cd. Salva Italia;
    dopo il taglio delle pensioni, l'aumento delle accise e dell'Iva (tutte tasse Pag. 159indirette che colpiscono proporzionalmente in misura maggiore i ceti popolari), l'IMU sulla casa, la liberalizzazione del mercato del lavoro che toglie diritti ai lavoratori senza ottenere un solo posto di lavoro in più, siamo arrivati ai risultati descritti dal FMI, risultati a dire poco preoccupanti;
    né il drastico prolungamento dell'età pensionabile, né le cosiddette liberalizzazioni, né il tentativo di abolire l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, hanno nulla a che vedere con la riduzione del debito pubblico italiano. Anzi, il rapporto debito/prodotto interno lordo è ancora cresciuto per via della recessione incalzante;
   il Governo ascrive a suo merito l'avere ridotto lo spread dei BTP italiani con i bund tedeschi. Occorre in proposito fare un'operazione di verità. Non c’è dubbio che nel primo mese del Governo Monti lo spread tra i BTP italiani ed i bund tedeschi è sceso. Ma nelle ultime settimane ha ripreso ad attestarsi poco sotto i 400 punti;
    infatti, ciò che ha veramente salvato l'Italia e l'euro dal default è stata la decisione presa dalla Banca centrale europea due mesi fa di immettere liquidità, con il programma long term refinancing operation, nelle banche europee, sia per comprare i titoli di Stato dei rispettivi Paesi, sia per compensare le perdite subite. Oltre 1.000 miliardi di euro sono stati immessi ad un tasso dell'1 per cento nelle banche europee, circa 200 miliardi di euro in quelle italiane, salvandole dal fallimento e permettendole di acquistare una parte rilevante dei titoli di Stato in scadenza. Lo stesso entusiasmo delle borse di inizio anno ha una sola vera ragione d'essere: è l'oceano di liquidità, determinato anche dal «quantitative easing» promosso dalla Federal reserve, in cui galleggia l'economia mondiale;
    nel frattempo l'economia reale, quella delle famiglie e delle imprese non ha visto un euro, il credito è praticamente bloccato o a costi esosi;
    dunque, sacrifici – a senso unico a carico dei ceti popolari – mentre il debito rimane inchiodato, anzi cresce, la disoccupazione aumenta, le tasse aumentano e calano i consumi. In definitiva, i problemi sono stati solo rinviati, e il peggio potrebbe ancora arrivare;
    si è, infatti, instaurata nel Paese ed a livello europeo una spirale perversa di politiche di austerità che incidono negativamente sulla crescita deprimendo il PIL, che a sua volta diminuisce le entrate dello Stato e ne aumenta le spese per fare fronte alla disoccupazione crescente;
    le semplificazioni e le cosiddette liberalizzazioni – per lo più a carico delle lobby meno forti, perché pace banche, assicurazioni e professioni garantite sono rimaste sostanzialmente immuni dalle misure di riforma – e l'attacco ai diritti dei lavoratori, secondo gli stessi dati riprodotti dal Documento di economia e finanza, avranno effetti (sempre che li abbiano, cosa di cui si può fortemente dubitare) molto ridimensionati rispetto a quelli indicati in un primo momento dal professore Monti che pronosticava una crescita indotta da questi provvedimenti da qui al 2020 del 10 per cento del PIL;
    in riferimento alle riforme varate da gennaio in poi, ovvero i due decreti legge in materia di liberalizzazioni e semplificazioni, dal DEF emergono stime molto più prudenziali rispetto a quelle circolate nelle scorse settimane. Infatti, le due riforme dovrebbero produrre un effetto cumulato sulla crescita del 2,4 per cento nell'arco di nove anni (2012-2020) con un impatto medio annuo dello 0,3 per cento ipotizzato sulla base di una simulazione che, per quest'anno, le riforme siano operative a partire dal terzo trimestre;

   considerato che:
    nell'ambito del descritto quadro congiunturale non è pensabile una nuova manovra economica pesantemente recessiva, al contrario servono scelte coraggiose che permettano al Paese, in tempi brevi, di Pag. 160ridare slancio alla crescita e di alleggerire la pressione fiscale sul lavoro. In una fase economica di crescita praticamente nulla come quella attuale, l'unico modo per diminuire la pressione fiscale è riuscire a ridurre la spesa pubblica corrente improduttiva in modo da annientare gli sprechi e individuare i possibili risparmi senza dover necessariamente ridurre la qualità dei servizi offerti ai cittadini;

