CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 24 aprile 2012
644.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Documento di economia e finanza 2012. Doc. LVII, n. 5 e Allegati.

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

  La Commissione Giustizia,
   esaminato il Documento di economia e finanza 2012;
   ritenuto che dalla revisione della spesa pubblica (spending review) non debba derivare per il Ministero della giustizia una riduzione degli stanziamenti previsti dalla legislazione vigente, quanto piuttosto una razionalizzazione delle spese al fine di recuperare risorse da utilizzare per ottimizzare il servizio giustizia;
   rilevato che la revisione della geografia giudiziaria, in attuazione della delega conferita al Governo dall'articolo 1 della legge n. 148 del 2011, è considerata dal Ministro della giustizia uno degli strumenti di spending review, al fine di razionalizzare le spese del proprio dicastero;
   auspicato che la revisione della geografia giudiziaria consenta di ridurre in maniera significativa il numero degli uffici giudiziari senza tuttavia pregiudicare il diritto di ciascuno di accedere ad un servizio di giustizia efficace e diffuso sul territorio, senza che ciò debba comportare inutili sprechi di risorse,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

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ALLEGATO 2

Documento di economia e finanza 2012. Doc. LVII, n. 5 e Allegati.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEI DEPUTATI DI PIETRO E PALOMBA

  La II Commissione della Camera,
   esaminato il Documento di economia e finanza 2012;
   rilevato che:
    secondo il giudizio del Fondo monetario internazionale (FMI) racchiuso nei documenti del Word outlook e del Fiscal monitor illustrati a Washington, le misure di risanamento adottate dall'Italia non bastano a pareggiare il bilancio entro il 2013 perché deficit e debito pubblico crescono mentre ciò che manca è la crescita;
    infatti, a causa dell'aumento del debito e nonostante le misure di austerità adottate, il pareggio di bilancio verrà rinviato al 2017. In particolare, il deficit sarà quest'anno del 2,4 per cento, ben oltre il previsto 1,6 per cento e il debito pubblico arriverà a toccare il 123,4 del PIL, rispetto al 120,1 del 2011, confermandosi il più alto dell'eurozona dopo quello della Grecia;
    l'Italia è il fanalino di coda dell'Eurozona che a sua volta resta il maggior freno alla crescita globale. Infatti, per il FMI il PIL globale nel 2012 crescerà del 3,5 per cento e quello degli Stati Uniti del 2,1 per cento mentre l'Eurozona si indebolirà dello 0,3 per cento soprattutto a causa dell'arretramento dell'Italia dell'1,9 per cento e della Spagna dell'1,8 per cento;
    ad avvalorare lo scenario di incertezza per l'Italia ci sono le previsioni di una ripresa assai precaria nel prossimo anno;
    nel quarto trimestre del 2013 il Pil crescerà dello 0,7 per cento, difficile in tale prospettiva una riduzione della disoccupazione che nel 2012 sarà del 9,5 per cento arrivando al 9,7 nel 2013 raggiungendo così il dato peggiore nell'eurozona subito dopo la Spagna;
    poiché la sovrapposizione fra recessione e indebitamento porta ad una spirale negativa sui conti pubblici, ciò che affiora dai documenti del FMI è la necessità da parte del governo italiano di un decisivo taglio della spesa pubblica di dimensioni tali da scongiurare la ripetizione della crisi greca;
    gli indicatori economici congiunturali riportati dal bollettino economico di Bankitalia appena pubblicato segnalano la prosecuzione della fase di debolezza della domanda interna: il PIL italiano ha frenato dello 0,7 per cento nell'ultimo trimestre del 2011 e probabilmente chiuderà il primo trimestre del 2012 con un risultato analogo;
    secondo la Banca d'Italia ciò che pesa maggiormente in questa fase di incertezza è la disoccupazione, soprattutto tra i giovani: quasi 18 su 100 non hanno lavoro. La situazione delle famiglie non lascia sperare bene: il reddito a loro disposizione si è contratto di mezzo punto percentuale nel 2011, così che a fare i conti dal 2008 – anno di inizio della crisi – la loro capacità di spesa è crollata del 5 per cento. Di conseguenza si restringono i consumi con ripercussioni facili da immaginare per chi produce o commercia. Pag. 47Diminuisce di pari passo anche la propensione al risparmio. In tale quadro urge far ripartire il credito alle famiglie e alle imprese poiché l'economia reale ne ha un bisogno impellente per poter sostenere una crescita praticamente azzerata;
