CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 24 aprile 2012
644.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
ALLEGATO

ALLEGATO

Comunicazione della Commissione – Analisi annuale della crescita per il 2012 e relativi allegati (COM(2011)815 def.)

DOCUMENTO FINALE APPROVATO

  La V Commissione,
   esaminata la Comunicazione della Commissione – Analisi annuale della crescita per il 2012 e relativi allegati (COM(2011)815 def.);
   rilevato che nell'ambito del Semestre europeo il documento assume particolare rilievo in quanto individua gli indirizzi ai quali prioritariamente gli Stati nazionali debbono conformarsi e segnala per ciascun paese, sia pure sinteticamente, i principali aspetti di criticità;
   considerato che:
    a) l'importanza strategica del documento ha indotto la Commissione a svolgere sullo stesso un'approfondita istruttoria nella convinzione che si trattasse di un'occasione preziosa per portare il tema della crescita al centro del confronto parlamentare. L'accurato esame mirava a focalizzare alcuni profili di metodo e di merito da sottoporre in primo luogo al Governo ma allo stesso tempo anche alle Istituzioni europee (Commissione e Parlamento europeo);
    b) a tal fine, la Commissione ha ritenuto opportuno procedere allo svolgimento di un'indagine conoscitiva articolatasi in numerose audizioni. Sono intervenuti vari interlocutori che hanno messo a disposizione della Commissione un'ampia gamma di elementi, dati, informazioni e valutazioni;
    c) dalle audizioni è emerso il fatto che, di fronte all'attuale grave crisi economica e alla difficoltà di intravedere il suo definitivo superamento, le analisi sull'efficacia o sull'inefficacia dei diversi strumenti di politica economica così come sulle ricette da seguire sembrano in larga parte coincidenti. In sostanza, il rischio è che venga esclusa, senza un'adeguata riflessione, la possibilità di adottare politiche economiche attive con gli strumenti delle politiche monetarie, fiscali e di bilancio;
    d) queste posizioni sembrano fondarsi su due presupposti. Il primo è l'assunto, che non può essere accettato senza qualificazioni, che la stabilità dei conti pubblici costituisca, oltre che una necessità assoluta per tranquillizzare i mercati sulla sostenibilità delle finanze pubbliche dell'area dell'euro, anche un requisito indispensabile per una politica di crescita. Appare tuttavia diffusa la presunzione per cui l'ipotesi di utilizzare la leva della finanza pubblica al fine di sostenere l'espansione economica, oltre a dover essere esclusa qualora entri in conflitto con l'obiettivo della stabilità dei conti, sia da ritenersi in sé inutile e inefficace. La crescita non potrebbe, quindi, che essere innescata dalle dinamiche spontanee dell'economia, dagli spazi che vengono riconosciuti al sistema produttivo e a quello finanziario di manifestare liberamente tutte le loro potenzialità senza interferenze che non siano meramente regolatorie da parte dei poteri pubblici;
    e) l'andamento inerziale che ha caratterizzato negli scorsi decenni l'incremento della spesa pubblica che, per la sua scarsa qualità, ha spesso alimentato situazioni di rendita non sembra, tuttavia, sufficiente a indurre alle conclusioni cui si Pag. 120è fatto riferimento. L'avvio di una più puntuale e sistematica analisi della spesa pubblica, analogamente a quanto avviene in altri Paesi anche europei, potrebbe, infatti, consentire di verificare quali spazi vi siano per una sua qualificazione in modo da recuperare margini di manovra per politiche mirate alla crescita, in grado di innescare effetti moltiplicativi sulle grandezze macroeconomiche;
    f) la tesi prevalente non può essere assunta come un dato di assoluta e indiscutibile evidenza neanche dal punto di vista della teoria economica, alla luce delle esperienze di politica economica maturate nel corso della seconda metà del XX secolo e nel primo decennio del XXI secolo, in cui si sono registrate rilevanti oscillazioni di approcci sui temi del funzionamento dei mercati e sul ruolo e l'efficacia della politica economica;
    g) l'aggravarsi della crisi non consente di fare errori che potrebbero mettere a repentaglio le possibilità di avviare una inversione del ciclo negativo con una ripresa solida e duratura delle economie dell'area dell'euro. In particolare, non va trascurato il rischio di sottovalutare gli effetti recessivi che discendono da politiche ispirate a un forte rigore con la sistematica riduzione della spesa cui si accompagni un aumento della pressione fiscale;