   considerato, inoltre, che
    nell'ambito specifico delle materie di competenza della VII Commissione il Documento di economia e finanza per il 2011 si pone l'obiettivo di stimolare la competitività, in particolare:
     a) incentivare la ricerca;
     b) promuovere la cultura per lo sviluppo;

    nell'ambito dell'educazione universitaria le principali direttrici d'azione che il governo si propone sono tre:
     1. completare il processo di riorganizzazione del sistema universitario
     2. rafforzare il diritto allo studio attraverso politiche integrate a sostegno degli studenti, favorendo più mobilità sociale ed equità
     3. favorire i processi di internazionalizzazione della rete formativa terziaria

    inoltre il governo intende proseguire l'azione di contrasto al dilagante fenomeno degli abbandoni scolastici e l'attuazione del piano di edilizia scolastica;
    nell'ambito della ricerca e dell'innovazione gli obiettivi prioritari del Governo saranno:
     promuovere la competizione internazionale della ricerca, aumentando la capacità di imprese università, enti di ricerca e amministrazioni centrali o locali di usare le risorse europee e di creare nuovi mercati di prodotti e servizi innovativi;
     sviluppare un'azione integrata nella ricerca, nell'ambito della piattaforma progettuale delle smart cities and communities;
     sostenere e qualificare la ricerca pubblica per l'economia della conoscenza e dell'innovazione;
     incentivare e valorizzare forme di collaborazione e sinergia tra il settore di ricerca pubblico e quello privato;

    infine, il governo intende rafforzare la promozione, la dinamica conservazione e la crescente valorizzazione dei beni culturali;
    preso tuttavia atto che:
    il Documento di economia e finanza per il 2012, a fronte degli obiettivi elencati, nella sezione del Piano nazionale di Riforma, prevede risorse del tutto insufficienti rispetto a quelle che sono le reali esigenze;
    il Governo non si dimostra disponibile ad adottare politiche che concentrino risorse aggiuntive sul settore della conoscenza, individuando fonti di finanziamento reperibili nell'immediato, anche operando una selezione delle priorità e delle urgenze di sviluppo;
    nell'attuazione degli obiettivi siamo lontani dal realizzare un piano di investimenti pluriennale nei beni culturali, limitandosi invece ad interventi straordinari dettati solo dall'urgenza e dalla contingenza, senza una seria programmazione;
    tutto ciò conferma il disinteresse del Governo per un settore fondamentale per la crescita del Paese quale quello dell'istruzione in generare e di quella universitaria in particolare, che purtroppo non potrà non continuare a risentire di una politica di tagli i quali, anno dopo anno, producono dissesto ed una situazione economica inammissibile;
    i proclami non possono bastare, mentre è indiscutibile che l'investimento nella formazione delle nuove generazioni rappresenta un parametro vitale per qualunque Pag. 161Paese voglia elaborare un positivo progetto di crescita per il proprio futuro;
    il documento dei 27 «Europa 2020» dà un solo imperativo agli Stati membri per promuovere nuova crescita: investire in istruzione, infatti aumentare il livello e la qualità dell'istruzione rappresenta uno dei 5 obiettivi nazionali dell'agenzia Europa 2020;
    è più che necessario investire in maniera da valorizzare le immense risorse culturali e le competenze professionali che risiedono nel Paese;