    in controtendenza rispetto ai dati forniti dal FMI, il governo Monti, con il suo primo Documento di economia e finanza (DEF), si dimostra più ottimista sostenendo che la contrazione dell'economia italiana sarà dell'1,2 per cento quest'anno (contro l'1,9 per cento valutato dal FMI) in peggioramento di 0,8 punti rispetto alle ultime stime di dicembre. Inoltre le stime del Governo sull'impatto della recessione sono leggermente migliori rispetto alle indicazioni arrivate dalla Commissione europea (-1,3 per cento) e anche rispetto al valore più alto della «forbice» di banca d'Italia, che fissava un calo del PIL in termini reali dell'1,5 per cento;
    secondo il DEF, per effetto delle manovre correttive varate nel corso del 2011, il miglioramento del deficit proseguirà, toccando quest'anno l'1,7 per cento del PIL per arrivare al «quasi pareggio» nel 2013 quando, con un prodotto in ripresa di mezzo punto, dovrebbe attestarsi attorno al -0,5 per cento. Il pareggio di bilancio è previsto solo tra il 2014 e il 2015;
    a un giorno di distanza dall'approvazione definitiva da parte del Senato del ddl costituzionale sul pareggio di bilancio, il DEF annuncia un peggioramento sostanzioso del debito pubblico che quest'anno sarà ancora in forte salita (+3,9 per cento) per attestarsi a quota 123,4 per cento sul PIL. Ed è proprio sull'aggregato del debito pubblico che arriva la notizia più negativa del DEF, infatti il 2012 anziché essere l'anno dell'inversione di tendenza, registra un ulteriore dato negativo. A spiegare questa rilevante differenza, secondo il governo sono sostanzialmente tre fattori: i sostegni ai Paesi dell'area euro, l'andamento previsto dal fabbisogno e il diverso quadro economico. Il rapporto debito/PIL torna a scendere nel 2013 (121,6 per cento) mantenendosi tuttavia su una soglia di oltre 5 punti superiore alle vecchie previsioni proprio per effetto degli interventi di salvataggio adottati in Europa;
    l'effetto più intenso della crisi sull'economia reale è previsto per il mercato del lavoro, infatti, secondo il governo quest'anno l'occupazione misurata in unità standard, si ridurrà dello 0,6 per cento con un tasso di disoccupazione atteso al 9,3 per cento. L'inversione di tendenza non arriverà prima del prossimo anno ma, nel frattempo, il costo del lavoro per unità di prodotto, indicatore chiave per la misura della produttività, risulterà ancora in crescita dell'1,7 per cento. In crescita anche i prezzi al consumo, con un indice armonizzato al 3 per cento nella media d'anno, in aumento rispetto al 2011;
    ma la vera debolezza dell'economia italiana si misura con l'elevatissimo livello della pressione fiscale e con la continua crescita della spesa pubblica. Infatti, la pressione fiscale, dopo il picco toccato l'anno scorso (42,5 per cento del PIL) è prevista in ulteriore crescita al 45,1 per cento. Un vero record negativo che supera anche il 43,7 per cento toccato nel 1997 con l'introduzione dell'Eurotassa. Ma l'innalzamento della pressione fiscale non si ferma fino al 2014 quando toccherà il 45,3 per cento del PIL;
    per quanto riguarda la spesa pubblica, si deve registrare un continuo aumento, nonostante il concentrarsi proprio quest'anno della coda dei tagli lineari disposti nella prima parte della legislatura in corso. In rapporto al PIL, la spesa totale delle amministrazioni crescerà quest'anno di 0,4 punti toccando quota 50,4 per cento, mentre dal 2013 è prevista un'inversione di 0,8 punti destinata a stabilizzarsi nel biennio successivo, con un calo al 49,1 per cento nel 2014 e al 48,7 per cento nel 2015, anno in cui comincerà a produrre effetti la riforma delle pensioni varata con il decreto-legge 102 del 2011 cosiddetto Salva Italia;