    h) allo stesso tempo, non appare sufficientemente suffragata la tesi per cui la scarsa crescita sperimentata in questi anni da molti Paesi europei, e dall'Italia in particolare, sia da ricondurre essenzialmente all'imperfetto funzionamento dei mercati. Ovviamente, non si intende trascurare il contributo di programmi di liberalizzazione e di apertura dei mercati ai fini della crescita, anche se le liberalizzazioni difficilmente possono manifestare nel breve periodo gli effetti positivi che ad esse si attribuiscono. Non vi è dubbio che le riforme strutturali sono, in questa fase, un aspetto fondamentale di una strategia globale in grado di riattivare le dinamiche di crescita e di incidere sulla condotta degli investitori e degli operatori economici che nutrono preoccupazioni, in particolare, riguardo alle prospettive di medio e lungo periodo dei Paesi fortemente indebitati, ma da sole le liberalizzazioni possono non essere sufficienti;
    i) una considerazione non dogmatica del funzionamento dei sistemi economici porta a riconoscere che l'utilizzo degli strumenti di politica economica può variare a seconda della natura dei problemi che un sistema economico deve affrontare, secondo una logica di adattamento e flessibilità in ragione delle differenti contingenze e fasi del ciclo. Il che significa che possono esservi situazioni in cui, per l'insufficienza della domanda, risulti opportuno il ricorso a strumenti di sostegno, mentre vi possono essere altre situazioni – tipicamente quelle in cui il sistema tende a surriscaldarsi – in cui sono più utili gli interventi di politica economica che operano sull'offerta;
    l) paradossalmente, nell'attuale fase un approccio molto rigoroso è una peculiarità dell'Europa, posto che negli Stati uniti, per contrastare l'urto di una grave crisi dapprima finanziaria e poi anche economica, sono stati avviati massicci programmi per il sostegno della domanda attraverso il ricorso alla leva della finanza pubblica. Analoghe considerazioni valgono per quanto riguarda le differenze nella conduzione delle politiche monetarie da parte delle autorità statunitensi e di quelle europee. In questo modo si accentua ulteriormente una divaricazione tra le due sponde dell'Atlantico per cui l'Europa si caratterizza sempre di più come l'area in costante affanno e sotto pressione per l'attacco sempre più aggressivo della speculazione;
    m) le questioni precedentemente richiamate, che richiedono di essere affrontate nell'ambito dell'Unione economica e monetaria, assumono una particolare urgenza per l'Italia stante il fatto che l'economia nazionale registra un andamento che suscita forti preoccupazioni. Dalla seconda metà del 2011 essa è nuovamente Pag. 121entrata in recessione. È in crescita il tasso di disoccupazione, specie al Sud, dove già è assai ampia l'area del disagio sociale. È presumibile che alcune delle prossime scadenze fiscali comportino una contrazione del reddito disponibile e, conseguentemente, una ulteriore riduzione della domanda interna, con particolare riguardo alle spese per consumi delle famiglie. Allo stesso tempo, si contraggono le spese per investimenti anche per i vincoli particolarmente stringenti imposti agli enti locali, principali responsabili della spesa in conto capitale all'interno dell'aggregato delle pubbliche amministrazioni, in relazione al patto di stabilità interno Occorre, peraltro, riconoscere come le politiche rigorose di bilancio adottate nelle ultime manovre sono state indispensabili per consolidare i conti pubblici;
    n) il dato più preoccupante dell'andamento dell'economia italiana è costituito dal fatto che essa non riesce a recuperare il differenziale nei tassi di crescita accumulato negli scorsi anni non soltanto rispetto ai concorrenti globali più agguerriti, ma anche nei confronti dei maggiori partner dell'Unione europea. Il rischio che il Paese si avviti in una recessione di lunga durata appare molto forte. Si va diffondendo una sorta di rassegnato fatalismo sulla capacità del nostro Paese di ritrovare la via dello sviluppo, quasi che il potenziale di crescita si vada esaurendo;
    o) non vi è dubbio che l'incremento stabile e duraturo dei tassi di crescita non può aversi se non affrontando i nodi strutturali del nostro sistema economico che lo rendono scarsamente dinamico e aperto, limitandone la possibilità di competere a livello europeo e internazionale. È tuttavia auspicabile che si possa avviare a livello europeo, con la massima tempestività, un serio e approfondito confronto che consenta di integrare e arricchire la linea di contrasto alla crisi sin qui seguita, nell'intento di assumere una più ampia prospettiva diretta ad invertire le attuali tendenze recessive. Si tratta, in particolare, di riconsiderare molto seriamente le possibilità di utilizzare in modo più attivo gli strumenti della politica economica, a cominciare dalle politiche di bilancio;