   considerato ancora che:
    la sconsiderata politica dei tagli degli ultimi anni ha messo in ginocchio tutti i settori della cultura, dalla scuola all'università, alla ricerca, ai beni culturali determinando un'allarmante situazione generalizzata di regresso e di forte riduzione della mobilità sociale;
    in particolare, si è proceduto a sottrarre sempre più risorse economiche dal sistema di istruzione nazionale fino ad arrivare al taglio epocale di più di 8 miliardi di euro, effettuato in applicazione dell'articolo 64 della finanziaria estiva del 2008 (legge 133/2008) che ha inferto un colpo letale al mondo della scuola;
    il sistema di istruzione pubblica italiano è stato privato di circa 90.000 insegnanti negli ultimi tre anni e che la Legge n. 111 del 15/7/2011 (l'articolo 19 comma 7), nell'impedire, a partire dall'a.s. 2012/2013 un'integrazione degli organici rispetto all'anno scolastico precedente, di fatto ha determinato l'impossibilità di creare nuovi posti di lavoro per accogliere i giovani che usciranno dai corsi di tirocinio formativo attivo;
    i finanziamenti al sistema di istruzione pubblica, mai veramente adeguati alle sue reali esigenze, sono ulteriormente diminuiti con l'acuirsi della crisi economica e l'impennata del debito pubblico: nel 2010 essi sono crollati alla soglia del 4,2 per cento del PIL (dato, sic stantibus rebus, destinato ad un ennesimo decremento) a fronte di una media europea intorno al 6 per cento, mentre fino agli anni ’90 la percentuale italiana di investimento in istruzione rispetto al PIL era pari a 5,5 per cento;
    la dispersione scolastica conta numeri allarmanti: il 18,8 per cento dei giovani 18-24enni abbandona gli studi senza conseguire un titolo di scuola media superiore o una qualifica professionale (la media europea è pari al 14,1 per cento);
    nel triennio 2009-11, contestuale all'iter e all'approvazione definitiva della legge di Riforma universitaria, gli Atenei sono stati sottoposti a una sorta di «condizione emergenziale» in materia di risorse e di assunzioni, come confermato dal calo dell'FFO (-7,3 per cento nominale nel triennio 2009-11) e del personale docente e ricercatore (-10,5 per cento nel triennio 2009-11);
    anche la capacità di intercettare fondi di ricerca, in particolare europei, risente del basso numero di ricercatori italiani in relazione alla popolazione, se confrontato con quello degli altri Paesi;
    gli investimenti nel diritto allo studio ci vedono agli ultimi posti in Europa, quando invece Germania e Francia investono fino a 10 volte più dell'Italia;
    la situazione è anche peggiore per quanto concerne i beni culturali, in cui il Paese ha investito nel 2010 solo lo 0,21 per cento del PIL, un valore tanto basso da mettere a rischio la tutela anche del patrimonio culturale più prezioso e noto come l'area archeologica di Pompei, il Colosseo, l'archivio nazionale, mentre il blocco delle assunzioni sta paurosamente depauperando la capacità dello Stato di assicurare la normale attività di tutela, affidando tale attività a interventi straordinari o al solo intervento del privato;
    il FUS (Fondo unico per lo spettacolo) nel 2009 ammontava a 457 milioni di euro; per il 2011, dopo continue decurtazioni, il FUS poteva contare solo su 258 milioni di euro; con il congelamento di 27 milioni di euro, si è arrivati ad un record Pag. 162negativo di 231 milioni di euro, con evidente grave pregiudizio per tutti gli addetti del settore;

   e propone che per le materie di sua competenza:
    siano reperite le risorse necessarie per restituire peso e valore all'istruzione scolastica, per promuovere la formazione degli insegnanti, per valorizzare la professionalità docente e per sostenere l'innovazione didattica e organizzativa, nella consapevolezza che la scuola deve rappresentare uno dei più importanti fattori di crescita del Paese;
    si adottino iniziative concrete per modernizzare le università italiane, esaltando la loro autonomia finanziaria, introducendo forme sistematiche di valutazione efficace dell'utilizzo di risorse, incentivi e disincentivi, nonché aumentando la competizione tra gli atenei, nella consapevolezza che l'università deve essere un motore essenziale della mobilità sociale e della crescita;
    siano stanziate risorse adeguate, finalizzate a risolvere realmente il problema dell'edilizia scolastica, infatti gli istituti italiani sono decadenti e il 50 per cento delle scuole non è a norma; dunque siano attuate le politiche necessarie a garantire a tutti gli studenti la sicurezza e la vivibilità dei plessi scolastici e il rispetto delle leggi sulla sicurezza e l'agibilità, che risultano puntualmente disattese a causa dei tagli attuati da questo e dal precedente governo, la cui più diretta e tangibile conseguenza è il sovraffollamento delle aule;
    siano stanziate risorse necessarie al fine di favorire e di non penalizzare il comparto della ricerca, con l'obiettivo di creare una nuova leva di giovani ricercatori e di investire su di essi come risorsa per modernizzare tanto il funzionamento delle istituzioni di ricerca quanto l'università, rendendola un motore essenziale della mobilità sociale e della crescita;
    siano effettuati investimenti nell'intero settore culturale, con strategie di lungo periodo, invertendo completamente la pratica, consueta negli ultimi tempi, di considerare le risorse destinate alla cultura come spese non prioritarie stante la situazione di crisi economica e dei conti pubblici;

   per le ragioni illustrate in premessa,
  esprime

PARERE CONTRARIO

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ALLEGATO 3

Documento di economia e finanza 2012. (Doc. LVII, n. 5 e Allegati).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La Commissione VII (Cultura, scienza e istruzione);
   esaminato, per le parti di propria competenza, il Documento di economia e finanza 2012 (Doc. LVII, n. 5 e Allegati);
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1) siano aumentati gli obiettivi nazionali di riduzione degli abbandoni scolastici di almeno 2-3 punti, obiettivi ragionevolmente perseguibili tenuto conto delle azioni già programmate nell'ambito del Piano di Azione di Coesione, con particolare riferimento alle quattro regioni (Campania, Calabria, Sicilia, Puglia) ove è maggiore la concentrazione della dispersione scolastica;
   2) siano migliorati gli obiettivi nazionali circa l'aumento dei giovani laureati prevedendo un maggiore avvicinamento all'obiettivo del 40 per cento nel 2020 stabilito dalla Strategia Europea;
   3) siano potenziati gli investimenti per la ricerca e lo sviluppo nella direzione dell'obiettivo europeo del 3 per cento del PIL;
   4) appare necessario rafforzare gli interventi nel settore della cultura in quanto punto di forza per un nuovo sviluppo della Nazione.

  e con la seguente osservazione:
   appare opportuno velocizzare e rendere accessibile la conoscenza degli interventi concernenti l'Agenda digitale.

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ALLEGATO 4

5-06200 Ghizzoni: Sulle modalità di reclutamento dei ricercatori a tempo determinato da parte delle università e degli enti di ricerca.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento a quanto illustrato dall'Onorevole interrogante riguardo all'applicazione dell'articolo 24 della legge n. 240 del 2010 relativo ai ricercatori a tempo determinato, si rappresenta che con nota 2 agosto 2011 la competente Direzione generale ha fornito indicazioni alle università raccomandando che i regolamenti d'ateneo in materia di reclutamento di tali professionalità diano puntuale applicazione ai criteri previsti dal citato articolo 24 e invitando anche a modificare quelli eventualmente già adottati nonché i relativi bandi non conformi alla normativa, con conseguente riapertura dei termini per la partecipazione.
  Nella suddetta nota è stata in particolare richiamata l'attenzione sulla circostanza che alle procedure di selezione deve essere assicurata la massima pubblicità e che i termini di presentazione delle domande devono essere conformi al taglio internazionale che le stesse devono avere; è stata poi sottolineata l'esigenza che nei bandi venga specificato il settore concorsuale di riferimento, che le commissioni siano composte da un congruo numero di membri con il coinvolgimento maggioritario di studiosi appartenenti ad altri atenei, anche stranieri, che sia accertata la conoscenza di una lingua straniera da specificare in relazione al profilo plurilingue dell'ateneo ovvero alle specifiche esigenze didattiche dei corsi di studio.
  Ciò premesso, nell'ambito della cornice delineata dall'articolo 24 le università regolano in base all'autonomia loro propria la disciplina delle procedure di reclutamento dei ricercatori a tempo determinato. L'articolo in parola prevede infatti che i destinatari dei contratti di lavoro siano scelti «mediante procedure pubbliche di selezione, disciplinate dalle singole università con regolamento ai sensi della legge 9 maggio 1989, n. 168, nel rispetto dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori, di cui alla raccomandazione della Commissione delle Comunità europee n. 251 dell'11 marzo 2005 (...)».
  Va ancora ricordato che con il decreto legge n. 5 del 2012 (convertito dalla legge n. 35 del 2012) l'articolo 24 è stato in alcuni punti modificato: in particolare, è stato inserito l'obbligo della pubblicazione dei bandi in Gazzetta ufficiale e la previsione dell'aspettativa (o del fuori ruolo) per i titolari dei contratti da ricercatore che siano dipendenti pubblici.
  Relativamente a quanto osservato dall'Onorevole interrogante circa l'inserimento nel sito ufficiale del Ministero dei bandi per posti di ricercatori emanati dagli enti di ricerca nella stessa sezione dedicata ai bandi delle università, si informa che è stato già attivato un link differenziato, dedicato alla pubblicità dei bandi degli enti di ricerca.

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ALLEGATO 5

5-06436 Siragusa: Sul caso della preside Anna Maria Gammeri e del collaboratore scolastico Nicola Gennaro.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'Onorevole interrogante, richiamando un articolo del Corriere della sera del 14 febbraio 2012 relativo a un procedimento penale instaurato nei confronti della dirigente scolastica dell'istituto «Bisazza» di Messina e del collaboratore scolastico in servizio presso la stessa scuola, chiede se il Ministro sia a conoscenza della vicenda e quali interventi intenda intraprendere.
  A proposito si osserva che la questione è stata attentamente seguita dall'Ufficio scolastico per la Sicilia il cui Direttore regionale, interpellato in merito, ha illustrato l'evoluzione dei fatti e le determinazioni assunte.
  Come riportato dall'organo di stampa, il procedimento penale di primo grado per il reato di truffa aggravata si è chiuso con sentenza di condanna alla pena di mesi dieci di reclusione ed euro 400 di multa per la dirigente scolastica e di mesi sette ed euro 300 di multa per il collaboratore mentre per il reato di falso ideologico entrambi gli imputati sono stati assolti.
  Venuto a conoscenza dei fatti, il Dirigente pro-tempore dell'allora Centro servizi amministrativi di Messina ha attivato il procedimento disciplinare nei confronti del collaboratore scolastico. Ai sensi dell'articolo 96 del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto scuola, una volta intervenuto il rinvio a giudizio il procedimento è stato sospeso e risulta tuttora pendente, attesa la non definitività della sentenza di condanna (la pronuncia di primo grado è stata appellata da entrambi gli imputati).
  Per quanto riguarda la dirigente scolastica, il procedimento disciplinare è stato attivato ai sensi degli articoli 13 e seguenti del relativo contratto collettivo nazionale di lavoro sottoscritto il 15 luglio 2010, una volta acquisita la sentenza di condanna in primo grado. In particolare, il 18 gennaio 2012 è stata formulata la rituale contestazione di addebito e il successivo 6 marzo ha avuto luogo l'audizione dell'interessata. Ai sensi dell'articolo 55-ter del decreto legislativo n. 165 del 2001 tale procedimento è stato successivamente sospeso in attesa della sentenza definitiva.
  Con riferimento infine alle presunte ritorsioni che la dirigente scolastica avrebbe messo in atto nei confronti del personale che aveva testimoniato nel corso del procedimento penale, la Direzione scolastica regionale, ricevuto l'esposto dell'associazione sindacale «GILDA», ha disposto un'indagine ispettiva dalla quale non sono emerse difficoltà tali da compromettere il normale andamento delle attività all'interno dell'istituto scolastico.
  L'Ufficio medesimo ha infine precisato che delle dieci unità di personale chiamate a testimoniare nel procedimento penale risultano essere state trasferite, nel corso degli anni successivi allo svolgimento dei fatti, solo quattro di esse: il direttore dei servizi generali e amministrativi, due docenti e un collaboratore scolastico.

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ALLEGATO 6

5-06528 Dal Moro: Questioni relative al termine del mandato dei rettori in carica presso gli atenei universitari.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'atto parlamentare in discussione, l'Onorevole interrogante chiede notizie in merito all'applicazione della legge n. 240 del 30 dicembre del 2010 a talune situazioni relative al termine del mandato dei rettori in carica.
  Al riguardo si fa presente che la predetta legge contiene, all'articolo 2, comma 9, disposizioni speciali di proroga dei mandati rettorali, la principale delle quali riguarda proprio il mandato dei Rettori in scadenza alla data di adozione dei nuovi statuti stabilendosi, in particolare, che «il mandato dei rettori in carica al momento dell'adozione dello statuto di cui ai commi 5 e 6 è prorogato fino al termine dell'anno accademico successivo».
  Il Ministero ha espresso l'avviso che la proroga dei mandati rettorali si riferisca a quei Rettori in carica al momento dell'adozione definitiva dello statuto, al fine di assicurare il recepimento dei rilievi formulati sui testi statutari nell'esercizio del prescritto controllo di legittimità e di merito e di garantire la piena applicazione dei principi introdotti dalla riforma universitaria.
  Sembra pertanto corretto ritenere che nel caso l'adozione definitiva dello statuto sia deliberata nel corso dell'anno accademico 2011-12, il mandato del Rettore andrà a scadenza alla fine dell'anno accademico 2012-13.
  Lo scopo del suddetto articolo 2, comma 9 della legge n. 240 del 2010 è, infatti, quello di evitare la coincidenza tra la fase di attuazione delle nuove previsioni statutarie e l'elezione del Rettore, coincidenza che avrebbe riflessi non positivi sul buon andamento della gestione dell'ateneo.
  Va peraltro evidenziato che la fase di transizione al nuovo ordinamento da parte delle università statali non si completa con la sola adozione dello statuto, essendo le stesse tenute a trasmettere al Ministero anche i nuovi regolamenti generali ai fini del controllo previsto dalla legge n. 168 del 9 maggio del 1989 e prima dell'approvazione definitiva.
  In molti casi, tali regolamenti disciplinano i procedimenti elettorali e di designazione connessi alla costituzione dei nuovi organi di ateneo e, ad oggi, solo alcune università hanno trasmesso il nuovo testo del regolamento generale.
  Si precisa, inoltre, che l'innovazione introdotta nell'articolo 2, comma 9, primo periodo, della legge n. 240 del 2010 è relativa alla proroga degli «organi monocratici elettivi» e non riguarda specificamente la carica rettorale, già disciplinata da disposizioni speciali, come tali prevalenti.