    dopo il taglio delle pensioni, l'aumento delle accise e dell'Iva (tutte tasse indirette che colpiscono proporzionalmente Pag. 48in misura maggiore i ceti popolari), l'IMU sulla casa, la liberalizzazione del mercato del lavoro che toglie diritti ai lavoratori senza ottenere un solo posto di lavoro in più, siamo arrivati ai risultati descritti dal FMI, risultati a dire poco preoccupanti;
    né il drastico prolungamento dell'età pensionabile, né le cosiddette liberalizzazioni, né il tentativo di abolire l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, hanno nulla a che vedere con la riduzione del debito pubblico italiano. Anzi, il rapporto debito/prodotto interno lordo è ancora cresciuto per via della recessione incalzante;
    il Governo ascrive a suo merito l'avere ridotto lo spread dei nostri BTP con i bund tedeschi. Occorre in proposito fare un'operazione di verità. Non c’è dubbio che nel primo mese del Governo Monti lo spread tra i BTP italiani ed i bund tedeschi è sceso. Ma nelle ultime settimane ha ripreso ad attestarsi poco sotto i 400 punti;
    infatti, ciò che ha veramente salvato l'Italia e l'euro dal default è stata la decisione presa dalla Banca centrale europea due mesi fa di immettere liquidità, con il programma long term refinancing operation, nelle banche europee, sia per comprare i titoli di Stato dei rispettivi Paesi, sia per compensare le perdite subite. Oltre 1.000 miliardi di euro sono stati immessi ad un tasso dell'1 per cento nelle banche europee, circa 200 miliardi di euro in quelle italiane, salvandole dal fallimento e permettendole di acquistare una parte rilevante dei titoli di Stato in scadenza. Lo stesso entusiasmo delle borse di inizio anno ha una sola vera ragione d'essere: è l'oceano di liquidità, determinato anche dal «quantitative easing» promosso dalla Federal reserve, in cui galleggia l'economia mondiale;
    nel frattempo l'economia reale, quella delle famiglie e delle imprese non ha visto un euro, il credito è praticamente bloccato o a costi esosi;
    dunque, sacrifici – a senso unico a carico dei ceti popolari – mentre il debito rimane inchiodato, anzi cresce, la disoccupazione aumenta, le tasse aumentano e calano i consumi. In definitiva, i problemi sono stati solo rinviati, e il peggio potrebbe ancora arrivare;
    si è, infatti, instaurata nel nostro paese ed a livello europeo una spirale perversa di politiche di austerità che incidono negativamente sulla crescita deprimendo il PIL, che a sua volta diminuisce le entrate dello Stato e ne aumenta le spese per fare fronte alla disoccupazione crescente;
    le semplificazioni e le cosiddette liberalizzazioni – per lo più a carico delle lobby meno forti, perché pace banche, assicurazioni e professioni garantite sono rimaste sostanzialmente immuni dalle misure di riforma – e l'attacco ai diritti dei lavoratori, secondo gli stessi dati riprodotti dal Documento di economia e finanza, avranno effetti (sempre che li abbiano, cosa di cui si può fortemente dubitare) molto ridimensionati rispetto a quelli indicati in un primo momento dal professore Monti che pronosticava una crescita indotta da questi provvedimenti da qui al 2020 del 10 per cento del PIL;
    in riferimento alle riforme varate da gennaio in poi, ovvero i due decreti legge in materia di liberalizzazioni e semplificazioni, dal DEF emergono stime molto più prudenziali rispetto a quelle circolate nelle scorse settimane. Infatti, le due riforme dovrebbero produrre un effetto cumulato sulla crescita del 2,4 per cento nell'arco di nove anni (2012-2020) con un impatto medio annuo dello 0,3 per cento ipotizzato sulla base di una simulazione che, per quest'anno, le riforme siano operative a partire dal terzo trimestre;
   considerato che:
    nell'ambito del descritto quadro congiunturale non è pensabile una nuova manovra economica pesantemente recessiva, al contrario servono scelte coraggiose Pag. 49che permettano al nostro paese, in tempi brevi, di ridare slancio alla crescita e di alleggerire la pressione fiscale sul lavoro. In una fase economica di crescita praticamente nulla come quella attuale, l'unico modo per diminuire la pressione fiscale è riuscire a ridurre la spesa pubblica corrente improduttiva in modo da annientare gli sprechi e individuare i possibili risparmi senza dover necessariamente ridurre la qualità dei servizi offerti ai cittadini;