    p) fermo restando il pieno apprezzamento per la serietà e la continuità dell'impegno profuso per il risanamento della finanza pubblica che colloca l'Italia in una condizione migliore rispetto ad alcuni partner europei per quanto concerne gli impegni relativi all'indebitamento netto della pubblica amministrazione;

  esprime una valutazione positiva

nel presupposto che:
  1. si lavori presso le sedi internazionali ed europee cogliendo tutte le occasioni utili per avviare una discussione aperta, che si rivolga anche ai maggiori operatori nei mercati finanziari, sulla necessità per l'Unione europea di condurre politiche più ambiziose e concrete sul versante della crescita, posto che politiche di risanamento della finanza pubblica cui non si accompagni una crescita economica adeguata risulterebbero insostenibili nel medio e lungo termine;
  2. in particolare, occorre procedere affinché l'Unione economica e monetaria possa uscire quanto prima dalla condizione difficile in cui si trova costretta, che la espone ad attacchi insistenti e ripetuti, chiaramente diretti a mettere alla prova la sua capacità di reazione e la sua tenuta. L'Unione economica e monetaria sta subendo continui stress ai quali fino ad ora ha risposto cercando di limitare i danni, priva tuttavia di una strategia sufficientemente ambiziosa per affermare la sua forza economica e le sue potenzialità che ancora risultano rilevantissime;
  3. occorre, inoltre, superare la tendenza assai dannosa di attribuire la responsabilità dei continui attacchi all'Unione economica e monetaria ai comportamenti di singoli Paesi mostrando fratture e conflitti all'interno della stessa Unione. Una reazione ferma e più compatta avrebbe probabilmente attutito l'impatto delle pressioni speculative;
  4. la priorità che l'Europa è chiamata ad affrontare è di individuare gli spazi Pag. 122necessari per politiche anticicliche che consentano di superare la condizione di stagnazione, se non di vera e propria recessione. Allo scopo non sono sufficienti le indicazioni della strategia Europa 2020, soprattutto in quanto non supportate adeguatamente dal punto di vista finanziario;
  5. in questa prospettiva non si può eludere anche il tema del tasso di cambio dell'euro come fattore che influenza l'andamento delle economie dei Paesi membri, tema peraltro soltanto parzialmente evidenziato nel corso dell'indagine conoscitiva da alcuni rappresentanti del sistema produttivo, che hanno esplicitamente citato l'elevato livello del cambio dell'euro fra i fattori che hanno contribuito alla grave crisi dell'economia italiana in questi anni. Anche sotto questo profilo sarebbe opportuno avviare un confronto aperto sull'opinione che si è andata consolidando negli anni recenti per cui un tasso di cambio elevato «costringerebbe» a scelte favorevoli sul piano della produttività. Occorre invece che l'Europa si ponga il problema di valutare senza pregiudizi gli effetti del tasso di cambio dell'euro. Un tasso di cambio tale da rendere più competitive sui mercati internazionali le esportazioni potrebbe fortemente agevolare il raggiungimento dell'obiettivo di consolidamento dei conti pubblici;
  6. è auspicabile una iniziativa del Governo italiano, insieme con i maggiori partner, volta a sollevare nell'ambito dell'Unione economica e monetaria l'esigenza di introdurre alcune misure di stimolo della ripresa economica attraverso l'utilizzo di strumenti finanziari adeguati, quali potrebbero essere gli eurobond, come contropartita della linea di consolidamento della finanza pubblica a livello nazionale. Al tempo stesso, sarebbe opportuno impostare, in Italia, manovre straordinarie rivolte all'abbattimento del debito pubblico, come dismissioni mobiliari e immobiliari e costituzione di fondi di investimento, al fine di liberare risorse da utilizzare, successivamente, come investimenti aggiuntivi in grado di accelerare il ritmo di crescita dell'economia nazionale, senza alcun pregiudizio per gli equilibri di finanza pubblica. In tal modo, di fronte alla previsione di una caduta del reddito nazionale nel 2012, sarebbe possibile immettere nel sistema economico risorse capaci di innestare una ripresa dell'economia italiana;
  7. a questo stesso fine potrebbe contribuire, infine, il completamento della spending review. I relativi risparmi di spesa, specie se di carattere strutturale, potrebbero dare luogo, unitamente alle maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale, alla riduzione del carico fiscale su famiglie e imprese, contribuendo, attraverso questa via, a favorire una più immediata reazione positiva dell'economia;