   considerato, inoltre, che nell'ambito specifico delle materie di competenza della II Commissione:
    perdura l'approccio del Governo nell'affrontare la riforma della giustizia «senza oneri aggiuntivi», senza cioè alcun tipo di investimento, ma soprattutto senza un progetto organico di interventi diretti a restituire efficienza e funzionalità complessiva all'amministrazione della giustizia. Non v’è ancora traccia dell'individuazione di risorse economiche adeguate per il funzionamento dell'Amministrazione e degli uffici giudiziari, per i quali sono stati registrati negli ultimi anni sistematici interventi di riduzione dei finanziamenti in occasione di numerose manovre di bilancio;
    manca, altresì, un intervento di rafforzamento adeguato dell'organico del personale amministrativo, che resta ampiamente al di sotto delle necessità in molti settori del comparto, ripetutamente rilevate dal 2010 ad oggi in occasione della discussione del programma nazionale di riforma;
    in riferimento al settore della giustizia civile, ed in particolare alla conciliazione obbligatoria, si rileva che il Governo non intende rivedere le modalità e alcuni dei contenuti delle riforme che sono state sinora operate, ignorando il parere dell'avvocatura. Altrettanto problematico, se non assente, è risultato il dialogo con gli operatori della giustizia in sede di intervento sulle tariffe professionali, sulle società tra professionisti e più in generale sulla riforma societaria ed in particolare sulla introduzione della società semplificata a responsabilità limitata, laddove solo un faticoso intervento parlamentare ha consentito di contenere i possibili rischi di proposte concepite in modo affrettato ed altrettanto affrettatamente formulate. Altrettanto è accaduto in materia di sovraindebitamento, laddove si deve segnalare che l'unico provvedimento approvato (Legge n. 3 del 2012) è di iniziativa parlamentare e non governativa;
    in materia di impugnazioni, gli interventi del Governo, in linea con quanto fatto dal precedente esecutivo, si sono concentrati soprattutto sugli sbarramenti all'accesso alla giurisdizione, mediante meccanismi di perenzione processuale che l'esame parlamentare ha fortunatamente scongiurato. Tale impostazione, peraltro ampiamente rafforzata dal notevole e progressivo aumento dei costi del contributo unificato, dovrebbe essere superata con un più deciso intervento sullo snellimento dei tempi processuali;
    in materia di diritto del lavoro il Governo ha presentato un disegno di legge (AS 3249) in cui si prevede, con particolare riguardo alle previsioni in materia di licenziamenti individuali disciplinari, che nei casi in cui non sussistano la giusta causa o il giustificato motivo soggettivo il giudice annulli il licenziamento e condanni il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro del dipendente. Diversamente, invece, in tutti gli altri casi in cui il giudice accerti che non ricorrano gli estremi della giusta causa o del giustificato motivo non trova più applicazione la tutela speciale della reintegrazione ma unicamente quella risarcitoria. Si tratta di una previsione palesemente incoerente, ulteriormente accentuata nella parte in cui si prevede che il giudice, nel caso in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, può applicare la tutela speciale della reintegrazione ovvero del risarcimento mentre, in tutte le altre ipotesi in cui il giudice accerti che non ricorrano gli estremi del predetto giustificato motivo, applica la disciplina risarcitoria. Il quadro normativo proposto da Pag. 50Governo non solo riconosce una eccessiva discrezionalità al giudice nella valutazione del requisito della «manifesta insussistenza» dei requisiti di giusta causa o giustificato motivo, ma comporta una evidente disarmonia fra i rimedi previsti, in ciò rendendo particolarmente confusa una tutela giurisdizionale attualmente più coerente e armonica;
    resta, infine, inattuata la proposta di introdurre nell'ordinamento l'ufficio del processo, mentre si avvia faticosamente la necessaria razionalizzazione degli uffici giudiziari sul territorio, mentre il processo di informatizzazione del sistema giustizia è ancora parziale;
    il documento non affronta le problematiche attuative connesse alla istituzione ed alla piena funzionalità di ciò che il DEF continua ancora impropriamente a definire «Tribunale delle imprese», laddove si tratta semplicemente di sezioni specializzate in materia di impresa,
  esprime

PARERE CONTRARIO,

  ed impegna il Governo, in materia di amministrazione della giustizia:
   ad indicare chiaramente i tempi per riforme coerenti e positive di sistema che, intervenendo sulla struttura del procedimento e consultando gli operatori della giustizia, rimuovano gli ostacoli alla sua celere celebrazione, in modo da risolvere definitivamente i problemi legati alla ragionevole durata del processo, anche in ragione dei pressanti inviti rivolti al nostro Stato ad ottenere risultati concreti nel contrasto alle carenze strutturali dell'amministrazione della giustizia;
   a sostenere l'approvazione delle seguenti riforme: in materia di diritto societario, per rafforzare la punibilità degli illeciti in materia di società e consorzi e, segnatamente, del falso in bilancio; del processo civile; per l'accelerazione e razionalizzazione del processo penale ed in materia di prescrizione dei reati;
   ad adottare ogni iniziativa necessaria per sostenere l'efficienza della giustizia, per l'istituzione dell’«ufficio per il processo» e la riorganizzazione dell'amministrazione giudiziaria, nonché in materia di magistratura onoraria;
   a sostenere l'approvazione dei provvedimenti giacenti in Parlamento in materia di «autoriciclaggio» e meccanismi di prevenzione applicabili agli strumenti finanziari; in materia di collaboratori di giustizia; in materia di scambio elettorale politico-mafioso; in materia di assunzione nella pubblica amministrazione dei testimoni di giustizia;
   a sostenere la celere approvazione dei disegni di legge, volti alla riforma dei meccanismi di alimentazione del Fondo unico giustizia, al fine, tra l'altro, di assegnare il 49 per cento della totalità delle somme, e non solo di una quota parte delle stesse, al Ministero della giustizia ed al Ministero dell'interno ed il rimanente 2 per cento al bilancio dello Stato, in modo da superare il regime di ripartizione delle risorse introdotto dal febbraio 2009 aumentando le dotazioni riservate alla Giustizia;
   ad evitare, in sede di esercizio della delega per la riorganizzazione degli uffici giudiziari di cui all'articolo 1, co. 2, della legge n. 148/2011, ogni accorpamento e soppressione di uffici requirenti che possa portare ad un indebolimento del controllo di legalità sul territorio con un conseguente ed ingiustificabile arretramento rispetto alle azioni di contrasto al crimine e alla delinquenza comune;
   a provvedere urgentemente al reperimento delle risorse adeguate per assicurare un'efficiente e celere amministrazione della giustizia ed anche una riforma organica del processo sia civile che penale, con particolare riferimento al sistema delle comunicazioni e delle notificazioni per via telematica, in modo da consentire agli uffici giudiziari di gestire il carico degli adempimenti e di superare i ritardi nella trattazione dei processi determinati da meri problemi procedurali o formali;Pag. 51
   a prevedere un significativo incremento di personale nel comparto della giustizia, sia giudicante che amministrativo, con particolare riferimento ai servizi di cancelleria, assicurando inoltre un intervento urgente per garantire la verbalizzazione e la trascrizione degli atti presso tutti i singoli uffici giudiziari quale passaggio fondamentale per lo svolgimento dei processi penali;
   a reperire le necessarie risorse finanziarie per salvaguardare i livelli retributivi degli operatori della giustizia e del settore carcerario, nonché – soprattutto – per l'edilizia penitenziaria, prevedendo l'ampliamento e l'ammodernamento delle strutture esistenti con piena trasparenza e nel rispetto delle normative comunitarie, assicurando l'attuazione dei piani e dei programmi a tal fine previsti da precedenti leggi finanziarie, anziché fare ricorso soltanto a procedure straordinarie in deroga alla normativa sugli appalti di lavori pubblici;
   a valutare la necessità, anche al fine di sopperire al permanere della scopertura degli uffici giudiziari, con particolare riferimento alle sedi che si trovano in aree più esposte alla criminalità organizzata, di provvedere ad una conseguente rimodulazione del numero di magistrati in distacco presso il Ministero della giustizia e presso le altre amministrazioni centrali e periferiche dello Stato;
   a riavviare il confronto con le rappresentanze sindacali del personale amministrativo e dirigenziale al fine di un confronto concreto e costruttivo sulle problematiche del settore e degli operatori; a convocare, parimenti, i sindacati di Polizia penitenziaria e le rappresentanze di tutto il personale penitenziario ed a reperire adeguate risorse per consentire di colmare la grave e perdurante scopertura di organico del personale;
   a voler mettere in atto ogni iniziativa volta al completamento degli interventi di informatizzazione e digitalizzazione del comparto giustizia.

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ALLEGATO 3

Documento di economia e finanza 2012. Doc. LVII, n. 5 e Allegati.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEI DEPUTATI FERRANTI, CAPANO E CAVALLARO APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La Commissione Giustizia,
   esaminato il Documento di economia e finanza 2012;
   ritenuto che dalla revisione della spesa pubblica (spending review) non debba derivare per il Ministero della giustizia una riduzione degli stanziamenti previsti dalla legislazione vigente, quanto piuttosto una razionalizzazione delle spese al fine di recuperare risorse da utilizzare per ottimizzare il servizio giustizia;
   rilevato che la revisione della geografia giudiziaria, in attuazione della delega conferita al Governo dall'articolo 1 della legge n. 148 del 2011, è considerata dal Ministro della giustizia uno degli strumenti di spending review, al fine di razionalizzare le spese del proprio dicastero;
   auspicato che la revisione della geografia giudiziaria non pregiudichi il diritto di ciascuno di accedere ad un servizio di giustizia efficace e diffuso sul territorio, dovendo realizzare una razionale distribuzione delle risorse economiche, umane e strutturali;
   ritenuto che la razionalizzazione delle geografia giudiziaria possa costituire un contributo a reali esigenze di risparmio di spese e di buon funzionamento del servizio giustizia solo ove sia attuata in modo equilibrato, tenendo conto non soltanto di astratti criteri numerici ma di principi di peculiarità territoriale e socio-economica contenuti nella norma di delega;
   ritenuto che i risparmi di spesa debbano essere finalizzati: al completamento della copertura della pianta organica dei magistrati, anche rivedendo il numero massimo dei fuori ruolo stabilito in relazione alla specificità delle funzioni; all'adeguamento, completamento e riqualificazione del personale; alla realizzazione di moduli organizzativi e lavorativi (con particolare riferimento all'ufficio del processo, agli assistenti del giudice e alla gestione informatizzata del processo penale e civile); alla valorizzazione dei compiti e delle funzioni della dirigenza amministrativa. Si tratta di interventi indispensabili per ridurre i tempi del processo garantendo il rispetto dell'articolo 111 della Costituzione;
   sottolineata l'esigenza di una riforma organica della magistratura onoraria;
   ritenuto necessario procedere ad una nuova ripartizione del Fondo unico di giustizia, aumentando la dotazione a favore del Ministero della giustizia (anche destinandovi i beni confiscati nella lotta contro la corruzione); rivedendo, inoltre, i meccanismi di alimentazione del Fondo al fine di renderli ancora più trasparenti;
   ritenuto che nell'ambito del processo civile le annunciate procedure di semplificazione non debbano contenere ulteriori aumenti dei costi ed aggravamento delle modalità di accesso,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente condizione:
   si impegni il Governo a tener conto di quanto previsto in premessa.