  8. quanto alla destinazione, occorrerà fare uno sforzo affinché le misure di sostegno della domanda siano definite con maggiore accuratezza, confrontando ex ante i risultati che ciascuna di esse, a parità di risorse impegnabili, potrebbe produrre, in relazione alla elasticità dei settori che potrebbero fruirne. In sostanza, la riduzione degli spazi di intervento delle politiche economiche deve aiutare ad aggiornare la strumentazione a disposizione, ad affinare le tecniche di analisi e a procedere in maniera più attenta. Analogamente, si dovrebbe procedere in modo da calibrare gli interventi correttivi valutandone (cosa che fino ad ora non è accaduta e che richiederà anche un aggiornamento delle strutture di supporto tecnico degli organi decisori) non soltanto gli effetti delle misure di riduzione delle spese o di aumento delle entrate in termini di saldi di finanza pubblica, ma anche per le conseguenze che possono derivarne sulle grandezze macroeconomiche. Ciò dovrebbe avvenire in via sistematica, in presenza di ogni provvedimento rilevante dal punto di vista quantitativo e non soltanto in occasione della predisposizione dei documenti di programmazione;
  9. in questa prospettiva, l'entrata in vigore del Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria, che rappresenta comunque una tappa importante nel percorso di risanamento delle finanze pubbliche, Pag. 123non può esaurire le iniziative da assumere nell'ambito dell'Unione europea, ma dovrà essere corredata dall'apertura di una fase riformatrice che non escluda pregiudizialmente la revisione delle regole che presiedono all'Unione monetaria europea;
  10. deve essere in ogni caso riaffermato che l'obiettivo del riequilibrio dei conti pubblici costituisce l'impegno fondamentale per il nostro Paese. Accanto a tale obiettivo, va promossa a livello europeo l'attuazione integrale e convinta del complesso delle previsioni del Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria e non esclusivamente del cosiddetto fiscal compact che non può essere scisso da una più comprensiva e articolata strategia attenta alla coesione sociale e in grado di riattivare i circuiti virtuosi della crescita e dell'occupazione, senza escludere l'adozione di politiche di investimenti mirati a livello nazionale ed europeo;
  11. alla luce di quanto sopra e nel rispetto dei vincoli costituzionali, il Governo dovrebbe valutare l'adozione di misure in grado di garantire positive ricadute sull'economia reale quali:
   a) l'agevolazione di nuovi investimenti, specie da parte di PMI e nelle aree svantaggiate, con particolare riguardo alle spese di ricerca, nonché un ulteriore sgravio fiscale e contributivo per le imprese che aumentino il numero dei loro dipendenti a tempo indeterminato;
   b) misure dirette ad aumentare al capacità di spesa per consumi delle famiglie a basso reddito (che hanno una più elevata propensione al consumo);
   c) misure a sostegno del settore dell'edilizia, o, comunque, dei comparti in cui prevalgono le imprese di piccola dimensione che impiegano molta manodopera;
   d) misure dirette a sostenere l'internazionalizzazione delle imprese di piccola e media dimensione, garantendo uno stretto raccordo delle politiche di promozione realizzate a livello regionale con quelle nazionali e valorizzando le competenze delle strutture specializzate nel sostegno alle esportazioni;
   e) misure dirette a favorire la rapida corresponsione dei debiti di fornitura contratti dalle pubbliche amministrazioni, con priorità per le piccole e medie imprese che utilizzino i relativi proventi per il finanziamento di nuovi investimenti;
   f) misure volte a favorire l'evoluzione del sistema produttivo verso la green economy, a partire dalla riproposizione degli incentivi per il risparmio energetico;
   g) una riforma del Patto di stabilità interno che faciliti il finanziamento da parte degli enti locali, in coerenza con l'attuazione del federalismo fiscale, di alcune indifferibili spese in conto capitale, in primo luogo per infrastrutture, suscettibili di assicurare vantaggi concretamente apprezzabili per l'economia e le comunità di riferimento;
   h) l'adozione di iniziative, da concordare con il sistema bancario, dirette a evitare il rischio di una contrazione del volume dei crediti erogati alle imprese, eventualmente incrementando le risorse a disposizione di strumenti quali il Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese.